Il MART: Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto Arch. Mario Botta di Ilaria Prato Dopo averlo ammirato in tanti articoli di giornale, servizi di riviste specializzate e filmati televisivi, eccolo davanti a me: il MART. Devo ammettere che temevo un po' quello che avrei trovato davanti ai miei occhi a Rovereto: tante architetture, che sembrano così belle e convincenti nelle foto patinate di libri e riviste, rivelano poi ad un'analisi più accurata difetti e debolezze, oppure appaiono semplicemente meno poetiche ad un incontro più ravvicinato. Il MART no, è stata una piacevole rivelazione, nonostante le sue contraddizioni, o meglio le contraddizioni del suo architetto Mario Botta. Il MART, con i suoi 5600 mq di superficie espositiva e i suoi 14000 mq totali, non è un museo che si mostra, ma un'architettura al servizio dell'arte. Dove era immediato pensare alla collocazione dell'edificio c'è invece un “vuoto”: una piazza coperta da una cupola vetrata. Questo vuoto accoglie i visitatori acc ompa gna ndo li fin o all 'in gre sso , per segnalare questo invito ad entrare c'è un segno, che nell'idea originale avrebbe dovuto essere riempito d'acqua, nella pavimentazione che dalla strada principale conduce fino alla fontana abbellita dalle statue di Mimmo Paladino. La copertura è una citazione di Botta al Pantheon di Roma, richiama questo edificio non solo nelle dimensioni con il suo diametro di 40 metri, ma anche con l'oculo centrale, che ha inoltre la funzione pratica di permettere il ricircolo dell'aria all'interno di questo ambiente. La cupola vetrata è costituita da 19 capriate, la ventesima è stata tolta essendo quella che corrisponde all'ingresso in modo da evidenziarlo maggiormente. Questo “vuoto” ha inoltre lo scopo di sottolineare il rapporto terra-cielo, poiché la superficie vetrata trasparente permette di vedervi attraverso, e tra interno ed esterno, facendo da filtro tra le strade cittadine e il museo vero e proprio. Il progetto dell'architetto ticinese Mario Botta ha voluto mantenere una uniformità di linguaggio nei materiali e nei colori: giallo, grigio, nero e bianco, sia per l'esterno sia per gli interni. Il materiale predominante all'esterno è la pietra di Verona, usata per il rivestimento delle facciate in lastre di 0,50 x 1 m. Questa pietra è una citazione dell'opera dell'architetto veneto Andrea Palladio, oltre ad avere il vantaggio di essere facilmente lavorabile per poi indurire col temp o. Ques to mate rial e anti co e tradizionale è stato però trattato con tecniche moderne per mantenerlo sulle tonalità del beige-giallo, poiché naturalmente virerebbe al grigio. Nell'uso di questo materiale è presente una contraddizione dell'architetto svizzero, sostenitore dell'“estetica della statica”, ha difatti usato questa pietra come rivestimento e non strutturalmente dando però l'impressione che la pietra sia la struttura stessa dell'edificio. La struttura portante si basa invece su una maglia di pilastri di 5,25 x 5,25 m, poi sono state aggiunte le lastre di pietra di Verona come rivestimento per creare una facciata ventilata e lasciando lo spazio per un cavedio per ospitare l'impiantistica. Una grande importanza è stata dunque data alla m onume ntalit à del m uro, p ur non essendo più inteso come muro portante: Botta come uno scultore dalla massa ha saputo trarre e creare i volumi. Le finestre poi, che si aprono su questo muro, non sono mai intese in modo tradizionale ma viste come logge, sfondati, tagli nelle pareti… Mario Botta ha voluto ordinare il suo progetto come un susseguirsi di volumi, come un passaggio da spazi alti a spazi bassi, come ad esempio il poetico matroneo che si affaccia sullo spazio coperto dalla cupola, che creano interessanti giochi di luce. Tutto è organizzato su moduli e forme che si ripetono costantemente. Anche negli interni si legge la continuità di linguaggio ricercata nell'intero complesso. I colori predominanti sono il bianco delle pareti, il nero e il grigio scuro dello stucco dei pilastri e del granito dello Zimbawe dei pavimenti dell'ingresso e dei bagni, l'acero sbiancato dei pav im en ti de ll e sa le , de i pan ne ll i di rivestimento delle pareti e dei controsoffitti. L'intento perseguito negli interni è stato comunque quello di mettere in evidenza il contenuto, le opere d'arte, senza nasconderlo co n i l s uo co nt en it or e e qu in di co n l'architettura stessa. Si nota inoltre una finezza nello studio dei dettagli, come nel corrimano e nelle scale staccate dal muro di qualche centimetro, purtroppo però non sempre eseguiti a regola d'arte. Il sistema di scale, che conduce ai vari piani di esposizione, allude simbolicamente ad una presenza vegetale, ad un albero. Il complesso oltre al museo comprende altre funzioni: una biblioteca, un archivio, un auditorium e una sala conferenze, un giardino apert o al pubbl ico, un books hop, una caffetteria-ristorante e degli uffici. Principali opere dell'architetto Mario Botta • • • • • • • • • • • • • • • 1972-1977 Scuola media di Morbio Inferiore, Svizzera 1976-1979 Biblioteca del Convento dei Cappuccini, Lugano 1986-1995 Chiesa a Mogno, Svizzera 1986-2001 Riqualificazione dell'area della Pilotta, Parma 1987-1992 Chiesa a Pordenone 1987-1995 Chiesa a Sartirana di Merate-Milano 1987-1996 Banca Bruxelles Lambert, Ginevra 1988-1995 Cattedrale a Evry e Centro di arte sacra, Francia 1988-2002 Mart, Museo di Arte Moderna e Contemporanea, Rovereto 1989-1995 SFMOMA, Museo d'Arte Moderna, San Francisco 1993-1996 Museo Jean Tinguerly, Basilea 1993-2000 Liceo scientifico a Città della Pieve, Italia 1995-2001 Parco di sculture “Arca di Noè” con Niki de Saint Phalle, Gerusalemme 1996-2000 Ampliamento e ristrutturazione Biblioteca Fondazione Querini Stampalia, Venezia 2001-2002 Cappella di Azzano di Seravezza, con Giuliano Vangi