Edifici in Muratura

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Edilizia 2007
Edifici in Muratura
A cura di BibLus-net:
Antimo Bencivenga
Gerardo Masciandaro
Domenico Mastroianni
Prima edizione - ottobre 2006
ACCA
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Premessa
Il patrimonio edilizio italiano è caratterizzato da una percentuale rilevante di costruzioni realizzate prima del 1945 (oltre il 30%) e da
un’altra grande percentuale realizzate prima del 1960 (12% circa). È facile presumere come la gran parte sia costituita da edifici realizzati in
muratura: basti pensare alla conformazione dei centri storici, ai beni
monumentali, per arrivare fino ai manufatti ad uso rurale di cui è disseminato il territorio del nostro paese.
La costruzione ex novo di edifici realizzati con questo materiale è diminuita moltissimo, per motivi facilmente comprensibili. Infatti, limitazioni architettoniche, costi elevati dei materiali, mancanza di manodopera specializzata, hanno fatto sì che oggi ci si limiti ad interventi localizzati, per fini spesso puramente estetici, in edifici con tipologia strutturale diversa, come, ad esempio, in cemento armato.
A causa di eventi sismici, ma anche semplicemente per motivi di riattamento, è diventato un mercato fiorente quello legato al recupero di tali edifici. Nuove tecniche e nuovi materiali consentono oggi il pieno ripristino di edifici in muratura danneggiati dal sisma o dalle offese del
tempo, e ciò stimola tra l’altro la rivalutazione e la rivitalizzazione dei
centri storici, invertendo la tendenza della popolazione ad allontanarsi
da essi. D’altra parte la muratura presenta caratteristiche di “longevità”
elevate, ancora non riscontrabili nel calcestruzzo armato. Tuttavia, sono
i particolari costruttivi ad essere particolarmente carenti, solai e coperture in primis.
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Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
Rifacendoci alle normative vigenti (D.M. 16/01/1996), col termine “recupero” si possono intendere due grandi categorie di interventi:
Miglioramento, allorquando si effettua “l’esecuzione di una o più opere
riguardanti i singoli elementi strutturali dell’edificio con lo scopo di
conseguire un maggior grado di sicurezza senza, peraltro, modificarne in maniera sostanziale il comportamento globale”;
Adeguamento, allorquando si effettua “l’esecuzione di un complesso di
opere sufficienti per rendere l’edificio atto a resistere alle azioni sismiche …”.
Il primo tipo di intervento è obbligatorio qualora si intenda effettuare
interventi locali atti a rinnovare o sostituire elementi strutturali
dell’edificio (ad esempio sostituzione di un solaio in legno con altro di
diversa tecnologia), mentre il secondo è obbligatorio in caso di ampliamento, sopraelevazione, variazioni di destinazione che comportino un
incremento dei carichi originari superiori del 20%, ecc.
Parallelamente, si assiste ad un rinnovato sforzo nello sviluppo di tecniche di calcolo che si rifanno a modelli sempre più sofisticati, al fine di
simulare al meglio ciò che avviene o potrebbe avvenire nella realtà. Non
si dimentichi l’alto tributo di vite umane pagato dalla nostra nazione
nell’ultimo trentennio a causa di eventi ben noti e di cui ancora oggi si
pagano le conseguenze, dovute in gran parte ad un patrimonio edilizio degradato, falsamente rassicurante (quest’edificio sta in piedi da oltre cento
anni …) e che invece può rivelarsi una trappola mortale per gli occupanti.
Il quadro normativo, in forte evoluzione, si può dire che sia tristemente
cadenzato dall’accadere di tali eventi. Oggi esso è teso fortemente alla
prevenzione, ma si è convinti che a ciò debba accompagnarsi una “spinta” da parte dei tecnici del settore tesa alla sensibilizzazione della parte
committente a questo tipo di problematiche.
Scopo di questa pubblicazione è di fornire un quadro panoramico completo sull’intrecciarsi delle normative e del loro riflesso dal punto di vista tecnico, evitando di ripetere trattazioni che sono facilmente reperibili, ed addentrandosi nei dettagli matematici solo quando la trattazione
del problema lo richieda per motivi di chiarezza.
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Capitolo 1
Il Quadro Normativo
Come già accennato nella premessa, un po’ a causa del succedersi di
eventi sismici, un po’ a causa dell’avanzare delle conoscenze dei materiali e delle metodologie di calcolo, si è assistito ad una “stratificazione” delle normative che sono state emanate progressivamente e che sono comunque interconnesse fra loro. Alle normative nazionali si sono
affiancate anche normative regionali, intese ad ottimizzare le risorse
economiche disponibili per il recupero di zone danneggiate da eventi sismici e di cui bisogna tenere conto contemporaneamente alle altre.
In questo capitolo si esaminerà tale successione, riportandone i punti salienti in ordine alla trattazione della muratura ed evidenziando le connessioni esistenti fra loro.
1.1 L. 2 febbraio 1974, n. 64 - Provvedimenti per le costruzioni con
particolari prescrizioni per le zone sismiche
La Legge n. 64 del 2 febbraio 1974, che, per brevità, sarà indicata con
“L. 64/74”, è stata la prima a regolamentare organicamente la materia,
occupandosi tra l’altro dei “Criteri generali tecnico-costruttivi per la
progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il
loro consolidamento”. Essa, infatti, annovera, fra i criteri costruttivi, la
possibilità di edificare in muratura ex-novo (art. 5 e 6).
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Più in generale, essa si occupa di regolamentare alcuni degli aspetti non
previsti dalla L. 1086/71 riguardante le opere in c.a. e metalliche, come è
ben noto. Infine, volendo fare un passo ancora più indietro, essa coordina
quanto era rimasto in vigore nel R.D. 2229 del 1939, che era stato derogato
per la parte che riguardava il c.a. e le strutture in acciaio dalla L. 1086/71.
La L. 64/74 prevedeva all’art. 3 l’emanazione, mediante Decreti Legge,
di normative tecniche che sono state per molti anni le direttive di riferimento di tutti i tecnici.
All’art. 4 vengono elencate le indicazioni che tali norme avrebbero dovuto contenere in relazione al grado di sismicità: le massime altezze
raggiungibili, le azioni orizzontali, le distanze minime, le dimensioni
minime delle membrature, i criteri di verifica e così via.
Essa introduce l’indicazione, valida ancora oggi, che l’edificio deve essere progettato per resistere ad azioni orizzontali agenti secondo due direzioni ortogonali fra loro e che tali azioni dovranno essere ripartite fra
le membrature esistenti (e resistenti) nelle due direzioni principali.
Regolamenta, inoltre, la possibilità di sopraelevazione, indicando per la
muratura la possibilità di sopraelevare un piano “purché il complesso
della struttura sia conforme alle norme della presente legge” ed indica
espressamente che “le riparazioni di edifici debbono tendere a conseguire un maggior grado di sicurezza alle azioni sismiche”.
La L. 64/74, alla lett. b dell’art. 3, elimina anche la rigida distinzione
fra due categorie sismiche, la I e la II e quindi dà una maggiore flessibilità all’elenco delle zone sismiche, oggetto tra l’altro di modifiche da
parte della Legge 25 novembre 1962 n.1684, del D.M. 10/3/1969 (Sicilia) ed ancora del D.M. 15/9/1976 (Friuli).
Come si può ben vedere, quindi, tali norme rappresentano un insieme di
regole, di molto buon senso, che oggi sono connaturate in ogni tecnico.
Se si è raggiunto questo importante risultato lo si deve a questa fondamentale Legge, che sfociò nei contenuti tecnici del D.M. 3/3/1975.
In questo importantissimo decreto legge, le famose “Norme tecniche
per le costruzioni in zone sismiche”, si trovano praticamente tutti i concetti per il calcolo in zona sismica che fanno parte oggi del bagaglio cul6
Capitolo 1 - Il Quadro Normativo
turale di base di ogni tecnico del settore. In esse vengono esattamente elencate le azioni orizzontali minime di cui tener conto nelle due zone, le
masse impegnate, il calcolo in analisi statica o dinamica a seconda del periodo di vibrazione, le altezze massime a seconda del sistema costruttivo
e tutta una serie di cose ben note che non vale la pena di ricordare.
In particolare, al capo C.5 “Edifici in muratura”, dalla lettera a) alla n)
vengono elencate una serie di prescrizioni (cui si rimanda), che contengono in nuce tutte le norme del buon costruire, che sono validissime ancora oggi, poiché tendono a realizzare la scatola muraria che è l’essenza
della struttura sismo-resistente, come si vedrà meglio nel seguito.
1.2 L. 14 maggio 1981 n.219 ed Istruzioni Circ. 30/7/81 - Interventi in
favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre
1980 e del febbraio 1981
A seguito degli eventi sismici in Campania ed in Basilicata del 23 novembre 1980 e del febbraio 1981, fu emanata la Legge 14 maggio 1981
n. 219 (indicata in seguito L. 219/81) che recava interventi in aiuto delle popolazioni colpite da quell’evento sismico. In osservanza dell’art.
10 di questa Legge furono emanate una serie di istruzioni: la prima
(Circolare LL. PP. 30/07/1981 n. 21745, in seguito indicata brevemente
con Circolare ‘81) per “… la riparazione ed il rafforzamento degli edifici in muratura danneggiati dal sisma” e la seconda (Circolare LL. PP.
12/12/1981 n. 22120) “… per la riparazione ed il rafforzamento di edifici in c.a. ed a struttura metallica danneggiati dal sisma”.
È doveroso ricordare a chi non ha vissuto “sul campo” quel triste periodo, lo stato di concitazione, per non dire di confusione, in cui si era costretti ad operare. Per questo motivo lo spirito della Legge era quello di
fornire un ausilio di rapida attuazione ai tecnici che dovevano fronteggiare un’emergenza di dimensioni enormi.
Soffermando la nostra attenzione sulla prima delle due circolari, in essa
venivano puntualizzate indicazioni di carattere generale, su come dovesse essere stilato il progetto cartaceo a partire dal rilievo della situazione di fatto, le indagini da effettuare e via discorrendo con un accento
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Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
particolare su due punti: l’accertamento dell’effettiva capacità dei solai
di possedere un’elevata rigidezza nel proprio piano al fine di ripartire la
forza sismica fra gli elementi resistenti (cosa questa non necessaria ai
fini della ripartizione, come si vedrà poi più avanti) e di essere questi
efficacemente ammorsati alla muratura (al fine di prevenire pericolosi
meccanismi di ribaltamento).
In quest’ottica, al p. 3.1.1. venivano date delle indicazioni orientative,
successivamente dettagliate in Appendice, sulla conduzione della verifica sismica e sui valori orientativi delle tensioni di compressione e taglio caratteristiche. Viene introdotto il coefficiente di struttura, con un
valore molto alto (β = 4 in considerazione delle caratteristiche della muratura), per il calcolo delle azioni orizzontali, che risultano, pertanto,
esaltate di parecchio rispetto ad esempio ad un edificio in c.a. avente
pari massa; ciò trova spiegazione nella scarsa duttilità della muratura.
Vengono esplicitamente indicati i metodi di verifica delle pareti riguardo alle azioni agenti sia nel loro piano che nel piano ortogonali ad esse,
ed i controlli ed eventuali provvedimenti da adottare sulle fondazioni.
Nei punti successivi si elencano i provvedimenti da adottare per il consolidamento delle varie membrature: solai, scale, archi, volte e così via.
Una vera pietra miliare per il calcolo degli edifici in muratura è rappresentato dal contenuto dell’Appendice, in cui vengono esplicitati i passi
per effettuare la verifica sismica degli edifici secondo il metodo POR, col
quale è possibile calcolare agevolmente la resistenza dell’edificio (sia pure con tutta una serie di limitazioni concettuali), partendo dall’ipotesi di
comportamento elasto-plastico dei pannelli in muratura, fino alla modalità di ripartizione delle forze orizzontali in campo post-elastico.
Il metodo POR ha poi conosciuto dei perfezionamenti (PORFLEX) che
tengono conto non solo del taglio ma anche della flessione presente nei
pannelli, specialmente per edifici nuovi, ovvero alti e snelli.
Successivamente, si è poi giunti al procedimento di calcolo in campo
non lineare noto come pushover, di cui il POR rappresenta un precursore nel campo delle murature, grazie anche al fatto che si sono resi disponibili, su qualunque computer odierno, dei software di calcolo agli
elementi finiti a basso costo.
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Capitolo 1 - Il Quadro Normativo
1.3 D.M. LL.PP. 20 novembre 1987 - Norme tecniche per la progettazione,
esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro
consolidamento
Il D.M. LL.PP. 20 novembre 1987, in seguito indicato con D.M. ‘87, è
stato emanato in forza della L. 64/74 ed è tuttora vigente. Esso racchiude una serie di concetti per il calcolo della muratura talmente importanti
che sono stati riproposti tal quali nel Testo Unico per l’Edilizia di recente pubblicazione.
È importante precisare che esso si riferisce ad edifici nuovi di fabbrica in
muratura non armata, ma non vi è nessuna controindicazione affinché si
adottino le stesse metodologie anche per edifici esistenti, anche in considerazione del fatto che spesso questi ultimi vengono consolidati con
l’inserimento/sostituzione di pannelli evidentemente di muratura nuova.
Nel D.M. ‘87 vengono innanzitutto elencate le malte ed i blocchi che si
possono utilizzare.
Le malte vengono classificate in funzione della loro resistenza (da M1,
la più resistente, alla M4).
I blocchi, invece, vengono distinti in elementi artificiali o naturali. I
primi sono classificati in funzione del materiale e dell’eventuale foratura, mentre i secondi vengono distinti in pietra squadrata e non.
Per ciascuna tipologia di blocchi vengono indicati gli spessori minimi
ed è possibile ricavare anche la resistenza caratteristica a compressione
ed a taglio in funzione della resistenza dell’elemento e del tipo di malta
da apposita tabella.
Altra importante innovazione è stata l’introduzione della possibilità di
effettuare le verifiche agli stati limite oltre che alle tensioni ammissibili.
È possibile, infine, omettere del tutto le verifiche nel caso in cui
l’edificio abbia determinati requisiti geometrici (Titolo I, Cap. 3, p. 3.1
cui si rimanda) e sia costituito da elementi resistenti naturali.
Sono ancora indicati gli accertamenti da effettuare per il collaudo statico e le norme tecniche per il consolidamento di edifici esistenti, che è
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Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
reso obbligatorio (Titolo II, Cap. 1, p. 1.1) quando si apportino modifiche sostanziali all’organismo strutturale, come sopraelevazioni, variazioni di destinazioni che comportino incrementi di carico notevoli, ecc.
Un allegato finale chiarisce le prove da effettuare in laboratorio per la
determinazione sperimentale della resistenza a compressione. A questo
proposito si pone l’accento su un fatto importantissimo: pur essendovi
nella normativa ed in letteratura tecnica moltissime indicazioni al riguardo, le prove di laboratorio sono determinanti per la corretta individuazione delle caratteristiche meccaniche che sono evidentemente alla
base di un corretto calcolo. Soprattutto nel caso di edifici esistenti costruiti con materiali naturali e malte di difficile classificazione, sono
tantissimi i fattori che influenzano i parametri di resistenza e, conseguentemente, la correttezza del calcolo.
Appare, infine, utile citare la Circolare 4/1/1989 n. 30787, cui si rimanda. In essa sono riportati “… (omissis) … una serie di chiarimenti per
una corretta applicazione delle norme stesse” ovvero del D.M. ‘87.
1.4 D.M. 16 gennaio 1996 - Norme tecniche per le costruzioni in zone
sismiche
Le metodologie indicate dalla L. 64/74 sono state adottate per circa cinque lustri e, pur subendo piccole variazioni, sono rimaste praticamente
immutate fino al 5 febbraio 1996, data in cui sulla G.U. furono pubblicati tre importantissimi Decreti del Ministero dei LL. PP.:
D.M. 9/1/1996 “Norme tecniche per il calcolo, l’esecuzione ed il collaudo delle strutture in cemento armato, normale e precompresso e
per le strutture metalliche”.
D.M. 16/1/1996 “Norme tecniche relative ai criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni e dei carichi e sovraccarichi”.
D.M. 16/1/1996 “Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche”.
Nel seguito si farà riferimento ad essi indicandoli brevemente come D.M.
‘96, anche se ci si riferirà quasi sempre al terzo dei tre decreti ministeriali.
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Capitolo 1 - Il Quadro Normativo
In questi decreti importantissimi concetti venivano ripresi dagli Eurocodici, che venivano così imposti all’attenzione dei tecnici italiani. Ad
esempio, nel primo dei tre D.M. sopra elencati viene trattato il calcolo
(le verifiche, per meglio dire) agli Stati Limite e le azioni di calcolo
(combinazioni) di tipo semiprobabilistico da adottare in alternativa al
calcolo alle tensioni ammissibili per le strutture in c.a./metalliche. In
verità essi erano stati introdotti anche in precedenti disposizioni normative, ma non in maniera così incisiva e particolareggiata, e con coefficienti di combinazione diversi da quelli riportati negli Eurocodici.
Il secondo dei tre D.M. si occupa di definire le azioni sulle costruzioni
(per qualsiasi tipologia costruttiva) quali sovraccarichi agenti in funzione della destinazione, il carico neve e vento in funzione della posizione
geografica, le variazioni termiche.
Il terzo D.M. riprende alcuni concetti già introdotti dalla L. 64/74 ed
esplicitamente dichiara la possibilità di effettuare le verifiche anche agli
Stati Limite, indicando la modalità di combinazione del sisma con le altre azioni.
Al capo C.5, dedicato agli edifici in muratura, viene esplicitamente indicato il rispetto del D.M. ‘87 e date tutta una serie di prescrizioni (materiali da impiegarsi, particolari costruttivi, spessori minimi, ecc.) che se
rispettati tutti consentono di omettere la verifica sismica, similmente a
quanto già visto nel caso del D.M. ‘87. In caso contrario, la verifica sismica è obbligatoria ed è indicata al p. C.9.5. Tutto ciò è ovviamente
riferito agli edifici di nuova realizzazione.
Per gli edifici esistenti, si è già visto, in premessa, cosa intenda il D.M.
‘96 con i termini “miglioramento” ed “adeguamento”; nel caso di adeguamento, anche per gli edifici esistenti nasce l’obbligo di effettuare la
verifica sismica.
Anche se non indicato esplicitamente, le modalità con cui effettuare la verifica possono essere quelle contemplate dal metodo POR, ma, evidentemente, si vuol lasciare al tecnico la possibilità di considerare modalità di
calcolo più sofisticate, sia pur rispettando certi principi basilari.
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Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
Il valore del coefficiente di struttura β viene calcolato come prodotto di
due fattori:
β1 = 2, coefficiente che tiene conto delle caratteristiche di duttilità delle
costruzioni in muratura;
β2 = 2, coefficiente che tiene conto delle modalità di verifica a rottura.
È importante notare che nella verifica delle fondazioni vanno assunte
azioni calcolate con β2 = 1. In seguito, nella Circolare n. 65/97 (v.
par. seguente) è stato indicato di assumere anche per edifici nuovi il
valore β2 = 1.
Al p. C.5.3 vengono date indicazioni in merito agli edifici con muratura
armata mentre al p. C.5.4 vengono date indicazioni in merito alle strutture miste, per le quali viene indicato chiaramente come l’azione sismica debba essere affidata al 100% alla sola parte in muratura, oltre ad altre indicazioni (p. C.9.8) riguardanti gli interventi di miglioramento.
1.5 Circ. Min. LL.PP. 10 aprile 1997 n.65 - Istruzioni per l’applicazione
delle norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche di cui al
D.M. 16 gennaio 1996
Nella premessa della Circolare del Ministero dei LL.PP. 10 aprile 1997,
n.65, in seguito indicata con Circolare n. 65/97, vengono indicati alcuni
concetti base di cui tener conto. Viene, ad esempio, prescritto di tenere in
debito conto, nel calcolo, la presenza di pareti in muratura nell’ambito di
strutture in c.a. o acciaio che ne possono perturbare in maniera sostanziale il comportamento. Si accenna, inoltre, anche alla possibilità di inserimento degli isolatori sismici al piede degli edifici, tanto che oggi questi si
iniziano ad intravedere anche nel recupero di beni monumentali, per i
quali però si richiede la preventiva approvazione del Consiglio Superiore
dei Lavori Pubblici.
Al p. C.5.1 si ribadisce l’osservanza del D.M. ‘87, soprattutto per quanto riguarda i materiali.
Al p. C.5.2 viene indicato che la metodologia di verifica sismica, di cui al
p. C.9.5 del D.M. ‘96, è valida (ed obbligatoria) per edifici esistenti e per
edifici nuovi che non rispettino le indicazioni del p. C.5 del D.M. ‘96.
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Capitolo 1 - Il Quadro Normativo
Viene chiaramente specificato che, al fine del calcolo delle azioni sismiche, il coefficiente β2 debba essere posto pari ad 1 (e non a 2) poiché “… (omissis) … la norma specifica (D.M. 20.11.87), già per proprio conto, distingue i valori da attribuire alla resistenza del materiale
a seconda del metodo adottato per il controllo della sicurezza (γm= 3
nel caso di verifica col metodo agli stati limite ultimi)…(omissis)… In
conclusione quindi il livello di sicurezza di calcolo richiesto per gli edifici di nuova costruzione soggetti a “verifica” è del 50% circa superiore a quello richiesto per gli edifici esistenti.”
Nella stessa Circolare n. 65/97 è riportato questo passo molto importante, relativamente al modello di calcolo: “Quando l’altezza supera il valore ammesso per un edificio in muratura non armata è sempre obbligatorio effettuare il calcolo delle sollecitazioni indotte dall’azione sismica, sulla base di un modello della struttura che ne rappresenti il suo
carattere tridimensionale. Nei casi comuni tale modello sarà costituito
da un insieme di pareti disposte in pianta secondo due direzioni ortogonali e collegate ai piani da diaframmi assunti come rigidi. Le pareti
comprendenti aperture regolarmente disposte lungo l’altezza potranno
essere schematizzate con modelli a telaio, con le pareti piene costituenti
i montanti e con le fasce sovraporta e sovrafinestra costituenti le travi.”
Al p. C.5.4, cui si rimanda, viene trattato il problema delle strutture miste, mentre il p. C.9.5.3 recita: “Come già evidenziato nel precedente
paragrafo C.5.2, per i “vecchi” edifici in muratura non deve applicarsi
il coefficiente γE di cui al punto B.8. delle norme, in quanto l’azione sismica risulta compiutamente definita dal presente paragrafo.”.
Vale la pena ricordare che il coefficiente γE vale 1.5; ciò vuol dire che il
coefficiente β contiene in sé tutti gli elementi necessari alla definizione
dell’azione sismica. Infine, al p. C.9.10, viene indicato come procedere
nel caso molto frequente di edifici contigui: “… (omissis) … aumentando convenzionalmente le forze orizzontali di progetto, facendo gravare
sulle strutture resistenti dell’edificio in esame una quota parte delle
masse relative agli edifici adiacenti”.
Per quanto riguarda l’applicazione della Circolare n. 65/97 si fa rilevare
la sua non-cogenza stante la natura delle Circolari Ministeriali. È im13
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
portante sottolineare, però, che in essa sono già riportati una serie di
concetti, soprattutto relativamente alla duttilità delle strutture in c.a.,
che poi sono stati ripresi in modo esteso e dettagliato dall’O.P.C.M.
3274 e successive modifiche ed integrazioni.
Si ricorda, inoltre, l’importantissimo “Commentario al D.M. 16.1.1996
e alla Circ. 65/AA.GG. del 10.4.1997 del Ministero LL. PP.” redatto a
cura dell’ANIDIS-SSN (Servizio Sismico Nazionale) che rappresenta
una vera e propria miniera di informazioni per quanto riguarda la corretta interpretazione delle modalità con cui effettuare un calcolo di un
edificio in zona sismica.
Ad esso ci si riferirà brevemente indicandolo con “Commentario ‘96”.
1.6 L. 30 marzo 1998, n. 61 - Conversione in legge, con modificazioni, del
D.L. 30 gennaio 1998, n. 6, recante ulteriori interventi urgenti in favore
delle zone terremotate delle regioni Marche e Umbria e di altre zone
colpite da eventi calamitosi
A seguito del terremoto che colpì i territori dell’Umbria e delle Marche
fu emanato il D.M. 30/01/98 n. 6 poi convertito in Legge 61/98, che è
stata recepita dalle due regioni con delle direttive tecniche per la loro
attuazione (Delib. Giunta Reg. Umbria 5180/98 - D.G.R. Marche
2153/98). Essa è rivolta agli edifici che devono subire degli interventi
di miglioramento sismico, nell’accezione del D.M. ‘96.
Al fine di valutare il rapporto costi/benefici in maniera rapida, occorreva uno strumento in grado di determinare, mediante opportune verifiche, il grado di sicurezza prima dell’intervento, e quello conseguito dopo l’intervento di miglioramento.
Si è individuato perciò un percorso nel quale convivono la Circolare
‘81, il D.M. ‘87 e D.M. ‘96 con alcuni punti fermi:
1. Calcolo semiprobabilistico agli stati limite.
2. Azioni sismiche come al p. C.6 del D.M. ‘96, con β1 × β2 = 4 e coef-
ficiente di fondazione ε come da microzonazione sismica.
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Capitolo 1 - Il Quadro Normativo
3. Resistenza delle murature da prove sperimentali; in assenza come da
Circolare ‘81.
4. Stessa modalità di verifica sia prima che dopo l’intervento. A discre-
zione del tecnico la possibilità di operare la verifica secondo quanto
prescritto dal D.M. ‘87 o dalla Circolare ‘81.
Lo scopo delle verifiche è evidentemente quello di ottimizzare i costi
degli interventi e di ridurre il rischio. Per gli edifici sottoposti a miglioramento, l’obiettivo, in termini di sicurezza, è stato fissato in un minimo del 65% rispetto all’adeguamento. Questo valore è scaturito da una
“calibrazione” che assicura un buon compromesso tra sicurezza e conservazione del patrimonio edilizio. Da notare che per eventi sismici
passati, tali obiettivi sono stati talora posti uguali a quelli di edifici nuovi (Friuli ‘76) o al 50% (Abruzzo-Umbria ‘84). In questo caso il livello
scelto nelle D.G.R. prima citate è un valore minimo. Occorre pertanto
dimostrare che l’edificio sia globalmente che in tutte le sue parti sia in
grado di resistere ad un’azione sismica avente un coefficiente sismico C
pari al 65% del coefficiente sismico della zona Crif . A tal fine il progettista calcolerà prima Co, coefficiente sismico che porta a collasso la
struttura in condizioni originarie e non danneggiata, e poi Cfin, analogo
a Co ma calcolato dopo gli interventi progettati. Dovrà verificarsi che
Cfin > 0.65 Crif ed ovviamente Cfin > Co.
Sono, inoltre, espressamente indicate le seguenti verifiche:
•
ribaltamento di una parete;
•
collasso per pressoflessione del pannello murario per azioni sia nel
piano che fuori dal piano;
•
crisi dei collegamenti;
•
rottura a taglio della muratura.
L’importanza di tale Legge risiede nel fatto che in essa viene dettata
una formulazione semplificata per il calcolo del coefficiente sismico C
da impiegare per la determinazione della cosiddetta “soglia di vulnerabilità”. In questo modo, il tecnico può rapidamente inquadrare l’edificio
in funzione di questa soglia di vulnerabilità determinata. Poiché
l’applicazione della formula è immediata ed ha una sufficiente rispon15
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
denza con la realtà, si ritiene che essa possa rappresentare un criterio
che verrà applicato magari con qualche lieve modifica anche in futuro,
nel caso che se ne dovesse ripresentare la necessità (cosa che evidentemente nessuno si augura).
1.7 Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 20/3/2003 n. 3274
- Primi elementi in materia di classificazione sismica del territorio
nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica
Tantissimo è stato detto e scritto circa l’O.P.C.M. 3274 e della sua travagliata storia. Essa rappresenta una vera rivoluzione della normativa
sismica nel nostro paese (basti ricordare la sua natura prestazionale e
non prescrizionale). Non si ripeteranno cose che sono state oggetto di
innumerevoli pubblicazioni, corsi e seminari di aggiornamento, ma saranno riepilogati i punti salienti riguardanti, in maniera generale o specifica, la problematica della muratura.
Essa, come è noto, è stata oggetto di molte correzioni ed integrazioni fino
all’ultima stesura, passando per l’O.P.C.M. n. 3316 dell’8/5/2003, per arrivare nella forma indicata dall’O.P.C.M. n. 3431 del 3/5/2005. In seguito
sarà indicata brevemente con O.P.C.M. 3431, comprendendo implicitamente tutte le modifiche, correzioni ed integrazioni ad essa apportate.
Da un punto di vista generale, la cosa più importante è che tutto il territorio nazionale viene classificato come sismico. Va menzionata la possibilità di analizzare, dal punto di vista sismico, con l’analisi statica lineare solo strutture regolari o anche irregolari con determinate condizioni, imponendo invece come metodi preferibili di soluzione l’analisi dinamica in
campo lineare e l’analisi statica in campo non lineare (metodo pushover,
di cui si parlerà nei prossimi capitoli) descritta al p. 4.5.4. Al p. 4.9 viene
descritta una metodologia diversa per la valutazione della resistenza di
pannelli murari non portanti, che può rappresentare un metodo di calcolo
per pannelli murari sottoposti ad azioni di natura sismica ortogonali al
proprio piano (verifica fuori piano).
Nel p. 4.11.2 viene specificato il limite alla deformabilità laterale a seguito di azioni orizzontali (Stato Limite di Danno). Il capitolo 10 è in16
Capitolo 1 - Il Quadro Normativo
vece tutto dedicato ai metodi di calcolo degli isolatori sismici, venuti in
tal modo a diventare uno strumento in più nel bagaglio del tecnico impegnato nel campo del recupero edilizio.
I capp. 8 ed 11 sono invece quelli dedicati agli edifici in muratura, rispettivamente nuovi ed esistenti, che saranno ora esaminati in sintesi.
Nel cap. 8 (edifici nuovi) viene innanzitutto ribadita la validità del contenuto del D.M. ‘87 e quindi la necessità del rispetto di tale norma, restringendolo al solo campo del calcolo agli Stati Limite ed imponendo
un coefficiente di sicurezza del materiale γm pari a 2 anziché a 3. Vengono citate alcune prescrizioni aggiuntive per quanto riguarda i blocchi
costituenti la muratura (tra l’altro le murature in elementi naturali non
squadrati/listati sono esplicitamente esclusi dalla possibilità di impiego)
ed ai fini del calcolo sono enumerati i valori da adottare per i fattori di
struttura q. Vengono date indicazioni da tenere in conto a seconda del
metodo di calcolo impiegato, ed al p. 8.1.9 vengono dettati dei requisiti
che se soddisfatti (edifici semplici) consentono di evitare di effettuare le
verifiche di resistenza (p. 8.1.6).
Le verifiche previste dall’Ordinanza per i setti sono: pressoflessione e
taglio nel piano della parete, flessione fuori dal piano. Invece, per le
travi di accoppiamento in muratura vengono dettati dei criteri a seconda
che sia noto o meno lo sforzo assiale. In maniera del tutto analoga si
procede per le murature armate.
Al p. 8.4 vengono date delle indicazioni costruttive che consentono di
evitare la verifica sismica per edifici in zona 4, considerandoli cioè come in zona non sismica.
Al p. 8.5 vengono trattate le metodologie di calcolo per le strutture miste, imponendo che le azioni sismiche siano affidate agli elementi aventi la medesima tecnologia, e le condizioni necessarie per effettuare una
sopraelevazione di un edificio in muratura con una tecnologia differente
(cemento armato, acciaio, legno, …).
Il cap. 11 tratta diffusamente degli edifici esistenti, ed è pertanto di
grande interesse.
17
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
Da un punto di vista generale, ossia validi per ogni tipologia costruttiva,
vengono ripresi gli stessi punti elencati nel D.M. ‘96 al p. C.9.1 che rendono obbligatoria l’esecuzione della verifica sismica e l’eventuale adeguamento. In linea di massima viene ribadito il principio che le indicazioni valide per gli edifici nuovi sono valide anche per gli edifici esistenti.
Per questa tipologia viene definito un ulteriore stato limite. Oltre a quelli
denominati stato limite di collasso (CO) e stato limite di danno severo
(DS), viene aggiunto anche lo stato limite di danno limitato (DL).
Ai fini delle verifiche di sicurezza (p. 11.2.2) gli elementi strutturali
vengono distinti in duttili e fragili. Nei successivi paragrafi (11.2.2.1 e
11.2.2.2) vengono distinti due differenti metodi di verifica:
Verifica con lo spettro di risposta (p. 11.2.2.1): la verifica di sicurezza
degli edifici viene eseguita con riferimento all’azione sismica di progetto data dallo spettro elastico (non ridotto). Secondo questo metodo, la verifica degli elementi duttili viene eseguita confrontando gli
effetti indotti dalle azioni sismiche in termini di deformazione con i
rispettivi limiti di deformabilità, mentre la verifica di quelli fragili
viene eseguita confrontando gli effetti indotti dalle azioni sismiche in
termini di forze con le rispettive resistenze.
Verifica con l’impiego del fattore di struttura q (p. 11.2.2.2): la verifica
di sicurezza degli edifici può essere eseguita con riferimento
all’azione sismica di progetto data dallo spettro elastico ridotto del
fattore di struttura q, il cui valore è scelto fra 1.5 e 3 sulla base della
regolarità nonché dei tassi di lavoro dei materiali per effetto dei carichi statici. Secondo questo metodo, la verifica degli elementi duttili è
soddisfatta qualora la sollecitazione indotta dall’azione sismica ridotta sia inferiore o uguale alla corrispondente resistenza, mentre la verifica di quelli fragili è soddisfatta qualora la sollecitazione indotta
dall’azione sismica ridotta per q = 1.5 sia inferiore o uguale alla corrispondente resistenza.
Al p. 11.2.3 vengono elencati i documenti e gli accertamenti necessari,
in funzione dei quali si consegue un Livello di Conoscenza della struttura (limitato, adeguato, accurato), ed in base al quale è possibile ottenere un Fattore di Confidenza più o meno penalizzante nella definizione
delle resistenze dei materiali (p. 11.2.4).
18
Capitolo 1 - Il Quadro Normativo
Al p. 11.5 vengono specificatamente trattati gli edifici in muratura. In
particolare è specificato che oltre alla verifica di staticità globale, devono essere obbligatoriamente effettuate delle particolari verifiche locali
tese a prevenire possibili meccanismi di collasso locali, come il ribaltamento di intere pareti (v. Allegato 11.C) che è sempre possibile in edifici di vecchia concezione, nei quali manca un adeguato collegamento
fra le strutture verticali e gli orizzontamenti.
Per il conseguimento di un Fattore di Confidenza (FC) adeguato (più è
basso e meno è penalizzante), è importante eseguire prove in situ approfondite secondo determinati dettami (p. 11.5.2.3). Dal Livello di Conoscenza (LC) ottenuto è possibile ricavare il Fattore di Confidenza (FC).
È importante qui notare come il legislatore, nell’Allegato 11.D, abbia
voluto fornire un ausilio al tecnico, elencando i parametri meccanici
minimi e massimi delle murature più diffuse in funzione del livello di
conoscenza acquisito.
Oltre a varie indicazioni di carattere tecnico sulla modellazione e sulla
conduzione della verifica sismica di cui al p. 11.5, nel p. 11.6 viene
specificato che per gli edifici in zona 4 è possibile applicare le regole
per la zona non sismica se vengono rispettate determinate condizioni. I
già citati allegati 11.C, 11.D ed 11.E completano il quadro tecnico di
questa importantissima Ordinanza.
1.8 Norme tecniche per le costruzioni - “Testo Unico” D. M. 14
settembre 2005 - Supplemento Ordinario n.159
È ben nota la polemica intercorsa tra la Protezione Civile ed il Ministero dei LL. PP. al riguardo dell’emanazione dell’Ordinanza. È bene ricordare che la Protezione Civile, sostanzialmente, può emettere provvedimenti d’urgenza ma non legiferare in maniera così profonda su un
settore vitale quale l’edilizia.
Ciononostante, dal Ministero veniva riconosciuta la grande validità dei
concetti racchiusi nell’O.P.C.M. 3274 e successive integrazioni, per cui,
di concerto con la Protezione Civile, si provvedeva alla stesura del Te19
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
sto Unico, approvato nella sua prima forma dal Consiglio Superiore dei
Lavori Pubblici il 30 aprile 2005 e poi via via modificato fino all’ultima
stesura conosciuta ad oggi, pubblicata sul Supplemento alla G.U. del
23/9/2005. In quest’ultima stesura, la dicitura “Testo Unico” è sparita,
rimanendo solo “Norme Tecniche per le Costruzioni”, ma nella premessa esso viene definito come “Testo Unitario”. Per brevità, nel proseguimento di questo libro, si userà la sigla “T.U.” magari impropriamente, ma tali disposizioni vengono così familiarmente indicate nel lessico
comune, sicuramente più scorrevole dal punto di vista discorsivo.
Il T.U. è suddiviso in 12 capitoli di cui, ai fini della presente trattazione,
sono di particolare interesse il n.2 (Sicurezza e prestazioni attese), il n.3
(Azioni ambientali e naturali), il n.4 (Azioni accidentali), il n.5 (Norme
sulle costruzioni), il n.9 (Edifici esistenti) ed infine il n.11 (Materiali).
La prima cosa che balza all’evidenza nel T.U. è la quasi totale assenza di
formule matematiche, ovvero di prescrizioni, avendo esso una impostazione di tipo prestazionale quasi al 100%. Viene data massima libertà anche sui modelli di calcolo adottati, purché ben documentati.
Nel Capitolo 2 viene specificato il significato di Stato Limite Ultimo
(SLU), di Esercizio (SLE) e di Danno (SLD) e viene sottolineato il concetto di durabilità, funzione della bontà dei materiali impiegati e dei
modelli di calcolo adottati. A seconda della “vita utile” supposta, gli edifici vengono suddivisi in due classi di importanza: Classe 1 (vita utile
di 50 anni) e Classe 2 (vita utile di 100 anni), con differenti gradi di sicurezza richiesti. Segue una classificazione delle azioni a seconda della
natura, della durata, della variabilità nel tempo e vengono indicate le
modalità di combinazione fra esse ai fini delle verifiche allo SLU/SLE.
Nel Capitolo 3 si trova questa frase che sintetizza la filosofia del T.U.:
“Attraverso i procedimenti di analisi strutturale, il Progettista avrà il
modo di esplorare in modo adeguato la risposta strutturale, assicurando la capacità prestazionale dell’opera sia in termini di sicurezza e di
funzionalità, che in termini di robustezza. In questo modo, il Progettista
può assicurare sia il corretto funzionamento dell’opera nella sua configurazione nominale, sia un comportamento almeno soddisfacente in
20
Capitolo 1 - Il Quadro Normativo
condizioni di danneggiamento anche estreme”. La parte concernente la
definizione dell’azione sismica (spettri di risposta, combinazione delle azioni col sisma, ecc.) è quasi coincidente con l’O.P.C.M. 3431. Nel capitolo 3 viene anche trattato, in maniera dettagliata, il calcolo delle azioni
dovute al vento, alle variazioni di temperatura ed alla neve.
Nel Capitolo 4 vengono trattate le “azioni accidentali”, quali incendio
(con la definizione delle classi di resistenza al fuoco), esplosioni, urti.
Il Capitolo 5 entra nel vivo delle norme sulle costruzioni, a seconda delle
varie tipologie strutturali (c.a. normale e precompresso, solai, acciaio, legno, elementi misti). Chi si attendesse novità di rilievo resterà però deluso. Al p. 5.4 si giunge alla trattazione degli edifici in muratura, nei quali
si ritrova, praticamente, il D.M. ‘87 agli stati limite, con qualche variazione circa le combinazioni di carico, mentre solo un piccolo cenno viene
dato alla muratura armata. Al p. 5.7.4 vengono dettati una serie di criteri
cui preferibilmente devono rispondere le strutture: semplicità, regolarità,
simmetria, …, che sono stati in buona misura trattati già dall’Ordinanza.
Vengono dati alcuni suggerimenti in merito alla modellazione, all’analisi
strutturale (si cita praticamente la sola analisi modale, non escludendo però altri metodi), e vengono fatte anche alcune considerazioni sugli elementi non strutturali.
L’indicazione del fattore di struttura riprende i concetti già esplicitati
nell’O.P.C.M. 3431 ma senza darne indicazione numerica, potendosi
evidentemente ritenere buoni quelli dell’Ordinanza. Viene indicato il
contenimento delle deformazioni allo SLD e, per le varie tipologie costruttive, vengono dati dei criteri costruttivi cui attenersi. Per le murature, sia ordinarie che armate, sono di nuovo citati i criteri di regolarità,
simmetria, allineamento delle aperture, particolari costruttivi, fondazioni, ecc., ben chiariti anche nelle normative precedenti. Poco viene detto
riguardo alla modellazione ed alle verifiche. Per ulteriori dettagli sulle
verifiche da effettuare secondo il T.U. per gli edifici in muratura si rimanda al paragrafo 5.4.6.
Il Capitolo 9 definisce varie possibilità d’intervento sugli edifici esistenti: oltre all’adeguamento e al miglioramento, è prevista la possibili21
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
tà di “consolidamento”, di “riparazione” e di “declassamento”.
L’adeguamento ed il miglioramento, come visto nella premessa, sono
conseguenti ad una trasformazione dell’edificio, mentre gli altri tipi di
intervento comportano solo un aumento della sicurezza. In particolare,
il declassamento è da adottare qualora si evidenzino carenze strutturali
tali da indurre cautelativamente a ridurre il “cimento statico” cui è sottoposta la struttura.
Nel Capitolo 11 vengono trattati, oltre che le varie tipologie di materiali
impiegati nelle costruzioni, anche i requisiti che debbono possedere gli
isolatori sismici e (p. 11.9) la classificazione degli elementi per la muratura (blocchi e malte). Il tutto viene fatto richiamando le norme UNI a
ciò deputate.
Vengono, inoltre, dettate le regole per la determinazione sperimentale
delle resistenze delle murature.
Infine, si rimarca come al Capitolo 10, tra l’altro, vengano indicati i requisiti che devono essere soddisfatti dal codice di calcolo adottato. Al
Capitolo 12 sono riportati i Codici Internazionali e la Letteratura Tecnica Consolidata, tra cui l’O.P.C.M. 3431.
1.9 I terreni e le opere di fondazione
È doveroso concludere questa panoramica sulla normativa, citando anche la parte relativa ai terreni ed alle opere di fondazione.
Tralasciando disposizioni precedenti, il primo Decreto da esaminare è il
D.M. 11/3/1988: “Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e
sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle
opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione”.
L’obiettivo di queste disposizioni è di fornire indicazioni in merito, oltre che sulle indagini da effettuare sui terreni oggetto di costruzioni (anche in zona sismica), anche sullo studio delle opere di fondazione, di
sostegno e di stabilità dei pendii, al fine di permettere un’agevole studio
dell’interazione terreno-struttura.
22
Capitolo 1 - Il Quadro Normativo
Come fatto generale, questo Decreto, che s’indicherà d’ora in poi con
D.M. ‘88, impone che opportune indagini geotecniche accompagnino
sempre ogni tipo di progetto, influenzandolo direttamente. A causa della grande variabilità che si incontra in questa disciplina, vengono indicati i controlli da eseguire durante l’esecuzione dell’opera ed eventuali
correzioni da apportare in caso di non rispondenza tra la caratterizzazione geotecnica assunta in progetto e quanto si è riscontrato effettivamente
in fase di esecuzione.
Al capo B vengono indicate le indagini da eseguire, ribadendo il concetto
innanzi esposto: “La validità delle ipotesi di progetto dovranno essere
controllate durante la costruzione considerando, oltre ai dati raccolti
in fase di progetto, anche quelli ottenuti con misure ed osservazioni nel
corso dei lavori per adeguare, eventualmente, l’opera alle situazioni riscontrate”. Sono, inoltre, date indicazioni sull’estensione delle prove da
effettuare, sulla stesura della relazione e sui mezzi da impiegare.
Al capo C invece sono elencati i criteri di progetto. Vale la pena di ricordare fra essi il fatto che il calcolo dei cedimenti in zona sismica non
può essere omesso.
In tale capo viene anche stabilito il coefficiente di sicurezza da assumere per la determinazione del carico ammissibile del complesso terrenofondazione e fornita l’indicazione che il calcolo delle membrature va
fatto tenendo conto delle reazioni del terreno, della spinta dell’acqua e
delle pressioni esercitate da manufatti circostanti.
Inoltre “Nella valutazione degli stati di sollecitazione degli elementi
strutturali di fondazione si deve tener conto dell’interazione terrenostruttura di fondazione-struttura in elevazione”.
Seguono, sempre nel capo C, indicazioni per le fondazioni su pali, opere
di sostegno, pendii ed altre tipologie non di interesse in questa trattazione.
Direttamente correlata con il D.M. ‘88 è la Circolare Min. LL. PP.
24/9/88, n. 30483, recante le Istruzioni per l’applicazione del suddetto
D.M. ‘88. Vengono dettati infatti i criteri per la stesura della relazione,
il dettaglio delle indagini geotecniche, ampiezza e svolgimento, ecc.,
23
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
raggruppando in una tabella le finalità ed i principali mezzi di indagine
correlati. Infine, per ogni tipologia di fondazione sono elencati i parametri
geotecnici da ottenere tramite prove di laboratorio.
Altre indicazioni sono state emanate al capo D del D.M. ‘96, in cui
vengono fornite le formulazioni matematiche per tener conto
dell’incremento di spinta dei terreni dovuti al sisma.
Nella tormentata storia dell’O.P.C.M. 3431 c’è da rilevare un fatto singolare: nelle prime stesure (O.P.C.M. 3274 e 3316) c’era un capitolo
dedicato agli aspetti geotecnici: “Norme tecniche per il progetto sismico
di opere di fondazione e di sostegno dei terreni”. Nell’ultima stesura,
invece, tale capitolo è scomparso, a favore di un Allegato 4 che avrebbe
dovuto sostituirlo ma che in realtà non è mai stato emanato. Per tale
motivo si ritiene di non riportare nessun elemento, in quanto potrebbe
risultare fuorviante.
1.10 Le Normative vigenti ad oggi
Per il prosieguo della lettura di questo libro occorre tenere presente che,
al momento della sua redazione (settembre 2006), l’unica normativa vigente è il D.M. 14 settembre 2005 “Norme Tecniche per le Costruzioni”
(abbreviato con la sigla TU).
Poiché il T.U. richiama all’O.P.C.M. 3431 per indicazioni di dettaglio,
sono riportati stralci dell’Ordinanza che hanno interesse applicativo:
non è possibile, naturalmente, eseguire un calcolo completo seguendo
solo ed esclusivamente le indicazioni dell’Ordinanza stessa.
Transitoriamente, per 18 mesi e quindi fino al 14 aprile 2007, sarà possibile
ancora applicare, in alternativa al TU, il DM ‘96 e le normative previgenti.
Per quanto riguarda, quindi, gli accenni al DM ‘87, essi sono ancora validi qualora si operi in questa seconda modalità, mentre, se si opera col
TU, essi hanno ancora validità tecnica, sia pure con le differenze che
sono state evidenziate nel paragrafo apposito.
24
Capitolo 2
Il Materiale “Muratura”
2.1 Caratteristiche generali
Con il termine “muratura” viene comunemente indicato l’aggregato di
malta e inerti di grosse dimensioni e di forma più o meno regolare.
Questo materiale è noto sin dall’antichità ed esiste in un’innumerevole
varietà di forme e materiali.
Questa grande variabilità ha una notevole influenza sui parametri meccanici, e ciò introduce un’alea di grande incertezza, potendo inficiare
anche il calcolo più sofisticato che si riesca a svolgere. Solo eseguendo
prove di laboratorio si possono avere dei valori attendibili, anche se, già
nell’ambito dello stesso edificio, è frequente notare la coesistenza di
materiali molto eterogenei, realizzati in epoche diverse e con stati di
conservazione e malte diverse fra loro.
È facile immaginare, quindi, che anche i parametri meccanici possano
variare. E se a ciò si aggiunge che in una stessa parete, a causa di rinforzi, sarciture, ecc., si possono avere variabilità di muratura “a macchia di leopardo”, si capisce bene quale sia la grossa difficoltà di valutazione cui si va incontro.
Pertanto, i valori proposti in tabelle molto note, come quella della Circolare
‘81 o quella dell’Allegato 11.D dell’O.P.C.M. 3431 (vedi tabelle 2.1 e 2.2)
o di pubblicazioni in materia, sono da ritenersi puramente orientativi.
25
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
Tipologia di Muratura
(fonte: Circolare 21745 30 luglio 1981)
fm
E
G
w
τo
(N/mm2) (N/mm2) (N/mm2) (N/mm2) (N/m3)
Murature Non Consolidate e Non Lesionate
3
0.12
792
132
18000
2.5
0.08
528
88
15000
3
0.18
1188
198
13500
0.5
0.02
132
22
19000
2
0.07
462
77
20000
Muratura in pietrame a sacco in buone condizioni
1.5
0.04
264
44
19000
Blocchi di tufo di buona qualità
2.5
0.1
660
110
18000
Mattoni pieni e malta bastarda
Blocco modulare e malta bastarda
Blocchi in argilla espansa/calcestruzzo e malta bastarda
Muratura in pietrame in cattive condizioni
Muratura in pietrame grossolanamente squadrato e ben
organizzato
Murature Nuove
Mattoni pieni con fori circolari e malta cementizia
5
0.2
1320
220
14000
Forati doppio UNI 40%
5
0.24
1584
264
12500
Murature Consolidate
Mattoni pieni, pietrame squadrato consolidato con due
lastre in calcestruzzo armato da cm 3 (min)
5
0.18
1188
198
20000
Pietrame iniettato, muratura in pietra a sacco consolidata
con due lastre in calcestruzzo armato da cm 3 (min)
3
0.11
726
121
21000
Tabella 2.1
Nella tabella della Circolare ‘81 non sono riportati i valori dei moduli di
Young (E) e di elasticità tangenziale (G). Tuttavia viene indicato come
calcolarli in assenza di dati sperimentali mediante le seguenti relazioni:
G = 1100 ⋅ τ k ; E = 6 ⋅ G
Il peso specifico w è stato, invece, ricavato dalla letteratura tecnica.
Alcune semplici regole consentono di ottenere una buona muratura. Bisogna innanzitutto avere presente che, a giocare un ruolo preponderante
è la disposizione e la regolarità delle dimensioni degli elementi, per cui
occorre sistemare i blocchi ben allineati ed in modo che ingranino fra
loro, collegando i due paramenti con elementi trasversali (diatoni) ed
usando la quantità di malta appena necessaria per il circondamento degli elementi e per il livellamento dei piani di posa a mano a mano che
aumenta l’altezza.
26
Capitolo 2 - Il Materiale “Muratura”
Tipologia di Muratura
(fonte: Allegato 11.D - Ord.3431)
fm
E
G
w
τo
(N/mm2) (N/mm2) (N/mm2) (N/mm2) (N/m3)
min-max min-max min-max min-max
Muratura in pietrame disordinata (ciottoli, pietre erratiche
e irregolari)
0.60
0.90
0.02
0.032
690
1050
115
175
19000
Muratura a conci sbozzati, con paramento di limitato
spessore e nucleo interno
1.10
1.55
0.035
0.051
1020
1440
170
240
20000
Muratura in pietre a spacco con buona tessitura
1.50
2.00
0.056
0.074
1500
1980
250
330
21000
Muratura a conci di pietra tenera (tufo, calcarenite, ecc.)
0.80
1.20
0.028
0.042
900
1260
150
210
16000
Muratura a blocchi lapidei squadrati
3.00
4.00
0.078
0.098
2340
2820
390
470
22000
Muratura in mattoni pieni e malta di calce
1.80
2.80
0.060
0.092
1800
2400
300
400
18000
Muratura in mattoni semipieni con malta cementizia
(es.: doppio UNI)
3.80
5.00
0.24
0.32
2800
3600
560
720
15000
Muratura in blocchi laterizi forati (perc. foratura < 45%)
4.60
6.00
0.30
0.40
3400
4400
680
880
12000
Muratura in blocchi laterizi forati, con giunti verticali a
secco (perc. foratura < 45%)
3.00
4.00
0.10
0.13
2580
3300
430
550
11000
Muratura in blocchi di calcestruzzo (perc. foratura tra
45% e 65%)
1.50
2.00
0.095
0.125
2200
2800
440
560
12000
Muratura in blocchi di calcestruzzo semipieni
3.00
4.40
0.18
0.24
2700
3500
540
700
14000
Tabella 2.2
2.2 I Fattori che influenzano le caratteristiche meccaniche
Dalle precedenti tabelle può già evincersi quali siano le caratteristiche
meccaniche delle murature necessarie per lo svolgimento del calcolo. È
importante notare che, quando la muratura è costituita da pietrame non
regolare, le resistenze sono basse e crescono man mano che migliora la
regolarità ed il materiale dei blocchi. Inoltre, le caratteristiche meccaniche della muratura crescono in funzione della qualità della malta, sebbene in misura inferiore alla regolarità ed al materiale dei blocchi.
27
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
2.3 Le caratteristiche meccaniche delle murature nuove
Per quanto riguarda le murature nuove, il D.M. ‘87, permette di determinare “a tavolino” le presumibili caratteristiche meccaniche della muratura in funzione della resistenza delle malte e degli elementi resistenti.
Le malte vengono classificate in M1, M2, M3, M4 (in ordine decrescente con la resistenza).
Gli elementi resistenti sono classificati in naturali ed artificiali.
Gli elementi resistenti artificiali, poiché possono avere fori in direzione
normale o parallela al piano di posa, sono a loro volta distinti in base alla loro percentuale di vuoti (foratura). Essi possono essere in laterizio o
in calcestruzzo normale o alleggerito, ed a causa dei fori, le resistenze
secondo i tre assi principali possono essere diverse. In funzione della
percentuale di foratura, i blocchi in materiale artificiale (laterizio o calcestruzzo) vengono distinti in pieni, semipieni o forati.
Gli elementi resistenti naturali, invece, sono costituiti da pietra naturale
e vengono classificati in muratura in pietra non squadrata, listata o in
pietra squadrata.
In base a questa classificazione, nel D.M. ‘87 vengono indicati gli spessori minimi dei muri e, in funzione della resistenza a compressione del
blocco (fbk) e del tipo di malta, sono riportate in apposite tabelle le resistenze caratteristiche a compressione fk ed a taglio fvko in assenza di
compressione.
In ogni caso tali resistenze possono essere determinate mediante prove
di laboratorio su campioni di muro (muretti preparati secondo precise
indicazioni) secondo le modalità descritte negli allegati del D.M. ‘87.
Ciò va fatto sempre e comunque qualora si richieda una resistenza fk
maggiore o uguale ad 8 N/mm2.
Con le semplici relazioni di derivazione sperimentale (riportate nel
D.M. ’87, Allegato 2 - p. 2.1) si possono ricavare i moduli di elasticità
tramite le seguenti relazioni:
E = 1000 ⋅ f k ;
28
G = 0 .4 ⋅ E
Capitolo 2 - Il Materiale “Muratura”
È, inoltre, opportuno menzionare che il coefficiente di Poisson oscilla
tra i valori:
ν = 0.15 ÷ 0.30 per 0.30 f k ≤ σ ≤ 0.80 f k
e che esso aumenta al crescere della sollecitazione. Nel calcolo dei moduli E e G, si è pertanto assunto per ν un valore pari a 0.25. Ciò è importante quando si adopera un programma ad elementi finiti, per il quale è necessario che i moduli di elasticità E e G siano legati dalla seguente relazione, nota dalla teoria dell’elasticità:
G
con 0<ν<0.5
E=
2(1 + ν )
Per quanto riguarda il coefficiente di dilatazione termica, in media si
assume che:
[ ]
ε t = 6 ⋅10−6 °C −1
Volendo operare per via sperimentale, si deve tener presente che essendoci grande variabilità nelle resistenze offerte anche da murature composte da elementi artificiali, è opportuno che le resistenze vengano valutate statisticamente.
2.4 Le caratteristiche meccaniche delle murature esistenti
Un procedimento semidistruttivo che consente la determinazione in situ
sia delle caratteristiche di sollecitazione che di deformazione, viene realizzato con l’uso di martinetti piatti.
Con tale metodologia occorre eseguire un taglio ortogonalmente al muro ed inserire, simmetricamente alla posizione di taglio, due estensimetri. Dopo l’esecuzione del taglio i due estensimetri tenderanno ad avvicinarsi. Inserendo, allora, un martinetto piatto nel taglio praticato, si incrementa gradualmente la pressione nel circuito idraulico fino ad annullare lo spostamento relativo fra i due punti di comparazione. Questa
procedura permette di risalire alla tensione di esercizio esistente prima
del taglio nella muratura.
Praticando un secondo taglio parallelo al primo ed operando in maniera
del tutto analoga a quanto visto prima, si sarà in grado di stimare la re29
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
sistenza a compressione della muratura, in quanto il materiale compreso
fra i due martinetti risulta sottoposto ad uno stato di compressione monoassiale. Eseguendo dei cicli di carico e scarico si può ricavare la curva carico-deformazione spingendosi fino alla rottura del materiale.
Opportune formulazioni matematiche tengono conto del fatto che la
porzione di muro su cui si sta operando è vincolata su due lati o addirittura tre, se il taglio non è da parte a parte.
La valutazione della resistenza a taglio è invece valutata inserendo un
terzo martinetto ortogonalmente ai due precedenti e misurando lo scorrimento che così si produce.
Terminata la prova i martinetti vengono estratti e si procede al ripristino
della zona di muratura esaminata.
Altra metodologia di prova in situ è quella della compressione diagonale. Questa prova è più delicata, in quanto prevede innanzitutto un puntellamento della zona dove verrà effettuata tale prova.
Si procede con l’esecuzione di un taglio praticato nella muratura col
quale si isola un blocco quadrato di m 1,20 per lato e si inseriscono dei
trasduttori per la misura della distanza sulla diagonale. Su due vertici
opposti si pratica uno scasso in cui vengono inseriti due martinetti inclinati a 45°, i quali vengono caricati fino a provocare la rottura della zona
di muro. Questa prova consente di misurare le caratteristiche meccaniche,
in particolare quella di taglio, con maggior semplicità e precisione, avendo però dei costi più elevati rispetto alle prove viste in precedenza.
2.5 Il comportamento del materiale muratura
È opportuno approfondire il tipo di comportamento della muratura, che,
in realtà, ha delle caratteristiche tutt’altro che isotrope ed un comportamento duttile piuttosto limitato.
Un primo approccio è quello fornito dalla Circolare ‘81. Il valore del
taglio ultimo, suffragato da approfondite campagne sperimentali, che è
possibile affidare ad un pannello a cui siano state impedite di ruotare le
estremità, è pari a:
30
Capitolo 2 - Il Materiale “Muratura”
Tu = A ⋅τ k ⋅ 1 +
σo
1.5 ⋅τ k
dove:
A = l’area della sezione normale del pannello;
σo = la tensione normale al centro del pannello dovuta ai carichi verticali agenti;
τk = la resistenza tangenziale caratteristica del materiale.
In alternativa si può avere una formula leggermente più complessa nel
caso di precompressioni indotte da tirantature orizzontali e/o verticali.
La caratteristica di taglio-spostamento può essere ben rappresentata dal
diagramma di cui in figura 2.1.
Fig. 2.1
In questo diagramma, sull’asse delle ascisse sono rappresentati gli spostamenti subiti dal pannello, mentre sull’asse delle ordinate sono riportati i valori del taglio. Il comportamento reale, riportato nel primo diagramma T-ε, viene assimilato ad una bilatera, tipica di un comportamento elastoplastico, da cui è immediato notare come il comportamento
si mantenga lineare per un certo tratto fino ad un valore εo (limite elastico), oltre il quale il pannello entra in campo plastico. Poiché il pannello è dotato di una certa duttilità, per un valore dello spostamento
massimo (limite ultimo) pari a µ ⋅ ε o , il valore massimo del taglio resistente Tu viene mantenuto costante fino al punto di rottura. Il coefficiente µ viene detto “coefficiente di duttilità” ed assume valori compresi tra 1.5 e 2. Il valore 1.2 ⋅ ε o viene indicato come “limite di fessurazione” e rappresenta il valore dello spostamento oltre il quale si manifestano le prime lesioni nel pannello.
31
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
La muratura è un materiale complesso da trattare a causa dei seguenti
motivi:
•
è costituita da due materiali accoppiati (mattoni e malta);
•
ai materiali che la costituiscono possono apportarsi rinforzi (fibre,
pannelli) e/o iniezioni (resine, boiacca);
•
i materiali componenti sono soggetti a grande disomogeneità, essendo
di provenienza naturale o creati senza nessun controllo di resistenza
come avviene ad esempio per il cemento armato;
•
il degrado del tempo può agire in maniera determinante oltre che imprevedibile;
•
in una stessa parete muraria si possono avere stratificazioni di materiali molto diversi fra loro;
•
non presenta caratteristiche di resistenza uguali nelle due (o tre) direzioni;
•
il comportamento non è certamente né elastico né lineare, e presenta
molte diversità tra trazione e compressione. La resistenza a trazione è
infatti molto bassa, così come quella a taglio in assenza di compressione (generalmente queste due resistenze vengono poste uguali fra
loro). La resistenza di taglio è, a causa dell’attrito interno, funzione
della tensione di compressione.
Ciò non toglie che si dovranno necessariamente determinare i valori
delle caratteristiche fisiche e meccaniche del materiale (peso specifico,
moduli elastici, ecc.) per poter effettuare le necessarie calcolazioni.
Il diagramma del legame costitutivo σ-ε, che nella realtà è una curva, può
essere semplificato come rappresentato in figura 2.2, in cui si è adottato
una bilatera (modello elastoplastico a compressione, elastofragile a trazione), in cui il tratto orizzontale schematizza la fase duttile, peraltro abbastanza ridotta.
Fig. 2.2
32
Capitolo 2 - Il Materiale “Muratura”
In caso di carichi ciclici, per maggiore sicurezza, si suppone nulla la resistenza a trazione della muratura. In tal caso, pertanto, si fa riferimento ad un
diagramma simile a quello della figura 2.2, ma privo del ramo inferiore.
Il modulo elastico viene determinato (vedi D.M. ‘87 all. 2 p. 2.1) considerando il modulo secante riferito all’intervallo 0.1 ⋅ f k − 0.4 ⋅ f k sulla
curva f − ε della prova di carico, come riportato nella figura 2.3.
Fig. 2.3
2.6 Tensioni di progetto
Per le tensioni di progetto si analizzerà solo quanto specificato per il calcolo agli Stati Limite, ritenendo i concetti legati a questo tipo di calcolo
sicuramente più attuali e proiettati verso il futuro. Inoltre nell’O.P.C.M.
3431 tale metodo è stato reso obbligatorio.
Resistenza di calcolo a compressione fd
Nel D.M. ‘87 la resistenza di calcolo a compressione fd è posta pari a:
f
fd = k
γm
laddove il coefficiente di sicurezza γm è posto pari a 3.
Occorre subito rilevare che invece nel T.U., in cui, come si è detto vengono riprese quasi totalmente le disposizione del D.M. ‘87, la resistenza
di calcolo a compressione fd viene posta pari a:
33
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
fd =
fk
γ m ⋅ γ Rd
dove:
γm = coefficiente parziale di sicurezza pari a 2, se gli elementi sono di
Categoria I, oppure 2.5 se gli elementi sono di Categoria II ovvero in
elementi naturali (l’appartenenza alla Categoria I e II è in funzione
della rispondenza ai parametri dettati al p. 11.9 dello stesso T.U.);
γRd = ulteriore coefficiente parziale di sicurezza, che tiene conto delle
incertezze nel modellare la resistenza; è concordato da Committente e Progettista, ed in ogni caso deve risultare maggiore o al più uguale ad 1.2 per le verifiche allo SLU.
Nell’O.P.C.M. 3431 viene stabilito che il coefficiente di sicurezza γm
venga assunto pari a 2.
Resistenza di calcolo a taglio fvd
Si fa notare che la resistenza di calcolo a taglio fvd, dipende da diversi
fattori. Innanzitutto, occorre determinare la resistenza caratteristica a
taglio misurata in assenza di compressione, indicata con fvko.
Per i motivi innanzi elencati (essenzialmente dovuti all’attrito interno),
va considerata anche la presenza di uno sforzo di compressione, per cui
la resistenza caratteristica a taglio è data da:
f vk = f vko + 0.4 ⋅ σ n
laddove con σn si indica la tensione normale media dovuta ai carichi
verticali nella sezione di verifica.
In ogni caso deve risultare:
f vk ≤ f vk ,lim = 1.4 ⋅ f bk
essendo fbk il valore caratteristico della resistenza degli elementi in direzione orizzontale e nel piano del muro. Nel caso di calcolo con
l’O.P.C.M. 3431 sussiste l’ulteriore limite:
f vk ≤ 1.5 N mm 2 .
34
Capitolo 3
Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
È di fondamentale importanza chiarire quale possa essere il comportamento ideale di un edificio in muratura al fine di concepire un modello attendibile per il calcolo.
La modellazione rappresenta un’ulteriore incertezza nel compito del tecnico progettista, il quale si trova spesso davanti ad edifici che sono “cresciuti” nel tempo con materiali e tecniche approssimative, con strutture
sovrapposte e/o affiancate le une con le altre, su situazioni planoaltimetriche talvolta di elevata complessità.
3.1 La concezione strutturale dell’edificio
Al p. 1.3 del D.M. ‘87 si suggerisce una schematizzazione dell’edificio
come “una struttura tridimensionale costituita da singoli sistemi resistenti collegati tra di loro e le fondazioni e disposti in modo da resistere
alle azioni verticali ed orizzontali. Detti sistemi sono:
a) Muri sollecitati prevalentemente da forze verticali;
b) Muri sollecitati prevalentemente da forze orizzontali;
c) Solai piani.”
Nella figura 3.1 i muri sollecitati prevalentemente da forze verticali
(muri portanti) sono indicati in colore più chiaro rispetto a quelli sollecitati prevalentemente da azioni orizzontali (muri di controvento).
35
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
fig. 3.1
Ai fini di un adeguato comportamento statico dell’edificio, tutti i muri
devono avere, per quanto possibile, sia la funzione portante che di controventamento.
Ai solai è invece affidato il compito di ripartire le azioni orizzontali dovute principalmente al sisma ed al vento, mediante la loro rigidezza nel
piano ed il corretto ancoraggio alle murature tramite cordoli di collegamento. Prescrizioni particolareggiate sulle dimensioni e l’armatura
minima dei cordoli, al fine di assicurare tale funzione ai solai, sono riportate al p. 1.3.1.1 del D.M. ‘87, cui si rimanda.
In ogni caso, il concetto guida posto alla base di una corretta concezione strutturale di un edificio in muratura è legato alla cosiddetta “scatolarità”: gli elementi resistenti, costituiti da due sistemi verticali di pareti
disposti generalmente secondo due direzioni mutuamente ortogonali e
da un sistema di elementi orizzontali (per lo più solai piani), devono essere efficacemente connessi, in modo da dar luogo ad un comportamento statico di natura scatolare, atto a resistere a sollecitazioni provenienti
da qualsiasi direzione. Tale concezione strutturale deve essere assicurata a tutti i piani e fornisce al fabbricato un’ottima resistenza d’insieme,
comprovata dal buon comportamento che hanno gli edifici in muratura,
anche in zona sismica, se correttamente costruiti.
Altra peculiarità richiesta ad una corretta progettazione è la simmetria
planimetrica dell’organismo. Infatti, essa, se correlata alla esistenza di
azioni orizzontali derivanti da un sisma, conduce alla eliminazione di
ogni moto torsionale, ottimizzando la risposta del fabbricato. È inoltre
opportuno eliminare le spinte di quegli elementi (volte, coperture, ecc.)
36
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
che per effetto dell’azione sismica potrebbero provocare il ribaltamento
delle murature, specie quelle perimetrali.
Un’analoga osservazione può essere prodotta per la distribuzione altimetrica degli elementi resistenti. Questi devono garantire l’uniformità
della capacità reattiva dell’edificio ai vari piani: l’interruzione di una
parete ad un livello inferiore è tale da indurre sollecitazioni aggiuntive
sui rimanenti elementi resistenti.
Questi concetti sono riproposti dalle varie normative in forma più o
meno simile; si veda ad esempio quanto esposto ai punti C.5.1, C.5.2,
C.9.5.1 del D.M. ‘96.
3.2 Elementi strutturali e loro modellazione
Si esamina ora in dettaglio la composizione della struttura ai fini di ottenere l’opportuna modellazione per trasmettere le necessarie informazioni ai codici di calcolo.
Un primo tipo di modello è quello che si adotta nel cosiddetto “dimensionamento semplificato” di calcolo. È stato introdotto col D.M. ‘87, ed
è possibile adottarlo per gli edifici per cui siano soddisfatti opportuni
requisiti geometrici. Questo modello è piuttosto semplice. Infatti, una
volta determinati i pesi delle strutture murarie e dei solai con i relativi
sovraccarichi, si può procedere alla calcolazione di una tensione di
compressione media da confrontare con la tensione ammissibile della
muratura, ridotta del 65%, anche per tener conto delle forze orizzontali
dovute al vento. In tal modo si possono così evitare le verifiche proprie
del D.M. ‘87 di cui si parlerà in seguito.
Questo semplice criterio, con delle prescrizioni maggiormente restrittive, lo si ritrova al p. C.5.2 del D.M. ‘96. Anche in questo caso è consentito omettere la verifica (sismica, in questo caso), mentre restano
obbligatorie le verifiche ai sensi del D.M. ‘87 e delle fondazioni.
Il modello di calcolo previsto per il metodo del “dimensionamento
semplificato” è piuttosto semplice e ridotto all’osso. Infatti, vengono
considerati solo sforzi di compressione ridotti per tenere in qualche
modo conto delle azioni orizzontali e confidando nelle regole tese alla
37
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
realizzazione della scatola muraria. Per l’applicazione di questo metodo
non è necessaria una definizione del modello strutturale e quindi gli elementi che lo caratterizzano sono piuttosto sfumati.
Partendo dall’elemento resistente denominato “maschio murario”, sono
stati sviluppati dei metodi via via più complessi per arrivare alla determinazione della resistenza dell’edificio alle forze orizzontali.
Vale la pena allora di soffermarsi bene sulla definizione di questo importante elemento strutturale che si è gia intravisto in figura 3.1.
fig. 3.2
Il modo più semplice per definire i maschi consiste nel prendere in considerazione le porzioni di muratura esistenti tra un’apertura e l’altra, la cui
altezza è pari all’altezza di interpiano. Si osservino le parti evidenziate in
figura 3.2. Tali elementi vengono schematizzati in modo d’avere rotazione impedita alla testa ed al piede e potendo subire solo una traslazione orizzontale, come si è già esaminato al paragrafo 2.5 in figura 2.1.
Questo schema può andare bene per edifici nuovi, nei quali le parti in
muratura sottostanti le finestre (fasce sottofinestra) o sovrastanti ad esse
(fasce soprafinestra) sono in genere di spessore più sottile per consentire l’alloggiamento dei radiatori e dei cassonetti degli avvolgibili.
Quando non ci si trova in presenza di queste situazioni, è sicuramente
più corretto valutare l’altezza del maschio come la parte compresa tra il
netto dell’apertura (vedi figura 3.3).
fig. 3.3
38
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
In figura 3.3 sono riportati in grigio più scuro le fasce ed in grigio più
chiaro le porzioni di muratura (i maschi) effettivamente resistenti.
Un caso più complesso, potrebbe essere la situazione in figura 3.4.
fig. 3.4
Un modo più raffinato per schematizzare una struttura in muratura parte
dalla schematizzazione a telai piani fatta nella Circolare 65/97. Infatti,
la Circolare ‘97 suggerisce di assimilare i maschi a dei pilastri, le fasce
sopra/sottofinestra a delle travi e le zone d’intersezione fra maschi e fasce a dei nodi a comportamento infinitamente rigido (vedi figura 3.5).
Questa schematizzazione è largamente suffragata anche dall’esperienza.
Si è notato, infatti, nella realtà, come, a seguito di eventi sismici di notevole entità, le zone dei “nodi” non vadano soggette a fessurazione che
invece si riscontrano sempre nelle zone dei maschi o delle travi.
fig. 3.5
39
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
La schematizzazione di cui in figura 3.5 ha sì il pregio della semplicità
e dell’immediatezza della soluzione matematica (basti pensare al calcolo in analisi modale o in campo non lineare), ma presenta anche molte
limitazioni, di seguito elencate.
40
•
Trattare degli elementi estesi su due dimensioni come monodimensionali non permette di mettere in luce quelle concentrazioni di tensioni che possono portare a crisi locali dei materiali. Ciò avviene ad
esempio in corrispondenza delle piattabande delle aperture, oppure in
corrispondenza di vani, nicchie e variazioni di spessore della parete.
Inoltre le imprecisioni di modellazione provocano una sovrastima
delle sollecitazioni così ottenute.
•
Le “aste” usate nella modellazione devono essere di materiale omogeneo.
Ciò non consente di esaminare il caso molto frequente in cui in un pannello vi sono diversità di materiali dovute a riquadrature, sarciture, ecc.
•
Molto spesso in telai ortogonali fra loro, i nodi, definiti come visto in
precedenza, non coincidono. Ciò obbliga a considerare un insieme di
tanti telai piani separati, mentre è oggi prassi comune servirsi di codici di calcolo che considerano un unico telaio spaziale. Inoltre si verifica spesso che la disposizione in pianta dei telai non è su maglie ortogonali ma generiche e che i telai non sono piani.
•
L’ultima limitazione, e probabilmente anche la più importante, è
quella dovuta al fatto che i casi presenti nella realtà degli edifici esistenti sono spesso impossibili da schematizzare a telai. Solo in edifici
nuovi (progettati tenendo conto di allineamenti fra le aperture, solai
piani non sfalsati, fondazioni aventi lo stesso piano di posa, ecc.), si
riesce a fare una corretta schematizzazione. Nel semplice caso di cui
in figura 3.4, ad esempio già ci si troverebbe in forte difficoltà
nell’applicare una schematizzazione a telaio.
•
Se a quanto finora visto si aggiungono tutta una serie di elementi che
possono essere presenti negli edifici anche di modesta importanza,
come nell’esempio di figura 3.6, ci si rende conto che una schematizzazione a telaio, quando possibile, comunque non fornisce nessuna
informazione su queste parti strutturali.
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
Fig. 3.6
Per ovviare alle limitazioni esaminate, proprie di una modellazione a telaio,
si può pensare di adoperare un solutore ad elementi finiti che consenta di
trattare anche elementi bidimensionali tipo “shell”. In tal modo tutto il problema viene sempre correttamente modellato, quale che sia la geometria,
consentendo di superare tutti i limiti precedentemente evidenziati.
fig. 3.7
41
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
In figura 3.7 viene proposta, a scopo puramente indicativo, una possibile schematizzazione di una facciata di un edificio a struttura muraria. I
tratti più marcati sono elementi “beam”, che sono connessi nei nodi ai
quali sono collegati anche gli elementi “shell”. Ogni elemento può avere caratteristiche di materiale, spessore, carico, ecc., completamente diverso dall’elemento ad esso contiguo.
Questa schematizzazione presenta vantaggi e svantaggi che ora si esamineranno.
42
•
È possibile conoscere le tensioni in ogni punto della struttura a scapito,
però, di una maggiore onerosità di calcolo rispetto ad un semplice telaio.
•
Occorre ricondurre il calcolo dei maschi ad elementi “beam” per poter effettuare le verifiche secondo quanto previsto dal D.M. ‘87 oppure dall’O.P.C.M. 3431, dal momento che esse sono formulate in queste ipotesi. In altre parole, occorre integrare opportunamente le tensioni su delle sezioni predefinite (vedi figura 3.8) per poter risalire ai
valori delle caratteristiche della sollecitazione interna M, T, N con cui
effettuare le verifiche. Ciò è evidentemente oneroso, e potrebbe sembrare “antieconomico” effettuare calcoli così complessi per ritornare
di nuovo a valori che si sarebbero potuti calcolare per altra via. Non
si deve dimenticare però che ora si conoscono localmente i valori delle tensioni in ogni punto della struttura ed anche in zone che altrimenti si sarebbero dovute considerare come “rigide” (i nodi), ma che rigide non sono. Inoltre, sono ora noti i valori delle sollecitazioni anche
nelle piattabande, nei cordoli, ecc. Ciò automaticamente implica che è
possibile inserire nella struttura anche elementi “beam” (travi e pilastri portanti), presenti in strutture miste.
•
Il calcolo della struttura viene ristretto alla fase elastica, trascurando
le riserve plastiche che invece nella muratura possono fare realmente
la differenza. In altre parole, per effettuare un calcolo in cui la struttura viene spinta in fase plastica (come si fa nel POR per intendersi, o
più in generale nell’analisi non lineare), occorre avere a disposizione
un solutore ad elementi finiti, che tenga conto del comportamento elastoplastico del materiale muratura e la sua limitata resistenza a trazione. Queste limitazioni restringono realmente la possibilità di effettuare tale tipo di calcolo in quanto pochi solutori, per giunta di costo
elevato, possono affrontare questo problema. Fortunatamente, comin-
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
ciano ad affacciarsi sulla scena solutori a costo accessibile che implementano queste prestazioni, per cui è auspicabile che, in un futuro
non troppo lontano, tali performance siano a disposizione di tutti i
tecnici. È evidente che tale tipo di calcolo rappresenta lo stato
dell’arte in materia. Infatti, applicare un calcolo tipo pushover ad un
edificio in muratura ridotto a telaio può essere fuorviante.
fig. 3.8
3.3 Le azioni sugli edifici
La determinazione delle azioni da considerare su una struttura dipendono da fattori obiettivi, quali ad esempio i carichi agenti, e da altri fattori
discrezionali, quali la normativa adottata e il modello strutturale (considerare o meno la presenza di un solaio infinitamente rigido nel proprio
piano porta a risultati differenti).
Ai fini delle verifiche da effettuare ai sensi del D.M. ‘87 occorre valutare i carichi agenti con le loro eccentricità.
I carichi verticali agenti possono derivare dall’appoggio dei solai,
dall’appoggio dei balconi, dalla soletta di una scala o da altri carichi
verticali di natura generica (parapetti, scarichi di coperture in legno,
ecc.). Ognuno di essi è dotato di una propria eccentricità. Ad esempio i
carichi da strutture orizzontali avranno eccentricità pari ad 1/6 della larghezza del muro (vedi figura 3.9), mentre, per quelli di natura generica
dipende da caso a caso.
43
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
fig. 3.9
Nella figura 3.9 si vede come il carico vada considerato “ricentrato” al
piede del muro, e come si distribuisce la pressione dei solai sul muro in
sommità. Ciò è stabilito anche al p. 2.2.1.2 del D.M. ‘87. Naturalmente,
in caso di appoggio simultaneo di più solai (vedi figura 3.10) va calcolata l’eccentricità risultante.
fig. 3.10
L’eccentricità totale dei carichi verticali vale:
es = es1 + es 2
dove:
es1: eccentricità dovuta alla posizione del muro del piano superiore rispetto al piano medio del muro da verificare:
N1 ⋅ d1 ;
es1 =
N1 + ∑ N 2
es2: eccentricità delle reazioni di appoggio dei solai soprastanti la sezione di verifica:
N2 ⋅ d2 .
es 2 =
N1 + ∑ N 2
44
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
Un’altra eccentricità da considerare è quella dovuta a tolleranze di esecuzione, indicata con ea, che viene assunta pari a:
H .
ea =
200
L’eccentricità da vento ev, dovuta alla pressione che agisce ortogonalmente al piano medio della parete è data dal rapporto Mv/Nv, laddove
Mv è il momento massimo dovuto al diagramma delle pressioni e Nv è
lo sforzo normale nella sezione in cui si attinge Mv. Se si suppone costante il diagramma delle pressioni e si considera il muro articolato a
cerniera ai due estremi (vedi figura 3.11), il momento massimo si verificherà al centro del muro e sarà pari a:
h2 .
pv ⋅
8
Si fa qui notare che lo schema dell’articolazione, cioè dei setti murari
incernierati alla testa ed al piede, è espressamente previsto dal D.M. ‘87
per motivi di semplicità operativa.
Con queste eccentricità parziali si possono calcolare quelle definitive e1
ed e2 da adottare per le verifiche, la prima nelle sezioni di estremità e la
seconda per la sezione in cui è massimo Mv:
e
e1 = e s + e a
e2 = 1 + eν
2
fig. 3.11
45
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
Per l’applicazione del metodo agli Stati Limite, occorre considerare tre
combinazioni di carico:
1. Combinazione A: azione di base + carichi variabili
Fd = 1.5 ⋅ Gk + 1.5 ⋅ (ψ ⋅ Qk + 0.75 ⋅Wk )
2. Combinazione B: azione di base + vento
Fd = 1.5 ⋅ Gk + 1.5 ⋅ (Wk + 0.60 ⋅ Qk )
3. Combinazione C: azione di base + vento senza carichi variabili
Fd = GK + 1.5 ⋅ Wk
dove:
Gk: carichi permanenti;
Qk: carichi variabili;
Wk: forza orizzontale dovuta al vento;
ψ: coefficiente che vale 1 per le coperture ed i primi due solai più caricati, 0.9, 0.8, …, 0.5 per i solai successivi (e che cautelativamente può porsi sempre pari a 1).
Con queste azioni si effettuano le verifiche nelle sezioni di sommità e di
mezzeria, tralasciando quella al piede in quanto in essa le eccentricità si
suppongono nulle in virtù dello schema dell’articolazione.
Oltre al vento si possono avere altre azioni orizzontali quali ad esempio
la spinta di un terrapieno, che può essere trattata in maniera analoga a
quella del vento, e le spinte esercitate da parti strutturali quali tetti e
volte. È forse superfluo ricordare come dette spinte debbono essere eliminate con opportuni sistemi costruttivi.
Altra importante famiglia di azioni sono, evidentemente, quelle di natura sismica. È abbastanza noto il processo con cui esse vengono calcolate (si ricorda che esse sono legate alle masse dei vari impalcati ed alla loro quota).
Si rimanda il lettore ai volumi precedenti di questa stessa collana, dove la
problematica del calcolo delle forze sismiche è stata trattata diffusamente.
Si vogliono qui, invece, trattare gli aspetti legati alla ripartizione di tali
forze orizzontali in funzione delle peculiarità delle strutture in muratura.
Ad esempio al p. C.5.1 c), del D.M. ‘96 viene indicato come i solai
debbano assolvere alla funzione di ripartizione delle azioni orizzontali
(vento, sisma) tra i muri maestri ricordando che i solai devono avere ca46
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
ratteristiche tali da comportarsi come dei diaframmi infinitamente rigidi
nel proprio piano. Tale circostanza, soprattutto per le vecchie costruzioni, può risultare lontano dal vero. Infatti, solai in legno oppure realizzati
in putrelle con voltine, con caldane inesistenti e soprattutto in assenza
di cordoli di collegamento, si incontrano frequentemente nelle ristrutturazioni, per cui se nel modello di calcolo è stato previsto il comportamento a diaframma rigido (come ad esempio nel modello POR), il tecnico dovrà adottare i provvedimenti costruttivi atti ad assicurare questo
tipo di comportamento. Del resto, come indicato al p. C.9.5.1 del D.M.
‘96, qualora non vi fosse un’adeguata rigidezza ed un buon collegamento, si opererà senza tener conto dell’effetto di ripartizione del solaio fra
le strutture di controvento. Ciò vuol dire semplicemente distribuire in
maniera diversa le forze orizzontali fra gli elementi (ad esempio in proporzione alle masse) senza avere, per altro, nessuna influenza sul valore
della forza stessa. In questo caso, sempre con riferimento al metodo
POR, non potendo contare sull’effetto di ripartizione del solaio, la verifica si dovrà arrestare non appena il primo setto andrà in crisi. Naturalmente, l’assenza di determinate caratteristiche può rendere come più appropriato un metodo di soluzione anziché un altro: deve essere infatti chiaro
che l’infinita rigidezza dei solai è un’ipotesi semplificativa, in quanto
consente di esaminare un piano in maniera indipendente dagli altri.
Sempre per rimanere nello stesso p. C.9.5.1, dovranno essere effettuate delle verifiche alle forze ortogonali al piano del muro, considerando ad ogni
livello una forza sismica proporzionale al peso gravante su ogni parete per
il coefficiente sismico, come in seguito specificato. L’ultimo comma del p.
C.9.5.1 recita: “le pareti potranno essere considerate vincolate ai solai se
è accertata l’efficacia dei collegamenti”; in caso contrario dovrà essere
considerata l’ipotesi molto più penalizzante di pareti a tutta altezza per le
quali la verifica a ribaltamento risulta difficilmente soddisfatta.
Anche per la trattazione dei solai infinitamente rigidi o meno nel proprio piano si rimanda agli altri volumi di questa collana.
Al p. B.8.2 viene riportata l’espressione per il calcolo delle sollecitazioni dovute ai carichi verticali combinati con le azioni sismiche. Poiché il
problema è stato trattato diffusamente in altro volume di questa collana,
si ricorderà semplicemente la formula, in cui le sollecitazioni dovute ai
47
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
carichi verticali α‘p si sommano a quelle sismiche α moltiplicate per il
coefficiente γE (che viene posto pari a 1 nel caso della muratura come
chiarito al p. C.5.2 della Circolare 65/97):
α 'p ± γ E ⋅ α
in cui:
α 'p = γ g ⋅ Gk + γ p ⋅ Pk + γ q ⋅ Q1k + [∑ (ψ 0i ⋅ Q1k )]
con il noto significato attribuito ai vari simboli.
Nel caso si adotti l’O.P.C.M. 3431, (si ricorda che l’osservanza del D.M.
‘87 permane) le azioni verticali vanno combinate con quelle sismiche secondo le indicazioni di cui al p. 3.3. Al p. 4.4, riguardante la modellazione, si ritorna sul concetto del modello strutturale costituito da pareti collegate da un piano infinitamente rigido. In questo caso è ancora più importante assicurarsi l’effettivo funzionamento di questa membratura, dal
momento che dovranno essere considerate azioni torcenti aggiuntive dovute all’eccentricità accidentale in aggiunta a quella effettiva.
3.4 La verifica sismica globale degli edifici in muratura
Tornando allo schema scatolare già illustrato, si approfondirà ora il
comportamento globale dell’edificio con riferimento alla sua risposta
sismica. Successivamente si esamineranno i meccanismi locali.
Il comportamento degli elementi resistenti (maschi) costituenti gli edifici in muratura sottoposti ad azioni orizzontali, nell’ipotesi di solai infinitamente rigidi, come già visto, è di tipo prevalentemente tagliante:
l’azione è affidata prevalentemente alle pareti di controvento, disposte
cioè nel verso dell’azione orizzontale. Il meccanismo fondamentale è
quello esaminato al p. 2.5, e le ipotesi di base in esso riportate hanno
consentito di mettere a punto una serie di procedimenti matematici più
o meno complessi per la determinazione della resistenza dell’edificio
alle forze orizzontali e che ora verranno descritti.
La verifica consisterà pertanto nel calcolare le azioni sismiche ad ogni
livello e controllare che, piano per piano, esse siano inferiori alla resistenza che può sviluppare l’edificio al limite ultimo.
48
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
Fra i vari metodi che si illustreranno, si sceglierà quello più appropriato,
in funzione della geometria dell’edificio. Ad esempio, nel caso di edificio basso e tozzo, la metodologia più indicata non sarà la stessa da adottare in caso di edifico alto e snello.
3.5 Il metodo VeT – Verifica a Taglio semplificata
Se si è in presenza di un edificio regolare con pareti disposte simmetricamente in pianta rispetto alle due direzioni principali, e che hanno uno
sviluppo regolare anche in altezza (altezza di interpiano e pesi di piano
costanti), caricato in maniera pressoché uniforme, si può supporre con
sufficiente probabilità che non vi saranno rotazioni degli impalcati. Se
questi ultimi sono, inoltre, sufficientemente rigidi, si può ricorrere ad un
metodo estremamente semplificato (metodo VeT), secondo il quale la
resistenza totale di un piano in una certa direzione sarà pari alla somma
delle resistenze (valutate come indicato al p. 2.6) dei setti orientati secondo la direzione in esame.
In realtà, si preferisce calcolare il coefficiente d’intensità sismico “C”
dato dal rapporto tra la forza sismica agente ad un certo livello (calcolata anch’essa in maniera semplificata ipotizzando solai uniformemente
caricati) e la resistenza del piano calcolata come sopra. Questo metodo
diventa pertanto la misura del massimo coefficiente sismico che è in
grado di sopportare la struttura. Poiché tale valore varia piano per piano, il coefficiente “C” dell’edificio sarà assunto pari al minore fra quelli
determinati per i vari piani.
Si sottolinea che questo metodo fornisce solo un ordine di grandezza
della resistenza dell’edificio, per cui è sempre consigliabile impiegare
altre metodologie più attendibili. Tale metodo è stato qui citato poiché è
stato introdotto nell’applicazione delle Direttive Tecniche per
l’attuazione della L. 61/98 ed è stato usato ampiamente per calcolare il
cosiddetto coefficiente “C convenzionale”, che è alla base per la definizione della classe di vulnerabilità degli edifici danneggiati.
Le stesse Direttive restringono l’applicabilità di questo metodo alla
progettazione di edifici con due piani al massimo, con maschi murari
49
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
aventi continuità in elevazione, con irregolarità in pianta contenute entro determinati limiti.
È infine opportuno sottolineare che con questo metodo non si tiene in
conto in alcun modo del comportamento globale dell’edificio, proprio
per le ipotesi di regolarità che stanno alla base della sua applicabilità.
3.6 Il metodo POR
Alla base della formulazione di questo metodo vi sono, al solito, una serie di osservazioni sul comportamento elasto-plastico dei pannelli murari come visto al p. 2.5; ciò comporta un procedimento di tipo iterativo
per tenere conto della non-linearità del materiale.
Questo metodo è valido assumendo l’ipotesi di piano infinitamente rigido, per cui è possibile studiare un impalcato in maniera indipendente
dagli altri, fatta eccezione, beninteso, per le azioni verticali trasmesse
dai piani soprastanti a quello in esame.
Si veda ora l’applicazione del metodo POR ad un impalcato con una disposizione in pianta dei maschi murari generica ma paralleli alle due direzioni principali X e Y (vedi figura 3.12).
La rigidezza del singolo pannello nel suo piano è calcolata con la seguente relazione:
K=
1
h3
1.2 ⋅ h
+
12 ⋅ E ⋅ I G ⋅ A
=
1
2
h  1  h  1.2 
⋅
⋅  +
L⋅t  E  t 
G 


dove:
G, E: moduli elastici del materiale;
=
G ⋅ L⋅t
2

G  h  

h ⋅ 1.2 + ⋅  

E t 


A, I: rispettivamente, area ed inerzia della sezione;
h, t, L: rispettivamente, altezza, spessore e lunghezza della parete.
Si noti che nella relazione di cui sopra, il termine flessionale prevale su
quello tagliante a seconda del rapporto h/t.
Si applichi ora nel baricentro delle masse G, una forza F orizzontale crescente, ad esempio parallela all’asse X, e si misuri la deformazione di ogni
50
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
pannello di controvento (contrassegnati con i numeri 1, 2, 3, 4 in figura
3.12). Se si trascura la rigidezza offerta dai pannelli ortogonali alla forza, si
avrà che per valori bassi di F tutti i maschi si troveranno in campo elastico.
fig. 3.12
A causa della disposizione generica dei setti in pianta e delle dimensioni
(e quindi delle rigidezze) diverse fra loro, l’impalcato ruoterà intorno al
baricentro delle rigidezze R. Si riscontrerà che non tutti i pannelli avranno
lo stesso spostamento e lo stesso grado di impegno della loro resistenza.
In altre parole, alcuni di essi potranno trovarsi più prossimi allo snervamento rispetto ad altri, finché, per un determinato valore di F, uno di essi
raggiungerà il limite elastico (talvolta, ma è raro, anche più di uno contemporaneamente). Ad esempio, nello stesso istante, per i quattro setti in
direzione X dell’edificio in esame, si potrà avere un andamento del tipo
in figura 3.13, dove sulle ascisse sono riportate le deformazioni dei maschi e sull’ordinata le reazioni esplicate. Come si può ben vedere dalla figura 3.13, il maschio n. 4 ha raggiunto per primo il limite elastico.
fig. 3.13
Il valore di F misurato in questo istante, somma dei contributi dei vari
maschi, rappresenta la resistenza (reazione) dell’edificio al Limite Elastico. Gli altri pannelli non hanno però ancora sviluppato la loro mas51
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
sima resistenza, trovandosi al disotto della soglia plastica. Se si continuasse quindi a far crescere la forza F, il pannello già plasticizzato continuerà a fornire lo stesso contributo di resistenza ma nel contempo si
attingerà alle riserve di resistenza degli altri pannelli ancora in campo
elastico. Incrementando ancora la forza si arriverà alla crisi del primo
pannello, con conseguente decadimento della resistenza offerta
dall’edificio, per cui il procedimento si arresta. Si dice che a questo
punto si è raggiunto il Limite Ultimo e quindi si è determinata la massima reazione esplicabile dall’impalcato in esame.
Riportando in un diagramma quanto ora esposto si otterrà un andamento analogo a quello riportato in figura 3.14.
fig. 3.14
Nel diagramma in figura 3.14, sull’asse delle ascisse sono riportati gli
spostamenti δ subiti dal baricentro G dell’edificio (preso come punto di
riferimento), mentre sulle ordinate è possibile leggere la misura della
forza reattiva al Limite Elastico δe ed al Limite Ultimo δu.
Per completezza di trattazione, si menziona l’esistenza anche di un limite intermedio, detto Limite di Fessurazione, che sopravviene non appena un pannello raggiunge lo spostamento δ f = 1.2 ⋅ δ e che coincide con
la formazione delle prime fessure.
Il procedimento previsto dal metodo POR, schematicamente esposto per la
direzione X, va ripetuto anche per la direzione Y. Se lo si reitera per una serie di direzioni intermedie, ad esempio ogni 15°, si possono ottenere una serie di punti che rappresentati in un diagramma di tipo polare forniscono il
dominio di resistenza dell’edificio, come mostrato in figura 3.15.
52
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
fig. 3.15
Per ogni direzione e per ciascun impalcato, la forza reattiva così ottenuta al Limite Ultimo va confrontata con il tagliante di piano agente al livello dell’impalcato considerato. Se la reazione è sempre maggiore del
tagliante, il livello è verificato, e ciò deve essere vero per tutti i livelli
dell’edificio. Di norma tale verifica va effettuata solamente nelle due
direzioni principali X ed Y.
Nel caso la verifica non fosse soddisfatta, si provvederà a consolidare
con opportuni provvedimenti (iniezioni, pannellatura sandwich, tiranti,
FRP, ecc.) i pannelli che per primi vanno in crisi e quindi si reitererà il
calcolo con i nuovi valori della resistenza dei pannelli migliorati.
Occorre ora specificare i limiti di tale procedimento. Oltre al fatto che i
solai devono presentare caratteristiche di grande (infinita) rigidezza nel
proprio piano, l’edificio deve essere anche basso e tozzo. Si è notato infatti che per questi edifici, la crisi avviene per i maschi, nell’accezione
definita in precedenza, che sono sollecitati prevalentemente da sforzi di
taglio. Edifici alti e snelli sono invece caratterizzati dalla crisi delle fasce piuttosto che dei maschi, per cui occorre un algoritmo di risoluzione
che tenga conto di questa eventualità. Quanto appena detto si verifica,
spesso, per edifici nuovi, nei quali c’è un assottigliamento delle fasce sopra e sottofinestra per l’alloggiamento delle tapparelle e dei radiatori. A
tal proposito, la Circolare ‘81 al p. 3.1.1 suggerisce, per quest’ultima tipologia di edifici, di calcolare le pareti assimilandole a telai piani (oppure
secondo una modellazione ad elementi shell) limitandosi alla sola fase elastica, trascurando così le riserve post-elastiche a vantaggio di sicurezza.
53
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
Altra osservazione è che limitando l’analisi piano per piano, si perde di
vista quello che potrebbe accadere all’edificio nella sua interezza, cioè,
al limite, un ribaltamento.
Dato che i maschi possono andare in crisi anche per altri tipi di meccanismo, occorrerà prendere in considerazione nelle verifiche anche le altre possibilità di rottura, per taglio-scorrimento ed al ribaltamento, oltre
che quella per fessurazione diagonale richiamata al p. 2.6. Di ciò se ne
parlerà diffusamente nel capitolo dedicato alle verifiche.
3.7 Il metodo PORFLEX
Al paragrafo precedente si sono visti i punti critici del metodo POR, che
può essere fuorviante per determinati tipi di edifici. Per superare tali limitazioni dovute all’applicazione del metodo POR, si sono introdotte
alcune ipotesi, quali la deformabilità a flessione e taglio delle strisce e
la possibilità di collasso dei maschi anche per flessione e non solamente
per taglio. Si immagini infatti di avere una parete di un edificio abbastanza snella, sottoposta ad azioni orizzontali per ogni impalcato, come
quella in figura 3.16.
fig. 3.16
Si comprende facilmente come la componente flessionale sia notevole e
come i “pilastri” estremi siano sottoposti a notevoli variazioni di sforzo
normale.
54
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
L’applicazione del metodo PORFLEX è step by step e prevede una serie
di ipotesi alla base. Innanzitutto la struttura viene schematizzata considerando quali zone deformabili sia le strisce che i maschi, collegati fra loro
da zone rigide (in pratica le parti deformabili sono quelle a contatto delle
aperture). La schematizzazione è molto simile a quanto esaminato in figura 3.5, con la differenza che il procedimento viene eseguito piano per piano e solo per la striscia in testa ai maschi. È da notare che la presenza del
piano infinitamente rigido è ancora necessaria per la trattazione matematica del problema. Le strisce vengono comunque considerate infinitamente rigide a compressione, anche se non infinitamente resistenti.
Inizialmente il vincolo dei maschi si suppone sia l’incastro scorrevole,
analogamente a quanto visto per il metodo POR.
Il procedimento si articola nei seguenti passi:
•
Si impone uno spostamento prefissato al baricentro delle rigidezze.
•
In funzione dello spostamento impresso, si calcolano le sollecitazioni
nelle strisce; se la striscia va a collasso il vincolo che essa esercita sul
maschio diverrà una cerniera.
•
Si calcolano le sollecitazioni nei maschi e si effettua la verifica. Qualora fosse cambiato il vincolo del maschio, la deformazione di esso
non coinciderà più con lo spostamento calcolato precedentemente e
sarà cambiata anche la posizione del baricentro delle rigidezze. Occorrerà allora in tal caso incrementare lo spostamento e reiterare il
procedimento.
•
Ad ogni passo del procedimento è necessario riverificare tutti gli elementi, fino a quando non si verifica una situazione di collasso per
un maschio murario.
Il maschio potrà quindi collassare per:
•
taglio, se non vengono superate le tensioni massime di compressione;
•
flessione (compressione/trazione), se le tensioni massime di compressione vengono superate prima delle tensioni di scorrimento.
Il metodo PORFLEX, considerando dei meccanismi che nel POR vengono trascurati, risulta più cautelativo, ma presenta pur sempre il limite
di operare impalcato per impalcato.
55
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
3.8 L’analisi modale
Al p. 8.1.5.3 dell’O.P.C.M. 3431, riprendendo quanto già esposto in
maniera generale al p. 4.5.3, si sancisce che “l’analisi modale, associata allo spettro di risposta di progetto, è da considerarsi il metodo normale per la definizione delle sollecitazioni di progetto”.
Da un punto di vista teorico la metodologia è stata esaminata in altri volumi di questa collana, per cui essa non sarà ripetuta; si discuterà invece
del modello di calcolo da esaminare.
Un primo modello è quello in cui l’edificio viene assimilato ad un insieme di telai equivalenti, come in figura 3.5. Intorno ai pregi ed ai difetti di
questa modellazione si è ampiamente discusso al precedente p. 3.2. Il
problema nasce soprattutto, quando si debba esaminare l’edificio nella
sua tridimensionalità, come nel caso che si sta esaminando.
Si vuole allora proporre una modellazione diversa, che ha il pregio di
essere molto semplice ed allo stesso tempo consente, con buona precisione, la schematizzazione di edifici aventi qualsiasi configurazione.
In particolare, si è immaginato che ogni parete muraria possa essere
schematizzata come una mensola incastrata al piede. I solai, pensati
come infinitamente rigidi, collegano spazialmente tali mensole. In altre
parole, si sono fatte due ipotesi: l’esistenza di solai infinitamente rigidi
nel proprio piano e fasce anch’esse infinitamente rigide, analogamente
a quanto ipotizzato nel metodo POR.
Con questo modello, sicuramente migliorabile, ma piuttosto ben approssimato, è possibile effettuare un calcolo con un solutore ad elementi
finiti in analisi dinamica come richiesto dall’O.P.C.M. 3431.
Si passa ora ad esaminare con maggiore dettaglio la modellazione di tali
mensole (vedi figura 3.17). Si traccia l’asse della parete e si creano su
di esso dei nodi in corrispondenza dei solai. Mediante dei bracci rigidi
si possono collegare le estremità superiori/inferiori dei maschi murari
ricavati dal pannello.
56
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
fig. 3.17
Lo schema di un edificio, utilizzando tale modellazione potrà essere
qualcosa di simile a quanto rappresentato in figura 3.18.
fig. 3.18
Sia con la schematizzazione a telai che con la schematizzazione proposta, viene chiaramente considerata la spazialità del problema, come ad
esempio le interazioni di tipo torsionale.
3.9 L’analisi statica non lineare
Finora sono stati trattati i metodi precedentemente esposti in maniera descrittiva perché è molto facile reperire informazioni approfondite al tal riguardo. Per quanto riguarda invece l’analisi statica non lineare, si preferisce
qui trattarla compiutamente, per far sì che si acquisti familiarità con essa nel
più breve tempo possibile, configurandosi essa come “il POR del domani”,
nel senso che presto essa sarà a disposizione di tutti i tecnici grazie alla diffusione di strumenti software ed hardware potenti e a basso costo.
57
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
3.9.1 Gli aspetti normativi
L’O.P.C.M. 3431 indica al p. 4.5.4.1 il calcolo in analisi statica nonlineare come una delle possibili strade, e recita: “L’analisi statica non
lineare consiste nell’applicare all’edificio i carichi gravitazionali ed un
sistema di forze orizzontali che, mantenendo invariati i rapporti relativi
fra le forze stesse, vengano tutte scalate in modo da far crescere monotonamente lo spostamento orizzontale di un punto di controllo sulla
struttura (ad esempio un punto in sommità dell’edificio), fino al raggiungimento delle condizioni ultime”.
Gli scopi del calcolo non-lineare possono essere:
•
valutare i rapporti di sovraresistenza αu/α1 di cui ai punti 5.3.2,
6.3.3, 7.3.3 e 8.1.3;
•
verificare l’effettiva distribuzione della domanda inelastica negli edifici progettati con il fattore di riduzione q;
•
come metodo di progetto per gli edifici di nuova costruzione sostitutivo dei metodi di analisi lineare;
•
come metodo per la valutazione della capacità di edifici esistenti.
Gli ultimi due punti sono di maggior interesse per questa trattazione.
Allo stesso p. 4.5.4.1 viene indicato sinteticamente il procedimento, che
si articola nei passi seguenti:
•
determinazione di un legame forza-spostamento generalizzato tra la
risultante delle forze applicate (“taglio alla base” Fb) e lo spostamento dc di un “punto di controllo”, usualmente scelto come il baricentro dell’ultimo piano;
•
determinazione delle caratteristiche di un sistema ad un grado di libertà a comportamento bi-lineare equivalente;
•
determinazione della risposta massima in spostamento di tale sistema
con utilizzo dello spettro di risposta elastico;
conversione dello spostamento del sistema equivalente determinato
come sopra nella configurazione deformata effettiva dell’edificio e
verifica della compatibilità degli spostamenti (elementi/meccanismi
duttili) e delle resistenze (elementi/meccanismi fragili).
•
In particolare, sempre al p. 4.5.4.1, per la muratura viene specificato che:
58
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
“Per gli edifici in muratura il metodo prevede solo una verifica globale
in spostamento, e non le verifiche nei singoli elementi. Le proprietà
degli elementi possono essere basate, salvo diversa indicazione, sui valori medi delle proprietà dei materiali”.
In altre parole, si ritengono superflue alcune delle verifiche che verranno
esaminate nel prossimo capitolo 4, anche se dovranno essere sempre effettuate quelle ai sensi del D.M. ‘87 quali verifiche locali in fase non sismica.
Al p. 4.5.4.2 si indica che all’edificio devono essere applicate almeno
due distinte leggi di distribuzione delle forze orizzontali, applicate ai
baricentri delle masse di ciascun piano, di cui:
•
una distribuzione di forze proporzionali alle masse;
•
una distribuzione di forze proporzionali al prodotto delle masse per la
deformata corrispondente al primo modo di vibrazione.
Tutti i passi dell’analisi devono essere eseguiti per entrambe le distribuzioni di forze eseguendo le verifiche di duttilità e di resistenza di ciascun elemento/meccanismo per la distribuzione più sfavorevole.
L’analisi deve essere spinta fino al superamento dello stato limite oggetto della verifica. In tal modo, allo SLU l’analisi dovrebbe procedere
fino al collasso della struttura, mentre allo SLD l’analisi deve essere finalizzata a controllare i “drift” di piano (spostamenti di interpiano).
Il diagramma risultante ha nelle ascisse lo spostamento del nodo di controllo e nelle ordinate il taglio alla base.
In realtà, per la muratura si procederà secondo quanto indicato al p.
8.1.5.4, in seguito riportato.
Questi punti ora elencati saranno esaminati in dettaglio, essendo abbastanza “ricchi” di contenuti tecnici.
3.9.2 Il modello strutturale e l’applicabilità dell’Analisi Statica non Lineare
Si passa ora ad esaminare quanto indicato al capitolo 8 dell’O.P.C.M.
3431 che riguarda in maniera specifica la muratura.
Il p. 8.1.5.4 recita: “Il modello geometrico della struttura potrà essere
conforme a quanto indicato nel caso di analisi statica lineare ovvero utilizzando modelli più sofisticati purché idonei e adeguatamente documentati”.
59
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
Per quanto riguarda l’analisi statica lineare, ci si riferisce al p. 8.1.5.2 in
cui si parla di modelli con piano infinitamente rigido ed altre caratteristiche, anche se, evidentemente, il legislatore non ha voluto escludere
modelli più sofisticati.
Il p. 8.1.5.2, che si consiglia di leggere per intero, recita: “(L’analisi statica lineare) è applicabile nei casi previsti al punto 4.5.2, anche nel caso di edifici irregolari in altezza, purché si ponga il coefficiente λ = 1
…(omissis)”.
In sostanza, dunque, va considerato un coefficiente λ pari a 1 anziché
0.85. Il senso di questa indicazione è che si può estendere l’analisi statica lineare anche agli edifici non regolari a patto che si applichi una distribuzione di forze più elevata.
A questo punto però viene lecito chiedersi se questa disposizione può
applicarsi anche per l’analisi statica non lineare. È importante, come
prima cosa, far notare che nella prima stesura dell’Ordinanza (Bozza
3274) ciò veniva esplicitamente consentito, tramite un passo al p.
4.5.4.1, che poi è stato omesso nello stesso punto della stesura definitiva della 3431, e che recitava:
“Le prescrizioni contenute nelle presenti norme si applicano agli edifici
che soddisfino le condizioni di regolarità in pianta ed in altezza di cui
al p. 4.3. Il metodo (analisi statica non lineare) può essere esteso ad edifici non regolari purché si tenga conto dell’evoluzione della rigidezza e
corrispondentemente delle forme di vibrazione conseguenti allo sviluppo delle deformazioni inelastiche (metodi evolutivi). Le modalità di tale
estensione, che dipendono dalla configurazione geometrica e meccanica specifica dell’edificio in esame, devono essere adeguatamente documentate”.
Si paventava, in altre parole, un procedimento del tipo:
60
•
si assegna una distribuzione di forze proporzionale al primo modo di
vibrazione e la si fa crescere fino alla formazione della prima cerniera
plastica;
•
si calcola una nuova distribuzione delle azioni funzione della nuova
geometria e dell’evoluzione della rigidezza della struttura;
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
•
si fa crescere la distribuzione di forze fino alla formazione di una seconda cerniera;
•
si procede come visto in precedenza fino al collasso della struttura.
Nell’O.P.C.M. 3431 la tabella 11.5.1 consente, per gli edifici esistenti
in muratura, la possibilità di adozione del metodo dell’analisi statica
non lineare in tutti i casi, a prescindere dal Livello di Conoscenza, e
nulla indica in merito alla regolarità strutturale.
3.9.3 La costruzione delle distribuzioni di forza da considerare
Al p. 8.1.5.4 (che riprende integralmente il p. 4.5.4.2) si legge:
“…(omissis). L’analisi dovrà essere effettuata utilizzando almeno due
distinte distribuzioni di forze orizzontali, applicate ai baricentri delle
masse a ciascun piano: una di forze proporzionali alle masse ed una di
forze proporzionali alla distribuzione delle forze modali corrispondenti
al primo modo di vibrazione nella direzione considerata; quest’ultima
potrà essere approssimata dalla distribuzione da utilizzarsi per
l’analisi statica lineare (punto 4.5.2)”.
La parola “almeno” che compare nel testo appena citato, nasconde un
concetto importante: il calcolo è molto influenzato dalla distribuzione di
forze che si sceglie.
Questo comporta che, soprattutto quando la struttura sia non regolare,
l’opportunità di scegliere ulteriori distribuzioni di forze che rispecchiano le distribuzioni risultanti da modi di vibrazione superiori al primo.
Del resto ciò è vero anche per l’analisi statica lineare; è per questo motivo che, ad esempio, per strutture in cemento armato non regolari si
opera con l’analisi modale.
Si passa ora ad esaminare come si costruiscono tali distribuzioni di forze.
Innanzitutto, occorre calcolare le masse mi dei singoli impalcati. Riprendendo un esempio riportato nel testo “Criteri di Progettazione Antisismica
degli edifici” [L. Petrini, R. Pinho, G.M. Calvi - Ed. IUSS Press 2004], si
suppone che le masse siano pari a 55 t, 54 t e 54 t rispettivamente per il 3°,
2° e 1° impalcato. La massa totale dei vari impalcati è pari a 163 t.
61
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
La I distribuzione di forze dovrà essere proporzionale a tali masse omogeneizzate rispetto alla massa totale. Per cui la distribuzione di forze da
far crescere monotonamente dovrà essere proporzionale ai coefficienti
calcolati come nella seguente tabella 3.1:
Tab. 3.1
Piano i
Massa mi [t]
mi/∑mi
3
55
0.3374
2
54
0.3313
1
54
0.3313
∑
163
1
La II distribuzione dovrà essere invece proporzionale ai coefficienti Φ,
rappresentativi del primo modo di vibrazione della struttura normalizzati
(vedi 1° comma p. 4.5.4.3), calcolati come prodotto delle masse per la deformata corrispondente al primo modo di vibrazione (vedi tabella 3.2).
Tab. 3.2
Piano i
Massa mi [t]
Φi
mi* = mi ⋅ Φ i
mi* / ∑i mi*
3
55
1
55
0.465
2
54
0.78
42.1
0.356
1
54
0.39
21.1
0.179
∑
163
118.2
1
3.9.4 Costruzione della curva di capacità
Si è accennato in precedenza come la curva di capacità sia costruita riportando in un diagramma, sulle ordinate le caratteristiche del taglio Fb
alla base e sulle ascisse lo spostamento d del punto di controllo
dell’ultimo piano, che in genere è scelto coincidente col baricentro. Le
due distribuzioni di forza ora calcolate dovrebbero essere applicate alla
struttura aumentandole in maniera graduale fino al collasso dell’edificio
(al superamento dello stato limite oggetto della verifica, p. 4.5.4.2). In
realtà, però, l’O.P.C.M. 3431, al p. 8.1.5.4 indica quando può essere ar62
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
restato il procedimento allo SLU, ossia fino a quando, a seguito di un
decadimento, si raggiunge uno “spostamento corrispondente ad una riduzione della forza (al piede) non superiore al 20% del massimo”.
fig. 3.19
Il legame (vedi figura 3.19) sarà inizialmente di tipo lineare, fino a
quando non inizia la formazione di cerniere plastiche che degradano la
struttura con un’amplificazione degli spostamenti e con una diminuzione del taglio al piede.
Ulteriori informazioni vengono riportate sempre al p. 8.1.5.4 laddove:
1) si ribadiscono le distribuzioni di forze da considerare, come visto
precedentemente;
2) si indica il comportamento dei pannelli murari ed di altre opere (cor-
doli, ecc.);
3) il risultato dell’analisi consisterà in un diagramma, denominato cur-
va di capacità;
4) si specifica come misurare sia allo SLU che allo SLE la capacità di
spostamento:
La capacità di spostamento relativa agli stati limite di danno e ultimo verrà valutata sulla curva forza-spostamento, in corrispondenza
dei punti seguenti:
Stato Limite di Danno: dello spostamento minore tra quello corrispondente al raggiungimento della massima forza e quello per il quale lo
spostamento relativo fra due punti sulla stessa verticale appartenenti
a piani consecutivi eccede i valori riportati al punto 4.11.2;
Stato Limite Ultimo: dello spostamento corrispondente ad una ridu63
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
zione della forza (N.B. si parla di forza tagliante al piede) non superiore al 20% del massimo.
L’O.P.C.M. 3431, al p. 4.5.4.3, cui si rimanda, richiede la definizione di
una curva di capacità bi-lineare di un sistema equivalente ad un unico
grado di libertà (SDOF – Single Degree Of Freedom).
La costruzione del sistema equivalente è necessaria in quanto consente di
determinare il periodo con il quale calcolare lo spostamento massimo richiesto dal sisma in funzione degli spettri di cui al p. 3.2.3 dell’O.P.C.M.
3431. Si rimanda al successivo paragrafo per la costruzione della curva di
capacità bilineare. Al p. 4.11.1.2 si accenna, in maniera generale, alla
“capacità” ed alla “domanda” di spostamento:
“Dovrà essere verificato che i singoli elementi strutturali e la struttura
nel suo insieme possiedano una duttilità coerente con il fattore di struttura (q) adottato. Questa condizione si potrà ritenere soddisfatta applicando le regole di progetto specifiche e di gerarchia delle resistenze
indicate per le diverse tipologie costruttive.
Alternativamente, e coerentemente con modello e metodo di analisi utilizzato, si dovrà verificare che la struttura possieda una capacità di
spostamento superiore alla domanda”.
Al p. 8.1.6 vengono discusse le verifiche di sicurezza. Si indica che la verifica è soddisfatta se il q*, calcolato come al p. 4.5.4.4 (rapporto fra forza di
risposta elastica e forza di snervamento), sia minore o al più uguale di 3.
3.9.5 Costruzione del sistema equivalente ad un grado di libertà
Si espone ora il procedimento generale (valido cioè per qualunque tipologia strutturale) per passare da un sistema a molti gradi di libertà
(MDOF - Multiple Degrees Of Freedom) ad un sistema ad un singolo
grado di libertà bilineare ad esso equivalente (SDOF).
Se si indica con Φ il vettore rappresentativo del primo modo di vibrazione della struttura di interesse per la direzione considerata dell’azione
sismica, normalizzato al valore unitario della componente relativa al
punto di controllo, la massa m* del sistema bilineare equivalente vale:
m* = ∑ mi ⋅ Φ i .
64
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
Il “coefficiente di partecipazione” Γ è definito dalla seguente relazione:
m*
∑ mi ⋅ Φ i
.
Γ=
=
2
2
∑ mi ⋅ Φ i
∑ mi ⋅ Φ i
La forza F* e lo spostamento d* del sistema SDOF equivalente sono legati, in campo elastico, alle corrispondenti grandezze Fb e dc di un sistema MDOF (ovvero dell’edificio in esame) dalle seguenti relazioni:
F * = Fb Γ ;
d * = dc Γ .
Detta Fbu la resistenza massima dell’edificio letta sulla curva di capacità
(vedi figura 3.20), le coordinate del punto di snervamento Fy* e d *y del sistema bi-lineare equivalente possono essere definite nel modo seguente:
Fy* = Fbu Γ ;
d *y = F y* k * ;
dove k* è la rigidezza secante del sistema equivalente ottenuta imponendo l’eguaglianza delle aree come indicato nella figura 3.22.
fig. 3.20
Nell’esempio in esame si vede che la curva relativa alla I distribuzione
di forze (quella proporzionale alle masse) raggiunge un valore massimo
della resistenza Fbu pari ad 840 kN in corrispondenza dello spostamento
dc pari a 0.348 m. Il coefficiente di partecipazione vale, pertanto:
Γ=
55 ⋅ 1 + 54 ⋅ 0.78 + 54 ⋅ 0.39
118.2
=
= 1.23 .
96
55 ⋅ 12 + 54 ⋅ 0.78 2 + 54 ⋅ 0.39 2
A questo punto è possibile “scalare” la curva di capacità precedente del
sistema MDOF riducendo le ascisse e le ordinate per il coefficiente Γ:
F y* =
Fbu 840
=
= 681kN (forza allo snervamento);
Γ
1.23
65
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
* =
dm
d c 0.348
=
= 0.283m (spostamento corrispondente ad Fy* ).
Γ
1.23
Così facendo è possibile tracciare la curva di capacità del sistema equivalente (SDOF) (vedi figura 3.21).
fig. 3.21
Si calcola ora una retta di compenso che eguagli le aree sottese (vedi figura 3.22). Detta Em (pari a 139.5 nell’esempio in esame) l’area sottesa
* , poiché le aree sottese devono
dalla curva di capacità fino al punto d m
essere uguali, sarà:
Fy* ⋅
d *y
2
* − d* ) ⋅ F* = E .
+ (d m
y
y
m
Dalla relazione precedente si ricava l’incognita d *y :
 * Em 
 = 2 ⋅  0.283 − 139.5  = 0.156m .
d *y = 2 ⋅  d m
−

Fy 
681 


fig. 3.22
66
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
La rigidezza del sistema equivalente (rigidezza secante) sarà dunque:
k*
=
F y*
d *y
= 4362
kN ;
m
mentre la sua massa è stata calcolata in precedenza al p. 3.9.3 (m* =
118.2). Il periodo T* del sistema equivalente vale, dunque:
T*
m*
= 2 ⋅π ⋅
= 1.03 sec .
k*
3.9.6 Risposta massima in spostamento del sistema equivalente
Come indicato al p. 3.2.3 dell’O.P.C.M. 3431, si può passare dall’accelerazione ricavata dallo spettro elastico allo spostamento, tramite
l’espressione (3.5):
2
 T 
S De (T ) = Se (T ) ⋅ 

 2 ⋅π  .
Come descritto al p. 4.5.4.4, “se il periodo T* dell’oscillatore equivalente è maggiore o al più uguale di Tc dello spettro, la risposta in
spostamento del sistema anelastico è assunta pari a quella di un
sistema elastico di pari periodo (v. espressione 4.9)”:
2
T ≥ Tc
*
d
*
max
=d
*
e ,max
 T   T*  .
= S De (T ) = a g ⋅ S ⋅η ⋅ 2.5 ⋅  c*  ⋅ 

 T   2 ⋅π 
*
Nel caso che T* sia minore di Tc, la risposta in spostamento del sistema
anelastico è maggiore di quella di un sistema elastico di pari periodo e
si ottiene da quest’ultima mediante l’espressione:
T < Tc
*
d
*
max
d e*,max
=
q*
Tc 

*
*
1 + (q − 1) ⋅ T *  ≥ d e,max


dove q* = S e (T * ) ⋅ m* F *y rappresenta il rapporto tra la forza di risposta elastica e la forza di snervamento del sistema equivalente.
*
= d e*, max .
Se risulta q* < 1 allora si ha d max
A questo punto è possibile effettuare le due verifiche richieste dal p.
8.1.5.4 dell’O.P.C.M. 3431:
67
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
1) Allo SLU deve risultare che:
*
d max
≤ du ,
dove du è lo spostamento misurato in corrispondenza di una riduzione della forza di taglio del 20% rispetto al valore massimo (vedi figura 3.20). Inoltre, detto q* il rapporto tra la forza di risposta massima
e la forza di snervamento del sistema equivalente, calcolato come indicato al p. 4.5.4.4, deve risultare, come indicato al p. 8.1.6, che:
q* ≤ 3 .
2) Allo SLD deve risultare che:
*
d max,
SLD ≤ d SLD ,
dove d*max,SLD ha lo stesso significato di d*max, ma è calcolato per
un’accelerazione ag,SLD pari a ag/2.5 (p. 3.2.6), mentre dSLD è lo spostamento minore fra:
dSLDm = spostamento letto in corrispondenza del raggiungimento della massima forza;
dSLDr = spostamento letto in corrispondenza della forza che provoca
uno spostamento relativo fra due punti posti sulla stessa verticale
appartenenti a piani consecutivi (drift di piano) maggiore dei valori riportati al p. 4.11.2. Si ricorda che il massimo spostamento relativo è pari a 0.003 ⋅ h per la muratura ordinaria e 0.004 ⋅ h per
quella armata, dove h è l’altezza del piano.
3.9.7 Edifici in muratura nuovi
Al p. 8.1.6, nel caso di edifici nuovi e di analisi statica non lineare, la verifica di sicurezza è del tutto analoga a quella vista nel precedente p.
3.9.6. Infatti, essa consisterà nel confronto tra la capacità di spostamento
ultimo dell’edificio e la domanda di spostamento. In ogni caso, per gli edifici in muratura ordinaria oppure in muratura armata in cui non si sia
applicato il criterio di gerarchia delle resistenze, qualora il valore di q* ecceda il valore 3.0, la verifica di sicurezza dovrà ritenersi non soddisfatta.
Viene ancora indicato come costruire il sistema bilineare equivalente,
seguendo una strada leggermente diversa da quella indicata al p. 3.9.5:
68
Capitolo 3 - Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo
“La rigidezza elastica del sistema bilineare equivalente verrà individuata tracciando la secante alla curva di capacità nel punto corrispondente ad un taglio alla base pari a 0.7 volte il valore massimo (taglio
massimo alla base). Il tratto orizzontale della curva bilineare verrà individuato tramite l’uguaglianza delle aree sottese dalle curve tracciate
fino allo spostamento ultimo del sistema”.
Si passa ora a mostrare in dettaglio come si traduce graficamente
quest’ultima indicazione.
fig. 3.23
Nella figura 3.23 si nota che il tratto elastico, che consente di definire
k*, è stato tracciato in corrispondenza di un valore del taglio pari al 70%
del taglio massimo alla base, mentre il tratto orizzontale compensa le
aree al disopra ed al disotto della curva.
Se allora si indica con Em l’area sottesa dalla curva di capacità e con k*
la tangente dell’inclinazione del tratto elastico, la retta orizzontale avrà
un valore Fy* tale che:
Fy* ⋅
(
d u*
− k * ⋅ Fy*
)
+ k* ⋅
Fy*2
2
= Em .
La relazione così ottenuta è un’equazione di II grado da cui si può ricavare l’incognita Fy*.
Sempre allo stesso p. 8.1.6 viene data un’altra importante indicazione,
che costituisce uno snellimento della procedura: “come vettore rappre69
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
sentativo del primo modo di vibrazione Φ potranno essere assunti gli
spostamenti prodotti dalla distribuzione di forze utilizzate per l’analisi
statica lineare (p. 4.5.2)”.
70
Capitolo 4
Le Verifiche Locali
Finora sono stati esaminati i metodi di calcolo e di verifica globali, ossia di tutto l’edificio, tenendo in considerazione i vari meccanismi che
avvengono mutuamente fra le diverse membrature che lo costituiscono.
In questo capitolo, invece, ci si occuperà delle verifiche locali, che si
possono effettuare a prescindere dalla conoscenza delle sollecitazioni
agenti sulle diverse membrature che compongono la struttura.
Si vedranno, adesso, in dettaglio le diverse verifiche locali a seconda
delle varie disposizioni normative vigenti.
71
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
4.1 Le verifiche locali secondo il DM ‘87
Al par. 3.3 si è già esaminata la valutazione dei carichi e delle loro eccentricità secondo quanto prescritto dal D.M. ‘87.
Una volta stabiliti i maschi murari che costituiscono la struttura resistente, occorre schematizzarli come illustrato nella figura 4.1.
fig. 4.1
Si considera l’altezza h del maschio al netto della presenza del cordolo.
Inoltre, deve essere definita anche l’altezza netta del maschio in corrispondenza dei vani laterali, che ricorre nel caso si indichi quest’ultima
come altezza di calcolo.
La snellezza λ di un maschio murario (p. 2.2.1.3 del D.M. ‘87) è data
dal rapporto ho/t (rapporto tra la luce libera di inflessione e lo spessore),
calcolato così come di seguito indicato:
1. Si calcola il coefficiente p (fattore laterale di vincolo, talora indicato
anche con il simbolo ρ) in base al grado di vincolo del muro stesso.
Se il muro è isolato esso vale 1, mentre se il muro non ha aperture ed
è irrigidito da muri trasversali di spessore non inferiore a 20 cm posti
a distanza a, detta hi l’altezza interna d’interpiano, in funzione del
rapporto r = hi/a si ottiene:
72
Capitolo 4 - Le verifiche locali
Valori di p
r ≤ 0.5
1
3
−r
2
1
1+ r2
0.5 < r ≤ 1
r >1
Se il generico muro trasversale ha delle aperture (porte o finestre), si
ritiene convenzionalmente che la sua funzione d’irrigidimento possa
essere espletata quando lo stipite delle aperture disti dalla superficie
del muro irrigidito almeno un 1/5 dell’altezza del muro stesso; in caso contrario si assumerà p = 1.
2. Si calcola la lunghezza libera ho di inflessione del muro, ottenuta come
prodotto fra il fattore laterale di vincolo p e l’altezza netta h del muro:
ho = p ⋅ h .
3. Si calcola, infine, la snellezza λ, ottenuta come rapporto fra la lun-
ghezza libera d’inflessione ho e lo spessore t del muro:
h
λ= o .
t
Le verifiche si effettuano adottando il metodo agli stati limite. Al p.
2.4.2 si specifica che vanno condotte solo le verifiche allo SLU potendosi omettere quelle allo SLE poiché le elevate rigidezze in gioco danno luogo a deformazioni molto piccole, in quanto le strutture portanti
non sono travi (in c.a. o acciaio) ma muri.
In base al valore della snellezza λ ed al valore del coefficiente di eccentricità m = 6 ⋅ e t , è possibile calcolare il coefficiente di riduzione delle
resistenze del muro Φ utilizzando la tabella di cui al p. 2.2.1.4. Tale coefficiente è stato calcolato nell’ipotesi dell’articolazione a cerniera.
Verifica dei muri soggetti ai carichi verticali
La prima verifica che si esaminerà è quella dei muri soggetti a carichi
verticali con eccentricità nello spessore del muro (verifica fuori piano).
Tale verifica si esegue accertando che il carico verticale di calcolo Nd
rispetti la seguente condizione:
Nd ≤ Φ ⋅ fd ⋅ A
73
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
dove:
Nd = carico verticale agente nella sezione di verifica;
A = area della sezione orizzontale del muro al netto delle aperture;
Φ = coefficiente di riduzione della resistenza;
fd = resistenza di calcolo della muratura, pari a fk/γm (ove fk è la resistenza caratteristica della muratura e γm è pari a 3).
Questa verifica dovrebbe essere condotta sia alla testa che al piede del
muro, ma quest’ultima la si può omettere poiché il carico al piede si
considerata ricentrato. Infatti, a causa dell’eccentricità nulla le tensioni
sono sicuramente più basse anche se lo sforzo normale è più alto.
La determinazione del carico verticale di calcolo Nd viene effettuato per
le tre combinazioni di carico fondamentali A, B e C.
Nelle verifiche ai carichi verticali si impiegherà il valore più sfavorevole tra A e B; per le verifiche alle forze orizzontali si impiegherà anche
la combinazione C (p. 2.4.2.1).
Verifica a pressoflessione (nel piano della parete)
La verifica a pressoflessione nel piano del muro (p. 2.4.2.3.1) è la seconda verifica da effettuare. Occorre, a tale scopo, definire oltre alle azioni
verticali Nd anche i momenti flettenti Mb nel piano del muro dovuti alle
azioni orizzontali. Pertanto, sarà possibile calcolare anche l’eccentricità
longitudinale eb (nel piano del muro) del carico verticale Nd:
M
eb = b .
Nd
Tale eccentricità al massimo può essere pari a:
L
eb ≤ .
3
Se si supera tale valore la verifica non può essere effettuata.
La verifica, generalmente, viene eseguita solo nella sezione al piede del
muro in quanto più sollecitata. Affinché la verifica risulti soddisfatta
occorre che risulti:
N d ≤ Φt ⋅ Φb ⋅ f d ⋅ A
dove:
74
Capitolo 4 - Le verifiche locali
Φt = coefficiente di riduzione della resistenza valutato per
l’eccentricità trasversale e2 (p. 2.2.1.4);
Φb = coefficiente di riduzione della resistenza valutato per
l’eccentricità longitudinale eb; si ricava (p. 2.2.1.4) tramite il coefficiente di eccentricità 6 ⋅ eb e ponendo λ=0.
t
Poiché i valori di Nd sono tre (combinazione A, B e C) come visto in
precedenza ed i valori di Wk sono quattro per le quattro possibili direzioni del vento, occorre ripetere la verifica 12 volte.
fig. 4.2
Nella figura 4.2 viene riportato lo schema di calcolo del momento Mb.
Esso nasce a causa della presenza di una forza orizzontale sulla testa del
pannello e provoca l’eccentricità eb del carico verticale Nd. La causa di
questa forza è quasi sempre il vento.
Generalmente si ipotizza che la forza esercitata dal vento sui pannelli ad
esso ortogonali si scarichi completamente sui pannelli di controvento.
Da ciò si evince che si deve pensare ad un qualche meccanismo di ripartizione, in base ad esempio alle aree dei maschi in direzione del vento o ad un criterio leggermente più complesso che tenga conto anche
dell’eccentricità in pianta delle forze orizzontali.
Si noti, inoltre, che tale criterio può essere anche impiegato quando le
forze siano di altra natura, come ad esempio di derivazione sismica.
75
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
Verifica a taglio (nel piano della parete)
La terza verifica da eseguire è quella a taglio nel piano del muro, con il
muro soggetto alle forze viste in precedenza.
Si dovrà innanzitutto valutare la resistenza a taglio caratteristica del pannello murario che è funzione del carico verticale. Si ricorda, infatti, che:
f vk = f vko + 0.4 ⋅ σ n ,
mentre la resistenza di calcolo sarà pari a:
f
fvd = vk
3
La verifica risulta soddisfatta se:
Vd ≤ β ⋅ f vd ⋅ A
dove:
Vd = sforzo di taglio agente nella sezione di verifica;
β = coefficiente di parzializzazione della sezione; tiene conto
dell’eventuale zona di muro soggetta a trazione e assume i valori:
6 ⋅ eb
β =1
per
≤1
L
6 ⋅ eb
3 3⋅ e
per
β= − b
1<
≤ 1.3
L
2
L
Alcuni autori, quando 6 ⋅ eb L > 1.3 , propongono una formulazione leggermente più complessa:
1
β=
 f vk ⋅ h 2 

+ 
3
⋅
L
σ
n

Tale espressione è valida fino a che 6 ⋅ eb L ≤ 2 .
Si noti che fvk va calcolata tenendo conto della parzializzazione della
sezione.
4.2 Le verifiche locali alle azioni ortogonali al piano principale
Al punto C.9.5.3 del D.M. ‘96 è riportato quanto segue: “L’azione sismica ortogonale alla parete è rappresentata da un carico orizzontale distribuito pari a β×C volte il carico trasmesso dagli orizzontamenti che si
76
Capitolo 4 - Le verifiche locali
appoggiano su di essa, se questi non sono efficacemente collegati a muri
trasversali. Si terrà conto dei vincoli della parete con i muri trasversali e
con i solai solo in quanto efficaci. L’effetto flessionale dell’azione sismica ortogonale alla parete può essere valutato nell’ipotesi di comportamento lineare a sezione interamente reagente”.
La verifica alle forze ortogonali è pertanto obbligatoria, per cui supponendo di avere effettuato una verifica globale col metodo POR, restano
da osservare le indicazioni di cui al punto precedente.
È affidata alla sensibilità del tecnico dove effettuare tale verifica locale.
Se in tutto il fabbricato si hanno pareti efficacemente ammorsate a muri
trasversali, sembrerebbe il caso di non doverla effettuare mai. Ma anche
se una parete è ammorsata efficacemente a due muri trasversali posti
però a distanza notevole fra loro, è sicuramente consigliabile eseguire
tale verifica per una “fetta” verticale di parete posta nella zona centrale,
dove si potrebbe non risentire più dell’effetto di contrasto delle pareti
poste trasversalmente.
Mentre si può affermare che il punto precedente sia chiaro nel suo significato, la sua applicazione presenta ancora qualche punto da chiarire
in merito allo schema statico da considerare rifacendoci alle indicazioni
del Commentario ‘96. Occorre, infatti, distinguere il caso di solai efficacemente ammorsati nella muratura, dal caso in cui questi non lo siano, come accade per i solai in legno.
Nel caso di solai efficacemente ammorsati nella muratura, lo schema
statico da considerare è quello riportato nella figura 4.3.
fig. 4.3
In esso si vede come la parete sia investita, nel suo piano ortogonale, da
un “vento” sismico pari al peso W della parete stessa per il coefficiente
77
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
β×C (con β = coefficiente di struttura e C = coefficiente di intensità sismica). Si può pertanto operare in maniera identica a quanto visto per il
D.M. ‘87, in cui l’azione del vento è sostituita da quella sismica, ritornando così allo schema proposto in figura 3.11.
Nel caso di solai non efficacemente ammorsati nella muratura, oltre al
carico distribuito occorre considerare anche il peso trasmesso dagli orizzontamenti moltiplicato per il coefficiente β×C. A causa del mancato
ammorsamento dei solai il vincolo di piano è trascurabile o inesistente,
per cui si può creare più di un meccanismo possibile di ribaltamento a
causa della formazione di cerniere plastiche al piede dei muri dei vari
impalcati. Ad esempio per un edificio di due impalcati possono verificarsi i meccanismi di cui in figura 4.4.
fig. 4.4
La verifica locale alle azioni fuori dal piano della parete deve effettuarsi
considerando l’equilibrio fra i momenti stabilizzanti e ribaltanti intorno
ad ogni possibile punto di rotazione, in genere in corrispondenza del
piede di ogni parete.
Nel caso di riattamento, ai sensi della L. 61/98 il progettista deve dimostrare che, sia l’edificio globalmente che le singole parti che lo costituiscono, siano in grado di sopportare un’azione sismica di intensità
C = 0.65⋅Crif e che comunque si consegua un grado di sicurezza maggiore di quello precedente al riattamento.
78
Capitolo 4 - Le verifiche locali
Detto allora Co il valore del coefficiente di intensità sismico C che porta
a collasso la struttura o, come nel nostro caso, parte di essa prima degli
interventi di miglioramento, e Cfin l’analogo coefficiente conseguito dopo gli interventi (ad esempio eliminazione di spinte, ammorsamento solai, catene, ecc.) dovrà risultare che:
C fin > 0.65 ⋅ C rif
e
C fin > Co .
La verifica a pressoflessione fuori dal piano dei singoli pannelli murari
potrà essere effettuata sia secondo i dettami del D.M. ‘87 che secondo
quelli della Circolare ‘81.
In ambedue i casi si dovranno valutare i carichi orizzontali e verticali
che agiscono con le loro eccentricità, in funzione delle combinazioni di
carico indicate al p. B.8.2 del D.M. ‘96.
Nel caso di verifica secondo il D.M. ‘87, per ognuno dei valori del carico verticale si calcola coefficiente Φ per il quale si raggiunge la resistenza fk caratteristica a compressione, dato dalla seguente relazione:
Nd
Φ=
fk ⋅ A
Noto il coefficiente Φ, tramite le tabelle del D.M. ‘87, si ricava il coefficiente di eccentricità m = 6 ⋅ e t e da quest’ultimo si ricava il valore
dell’eccentricità e. A questo punto è possibile calcolare i valori dei coefficienti Co e Cfin.
Nel caso di verifica secondo la Circolare ‘81, si considera la sezione linearmente reagente anche a trazione con una resistenza caratteristica
massima pari a fvko. Il calcolo di Co e Cfin si effettua imponendo il raggiungimento della tensione caratteristica di compressione e/o di trazione agli estremi della sezione trasversale, calcolati con la nota formula:
N M
.
σ= ±
A W
Nell’O.P.C.M. 3431, al p. 8.2.2.3 viene suggerito: “Il valore del momento di collasso per azioni ortogonali al piano della parete sarà calcolato assumendo un diagramma delle compressioni rettangolare, un
valore della resistenza pari a 0.85⋅fd e trascurando la resistenza a trazione della muratura”.
79
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
Quanto sopra specificato può essere implementato nella maniera seguente.
Il momento resistente ultimo dipende anch’esso dallo sforzo normale
medio σc esistente sul pannello. Si ricorda a tal proposito che deve essere trascurata la resistenza a trazione (ciò penalizza i muri meno caricati)
e che lo sforzo normale medio si ricava dalla Combinazione A del D.M.
‘87 (assenza di vento).
Occorre calcolare allora il momento di decompressione Md che provoca
la stessa tensione σc. Esso è pari a:
2
σ ⋅ L ⋅t .
Md = c
6
Sovrapponendo i due diagrammi (vedi figura 4.5), quello costante e
quello a farfalla, si ottiene un diagramma triangolare in cui da un lato il
valore della tensione è nullo e dall’altro è pari a 2⋅σc.
A questo punto possono presentarsi due casi:
0.85 ⋅ f k
σ c ⋅ L ⋅ t 2 momento
1. se 2 ⋅ σ c ≤ 0.85 ⋅ f d =
Mu = Md =
ultimo
γm
6
il momento ultimo va calcolato
0.85 ⋅ f k
2. se 2 ⋅ σ c > 0.85 ⋅ f d =
tenendo presente che vi è una zona
γm
plasticizzata in cui la tensione
massima è proprio pari a 0.85 ⋅ f k :
Mu =
con: X =
t
σc
σc ⋅ L ⋅t2
6
−
X
(σ c − 0.85 ⋅ f d ) t − X 
2
2 3 
(σ c − 0.85 ⋅ f d )
fig. 4.5
80
Capitolo 4 - Le verifiche locali
4.3 Le verifiche locali alle azioni complanari
Un pannello murario sollecitato nel proprio piano da un’azione tagliante
può essere soggetto a tre modalità di crisi, che dipendono dalla sua geometria, dal grado di vincolo e dai carichi verticali agenti su di esso.
Queste modalità di rottura sono:
1. Per taglio-scorrimento, quando, a seguito della presenza di un carico
verticale basso, si attiva uno scorrimento dei blocchi in corrispondenza della malta.
2. Per fessurazione diagonale, quando si supera la tensione caratteristi-
ca di trazione lungo le isostatiche.
3. Per flessione-ribaltamento, quando si supera la tensione caratteristica
di compressione alla base della parete.
Una rappresentazione dei tre possibili meccanismi di collasso è riportata nella figura 4.6.
fig. 4.6
È chiaro che dovrà essere calcolato, per le tre possibili modalità di rottura, il corrispondente valore ultimo della forza tagliante e di questi
considerare il valore minore ai fini delle verifiche.
4.3.1 Rottura per taglio-scorrimento
La resistenza a taglio del maschio murario conseguibile da tale meccanismo è pari a:
Vs = L ⋅ t ⋅ τ u , s
dove:
τ u,s =
1.5 ⋅ c + µ ⋅ σ o
3 ⋅ c ho
⋅
1+
σo L
81
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
con:
L, t = rispettivamente, lunghezza e spessore del maschio;
c, µ = rispettivamente, coesione e coefficiente d’attrito relativi alla rottura per taglio-scorrimento;
σο = tensione normale media;
hο = distanza del punto di momento nullo dalla sezione considerata.
4.3.2 Rottura per fessurazione diagonale
La resistenza a taglio del maschio murario conseguibile da tale meccanismo è pari a:
f ⋅ L⋅t
σ
⋅ 1+ o
Vt = t
b
ft
con:
b = coefficiente correttivo dipendente dalla snellezza del pannello (solitamente compreso fra 1.5 per pareti snelle e 1.1 per pareti tozze);
ft = resistenza tangenziale per fessurazione diagonale.
4.3.3 Rottura per flessione-ribaltamento
La resistenza a taglio del maschio murario conseguibile da tale meccanismo è pari a:

M
N ⋅L 
N

Vr = u =
⋅ 1 −
ho
2ho  0.85 ⋅ fu ⋅ L ⋅ t 
con:
fu = resistenza a compressione della muratura;
N = azione assiale nel maschio.
Dovrà, inoltre, verificarsi che la deformazione dei maschi sia non superiore, o al limite di elasticità (se si vuole conservare un certo margine di
sicurezza) oppure al limite ultimo.
82
Capitolo 4 - Le verifiche locali
4.3.4 Verifiche secondo l’O.P.C.M. 3431
L’O.P.C.M. 3431 fa riferimento nel p. 8.2.2.1, per la verifica a pressoflessione nel piano della parete, ad una formula del tutto analoga a quella di cui al precedente p. 4.3.3. Infatti, si prescrive che il momento di
calcolo risulti inferiore o al più uguale al momento ultimo resistente,
calcolato con la seguente formula:

N ⋅L 
N

⋅ 1 −
Mu =
2  0.85 ⋅ f d ⋅ L ⋅ t 
in cui:
fd = f k γ m , è la resistenza a compressione di calcolo della muratura;
N= azione assiale nel maschio (se N è di trazione Mu=0).
Al punto 8.2.2.2 si prescrive che la resistenza a taglio di una parete nel
proprio piano venga calcolata con la seguente relazione:
L′ ⋅ t ⋅ f vk
Vt =
γm
dove L′ in questo caso indica la lunghezza della parte compressa della
sezione, mentre fvk è stata definita al p. 2.6 del presente testo.
′ (dove
Il valore di fvk comunque non potrà essere maggiore di 1.4 ⋅ f bk
′ indica la resistenza caratteristica a compressione degli elementi
f bk
nella direzione di applicazione della forza) né maggiore di 1.5 N/mm2.
Il valore di γm è indicato al p. 8.1.1 ed è posto pari a 2 per gli edifici
nuovi, mentre per gli edifici esistenti occorrerà definire i valori delle resistenze con prove in situ e dividerle per il Fattore di Confidenza, che
dipende dal Livello di Conoscenza raggiunto.
4.4 Le verifiche locali secondo le prescrizioni del T.U.
Il T.U. riprende per buona parte le indicazioni contenute nel D.M. ‘87,
con delle variazioni che si andranno ora ad evidenziare, facendo una
sorta di “parallelo” fra le due norme.
83
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
4.4.1 Resistenza della muratura
Innanzitutto, la classificazione fatta degli elementi artificiali pieni, semipieni e forati è identica, così come gli spessori minimi dei muri in
funzione del materiale che li costituisce. Manca però la muratura in pietra naturale non squadrata.
Riguardo alle malte, al posto delle M1, …, M4 del D.M. ‘87, vengono
ora indicate le nomenclature M2.5 – M5 – M10 – M15 – M20 – Md,
esplicitando cioè il valore della resistenza della malta in N/mm2 (Md è
una malta la cui resistenza “d” è dichiarata dal produttore). Anche se
non esattamente, si può dire che sussiste la seguente equivalenza: M4 =
M2.5, M3 = M5, M2 = M10 ed infine M1 = M15.
La tabella del T.U. da cui si possono ricavare le resistenze a compressione della muratura, risultante dall’assemblaggio di mattoni (elementi
artificiali) e malta, risulta così identica a quella del D.M. ‘87, pur essendo stata richiesta una maggior prestanza alle due malte più resistenti.
Per gli elementi naturali, sussistendo ancora l’indicazione che la resistenza caratteristica fbk è pari al 75% di quella media a compressione,
sussiste anche l’equivalenza delle tabelle delle resistenze a compressione delle murature in pietra naturale squadrata.
Di conseguenza continuano ad essere identiche le tabelle per la determinazione della resistenza a taglio in assenza di compressione (fvko), della
resistenza caratteristica a taglio ( f vk = f vko + 0.4 ⋅ σ n ) e l’indicazione
del valore dei moduli di elasticità normale (E = 1000⋅fk) e tangenziale
(G = 0.4⋅E).
Una volta note le resistenze caratteristiche a compressione ed a taglio
(dalle tabelle o anche in via sperimentale), le resistenze di progetto si
ottengono dividendo le resistenze caratteristiche per un coefficiente γm
ed ancora per un coefficiente γRd.
Il coefficiente parziale di sicurezza γm a compressione vale 2 se gli elementi sono di Categoria I (vedi di seguito), oppure 2.5 se gli elementi
sono di Categoria II ovvero in elementi naturali.
84
Capitolo 4 - Le verifiche locali
Gli elementi appartenenti alla Categoria I sono quelli dotati di certificazione di produzione in fabbrica, conformi alle norme europee EN 771,
mentre quelli appartenenti alla Categoria II posseggono autodichiarazione del produttore, come specificato all’art. 7 del DPR 246/93.
L’ulteriore coefficiente parziale di sicurezza γRd, che tiene conto delle
incertezze nel modellare la resistenza, è concordato da Committente e
Progettista, ed in ogni caso deve risultare maggiore o al più uguale ad
1.2 per le verifiche allo SLU, e a 2 per le verifiche alle Tensioni.
4.4.2 Le combinazioni di carico
A differenza delle tre combinazioni fondamentali A, B e C del D.M.
‘87, nel T.U. si prendono in considerazione le combinazioni di tipo semiprobabilistico indicate al p. 5.4.5.1, che sia allo SLU che allo SLE richiamano la tipologia già indicata a suo tempo nel D.M. ‘96. Occorre
dire che a proposito delle verifiche allo SLE, esse possono essere omesse
(p. 5.4.6), eccezion fatta per i casi in cui sia necessario limitare
l’ampiezza delle fessure e nel caso in cui l’edificio sia più alto di 4 piani,
per il quale occorre verificare che il “drift” di piano, per la combinazione
frequente, sia minore o al più uguale al 3 °/oo dell’altezza di interpiano.
4.4.3 Valutazione della snellezza e delle eccentricità di calcolo
La snellezza del setto murario e la valutazione delle eccentricità dovute
ai carichi del solaio, vengono valutate in maniera perfettamente identica
nelle due norme, ma nel T.U., al I comma del p. 5.4.5.2 è specificato
che le formulazioni proposte sono valide nel caso dello “schema
dell’articolazione”, lasciando così intendere che è possibile pervenire
per altre vie a tali valori.
Nel caso, infatti, si sia operata una modellazione strutturale più complessa, ad esempio basata sull’uso estensivo di elementi finiti bidimensionali e con una valutazione accurata delle sollecitazioni trasmesse dal
solaio alle pareti portanti, i valori delle eccentricità risultano direttamente dal calcolo stesso.
85
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
4.4.4 Le verifiche
Le verifiche prescritte sono:
1. Pressoflessione per carichi laterali (fuori piano);
2. Pressoflessione per azioni nel piano;
3. Taglio per azioni nel piano;
4. Verifica per carichi concentrati.
La prima delle verifiche indicate coincide con la prima di quelle viste al
precedente p. 4.1 del D.M. ‘87, mentre la seconda viene effettuata con
una formula analoga alla 8.2 dell’O.P.C.M. 3431, con la quale viene calcolato il momento ultimo applicabile alla sezione in muratura sottoposta
ad un certo sforzo normale, nell’ipotesi di assenza di resistenza a trazione.
La terza verifica viene effettuata in maniera simile al D.M. ‘87 ma con
una formulazione più dettagliata per il coefficiente di amplificazione
β×C nel caso di muratura di Categoria I.
Altre indicazioni specifiche sono fornite nel caso di carichi concentrati,
nel cui caso è necessario definire l’area d’appoggio e la sua posizione
rispetto al muro. Quest’ultima verifica può essere necessaria nel caso di
piastre capochiave, di tiranti di precompressione, oppure per appoggi di
putrelle o travi di spina e via discorrendo.
Al p. 5.4.6.3 vengono esplicitate le verifiche alle Tensioni, stavolta del
tutto identiche alle omologhe del D.M. ‘87. Esse, ai sensi del p. 2.8,
possono (debbono ?…) essere applicate per gli edifici in Classe I (con
vita utile di 50 anni) come specificato al p. 2.5 o in caso di materiale elastofragile (come la muratura ?…).
4.5 Le indicazioni contenute nell’EC6
Tra le altre indicazioni contenute nell’Eurocodice 6, in particolare alla
parte 1-1, p. 4.4.3, viene indicata una metodologia più dettagliata per la
determinazione del coefficiente di parzializzazione Φ della sezione, valido per condizioni di vincolo all’estremità che siano diverse dallo
schema dell’articolazione, con cui è possibile calcolare la cosiddetta
“altezza effettiva” che ricorda all’incirca la luce libera di inflessione.
86
Capitolo 4 - Le verifiche locali
Senza entrare nei dettagli, si determina “l’eccentricità di calcolo”, che
tiene conto delle varie eccentricità prodotte da: carichi applicati (calcolata
come rapporto tra momento agente e sforzo normale), carichi orizzontali
(vento, spinta terreno), imperfezioni costruttive e scorrimento viscoso.
Si determina, inoltre, lo “spessore effettivo”, funzione della tipologia
costruttiva del muro (ad esempio a cassa vuota) e della presenza eventuale di nicchie ed incassature.
In base a tali valori si calcolano due parametri:
•
il rapporto tra eccentricità di calcolo e spessore del muro;
•
il rapporto tra altezza effettiva e spessore effettivo.
Una volta noti tali parametri è possibile utilizzare un abaco da cui desumere il valore di Φ.
4.6 Analisi dei meccanismi locali di collasso – All. 11.C O.P.C.M. 3431
È questo un importantissimo capitolo, ancora dedicato alle verifiche cosiddette “locali” per sottolineare il fatto che, mentre la verifica globale
dell’edificio potrebbe essere soddisfatta, alcune parti di esso potrebbero essere soggette in tutto o in parte a dissesti (ad esempio le facciate che hanno
solai che poggiano solo da un lato e magari non efficacemente ammorsati).
Si ricorda che l’O.P.C.M. 3431, al p. 11.5.4.3.1, impone l’obbligo di
eseguire tale tipo di verifiche per gli edifici esistenti.
Abbiamo già visto come queste verifiche siano state richieste da altre
normative a partire dalla Circolare ‘81, che già imponeva la verifica a
ribaltamento nel piano ortogonale ai muri.
Successivamente, nel Commentario ‘96, sono state riportate indicazioni
più specifiche, parlando esplicitamente di:
1. verifica al ribaltamento di un’intera parete o di una sua parte, in pre-
senza di vincoli di piano inefficaci;
2. verifica per rottura orizzontale della generica tesa tra due orizzonta-
menti vincolanti successivi.
Il Commentario ‘96 recita a tal proposito (Cap. 13):
87
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
“La prima circostanza è da prendere in considerazione quando, in assenza di vincolo di piano o con vincolo insufficiente, un’intera parete o
una sua parte perdono l’equilibrio. In questo caso la modellazione di
calcolo che sembra più opportuno seguire è quella che considera le varie tese di muratura, soggette ai carichi verticali stabilizzanti e alle forze d’inerzia ribaltanti, come blocchi rigidi sovrapposti, vincolati trasversalmente alle eventuali connessioni esistenti.”
Il Capitolo 11.C dell’O.P.C.M. 3431 prende le mosse da questo punto, ribadendo che la validità delle verifiche che si vanno ad esporre hanno significato se “… è garantita una certa monoliticità della parete muraria,
tale da impedire collassi puntuali per disgregazione della muratura”. La
differenza con l’approccio del Commentario ‘96, visto al p. 4.2, consiste
nel fatto che stavolta l’approccio è di tipo cinematico ed è riferito sia ai
meccanismi di danno che di collasso. Ciò vuol dire che il tecnico deve
prevedere un possibile meccanismo di collasso in funzione della tecnologia costruttiva e, da questo, valutare l’azione orizzontale che mobilita il
meccanismo. È importante, quindi la valutazione dei quadri fessurativi
(indice di questi possibili meccanismi), dell’efficacia delle connessioni
fra i vari elementi della scatola muraria (fra orizzontamenti e muri, fra
muri e muri), della presenza di catene e via discorrendo. Pur essendovi
una grande varietà di meccanismi, si è comunque rilevata una certa ricorrenza di alcuni. È importante, quindi, chiarire i concetti su cui si fonda tale analisi per poterla estendere ai vari casi che si possono presentare.
Per ogni possibile meccanismo locale ritenuto significativo per l’edificio,
il metodo si articola nei seguenti passi, come ben sintetizzato nella parte
iniziale del p. 11.C:
1. trasformazione di una parte della costruzione in un sistema labile (catena
cinematica), attraverso l’individuazione di corpi rigidi, definiti da piani
di frattura ipotizzabili per la scarsa resistenza a trazione della muratura,
in grado di ruotare o scorrere tra loro (meccanismo di danno e collasso);
2. valutazione del moltiplicatore orizzontale dei carichi αo che compor-
ta l’attivazione del meccanismo (stato limite di danno);
3. valutazione dell’evoluzione del moltiplicatore orizzontale dei carichi
α al crescere dello spostamento dk di un punto di controllo della catena cinematica, usualmente scelto in prossimità del baricentro delle
masse, fino all’annullamento della forza sismica orizzontale;
88
Capitolo 4 - Le verifiche locali
4. trasformazione della curva così ottenuta in curva di capacità, ovvero
in accelerazione a* e spostamento d* spettrali, con valutazione dello
spostamento ultimo per collasso del meccanismo (stato limite ultimo), definito in seguito;
5. verifiche di sicurezza, attraverso il controllo della compatibilità degli
spostamenti e/o delle resistenze richieste alla struttura.
Per l’applicazione del metodo di analisi si ipotizza, in genere:
•
resistenza a trazione della muratura nulla;
•
assenza di scorrimento tra i blocchi;
•
resistenza a compressione della muratura infinita.
Per una simulazione più realistica del comportamento è possibile considerare, anche in forma approssimata:
•
gli scorrimenti tra i blocchi, considerando la presenza dell’attrito;
•
le connessioni, anche di resistenza limitata, tra le pareti murarie;
•
la presenza di catene metalliche (che esercitano un’azione fortemente
stabilizzante);
•
la limitata resistenza a compressione della muratura, considerando le
cerniere adeguatamente arretrate rispetto allo spigolo della sezione;
•
la presenza di pareti a paramenti scollegati.
L’analisi cinematica può essere eseguita sia in campo lineare che non
lineare. Nel primo caso ci si limita alla scelta dei meccanismi di collasso ed alla valutazione delle azioni che li attivano, mentre nel secondo
caso si va oltre, calcolando anche l’evoluzione del meccanismo, ossia la
progressione della forza orizzontale che la parte di struttura in esame è
in grado di sopportare al variare dello spostamento.
4.6.1 Analisi cinematica lineare
Per ottenere il moltiplicatore orizzontale αo dei carichi che porta alla attivazione del meccanismo locale di danno, è necessario applicare ai
blocchi rigidi che compongono la catena cinematica le seguenti forze:
•
i pesi propri dei blocchi, applicati nel loro baricentro;
•
i carichi verticali portati dagli stessi (pesi propri e sovraccarichi dei
solai e della copertura, ecc);
89
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
•
un sistema di forze orizzontali proporzionali ai carichi verticali portati, se queste non sono efficacemente trasmesse;
•
eventuali forze esterne (ad esempio quelle dovute alla presenza di
catene);
•
eventuali forze interne (ad esempio le azioni dovute all’attrito ed
all’ingranamento tra i conci murari).
Assegnata una rotazione virtuale θk al generico blocco k, è possibile determinare gli spostamenti delle diverse forze nella rispettiva direzione.
Il moltiplicatore αo si ottiene dall’applicazione del Principio dei Lavori
Virtuali, uguagliando il lavoro totale eseguito dalle forze esterne ed interne applicate al sistema in corrispondenza dell’atto di moto virtuale:

n
n+m

n
o
 i =1
j = n +1

i =1
h =1
α o  ∑ Piδ x,i + ∑ Pj δ x, j  − ∑ Piδ y ,i − ∑ Fhδ h = L fi
dove:
n: numero di tutte le forze peso applicate ai diversi blocchi della catena
cinematica;
m: numero di forze peso non direttamente gravanti sui blocchi le cui
masse, per effetto dell’azione sismica, generano forze orizzontali sugli elementi della catena cinematica, in quanto non efficacemente
trasmesse ad altre parti dell’edificio;
o: numero di forze esterne, non associate a masse, applicate ai diversi
blocchi;
Pi: generica forza peso applicata (peso proprio del blocco, applicato nel
suo baricentro, o un altro peso portato);
Pj: generica forza peso, non direttamente applicata sui blocchi, la cui
massa, per effetto dell’azione sismica, genera una forza orizzontale
sugli elementi della catena cinematica, in quanto non efficacemente
trasmessa ad altre parti dell’edificio;
δx,i: spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’iesimo peso Pi, assumendo come verso positivo quello associato alla direzione secondo cui agisce l’azione sismica che attiva il meccanismo;
δx,j: spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’jesimo peso Pj, assumendo come verso positivo quello associato alla direzione secondo cui agisce l’azione sismica che attiva il meccanismo;
90
Capitolo 4 - Le verifiche locali
δy,i: spostamento virtuale verticale del punto di applicazione dell’iesimo peso Pi, assunto positivo se verso l’alto;
Fh: generica forza esterna (in valore assoluto), applicata ad un blocco;
δh: spostamento virtuale del punto dove è applicata la h-esima forza esterna,
nella direzione della stessa, di segno positivo se con verso discorde;
Lfi: lavoro di eventuali forze interne.
Ad esempio, nel caso elementare di un blocco murario di altezza h e
spessore t sottoposto al solo peso proprio G, che possa ruotare intorno al
polo P come in figura 4.7, lo spostamento orizzontale δx da considerare
sarebbe quello del baricentro (evidenziato dalla crocetta prima e dopo la
rotazione θk). La stessa rotazione θk provoca un innalzamento δy del baricentro, per cui in questo semplice caso, applicando il P.L.V., si ha:
t
G ⋅δ y δ y 2 θk t
αo =
=
=
=
G ⋅δ x δ x h θ
h
k
2
Pertanto, maggiore è lo spessore del muro e maggiore sarà il moltiplicatore dei carichi orizzontali necessari per il suo ribaltamento.
fig. 4.7
Si fa notare che lo stesso risultato si sarebbe conseguito uguagliando direttamente il momento ribaltante con quello stabilizzante:
t
2 = t
αo =
h h
G⋅
2
G⋅
Il tutto è solo un po’ più complesso se si considera anche l’azione F di
un solaio che poggiasse (a puro titolo di esempio) sul bordo interno,
come indicato dalla freccia in alto a destra della figura 4.7:
91
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
t
G ⋅ + F ⋅t
2
αo =
h
G⋅ + F ⋅h
2
Ottenuto il moltiplicatore αo che attiva il meccanismo, occorre ricercare lo
spostamento dko di un punto di controllo (in genere il baricentro del blocco)
oltre il quale il ribaltamento del muro diventa irreversibile (collasso).
Se le forze in gioco vengono mantenute costanti, il legame tra il moltiplicatore orizzontale dei carichi e lo spostamento sarà di tipo lineare, per cui
il diagramma dk-α è rappresentato da una retta, la cui equazione è:

α = α o 1 −

dk
d ko
.


Noto l’andamento del moltiplicatore orizzontale α dei carichi, in funzione dello spostamento dk del punto di controllo della struttura, deve
essere definita la curva di capacità dell’oscillatore equivalente, come relazione tra l’accelerazione a* e lo spostamento d*.
La massa partecipante al cinematismo M* può essere valutata considerando gli spostamenti virtuali dei punti di applicazione dei diversi pesi,
associati al cinematismo, come una forma modale di vibrazione:
 n+m

 ∑ Piδ x,i 
i =1

M* = 
n+m
g ∑ Piδ x2,i
2
i =1
dove:
g = accelerazione di gravità;
n+m = numero delle forze peso Pi applicate le cui masse, per effetto
dell’azione sismica, generano forze orizzontali sugli elementi della
catena cinematica;
δx,i = spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione
dell’i-esimo peso Pi.
L’accelerazione sismica spettrale a* si ottiene moltiplicando per
l’accelerazione di gravità il moltiplicatore αo e dividendolo per la frazione di massa partecipante al cinematismo.
L’accelerazione spettrale di attivazione del meccanismo vale quindi:
92
Capitolo 4 - Le verifiche locali
n+ m
ao* =
α o ∑ Pi
i =1
M*
α g
= o
e*
n+ m
dove e* = gM * / ∑ Pi è la frazione di massa partecipante della struttura.
i =1
Lo spostamento spettrale d* dell’oscillatore equivalente può essere ottenuto come spostamento medio dei diversi punti nei quali sono applicati
i pesi Pi, pesato sugli stessi. In via approssimata, noto lo spostamento
del punto di controllo dk è possibile definire lo spostamento spettrale
equivalente con riferimento agli spostamenti virtuali valutati sulla configurazione iniziale:
n+ m
d*
= dk ⋅
∑ Piδ x,i
i =1
n+ m
δ x,k ∑ Pi
i =1
dove n, m, Pi, δx,i sono definiti come sopra e δx,k è lo spostamento virtuale orizzontale del punto k, assunto come riferimento per la determinazione dello spostamento dk.
Nel caso in cui la curva presenti un andamento lineare, fatto che, ribadiamo, si verifica quando le diverse azioni vengono mantenute costanti,
la curva di capacità assume la seguente espressione:
 d* 

a * = ao* 1 −

*
 do 
dove d o* è lo spostamento spettrale equivalente corrispondente allo
spostamento dko. In figura 4.8 si osserva una curva ad andamento lineare, ed un’altra tratteggiata in cui l’andamento non è lineare a causa di
azioni che per un certo spostamento vengono meno.
La resistenza e la capacità di spostamento relative agli stati limite di
danno e ultimo verranno valutate sulla curva di capacità, in corrispondenza dei punti seguenti:
•
Stato Limite di Danno: dall’accelerazione spettrale ao* , corrispondente all’attivazione del meccanismo di danno;
•
Stato Limite Ultimo: dallo spostamento spettrale d u* , corrispondente
al minore fra gli spostamenti così definiti: a) il 40% dello spostamen93
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
to per cui si annulla il moltiplicatore α, valutato su una curva in cui
vanno considerate solamente le azioni di cui è certa la presenza fino
al collasso; b) lo spostamento corrispondente a situazioni localmente
incompatibili con la stabilità degli elementi della costruzione (ad esempio putrelle che si sfilano dalla loro sede, catene che si snervano),
nei casi in cui questo sia valutabile.
fig. 4.8
4.6.2 Verifiche di sicurezza allo SLD ed allo SLU in analisi lineare
A questo punto è possibile effettuare le verifiche, sia allo stato limite di
danno (SLD) che ultimo (SLU) in analisi lineare.
La verifica di sicurezza nei confronti dello SLD è soddisfatta se l’accelerazione spettrale d’attivazione del meccanismo è superiore all’accelerazione dello spettro elastico definito al punto 3.2.6 dell’O.P.C.M.
3431, valutata per T=0, opportunamente amplificato per considerare la
quota della porzione di edificio interessata dal cinematismo:
ao* ≥
ag S 
Z 
 1 + 1 .5 
2 .5 
H
dove:
ag, S sono definiti ai punti 3.2.1 e 3.2.3 dell’O.P.C.M. 3431 (Spettro
di risposta elastico);
Z è l’altezza, rispetto alla fondazione dell’edificio, del baricentro delle
forze peso le cui masse, per effetto dell’azione sismica, generano forze orizzontali sugli elementi della catena cinematica del meccanismo,
in quanto non efficacemente trasmesse ad altre parti dell’edificio;
H è l’altezza della struttura rispetto alla fondazione.
94
Capitolo 4 - Le verifiche locali
La verifica di sicurezza nei confronti dello SLU è soddisfatta se
l’accelerazione spettrale ao* che attiva il meccanismo soddisfa la seguente disuguaglianza:
ao* ≥
ag S 
Z 
1 + 1.5 
q 
H
dove ag, S, Z e H sono definiti come sopra e q è il fattore di struttura.
Quest’ultima verifica è la cosiddetta “verifica semplificata”, che impiega il fattore di struttura q.
4.6.3 Verifica di sicurezza allo SLU in analisi non lineare
In alternativa al metodo precedente, la verifica allo SLU può essere effettuata in analisi non lineare, mediante lo spettro di capacità.
In tal caso, la verifica di sicurezza consisterà nel confronto tra la capacità di spostamento ultimo du* del meccanismo locale e la domanda di
spostamento ∆d, valutata attraverso uno spettro simile a quello impiegato al p. 4.9 per la valutazione della forza agente su elementi non strutturali, in corrispondenza del periodo secante Ts. Il calcolo procede per i
seguenti passi:
1. si definisce lo “spostamento secante” d s* = 0.4 ⋅ d u* ;
2. si individua sulla curva di capacità l’accelerazione a s* corrisponden-
te allo spostamento d s* ;
3. si calcola il periodo secante come: Ts = 2π
d s*
;
a *s
4. si calcola la capacità di spostamento ∆d, che a seconda del valore di
Ts vale (p. 11.C.9):
Ts < 1.5 ⋅ T1
∆ d (Ts ) = a g S
Ts2
4π 2
 3 ⋅ (1 + Z H )



−
0
.
5
2
 1 + (1 − T T )

s
1


1.5 ⋅ T1 ≤ Ts < TD
∆ d (Ts ) = a g S
Z
1.5 ⋅ T1 ⋅ Ts 
1.9 + 2.4 

H
4π 2 
Ts ≥ TD
∆ d (Ts ) = a g S
Z
1.5 ⋅ T1 ⋅ TD 
+
1
.
9
2
.
4


H
4π 2 
95
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
in cui:
ag, S e TD sono definiti ai punti 3.2.1 e 3.2.3 dell’O.P.C.M. 3431
(Spettro di risposta elastico);
T1 è il primo periodo di vibrazione della struttura nella direzione
considerata;
Z ed H sono definite come per lo SLD.
La verifica è soddisfatta se lo spostamento ultimo rispetta la condizione:
∆ d ≤ d u* .
4.6.4 Conclusioni
In definitiva, per ogni facciata dell’edificio, dove lo si ritenesse necessario, dovranno essere effettuate le verifiche locali con la metodologia
sopra esposta ipotizzando i possibili meccanismi.
Per una corretta definizione della catena cinematica occorre fare le seguenti considerazioni.
Nel caso che le murature della facciata siano bene ammorsate con i muri trasversali, è possibile la formazione di porzioni di muratura che ribaltano insieme ad essa (cunei di distacco). Il peso proprio di tali cunei
(vedi figura 4.9) è evidentemente stabilizzante, così come l’eventuale
carico agente su essi dovuto a solai, ecc.
fig. 4.9
96
Capitolo 4 - Le verifiche locali
Nel caso la facciata non risulti verificata, occorrerà inserire ai vari livelli delle catene, per cui il calcolo va rifatto tenendo conto di tali forze.
L’azione della catena da considerare è pari ad Af×fyd, ossia all’area della
sezione moltiplicata per la tensione di progetto dell’acciaio. Ciò comporta
che le piastre capochiave siano sufficientemente dimensionate, altrimenti
il limite è rappresentato dalla resistenza che queste possono offrire.
Per questo motivo è norma posizionare le catene in prossimità di muri
ad esse paralleli, in modo da lavorare a contrasto e quindi assicurarsi la
collaborazione di questi, scongiurando nel contempo la possibilità di
rottura per punzonamento della parete. La loro dimensione deve essere
inoltre tale da evitare schiacciamenti localizzati della muratura. Poiché i
valori che così si ottengono sono molto alti, anche con tondini di modesto diametro (comunque φ ≥ 16 mm per evitare allungamenti eccessivi),
spesso sono necessarie piastre di elevate dimensioni. Si può calcolare,
invece, il tiro da affidare alla catena in corrispondenza di un coefficiente moltiplicativo dei carichi orizzontali α pari 1 e dimensionare le piastre in base a quest’ultimo valore.
Se sono state inserite catene ad un certo livello, oppure si è certi del buon ammorsamento dei solai, occorre
verificare che le pareti siano verificate anche allo
“sganciamento” (verifica a rottura interna), meccanismo che si verifica con la formazione di due cerniere
in corrispondenza del vincolo e con la formazione di
una cerniera ad un’altezza intermedia, secondo lo
schema indicato anche nel Commentario ‘96. Tale verifica deve essere effettuata tra ogni coppia di vincoli
efficaci, come indicato nella figura 4.10.
In casi semplici esistono formule per calcolare direttamente la quota della sezione in cui presumibilmente si formerà la cerniera cilindrica. In casi più complessi occorre reiterare il calcolo più volte in corrispondenza di varie sezioni e scegliere quella in cui il
valore di α è minimo.
fig. 4.10
97
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
Deve essere, inoltre, verificato il meccanismo che si oppone al tiro della
catena che collabora con il muro. Tale meccanismo può essere schematizzato come indicato in figura 4.11, in cui si ipotizza la formazione di
una fessura diagonale, per cui i blocchi soggetti a cinematismo sono
triangolari e possono ruotare intorno al vertice in basso.
Per ogni blocco sono state evidenziate solo alcune delle forze possibili
che agiscono su di esso quali il peso proprio del blocco, la forza sismica
orizzontale agente nel baricentro, l’aliquota del tiro della catena, il peso
della struttura sovrastante.
fig. 4.11
Inoltre, può essere talora importante verificare che piccole porzioni della
facciata stessa non subiscano collassi, come ad esempio (vedi figura 4.12)
il maschio murario compreso tra due aperture consecutive che potrebbe
essere vulnerabile a ribaltamento, non avendo adeguati collegamenti trasversali. In questo caso ed in casi analoghi, è bene effettuare una verifica
al ribaltamento parziale, ristretta cioè solo a quella porzione di muratura.
Ancora più importanza assume tale verifica se si è in presenza di un tetto
spingente e si teme che il cordolo di sommità sia inefficace.
fig. 4.12
98
Capitolo 4 - Le verifiche locali
Per la corretta applicazione di questa semplice metodologia di calcolo
(almeno, nelle sue linee generali), sono opportune alcune considerazioni finali.
È di fondamentale importanza un’adeguata schematizzazione del problema, tenendo conto degli elementi sempre presenti anche in edifici
semplici, quali variazioni di spessore, aperture, aggetti, altrimenti si rischia di falsare il calcolo. Va tenuto conto, per quanto possibile, di aspetti quali la resistenza del materiale, attriti, possibilità di scorrimento
e presenza di catene.
Da quanto esposto si deduce come i meccanismi che possano formarsi
siano innumerevoli, per cui l’intuito del tecnico resta di fondamentale
importanza. A puro titolo di esempio, si menziona qualche altro
meccanismo di collasso:
•
distacco di angoli di muratura all’ultimo piano, per la spinta di puntoni spingenti di colmo in posizione diagonale;
•
spanciamento a “V”, con formazione di una cerniera cilindrica verticale al centro della V stessa, per inefficacia e/o inesistenza del cordolo di coronamento e/o per la presenza di strutture spingenti;
•
ribaltamento di corpi di fabbrica aggiunti (ampliamenti e simili) per
cattivo ammorsamento con la muratura preesistente;
•
espulsione dell’estremità superiore di un timpano a causa della presenza di una grossa trave di colmo poggiante su di esso;
•
meccanismi generati dalla differenza di altezza fra porzioni di fabbrica, ad esempio con fabbricati contigui;
•
meccanismi dovuti a cattivo collegamento fra i due paramenti di muratura a sacco.
4.7 Fondazioni
Occorre evidenziare che non esistono particolari prescrizioni normative in
merito alle fondazioni. È fortemente consigliato da vari autori un buon
collegamento con cordoli tale da evitare spostamenti relativi fra i vari elementi resistenti. La fondazione può essere pensata come composta da
vari plinti isolati sottoposti a sforzo normale centrato, eventualmente in99
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
crementato per effetto dei momenti ribaltanti (da vento/sisma) cui
l’edificio è sottoposto. Se si vuole, si può considerare il momento trasmesso dalla muratura in elevazione per effetto del vento/sisma. Se però
si pensa all’edificio come un unico blocco rigido, tale ipotesi viene meno
per cui il momento può essere trascurato. Se, invece, questo momento
non lo si vuole trascurare, occorre includerlo nella verifica, anche se tale
tipo di verifica non ha un buon riscontro dal punto di vista geotecnico,
dovendosi preferire una verifica a carico limite (tipo Terzaghi).
Per quanto attiene il calcolo del carico limite, ci si può riferire all’EC7,
come indicato dal p. 3.4.7, laddove, in sintesi, ci si riferisce a tre situazioni progettuali A, B e C per le quali sono definiti i coefficienti di riduzione dei parametri geotecnici (angolo di attrito, coesione, ecc.) con i
quali calcolare per l’appunto il carico limite che va considerato tal quale
per la verifica, cioè senza ulteriori riduzioni.
Il p. 8.1.8 dell’O.P.C.M. 3431 impone che le fondazioni siano in c.a. e
siano prive di interruzioni. Se il piano interrato o cantinato di un edificio è costituito da pareti in c.a. esso può essere pensato come struttura
di fondazione, nel rispetto dei requisiti di continuità delle fondazioni, e
non va computato nel conteggio del numero di piani.
100
Indice
Premessa .......................................................................................... pag.
3
1 Il Quadro Normativo...........................................................................”
5
1.1 L. 2 febbraio 1974, n. 64 - Provvedimenti per le costruzioni con
particolari prescrizioni per le zone sismiche .......................................”
5
1.2 L. 14 maggio 1981 n.219 ed Istruzioni Circ. 30/7/81 - Interventi
in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del
novembre 1980 e del febbraio 1981 ....................................................”
7
1.3 D.M. LL.PP. 20 novembre 1987 - Norme tecniche per la
progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura
e per il loro consolidamento..................................................................”
9
1.4 D.M. 16 gennaio 1996 - Norme tecniche per le costruzioni in
zone sismiche .......................................................................................”
10
1.5 Circ. Min. LL.PP. 10 aprile 1997 n.65 - Istruzioni per
l’applicazione delle norme tecniche per le costruzioni in zone
sismiche di cui al D.M. 16 gennaio 1996 ............................................”
12
1.6 L. 30 marzo 1998, n. 61 - Conversione in legge, con modificazioni,
del D.L. 30 gennaio 1998, n. 6, recante ulteriori interventi urgenti
in favore delle zone terremotate delle regioni Marche e Umbria e
di altre zone colpite da eventi calamitosi ................................................”
14
1.7 Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 20/3/2003
n. 3274 - Primi elementi in materia di classificazione sismica
del territorio nazionale e di normative tecniche per le
costruzioni in zona sismica ..................................................................”
16
Edilizia 2007 - Edifici in Muratura
1.8 Norme tecniche per le costruzioni - “Testo Unico” D.M. 14
settembre 2005 - Supplemento Ordinario n.159 .............................. pag. 19
1.9 I terreni e le opere di fondazione......................................................... ”
22
1.10 Le Normative vigenti ad oggi .............................................................. ”
24
2 Il Materiale “Muratura” ...................................................................... ”
25
2.1 Caratteristiche generali ........................................................................ ”
25
2.2 I Fattori che influenzano le caratteristiche meccaniche ...................... ”
27
2.3 Le caratteristiche meccaniche delle murature nuove .......................... ”
28
2.4 Le caratteristiche meccaniche delle murature esistenti....................... ”
29
2.5 Il comportamento del materiale muratura ........................................... ”
30
2.6 Tensioni di progetto ............................................................................. ”
33
Resistenza di calcolo a compressione fd.............................................. ”
33
Resistenza di calcolo a taglio fvd .......................................................... ”
34
3 Il Modello Strutturale e i Metodi di Calcolo .................................... ”
35
3.1 La concezione strutturale dell’edificio ................................................ ”
35
3.2 Elementi strutturali e loro modellazione ............................................. ”
37
3.3 Le azioni sugli edifici .......................................................................... ”
43
3.4 La verifica sismica globale degli edifici in muratura.......................... ”
48
3.5 Il metodo VeT - Verifica a Taglio semplificata .................................. ”
49
3.6 Il metodo POR ..................................................................................... ”
50
3.7 Il metodo PORFLEX ........................................................................... ”
54
3.8 L’analisi modale .................................................................................. ”
56
3.9 L’analisi statica non lineare ................................................................. ”
57
3.9.1 Gli aspetti normativi ............................................................................ ”
58
3.9.2 Il modello strutturale e l’applicabilità dell’Analisi Statica non
Lineare ................................................................................................. ”
59
3.9.3 La costruzione delle distribuzioni di forza da considerare ................. ”
61
3.9.4 Costruzione della curva di capacità..................................................... ”
62
Indice
3.9.5 Costruzione del sistema equivalente ad un grado di libertà ............. pag. 64
3.9.6 Risposta massima in spostamento del sistema equivalente.................”
67
3.9.7 Edifici in muratura nuovi .....................................................................”
68
4 Le verifiche locali ...............................................................................”
71
4.1 Le verifiche locali secondo il DM ‘87 .................................................”
72
Verifica dei muri soggetti ai carichi verticali ......................................”
73
Verifica a pressoflessione (nel piano della parete)..............................”
74
Verifica a taglio (nel piano della parete) .............................................”
76
4.2 Le verifiche locali alle azioni ortogonali al piano principale..............”
76
4.3 Le verifiche locali alle azioni complanari ...........................................”
81
4.3.1 Rottura per taglio-scorrimento.............................................................”
81
4.3.2 Rottura per fessurazione diagonale......................................................”
82
4.3.3 Rottura per flessione-ribaltamento.......................................................”
82
4.3.4 Verifiche secondo l’O.P.C.M. 3431 ....................................................”
83
4.4 Le verifiche locali secondo le prescrizioni del T.U. ...........................”
83
4.4.1 Resistenza della muratura ....................................................................”
84
4.4.2 Le combinazioni di carico....................................................................”
85
4.4.3 Valutazione della snellezza e delle eccentricità di calcolo..................”
85
4.4.4 Le verifiche ..........................................................................................”
86
4.5 Le indicazioni contenute nell’EC6 ......................................................”
86
4.6 Analisi dei meccanismi locali di collasso - All. 11.C O.P.C.M. 3431...”
87
4.6.1 Analisi cinematica lineare....................................................................”
89
4.6.2 Verifiche di sicurezza allo SLD ed allo SLU in analisi lineare ..........”
94
4.6.3 Verifica di sicurezza allo SLU in analisi non lineare ..........................”
95
4.6.4 Conclusioni...........................................................................................”
96
4.7 Fondazioni ............................................................................................”
99
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E. 1 R. 1 - 04/10/2006
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