Mercoledì 20 aprile 2011 ore 21.00
Assassinio nella cattedrale
Edizione
2010/2011
Nato da una famiglia borghese, è stato poeta, critico e drammaturgo.
Studiò alla Harvard University, dove ebbe come compagno di studi il coetaneo, futuro poeta, Alan
Seeger.
Ad Harvard la sua cultura si arricchì di una notevole conoscenza della letteratura europea. Studiò
l'italiano leggendo Dante, poeta da lui molto ammirato, a cui successivamente dedicò uno dei suoi
più famosi saggi. Nel 1910 si trasferì a Parigi e poté così studiare alla Sorbona, dove frequentò le
lezioni di Henri Bergson ed entrò in contatto col simbolismo francese. Più tardi, nel 1911, fece
ritorno ad Harvard dove conseguì una laurea in filosofia. Nel 1914 vinse una borsa di studio per
studiare al Merton College dell'università di Oxford.
Allo scoppio della prima guerra mondiale si trasferì a Londra dove trovò lavoro come impiegato
presso la Lloyd's Bank e cominciò a pubblicare le prime poesie. L'anno successivo sposò la
ballerina Vivienne Haigh-Wood, nonostante le preoccupazioni dei genitori dovute dell'instabilità
mentale della donna. Dopo essere diventato direttore della casa editrice Faber and Gwyer (più tardi
Faber and Faber), con la quale pubblicò lavori di giovani artisti quali Ezra Pound, Wystan Hugh
Auden, Stephen Spender, passò un periodo di tempo in una clinica svizzera per sottoporsi ad una
cura psicologica e quivi terminò la sua opera La terra desolata, che pubblicò nel 1922. La poesia
era rimasta la sua unica opportunità di fuga dalla vita familiare.
Nel 1927 divenne cittadino britannico e si definì un "classicista in letteratura, monarchico in
politica, Anglo-cattolico in religione". Infatti quell'anno aveva cominciato a frequentare la Chiesa
anglicana, convertendosi poi all'anglicanesimo. Questo evento fu molto importante nella sua vita e
influì notevolmente sulla sua produzione letteraria. Dopo una travagliata riflessione, Eliot decise di
separarsi dalla moglie facendola ricoverare in un istituto per malati mentali, dove ella morì nel
1947.
La morte della moglie lasciò per sempre un senso di colpa nell'animo del poeta, anche se nel 1957 si
risposò. Tra gli anni trenta e gli anni quaranta Eliot si concentrò maggiormente sui problemi etici e
filosofici della società moderna.
Il 14 settembre 1964 venne insignito della Medaglia presidenziale della libertà dal Presidente
Lyndon B. Johnson.
Il premio Nobel per la letteratura. Morì a causa di un enfisema polmonare a Londra il 4 gennaio
1965. Le sue ceneri, come da sua volontà, vennero deposte nella Chiesa di San Michele di East
Coker, il villaggio dal quale gli antenati di Eliot emigrarono in America: una piccola targa ancora
oggi lo commemora. A due anni dalla scomparsa una grande pietra è stata posta alla sua memoria,
sul pavimento del "Poets' Corner" della Abbazia di Westminster a Londra.
L'opera di Eliot appartiene al contesto del cosiddetto modernismo, movimento sviluppatosi fra il
1912 e la seconda guerra mondiale che comprese e rivoluzionò tutte le arti. I modernisti (tra i più
noti, James Joyce, lo stesso Eliot ed Ezra Pound) denunciarono:
1. la crisi della cultura occidentale,
2. l'alienazione e il senso di solitudine dell'artista in un mondo scientifico,
3. il rifiuto del passato e la rottura con la tradizione.
Il nome modernismo è legato particolarmente alla novità delle tecniche letterarie degli scrittori che
ne facevano parte; tutti gli autori modernisti sono accomunati dal rifiuto della tradizione letteraria
vittoriana (derivazione indebolita della letteratura romantica) e dal recupero della poesia del
Seicento inglese (John Donne e i poeti metafisici).
Al centro della pratica letteraria modernista c'è il particolare uso dell'immagine (derivato in parte
dal precedente movimento letterario, durato pochi anni, dell'imagismo, di cui aveva fatto parte Ezra
Pound assieme al poeta inglese T.E. Hulme); per i modernisti l'immagine viene intesa non più come
simbolo nel senso medioevale, romantico o simbolista, ma come correlativo oggettivo [3],
corrispondenza oggettiva, perciò non personale, del sentire.
Teorizzata da Eliot, questa tecnica diviene l'unico modo di esprimere emozioni: "una serie di
oggetti, una situazione, una catena di eventi che saranno la formula di quella emozione particolare;
tali che quando i fatti esterni, che devono terminare in esperienza sensibile, siano dati, venga
immediatamente evocata l'emozione". Una sorta di parallelismo può essere istituito, nella letteratura
italiana, con la cosiddetta linea della "poetica dell'oggetto", che fa capo a Pascoli, Gozzano,
Sbarbaro e Montale.
La poesia modernista è una poesia di immagini, temi, frammenti, segni evidenti della crisi cosmica
del poeta moderno: il linguaggio discorsivo è soppresso.
L'opera di Eliot viene generalmente suddivisa in due fasi. La prima, più pessimista, è identificata
dalle poesie contenute nella raccolta Prufrock and other observations (Prufrock e altre
osservazioni, 1917) e dai poemi The Waste Land (La terra desolata, 1922) e The Hollow Men
(1925). Una seconda fase, caratterizzata da toni di speranza e marcatamente religiosa viene fatta
iniziare dal poema The Journey of the Magi (Il viaggio dei magi), scritto nel 1927, anno della
conversione di Eliot al cristianesimo e comprende le raccolte Ash Wednesday (Mercoledì delle
ceneri, 1929) e Four Quartets (Quattro quartetti, 1936- 1942) e il dramma Murder in the
Cathedral (Assassinio nella cattedrale, 1935).
Assassinio nella cattedrale (nell'originale in lingua inglese: Murder in the Cathedral) è il titolo di
un dramma teatrale poetico scritto da T. S. Eliot.
È ispirato ad un fatto realmente accaduto: l'assassinio dell'Arcivescovo Thomas Becket avvenuto
nel 1170 nella Cattedrale di Canterbury. Eliot si basò molto, per stendere la sua opera, nel 1935,
sugli scritti di Edward Grim, testimone oculare dell'evento.
Il dramma - che ha forti connotazioni di opposizione ai sistemi di regime autoritario - fu scritto
nell'epoca in cui il fascismo cominciava a prendere campo nell'Europa centrale. In questa luce, è
stato visto come critica al regime nazista, specie in chiave di sovversione rispetto agli ideali della
chiesa cattolica.
Thomas Beckett era un giovane avvocato di cui il re Enrico II aveva fatto il suo favorito e nel 1154
l’insignò del titolo di Cancelliere d'Inghilterra.
I due uomini erano inseparabili, uniti da una grande amicizia. Fu allora che nacque nella mente del
re un progetto veramente ambiguo: egli bramava le immense ricchezze del clero inglese, e pensò
che avrebbe potuto impossessarsene più facilmente facendo nominare il suo protetto arcivescovo di
Canterbury. Dopo la nomina, però, Thomas Beckett era diventato un altro uomo. Ritenendo di non
poter servire due padroni, lasciò il suo posto di Cancelliere e si dedicò esclusivamente alla difesa
della Chiesa. Enrico II si sentì tradito. La sua collera fu terribile: costrinse Beckett a rifugiarsi in
Francia. Ma fu disapprovato da un gran numero di sudditi. Alcune province si sollevarono. Dinanzi
a questa situazione, il re si rassegnò a riconciliarsi con l'arcivescovo che rientrò in Inghilterra. La
notte del 29 dicembre 1170, quattro cavalieri inviati dal re d’Inghilterra irrompono nella cattedrale
di Canterbury, sede della massima autorità religiosa del regno, portando un ordine del re: Beckett
deve revocare la scomunica ai vescovi che hanno incoronato il re, oppure tornare in esilio. Beckett
rifiuta e i cavalieri lo minacciano di morte. La tragedia è ormai inevitabile: il vescovo non tenta di
fuggire e viene assassinato cadendo sotto i colpi dei pugnali.
Parte del materiale originale del dramma fu da Eliot rimosso su richiesta dell'editore e trasformato
in un poema a sé stante, intitolato Burnt Norton.
Il contesto della contrapposizione fra potere civile e potere spirituale è stato posto dalla critica come
piano essenziale di lettura del dramma teatrale.
L'azione del dramma si sviluppa tra il 2 dicembre e il 29 dicembre 1170, registrando
cronologicamente gli eventi dei giorni che portarono al martirio di Thomas Becket, dopo la sua
assenza durata per i sette anni precedenti trascorsi in Francia.
L'opera teatrale è divisa in due parti separate da un interludio. La prima parte è ambientata nella
sala dell'arcivescovo ed ha inizio il 2 dicembre 1170. Si apre con un coro cantante premonitore di
eventi violenti. Il coro svolge, sullo stile del coro del teatro greco antico, un ruolo chiave all'interno
del dramma, e muta durante lo svolgimento del dramma, in maniera tale da sottolinearne e
giuntarne le differenti fasi.
Tre sacerdoti irrompono in scena riflettendo sull'assenza di Becket e sul pericolo derivante dalla
crescita del potere temporale della monarchia mentre un araldo annuncia l'arrivo di Becket.
L'arcivescovo svolge a sua volta una riflessione sul martirio al quale sa di andare incontro, che
accetta con fatale rassegnazione. Sulla scena fanno quindi la loro comparsa i tentatori, figure
demoniache che rammentano quelle che tentarono il Cristo (vedi Tentazione di Cristo), pronti a
lasciargli suggerimenti su come resistere al potere del re e salvarsi, sia pure dalla gloria del
martirio. L'atto chiude sulla risposta di diniego di Becket il quale sa ormai quale sia la strada da
percorrere.
Incarnate in quattro personaggi, i tentatori, le sue stesse ansie e i suoi segreti desideri appaiono a
Becket. Primo è il desiderio della gloria mondana (la alleanza con il re che lui stesso assaporò in
età più verde), poi il potere politico (il cancellierato), terza tentazione è la rivolta, la alleanza con
i baroni: rovesciare il potere per sostituirsi ad esso, far di sé il nuovo principe. Ma è il quarto
tentatore il più temibile: Che è il piacere, il governo regale gli ricorda o il comando di uomini
inferiori al re, con astuzia negli angoli, e furtivi stratagemmi, in confronto al dominio universale
del potere spirituale?. Se è morto un re vi è un altro re, e un altro re è un altro regno. Il re sarà
dimenticato, quando ne verrà un altro: il Santo e il Martire regnano dalla tomba. È la tentazione
della Santità, come gloria, conquista personale: Che cosa può paragonarsi alla gloria dei santi,
che dimorano per sempre alla presenza di Dio? Quale gloria terrena di Re o di Imperatore, quale
terreno orgoglio, che non sia povertà a paragone della celeste grandezza? .Cercate la via del
martirio, fatevi il più basso in terra per essere il più in alto in cielo. La lotta è grande, ma occorre
che l'Arcivescovo attraversi le sue stesse tentazioni per esserne purificato. Ora la strada mi è
piana, ora è piano il significato; la tentazione in questa maniera non verrà più. L'ultima tentazione
è il più grande tradimento: compiere la retta azione per uno scopo sbagliato. Il rigoglio della
nostra natura nel peccato veniale è il modo con il quale comincia la nostra vita. Trent'anni or
sono cercai tutte le strade che menano al piacere, all'onore, alla lode. Delitto, torto, oppressione e
filo d'ascia. Indifferenza, sfruttamento, tu, e tu, e tu, dovete essere tutti puniti. Ed anche tu. Io non
agirò, non soffrirò più a lungo; fino alla fine della spada. Ora Angelo mio buono, che Dio destina
ad essere mio guardiano, librati sulla punta delle spade. Becket ha scelto il martirio. Un martirio
voluto, scelto e accettato, ma accettato in nome di Dio. Come affermerà davanti ai suoi assassini:
Non son io Becket della contrada dei mercanti, non è contro di me che voi contendete. Ma la
legge della Chiesa di Cristo, il Giudizio di Roma o, davanti ai sacerdoti che cercano di indurlo a
salvarsi. Per tutta la vita stanno venendo questi piedi. Per tutta la mia vita ho atteso. La morte
verrà solo quando ne sarò degno, e se sono degno non c'è pericolo. Ho dunque soltanto da
rendere perfetto il mio volere.
La coscienza della Volontà di Dio era nel cuore della predica nella cattedrale, intermezzo della
tragedia. Becket diventa sempre più figura Christi. Troveranno il pastore qui: il gregge verrà
risparmiato; Tutte le cose procedono verso una gioconda beatitudine.
La scelta è eroica, ma non di eroismo d'uomo, ma dell'eroismo che accetta che sia compiuta la
volontà di Dio. Voi mi credete incauto disperato o pazzo grida davanti ai sacerdoti che vogliono
chiudere la porta del Tempio per tener lontani gli assassini. Voi concludete dai risultati come fa il
mondo, per decidere se una azione è buona o grama. Vi rimettete al fatto. Che ogni vita e ogni
atto può dimostrarsi conseguenza di bene o di male. E come nel tempo sono commisti i risultati
di molti fatti così alla fine si faranno confusi il bene e il male. Non è nel tempo che la mia
decisione, che la mia morte sarà conosciuta; la mia decisione è presa fuori dal tempo se chiamate
decisione ' ciò al quale tutto il mio essere dona pieno consenso. Io do la mia vita per la legge di
Dio sopra la legge dell'uomo. Disserrate la porta! Disserrate la porta! Noi non siamo qui per
trionfare con la lotta, con lo stratagemma o con la resistenza, non a combattere con bestie simili a
uomini. Noi abbiamo combattuto la bestia e abbiamo vinto. Dobbiamo solo conquistare ora con
la sofferenza la vittoria più facile. Ora è il trionfo della croce, ora aprite la porta! Io lo comando.
Aprite la porta!.
Dopo il pianto del coro, vero e proprio trait d'union tra. la scena e gli spettatori, in cui vi si
leggono riflesse le fasi della lotta di Becket e le reazioni emotive di chi assiste alla scena, gli
assassini si rivolgono al pubblico. Il discorso è sensato, ordinato. Le cause sono esposte
lucidamente siete inglesi e perciò credete al fair play, alla lealtà del gioco. Ma attraverso il gioco
del discorso, un po' ironico, sempre distaccato la conclusione coinvolge lo spettatore: ne fa un
complice. Ma se voi siete arrivati ad una giusta subordinazione delle pretese della Chiesa al
benessere dello stato, ricordatevi che siamo stati noi a fare il primo passo. Noi siamo stati come
gli strumenti per la creazione di quello stato di cose che approvate. Abbiamo servito i vostri
interessi, meritiamo il vostro plauso; e se in questo affare vi è una colpa, voi dovete dividerla con
noi. Ma non trionfa la riduzione meschina della ragione divisa da Dio, legata ad un ridicolo,
ancorché piccolo, egoismo. Perché la Chiesa è più forte di questo fatto, trionfante nella avversità.
È rafforzata dalla persecuzione: suprema, fin che gli uomini moriranno per essa. Una coscienza
che va al di là della negazione: Coloro che ti negano non ti potrebbero negare, se Tu non
esistessi; e la loro negazione non è mai completa, che, se così fosse, essi non esisterebbero. Essi
vivendo ti affermano, tutte le cose vivendo ti affermano: l'uccello nell'aria falco e fringuello,
l'animale sulla terra lupo e agnello, il verme sotto il suolo e il verme dentro il ventre.
Dunque il teatro era per Eliot il medium ideale e la più alta espressione della utilità sociale della
poesia. Ciò che fece volgere il poeta al dramma non fu un mutamento della sua concezione della
vita, impregnata di un assoluto e tesa verso le forme della coralità, verso la forma partecipata; e
non fu quindi neppure un mutamento del modo di avvertire l'arte e le sue possibilità catartiche.
Fu anzi la stretta coerenza tra forma artistica e tensione vitale a premere verso quel tentativo di
ridare allo spazio scenico quell'afflato religioso che gli era stato proprio alle origini.
Certo il teatro viveva, e vive, all'indomani di una perdita di possesso di sé, di identità.
Nell'Inghilterra di quegli anni il teatro, se era, era naturalismo, al massimo critica, critica sociale
e istituzionale. Ma perso era lo spazio vero della teatralità, nato come spazio religioso, come
ponte offerto all'uomo verso le sue origini e i suoi miti, come luogo di riappropriazione delle sue
certezze o di critica dei suoi valori; come luogo, insomma, dove la comunità umana si specchiava
e confrontava coi miti stessi che erano alla propria origine e alla propria fondazione.
Una visione questa del teatro che non poteva non derivare a Eliot dalla lunga frequentazione dei
classici greci. La forma invece, almeno apparentemente, diremmo meglio l'ambiente è quello
borghese dell'Inghilterra settentrionale o della Londra del dopoguerra. Ma invano ricercheremmo
riferimenti cronologici reali, il tempo è quello del mito, dove immutabili si inseguono e si
rincorrono gli eterni temi. Irrompono sulla tranquilla scena inglese le Erinni, le vendicatrici delle
Coefore di Eschilo. Nasce così Riunione di famiglia, nel 1939, e suonano voci che bene
starebbero nelle poesie e anzi in parte dalle poesie sono tratte o alle poesie torneranno: Intendo
penoso, perché tutto è irrevocabile, perché il passato è irrimediabile, perché il futuro può essere
costruito soltanto sul passato reale. Anche qui la coscienza di una presenza assoluta, di un destino
che preme la scena degli uomini e del teatro incalza: In questo momento non vi è alcuna
decisione da prendere: la decisione sarà presa da forze al di là di noi che di quando in quando si
mostrano. Le forze in campo si schierano, e se nella vita esiste un solco, e quindi un dramma,
quel solco e quel dramma si riflettono in tutte le opere: la divisione che regna tra chi è
consapevole della presenza dell'Assoluto al di là della banale attività quotidiana, o meglio dentro
e attraverso la banale attività quotidiana e chi vive nella dimenticanza. In tutte le opere,
dall'Assassinio nella cattedrale alla Riunione di famiglia, da Cocktail party rappresentato per la
prima volta al festival di Edimburgo nel 1949, all'Impiegato di fiducia, portato invece sulla scena
ad Edimburgo nel 1953, si snoda il dramma della ricerca del proprio destino e dell'accettazione
attiva di esso.
Un'accettazione che è possibile nell'Amore, come si legge nelle battute finali del Vecchio statista,
l'ultima opera teatrale di Eliot, del 1958. Lì sono liberato di quell'io che fingeva di essere
qualcuno, e nel divenire nessuno comincia a vivere. Vale la pena di morire per scoprire cos'è la
vita. Nemmeno la morte riesce più a stupirmi e a sgomentarmi fissa come sono nella certezza di
un amore che non muta. Mi sento interamente sicura in te. Sono parte di te.
Chi è forte con la forza, chi è debole col capriccio. Hanno
solo una legge, afferrare il potere e mantenerlo.
Chi è più deciso manovra l’avidità e la brama degli altri, chi
è debole è divorato dalla sua.
-Terzo Prete, Parte Prima
Noi non sappiamo molto del futuro o solo
questo: di generazione in generazione è un
ripetersi di cose sempre uguali. Gli uomini non
imparano molto dall’esperienza degli altri. Ma
nella vita di un uomo non torna mai lo stesso
tempo…Spezzare la corda, cambiar pelle. Solo il
pazzo, prigioniero di una follia, può pensare di
far girare la ruota sulla quale egli gira.
-Thomas Becket, Prima Parte-
L'interludio è costituito da un sermone dell'arcivescovo tenuto la mattina di Natale dell'anno 1170.
È un discorso erudito sul valore spirituale di questo giorno, di gioia e tristezza insieme che la
cristianità dedica ai suoi martiri. Ripropone, quindi, attraverso il gesto scenico, le considerazioni di
Becket riguardo il martirio. In fine di sermone, annuncia ai fedeli, con parole di fatalità, che entro
breve tempo essi potrebbero averne uno in più da ricordare.
Diletti figli, noi non consideriamo un martire semplicemente un
buon cristiano che è stato ucciso perchè è cristiano: questo ci
farebbe soltanto rattristare. Né lo consideriamo semplicemente
un buon cristiano che fu eletto fra le schiere dei Santi: perchè
questo ci farebbe soltanto rallegrare: e mai il nostro rattristarci
e il nostro rallegrarci sono come quelli del mondo. Un martirio
cristiano non avviene mai per caso, perchè non si diventa Santi
per caso. E ancora meno un martirio cristiano è l’effetto della
volontà di un uomo di diventare santo, così come potrebbe con
la volontà e qualche macchinazione diventare reggitore di altri
uomini.
Un martirio è sempre un disegno di Dio, per il suo amore per gli
uomini, per avvertirli e guidarli, per riportarli sulla sua strada.
Non è mai un disegno dell'uomo; perchè il vero martire è colui
che è diventato lo strumento di Dio, che ha perduto la sua
volontà nella volontà di Dio, e che non desidera più niente per se
stesso, neppure la gloria di essere un martire.
Thomas Becket,Interludio
La seconda parte del dramma ha luogo sia nella sala dell'arcivescovo che nella cattedrale. È il 29
dicembre 1170. L'atto è maggiormente realistico, rispetto al primo, riguardo dettagli e parte
dialogata e può essere visto come un dramma di stile moderno.
Quattro cavalieri giungono con informazioni urgenti da parte del re. I cavalieri hanno udito il re
esprimere il suo disappunto rispetto a Becket, interpretando tale disappunto come un ordine per
ucciderlo. Lo accusano di tradimento, ma egli si dichiara la sua lealtà aggiungendo di accusarlo
pubblicamente. Becket viene sottratto alla furia dei cavalieri dai sacerdoti che gli suggeriscono di
fuggire e mettersi in salvo. Becket rifiuta. Alla partenza dei cavalieri, Becket ribadisce di essere
disposto a morire. Il coro accompagna con il suo mesto canto la scena, preannunciando il tragico
finale. Becket è nella cattedrale, quando i cavalieri fanno la loro irruzione, uccidendolo.
Dunque il dissenso nasce solo dalle
misure che abbiamo adottato per
rimettere le cose a posto. Nessuno più di
noi si rammarica di aver dovuto per
necessità ricorrere alla violenza.
Sfortunatamente vi sono tempi in cui la
violenza è, nella nostra società, l’unico
mezzo per assicurare la giustizia.
-Secondo Cavaliere, Seconda Parte-
Il dramma si chiude sui versi espressi dai cavalieri che, giustificando la loro azione, spiegano come
l'uccisione fu giusta e dettata dalla necessità di impedire alla Chiesa di minare la stabilità del potere
dello Stato.
Coro delle donne
da Assassinio nella cattedrale di T.S.Eliot
Chiarite l'aria!
pulite il cielo!
lavate il vento!
separate pietra da pietra
e lavatele.
La terra è sozza,
l'acqua è sozza,
le nostre bestie
e noi stesse
insozzate di sangue.
Una pioggia di sangue
m'ha accecato gli occhi.
Dov'è l'Inghilterra?
dov'è il Kent?
dov'è Canterburgo?
Oh lontano lontano
nel passato;
ed io
vado vagando in una landa di sterpi sterili:
se li spezzo
sanguinano;
io vado vagando in una landa di aridi sassi:
se li tocco
sanguinano.
Come
come posso mai tornare
alle soavi
stagioni tranquille?
Notte, resta con noi,
fermati sole,
trattienti stagione;
non venga il giorno,
non venga la primavera.
Posso ancora guardare il giorno
e le sue cose solite,
e vederle
tutte imbrattate di sangue,
attraverso una cortina di sangue che cade?
Noi non volevamo che accadesse nulla.
Noi capivamo
la catastrofe privata,
La perdita personale,
la miseria generale,
Vivendo
e in parte vivendo;
Il terrore della notte
che termina nell'azione del giorno,
Il terrore del giorno
che termina nel sonno;
Ma chiacchierare
sulla piazza del mercato,
con la mano sulla scopa,
Ammucchiare le ceneri
al cadere della sera,
Porre l'esca sul fuoco
allo spuntar del giorno,
Questi gli atti
che segnavano un limite al nostro soffrire.
Ogni orrore aveva la sua definizione,
Ogni dolore aveva
una specie di fine:
Nella vita non c'è tempo
d'affannarsi a lungo.
Ma questo,
questo è fuori della vita,
questo è fuori del tempo,
Un'imminente eternità
di male e d'ingiustizia.
Noi siamo sporche
d'una sozzura che non possiamo detergere,
mischiata col verme soprannaturale,
Non siamo noi sole,
non la sola casa,
non la città ch'è insozzata,
Ma il mondo che è tutto sozzo.
Chiarite l'aria!
pulite il cielo!
lavate il vento!
separate pietra da pietra,
separate la pelle dal braccio,
separate il muscolo dall'osso,
e lavateli.
Lavate la pietra,
lavate l'osso,
lavate il cervello,
lavate l'anima,
lavateli, lavateli!
La prima rappresentazione dell'opera teatrale andò in scena nel luogo in cui avvennero realmente i
fatti narrati: la Cattedrale di Canterbury.
Il Film
Assassinio nella cattedrale (Murdered in the Cathedral nell'originale in lingua inglese) è il titolo di
un film in bianco e nero del 1951, diretto e prodotto dal regista austriaco George Hoellering.
La sceneggiatura è di Thomas Stearns Eliot che la derivò dal suo dramma teatrale omonimo
Assassinio nella cattedrale.
Il film fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia dove si aggiudicò il Grand Prix della giuria
e fu messo in distribuzione l'anno successivo (sul mercato statunitense il 25 marzo 1952).
La pellicola non include, fra i personaggi, la figure di uno dei quattro tentatori, cui presta voce,
fuori campo, lo stesso Eliot.