Aspetti contabili e fiscali delle sponsorizzazioni. Uno degli argomenti di sicuro interesse per le imprese che fanno ricorso alle sponsorizzazioni, è stabilire la possibilità o meno di considerare deducibili tali costi d’esercizio, in particolare se includerli tra quelli ad integrale deducibilità fiscale. Su questa ipotesi gli organi dell’Amministrazione finanziaria, la giurisprudenza e la dottrina si sono divisi tra orientamenti favorevoli e contrari. Inizialmente l’attenzione si soffermerà sulle disposizioni introdotte dal Legislatore per quanto riguarda il bilancio civilistico; tre sono gli articoli che interessano la trattazione: l’art. 2424 c.c. (contenuto dello Stato Patrimoniale), il 2426 c.c. (criteri di valutazione) ed il 2427 c.c. (contenuto della Nota Integrativa), entrambi modificati dal D. Lgs. n. 127 del 09/04/1991, che regola la materia societaria a partire dal bilancio 1993. I costi di pubblicità trovano posto nelle voci dell’attivo, tra le immobilizzazioni immateriali (2424 c.c.), e di essi deve essere fornita “ .. la composizione, .. le ragioni dell’iscrizione ed i rispettivi criteri di ammortamento” (2427 c.c.), il tutto ispirato ai principi cardine di redazione del bilancio sanciti dall’art. 2423 c.c.: chiarezza, veridicità e correttezza. Mentre per quanto riguarda i criteri di valutazione l’art. 2426 c.c. così recita “ .. per i costi ad utilità pluriennale, il Legislatore stabilisce la possibilità che possano essere (con il consenso del Collegio Sindacale) ammortizzati entro un periodo non superiore ai cinque anni”, “purché siano stati correttamente contabilizzati per il loro esatto importo e nel periodo di competenza” (01). In altri termini viene lasciata ampia discrezionalità ad ogni società. Spostando l’attenzione invece sul bilancio fiscale il confronto verte sull’interpretazione 35 dell’art. 74, comma 2 (modificato dalla Legge n. 549 del 28/12/1995) del TUIR, ed è riferito alla distinzione tra spese di rappresentanza e spese di pubblicità, con le prime deducibili solo parzialmente, mentre le seconde sono totalmente deducibili. In particolare un’interpretazione riduttiva comporta la deducibilità di 1/3 del costo, da suddividere in cinque esercizi (quindi 1/15 ogni esercizio); al contrario un’interpretazione estensiva consente all’azienda di dedurre per intero il costo nell’anno della sua contabilizzazione oppure, a discrezione dell’azienda, ripartito in quote costanti ed essere dedotto nell’esercizio di sostentamento e nei 4 successivi (02). Ne deriva che includere le sponsorizzazioni nell’una o nell’altra categoria di spese produce effetti totalmente diversi sul bilancio dell’impresa sponsor. Inizialmente l’analisi si occuperà delle posizioni contrarie alla totale deducibilità delle spese in questione. Ad esempio il Comitato di coordinamento del Secit nella delibera n. 7 del 22/01/93 sostiene che il discorso debba essere ricondotto alla natura del costo sostenuto, distinguendo se la spesa debba considerarsi rivolta alla diffusione di un prodotto e/o servizio, oppure se la spesa sia rivolta a migliorare l’immagine dell’impresa. Nel primo caso (dove il focus è il prodotto) secondo il Secit si è in presenza di una spesa di pubblicità, mentre nell’altro (immagine) si deve parlare di spese di rappresentanza. In dottrina si intravedono diversi spunti critici a questa impostazione, partendo da alcune considerazioni: 1) la distanza tra prodotto ed immagine tende sempre più ad assottigliarsi, al punto che appaiono due aspetti inscindibili. A questa conclusione sono arrivati alcuni autori, che al riguardo così si sono espressi: “.. l’immagine di un’azienda rappresenta il risultato della fusione di due immagini distinte: l’una costituita dagli aspetti tangibili (dimensione, prodotti o servizi, ecc.) ed indicata come “immagine materiale”, l’altra 36 rappresentata da una proiezione astratta dell’azienda e della sua attività nei confronti dei molteplici pubblici con cui viene a contatto (es. immagine sociale). Quest’ultima viene definita “immagine immateriale” (03), alla quale si riferisce H. Itami nella teoria degli “invisible assets”. Ancora Brioschi che, nel secondo assioma della comunicazione totale sostiene che “ .. qualsiasi elemento, aspetto o attività dell’azienda finisce per influire sull’immagine” (04). 2) in molti casi il nome del prodotto coincide con la denominazione sociale dell’impresa e quindi fare pubblicità al nome è come farla ai prodotti e viceversa; 3) nel settore del commercio ed in particolare nella grande distribuzione, non sempre è possibile fare pubblicità ai prodotti (salvo il ricorso a depliant o cataloghi utilizzati per attirare l’attenzione su particolari sales promotion, che – pur facendo “ruotare” i prodotti in offerta – hanno cadenze periodiche), quindi si rende opportuno pubblicizzare il nome o marchio dell’impresa, attraverso una sponsorizzazione. A tale proposito basti pensare che in alcuni sport (basket e pallavolo) la squadra sponsorizzata assume addirittura il nome dello sponsor (in questo caso si parla di abbinamento) associato alla città dove si giocano le partite. Questo determina un aumento significativo della visibilità dello sponsor, specie sulla stampa e TV, grazie al fatto che viene continuamente citato nei servizi giornalistici (05). In senso restrittivo si è pronunciato anche il Tar del Lazio con la Sentenza n. 673 del 18/5/91, nella quale si analizza il problema, attuando una distinzione tra pubblicità diretta e indiretta. In particolare i giudici amministrativi sostengono che l’elemento distintivo è rappresentato dall’invito esplicito (o meno) rivolto dal messaggio pubblicitario al pubblico affinché acquisti. 37 In altri termini perseguire l’obiettivo di “.. influenzare l’appello nominale, ovvero la ricerca e la richiesta esplicita sul punto vendita dell’azienda e dei suoi prodotti” (06). Quindi secondo questa interpretazione le spese di sponsorizzazione, non facendo un esplicito “invito” all’acquisto, rientrano nella categoria dei contributi sostenuti per organizzare convegni e simili, che l’art. 74, comma 2 del TUIR include tra le spese di rappresentanza, e come tali sono parzialmente deducibili dal reddito d’impresa (07). Discutibile appare l’interpretazione fornita dal Tar laziale, che nella suddetta Sentenza sostiene che “ .. l’effetto (da parte della pubblicità indiretta) sulla produzione del reddito è minimo e, comunque, trascurabile”. D’altra parte si ritiene che sono innegabili i benefici ottenuti (sia in termini di notorietà che di crescita del fatturato) dalle imprese che hanno scelto di sponsorizzare lo sport, in particolare quello professionistico, che garantisce una visibilità elevata. A tale proposito vedi quanto dichiarato da Giovanni Palazzi, Presidente di StageUp.com (società che ha dato vita ad una partnership con TNS Abacus per effettuare una ricerca continuativa sulle potenzialità degli eventi sportivi ed il valore delle sponsorizzazioni sportive): “La notorietà rilevata dall’abbinamento sportivo tra il Chievo (squadra di calcio che milita dal 2001 nel campionato di calcio di serie A) e la Paluani è significativamente superiore a quella di altri eventi sportivi ..” (08). Proseguendo nel confronto sulle tesi riguardanti la deducibilità integrale delle spese in questione, tra i pareri favorevoli si pone la Direzione Generale delle Imposte (ora Agenzia delle Entrate), che con la Risoluzione n. 9/204 del 17/06/92 ha precisato che “.. per spese di rappresentanza si intendono quelle sostenute dall’impresa per offrire al pubblico un’immagine positiva .. caratterizzate dalla loro “gratuità”, cioè dalla mancanza di un corrispettivo o di una specifica controprestazione da parte dei destinatari della somma”. 38 Invece “le spese di sponsorizzazione possono accomunarsi a quelle di pubblicità se sono connesse ad un contratto a prestazioni corrispettive tra lo sponsor e il soggetto sponsorizzato (sponsee), e pertanto sono interamente deducibili” (09). Anche la Sezione I della Cassazione, con Sentenza n. 10.662 del 10 ottobre 1991, si è pronunciata sulla legittimità di alcune riprese fiscali operate dall’Ufficio delle Imposte Dirette, nei confronti di un contribuente che aveva considerato interamente deducibili le spese di “pubblicità redazionale”, ed ha avallato la tesi della deducibilità piena dal reddito d’impresa. L’argomentazione fornita dalla Cassazione è stata che “ .. con riferimento alla realtà di oggi la pubblicità che si rivela efficace (e quindi inerente alla produzione del reddito) non è solo quella che, nei mezzi di comunicazione di massa, viene presentata come tale, bensì anche quella indicata col nome di pubblicità redazionale .. che al pari di altre iniziative (es. sponsorizzazioni, ecc.) aumenta l’immagine dell’impresa presso il pubblico ..”. La complessità nella quale l’impresa – per superare la concorrenza – utilizza una pluralità di media per comunicare con il proprio target, al fine di promuovere le vendite (10), ha portato il legislatore italiano a fornire una definizione molto ampia di pubblicità: “.. qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività imprenditoriale (v. classificazione art. 2195 c.c.) .. allo scopo di promuovere la vendita di beni oppure la presentazione di servizi” (11). Recentemente la Circolare Ministeriale n. 148/E del 17/09/1998 opera una distinzione ricordando che “ .. nel caso delle spese di pubblicità, l’obbligo tra le parti consegue dalla stipula di un contratto, che manca nel caso delle spese di rappresentanza” (12). Pertanto il contratto di sponsorizzazione (di qualunque tipologia esso sia: sportiva, culturale, ..), posto in essere per ottenere vantaggi in termini di maggiori ricavi futuri, deve essere considerato pubblicità a tutti gli effetti. 39 L’Associazione dottori commercialisti di Milano, ha preso parte al dibattito in questione, attraverso la predisposizione di un’apposita norma di comportamento (la 127 del 1986), che definisce spese di pubblicità quelle destinate a favorire le vendite, anche indirettamente, .. o a promuovere la conoscenza presso il pubblico. Dopo aver definito le spese di sponsorizzazione come quelle che “dietro prestazioni corrispettive, associano pro-tempore durante una manifestazione sportiva, artistica, culturale o scientifica, il nome dello sponsor alla manifestazione .. “, i dottori commercialisti aggiungono in modo inequivocabile che “la sponsorizzazione non può essere considerata spesa di rappresentanza, in quanto non contiene alcun componente di liberalità, ma è finalizzata a produrre benefici in termini commerciali” (13). Una soluzione salomonica, prodromica allo Statuto del Contribuente, è stata delineata dalla Legge n. 413/1991, che con l’art. 21 ha introdotto il cd. “diritto di interpello” o tax ruling: “.. è istituito, alle dirette dipendenze del Ministero delle Finanze, il Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive, chiamato ad esprimersi in merito a casi concreti rappresentati dal contribuente, ..” (14), tra i quali vengono indicati in modo esplicito quelli relativi all’applicazione dell’art. 74, comma 2. Dal punto di vista pratico il contribuente, che ha l’onere di indicare quale sia la sua interpretazione (15), può richiedere il parere alla competente Direzione Generale dell’Agenzia delle Entrate, fornendole tutti gli elementi conoscitivi utili al fine di una corretta qualificazione tributaria della fattispecie prospettata. La mancata risposta da parte del Comitato consultivo entro 120 giorni equivale a silenzio-assenso. Il parere potrà essere usato solo dal soggetto richiedente ed avrà efficacia vincolante per gli accertatori, in considerazione della qualifica dei componenti l’organo da cui proviene (16). Riepilogando, le caratteristiche che permettono, secondo la dottrina favorevole, di poter includere tra le spese di pubblicità il contratto di sponsorizzazione sono: 40 a – la causa del contratto, che consiste nell’intento promozionale; b – la corrispettività delle prestazioni; c – l’ampiezza del messaggio divulgato, che deve raggiungere una platea diffusa di consumatori; d – l’oggetto del messaggio, che deve riguardare l’impresa; e – i destinatari del messaggio (target), che devono essere potenzialmente interessati. Concludendo si ritiene opportuno fare riferimento alle norme che prevedono incentivi a favore delle associazioni sportive dilettantistiche e delle società che erogano sponsorizzazioni (vedi la Legge n. 128 del 21/05/2004, che ha aggiornato la Legge n. 289/2002 o “Finanziaria 2003”). Le associazioni sportive dilettantistiche, per beneficiare di tale regime agevolato, previa opzione ex Legge n. 398/1991 (art. 109 bis TUIR, introdotto dall’art. 4 del D. Lgs. n. 460 del 4/12/1997 e riservato agli enti non commerciali), devono possedere i seguenti requisiti: A - Oggettivo, ovvero aver conseguito un volume di ricavi commerciali non superiore a 250.000 Euro (Resta inteso che, il superamento di detto limite nel periodo d’imposta, comporta il passaggio immediato al regime ordinario). B - Soggettivo: b1) adeguamento dello Statuto (per le società esistenti) ovvero la previsione della “assenza di fini di lucro” e l’inserimento della precisazione “società sportiva dilettantistica” nella denominazione sociale; b2) atto costitutivo in forma scritta (per le società di nuova costituzione) con la previsione degli elementi di cui al punto “b1”. Copia dello statuto e dell’atto costitutivo dovranno essere inviati al Comitato da cui dipendono le società; di conseguenza ne saranno informati anche la Lega Nazionale Dilettanti, la FIGC, il CONI (17) e l’Agenzia delle Entrate. 41 Il rispetto delle condizioni di cui sopra garantisce di poter determinare in misura forfetaria il reddito tassabile ai fini IRPEG (ora IRES), applicando un “coefficiente di redditività” pari al 3 % dei ricavi commerciali (18). Ma l’elemento di grossa novità è rappresentato dal fatto che con questa norma il Legislatore fa definitivamente chiarezza sulla vexata quaestio; infatti sancisce che, ai fini delle imposte dirette, le somme erogate a titolo di sponsorizzazioni sono considerate deducibili per un importo massimo di 200.000 Euro, in quanto assimilate alle spese di pubblicità (19), mentre l’eccedenza è considerata spesa di rappresentanza e quindi soggetta ad un trattamento fiscale diverso. Questi incentivi servono a “.. sostenere un settore che promuove e diffonde lo sport di base in tutta Italia, facendo affidamento su circa 800.000 dirigenti volontari di 90.000 società dilettantistiche” (20) e si aggiungono a quelli riguardanti: a) l’esonero totale dagli obblighi di tenuta delle scritture contabili; b) il trattamento agevolato sulle somme percepite da atleti e dirigenti che svolgono attività non professionale di carattere amministrativo-gestionale; infatti i redditi percepiti per compensi, premi, rimborsi forfetari ed indennità fino a 7.500 euro non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini Irpef (21); c) la possibilità di avere una detrazione forfettizzata, ai fini dell’Iva, pari al 10% dell’imposta relativa alle prestazioni di sponsorizzazione (22), in altri termini la deduzione forfetaria è pari al 2%. 42 NOTE: (01) Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, Principi di revisione, documento n. 17, Giuffrè, Milano, 1980, pag. 29; (02) F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario. I Parte generale, IX edizione, Utet, Torino, 2006, pag. 133; (03) Edoardo T. Brioschi, Marketing e comunicazione. Evoluzione di un rapporto, Vita e Pensiero, Milano, 2002, pag. 9; (04) Edoardo T. Brioschi, op. cit., pag. 94; (05) R. Tomasicchio, “Volley, palla da prendere al volo”, in Italia Oggi – Marketing Oggi, n. 100 del 29/06/2000, pag. IV; (06) Edoardo T. Brioschi, op. cit., pag. 96; (07) Regione Lombardia - Direzione Generale Cultura, Dalla sponsorizzazione all’investimento nella cultura, Assolombarda, Milano, 1998, pag. 47; (08) StageUp.com-TNS Abacus: vedi comunicato stampa del 16/04/2002 per la presentazione dei risultati della prima rilevazione 2002 di Sponsor value ®; (09) E. Caira, Società e associazioni sportive, Buffetti, Roma, 2003, pag. 69; (10) ricordiamo che le 5 fondamentali attività promozionali sono: personal selling, sales promotion, advertising, publicity e commercial sponsorship; (11) vedi art. 2, lett. a) del D.Lgs. n. 74 del 25/1/92 varato – in sede di recepimento della Direttiva CEE n. 84/450 – in materia di pubblicità ingannevole; (12) G. Gilberti, L’evento in strada, Franco Angeli, Milano, 2004, pag. 122-123; (13) Regione Lombardia - Direzione Generale Cultura, Dalla sponsorizzazione all’investimento nella cultura, op. cit. , pag. 50; (14) R. Rizzardi, Testo Unico delle Imposte sui Redditi, 13^ edizione, Buffetti, Roma, 1995, pag. 316; (15) F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario. I Parte generale, op. cit., pag. 164; 43 (16) Michele Miele, Spese di pubblicità, propaganda e rappresentanza, Buffetti, Roma, 1995, pag. 81; (17) ogni anno il Coni è tenuto a trasmettere all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle associazioni e delle società sportive iscritte, requisito sostanziale per ottenere contributi pubblici di qualsiasi natura. Vedi Lega Nazionale Dilettanti, Agevolazioni fiscali a favore delle società e delle Associazioni sportive dilettantistiche, FIGC, Luglio 2004, Roma, pag. 13; (18) vedi art. 25 comma 8 della Legge n. 133 del 13/05/1999; (19) vedi art. 90 comma 8 della Legge n. 289 del 27/12/2002, approfondito da Lega Nazionale Dilettanti, Agevolazioni fiscali a favore delle società e delle Associazioni sportive dilettantistiche, op. cit. , pagg. 16 e 43. (20) Lega Nazionale Dilettanti, Comunicato Ufficiale n. 9 del 9/07/2002 sulla stagione sportiva 2002-2003; (21) Lega Nazionale Dilettanti, Agevolazioni fiscali a favore delle società e delle Associazioni sportive dilettantistiche, op. cit. , pagg. 35 e 41; (22) E. Caira, Società e associazioni sportive, op. cit. , pag. 223. 44