Studiare il movimento Enrica Giordano Non diffondere senza il

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Studiare il movimento
Enrica Giordano
Non diffondere senza il permesso dell'autore
Cosa intendiamo con movimento.
Nella vita di tutti i giorni ci sembra di sapere con sicurezza che ci sono cose "ferme"
e quindi ci intendiamo quando diciamo che qualcuno si sta muovendo o si è mosso. Se
poi si tratta del nostro movimento abbiamo anche segnali interni al corpo che ci
indicano se stiamo fermi in movimento.
Se cerchiamo di precisare, nell'accezione comune potremmo dire che una persona, sta
ferma se sta sempre nella stessa posizione; si muove se occupa, in momenti diversi,
posizioni diverse.
Quando si lavora con i ragazzi che hanno già un certo livello di scolarizzazione sorge
però subito il dubbio:
“ma allora perché se il Sole sorge e tramonta, quindi si trova in momenti della giornata
in posizioni diverse, si dice che è fermo? “
oppure per chi accetta, almeno a parole, il movimento della Terra:
“come mai ci muoviamo e non ce ne accorgiamo?”
Forse la questione richiede che precisiamo meglio.
Prova a guardare il filmato dei due signori a testa in giù uno rispetto all'altro,
realizzato nell’ambito del progetto PSSC:
http://www.youtube.com/watch?v=hWnZdETqbqw
Ripensa inoltre a situazioni come: quando ti trovi su un treno in stazione e sembra che
questo si muova, poi scopri (come?) che si muove il treno che si trovava a lato del tuo;
un viaggio aereo in cui dal display ti dicono che stai viaggiando a quasi 1000Km/h, ma
se il viaggio è tranquillo tu non te ne accorgi e mangi, dormi, ... come se niente fosse.
Riporto quanto avevo scritto nel libro Laboratori in Rete che forse trovate in
biblioteca ma ora non si stampa più.
Nel caso del sole particolarmente stridente è il contrasto tra l’osservazione del moto del sole sull’orizzonte e
la conoscenza disciplinare come viene normalmente insegnata; spesso questa si riduce all'affermazione
“sembra che il sole si muova ma in realtà…...”
Cerchiamo di inquadrare il problema del moto Terra-Sole nel più generale studio del movimento.
Riguardo al moto, la fisica sottolinea che per parlare di movimento occorre sempre riferirlo a qualcuno o
qualcosa, a un osservatore.
Se l’osservatore vede l’ oggetto “muoversi”, può concludere che si trova in una delle tre situazioni seguenti:
1. l’oggetto si muove rispetto all’osservatore
2. l’osservatore si muove rispetto all’oggetto
3. entrambi si muovono di moto diverso (rispetto a un terzo)
Ma in molti casi non posso decidere di quale delle tre situazione si tratta guardando e sperimentando
solo dal mio punto di vista.
Rileggiamo a questo proposito il bellissimo brano di Galileo sul “naviglio”1.
Riservatevi con qualche amico nella maggior stanza che sia sotto coverta di alcun gran naviglio, e quivi fate di
aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti; siavi anco un gran vaso d’acqua, e dentrovi dei pescetti;
sospendasi anco in alto qualche secchiello , che a goccia a goccia vadia versando dell’acqua in un altro vaso
di angusta bocca, che sia posto a basso: e stando ferma la nave, osservate diligentemente come questi
animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza; i pesci si vedranno andar notando
indifferentemente per tutti i versi; le stille cadenti entreranno tutte nel vaso sottoposto; e voi, gettando all’amico
alcuna cosa, non più gagliardamente la dovrete gettare verso quella parte che verso questa , quando le
lontananze sieno eguali; e saltando voi, come si dice, a piè giunti, eguali spazii passerete verso tutte le parti.
Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia che mentre il vascello sta
fermo non debbano succedere così, fate muover la nave con quanta si voglia velocità; chè (pur che il moto sia
uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti,
né da alcuno di quelli potrete comprender se la nave cammina o pure sta ferma.
E ora che gli aerei fanno parte della nostra esperienza più delle navi si ripensi al fatto che in aereo si può viaggiare
anche a centinaia di km/h e non rendersi conto di questo moto se il volo è tranquillo e se non guardiamo a punti
di riferimento esterni.
In generale quindi la fisica non parla di moto “vero”, ma di moto “osservato” (etimologicamente questo
significa "apparente"), intende con moto il cambiamento di posizione nel tempo rispetto a un osservatore
(tecnicamente si usa il termine “sistema di riferimento”) e afferma che lo stesso oggetto, osservato da punti
di vista diversi, risulta fermo o in moto a seconda di chi lo osserva.
E tutti i sistemi di riferimento che si muovano di moto rettilineo uniforme rispetto agli altri, pur che il moto sia
uniforme e non fluttuante in qua e in là, sono perfettamente equivalenti.
A volte, fra tutti quelli possibili, si trova un sistema di riferimento più conveniente di altri, nel senso che la
descrizione del moto è più “generale” e più “semplice” se fatta da questo osservatore; sembra quindi naturale
assumerlo come osservatore privilegiato.
1
Da Galileo Galilei Dialogo Seconda giornata
Riportato da E. Bellone Galileo Le opere e i giorni di una mente inquieta Le Scienze febbraio 1998
“Approfondimento disciplinare”
C’e’ poi la categoria di sistemi (detti tecnicamente non-inerziali) il cui moto rispetto agli altri sistemi non è
uniforme, che si muovono di moto accelerato (ad esempio moto di rotazione su se stessi); in questo caso ci
si può accorgere dello stato di moto anche stando nel sistema.
L'evoluzione della scienza del moto, la meccanica, sia dal punto di vista teorico che sperimentale ha reso
plausibile affermare che la Terra è proprio uno di questi sistemi, cioè ruota su se stessa anche se non ne
abbiamo percezione fisica (col corpo) e se gli indizi sperimentali di questo moto (pendolo di Foucault, senso
di rotazione opposto del vortice d'acqua che scende nel foro del lavabo tra emisfero sud ed emisfero nord
terrestre), sono pochi e difficili da interpretare.
Questo non vieta agli scienziati di parlare di moto diurno del Sole rispetto alla Terra, di studiarlo, di
“misurarlo”. Lo stesso dicasi per le stelle. Ad esempio gli astronomi pubblicano ogni anno le effemeridi,
tabelle che danno il sorgere e tramontare degli astri rispetto alla posizione del loro Osservatorio sulla Terra.
Per quanto riguarda l'altro moto attribuito alla Terra, il moto di rivoluzione intorno al Sole, si sceglie di
descrivere il moto della Terra e degli altri pianeti dal Sole perché:
1. in quel sistema di riferimento la descrizione diventa matematicamente più semplice
2. dal punto di vista fisico il Sole si può considerare un osservatore particolare poiché nel sole si trova un
punto particolare del sistema solare: il centro di massa (un analogo del “baricentro”).
considerazioni che diventano pienamente comprensibili solo quando dalla descrizione cinematica si passa
all’interpretazione dinamica e si introduce la forza di gravitazione.
Precisando possiamo allora dire che con movimento intendiamo un cambiamento di
posizione di qualcuno/qualcosa nel tempo rispetto a un osservatore.
Questo osservatore deve essere dotato di strumenti per registrare la posizione, ad
esempio per determinare la distanza tra sé e la persona, e per misurare il tempo;
costituisce cioè quello che si chiama un sistema di riferimento.
Oltre al moto delle persone si possono considerare i movimenti degli oggetti. La fisica
parla in generale di corpi in movimento senza distinguere se essi siano viventi o non
viventi, se possano muoversi “da soli” o se debbano essere messi in movimento, mossi,
da qualcos’altro.
Abbiamo parlato di posizione e di distanza, due grandezze di tipo spaziale.
Per trovare la distanza tra un corpo e l’osservatore basta misurare, in metri, la
lunghezza del segmento che congiunge i due.
Per trovare la posizione possono servire altre indicazioni, visto che ad esempio tutti i
punti di una circonferenza con centro nell’osservatore hanno da esso la stessa
distanza, ma non si trovano nella stessa posizione, ma per ora rimaniamo sul piano
qualitativo.
Rappresentare il movimento
Esistono diverse tecniche per rappresentare sul foglio, su una superficie, un corpo in
movimento.
Dando un’occhiata alla storia, troviamo che inizialmente si rappresentano solo uomini e
animali in movimento attraverso due artifici (fig. 1)
• rappresentandoli in situazioni diverse dalla postura che assumono da fermi: la
rappresentazione così è “ferma” ma suggerisce l’idea di moto rappresentando
una posizione non di equilibrio
• rappresentando una “traccia” di punti che suggeriscono le impronte lasciate, la
traccia seguita.
Solo più tardi compaiono rappresentazioni di oggetti in movimento e una delle tecniche
usate è disegnare su un unico foglio le posizioni occupate successivamente dall’oggetto
(fig. 2).
Oggi si riescono a realizzare foto di animali (fig. 3) e oggetti (fig. 4) in movimento
tenendo aperto l’otturatore della macchina fotografica in un ambiente buio e
illuminando col flash il corpo in moto a intervalli di tempo fissi. Sulla stessa foto si
fissano quindi immagini successive dello stesso oggetto. Queste foto vengono dette
stroboscopiche.
da
R.
Pierantoni
-
Forma
Fluens
-
Bollati
Borighieri
1999
La prima foto di questa pagina viene sempre dal libro di Pierantoni, la seconda dal
volume La fisica secondo il PSSC, Zanichelli 1963 (vedi copertina che segue)
Altre tecniche frequenti di rappresentazione del moto sono il disegno della posizione
iniziale e di quella finale collegate da frecce, archi, e cosi’ via (fig.5) o disegni
accostati di posizioni successive come nel fumetto (fig. 6). Quest’ultima tecnica se
utilizzata riportando i disegni su fogli posti uno sull’altro (Flip book) porta all’idea di
movimento dal semplice “scorrere” delle pagine. Da qui al film il passo è breve.
Oltre a tutte le tecniche sopra ricordate la fisica ne usa, quando è possibile, altre che
sono sue caratteristiche: quella grafica, quella numerica, quella analitica (formula).
Bisogna innanzitutto dire che strada l’oggetto sta percorrendo (tecnicamente la
traiettoria) e quindi si procede ad eseguire e registrare sotto forma di tabella e di
grafico misure delle grandezze fondamentali sia spaziali che temporali.
A volte, per movimenti particolarmente regolari, si arriva a formule generali che
legano tra loro queste grandezze.
Vediamo in dettaglio il discorso tipico della fisica nel caso più semplice, il movimento
rettilineo.
Per ora limitiamoci a un mondo a una dimensione in cui l’osservatore e il corpo stanno
su una retta e il corpo può muoversi solo allontanandosi da o avvicinandosi a
l’osservatore.
Nel primo caso, allontanamento, la distanza aumenta, la posizione finale è più lontana
dall’osservatore rispetto alla posizione iniziale.
Nel secondo caso, avvicinamento, la distanza diminuisce, la posizione finale è più
vicina all’osservatore rispetto alla posizione iniziale.
La rappresentazione grafica
Nel caso del movimento, facciamo precedere la rappresentazione grafica a quella
numerica, osservando prima il grafico e solo successivamente la tabella.
Per introdurre direttamente il grafico possiamo lavorare in due modi: usando le nostre
mani, matite o gesso, fogli che scorrono; usando un sistema che rileva e registra sullo
schermo del PC il moto in forma grafica mentre esso avviene (sensori on-line)
Vediamo rapidamente il sistema di rappresentazione attraverso le nostre mani.
Una mano, ferma, rappresenta l’osservatore; l’altra alzandosi e abbassandosi può
rappresentare l’oggetto in moto; può salire poco o tanto, lentamente o velocemente,
rappresentando così, per analogia, moti diversi.
Finito il gesto però la rappresentazione scompare.
Se però prendiamo in mano una matita e, mentre la mano sale e scende, facciamo in
modo che scriva su un foglio, vediamo che resta una traccia del movimento.
Osservando alla fine la riga sul foglio, però, non posso sapere se è stata tracciata
salendo o scendendo, se è stata tracciata velocemente o lentamente.
Posso migliorare la rappresentazione se, mentre la mano sale e scende, il foglio di
carta non sta fermo ma viene fatto scorrere con regolarità verso la mia sinistra (o se
io cammino verso destra rispetto alla lavagna o al foglio che sta fermo). Le righe sul
foglio adesso vengono “inclinate” e non si tratta solo di rette ma anche di curve.
Per approfondire le caratteristiche di questa forma di rappresentazione utilizziamo
una tecnologia più sofisticata.
Abbiamo a disposizione un calcolatore a cui è collegato tramite una interfaccia un
sensore di moto. Il sensore è come un occhio capace di vedere il movimento di persone
e oggetti che si trovino allineati con lui.
Si tratta in verità di un emettitore-ricevitore di ultrasuoni, di cui però non
approfondiamo il funzionamento. Sappiamo solo che il sistema trova le distanze
emettendo un impulso di ultrasuoni e ricevendo l’impulso riflesso dall’oggetto che gli
sta “davanti”. In più, misura il tempo attraverso il clock del computer.
Ci muoviamo noi, prima liberamente poi in modo più controllato e arriviamo a capire che
c’è una relazione tra la forma del grafico che otteniamo e la “forma” del nostro
movimento.
Se ci allontaniamo in modo regolare abbiamo una retta che sale, se stiamo fermi una
retta piatta, se ci avviciniamo una retta che scende (fig.7).
Due allontanamenti regolari a velocità diverse danno rette con diversa pendenza, più
“basse” quelle dei moti più lenti; più “ripide” quelle dei moti più veloci (fig. 8).
Analogamente in avvicinamento (fig. 9).
Se invece non mi muovo in modo regolare, ma “cambio via via l’andatura” ottengo delle
curve (fig. 10, 11).
Abbiamo capito che la pendenza del grafico (distanza in funzione del tempo, tempo
sull’asse delle ascisse, distanza sull’asse delle ordinate) ci dà informazioni sulla
velocità. Se si tratta di una retta la pendenza è unica, se si tratta di una curva la
pendenza cambia punto per punto e si può trovare tracciando la retta tangente alla
curva in quel punto e guardandone la pendenza (fig. 12).
Dal moto delle persone possiamo andare a vedere il moto degli oggetti, in particolare
quello di un carrello che scorre con basso attrito su una rotaia che si può anche
inclinare. Qui le forme vengono più “belle” (fig. 13, 14).
APPROFONDIMENTO FACOLTATIVO
Finora abbiamo considerato solo i grafici che riportano sugli assi tempo e distanza
rispettivamente. Il computer, però, è in grado di tracciare anche i grafici di tempo e
velocità.
Quelli corrispondenti al moto “regolare” delle persone sono “irregolari” registrano i
nostri passi (fig. 15).
Guardiamo allora quello di un oggetto lanciato lungo la rotaia inclinata sulla cui
sommità c’è il sensore di moto (fig.16). La prima cosa che ci colpisce e che la velocità è
anche negativa. La seconda è che si tratta di una retta.
Le velocità negative si spiegano pensando che le pendenze delle rette che scendono,
anche in geometria analitica, sono rappresentate da coefficienti angolari negativi. E
comunque accettiamo che in fisica, per una convenzione che capiremo meglio poi
lavorando con i numeri, le velocità in avvicinamento all’osservatore sono considerate
negative; in allontanamento dall’osservatore sono considerate positive.
Ci spieghiamo infine, con un ragionamento fisico, perché si ottiene una retta sempre
crescente. La pendenza del grafico che lega velocità e tempo rappresenta la
accelerazione. Per un oggetto che, dopo essere stato lanciato, sale rallentando lungo la
rampa e quindi ridiscende accelerando, l’unica causa fisica della diminuzione di velocità
in salita e del suo aumento in discesa è l’accelerazione di gravità (abbiamo trascurato
in prima approssimazione l’attrito), che è appunto rappresentata dalla pendenza del
grafico rettilineo tempo-velocità che abbiamo ottenuto. (Numericamente non vale 9,8
ecc perché l’oggetto è anche parzialmente sostenuto dalla rampa su cui appoggia).
Concludendo dall’analisi dell’andamento dei grafici relativi al nostro moto e a quello di
oggetti, nel caso del moto rettilineo dal grafico distanza in funzione del tempo si
ottiene la velocità istantanea, cioè in ogni istante, come pendenza del grafico (t, d).
Avendo così ottenuto i valori della velocità istantanea si può tracciare anche il grafico
velocità in funzione del tempo (t, v).
In questo caso la pendenza ci dà l’accelerazione.
.
Ancora un cenno sui grafici
Riprendiamo un grafico nel piano (t, d) che non sia rettilineo.
Oltre a tracciare la tangente alla curva, per visualizzare dalla sua pendenza la velocità
istantanea, possiamo analizzare il grafico con un’altra tecnica: dividiamo l’asse delle x
in tratti della stessa lunghezza (fissiamo cioè degli intervalli di tempo Δt tutti uguali).
Segniamo sulla curva di quanto varia d in corrispondenza di ogni Δt (vedi fig. 17).
indichiamo questa variazione con Δd (distanza finale – distanza iniziale).
Se la curva cresce con concavità verso il basso i Δd sono sempre più piccoli, se cresce
con concavità verso l’alto i Δd sono sempre più grandi, se si tratta di una retta i Δd
sono tutti uguali. Il confronto tra i Δd successivi, a parità di intervalli di tempo, ci
indicano dunque se e come sta cambiando la velocità
La rappresentazione numerica
Possiamo pensare di rappresentare graficamente questo mondo a una dimensione con
una retta. In un punto della retta che tradizionalmente viene indicato con O mettiamo
l’osservatore. O è detto anche origine dell’asse spaziale che abbiamo disegnato, è il
punto a partire dal quale vengono misurate le distanze.
Con P1 , P2 , ecc. indichiamo le posizioni successive dell’oggetto lungo la retta.
Se l’osservatore dispone di uno strumento di misura delle lunghezze potrà associare a
ogni punto P la misura della sua distanza da O.
Se l’osservatore dispone anche di un orologio per la misura del tempo, questo segnerà
t1 quando l’oggetto è in P1, t2 quando l’oggetto è in P2 , ecc. t indica infatti l’istante in
cui l’oggetto si trova nella posizione P.
La lunghezza del segmento P1 P2 indica lo spostamento effettuato; la lunghezza del
periodo di tempo trascorso tra t1 e t2 indica l’intervallo di tempo in cui è avvenuto tale
spostamento.
Riassumendo ci sono:
punti nello spazio (posizioni) e nel tempo (istanti)
e
segmenti nello spazio (spostamenti) e nel tempo (intervalli).
In un segmento ci sono infiniti punti e la lunghezza del segmento, sia nello spazio che
nel tempo, si trova per sottrazione:
spostamento = distanza finale – distanza iniziale
intervallo = istante finale – istante iniziale
Confronti di velocità
A parità di intervallo di tempo
Consideriamo due oggetti che effettuino spostamenti diversi nello stesso intervallo
di tempo. Diremo che è andato più veloce chi ha fatto lo spostamento maggiore.
A parità di spostamento
Se invece confrontiamo quanto tempo impiegano i due oggetti a fare lo stesso
spostamento, troviamo che è andato più veloce chi ha impiegato meno tempo.
Se invece cambia sia l’intervallo di tempo che lo spostamento?
Proviamo a fare un esempio numerico su una situazione familiare.
Un' automobile, che indichiamo con la lettera A, va da Milano a Roma (500 Km) in 5
ore.
Una seconda automobile che indichiamo con la lettera B va da Milano a Firenze (300
Km) in 2 ore.
Chi è andato più veloce, A o B?
Per saperlo possiamo confrontare:
1. quanta strada hanno percorso nello stesso intervallo di tempo
2. Quanto tempo hanno impiegato per percorrere la stessa strada
E come possiamo calcolare nel primo caso lo spostamento e nel secondo l’intervallo di
tempo?
Facciamo l’ ipotesi che sia A che B si siano mossi a velocità costante (sappiamo che non
può essere vero, ma semplifichiamo così la situazione). In questo caso perchè A e B
abbiano la stessa velocità possiamo dire che le strade percorse e i tempi impiegati a
percorrerle devono cambiare in proporzione. Se percorro una strada lunga il doppio,
impiego il doppio del tempo; se percorro una strada lunga la metà impiego la metà del
tempo.
Allora possiamo dire che se A percorre 500 Km in 5 ore, ogni ora percorre 100 Km;
infatti possiamo scrivere la proporzione: 500 : x = 5 : 1 e risolverla per trovare x.
Analogamente se B per corre 300 Km in 2 ore, ogni ora percorre 150 Km (300 : x = 2 :
1) e quindi B è più veloce.
Ma se i numeri non sono così semplici, cosa faccio nel caso generale?
A subisce uno spostamento Δd1 nell’intervallo di tempo Δt1.
B subisce uno spostamento Δd2 nell’intervallo di tempo Δt2.
Chi è più veloce?
Risolvo la proporzione Δd1 : ΔxA = Δt1 : 1 , o meglio quella che si ottiene permutando i
medi Δd1 : Δt1= xA : 1 ( o come si dice più brevemente ma più scorrettamente dividendo
“lo spazio per il tempo” Δd1 : Δt1) e trovo quanta strada fa A nell’intervallo di tempo
unitario. Analogamente per B Δd2 : Δt2= ΔxB : 1 e confronto ΔxA e ΔxB, cioè le strade
percorse nello stesso intervallo di tempo.
Questo è il motivo per cui si usa definire velocità media:
vm = spostamento : intervallo di tempo
e misurarla in Km/h; m/s e così via.
Ripeto più che dire che si divide lo spazio percorso diviso l’intervallo di tempo questo
significa che si trova quanta strada fa l’oggetto nell’intervallo di tempo unitario ( 1
ora, 1 secondo, ecc).
Dal punto di vista grafico questo equivale a considerare solo i punti iniziali e finali e
congiungerli con una retta; Δd : Δt dà la pendenza della retta tracciata.
Se l’osservatore riesce a fare tante misure delle diverse posizioni (distanze) occupate
dal corpo in movimento al passare del tempo, può registrarle sotto forma di tabella.
In generale nella prima colonna si riporta il tempo (variabile indipendente, misurata in
secondi) e nella seconda la distanza (variabile dipendente, misurata in metri).
APPROFONDIMENTO FACOLTATIVO
Un’ultima considerazione per ritrovare la velocità negativa già vista prima.
Se lo spostamento è un avvicinamento la distanza finale è minore di quella iniziale e
quindi la sottrazione (distanza finale – distanza iniziale) darà un numero negativo, cioè
Δd < 0; anche Δd : Δt sarà un numero negativo (avendo il numeratore negativo e il
denominatore positivo, il tempo può solo aumentare).
Quindi le rette che rappresentano gli avvicinamenti hanno pendenza Δd : Δt < 0.
Se confrontiamo fra loro gli intervalli di tempo impiegati a percorrere la stessa
strada, calcoliamo Δt : Δd = x : 1 e troviamo che Δt : Δd = tempo impiegato a
percorrere la distanza unitaria è maggiore quanto più il corpo è lento; rappresenta
dunque la lentezza dell’oggetto considerato. La fisica però usa per i suoi calcoli solo la
velocità.
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