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Bloomsday @ Ravenna
16 giugno 2016
Joyce by Rob Berry
Stately, plump Buck Mulligan came from the
stairhead, bearing a bowl of lather on which
a mirror and a razor lay crossed.
Percorso bibliografico a cura sezione LETTURA, Biblioteca Classense
Opere di James Joyce
Ulisse, traduzione di Enrico Terrinoni e Carlo Bigazzi, Roma, Newton Compton,
2012.
Il romanzo è la cronaca di un giorno reale, un inno alla cultura e alla saggezza popolare, e il
canto di un'umanità rinnovata. L'intera vicenda si svolge in meno di ventiquattro ore, tra i primi
bagliori del mattino del 16 giugno 1904 data in cui Joyce incontra Nora Barnacle, la futura
compagna di una vita, che nel tardo pomeriggio dello stesso giorno lo farà "diventare uomo" fino
alle prime ore della notte della giornata seguente. Il protagonista principale, l'ebreo irlandese
Leopold Bloom, non è un eroe o un antieroe, ma semplicemente un uomo tollerante, di larghe
vedute e grande umanità, sempre attento verso il più debole e il diverso, e capace di cortesia anche
nei confronti di chi queste doti non userà con lui. Gli altri protagonisti sono il giovane intellettuale,
brillante ma frustrato dalla vita e dalle
forze politiche e religiose che lo
costringono, Stephen Dedalus già
personaggio principale del libro precedente
di Joyce, Dedalus. Un ritratto dell'artista
da giovane e Molly Bloom, la moglie
dell'ebreo, vera e propria regina del
romanzo. Ulisse è un romanzo della mente:
i suoi monologhi interiori e il flusso di
coscienza sono una vera e propria
versione moderna dei soliloqui amletici. Si
insinuano gradualmente nelle trame
dell'opera, fino a dissolvere ogni limite tra
narrazione realistico-naturalista e
impressione grafica del pensiero vagante.
Marilyn legge l’Ulisse
Ulisse, traduzione di Gianni Celati, Torino, Einaudi, 2013
“L'Ulisse è un libro scritto da qualcuno che doveva diventare tenore (Joyce quando abitava a
Trieste), uno che aveva imparato a trasmettere sulla pagina ciò che i musicisti chiamano 'orecchio
interno', al di là del senso oggettivo delle parole.” (dalla prefazione di Gianni Celati).
Ulysses, with a intruduction by Declan Kiberd, Harmondsworth, Penguin Books,
2000.
“Everybody knows now that Ulysses is the greatest novel of the century”. Anthony Burgess,
Observer.
Gente di Dublino, traduzione di Attilio Brilli, Milano, Mondatori, 2010.
Considerati tra i capolavori della letteratura del Novecento, questi quindici racconti - terminati
nel 1906 ma pubblicati soltanto nel 1914 perché per la loro audacia e realismo gli editori li
rifiutarono - compongono un mosaico unitario che rappresenta le tappe fondamentali della vita
umana: l'infanzia, l'adolescenza, la maturità, la vecchiaia, la morte. Fa da cornice a queste vicende
la magica capitale d'Irlanda, Dublino, con la sua aria vecchiotta, le birrerie fumose, il vento freddo
che spazza le strade, i suoi bizzarri abitanti. Una città che, agli occhi e al cuore di Joyce, è in po' il
precipitato di tutte le città occidentali del nostro secolo.
Dedalus: ritratto dell’artista da giovane, traduzione di Cesare Pavese, Milano,
Adelphi, 1990.
Stephen Dedalus studia, lontano dai genitori, presso i gesuiti. Quando, ormai adolescente, passa a
un altro collegio, vive le prime esperienze sessuali in un bordello di Dublino. Ma in un ritiro
spirituale decide di indirizzarsi a una nuova spiritualità. Presto però si sente insoddisfatto e
quando inizia l'università avverte nuove esigenze estetiche; capisce così di doversi svincolare dalla
famiglia e dalle istituzioni religiose e politiche. Stephen Dedalus si dispone, novello Dedalo, a
lasciare l'Irlanda, il suo “labirinto”.
Finnegans Wake, testo originale a fronte, Milano, Mondadori, 2011.
Concepito come una sorta di “storia universale”, la suprema sintesi del creato,Finnegans Wake
trae spunto dall'omonima ballata popolare tradizionale irlandese, che si era diffusa intorno al
1850; la morte e la comica resurrezione del cui protagonista, Tim Finnegan, entrambe causate dal
uisce beatha - parola che in gaelico significa “acqua della vita”, in inglese diventato poi whiskey
- diventano un'allegoria del ciclo universale della vita. L'inglese wake
significa allo stesso tempo “veglia funebre”, ma anche “risveglio”. La
tecnica del flusso di coscienza, già usata in precedenza nell'Ulisse è qui
portata alle sue estreme conseguenze. La narrazione, la storia di una
famiglia residente nel villaggio di Chapelizod, accanto a Phoenix Park, alla
periferia di Dublino, si svolge interamente all'interno di un sogno del
protagonista: vengono abolite le normali norme della grammatica e
dell'ortografia. Sparisce la punteggiatura, le parole si fondono tra loro
cercando di riprodurre la simbologia del linguaggio onirico, ma riuscendo
così assai oscure.
La prima edizione pubblicata nel 1939
Anna Livia Plurabelle, traduzione francese di S. Beckett; versione italiana di J.
Joyce e N. Frank, Torino, Einaudi, 1996.
Anna Livia Plurabelle è il capitolo ottavo di Finnegan's Wake. Questo volume raccoglie la
redazione inglese di Anna Livia Plurabelle pubblicata nel 1928, la versione francese di
Beckett e altri (con la collaborazione dell'autore) del 1931, e quella italiana dello stesso Joyce
(insieme a Nino Frank) del 1940. La triangolazione dei testi mette in pieno risalto l'idea joyciana
secondo cui la traduzione in altre lingue, integrando lo stesso processo di composizione dell'opera,
partecipa allo straordinario 'work in progress' avviato dall'autore. Il volume, a cura e con un
saggio di Rosa Maria Bollettieri Bosinelli, è arricchito da tre appendici che presentano la nuova
traduzione italiana di Luigi Schenoni dal testo inglese integrale del 1939, la traduzione in "Basic
English" di Charles Ogden (1932), e la prima versione francese di Beckett e Péron (1930), rifiutata
da Joyce.
Exiles, introduzione di Masolino d’Amico, Pordenone, Studio Tesi, 1982.
Exiles è l’unica opera teatrale nata dal genio di James Joyce. Scritta nel 1914, appena dopo
aver messo in cantiere le prime bozze dell’Ulisse, incentra il suo nucleo drammatico sulla
complessità degli esseri umani e delle loro esperienze sentimentali nel campo emotivo, etico e
culturale. Tagliente nell’affondo psicologico, con chiari riferimenti autobiografici, l'autore
irlandese esplora le dinamiche degli impulsi più intimi di Richard e Bertha, Robert e Beatrice legati
tra loro da un’intrigata rete di inganni che li rende prigionieri di desideri contraddittori: tradire e
allo stesso tempo rifiutare il tradimento.
A portrait of the artist as a young man, Ware,
Wordsworth, 1992.
A Portrait of the Artist as a Young Man is a semi-autobiographical
novel and best selling masterpiece by James Joyce. It depicts the
formative years in the life of Stephen Dedalus, a fictional alter ego
of Joyce and a pointed allusion to the consummate craftsman of Greek
mythology, Daedalus.
Joyce a sei anni
Poesie e prose, Milano, Mondadori, 1992.
Un volume nel quale confluiscono le numerose sperimentazioni di James Joyce in svariati generi
letterari: liriche, abbozzi di romanzi, un dramma, articoli e testi di conferenze, traduzioni e
autotraduzioni; e infine le prose critiche e polemiche, tradotte per la prima volta in Italia.
Epifanie (1900-1904); Rubrica (19091912), Milano, Mondadori, 1982.
Le Epifanie sono espressioni autonome del genio
creativo di James Joyce, e come tali, come componimenti
in sé compiuti alla stessa stregua delle liriche raccolte in
Chamber Music e in Poems Penyeach, vanno ora rilette;
almeno quella quarantina che ci sono pervenute nella loro
forma originaria. Troppo a lungo esse sono state
considerate soltanto come materiali, appunti o abbozzi
che egli avrebbe poi riveduti, ampliati o scartati nella
composizione delle opere successive di maggiore
impegno.
Dubliners, London, Grafton books, 1977.
The publication of James Joyce's Dubliners in 1914 was the result of ten years battling with
publishers, resisting their demands to remove swear words, real place names and much else.
Although only twenty-four when he signed his first publishing contract for the book, Joyce already
knew its worth: to alter it in any way would “retard the course of civilization in Ireland.”
Joyce's aim was to tell the truth - to create a work of art that would reflect life in Ireland at the turn
of the last century and by rejecting euphemism, to reveal to the Irish their unromantic reality,
which would lead to the spiritual liberation of the country. Each of the fifteen stories offers
glimpses into the lives of ordinary Dubliners - a death, an encounter, an opportunity not taken, a
memory rekindled - and collectively they paint a portrait of a nation.
Scrivere pericolosamente: riflessioni su vita, arte, letteratura, Roma,
Minimum fax, 2001.
Una raccolta di citazioni, che, spaziando dalla narrativa ai saggi alle lettere, offrono una
panoramica completa e accessibile del pensiero di Joyce sull'arte di scrivere: riflessioni sul
processo creativo, sulle tecniche di narrazione, sul mercato editoriale, sul ruolo dello scrittore,
nonché preziose osservazioni critiche sulla propria opera e quella altrui. Molto più agile da
consultare rispetto a un manuale accademico, ma altrettanto ricco nei contenuti, Scrivere
pericolosamente è un libro adatto al pubblico degli studenti e degli studiosi così come a quello dei
semplici appassionati di letteratura e scrittura: ed è il perfetto complemento alle opere narrative di
un grande classico del Novecento.
Lettere a Sylvia Beach: 1921-1940, Milano, Archinto, 1989.
Le lettere di Joyce alla scrittrice americana
che fu, nella Parigi degli anni Venti, il primo
editore di Ulysses, sono una testimonianza
fondamentale per conoscere la tormentata
vicenda di quel capolavoro. L’epistolario
racconta le difficoltà di vivere, scrivere e
pubblicare dello scrittore e rivela molti
particolari utili ad arricchire la sua biografia.
Sylvia Beach e James Joyce
Lettere a cura di Giorgio Melchiori, Milano, Mondadori, 1974.
“Caro Yeats: Ezra Pound mi scrive dicendomi della Sua gentilezza nello scrivere una lettera di
raccomandazione per me in seguito alla quale mi è stata largita una regale beneficenza (100
sterline)…. Le sono molto grato per il Suo aiuto amichevole e autorevole… Oltre a questo sto
scrivendo un libro, Ulisse, che però non sarà pubblicato per alcuni anni…”
Scritti italiani a cura di Gianfranco Corsini e Giorgio Melchiori, Milano,
Mondadori, 1979.
Il lettore troverà in questo volume tutti gli scritti di Joyce composti direttamente in italiano; la
presente raccolta rivela caratteri di sorprendente organicità,
per coerenza di interessi politici, estetici e letterari: infatti
nel periodo 1907-1912 l’intera produzione saggistica di
Joyce (distinta da quella poetica e narrativa) è
esclusivamente in italiano. Cinque anni dunque durante i
quali lo scrittore aveva cambiato lingua.
La statua di Joyce a Trieste
Saggi critici su James Joyce
James Joyce di Andrew Gibson, Bologna, il Mulino, 2008.
James Joyce (1882-1941) è consideralo lo scrittore che,
meglio di chiunque altro, ha incarnato il paradigma del
modernismo nella storia della letteratura, soprattutto con i due
capolavori assoluti, Ulisse (1922) e Finnegans Wake (1939).
Questo libro ne ricolloca la figura nel contesto irlandese,
mostrando la fitta trama di legami che è possibile individuare
fra i suoi scritti e la storia, la cultura e la politica del
tempo. In questa luce Gibson rilegge l'intera produzione dello
scrittore di Dublino, che include, oltre alle opere già ricordale,
anche gli interventi giornalistici, il ricco epistolario, Gente di
Dublino (1914), Ritratto dell'artista da giovane(1916) ed
Esuli (1918). Viene così ricostruita la vicenda umana e
letteraria di un autore che, formatosi sotto l'influenza delle
tradizioni del suo ambiente familiare ed educativo, conservò
con la terra d'origine un contatto costante, anche dopo aver
affermato la propria vocazione europea e cosmopolita.
James Joyce, la vita, le lettere di Franca Ruggieri, Milano, Angeli, 2012.
L'immediatezza della vita e delle umane passioni, l'ansia di verità e di libertà, l'affermazione
insistente della "bellezza della condizione umana", pur nella sofferenza di tante sfide, che
percorrono le numerose lettere scritte nell'arco di una vita fragile e intensa, suggeriscono, meglio di
qualsiasi contributo critico, la dimensione profondamente umana del conflitto esistenziale di
Joyce, sempre in difficile equilibrio tra la ricerca di una quotidiana, rassicurante normalità e la
consapevolezza esasperata della propria eccezionale diversità. È proprio questo conflitto,
espressione complessa della sua visione del mondo e di quello che si cela dietro la superficie delle
cose, che ci restituisce James Joyce e i suoi scritti come nostri contemporanei, dando voce alle
certezze, alle fragilità, alle aspettative, al disagio di oggi. Da qui la scelta particolare del tessuto
narrativo di James Joyce, la vita, le lettere. L'intento è quello di catturare la simpatia del lettore
medio sul piano, appunto, della dimensione quotidiana - profondamente umana e familiare - del
ritratto suggerito dalle lettere, quasi un altro ritratto, che va a integrare quello di James Joyce,
uomo e artista difficile e contraddittorio, sottratto a volte dai suoi stessi esegeti alla ricezione
di un pubblico più ampio, in nome dell'antico privilegio dei marginalismi specialistici.
James Joyce. Gli anni di Bloom di John McCourt, Milano, Mondadori, 2004.
James Ioyce. Gli anni di Bloom si presenta come la più aggiornata biografia del grande
scrittore irlandese. Basandosi su fonti mai utilizzate prima, fra cui il diario triestino di Stanislaus
Joyce, McCourt segue con vivacità e rigore scientifico le tracce degli incontri culturali, politici,
religiosi, linguistici avvenuti durante l'”esilio volontario” di Joyce a Trieste. Al testo, uscito in
Irlanda nel 2000 col titolo The Years of Bloom McCourt ha qui aggiunto due ampi capitoli che
completano il quadro della vita e della formazione di Joyce prima e dopo il soggiorno triestino.
“E anche se vi sono aspetti umani di Joyce meno piacevoli, anche se appare, ed era, egoista e preso
da se stesso, quello fu il prezzo da pagare per i suoi straordinari risultati letterari”.
Letteratura e metafore della realtà: la critica letteraria di Marshall
McLuhan, Roma, Armando, 2010.
La letteratura è il modo attraverso il quale “i veri” artisti del Novecento svelano ai contemporanei
non tanto la realtà, quanto il metodo mediante cui la realtà può essere compresa. Questa è la
premessa dalla quale McLuhan parte nel suo viaggio nell’universo della critica letteraria.
Ulisse grammofono; Due parole per Joyce di Jacques Derrida, Genova, il
melangolo, 2004.
I due saggi raccolti in Ulisse grammofono sono l'elaborazione più articolata del confronto tra il
pensiero di Derrida e l'opera di Joyce: confronto di cui si trovano tracce in diversi testi del
filosofo franco-algerino e che in Ulisse grammofono prende la forma di un corpo a corpo
linguistico, di una battaglia in cui le lingue vengono
spinte al limite del dicibile, là dove risuona
l'affermazione incondizionata come ospitalità donata
all'altro: oui, yes, sì. Tra confessioni, brevi racconti di
viaggio, analisi filosofiche, i saggi ruotano attorno ad
alcuni temi privilegiati: il grammofono, il telefono e
l'inesauribile sì di Molly nell'Ulisse; la guerra degli
idiomi dichiarata da Dio in Finnegans Wake;
l'impossibilità di definirsi un esperto di Joyce.
Joyce barocco di Giorgio Melchiori, Roma,
Bulzoni, 2007.
Il gioco della sera. Conversazioni con James Joyce di Adolf Hoffmeister,
Roma, Nottetempo, 2007.
In un pomeriggio del 1930 a Parigi, il giovane Hoffmeister incontra Joyce per chiedergli di tradurre
il testo di Anna Livia Plurabelle in ceco. Joyce risponde... Una testimonianza unica sulla letteratura
e sull'opera di Joyce, con quattro ritratti del romanziere irlandese disegnati a penna dall'autore.
Ulysses, Opera, the Greeks by Thimoty Martin, Roma, Bulzoni, 2010.
Joyce e l'eternità da Dante a Vico: lezione Sapegno 2005 di Giorgio
Melchiori, Torino, Aragno, 2007.
Joyce: il mestiere dello scrittore di Giorgio Melchiori, Torino, Einaudi, 1994.
Questo libro si propone di illustrare, attraverso una ricognizione puntuale e approfondita dell'opera
narrativa e saggistica di Joyce, il suo impegno e la sua padronanza di un mestiere che è al tempo
stesso mistero, il mistero della scrittura come creazione. Lo rivelano in primo luogo le sue
lettere, che forniscono l'involontaria versione finale di quell'autoritratto che egli aveva cominciato a
disegnare fin dai primi anni a Dublino. E la rivelazione, oltre che nelle sue opere maggiori, è ancora
più chiara in quelle da lui respinte o lasciate incompiute.
Filmografia e sitografia
Nora. La travolgente passione di James Joyce, regia di Pat Murphy, 1999.
E' il racconto della straordinaria storia d'amore tra James Joyce e Nora Barnacle, la sua
musa ispiratrice. La passione tra i due esplode al primo incontro e Nora, una donna giovane, vivace
e brillante, di professione cameriera in un hotel,
convince James a lasciare Dublino e a trasferirsi
a Trieste, dove entrambi potranno sentirsi più
liberi dai condizionamenti sociali. A Trieste la
loro storia diviene sempre più tempestosa perchè
gli insuccessi di Joyce, che non riesce a vedere
pubblicati i suoi lavori, lo spingono verso
l'autodistruzione. Cominciano i tradimenti ma
Nora che ha sempre spronato Joyce a insistere con
la scrittura, troverà la forza di lasciare Trieste e di
tornare a Dublino con i due figli.
The dead. Gente di Dublino, regia di John Huston, 1987
Come il racconto di James Joyce da cui è tratto, è una storia di grande semplicità: una festa postnatalizia nell'Irlanda del 1904, con amici della buona società di Dublino riuniti tra canti, oche
arrosto e discorsetti, che si conclude con una
inaspettata rivelazione. Semplice e perfetto, è un
film mozartiano per armonia, funzionalità delle
parti, capacità di esprimere l'ambiguità e la
complessità della vita. E un bellissimo atto di
congedo di Huston, un ateo che ama
religiosamente la vita e gli uomini.
http://jamesjoyce.ie/
www.museojoycetrieste.it/