La rivoluzione etnografica e il funzionalismo di Bronislaw Malinowski

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La rivoluzione etnografica e il funzionalismo di Bronislaw
Malinowski
Negli anni precedenti il conflitto mondiale l’antropologia inglese conobbe un forte sviluppo,che si interruppe
negli anni della guerra.Nonostante segni la morte di W.H.R.Rivers,il 1922 è un anno di capitale importanza.
La”magia”delle isole:un antropologo tra mito e realtà Malinowski,polacco,studiò antropologia a Londra con
Seligman.Venne sorpreso dalla scoppio della guerra mondiale in Australia,dove stava partecipando ad un
congresso.Come cittadino di “nazionalità nemica”avrebbe dovuto essere imprigionato,ma lo lasciarono
libero di compiere ricerche in Nuova Guinea prima e nelle Trobriand dopo. Qui si dedicò allo studio dell’
organizzazione sociale,giuridica,economica ma anche alle tecniche di costruzione delle canoe,ai miti,i riti,la
lingua,il comportamento sessuale.Scrisse le molte opere su questi temi tra il 1922 e il 1938,quando occupava la
cattedra della London School of Economics,prima di trasferirsi a Yale.Nel 1922 pubblicò “Argonauti del
Pacifico occidentale”in un clima culturale stagnante a causa del conflitto.Fu favorito dall’essere riuscito a far
tesoro della tradizione britannica(soprattutto sul campo) precedente il 1914.Si impose per le capacità di
scrittore e le novità delle idee sulla pratica etnografica.Tra i contemporanei fu lodato per la facilità
nell’ottenere la fiducia del nativo,la perfezione scientifica e la capacità di identificarsi con i locali.
L’osservazione partecipante i Diari A Malinowski fu riconosciuta una superiore capacità di
comprendere l’interiorità del nativo,identificarsi profondamente con esso.In effetti fu lui ad utilizzare
per primo quella pratica da lui stesso definita “osservazione partecipante”,cioè partecipare il più
possibile alla vita locale per riuscire a vedere il mondo con gli occhi dei nativi.Tra i non antropologi
Malinowski rappresentò l’incarnazione del desiderio della fuga dalla civiltà.La pubblicazione postuma
dei suoi diari provocò uno shock,perché fece scoprire che aveva pensieri rudi sui nativi e utilizzava
parole volgari,non si era perfettamente integrato e per la maggior parte del tempo avrebbe preferito
essere altrove.
Il”disagio”dell’antropologo La pubblicazione dei diari,oltre a sfatare un mito servirono a introdurre
il problema di come e quanto l’antropologo possa veramente cogliere i punto di vista indigeno.Il
disagio consiste nella consapevolezza di doversi confrontare con le interpretazioni dei
nativi,anticipazione del problema contemporaneo del misurare l’influsso che le interpretazioni dei
locali e di tutti gli altri che ruotano intorno al contesto di lavoro dell’antropologo influenzino
l’interpretazione dell’antropologo stesso.
Un modello di monografia etnografica: gli Argonauti Come tutte le opere di Malinowski fu scritta partendo
dalla descrizione di un fenomeno particolare per poi allargarsi alla descrizione degli altri aspetti della società.Il
libro tratta degli scambi che avvenivano tra gruppi di diverse isole lontane tra loro ma all’interno della stessa
area geografica.
Il cerimoniale kula Per lo studioso il kula era <un fenomeno economico di notevole importanza
teorica … occupa il posto più importante nella vita tribale di questi indigeni che vivono all’interno del
suo circuito>. In pratica,nel gruppo di isole che partecipavano allo scambio le collane di conchiglie
rosse (soulava) circolavano in senso orario,mentre i braccialetti di conchiglie bianche (mwali)
circolavano in senso antiorario e potevano essere scambiate solamente tra loro, fenomeno che poi
gli antropologi definirono sfere di scambio.Gli oggetti circolavano in continuazione e non uscivano
mai dal circuito.Gli scambi erano accompagnati da rituali ben precisi,pratiche magiche e commerci
di tipo profano(gimwali).
Olismo e funzionalismo Uno dei maggiori meriti di “Argonauti del Pacifico occidentale”fu quello di
introdurre la pratica dell’osservazione partecipante.Questa pratica portò ad una nuova concezione
della cultura e della società come complessi di fenomeni correlati e non astraibili dal contesto in cui si
verificano abitualmente.Così lo studio delle società e delle culture risultava inteso in una prospettiva
olistica (non settoriale),e ogni elemento diventava funzionale alla conservazione della
totalità.MaLinowski intendeva probabilmente dimostrare contro la mentalità allora diffusa che i
comportamenti dei “selvaggi “avessero una propria coerenza e ragionevolezza.La dimostrazione di
tale ipotesi veniva favorita dalla descrizione di un fenomeno come il kula,che rappresentò il primo
studio di antropologia economica.Questa volontà di sottolineare la razionalità portò Malinowski ad
attribuire al kula la funzione di mantenere e rinforzare i rapporti tra individui e gruppi,e dare a questo
tipo di scambio un significato economico con le conseguenze di circoscrivere l’analisi al processo di
circolazione e dando poco spazio allo scambio profano (gimwali) che avveniva
contemporaneamente.Così Malinowski interpretò economicamente un fenomeno di diversa
natura.Malinowski rigettò le due interpretazioni ideologiche di <comunismo primitivo> e di primitivo
come homo œconomicus perché anche se sbagliò a dare una interpretazione economica al kula in
altri passi dimostra la consapevolezza che ci sono altre e complesse ragioni sociali e tradizionali che
spingono un trobriandese a lavorare e che <molto tempo e molte energie vengono spesi per sforzi del
tutto inutili dal punto di vista pratico>.
Il principio di reciprocità L’analisi del kula mise in evidenza una rete di relazioni tra individui,clan,
tribù,fondati sul principio della reciprocità.Il fenomeno in cui questo principio era più evidente non
poteva essere che il kula,ma questo non toglie che tutti gli altri aspetti importanti della vita non
fossero regolati in modo da promuovere la solidarietà e l’organicità della società e della cultura.Così
ogni fase e fenomeno sociale veniva letto all’interno del principio della reciprocità.Questa
concezione fu ribadita in “Diritto e costume nella società primitiva”:il principio di reciprocità
pervadeva ogni aspetto della vita trobriandese.Il tentativo era quello di attribuire coerenza a
pratiche di controllo sociale,spesso svalutate o misconosciute da autori precedenti. L’idea di fondo
era quella di un principio immanente, non codificato, che strutturi l’agire sociale e che renda
impossibile di sottrarsi alla propria rete di obblighi senza subirne le conseguenze. L’idea del principio di
reciprocità come alla base delle società primitive influenzerà la teoria del dono di Mauss e tramite
quest’ultimo anche Lévi-Strauss.
L’origine della famiglia Basandosi sulla sola letteratura esistente Malinowski scrisse nel 1913 “La famiglia tra gli
Aborigeni”volto a contraddire l’ipotesi condivisa per cui le cerimonie in cui si consentivano rapporti sessuali
con persone che non fossero il coniuge fossero la sopravvivenza di una promiscuità originaria.Dimostrò al
contrario che tali episodi avvenivano non indiscriminatamente ma secondo precise regole.
Universalità della famiglia elementare Sostenne il carattere universale della famiglia elementare,
opponendosi all’opinione allora corrente,non solo nel volume del 1913 ma anche in “Sesso e
repressione sessuale tra i selvaggi” del 1927.La famiglia era la cellula universale e originaria della
società nonché luogo della riproduzione biologica e culturale.Per l’autore l’incesto fu proibito per
evitare la disgregazione della famiglia e dei rapporti che si instaurano al suo interno.Mentre invece
l’esogamia nacque in risposta al divieto dell’incesto.Questo prefigurava la successiva posizione
funzionalista di Malinowski.
La teoria della cultura e il funzionalismo”allargato”Gli scritti teorici sul tema- pubblicati postumi-.Composti nel
periodo del trasferimento di Malinowski negli Stati Uniti,in Inghilterra aumenta l’influenza di Radcliffe-Brown
Una teoria scientifica della cultura Nei saggi di quest’opera del 1944 Malinowski intende dare
una immagine scientifica dell’oggetto e dei metodi dell’antropologia.Funzionalismo ristretto: la
società e la cultura come un insieme di pratiche e di e di comportamenti tra loro integrati tendenti al
mantenimento dell’equilibrio interno alla società e del “funzionamento” di essa,<il tutto integrale
consistente degli strumenti e dei beni di consumo,delle carte costituzionali per i vari raggruppamenti
sociali,delle idee e delle arti>. Funzionalismo allargato:cultura come <un vasto apparato,in parte
materiale,in parte umano e in parte spirituale con cui l‘uomo può venire a capo dei concreti,specifici
problemi che gli stanno di fronte >.Coesistevano quindi nella stessa opera una visione tyloriana
arricchita di un senso funzionalista (il<tutto integrale>) e l’idea di una cultura come apparato di
strumenti che l’uomo impiega per adattarsi all’ambiente.
La gerarchia dei bisogni Così si arriva a formulare una relazione tra bisogni fondamentali
individuali e risposte culturali (bisogni secondari o derivati).che servono ad organizzare e mantenere
la coesione sociale.Esiste un terzo livello,quello simbolico,che per Malinowski trasforma in cultura ciò
che è natura ed è esemplificato nel linguaggio,nella tradizione orale e scritta,in alcuni concetti
dogmatici dominanti.Questo tipo di visione non tiene conto della pluralità delle risposte possibili,che
vengono pensate in termini comportamentistici,“pavloviani” e si mette in ombra l’aspetto simbolico
della cultura riducendola a qualcosa di strumentale.
La natura della magia In “Magia,scienza e religione”Malinowski confuta l’idea evoluzionistica della
magia come tentativo di manipolare la natura per proporre l’idea che questa sia una risposta
emotiva ad una situazione non controllabile,una ritualizzazione della fiducia e dell’ottimismo verso
l’uomo che esorcizza l’incapacità dell’uomo di controllare tutto il reale.Nonostante il suo doppio
funzionalismo Malinowski è il primo ad aver sostenuto che i dati etnografici possono avere un
significato solo nel contesto globale in cui sono inseriti.
Teoria del cambiamento culturale Malinowski venne criticato per non aver mai compiuto analisi
diacroniche sui popoli da lui studiati,ma questi era convinto che conoscere l’origine storica di un
tratto culturale non poteva illuminare sul significato che questo assume nella totalità di una cultura.Il
libro “La dinamica del cambiamento culturale”postumo,tra i primi studi di antropologia
applicata,tenta di spiegare le trasformazioni in un ambiente dove sono presenti più culture.Con
l’esperienza della visita in Africa del 1934,l’autore intende sottolineare come il prodotto più rilevante
dell’incontro tra culture non siano gli scambi e i prestiti,ma una nuova “terza cultura”,parallela alle
due originarie,una intersezione. Su questo aspetto fu criticato dagli stessi allievi poiché non si creava
una terza diversa cultura,ma una nuova totalità.
Dopo Malinowski L’influenza sugli studenti fu molto forte fino all’arrivo di Radcliffe-Brown ad
Oxford.Ma la sua fortuna fu ancora più duratura,rinnovata dopo la pubblicazione del diario. L’aspetto
più influenzante fu lo stile etnografico,che sembra non voler mai dare informazioni definitive,lasciando
sempre il sospetto che le interpretazioni degli informatori influenzino quelle dell’antropologo.
L’antropologia psicoanalitica e lo studio della cultura
La psicoanalisi evidenzia la presenza di una vita psichica inconscia che è originata dallo scontro tra
pulsioni dell’individuo e forze della cultura. L’antropologia psicoanalitica è il tentativo di applicare la
psicoanalisi anche in contesti culturali non occidentali.Vi si dedicano analisti interessati alla
cultura,antropologi avvicinatisi alla psicoanalisi e psicanalisti che oltre all’analisi lavorarono anche sul
campo. Quest’area ha fornito rilevanti contributi sul tema della costruzione della personalità
individuale e dei processi di conflitto e adattamento degli individui all’ambiento socio-culturale.Oggi
è inglobata nell’etnopsichiatria,che studia i disturbi e le sindromi dei soggetti trapiantati in contesti
culturali estranei.
Freud
L’aspetto psicologico fu dibattuto dall’antropologia fin dalle origini della disciplina (Tylor e Frazer sul
pensiero magico e religioso, Lévy-Bruhl sulla mentalità primitiva del tutto diversa dalla occidentale,
Rivers e gli studi sulla percezione) ma nessuno di loro aveva elaborato una teoria complessiva
sull’origine dello sviluppo della cultura e l’adattamento dell’individuo a quest’ultima.Freud propone la
sua in “Totem e tabù”(1913),primo di una serie di lavori sulla cultura.
Le suggestioni dell’antropologia Dopo aver raggiunto la fama con “L’interpretazione dei sogni”,
Freud inizia il suo “dialogo”con l’antropologia a partire dalle suggestioni provocategli dalla lettura del
“Ramo d‘oro”di Frazer.Freud aveva letto però molte altre sue opere,tra cui “Totemismo ed
esogamia”e “Conferenze sulla religione dei semiti”di Robertson-Smith. L’opera di Freud voleva dare
una risposta a questioni all’epoca molto dibattute:cos’è il totemismo? In che relazione sta con
l’esogamia?
L’assassinio primordiale e la nascita della cultura Per Freud l’orda primitiva,consistente in un
famiglie poligamiche dedite al cannibalismo era all’origine di totemismo ed esogamia
contemporaneamente.(Freud non si adegua all’idea evoluzionistica di promiscuità originaria e
sceglie l’opzione della famiglia per poter impiegare il complesso di Edipo come chiave di lettura).
Secondo questa teoria i figli ,per congiungersi alla madre,uccidono il proprio padre ma dopo essersi
cibati delle sue carni provano rimorso idealizzando la sua figura dando vita all’istituto del totemismo e
autopunendosi con la volontaria astensione dalla madre e le altre femmine del gruppo costringendo
loro a soddisfare il loro desiderio al di fuori di questo (nascita dell’esogamia).
L’ambivalenza emotiva Lo scopo del libro di Freud era quello di evidenziare il legame tra i tabù
dei primitivi (non si uccide o si mangia l’animale totemico,non si desiderano la donne del gruppo di
appartenenza) e i tabù autoimposti che si danno i nevrotici,cosa evidente alla luce del sottotitolo
<concordanze nella vita psichica dei selvaggi e dei nevrotici>.Contemporaneamente però pare lui
per primo poco convinto del paragone quando dichiara che l’analogia può essere solo esteriore dei
fenomeni,non valida per la sostanza.Come i nevrotici hanno introiettato nell’infanzia una proibizione
che non elimina la pulsione ma la inibisce soltanto,generando un sentimento ambivalente verso il
tabù,lo stesso sentimento di tentazione è condiviso dagli indigeni. A dimostrazione delle sue teorie
Freud utilizza tre esempi di tabù della letteratura antropologica : -nemici uccisi:l’uccisore di un nemico
viene sottoposto ad un tabù e solo dopo riti di purificazione viene reintegrato.Il memico morto è
ritenuto ostile perché nemico ma è contemporaneamente oggetto di ammirazione e rimorso poiché
gli si fanno doni e preghiere per pacificarlo e si pone un tabù su chi l’ha ucciso.Il coesistere dei
sentimenti di odio e rispetto sono prove di ambivalenza.
-sovrani: per Freud sono tanto stimati perché in realtà odiati.L’ambivalenza consiste in qui nel
p
paragone con il delirio di persecuzione dei nevrotici:si attribuiscono poteri esagerati a qualcuno
e
per poter addossare loro più facilmente le responsabilità di ciò che infastidisce e sfogarsi su essi.
-morti: i vivi non li demonizzano perché ne sono spaventati,anzi,li trattano come nemici.
I vivi sono inconsciamente soddisfatti: negano i sentimenti di ostilità che avevano verso il defunto
e li attribuiscono inconsciamente a quest’ultimo trasformandoli in demoni.Per questo sono
proprio i parenti più prossimi a dover temere di più i loro “attacchi“.
Malinowski
Malinowski lesse le opere di Freud alle Trobriand e decise di indagare per scoprire se la teoria di Freud potesse
valere anche in un contesto profondamente diverso da quello occidentale e quindi potesse essere ritenuto
universale,come si voleva dimostrare in “Totem e tabù”.
La famiglia trobriandese Le famiglie trobriandesi erano monogamiche.Ma era dominante la discendenza
matrilineare,che dava l’autorità allo zio materno piuttosto che al padre.I rapporti dei figli con quest’ultimo
erano affettuosi e improntanti alla confidenza,oltre che disinteressati (l’eredità passa tramite lo zio materno).A
provare la prevalenza della matrilinearità c’è anche l’idea che i figli non fossero altro che reincarnazioni di
spiriti defunti della linea materna,e quindi il ruolo maschile fosse secondario. Inoltre il distacco dalla madre era
più lento e meno doloroso e il desiderio incestuoso era diretto verso le sorelle.
Il complesso matriarcale e la non universalità del complesso di Edipo Malinowski giunge così a teorizzare
l’esistenza di un “complesso matriarcale”guidato dal <desiderio di unirsi alla sorella e di uccidere lo zio
materno>. Il suo intento non era quello di criticare alla radice il complesso di Edipo,ma solo quello di
evidenziare che non esistesse,come sostenuto da Freud, in tutte le culture.Alcuni psicanalisti sostennero
che questa era in realtà una rimozione della figura paterna,segno di un complesso ancor più forte.Altri
invece sostennero Malinowski,che ebbe il merito di accendere il dibattito sull’universalità del complesso di
Edipo ed evidenziare che le dinamiche psichico-affettive degli individui dovevano essere considerate
all’interno della società di appartenenza e non di un’altra.
G.Roheim
Ungherese,entra in cura con un allievo di Freud.Dopo aver scritto saggi e articoli che sviluppavano il problema
culturale evidenziato da Freud in “Totem e tabù”,compì ricerche sul campo per poi trasferirsi negli Stati Uniti.
La cultura come nevrosi collettiva Per cercare di dimostrare la sua interpretazione della cultura come
nevrosi collettiva,Roheim scrisse “L‘enigma della Sfinge”e”Origine e funzione della cultura”. Nel primo sostenne
che le culture primitive fossero elaborazioni in risposta a conflitti psichici infantili non risolti e nel secondo che la
cultura è un prodotto che cerca di realizzare in forme traslate le fantasie dell’infanzia.
La sublimazione La sublimazione è per Freud la conversione della pulsione sessuale in processo di
produzione di oggetti culturali ”superiori”.Roheim estende la definizione includendo in essa non solo la
produzione di oggetti culturali superiori come la scienza,l’arte o la poesia,me anche a tutte le attività
connesse alla produzione dei beni materiali,cercando di dimostrare che dietro ogni attività lavorativa
scelta ci sia un elemento latente della situazione infantile.La sublimazione non è solo produzione di
cultura,ma anche un compromesso che evita il raggiungimento della soddisfazione immediata dei propri
desideri per evitare di rimanere soli.
J.Layard antropologo allievo di Rivers e paziente di Jung,rimase sempre una figura piuttosto marginale perché
il suo maestro fu diffusionista in un periodo in cui si stava affermando la prospettiva funzionalista.
L’incontro con la psicoanalisi L’incontro con le teorie di Jung avvenne durante gli anni ‘30,un periodo
incui l’esperienza sul campo fatta con Rivers tra il 1914 e il 1915 era già lontana.Stese i risultati delle proprie
ricerche sul campo soltanto nel 1942,con “”Gli uomini di pietra di Malekula” che riuniva ipotesi diffusioniste e
interpretazioni junghiane.
La posizione di Jung L’allievo di Freud si distinse da questo per:la critica all’interpretazione sessuale di tutti i
simboli,la concezione della libido come forza vitale (non esclusivamente sessuale),l’origine attuale e non solo
infantile delle nevrosi (Principio di individuazione),l’utilizzo di concetti non di matrice freudiana come inconscio
collettivo ed archetipi (collegati : l’archetipo è sempre originato in forme storicamente diverse da una
comune memoria collettiva e si esprime attraverso un simbolo)
Il rito maki Questo rito consisteva nel sacrificio di maiali maschi,di cui il sacrificante otteneva la forza per
proteggersi dalla distruzione del proprio spirito,che sarebbe avvenuta nell’aldilà.Questo rituale veniva ripetuto
spesso,finché l’uomo non si fosse conquistato il benvolere degli antenati e il diritto di raggiungerli tra i
defunti.Durante ogni sacrificio si realizzava un rinnovamento sociale e per questa ragione il sacrificatore
cambiava il proprio nome.Ogni ciclo rituale si divideva in due parti.Prima l’erezione di un monumento ,una
pietra piantata in verticale,poi di una specie di piattaforma di pietra.Layard si interessò a questo rituale per
cercare prove a favore del diffusionismo delle culture megalitiche asiatiche e mediorientali.
L’individuazione Layard interpretò i monumenti come rappresentativi del sesso maschile e femminile,
freudianamente e non junghianamente, ma l’interpretazione prendeva le mosse dalle teorie del suo
analista.Il maki era descritto come una forma del processo di individuazione (trasformazione continua
dell’essere umano,equilibrio dinamico tra il sé e il mondo).Gli stessi abitanti dell’isola intendevano i rito come
continua rinascita.Inoltre il vulcano sull’isola di fronte ,sede degli spiriti defunti secondo gli isolani, era
interpretato come simbolo della totalità,della ricomposizione della scissione individuale e del ritorno alla
madre. Tale opera venne ostracizzata perché scritta in un periodo in cui si insisteva maggiormente sulla
necessità di individuare confini disciplinari precisi,una volontà di oggettività ben lontana dalle ipotesi
diffusioniste e le interpretazioni psicoanalitiche.
Gli studi etnologici in Italia
Dopo la prima guerra mondiale si affermò nella tradizione etnologica italiana il diffusionismo di matrice austrotedesca. Il suo maggior rappresentante fu Padre Wilhelm Schmidt ,che influenzò missionari e accademici dalla
sua cattedra dell’Università Pontificia.Anche Raffaele Pettazzoni aderì al diffusionismo, ma lo storico delle
religioni fu anche molto legato alla prospettiva comparativa di origine evoluzionista.La sua maggiore opera fu
un grande studio comparativo sulla concezione di un”essere supremo”presso tutti i popoli.
Gli studi etnologici:l’Africa Orientale Italiana
I rappresentanti italiani della tradizione etnologica possono essere individuati nel promettente R.Boccassino,
allievo di Malinowski a Londra e soprattutto negli africanisti e linguisti C.Conti-Rossini ed E.Cerulli.Entrambi di
formazione classica,influenzati da una prospettiva storico-giuridica ed esperti dell’area est-africana,Etiopia in
particolare.I loro scritti (tra inizio ‘900 e il 1920 quelli del primo e tra 1920 e 1930 quelli del secondo) avevano
più la forma di survey che di monografie.La prima monografia italiana è datata 1940,fu scritta da V.Grottanelli
e si trattava del Mao,popolazione dell’area nord-ovest dell’Etiopia.Realizzata nel quadro di una ricerca di una
missione promossa dalla Reale Accademia d’Italia,forniva un resoconto accurato e puntuale della cultura
materiale,spirituale e dell’organizzazione familiare di questo popolo,sebbene il soggiorno presso di loro fosse
stato molto breve e obbligato a fare concessioni all’idea di missione civilizzatrice a causa del clima politico
vigente.Vi furono anche altri studi sulle popolazioni nordafricane ed eritree,spesso completamenti di ricerche
avviate prima della “grande guerra“,ma furono realizzati da funzionari e militari impiegati nelle colonie,che
erano stati formati nell’area giuridica o storica.Furono compiute in quest’ambito ricerche sul regime fondiario
e il diritto consuetudinario nonché sulle confraternite musulmane della Libia,che si opposero fortemente alla
presenza italiana.
La virata razzista dell’antropologia sotto il fascismo
Lo sviluppo dell’etnologia in Italia venne frenato dal regime fascista.Sebbene avesse contribuito
notevolmente all’aumento delle dimensioni dei possedimenti coloniali,il fascismo asservì l’etnologia per farle
dimostrare le tesi della superiorità della civiltà romano-latina e,per questo,il suo diritto di civilizzare gli inferiori.
L’VIII Convegno Volta del 1938 Gli atti del convegno patrocinato dalla Reale Accademia d’Italia rivelano
che la maggioranza dei relatori asservirono il fascismo e la sua politica,oscillando soltanto tra un radicale
razzismo e il paternalismo.Padre Schmidt sostenne i Galla dell’Etiopia in quanto cattolici.Pettazzoni si tenne
fuori da tale dibattito limitandosi a discussioni teoriche che tentavano di mediare tra il diffusissimo e il
funzionalismo.Malinowski mandò una relazione.Tra gli antropologi fisici L.Cipriani sostenne la “razza pura” e
l’inferiorità mentale dei neri, nonché la pericolosità di un contagio.
Il <Manifesto della razza> gli antropologi fisici,tra i quali anche L.Cipriani, parteciparono alla redazione di
questo documento del 1938,che avrebbe fornito le basi ideologico-giuridiche della politica razzista.Si favorì
inoltre l’istituzione di cattedre di”Biologia generale delle razze umane”,mentre il Museo Nazionale di
Antropologia ed Etnologia di Firenze fondato da Mantegazza e arricchito dalle collezioni di Loria divenne <il
principale centro in Italia in cui si elaborano idee razziste (L.Cipriani)>. Il fascismo è la causa dell’arresto e
della decadenza degli studi antropologici in Italia,completata dalla seconda guerra mondiale.Questi eventi
inoltre scoraggiarono gli studiosi,screditando l’utilità degli studi, ma anche il pubblico che diffidava di chi fu
connesso al regime e impedì il maturare di nuove vocazioni. Il rilancio della disciplina venne così affidato ai
demologi,meno compromessi con il regime.Questo avviene nel clima dello storicismo crociano che era ostile
a questo tipo di ricerche ma rappresentava un punto di riferimento per gli antifascisti nel Ventennio.
Ernesto de Martino:un innesto filosofico
Tra gli intellettuali che con la pubblicazione del Manifesto della razza e l’entrata in guerra dell’Italia decisero di
schierarsi apertamente contro il fascismo c’è E. de Martino.Napoletano,allievo di Omodeo,si avvicina alle
idee di Croce. Esordì nel 1941 con “Naturalismo e storicismo nell‘etnologia”,un libro originale di impianto
filosofico che però trattava il pensiero etno-antropologico e il suo sviluppo in Europa.
La critica al naturalismo Tramite quest’opera de Martino proponeva una <radicale riforma del sapere
etnologico>. Partì da una critica al “naturalismo”,cioè all’atteggiamento teorico della scuola durkheimiana
francese, di quello storico-culturale austro-tedesco,del funzionalismo.Mancava secondo l’autore la
dimensione storica dell’esperienza,era critico perché i fatti venivano analizzati sul solo piano sincronico.La
polemica però nasceva dal fatto che tali indirizzi non pensavano all’esperienza dei primitivi in modo da
poterla inserire in una storia dello spirito.Poiché de Martino era seguace di Croce questa mancanza aveva un
rilievo notevole:le scienze non erano un sapere vero,servivano solo a scopi pratici ed utilitaristici,la vera
conoscenza poteva essere ottenuta solo tramite la storia.Quindi,secondo quest’ottica,il sapere etnologico
non poteva ancora dirsi davvero tale.
Continuità e differenze rispetto allo storicismo crociano Croce negava alle scienze umane ogni possibilità
conoscitiva in duplice maniera: da un lato erano viste come scienze (volte ad un sapere utilitario,d’uso
immediato,non storicizzate)e per questo prive di ogni valore all’interno della storia dello spirito, dall’altro si
negava che <primitivi>,<plebi>,<canagliume> avessero un ruolo attivo nella storia dello spirito. E’ chiaro
quindi che de Martino seguiva Croce nell’idea che le scienze dell’uomo non contenessero una vera
conoscenza e fossero solo scienze,ma si distaccava da Croce perché riteneva possibile e desiderabile
dedicarsi allo studio delle plebi in maniera storicizzata,tramite una riforma del sapere antropologico.Da
sottolineare che lo storicismo crociano era diverso da quello di origine tedesca:questo traeva spunto da
Dilthey (divisione delle scienze in Natur e Geistes wissenshaften) e intendeva studiare i popoli nella loro
singolarità,l’altro intendeva ricondurre la storia dei popoli lontani all’interno della storia dello spirito,che
consisteva nel progredire dello spirito verso livelli via via “superiori“.
Storicismo e filosofia della cultura
L’oggetto della critica di de Martino furono i “naturalisti”. Sebbene in seguito si allontanerà da Croce ,la sua
posizione all’epoca è utile a comprendere il clima del tempo.
La “Scuola filosofica di Milano” Negli anni ’30 l’antropologia francese e tedesca fu accolta dal filosofo
A.Banfi e da un gruppo di giovani studiosi raccolti intorno a lui.Questo gruppo costituì l’unica alternativa
filosofica alle interpretazioni di Hegel date da Croce e Gentile.Gli autori di riferimento per questa scuola
furono Hegel,Kant,Simmel,Cassirer,che fece filtrare la sociologia e l’antropologia di Durkheim e Lévy-Bruhl. La
filosofia della cultura di Banfi era <attenta alle forme di vita> e quindi passibile di avvicinarsi all‘antropologia
tramite l‘utilizzo di pratiche conoscitive specifiche.
Il dibattito su <Studi filosofici> Il 1941 non vide solo la stampa del libro di de Martino,ma anche di “Il
pensiero dei primitivi” di R.Cantoni, filosofo allievo di Banfi che dimostrava di essere in linea con le teorie di
Lévy-Bruhl invise a de Martino che la riteneva inadatte perché mancanti dell’aspetto storico.Questo fece
nascere un dibattito animato sulla rivista di Banfi “Studi filosofici”.Cantoni sosteneva l’esigenza di una cultura
che comprendesse campi del sapere molto diversi tra loro,senza mai arrivare ad una conclusione assoluta,la
filosofia della cultura era intesa come continuo ricominciamento su campi diversi del sapere. De Martino non
poteva condividere,sentendo fortemente il problema dell’oggetto del conoscere.
Due diverse forme di storicizzazione
Cantoni
De Martino
Storicizzare (non in senso crociano)le
esperienze culturali riconducendole ad
un ambito specifico
Consapevole che la posizione di Cantoni era una sfida allo
storicismo cui aderiva e che la sua posizione era di segno
contrario a quella di Croce,che l’aveva tagliata fuori a livello sia
di contenuto che di metodologia. Tenta di inserire l’etnologia
senza criticare l’impianto filosofico e concependo il mondo
primitivi come dominato dalla fantasia e dalla vitalità.
Interpreta il mondo primitivo come
dotato di coerenza e autonomia
Sente la necessità di dare un
campo di ricerca autonomo alla
disciplina.
Apprezza Durkheim ,Cassirer e LévyBruhl
Intende inserire l’etnologia all’interno del processo di
oggettivazione dello spirito e dentro una concezione idealistica
Rigetta l’autonomia della disciplina perché ha bisogno della
metafisica per evitare il pericolo di destoricizzazione,che
delegittimerebbe
Critica Lévy-Bruhl e Cassirer:il primo sbaglia perché rende i
popoli geograficamente distanti lontani anche sul piano mentale
(quindi quasi incomprensibili per noi),il secondo ha prodotto un
libro inutile perché basato su di un problema mal posto.
Bilancio di un’epoca E’ possibile chiedersi se l’opposizione di De Martino a Cantoni non fosse dovuta ad
un malinteso dovuto dal contesto politico-ideologico dominante.Era giusto aver stigmatizzato come irrazionali
le posizioni di alcuni etnologi tedeschi e austriaci sul falso problema dei rapporti tra razza e cultura.,ma era
sbagliato tacciare di irrazionalismo tutti coloro che si dedicavano ad ambiti del sapere per loro natura
irriducibili all’interno di un filosofia di stampo idealistico. Anche se sarebbe troppo semplice e riduttivo dare
tutta la colpa della crisi dell’antropologia italiana a Croce,è innegabile che questo si oppose a quelle correnti
“naturaliste”che in Francia ed Inghilterra rivitalizzarono la disciplina.Nel dopoguerra de Martino inizia le sue
ricerche e riflessioni etnografiche,mentre l’etnologia extra-europea rimaneva nella sua crisi che sarebbe
durata per molti decenni.
L’etnologia francese tra le due Guerre
Tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima guerra mondiale;l’etnologia francese era rimasta legata più
agli aspetti speculativi e intellettuali che alla pratica etnologica.Alle soglie della prima guerra mondiale la
Francia sarebbe stata in grado;anche per gli sforzi di Mauss in merito,a compiere il”balza etnografico”,ma so
scoppio del conflitto fece scomparire molti degli allievi di Durkheim che avrebbero potuto contribuire.
L’africanistica e M.Griaule
Nei primi venti anni del Novecento l’etnografia fu comunque un genere praticato,soprattutto da funzionari
dell’amministrazione coloniale in Africa occidentale subsahariana. Gli studi etnolinguistici di M.Delafosse e
quelli etnologici di L.Tauxier gettarono le basi per l’africanistica:il settore che più si svilupperà in Francia.
La missione Dakar-Gibuti Tramite l’azione di Mauss e dell’Institut d’ethnologie la conoscenza delle culture
primitive divenne “affare di stato”:nel 1931 il Parlamento francese approvò una legge che istituiva e
finanziava la “Missione Dakar-Gibuti”,che si proponeva di raccogliere dati su lingue e culture della fascia
dell’Africa attraversato,nonché riportare oggetti d’uso rituale e comune.
La missione(primavera 1931 -inverno 1933) fu coronata da un enorme successo scientifico e pubblico.Fu
diretta da M.Griaule:allievo di Mauss con trascorsi di matematica e una breve spedizione in Etiopia di poco
precedente.Di questa missione M.Leiris,etnografo e scrittore surrealista,lasciò traccia nel libro “Africa
fantasma”,che precorre alcuni problemi contemporanei e per Auge è il primo tentativo di coordinare
l’esperienza di sé e degli altri che arrivi all’intimità senza mitizzare l’altro.Fu in questo viaggio che Griaule
conobbe i dogon,popolazione di agricoltori del Mali i cui miti e cosmologie veranno a lungo studiate.
Lo studio della cosmogonia dogon “Maschere dogon”(1938)descrive analiticamente un rituale e la
simbologia delle maschere ad esso connesse.In quest’opera Griaule evidenzia l’interconnessione tra
simbologia,mito,rito e sacrificio arrivando a considerare le cosmologie primitive come sistemi di pensiero
coerenti e autonomi. In “Dio d‘acqua”(1948) racconta nella forma di intervista all’anziano cacciatore cieco
Ogôtemmeli la cosmologia dogon,che l’autore riteneva degno del pensiero filosofico dell’antichità.Il libro non
era volto soltanto a sottolineare la presenza di una cosmologia raffinata presso un popolo considerato
primitivo,ma presentava anche la teoria di Griaule sulla connessione tra sistema mitico e vita sociale.Per
L’autore ogni aspetto della vita ordinaria era in realtà una riattualizzazione del mito.(Es. L’opetrato degli
artigiani riproduce l’ordine primigeno illustrato dal mito).Per Griaule,infatti,la cosmologia è un complesso di
idee del tutto autonomo e la realtà sociale discende in qualche modo da essa.Diventava quindi
indispensabile partire dallo studio della cosmologia per poter comprendere veramente l’organizzazione
sociale e la vita in genere.
L‘<iniziazione>di Griaule Ci si chiede oggi se Graule,passando così lungo tempo con gli anziani dogon,
non abbia finito per scrivere in realtà ciò che loro volevano.Il sospetto che i dogon si siano sforzati di far
apparire coerente la loro cosmogonia è fondato sul fatto che questi conoscevano i bianchi e la loro religione
e che non erano isolati quanto sembrerebbe leggendo Griaule.
L’epistemologia di Griaule Griaule affermò così la priorità delle monografie sugli studi comparativi,
arrivando a concepire ogni società come gruppo distinto dagli altri e dotato di una cultura con principi diversi
da quelli di tutti gli altri.Questo fenomeno ebbe per la Francia la stessa influenza che in America e in Inghilterra
avevano avuto Boas e Malinowski rispettivamente.Collegata a questa visione particolaristica c’è l’idea che
chi studia le culture altre deve conoscere i sistemi di pensiero per come li concepiscono i nativi,senza
utilizzare le categorie dell’osservatore,e valutando solo la coerenza interna.
Il metodo dell’etnografia Griaule compì un lavoro di ricerca delle informazioni molto difficile e forse per
questo dedicò molti corsi universitari alla metodologia della ricerca,particolarmente sull’inchiesta orale. Da
quanto emerge nel suo libro sul tema,Griaule fu molto acuto e spregiudicato in materia,arrivando a definire
l’inchiesta etnografica come una <operazione strategica>.Si descrivevano le tortuosità di un dialogo in cui le
informazioni erano lacunose,l’informatore divagava,le divagazoni e i vuoti di memoria diventavano utili per
comprendere altri fatti sociali.Inoltre Griaule sosteneva l’”etnografia d‘emergenza” ossia una registrazione di
tutti quei fatti socio-culturali destinati a sparire per sempre.Data l’attenzione dell’autore alla scelta
dell’informatore e la consapevolezza di essere all’interno di un rapporto di potere con
l’indigeno“manipolabile”,parrebbe paradossale che Griaule abbia scritto ciò che volevano i dogon.
Le religioni e i sistemi di pensiero africani Dopo la morte di Griaule le ricerche furono proseguite da
G.Dieterlen,D.Paulme,G.Calame-Griaule.Il loro obiettivo era quello di offrire un quadro coerente del pensiero
e della società dogon e si impegneranno nello studio dei “sistemi cosmologici”e delle “religioni” africane
(cfr.coerenza interna del pensiero azande in E.Evans.Pritchard) L’ottica di Griaule,che aveva avuto il merito di
guardare i sistemi di pensiero degli africani”dal dentro”,entrò in crisi nel periodo della decolonizzazione: i nuovi
antropologi mettevano al centro delle loro ricerche i problemi della trasformazione sociale e del
cambiamento culturale e quindi vedevano nei lavori di Griaule un congelamento delle
società,erroneamente descritte come avulse dal contesto storico e dalle trasformazioni.
M.Leenhardt e l’oceanistica
Fu il fondatore degli studi oceanistici francesi.Partì giovanissimo per la Nuova Caledonia come missionario
protestante.Di ritorno in patria,insegnò a Parigi,formando molti studiosi dell’area del Pacifico.
Tradurre la Bibbia Per tentare l’evangelizzazione dei kanaki,Leenhardt si propose di istituire un ponte tra la
loro cultura e il messaggio biblico piuttosto che forzarli o persuaderli.Per questo decise di tradurre le Sacre
Scritture nella lingua locale,scoprendo un mondo denso di simboli,rappresentazioni e idee complesse relative
alla vitae alla morte.
Il mito e la persona Dopo lunghi anni di storia,Leenhadt scrisse un libro riguardo la concezione che i kanaki
avevano di mito e persona,influenzato in parte dalla religione cristiana.I kanaki vennero descritti come una
popolazione profondamente religiosa.Partendo dall’analisi di fatti personali (e non sociali come voleva la
tradizione durkheimiana) elaborò una analisi del mito.Riteneva il mito strettamente legato all’idea di persona.Il
mito forniva una idea della costruzione di persona e il complesso di rappresentazioni ad esso connesse
pervadeva la vita dei kanaki.Per questo il mito non era pensato come trasfigurazione della storia(Malinowski)
o come tentativo di spiegare la realtà (Frazer) ma piuttosto come entità capace di dare un senso al tempo,al
paesaggio,al mondo,alla persona. Vedeva in esso la realizzazione della mentalità partecipativa descritta da
Lévy-Bruhl (da cui si discostava perché riteneva sempre e ovunque coesitenti pensiero partecipativo e
razionale) e che consisteva nell’intuizione dell’unità dell’uomo e del mondo.
Significato delle ricerche di Leenhardt Leenhardt inaugurò ancor prima di Griaule quella corrente che
studiava le cosmologie indigene come sistemi di pensiero piuttosto che come aspetti simbolici
connessi alla struttura sociale.
R.Montagne e la <sociologia maghrebina>
La tradizione durkheimiana dopo l’innesto orientalistico confluì nella sociologia maghrebina.Le ricerche furono
facilitate perché tra il 1830 e il 1912 l’Algeria,la Tunisia e il Marocco erano diventate colonie o protettorati
francesi.Durkheim stesso aveva attinto alle ricerche di questi studiosi per fondare la sua distinzione tra società
meccaniche e organiche nonché sulla natura segmentaria delle prime.Le ricerche della sociologia
maghrebina si concentrarono sulle aree di alta e complessa civilizzazione,tema poco interessante per gli
etnologi dell’epoca ma non per questo prive di rilievo antropologico.
I sistemi politici berberi arrivato in Marocco come militare,si dedicò allo studio di arabo e berbero e
diventando velocemente uno dei maggiori conoscitori delle organizzazioni socio-politiche di tali
organizzazioni.Raccolse testi epici beduini e fu il primo ad occuparsi della sedentarizzazione dei beduini del
Vicino Oriente.Diresse l’Istituto francese di Damasco,che collaborò con linguisti ed etnologi,fondò in seguito il
Centro di alti studi sull’Africa e l’Asia moderna,luogo di formazione dei futuri amministratori dei territori
musulmani della Francia.
I berberi e il governo Pubblicò nel 1930 “I Berberi e il Makhzen”,che si occupa dell’organizzazione politica
delle tribù berbere dell’Atlante marocchino e dei loro rapporti con il governo (makhzen) del sovrano del
Marocco.Questo classico venne riconosciuto come tale solo molti anni dopo la sua pubblicazione,fatto
spiegabile con la collocazione di Montagne nella sociologia e soprattutto con la lontananza dei francesi da
questo tipo di studi,sviluppato soprattutto in Inghilterra. I francesi all’epoca guardavano all’Africa
subsahariana,all’Oceania e al Sudamerica piuttosto che al Nordafrica o al Medio Oriente perché le aree di
complessa civilizzazione non li interessavano.Il testo descrive la vita politica dei gruppi dell’area dei monti
dell’Atlante e della evoluzione delle forme della loro organizzazione politica.Da una lotta secolare contro il
Sultano arabo in nome della propria indipendenza ,i berberi stringono alleanze con il Sultano.
Il modello <oscillatorio>
La regione sembrava quindi oscillare tra due estremi:la democrazia-oligarchia (assemblea-notabili locali) o la
tirannia. L’oggetto dell’opera di Montagne furono appunto le fasi del potere politico e le sue
trasformazioni.Inoltre è da notare che le comunità osservabili sul territorio erano ciascuna a suo modo
rappresentanti di una fase specifica che andava dalla dittatura alla democrazia o faceva il percorso
opposto.
L’individuo nella sua società:cultura,carattere,personalità
I problemi della società moderna e le indagini della psicanalisi in merito portarono una parte degli antropologi
a scegliere di occuparsi della costruzione della personalità in società non occidentali per spiegare le
variazioni possibili nel carattere e nella personalità ed evidenziare l’influenza che cultura e società avevano
sulla psiche degli individui.
R.Benedict e il configurazionismo
Il termine configurazionismo fu coniato negli anni ‘20 in America nel corso del dibattito sulla “natura della
cultura” e viene utilizzato per descrivere l’idea per cui ogni cultura costituirebbe il prodotto dell’interazione di
più modelli culturali,che sono segmenti espressivi in cui è articolata la cultura.
La cultura come complesso di tratti La Benedict,allieva di Boas,criticò il diffusionismo perché si
concentrava sulle modalità di trasmissione dei singoli tratti culturali,pensati come singoli elementi che
costituivano la cultura senza essere collegati tra loro.L’autrice faceva notare invece che il significato di un
tratto poteva variare a seconda della presenza di altri tratti nella stessa area.La cultura non poteva essere
solo la somma delle sue parti,per questo venne definita come una configurazione al cui interno gli elementi
interagiscono l’uno con l’altro producendo modelli significanti.Un tratto veniva scelto se compatibile con il
modello e quindi due società con tratti simili potevano avere culture organizzate in base a modelli diversi.
La prima opera in cui adotta questa prospettiva è “Il concetto dello spirito guardiano”(1923).Lo spirito
guardiano era una entità sovrannaturale che assisteva l’individuo in caccia o in guerra e gli si rivelava
con sogni o visioni.Analizzando i vari casi specifici la Benedict concluse che la credenza assumeva
una sfumatura “psicologica” differente in ogni società e che ognuna esprimeva una propria
modellizzazione.
I modelli di cultura Nel celebre “Modelli di cultura”(1934)L’autrice sviluppa l’idea che la modellizzazione
operata all’interno di ogni società sugli elementi della cultura producesse un modello culturale medio che
poteva essere definito tramite nozioni di tipo psicologico.Così gli zuni erano “apollinei” mentre gli indiani delle
pianure dionisiaci e i dobu paranoici mentre gli kwakiutl megalomani.(Rispettivamente: controllo delle
emozioni,estremizzazione delle passioni,sospetto e invidia,potlatch e delirio di potenza ).La visione della cultura
come complesso integrato la metteva vicina ai funzionalisti,ma teneva a distinguersi perché sottolineava il
ruolo dell’integrazione culturale nel produrre un modello che condizionava l’agire e il pensare di un
individuo.Altro elemento di cui tener conto è che ogni cultura è irriducibile alle altre e quindi non possono
essere prodotte classificazioni per tipi.Questo libro fu un best seller largamente diffuso anche tra i non addetti
ai lavori,anche per il suo stile volutamente divulgativo,che facesse percepire l’antropologia come un sapere
alla portata di tutti.Involontariamente però diffuse l’idea che le culture umane potessero essere definite entro
categorie psicologiche piuttosto approssimative.
G.Bateson:ethos,eidos e schismogenesi
Studiò antropologia con i maggiori studiosi del tempo dopo esser stato convinto ad abbandonare le scienze
naturali.Prima della seconda guerra mondiale si trasferì negli USA,dedicandosi a psichiatria ed etologia.
Il rito naven Aveva partecipato ad una ricerca in Melanesia nel1927,ma solo con “Naven”(1936),scritto
dopo un nuovo campo nel1932,divenne famoso non solo perché brillante ma anche perché eccentrico.
Questo perché rifiutava la prospettiva settoriale del tempo a favore di una descrizione che partiva dal rito per
analizzare tutte le implicazioni psicologiche,economiche,politiche,magico-religiose…
Il naven consisteva in un rito di travestimento compiuto quando un giovane compiva per la prima volta
una azione rispondente ai valori positivi fondamentali della propria cultura.I parenti di entrambi i sessi si
comportavano e vestivano come membri del sesso opposto.Lo zio materno,nel nome del quale si
svolgeva la cerimonia,travestito ,si atteggiava in maniera clownesca ed era fatto oggetto di scherno.
Al contrario le donne mostravano un insolito atteggiamento di fierezza.
Ethos e eidos la spiegazione di questo fenomeno data da Bateson era che il rito iatmul permettesse agli
individui di manifestare quei sentimenti che il loro ruolo obbligava a nascondere.Per spiegare questa
dinamica l’autore impiega i termini ethos (tono emotivo,carattere)e eidos(ideale,modello cui conformarsi)
consapevole del loro essere convenzioni impiegate dall’osservatore esterno e riportandoli all’interno del più
grande concetto di configurazione proposto dalla Benedict.
La schismogenesi Già proposto in un precedente volume,Bateson ripropose il concetto di schismogenesi,
che consisteva in un processo di progressiva divaricazione dei comportamenti (nell’esempio iatmul donne
sempre più sottomesse e uomini sempre più aggressivi).Questo fenomeno può essere contenuto o
bloccato per evitare la disgregazione sociale tramite processi di reazione psichica che garantiscono un
equilibrio dinamico.Sottolinea l’aspetto dinamico piuttosto che l’idea per cui l’individuo deve adattarsi
passivamente.
Gli studi di cultura e personalità
Furono soprattutto gli allievi di Boas a dedicarsi al problema della formazione della personalità in società
diverse e il ruolo dell’individuo nel processo di cambiamento culturale.
A.Kardiner e il concetto di <personalità di base>
Kardiner fornì tra i migliori risultati del rapporto tra antropologia e scienze psicologiche.Studiò con Boas ed
entrò in analisi con Freud.Aveva una preparazione eccellente in entrambi i campi,sebbene non avesse mai
fatto ricerche sul campo e non si attenesse all’ortodossia freudiana.Durante gli anni’30 promosse prima
all’Istituto di psicanalisi poi alla Columbia Universty un seminario volto a sviluppare il dibattito tra antropologi e
psicoanalisi sul tema dell’interazione individuo-società.Un contributo fondamentale arrivò da R.Linton,che
possedeva una grande esperienza etnografica e forniva a Kardiner materiale di riflessione per l’elaborazione
delle sue teorie sulla personalità di base,sviluppate nel libro “L‘individuo e la sua società”(1939) che fu scritto in
collaborazione con Linton.
Istituzioni primarie e istituzioni secondarie La personalità di base era intesa come la psicologia media all’
interno di una determinata cultura alla cui costituzione sono chiamate le istituzioni primarie e secondarie. Le
istituzioni primarie agiscono nella fase infantile dello sviluppo individuale,tramite i meccanismi fondamentali di
soddisfazione,punizione,inibizione.Le istituzioni secondarie hanno lo scopo di attenuare, conciliare,spostare le
tensioni derivate dalle istituzioni primarie.Ne sono esempi la religione,le leggende,i riti,i tabù.Quindi la
personalità di base era il risultato medio ottenuto dall’azione combinata e bilanciata delle due
tendenze.Rilevante il concetto di proiezione:per Kardiner l’elaborazione della figura dei genitori -oggetto della
affettività- compiuta nell’infanzia si riverserebbe più tardi nella sfera mitico-religiosa.
La distanza dal funzionalismo e dal configurazionismo La critica al funzionalismo consiste nel non
accettare l‘immagine meccanica,di reciproca interdipendenza,tra individuo e società.La posizione della
Benedict viene criticata perché sceglie di centrare la propria analisi su di un solo sentimento alla base di tutta
una configurazione, tralasciando sia altri valori caratteristici sia valori che pur essendo tipici sono necessari per
la spiegazione.Ma in realtà ci si allontana anche da Freud,perché il valore che questi attribuiva ai fattori
culturali e alle situazioni storiche contingenti era minimo.La teoria della personalità di base era solo una ipotesi
teorica,poiché le uniche prove erano i casi dei pazienti di Kardiner,mentre gli esempi etnologici fornivano
materiale sono indiretto,quindi non casi specificatamente osservati.
M.Mead:adolescenza,carattere,genere
M.Mead fu la prima antropologa americana ad uscire dal campo degli studi sugli indiani per lavorare alle
isole Samoa.Con il suo lavoro diventerà una delle figure più autorevoli dell’antropologia.
Il tema della socializzazione A partire da fenomeni come la delinquenza giovanile,l’emarginazione
sociale,l’alcoolismo che si svilupparono in America a partire dal primo dopoguerra ma ancor di più dopo la
crisi del 1929,ci si interessò all’adattamento dell’individuo alla società in cui vive. Sul piano antropologico
questo interesse venne recepito bene,anche grazie all’appoggio teorico fornito dal superorganico di Kroeber
e dall’idea boasiana di comprensione delle dinamiche sociali a partire dalle reazioni di un individuo verso la
sua cultura. Studiare la socializzazione viene così a coincidere con lo studio dell’influenza della cultura
sull’individuo e delle modalità di trasmissione culturale che favoriscono un adattamento positivo.
Adolescenti a Samoa Il primo lavoro di questa studiosa,”L‘adolescente in una società primitiva”(1928)si
focalizzava sul periodo di vita adolescenziale della donna samoana,analizzando il processo educativo e il
contesto culturale,dimostrò che l’adolescenza non era pensata tra i samoani come un periodo tanto critico
quanto lo era per gli americani.La causa del minor rischio di traumi era dovuto per la Mead al fatto che
mancassero totalmente messaggi concorrenziali e produttivistici e mancassero inoltre alternative rilevanti nelle
scelte che un giovane adolescente doveva compiere.La conclusione era che dati valori culturali diversi
esistono diversi modelli educativi che producono personalità diverse.Il libro descriveva metodi educativi diversi
e l’alto grado di socializzazione derivato.Scritto in modo piano,fornì una nuova prospettiva sul
tema,soprattutto in certi ambienti dalla mentalità ristretta e a chi si occupava di educazione.Suscitò lo stesso
interesse e la stessa impressione che in Inghilterra aveva avuto”Vita sessuale dei selvaggi”. Aprì inoltre la via
ad un prolifico filone di studi su socializzazione e formazione della personalità presso le culture primitive.
Nuove prospettive su sesso e genere “Sesso e temperamento in tre società primitive”(1935) e “Maschio e
femmina”(1949) Questi lavori tentavano di individuare un”tipo medio”,la personalità meglio adattata sia tra i
maschi che le femmine in società tra loro diverse.Non aggiungevano a livello teorico grandi innovazioni, ma
ribadivano che il carattere maschile e femminile aveva una origine più culturale che naturale e che tutte le
società tendevano a produrre un carattere tipo,proposto ai singoli come risposta adattiva.
Il relativismo culturale
Antropologi come la Benedict e la Mead diffusero la consapevolezza che esistevano altre civiltà diverse ma
dotate di senso.Inoltre introdussero il concetto di relativismo culturale,per il quale una azione o un valore
possono essere compresi solo all’interno del contesto complessivo in cui sono collocati.Questo significa
comprendere rinunciando all’uso ingenuo delle categorie proprie dell’osservatore e favorire piuttosto quello
dell’osservato e senza giustificare sempre e comunque-cosa scorretta e negativa sul piano etico-.
Il funzionalismo strutturale britannico da Radcliffe-Brown a
Evans-Pritchard
A.R.Radcliffe-Brown:la scienza naturale della società
Allievo di Rivers,dopo aver insegnato a Chicago,dove formò molti antropologi statunitensi che rimasero
influenzati dalle sue idee,si trasferì ad Oxford e nel 1937,dove in seguito al trasferimento di Malinowski negli
Stati Uniti,divenne la figura più influente dell’antropologia britannica.La produzione scientifica della quasi
totalità degli autori britannici nel periodo 1940-1960 si inserisce ,seppur spesso molto criticamente,nel campo
problematico definito da Radcliffe-Brown.
L’influenza di Durkheim In “Gli isolani delle Andamane”(1922) Radcliffe-Brown cerca di definire la funzione
sociale dei fenomeni mistico-religiosi concludendo che siano la credenza in un grande potere invisibile con il
quale dobbiamo mantenere un rapporto vitale indispensabile per l’armonia e la vita in società.Fu molto
influenzato da Durkheim anche nel tentativo di definire il metodo e da questo l’oggetto dell’
antropologia.Questo problema fu sentito anche da Kroeber e Lowie,che si impegnarono a distinguere
l’ambito dell’antropologia da quello di saperi affini.Radcliffe-Brown,partendo dall’assunto per cui
l’antropologia si interessava ai fenomeni sociali come tali,cioè non riducibili a qualcos’altro,giunse a definire
un nuovo metodo da cui ricavò un oggetto di studio ancor più preciso.Il metodo consisteva nell’identificare i
meccanismi che consentono il funzionamento della società,la loro comparazione e la generalizzazione in
leggi.Così l’oggetto dell’antropologia è definito nel complesso di leggi che regolano il funzionamento e il
mutamento della società.
Etnologia e antropologia sociale La distinzione già effettuata da Rivers attribuiva all’etnologia il compito di
studiare la cultura materiale e la storia dei popoli primitivi,mentre l’antropologia si riservava lo studio dei popoli
primitivi attuali.Ma Radcliffe-Brown coniò il termine antropologia sociale per distinguersi dal progetto della
tradizione evoluzionista che tendeva a ricostruire stadi di sviluppo,che non condivideva.In questa nuova
concezione della disciplina era fondamentale l’innovazione del metodo d’indagine, induttivo,caratteristico
delle scienze naturali ,che rendevano per l’appunto l’antropologia una “scienza naturale della società”,che
studiava fenomeni irriducibili ad altri di natura diversa.
La struttura sociale
L’acquisizione del concetto di struttura sociale da parte dell’antropologia britannica è degno di rilievo perché
sarà proprio questo a distinguerla dalla tradizione degli altri paesi,soprattutto l’America che sceglieva di
occuparsi dei rapporti tra individuo e società mentre oltreoceano si andava affermando lo studio analitico
dei rapporti sociali che si intrecciavano per costruire la struttura sociale.
Struttura,processo e funzione sociale
La struttura sociale è la trama dei rapporti esistenti tra gli individui. Il processo sociale è la moltitudine di azioni
degli uomini,in particolare la loro interazione e azione congiunta.La funzione sociale è il rapporto tra struttura e
processo vitale.Sono modi diversi di definire la realtà e tutti indispensabili per pensare la società come
organizzazione,cioè insieme coordinato di attività.E’da notare l’influsso di Durkheim nella concezione di
funzione sociale come di meccanismo che contribuisce alla esistenza e alla continuità della struttura sociale.
La differenza del funzionalismo di Radcliffe-Brown da quello del secondo Malinowski è che il primo lo
concepisce come mantenimento del complesso socio-culturale mentre il secondo lo ritiene utile a risolvere le
esigenze dell’individuo.
La fisiologia strutturale Questo ambito nuovo si occupava dei meccanismo che stanno dietro alla
conservazione della struttura sociale.Lo studio del cambiamento venne individuato come compito
fondamentale dell’antropologia ma rimase un punto programmatico,senza mai farsi oggetto d’indagine,
perché Radcliffe-Brown e i suoi allievi si concentrarono sulla struttura sociale e il suo equilibrio-continuità.
La continuità strutturale Il cambiamento si ridusse ad essere pensato come rimpiazzo del materiale di un
corpo dalle strutture sempre identiche,cioè cambiano gli uomini che la costituiscono,ma la società ha sempre
la medesima forma.
Lo studio dei sistemi di parentela
Oggi è considerato il settore cui forse Radcliffe-Brown ha dato il suo maggior contributo.Si fondava sulle
ricerche compiute tra gli aborigeni e in Oceania.
Il sistema kariera In “The Social Organization of Australian Tribes”(1930-1) predisse sulla sola base della
letteratura etnografica,l’esistenza di uno specifico tipo di sistema matrimoniale.Questo sistema,setto kariera,
consisteva nella divisione in quattro sezioni dei membri della società:il padre e la madre di ego
appartenevano obbligatoriamente a due classi diverse ed ego apparteneva ad una terza classe e poteva
sposarsi solo con appartenenti alla quarta diversa classe.Tutto il sistema è organizzato in modo da ripetersi
ciclicamente.Radcliffe-Brown si posizionava vicino a Rivers piuttosto che a Kroeber nel problema sul rapporto
tra terminologia di parentela e rapporti sociali. In polemica con lo “psicologismo”di Kroeber propose di
interpretare i termini di parentela in relazione ai comportamenti sociali attuali.
I sistemi omaha L’applicazione della proposta di interpretare i termini di parentela sulla base di relazioni
sociali attuali piuttosto che come residui del passato fu applicata con il sistema omaha.Questo sistema
prevedeva che la cugina incrociata matrilaterale di Ego venga chiamata madre.La spiegazione data
solitamente era che questo era un residuo di una istituzione passata in cui Il padre di ego potesse sposare la
figlia del fratello di sua moglie e così la moglie-cugina avrebbe generato figli che le erano anche
cugini.Radcliffe-Brown sostenne invece che tale terminologia dipendesse dal bisogno di rendere
sociologicamente coerenti questi tipi di unione laddove potessero verificarsi: la cugina sarebbe stata
matrigna dei figli di suo marito e per questo chiamata “madre”.
I principi strutturali Servivano a Radcliffe-Brown per mettere in rapporto diretto terminologia di parentela e
comportamento sociale senza ricercare alla maniera evoluzionistica cause storiche o la classificazione come
sopravvivenza ed insieme dare una funzionalità sociologica negata da Kroeber. Uno dei principi strutturali è il
sibling group,che riunisce tutti i figli dello stesso padre e della stessa madre senza distinzioni di sesso,utilizzata
per spiegaqre l’uso che viene fatto del termine “padre”in alcuni sistemi africani di lingua bantu,dove viene
usato indifferentemente anche per il fratello o la sorella del padre.
L’unità del linguaggio Altro principio strutturale impiegato da Radcliffe-Brown perché lo ritiene utile a
spiegare alcune caratteristiche dei sistemi classificatorii,ad esempio nel caso dei sistemi omaha è possibile
usare uno stesso termine per indicare tutti gli individui dello stesso sesso della linea di discendenza di uno
dei due genitori,indipendentemente dalla generazione (Es.unico termine per madre,sorelle della
madre,cugine matrilaterali,figlie delle cugine matrilaterali.)
La teoria del totemismo
“La teoria sociologica del totemismo”(1929) formulava una teoria del totemismo distante da quella di
Durkheim,che leggeva nel totemismo una sorta di prima religione resa possibile dall’adorazione di un simbolo
rappresentante il gruppo stesso.
Il totemismo<economico>La distanza da Durkheim si riferiva al fatto che per questi i simboli assumevano
importanza nel momento in cui venivano scelti mentre secondo Radcliffe-Brown la scelta di animali e vegetali
facevano parte di un atteggiamento più generale e anteriore verso di essi.Questo potrebbe ricordare la
critica di Van Gennep a Durkheim per cui non è possibile far coincidere la scelta di un simbolo con l’ avvento
del pensiero classificatorio,che invece gli deve essere precedente.Per Radcliffe-Brown i simboli venivano scelti
sulla base dell’importanza che essi avevano nella vita economica locale,ma questa interpretazione era
provvisoria e fragile:non sempre gli oggetti scelti avevano tale ruolo.
Il totemismo<strutturale> Dopo vent’anni Radcliffe-Brown ritornò sull’argomento sostituendo la posizione
ecomomica con una di segno strutturalista.Le domande che si poneva riguardavano il perché venissero
scelte alcune specie piuttosto che altre e perché fossero molto frequenti abbinamenti di specie con
caratteristiche simili ma pensate come opposte. Le conclusioni cui giunse sono che il mondo animale è
pensato con relazioni simili a quelle che agiscono tra gli uomini e che le coppie oppositive siano espressione di
un principio strutturale,rappresentazioni di una opposizione più generale che sarebbe potuta essere
rappresentata tramite altri simboli. Il totemismo esprimerebbe una relazione funzionale tra gruppi ,ad es. gli
scambi matrimoniali.(cfr.Levi-Strauss )
Dopo Radcliffe-Brown
Se Malinowski rappresentava l’ideale di comportamento etnografico tra i ricercatori dell’epoca,RadcliffeBrown,teorico e speculativo,esercitò sotto certi punti di vista una influenza ancora maggiore.L’antropologia
sociale caratterizzò per molti anni,sebbene con adattamenti e critiche,gli studi del settore in Inghilterra,
Australia,Nuova Zelanda e Sudafrica distinguendoli da quelli degli altri paesi.I segni di un primo
allontanamento da quello che fu a lungo un punto di riferimento maturano a partire dalla fine della seconda
guerra mondiale.
E.E.Evans-Pritchard: razionalità <primitiva> e antropologia come <arte>
Evans-Pritchard è per molti aspetti una figura di passaggio tra due diverse concezioni dell’antropologia e due
epoche.Introdusse importanti mutamenti di prospettiva e orizzonti nuovi,che precorrevano le tematiche che si
sarebbero sviluppate nel secondo Novecento (anche se le sue opere più importanti sono date nella prima
dato che iniziò la carriera poco più che ventenne.Studente di Seligman,prese il posto di Radcliffe-Brown nel
1946 ,passando dall’ortodossia funzionalista ad una visione della disciplina opposta a quella che vedeva in
essa una scienza naturale della società basata su comparazione ed induzione.
Gli Azande e la razionalità primitiva
Il primo libro importante di Evans-Pritchard fu “Oracoli,stregoneria e magia tra gli Azande”(1937).Basato su
ricerche condotte tra il 1926 e il 1930,si occupava di come questa popolazione che viveva tra il Sudan e il
Congo attuali concepiva la stregoneria e la magia,nonché delle tecniche utilizzate per scoprire i responsabili
dei malefici.Divenne una delle più celebri monografie etnografiche e tra i libri che più suscitarono dibatti.
La natura del pensiero magico La ricerca si concentrò sulla natura del pensiero zande,descritto da EvansPritchard come un complesso di riti e credenze che acquistano un senso visti nel loro insieme.Viene
rivendicata un logica a questo sistema,che da postulati arriva a conclusioni ed azioni dotate di validità:la
stregoneria provoca la morte,la morte è prova di stregoneria.Gli oracoli confermano se la causa della morte è
la stregoneria.La magia serve a vendicare la morte.
La coerenza interna dei sistemi di pensiero Sebbene la logicità delle conseguenze date tali premesse,
rimaneva da spiegare perché un popolo per il resto razionale fondasse il suo ragionamento su postulati
evidentemente falsi.La risposta di Evans-Pritchard era che bisognava valutare il sistema nella logica
pratica,d’uso,piuttosto che in astratto.Inoltre il problema della razionalità del sistema di pensiero non può
essere valutato con il criterio di vero o falso,ma solo in termini di coerenza interna ad ogni singolo
sistema.Come si vede Evans-Pritchard affrontava temi trattati già da Frazer,Lévy-Bruhl (razionalità dei selvaggi)
e Malinowski (magia connessa agli altri aspetti della società),ma in modo nuovo,che si sarebbe inserito nello
studio di quegli aspetti definiti poi “sistemi di pensiero”,su cui riflettevano anche Leenhardt e Griaule negli
stessi anni.DA questo momento in poi il pensiero “primitivo”non sarà valutato come logico o non logico,ma
solo in relazione alla società che lo genera e dotato di una coerenza interna tra concetti e dotato di una
logica propria.
I Nuer e il modello segmentario
L’altra popolazione che diede fama ad Evans-Pritchard furono i Nuer,allevatori di bovini e agricoltori sudanesi.
Uno degli aspetti su cui si concentrò fu la dinamica dell’alleanza e del conflitto.A caratterizzare questa
popolazione,l’assenza di veri e propri capi ad occuparsi del sistema politico.La realtà politica locale era
costituita da più segmenti autonomi che decidevano nei rapporti di alleanza o di conflitto.Spesso si creavano
blocchi contrapposti di forze in equilbrio,tale che i conflitti venivano bloccati e ricomposti.Per descriverli
Evans-Pritchard ideò il modello segmentario.
<Nella figura (…) quando Z1 combatte Z2,nessun’altra sezione resta coinvolta.Quando Z1 combatte Y1,Z1e Z2
si uniscono,e la loro unità è indicata come Y2.Quando Y1 combatte X1,Y1 e Y2 si uniscono, e così fa X1 con
X2.Quando X1 combatte A,X1,X2,Y1,Y2 si uniscono nell‘unità B. Quando A fa una razzia contro i Dinka,A e B si
uniscono.> A e B sono definite sezioni primarie ed unite compongono la tribù nuer.Questo modello ha valore
generale,perché agisce sia in ogni segmento sia in rapporto ad altre società.
Tale modello ha sucitato lunghi dibattiti e ne è stata provata una lontana derivazione dagli studi di RobertsonSmith alla fine dell’Ottocento sulla strutture delle tribù arabe.Quel che di più importante il modello dimostrava
era la possibilità di avere una vita politica articolata e complessa anche in assenza di una autorità formale
che esercitasse un potere coercitivo.
Una nuova idea di segmentarietà Il contributo di Evans-Pritchard liberava le società segmentarie
dall’immagine di meccanicità e staticità conferitegli da Durkheim.Non si poteva più vederle come anelli
perfettamente identici e ricostituibili di un lombrico:queste società erano dinamiche,la segmentazione si
legava agli antenati (più erano lontani più era grande il segmento) e questo meccanismo permetteva il
mantenimento di un equilibrio in assenza di capi stabili e riconosciuti.
L’antropologia come <traduzione di culture>
Definire i sistemi di pensiero primitivi coerenti e logici portava al problema della possibilità che questo aveva di
essere tradotto nel pensiero dell’antropologo e nella logica culturale degli occidentali.Per questo EvansPritchard in “La religione dei Nuer” (1956) cercò di sintetizzare le proprie conclusioni sul tema e di spiegare
affermazioni apparentemente irrazionali (la pioggia è spirito,i gemelli sono uccelli) dimostrando la loro
coerenza all’interno del sistema di pensiero dei Nuer e la loro traducibilità nel pensiero occidentale.
I critici mossero due obiezioni fondamentali:o gli si rimproverava di essere stato troppo “caritatevole” nel voler
rendere coerente ciò che non lo era o si sosteneva che il livello di coerenza di un sistema di pensiero non
poteva essere valutato analizzando i contenuti,ma come questi venivano utilizzati nella pratica.Il concetto di
traduzione di culture divenne comunque l’obiettivo dell’antropologia a partire dagli anni’50 e il merito di
questo può essere attribuito in gran parte all’opera di Evans-Pritchard.
L’antropologia:un sapere interpretativo?
Evans-Pritchard contribuì a mutare la prospettiva che fu di Radcliffe-Brown sull’antropologia come scienza
naturale della società a favore di una visione di essa più vicina alle scienze storiche.Probabilmente questa
idea gli derivò dalle ricerche effettuate presso i Nuer e i Beduini della Libia,società che suscitavano un
problema storico molto più di quanto potessero farlo le società primitive prevalente oggetto di studio degli
antropologi britannici di allora.In una conferenza del 1950 l’autore sostenne che <l‘antropologia sociale è una
specie di storiografia e quindi,in ultima analisi,di filosofia dell’arte > e per questo <essa studia le società più
come sistemi morali che non come sistemi naturali…e che perciò essa va in cerca di modelli più che di leggi
scientifiche,ed interpreta piuttosto che spiegare>
La critica del metodo comparativo
Con “Il metodo comparativo nell‘antropologia sociale”(1965),Evans-Pritchard sviluppò uno dei più vigorosi
attacchi al metodo compartivo,pensato in Inghilterra come garanzia di scientificità.
La prima critica fu per Frazer,che decontestualizzava dati per dimostrare teorie precostituite,poi toccò al
tentativo soprattutto americano di classificare i tratti culturali per conoscere la variabilità culturale con mezzi
statistici.Invece Radcliffe-Brown aveva la colpa di fornire idee sulla comparazione prive di documentazione
etnografica.
Questo non significava però abbandonare il metodo comparativo,indispensabile per mantenere in vita
l’antropologia come disciplina autonoma.Così Evans-Pritchard avanzò la proposta di un metodo comparativo
su scala ridotta,che mettesse a confronto società sulla base di una stessa organizzazione o area geografica o
di una tematica.Insomma,le ipotesi avanzate dovevano essere soggette a verifica,non si poteva adottare
una prospettiva generalizzante a qualunque costo.Ridurre le pretese serviva a mantenere uno spazio
autonomo per l’antropologia che doveva essere intesa come spiegazione delle differenze,ricerca delle
particolarità, piuttosto che delle uniformità.
Il distacco da Radcliffe-Brown è evidente anche nel finale del libro,in cui si insiste sulla conoscenza delle
situazioni etnografiche come premessa indispensabile a qualsiasi tentativo di generalizzazione.Così EvansPritchard fornì il suo contributo allo smantellamento del paradigma funzionalista-scientifico (struttura sociale
come complesso di parti e quindi comparabile alle altre,società come omeostatica e paragonata ad un
essere vivente,l‘esclusione della dimensione del tempo dagli studi sulle società) a favore di una concezione
dell’antropologia come sapere interpretativo.
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