xxii conferenza italiana di scienze regionali

XXIX CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI
DALL’APPROCCIO INTEGRATO ALL’AGIRE STRATEGICO
ILARIA VITELLIO1
1 Dipartimento di Progettazione Urbana e di Urbanistica - Università degli Studi di Napoli, Via Forno Vecchio,
36, 80132, Napoli
SOMMARIO
Le esperienze di pianificazione strategica si sono oramai diffuse su tutto il territorio
nazionale, con caratteristiche, obiettivi e fattibilità diversamente articolate e difficilmente
valutabili. Il processo che qui si presenta non guarda solo alla costruzione di percorsi di
sviluppo condivisi, accessibili e percorribili per l’insieme delle realtà coinvolte, favorendo la
coerenza, l’ottimizzazione e l’integrazione tra politiche, programmi e progetti.. Ma anche a
come l’obiettivo di fertilizzare le buone pratiche e, a partire da queste, di organizzare un
processo di mobilitazione delle risorse e ispessimento del network, abbia delineato un
contesto che ha permesso agli attori di arrivare “preparati” alla formulazione di Linee Guida
per la nuova stagione di Programmi si Sviluppo Urbano legati alla programmazione 2007-13.
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PREMESSA
Com’è noto l’Unione Europea, nell’attribuire alle città, e in particolare a quelle di medie
dimensioni, un ruolo trainante nel rafforzamento della competitività e della coesione, ha
dichiarato che le città dotate di piano strategico sono in una condizione più favorevole per
ricevere e mettere a frutto le risorse comunitarie assegnate. I processi di pianificazione
strategica in Italia sono oggi così diffusi da impegnare vasti territori e piccole realtà locali,
ognuno con la propria idea di sviluppo, di posizionamento nella competizione globale, di
qualità della vita, di democrazia. A distanza si assiste a un insieme variegato di piani
strategici per dimensioni territoriali, obbiettivi e andamenti processuali, accomunati da un
vocabolario comune, ma difformi per pratiche, attitudini comportamentali, tensioni verso i
cambiamenti organizzativi. Il risultato di questi anni di sperimentazione è una declinazione di
piano strategico come “manufatto ambiguo” (Bobbio, 2004), capace anche di costruire solo
momenti artificiosi di confronto, e di cui se ne riesce a riconoscere caratteristiche e portata
solo a processo avanzato. Nel Mezzogiorno, la sperimentazione di questi percorsi innovativi
a carattere volontario è stata indotta da un cofinanziamento del governo centrale che, a valle
della delibera Cipe 20/04, ha visto nascere 54 piani strategici nel solo sud del paese. Una
sperimentazione che, avviata secondo i numeri e ritardi propri di ogni regione, non sempre
risulta valutabile positivamente.
Lo stimolo centrale, in particolare, è stato criticato per la tendenza a reprimere il carattere
spontaneo che aveva caratterizzato la nascita dei piani strategici del centro nord, carattere che
nell’autofinanziamento commisurava una parte della spinta motivazionale degli attori a
intraprendere questo cammino.
E’ da sottolineare che la stessa sperimentazione di questi processi ha, però, anche consentito
di guardarli non solo (e non tanto) come strumenti attraverso i quali città e territori si
riposizionano nello scenario di competitivà internazionale, ma anche come processi capaci di
rappresentare e riconfigurare le forme attraverso cui vengono sollevati e possibilmente risolti i
problemi di carattere collettivo (Dente, Melloni, 2005; Dente, 2007), come veicoli di
costruzione di network interni stabili capaci di rispondere tempestivamente alle domande
esterne.
Parte dell’innovazione dei piani strategici viene infatti commisurata nella capacità di
modificare, ispessire e densificare le reti di relazione tra i soggetti, di produrre nuove forme
organizzative, di aprire le arene decisionali. In definitiva di generare forme di interazione
basate sulla concertazione e la negoziazione piuttosto che sull’autorità e sulla competenza
decisionale.
Il piano strategico territoriale di Campobasso con questo spirito si muove. Finanziato dalla
Delibera Cipe ha interpretato il sostegno del governo centrale come occasione per rinforzare
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le reti esistenti, rinnovare la macchina comunale, valorizzare le buone pratiche e promuovere
effetti integrativi tra iniziative su cui poi tradurre operativamente i fondi europei 2007-13.
La riflessione che qui si propone è tesa, oltre a presentare il suddetto processo di
pianificazione strategica, a evidenziare il contributo dato da questo, nella logica descritta, alla
redazione delle Linee Guida per i Piani Integrati di Sviluppo Urbano della Regione Molise.
Il PST di Campobasso, in questo, si configura così come processo teso non solo a individuare
strade di sviluppo condivise, accessibili e percorribili per l’insieme delle realtà coinvolte, ma
soprattutto a favorire la coerenza, l’ottimizzazione e l’integrazione tra politiche, programmi e
progetti all’interno di una cornice capace di valorizzarne e potenziarne l’efficacia. Il processo
diventa così una palestra capace di allenare attori verso strategie condivise, facendoli giungere
preparati per la formulazione operativa delle ipotesi di sviluppo capaci di convogliare le
nuove risorse europee.
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IL PIANOSTRATEGICO TERRITORIALE DI CAMPOBASSO E DELLA RETE
URBANA DEL MOLISE CENTRALE
2.1 Solidale, sostenibile, sorprendente
Il processo di pianificazione strategica di Campobasso prende corpo nella primavera 2006. Il
sindaco della città ne è il maggior promotore e animatore. L’iniziativa viene diffusa
all’interno dell’amministrazione e verso l’esterno. Sulla base di alcuni temi ritenuti cruciali, si
avvia la fase di consultazione e di ascolto che coinvolge una varietà di attori (sindacati,
Associazioni di categoria e di volontariato, università, ordini professionali, istituti di credito,
agricoltori, forze politiche, consulta e rappresentanti degli studenti universitari, scuole, terzo
settore, comitati di quartiere, centri anziani, etc.). A valle di questa fase, la proposta
contenuta nel documento preliminare di base per la discussione è la promozione di un
territorio “policentrico”, “filtro” e di “città media felix” che si presenta non solo come cornice
coerente per i progetti, ma soprattutto come spinta per nuovi percorsi capaci di generare
capitale sociale e di rinnovare le forme e i modi di governo urbano esteso. Il documento
preliminare lavora come sollecitazione alla composizione di diverse forme organizzative (su
azioni e idee progettuali), come messa a disposizione di una varietà di idee su cui far
convergere attori e proposte, stimolo alla progettualità diffusa.
Questo territorio si pone come filtro tra le realtà urbane di Roma e Napoli e il sistema
adriatico, anche per le sue valenze ambientali (il Matese) e si presenta come “città media
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felix” per le sue caratteristiche sociali, economiche e civili, che ne diventano punto di forza
su cui costruire una strategia di medio-lungo periodo.
Nella sua funzione interpretativa e prospettica, la vision svolge un ruolo esplorativo e
generativo per le azioni, individuando gli assi attorno ai quali queste dovranno ruotare. La
vision apre, infatti, a tre direzioni di marcia, due volte a rinforzare e potenziare le risorse
endogene esistenti, lavorando su un territorio solidale e sostenibile, la terza che a partire da
queste promuove l’innovazione, generando un territorio sorprendente. Sono questi tre
percorsi che puntando sulla qualità della vita del territorio non solo come fattore competitivo,
ma anche come occasione per costruire quella catena di patti che lega i processi di
pianificazione strategica. La proposta promuove dunque tre direzioni di marcia, frutto di
caratteristiche distintive del territorio.
Solidale è inteso come: sentimento di appartenenza insieme al riconoscimento della differenza
e dunque come capacità di “tenuta” della società, nelle sue differenti componenti sociali,
economiche, culturali; come sostegno e impegno reciproco e dunque come capacità di
risposta collettiva a problemi anche individuali; come risorsa in grado di costruire e
mantenere qualità e sicurezza urbana. Il territorio solidale punta su tutte le sue risorse
endogene e le valorizza mettendole in rete, trattiene i suoi giovani abitanti con innovative
forme occupazionali, cura i deboli e si occupa delle diverse forme di disagio, sollecita e
fertilizza percorsi di autosviluppo e autopromozione, favorisce l’inclusione sociale. È un
territorio che pratica la sicurezza attiva e costruisce reti (di città, di politiche, di servizi
comuni) e attraverso le reti si impegna a trattare temi e problemi. Ma un territorio solidale è
anche sostenibile nella misura in cui è in grado di rispondere attivamente e istituzionalmente
alle domande sociali che essa pone.
Sostenibile inteso come: capacità di mantenere, rinnovare le risorse e promuovere nuove reti
infrastrutturali (ambientali, di mobilità, etc.) in equilibrio tra sviluppo economico ed equità
sociale; come capacità di generare risorse economiche e finanziarie proprie diminuendo la
dipendenza da quelle esterne. Un territorio sostenibile cura i beni comuni, risparmia quelli
scarsi e irriproducibili, attiva a partire da singoli interventi il rinnovo di risorse, soprattutto
ambientali e sociali, articola e favorisce innovative forme di finanziamento, promuove nuovi
standard.
Sorprendente inteso come: “inatteso” che mette al lavoro la serendipidy e, dunque, capacità di
ridefinire e mettere in discussione immagini consolidate; come innovazione e dunque come
capacità di generare prodotti e processi nuovi e diversi soprattutto nelle forme di governo del
territorio. Un territorio sorprendente è quello dove si trova ciò che non ci si aspettava, che
intraprende percorsi nuovi e singolari poco frequentati, trovando soluzioni non convenzionali
a problemi comuni.
A questi assi sono collegate 12 azioni (4 per un territorio solidale, 3 per sostenibile e 4 per
sorprendente) e 31 idee progettuali. Le idee sono proposte come stimolo alla progettualità, e
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per questo molte sono poco definite, mentre altre già avviate trovano nel processo raccordi e
sinergie con l’insieme delle iniziative.
La fase di pubblicizzazione del processo e quella iniziale di ascolto si è svolta attraverso la
distribuzione di questionari e con incontri ripetuti si è promossa l’iniziativa e si è diffuso il
documento preliminare.
Gli incontri in particolare si sono svolti intercettando più livelli di governance, da un lato si
sono organizzate riunioni con gli attori collettivi dall’altro si è portato il processo nei luoghi
di incontro dei diversi quartieri della città, puntando con riunioni dedicate a due fasce
generazionali, giovani e anziani.
Lungo gli orizzonti delineati, infatti, si sono individuate iniziative capaci di catalizzare e
declinare, in diversi di progetti, le diverse finalità secondo quelle diverse dimensioni
territoriali ritenute più adeguate a trattarle. Il PST agisce in una logica a geometria variabile
capace di raccordare e coniugare problemi emergenti - che si presentano con dinamiche
diverse e a differenti scale - con le dimensioni territoriali più appropriate a trattarli e
possibilmente a risolverli.
Una logica che dunque riconosce e ricerca soluzioni, le quali si presentano spesso in contesti
che vanno oltre i confini amministrativi, siano essi comunali, provinciali o regionali, e che per
il loro trattamento richiedono sforzi condivisi e impegni reciproci.
In questo il PST favorisce il raccordo, partecipe e attivo, degli attori coinvolti - differenti per
livello istituzionale e per tipologia (pubblici e privati) - e la ricerca di sinergie tra impegni e
responsabilità, agendo secondo una logica dei patti lungo le diverse azioni progettuali che il
processo promuove.
Il piano trova infatti la sua operatività in una gerarchizzazione delle azioni indicate nei
documenti preliminari, introducendo una distinzione tra azioni e progetti “trainanti”,
“bandiera” e “normali”.
In particolare, “trainanti” sono considerati quei progetti che - per la loro dimensione
finanziaria, territoriale e culturale – risultano dotati di una particolare capacità di
trascinamento, una sorta di progetti “magnete” che attraggono e guidano gli altri; “bandiera”
sono quelli che esprimono le finalità del piano, simboleggiano la “visione” strategica e
possono avere anche una dimensione più limitata, mentre gli ordinari accompagnano e
contribuiscono allo sviluppo dell’insieme delle iniziative.
Con questa ipotesi il PST ha lavorato secondo una pluralità di settori di intervento raggruppati
attorno a tre fuochi tematici (sviluppo economico territoriale e occupazionale; infrastrutture e
urbanistica; welfare, le politiche sociali e i servizi al cittadino) il cui obiettivo, secondo un
approccio intersettoriale, è stato non solo quello di individuare una batteria di progetti
attivabili, ma anche quello di ricercarne, più che l’integrazione tout court, tutti i possibili
“effetti integrati” (Donolo, 2003).
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2.2 Policentrismo istituzionale
Come si è accennato fra gli obiettivi del processo vi è quello di costruire una diversa
governance locale a partire dalle pratiche avviate a diversi livelli territoriali e, per quanto
riguarda Campobasso, promuovere il rinnovamento della macchina amministrativa anche
densificando le pratiche di partecipazione esistenti.
La sfida del piano strategico territoriale di Campobasso è così da ricercarsi, piuttosto che sulla
capacità di competere direttamente su livelli nazionali e internazionali, nella volontà di
modificare le reti di relazione tra i tutti i soggetti coinvolti e coinvolgibili, non solo nella
direzione di una loro maggiore inclusività, capace di annodare catene verticali e orizzontali,
ma con l’esplicito obiettivo di generare una nuova forma di governo urbano. Per far ciò il
processo si è mosso in diverse direzioni, ha esteso il piano ai comuni contermini,
promuovendo quella geometria variabile di presentazione dei problemi e di ricerca di
soluzioni, e a partire dalla città di Campobasso, ha favorito la coerenza tra politiche,
programmi e progetti (in corso d’opera e futuri), promuovendo non solo la valorizzazione e la
interrelazione della progettualità avviata, ma anche arrivando con una certa maturità
progettuale, come si vedrà, alla definizione di linee guida per i programmi di sviluppo urbano
di matrice europea.
Con l’obiettivo di promuovere innovativi processi organizzativi capaci di rappresentare e
riconfigurare le forme attraverso cui vengono sollevati e possibilmente risolti i problemi a
geometria variabile, l’amministrazione di Campobasso fa la scelta di coinvolgere e cooperare
con un gruppo di comuni prossimi per incrementare la massa complessiva e per una più
efficace distribuzione dei servizi, a partire dalle realtà locali.
Il Piano interessa la rete dei comuni del Molise centrale le cui amministrazioni sono
chiamate, in una Consulta dei Sindaci, a svolgere una rinnovata forma di governo che,
adottando nuove logiche di azione, inneschi processi ampli e inclusivi. Il Comune di
Campobasso, in qualità di principale promotore e motore del processo, ha fin dall’inizio
allargato il processo a 21 comuni limitrofi — Baranello, Busso, Campodipietra,
Campolieto, Castellino del Biferno, Castropignano, Cercemaggiore, Cercepiccola,
Ferrazzano, Gildone, Jelsi, Matrice Mirabello, Montagano, Oratino, Petrella Tifernina,
Ripalimosani, San Giovanni in Galdo, San Giuliano del Sannio, Toro, Vinchiaturo —
coinvolgendo come promotori l’Unione Regionale delle Camere di Commercio del
Molise, il Patto Territoriale del Matese, la Provincia di Campobasso e l’Università del
Molise.
Attori questi già coinvolti in singoli progetti e in parternariati esistenti, che via processo si
intendono rafforzare, incrementare e mantenere. L’obiettivo qui è non solo di fertilizzare le
buone pratiche, ma a partire da queste, di organizzare un processo di mobilitazione delle
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risorse degli attori che, nel sostenere l’emergere di giochi cooperativi, incrementi il network
di attori, ispessendone le reti.
Al fine di promuovere una nuova forma di governo urbano, a dimensione locale come a
dimensione di area vasta, e di favorire la coerenza tra politiche, programmi e progetti (in
corso d’opera e futuri), molte iniziative avviate hanno costituito bracci operativi del processo.
Nelle città medie, i processi partecipativi moltiplicano spesso i luoghi di apertura e
discussione, iniziative a scale territoriali differenti che vedono la costruzione dal basso spesso
si susseguono e a volte si rincorrono intrecciando questioni e sovrapponendo soluzioni, i
rischi sono spesso una diminuzione della partecipazione, sovrapposizione di ruoli tra attori,
perdita di capacità creativa, stanchezza dei partecipanti.
Per non disperdere le reti e potenziare i processi a dimensione locale il processo ha raccolto,
potenziato e valorizzato tutte le esperienze in atto (Bilancio partecipativo, bilancio sociale,
agenda 21 locale, Sistema turistico locale, Piazze telematiche, Prusst,etc.) e, coinvolgendo i
dipendenti della macchina municipale, i suoi servizi, ha cercato di superare la
settorializzazione degli interventi aumentandone l’integrazione delle azioni. L’obiettivo è
stato qui di garantire un percorso che non solo dia ordine alla dispersione dei progetti avviati,
ma li integri all’interno della cornice del piano, rafforzandone e accrescendone l’efficacia,
promuovendo la produzione di effetti integrativi che andrebbero dispersi se non convogliati
entro un unico disegno generativo.
Lavorando sulle rispettive competenze, abilità e responsabilità si è cercato di potenziare
alcuni progetti già in essere, di ottimizzarli rispetto ad una visione complessiva della città, di
valutarli rispetto al grado di supporto complessivo che forniscono al perseguimento delle
azioni, di intrecciarli con altre proposte progettuali che emergono durante le fasi ulteriori del
processo.
Si sono promossi così percorsi di integrazione possibile tra le diverse iniziative di
partecipazione locale in atto, in cui temi e problemi relativi a tematiche specifiche sono stati
affrontati nei luoghi di partecipazione che ognuno di questi strumenti si è dato. Il tentativo è
stato quello di non sovrapporre prospettive ed elaborazioni progettuali e di non sforzare
ulteriormente la volontà e l’impegno di associazioni e abitanti a partecipare a processi estesi
di elaborazione collettiva.
Si tratta in definitiva di un processo che lavora su un policentrismo istituzionale (l’area
urbana” dei 10+1 comuni definiti dal Prg, i 21 comuni del PS i 27 comuni di SiSTeMA, i 12
comuni della metropolitana leggera, gli 84 comuni della Provincia e inoltre i 30 comuni del
Prusst, i 41 comuni del PIT e i 54 comuni del Patto) e sul un modello insediativo diffuso del
Molise.
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2.3 Policentrismo territoriale
Il processo di pianificazione strategica ha dunque attivato una molteplicità di iniziative
capaci di costruire un futuro solidale, sostenibile e sorprendente del territorio declinato
secondo un assetto policentrico. Il riferimento al policentrismo, forte nei documenti dell’Ue1,
è assunto, in generale, come ispirazione a molte scale spaziali, e qui a Campobasso è
proposto come spazio urbano reticolato, di cui va garantita l’armonica composizione e
gerarchizzazione, capace di promuovere nuove centralità urbane e di favorire l’accessibilità
alle reti materiali e immateriali. In definitiva, l’obiettivo del policentrismo pone un lavoro a
dimensioni variabili che muovendo da quella del comune di Campobasso sia in grado di
innescare nuove configurazioni spaziali a partire dai progetti di carattere puntuale o reticolare
che si inseriscono nel più esteso modello insediativi del Molise centrale.
A dimensione ampia il territorio di Campobasso, come il Molise in generale, presenta un
modello insediativo caratterizzato da una diffusione di piccoli comuni. Nell’insieme solo
quattro comuni hanno una popolazione superiore ai 10.000 abitanti e solo Campobasso
raggiunge i 50.000.
E’ una costellazione formata da una miriade si insediamenti montani (ovvero il 55% di aree di
montagna ed il 45% di aree collinari con 123 comuni montani con il 71% della popolazione
regionale), connessi da un sistema scarso di reti che seguono l’andamento dei pascoli e
aumentano la quantità di chilometraggio stradale, mentre l'assenza di sistemi urbani di media
dimensione, come di grandi agglomerati, e la diffusione insediativa rendono problematica
l'organizzazione di un sistema di servizi efficienti sul territorio, come i sevizi alla popolazione
ed, in talune aree, anche dei servizi per il sistema produttivo.
Inoltre per ciò che riguarda le infrastrutture di trasporto la maggiore concentrazione sull’asse
adriatico e la presenza di pendolarismi verso il capoluogo determina forti congestionamenti
delle poche reti esistenti. La differente accessibilità di persone e merci all’area costiera
rispetto alle aree interne (la prima servita dalle direttrici nazionali di trasporto la seconda da
una rete stradale e ferroviaria non del tutto adeguata) ha contribuito a determinare una
concentrazione delle attività produttive sulla fascia costiera e una correlata redistribuzione
della popolazione sul territorio a discapito delle aree interne, soprattutto in quella di
Campobasso dove invece si concentrano strutture amministrative, universitarie e ospedaliere.
Il piano strategico territoriale promuove qui un policentrismo innestato su azioni di ampio
riferimento, secondo una geometria tale da rispondere a problemi che si presentano a
dimensioni diverse. Qui infatti non si tratta solo di rispondere agli orientamenti comunitari
che prevedono l’articolazione della strategia comunitaria per lo sviluppo e la coesione
secondo tre grandi obiettivi strategici (accrescere l’attrattività e la competitività dell'Europa e
delle sue regioni, accrescere la conoscenza e l'innovazione per la crescita e aumentare
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G.Baudelle e B.Castagnède, Le poycentrisme en Europe, L’aube Datar, Paris, 2002
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l’occupazione), ma soprattutto di trattare compiutamente questioni territoriali relative all’area
vasta, ai “territori delle politiche” (Pasqui, 2001, 2005), cercando di coniugare obiettivi legati
alla qualità sociale dello sviluppo.
Questioni relative alle capacità connettive e all’accessibilità si misurano così con le
infrastrutture materiali e immateriali presenti. Temi legati alle infrastrutture di trasporto, alle
infrastrutture ambientali e culturali, fino alle infrastrutture telematiche costituiscono campi di
lavoro del P.S.T. che diventa anche processo attraverso cui si organizza la progettualità e si
valorizza l’esperienza.
Fra le esperienze innovative che cercano di superare la diffusione insediativa vi è in
particolare quella che lavora sulle nuove tecnologie digitali come fattore di maggiore
competitività urbana2. Si tratta del progetto “comunimolisani” di e-government che, puntando
sul coordinamento dei servizi e delle attività svolte dalle diverse organizzazioni, lavora
sull’integrazione e l’unificazione di servizi fruibili, con accesso multicanale, da parte di
cittadini, imprese, organizzazioni pubbliche e private locali ed erogati dai singoli Comuni, da
più Comuni, da altri Enti pubblici e da privati3. Il Progetto raccorda, in un unico ambito
progettuale, i diversi programmi innovativi che i Comuni molisani hanno avviato negli ultimi
anni relativi ai servizi per cittadini e imprese. La multicanalità sviluppa il massimo grado di
accessibilità per gli utenti, per offrire la possibilità di interagire, in via diretta, con le
amministrazioni attraverso ed ha permesso la creazione da parte dei Comuni molisani di una
struttura territoriale di gestione dei servizi che permette ai numerosi, ma mediamente piccoli
comuni molisani, di accedere ai benefici derivanti dall’utilizzo delle innovazioni legate allo
sviluppo dell’e-government che richiedono investimenti difficilmente sostenibili da singoli
enti le cui competenze sono in genere frazionate tra diverse amministrazioni.
Il P.S.T. valorizza tale esperienza riconoscendola come iniziativa in grado di costruire un
territorio solidale dedicandogli una specifica azione strategica volta a potenziare e migliorare
la capacità tecnico gestionale dei servizi rinnovando le relazioni, privilegiando servizi più
avanzati e promuovendo l’apertura apertura verso tematiche ambientali ed energetiche.
A dimensione estesa il P.S.T. di Campobasso, inoltre, ricongiunge e organizza altre due
iniziative: il Piano Urbano della Mobilità (con il sistema di metropolitana leggera) e il
programma SISTeMA.
Così come richiesto anche dalla delibera Cipe, il Comune avvia contemporaneamente al
P.S.T. anche il Piano urbano della Mobilità, promuovendo relazioni fertili anche con il
progetto di metropolitana comprensoriale leggera.
2
In una ricerca Rur-Censis, del 2004 sulla a qualità dei siti provinciali che valuta il rating delle città digitali
base di un indice sintetico che ha un punteggio da 0 a 100, la provincia di Campobasso rientra tra le 39 comprese
nella fascia tra 46,5 e 57,6. Si veda RUR, MIT, Censis, (2005).
3
Il progetto, di cui il Comune è capofila, è stato promosso da un vasto partenariato (l’Università degli Studi del Molise,
l’ANCI Molise, la società consortile Matese per l’Occupazione e di altri soggetti pubblici del territorio molisano) a cui hanno
aderito al progetto 87 dei 136 Comuni molisani, 3 Unioni di Comuni e 5 Comunità Montane. Il territorio investito dal progetto
interessa circa 84% della popolazione molisana (con circa 276.000 abitanti).
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L’avvio contestuale del P.S.T. e del P.U.M. consente di mettere a sistema gli interventi
previsti in ambito Comunale oltre che di dettagliare e specificare le scelte strategiche per il
Comune capoluogo. Tra le due iniziative si instaura così una reciproca interazione. Da un lato
il P.U.M. definisce, per ciò che concerne la mobilità, le linee di attuazione delle scelte
strategiche del P.S.T. per il principale ambito territoriale. Al contempo la definizione nel
P.U.M. di uno scenario complessivo di evoluzione della mobilità nel Comune di Campobasso,
per il ruolo di principale polo del comprensorio, rende attuabili le scelte del Piano Strategico
Territoriale.
A dimensione di area vasta nel P.S.T. trovano naturale collocazione le principali scelte
progettuali per la linea Metropolitana comprensoriale4 che diventa infrastruttura cardine e
matrice organizzativa non solo del sistema comprensoriale di mobilità e delle infrastrutture di
trasporto (stazioni, parcheggi di interscambio, stazionamenti linee del trasporto pubblico,...)
ma anche delle scelte di riqualificazione diffusa del territorio.
Il P.U.M e il progetto di metropolitana leggera entrano nel Piano strategico come interventi
avviati a supporto di alcune azioni. Per costruire un territorio sostenibile si è promossa
l’azione di potenziamento dell’accessibilità alle reti materiali e immateriali con l’obiettivo di
sostenere quegli interventi di gestione, riqualificazione, potenziamento delle infrastrutture per
la mobilità che - lavorando sui rapporti tra aree interne (residenziali) e costiere (più a carattere
produttivo) - si innestano su più vaste politiche di riequilibrio della distribuzione della
popolazione e delle attività produttive sul territorio. Il progetto costituisce oltre che il cardine
del sistema comprensoriale di mobilità anche ossatura su cui innestare l’azione di promozione
di nuove centralità urbane per la costruzione di un territorio sorprendente. Qui il recupero
delle stazioni, la creazione di nuove fermate in prossimità dei poli industriali, del Polo
Ospedaliero e dell'Università del Molise, la realizzazione di parcheggi di interscambio
costituiscono interventi su cui innestare processi di riqualificazione e rivitalizzazione diffusa
del territorio. Le stazioni della metropolitana comprensoriale diventano così luoghi di nuova
centralità territoriale, catalizzatori dello sviluppo demografico ed economico, elementi di
riqualificazione e rivitalizzazione del territorio, dove prevedere la localizzazione di nuove
funzioni residenziali e di rilevanza comprensoriale. Si punta così a innestare processi di
partecipazione estesa a partire dalla riqualificazione delle aree delle stazioni della
metropolitana, che diventano così occasione di confronto tra le diverse amministrazioni
comunali e luogo di una primo livello di governance territoriale.
Infine, sempre a dimensione estesa, rientra nel Piano strategico il programma SISTeMA
promosso dal MIITT – Dicoter con l’obiettivo di coniugare le politiche infrastrutturali con
4
Il progetto di Metropolitana leggera di Campobasso, nato con l'obiettivo di riqualificare la linea ferroviaria esistente che,
attraversando la città di Campobasso, collega i Comuni di Matrice e Bojano, prevede: il recupero di alcune stazioni; la
creazione di nuove fermate, in prossimità dei poli industriali, del Polo Ospedaliero e dell'Università del Molise; la realizzazione
di alcuni parcheggi di interscambio; alcuni limitati interventi sulla linea esistente (a binario unico per la quasi totalità della sua
estensione). La linea, che si sviluppa per 42 Km, prevede 12 stazioni (di cui 4 a Campobasso) e interessa un bacino di 12
comuni (circa 86.000 abitanti, per i quali i tempi di accesso alle stazioni della linea metropolitana non superano i 15 minuti).
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politiche territoriali entro le quali le infrastrutture fisiche costituiscono strumenti di sviluppo e
di coesione territoriale. Il programma innovativo Sviluppo Integrato Sistemi Territoriali Multi
Azione sostiene la sperimentazione di modelli di intervento capaci di coniugare, nelle aree
gravitazionali delle grandi infrastrutture, lo sviluppo locale con il rafforzamento del sistema
urbano policentrico.
Tale programma innovativo, nel territorio di Campobasso, lavora sulle potenzialità di
sviluppo correlate alla ricerca di una più precisa identità urbana e territoriale. In particolare tra
i temi affrontati dal progetto vi è la creazione di un sistema turistico locale, attraverso la
messa in rete del patrimonio culturale ed ambientale e l’impostazione di una politica di
marketing urbano e territoriale. Qui il programma promuove lo sviluppo di un sistema
turistico locale che interessa 27 comuni del Molise centrale, territorio che si caratterizza per
una polverizzazione dell’offerta turistica, soprattutto di carattere spontaneo, più diretto verso
il n turismo balneare, e poco verso quello rurale e culturale.
In questa ultima direzione, invece, il programma promuove la riorganizzazione di attori e
risorse in grado di collegare un nuovo tipo di turismo alla filiera agroalimentare presente nel
territorio. Si tratta di una eccellenza tale da qualificare quest’area come una food valley
inserita nel più ampio sistema territoriale di filiera agroalimentare interregionale. L’alta
presenza di caseifici e pastifici dai marchi storici ha attivato il livello nazionale nella
creazione di un distretto per il cui sviluppo si punta anche sulla valorizzazione e diffusione di
prodotti tipici come strumento per lo sviluppo socio-economico di aree territoriali
tradizionalmente depresse o, comunque marginali, anche attraverso la promozione del turismo
enogastronimico, con iniziative capaci di sollecitare food-trotter rinnovando pratiche e
mestieri locali (con nuove professionalità come il “gastronomo del territorio” o la “guida del
territorio”).
Anche in questi casi il PST raccogli e sviluppa la progettualità avviata: promuovere il
riconoscimento e la valorizzazione delle identità, delle risorse ambientali e del paesaggio
attraerso due azioni dedicate e volte a costruire un territorio sostenibile, mentre implementare
la costruzione delle eccellenze e favorire la distrettualizzazione delle attività produttive
costituiscono altre due azioni per costruire un territorio sorprendente.
Ricercando tutte le possibili connessioni produttive tra la pianificazione strategica e le
diverse iniziative che possono contribuire alla sua evoluzione, questi progetti e programmi
hanno costituito dei laboratori attivi del P.S.T., aperti a tutti gli attori del territorio, e da questi
implementati, che contribuiscono così alla sua costruzione e conduzione. A partire da queste
iniziative e da quelle a carattere più cittadino si promuovono nuove forme di
responsabilizzazione e di autopromozione del processo verso i cittadini, cercando quelle
forme organizzative capaci di accrescere l’amicizia e la fiducia reciproca attraverso la messa
al lavoro di una idea di politica come costruzione condivisa di futuri possibili (Perulli, 2004).
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A dimensione locale, lungo questo obiettivo e nella gerarchizzazione dei progetti, si sono
ricercare le opportune forme di cooperazione che, attraverso la stipula di una varietà di patti di
azione, sono in grado di innescare elementi di innovazione nella governance e promuovere il
raccordo e la condivisione a diversi livelli delle politiche, i programmi attivati dalle istituzioni
e le iniziative promosse dalla varietà di attori coinvolti. Assumono carattere costitutivo del
policentrismo a dimensione locale tre poli di sviluppo, la cui caratura sembra maggiore, e da
una rete minore di altri poli a livello territoriale. Si tratta di luoghi interessati da interventi di
trasformazione urbana capaci di trascinare più ampie modificazioni del tessuto materiale e
immateriale della città. Un primo polo è quello costituito dall’attuale area centrale della città
interessata in parte dalla realizzazione della nuova sede della Regione Molise. Un secondo
polo, denominato Polo dell’economia, ove si sviluppano le attività e le strutture della esistente
Cittadella dell’economia. Mentre un terzo polo di attrazione è costituito dall’area di Tappino
- Monte Vairano (che interessa non solo il Comune di Campobasso ma anche quelli di Busso
e di Baranello): qui è in corso di realizzazione il progetto “Monte della salute”, un vero e
proprio polo “del benessere”, che vede protagonisti la Regione (con l’ospedale regionale),
l’Università Cattolica e l’Università del Molise in un luogo ove si trovano importanti
memorie archeologiche e rilevati centri di diffusione culturale e di presidio turistico (quali ad
esempio il museo di Baranello o il presidio turistico curato dalla Comunità Montana). Alcuni
dei poli di sviluppo costituiscono inneschi di più vaste trasformazioni territoriali che,
interessate anche da nuove forme gestionali come la Società di Trasformazione Urbana,
prevedono la stipula di accordi di programma.
Queste tre polarità dovranno confrontarsi con l’insieme delle modificazioni nell’assetto
insediativo incentivate dal nuovo sistema infrastrutturale, dalla metropolitana leggera e dalle
ipotesi progettuali del Piano Territoriale di Coordinamento provinciale. Le azioni qui
dovranno trovare le reciproche sinergie sia con la promozione di circuiti integrati e
concatenati tra il sistema dei tratturi, dei castelli, dei siti archeologici, dei beni architettonici,
delle chiese e dei musei, e all’insieme delle filiere produttive esistenti (e dunque con i futuri
PIT tematici previsti dalla Regione molise); che con la promozione delle stazioni della
metropolitana comprensoriale considerati, come si è detto, luoghi di nuova centralità urbana e
territoriale, catalizzatori dello sviluppo demografico ed economico, elementi di
riqualificazione e rivitalizzazione del territorio. E dunque con iniziative di localizzazione di
nuove funzioni residenziali e di rilevanza comprensoriale in stretto rapporto fisico e
funzionale con la metropolitana comprensoriale.
Come si è accennato, sottesa alle diverse ipotesi di sviluppo, e matrice di orientamento nella
definizione e gerarchizzazione dei progetti, è stata la declinazione dell’aumento
dell’attrattività e della competitività delle città non solo ed esclusivamente in termini di
infrastrutturazione materiale del territorio, ma come costruzione di un complesso di iniziative
che, a partire da quella immateriale, sia capace di aggredire il degrado socio economico del
12
territorio e che su queste attività sia in grado di innestare e promuovere estesi processi di
rivitalizzazione urbana.
In tal senso la batteria di progetti, di carattere materiale e immateriale, organizzati in trainanti,
bandiera e normali, hanno rappresentato un giacimento patrimoniale di conoscenza,
condivisione e integrazione tale da costituire la base su cui il Pst di Campobasso ha sviluppato
una significativa convergenza tra gli strumenti regionali per l’attuazione dei Fondi europei. In
particolare ciò ha permesso di giungere preparati al tavolo interistituzionele del marzo 2008
promosso dalla Regione Molise per la definizione di uno degli strumenti operativi del PO Fesr
2007-2013 ricercando una coerenza progettuale tra l’elaborazione delle Linee guida per i
Piani Integrati di Sviluppo Urbano e le iniziative del Piano Strategico Territoriale.
3
PROPOSTE OPERATIVE “ALLA PROVA” DELL’ESPERIENZA
3.1 Il contributo alla redazione delle Linee guida dei Piani Integrati di Sviluppo Urbano
Nell’ambito dell’orizzonte delineato dal Piano strategico territoriale, i Piani Integrati di
Sviluppo Urbano (PISU) si presentano come strumenti capaci di rendere operative alcune
prospettive di sviluppo: dinamizzando estesi processi di rivitalizzazione socioeconomica
sostenibile, promuovendo qualità urbana, energetica ed ambientale e rendendo massimo
l’impatto della varietà di iniziative messe in campo. In particolare, in merito al giacimento di
progetti descritto, i Pisu si configurano anche come momento di verifica, oltre che
programmatica tra i diversi attori pubblici e privati coinvolti.
Il PST, come si è detto, ha fertilizzato e coagulato una progettualità locale in una batteria di
progetti che, costruiti su una ipotesi condivisa di sviluppo e secondo una sostenibilità delle
scelte ottenuta mediante la partecipazione attiva di una moltitudine di attori, si alimentano
reciprocamente attraverso tutti i possibili effetti integrati che questi possono dispiegare. Lo
stimolo qui è stato anche di ricercare tutte le possibili cerniere in grado di far convergere
azioni e trasmettere nuovi impulsi in diverse direzioni, da quella urbana, all’area vasta, alle
dimensioni provinciali e regionali fino a quelle infraregionali, suggerendo un sistema di
connessione tra PISU, PIT e programmi interregionali che, nella specificità delle diverse
iniziative, ricerchi i più opportuni momenti di condivisione e di reciproca alimentazione.
L’approccio promosso ha dispiegato una logica diversa da quella che, attraverso una varietà di
piani e programmi si incentrava sulla infrastrutturazione fisica del territorio come unica
modalità capace di promuovere e trascinare sviluppo urbano e che nelle attività di carattere
immateriale vedeva dei fattori accessori rispettosi dei vincoli di integrazione che tali strumenti
13
imponevano. Ciò che si è proposto è stato di assumere un approccio alla rivitalizzazione che
parta dalla promozione di quelle risorse umane, economiche, sociali, culturali e ambientali
capaci di costruire nuove reti infrastrutturali soprattutto immateriali, nuovi capitali in grado di
incidere sulla qualità e la vivibilità dei centri urbani, due fattori ritenuti decisivi della
competitività dei territori.
Perseguendo tale logica lo sforzo che si è suggerito è stato quello di massimizzare la più
diffusa integrazione delle risorse finanziarie, concentrandone la portata dimensionale e
selezionandone le tipologie di intervento afferibili.
Il Pisu, così come delineato dal PO FESR 2007-2013 della Regione Molise, rappresenta lo
strumento a carattere integrato e di natura multidimensionale volto a promuovere estesi
processi di rigenerazione urbana capaci di intervenire sull’attrattività e la competitività dei
territori. Si configura come strumento di politica urbana operativo dell’ Asse IV, obiettivo
operativo IV.1 attività IV.1.1 (Promuovere lo sviluppo delle aree urbane, attraverso
l’aggregazione polare di servizi e iniziative per attrezzare la città a fronteggiare le sfide
sociali, economiche, ambientali, tecnologiche, energetiche, favorendo la competitività e
l’attrattività del territorio) in prima sinergia con l’attività IV.3.1 (Migliorare la competitività e
l’attrattività del territorio e la qualità della vita della popolazione locale, mediante la
prevenzione e la gestione dei rischi di dissesto e di degrado del suolo). In linea di massima lo
strumento, perseguendo obiettivi di rivitalizzazione del tessuto economico, sociale e culturale,
opera mediante interventi di recupero, riqualificazione, riconversione e valorizzazione del
patrimonio esistente, finalizzando gli interventi alla valorizzazione e/o la creazione di
infrastrutture materiali e immateriali.
A tal fine, e sulla scorta dell’esperienza di pianificazione strategica, si è suggerito di agire in
una logica di concentrazione territoriale, di integrazione (tematica e finanziaria) e di selezione
delle tipologie di intervento.
Per quanto riguarda l’integrazione delle iniziative, gli interventi di infrastrutturazione
materiale del territorio, legati al recupero e alla riqualificazione di insediamenti urbani e
produttivi, alla valorizzazione e tutela del paesaggio e dell’ambiente e alla mobilità, dovranno
dirigersi verso i seguenti obiettivi:
a)
perseguire una maggiore autonomia energetica ed una migliore sostenibilità dei
processi di sviluppo, attraverso la razionalizzazione dei consumi energetici e la produzione di
energie rinnovabili (collegandosi così al Po FERS Asse III – Energia e FAS macroarea
Ambiente e territorio) - integrazione verticale;
b)
integrarsi e trovare le reciproche sinergie con interventi rivolti al mantenimento,
miglioramento e sviluppo del tessuto economico e sociale della città (FSE, FERS e FAS) integrazione orizzontale;
14
c)
sostenere interventi di natura interregionale o che in ogni caso si integrino con le
programmazioni delle regioni contermini in un’ottica di pianificazione e di cooperazione
territoriale;
d)
prevedere azioni strategiche in grado di favorire processi di integrazione tra sistemi
territoriali nei programmi di cooperazione transfrontaliera.
L’integrazione verticale è stata così interpretata come rete di condivisione di scelte operative
soprattutto in campo energetico con iniziative di certificazione ambientale del territorio, da
applicare a diverse campi quali, ad esempio i rifiuti, i trasporti, il verde pubblico e la
bioedilizia (Certificazione Forestale secondo il sistema FSC - Forest Stewardship Council) e
la bioarchitettura (con tecniche di risparmio idrico ed energetico), la produzione di energia
attraverso impianti di produzione di energia alternativa (biomasse, etc.). L’obiettivo di
integrazione verticale è ststo quello di stimolare progetti di autoproduzione di energia da parte
delle diverse strutture attraverso, ad esempio: l’applicazione della tecnologia fotovoltaica
integrata su tutti gli edifici, sulle strutture di copertura e sulle facciate, con dispositivi
energetici integrati modulati rispetto alle destinazioni d’uso degli edifici; il recupero delle
prestazioni termiche degli edifici esistenti (integrazione o sostituzione componenti verticali e
orizzontali); l’estensione del fotovoltaico negli spazi pubblici (pensiline fotovoltaiche nei
parcheggi e nelle fermate dell’autobus al fine di alimentare la rete di illuminazione); etc..
L’integrazione orizzontale è stata invece rivolta a garantire estesi processi di rivitalizzazione
urbana considerando come ingrediente fondamentale la realizzazione contestuale di
operazioni di diversa tipologia nel settore delle infrastrutture materiali e immateriali,
reciprocamente interdipendenti e convergenti verso un comune obiettivo di sviluppo urbano.
A tal fine e sulla scorta dell’esperienza fatta, si sono proposte diverse declinazioni di
“infrastrutture” opportunamente intrecciate con le caratteristiche dei territori, le iniziative
attivate e gli altri assi del PO che possono contribuirne alla loro implementazione.
Per la costruzione di infrastrutture per lo sviluppo economico si sono intesi quegli interventi
di recupero e riqualificazione delle aree per insediamenti produttivi finalizzati alla
realizzazione e implementazione di infrastrutture di servizio a tali attività nonché allo
sviluppo di imprese innovative e al loro trasferimento e/o insediamento. In particolare
attraverso interventi finalizzati alla riqualificazione, rafforzamento e/o realizzazione di: reti
infrastrutturali primarie (in particolare per gli insediamenti produttivi); aree ed immobili
destinati all’insediamento di imprese, in particolare nei settori del terziario avanzato e
qualificato, della R&ST, dei servizi alle imprese, strutture per l’alta formazione connessi alle
infrastrutture per il trasferimento; parchi scientifici e tecnologici e centri di competenza
relativi al trasferimento tecnologico, all’innovazione, alla ricerca industriale, alle nuove
tecnologie, ivi compresi incubatori e acceleratori di impresa soprattutto nei settori innovativi
15
delle tecnologie ambientali, laboratori di ricerca, strutture per l’alta formazione connessi alle
infrastrutture per il trasferimento; laboratori per lo sviluppo dell’imprenditorialità, anche no
profit, in quartieri con specifiche concentrazioni di criticità, sociale ed economica,
sviluppando particolari sinergie con i settori dell’economia sociale; recupero e valorizzazione
attività artigianali e nel potenziamento di parchi commerciali naturali (in collegamento con le
azioni di infrastrutturazione culturale); interventi rivolti al trasferimento e ricollocazione di
attività a carattere produttivo (industriale, artigianale, agricolo) non compatibili all’interno
dell’ambito di intervento; azioni di marketing territoriale. La proposta è stata anche quella di
innestare l’insieme di tali iniziative su interventi nel campo dell’occupabilità attraverso la
messa a punto o il potenziamento di tutti i dispositivi atti a promuovere “estese pari
opportunità” allargando tale concetto a tutti i gruppi di popolazione che si trovano in maggiori
difficoltà occupazionali: non solo le donne, ma anche i giovani, i lavoratori anziani, i
disoccupati di lunga durata, le minoranze etniche, i diversamente abili, e dunque quelle
persone che si trovano in difficoltà di accesso e di mantenimento del lavoro.
Per la realizzazione di infrastrutture per lo sviluppo sociale, in sinergia e complementarietà
con i Piani Sociali di Zona e con l’asse III del Po FSE, si sono intese le iniziative finalizzate
all’abbattimento del disagio sociale delle fasce deboli garantendo il netto miglioramento della
qualità ed efficienza nell’offerta di livelli essenziali di assistenza sociale e sanitaria,
valorizzando le opportunità offerte dallo sviluppo dell’economia sociale e del terzo settore. Si
tratta di iniziative rivolte al trattamento di problematiche di natura socio-sanitaria, socioculturale, di aggregazione in genere e inerenti la sicurezza dei cittadini, con particolare
attenzione all’attivazione di servizi a favore di una specifica classe sociale, individuata quale
classe “bersaglio” dell’operazione (anziani, bambini, disabili, studenti, immigrati ecc.). E in
particolare potranno riguardare: realizzazione di centri di aggregazione e promozione della
partecipazione giovanile, dove promuovere corsi di formazione e sensibilizzazione, corsi di
aggiornamento e giornate di studio di educazione alla differenza e alla transculturalità; tali
centri potranno essere anche rivolti a più fasce d’età come a più target diventando luoghi
centrali di quartieri degradati e sensibili capaci di funzionare 24h/24h; strutture per realizzare
servizi destinati al benessere delle fasce più deboli della popolazione 0-99; l’utilizzo delle
scuole come luoghi di offerta arricchita in grado di erogare servizi sociali, sportivi e culturali
e la promozione di strutture di assistenza di custodia dei piccoli presso i luoghi di lavoro; la
costruzione di laboratori per la partecipazione sociale alle politiche urbane, con particolare
attenzione alla dimensione delle pari opportunità, delle fasce di popolazione giovanile e
anziana, della popolazione immigrata, anche in stretto raccordo con le strategie e gli interventi
previsti dai Piani sociali zonali; la sperimentazione di forme abitative in grado di soddisfare i
nuovi bisogni abitativi e di socializzazione di particolari fasce di utenti (studenti - anziani immigrati - disabili - famiglie di nuova formazione - nuclei familiari con bambini - singles ecc.) incoraggiando la realizzazione di strutture residenziali per studenti.
16
Per la realizzazione di infrastrutture per lo sviluppo urbano e ambientale si sono intesi gli
interventi rivolti alla riqualificazione urbana e sostenibile delle aree finalizzati alla
realizzazione di nuove centralità territoriali. E in particolare interventi di: riqualificazione
urbana tesi a realizzare luoghi di nuova centralità territoriale, catalizzatori dello sviluppo
demografico ed economico, elementi di riqualificazione e rivitalizzazione del territorio (legati
alle tre polarità urbane); recupero ambientale, prevenzione dei rischi naturali con
l’introduzione di sistemi integrati di gestione del ciclo integrato delle acque e di
rafforzamento della difesa del suolo; recupero di spazi e giardini pubblici e di aree agricole
urbane; recupero del patrimonio edilizio esistente destinato alle attività di infrattrutturazione
economica, sociale e culturale; riqualificazione ambientale e di ricucitura di parti separate di
città attraverso interventi di collegamento con i sistemi di viabilità urbana e la creazione di
percorsi verdi pedonali; riqualificazione ambientale di spazi pubblici volti alla raccolta e al
riciclo delle acque piovane per usi non domestici (irrigazione ecoserre, giardini pubblici e altri
spazi verdi); istallazione di ecoserre con panelli fotovoltaici trasparenti, da realizzare come
giardino pubblico invernale e in cui promuovere laboratori didattici di botanica e
giardinaggio; finalizzati alla realizzazione del ciclo integrato dei rifiuti,puntando soprattutto
sulla raccolta differenziata (Isole ecologiche, etc.).
Insieme a questi si sono declinati gli interventi sulle infrastrutture per l’accessibilità intese
come iniziative mirate a promuovere una mobilità sostenibile del territorio avendo legato le
questioni dell’accessibilità alle risorse di tipo economico e sociale alle rispettive
infrastrutture. Le iniziative qui sono rivolte a migliorare la qualità dell’aria, a ridurre le
emissioni sonore, stimolare l’attività fisica operando entro un sistema che garantisca la
massima accessibilità ai servizi e alle infrastrutture (Sanitarie, Amministrative-Istituzionali,
Universitarie, etc.). In particolare interventi: volti a ridurre i tempi e i costi del trasporto di
persone e merci dalle zone interne all’area del capoluogo (Metropolitana comprensoriale); di
miglioramento del collegamento del porto di Termoli con le zone interne del Molise in
particolare per il trasporto delle merci utilizzando anche la metropolitana comprensoriale e
creando a Campobasso un “centro logistico” per la distribuzione delle merci in ambito urbano
a ridosso di una delle stazioni urbane della metropolitana; di realizzazione di nuova viabilità
in grado di garantire percorsi alternativi veicolari e pedonali; di realizzazione e
miglioramento delle condizioni di mobilità pedonale e/o ciclabile, che colleghi il sistema della
mobilità (aree limitrofe le fermate urbane della metropolitana comprensoriale, parcheggi,
terminal) i poli principali di attrazione (Università, Ospedali, Sedi di Amministrazioni
pubbliche, etc.) i quartieri e le aree urbane interessate da interventi di riqualificazione
economica e sociale; di miglioramento ed incremento del trasporto pubblico cittadino; rivolti
alla istituzione di Zona a Traffico Limitato (nel nucleo storico della città) e realizzazione di un
sistema telematico di controllo degli accessi; rivolti ad agevolare l’accessibilità ai servizi alle
persone anziane, ai bambini e a tutti i soggetti diversamente abili; rivolti a garantire la
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diffusione delle infrastrutture tecnologiche digitali in tutti i settori dei servizi alla persona; di
realizzazione di parcheggi e sottopassi; di istallazione di impianti fotovoltaici pubblici per
alimentare sistemi di mobilità alternativi: biciclette, autoveicoli, navette elettriche, o in
alternativa ad idrogeno; rivolti alla diffusione e promozione di cultura della mobilità
sostenibile.
Infine per la realizzazione di infrastrutture per lo sviluppo culturale e turistico si sono intesi
gli interventi rivolti alla valorizzazione del territorio nelle sue risorse culturali e
paesaggistiche al fine di aumentarne l’attrattività, migliorare la qualità della vita dei cittadini
ed incrementare l’offerta turistica. Gli interventi, nel prevedere la creazione e l’adeguamento
degli spazi e dei luoghi destinati alla valorizzazione e alla fruizione dei beni culturali e
paesaggistici, ad attività culturali e di spettacolo, riguarderanno la realizzazione di: una offerta
di servizi e di attrezzature (come centri culturali e scientifici, musei, biblioteche, luoghi di
produzioni artistiche, ecc.) strettamente associati a iniziative di promozione e a programmi di
attività culturali innovativi anche associati a particolari target di turisti (ad esempio
universitari: studenti, ricercatori, ecc.) e a filiere (come quelle agroalimentari,
enogastronomiche, di carattere paesaggistico – tratturi, etc.); luoghi di produzione culturale e
creativa giovanile come luoghi di aggregazione sociale, valutando le opportunità aperte dalle
dismissioni di edifici e di aree e dalle possibilità di recupero di edifici o insediamenti storici
antichi (in connessione con le azioni rivolte alla infrastrutturazione sociale); circuiti culturali
per la fruizione di servizi didattico-educativi e di spettacolo; interventi rivolti alla diffusione e
promozione della cultura, al rafforzamento dei valori identitari, in particolare attraverso la
valorizzazione dei festival presenti sul territorio.
4
CONCLUSIONI
L’esperienza del processo di pianificazione strategica del comune di Campobasso e della rete
urbana del Molise centrale, giunta alla definizione del suo “piano”, vede aprirsi alla stipula di
una varietà di patti per la sua operatività. Il suo andamento, fra lentezze e accelerazioni, ha
visto coagulare esperienze e attori verso la proposta delle linee guida sopra delineata, condotta
da parte di tutto il gruppo promotore del PST. Se da un lato l’idea sottesa a tale proposta è
stata quella di reciproco adattamento tra i progetti attivati via Piano strategico territoriale e la
costruzione di linee guida dei Pisu, ricercando da un lato tutte le possibili sinergie, dall’altro il
processo di pianificazione ha permesso di restituire una consapevolezza non solo alle ipotesi
di sviluppo ma anche al contesto delle azioni che da essa discendono. La varietà dei progetti
gerarchizzati e integrati ha rappresentato il contesto cognitivo da cui far discendere il grado e
la reciproca compatibilità delle molte delle iniziative proposte insieme all’impegno degli
attori a realizzarle. Il PST è diventato un “campo di opportunità” (Calvaresi, Pasqui, 2004)
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dove ridefinire relazioni e reti tra attori, una palestra in cui fa esercitare i partecipanti a
sperimentare la costruzione condivise e plausibili di sviluppo, promuovere il network di attori,
all’enarli ad avere un “agire strategico” (Calvaresi, 1997) dove ricercare tutte le possibili
connessioni operative, giungere preparati all’impiego selettivo dei fondi 2007-13
convogliandoli verso progetti non solo facilmente operativi ma anche capaci di trascinare,
attraverso processi di cross fertilization, più estese trasformazioni nel tessuto economico,
sociale e culturale del territorio.
5
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