Le provocazioni di Gesù pongono obiettivi diversi Gesù smaschera quello che per gli uomini sono valori e ne propone degli altri. Su queste proposte va valutato Gesù. La sua opera nel mondo è sempre stata a favore dell’uomo. L’uomo è al centro dell’interesse di Gesù. Facciamo una analisi su noi stessi. Per Gesù l’uomo deve recuperare se stesso nel caso si sia smarrito nel groviglio delle cose. L’uomo deve porre se stesso al di sopra di tutte le sue cose, perché “vale di più”. Cosa può mai significare per Gesù quando dice ai suoi discepoli con tenacia: “Poi disse ai discepoli: «Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete! Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto? Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Se dunque Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede? Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta”. (Luca 12, 22-31). Gesù non insegna l’allontanamento dei problemi. Sa bene che l’uomo si deve impegnare nel lavoro, per la sicurezza del futuro, per prevenire i mali. Dio ha affidato all’uomo il compito di usare della creazione secondo i propri bisogni per mezzo del lavoro (Genesi 1,28: “Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”.) Gesù conosce questo e non intende insegnare ai suoi discepoli il sottrarsi nella responsabilità del lavoro. Questo lo sa molto bene! Ma sottrarsi alla schiavitù delle cose, questo sì! Ma quando le cose, anche le più necessarie, le più ambite, ma legate al senso del tempo e della storia, diventano preda del cuore dell’uomo al punto da piegarlo al loro volere, allora l’uomo non ha posto se stesso al di sopra delle cose, ma è al loro servizio, si è fatto schiavo delle cose. La cosa più importante che innalza l’uomo è da un'altra parte. Per Gesù questa ‘cosa’ anzi questa ‘persona’ è Dio. E’ lui che bisogna innanzitutto cercare. Cercare Dio e il suo Regno. Dobbiamo ora porre molta attenzione. Dire di cercare Dio e il suo Regno si è soliti pensare subito all’al di là. Cioè a un futuro al di fuori della nostra vita, della nostra storia. (Forse vediamo troppi film o ci affidiamo a persone inesperte nella lettura della vita e anche di se stesse, le quali ci presentano dei modelli di vita e un futuro deviante). Dio è il centro dell’esistenza umana e il suo Regno incomincia qui, ora, in mezzo a noi. L’uomo conosce e valorizza se stesso quando la sua esistenza sulla terra la vive in comunione con Dio; quando nella sua vita e nelle sue opere le riempie della presenza forte della volontà di Dio. L’uomo si inserisce nel progetto di Dio e manifestando il suo amore realizza, fin d’ora, la presenza del suo Regno. Dio costruisce insieme all’uomo la sua esistenza più vera. L’uomo può vivere vari tipi di esistenza e non vuol dire che tutte siano vere e valide. Così vede Gesù. Secondo lui ci può essere gente che trascorre tutta la sua vita piena di ogni cosa e di ogni possibilità. Soddisfando ogni desiderio in beni, famiglia, figli, successi, denaro e tante altre cose. E nonostante tutto sentire che la sua vita è vuota , non riempita di senso, sempre preoccupato, teso a desiderare di più, sentire nel suo intimo di non essere contento. Forse anche perduta. Gesù si esprimerebbe così: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua vita?”(Matteo 16,26). Anche in Matteo 16,26, così Gesù si esprime: “Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”. Qui Gesù non parla solo della perdita della vita come morte, ma anche di perderla durante la propria esistenza. Per Gesù perde la propria vita anche colui che non si impegna a dare senso e significato alla sua esistenza. Cioè non si impegna a coinvolgere se stesso con tutto il suo cuore. La perde colui che si proietta solo sulle cose esterne a se stesso e le sostituisce con il suo vivere. La perde chi vive la propria vita secondo un suo progetto e non lo confronta con il suo o addirittura si scontra con proposta di Gesù. Per far comprendere la forza di un progetto comune, Gesù racconta questa parabola molto efficace: “«Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande». (Matteo 7, 24-27). Quando Gesù parla di “casa”, intende la vita dell’uomo. Se essa è fondata sopra la roccia, cioè sulla parola di Gesù, sul suo progetto, la tua è una esistenza che ha avuto successo (casa sulla roccia). Se invece è vissuta senza tenere conto in alcun modo, diretto o indiretto, della parola e del progetto di Gesù, la tua è una vita in fallimento, è come se fosse stata costruita sulla sabbia. Qui Gesù propone un suo insegnamento ed è punto di riferimento per ogni uomo. Gesù è un uomo di sapienza e centro di interesse per l’uomo. Saper guardare agli altri. Crescere nella giusta dimensione di me stesso, nella mia vita, mi accorgo che non esisto solo io ma attorno a me ci sono tante altre persone. Così attorno a Gesù ci sono molti altri. Da valutare, da porre al centro del proprio interesse, da tenere in considerazione per tutto ciò che è buono e bello nella loro vita. Così l’uomo di oggi non può prescindere dall’avere lo stesso atteggiamento di lui. Il rapporto di Gesù con gli altri lo interroga con quello che lui manifesta nella relazione e nello scambio dei valori. Quando il fariseo l’invitò a pranzo non ebbe timori a manifestare il suo pensiero riguardo alla scelta dei primi posti. Ma non si fermò a questo rimprovero. Continuò a catturare la sua attenzione sul significato degli inviti che normalmente vengono fatti. Lo richiamò a estendere i suoi inviti non solo agli amici o alla gente influente nel mondo sociale o politico, ma verso quelle persone che non possono ricambiare l’invito, per non dover nascondere interessi personali. Bisogna invece invitare la gente bisognosa, che non potranno mai ricambiare l’invito, perché impossibilitati: sia per appartenenza sociale diversa ma soprattutto per motivi economici. “Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti»”. (Luca 14,12-14). Gesù non guarda all’appartenenza di classe. Il suo cuore non è per ‘qualcuno’ escludendo altri. Ma è vero però che ha delle preferenze: quelli che la gente ‘perbene’ tiene lontani: i poveri: le folle ignoranti ed emotive, i bambini chiassosi, i rozzi pescatori del lago che fa suoi discepoli; gli emarginati sociali: indemoniati di vario genere, i lebbrosi che vivono ai margini della società, i ‘pubblicani’ odiati dalla gente ‘onesta’; le persone equivoche: le prostitute che l’uomo comune sfrutta in privato per il suo piacere assaporando il tradimento, i ladri uno lo accoglierà nel suo Regno nel momento più drammatico della croce. Molte volte Gesù ha accolto e difeso questa gente in pubblico e si è messo dalla loro parte. Difficile per i cristiano di oggi accettare che il comportamento di Gesù debba essere questo. Ma è proprio così: Addolcire Gesù fino a vanificarlo nelle scelte da lui compiute è renderlo un fantasma e trasformarlo in un idolo da usare e da sfruttare a seconda delle voglie personali. Ma questi non sarebbe più Gesù, il Figlio di Dio. Il Dio che si è fatto uomo. Forse noi pensiamo che Gesù si è comportato così per compassione. Forse. Ma lui sa che la compassione senza accoglienza e amore non serva a niente. E’ sterile. E forse anche ambigua. Senza forse! Fermarsi a compatire gli altri senza lasciarsi coinvolgere, non serve a nulla e a nessuno. E’ ambiguità. La vera compassione è togliere l’altro dal male dandogli la possibilità di riabilitarsi e di potersi costruire una vita dignitosa. Verso la prostituta che i benpensanti vogliono lapidare, Gesù gli chiede: “Donna, dove sono coloro che ti accusano, nessuno ti ha condannata?” Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più».” (Giovanni 8,10-11). Così si comporta verso l’indemoniato di Gerasa: “Non glielo permise, ma gli disse: «Và nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato»”. Marco 5,19). Questo Gesù lo chiama servizio all’uomo e per questo deve trovarsi in mezzo agli uomini. Per lui tutta la vita va dedicata all’uomo, al suo servizio: la lavanda dei piedi ai suoi discepoli, attività propria degli schiavi, è una immagine molto forte che chiarisce ancora di più il suo pensiero di servizio all’uomo. “Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica”. (Giovanni 13, 12-17). Servire l’uomo, chiunque esso sia, a qualsiasi popolo o razza o classe sociale appartenga. Per il cristiano basta sapere che ha bisogno e per questo intervenire. Il cristiano molte volte viene accusato di parlare molto dell’uomo e sull’uomo, in astratto e non di uomini concreti, e di interrogarsi su cosa poter fare per gli altri. Proprio come quel dottore della Legge che interrogava Gesù su “chi è il mio prossimo?”. Ed era uno specialista della Parola di Dio e conosceva bene la Legge: “Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fà questo e vivrai». Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Và e anche tu fa lo stesso»”. Luca 10, 25-37). Gesù vuole dimostrare che l’uomo disposto a mettersi a servizio sa trovare i modi e i tempi di farsi lui prossimo agli altri. C’è poco da dire. Non si possono sprecare parole. Gesù conosce molto bene quello che passa nel nostro cuore. Noi, sacerdoti, cristiani, dobbiamo esser i primi a porre in pratica il servizio agli altri. Nessuno dovrebbe essere trascurato. E senza fingere e cadere nella doppiezza. Diversamente possiamo trovare per strada chi ha bisogno di noi e tirare diritto come ha fatto il sacerdote e il levita della parabola. Si può vivere in un mondo in sfacelo, pieno di contraddizioni (come è…), che crolla sotto il peso delle belle parole e dei buoni consigli, pieno di ingiustizie (come è…), di violenze inaudite, e non muovere neppure un dito! Il cristiano non è da meno degli altri e deve mettersi al servizio con dedizione a seconda del ruolo che occupa nella società. Non deve sentirsi un privilegiato, con esigenze personali, ma mettersi in umiltà a fianco di ogni uomo che lavora a voler rendere più umano questo mondo: questo è il dovere di un credente! La differenza sta nella motivazione del suo servizio che è radicata nel Vangelo, poggiata sulla persona di Gesù “che non è venuto per essere servito, ma per servire”. Se noi tutti lavoriamo per eliminare le strutture ingiuste e oppressive, il cristiano elimina l’egoismo dal cuore dell’uomo. Bisogna lavorare con serietà per cambiare e significare la vita degli uomini. “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna”. (Matteo 5,21-22). Al cristiano è chiesto qualcosa in più di quanto chiede la legge dello Stato. Gli viene chiesto di riempire di senso quello che fa. La legge, no. Alla legge non importa se tu fai del bene, per la legge è sufficiente che tu non faccia male agli altri secondo quello che ha stabilito e i canoni decisi dalle strutture politiche che variano a seconda di chi è al potere in quel momento. Alla legge che tu faccia del bene non gli importa niente, perché il bene che è deciso per legge è quello contemplato negli stessi articoli di legge e privilegiano i settori della politica e dell’economia. La legge non ha cuore! Non sempre, alcune volte quasi mai, l’uomo è al centro della legge. Perché al centro della legge c’è la legge stessa. Ma per Gesù è diverso. Lui è con la legge per essere oltre la legge. Gesù ha speso e donato la sua vita perché l’uomo si trasformi nel cuore. Il cuore dell’uomo è il mistero della legge!