Ipotesi di disponibilità illimitata di risorse naturali a seguito dell'introduzione dell'energia nucleare. Lo scenario di cui alla figura 2.9b corrisponde alla stessa situazione precedentemente descritta con la differenza che viene fatta l'ipotesi di disponibilità illimitata di materie prime non rinnovabili per effetto dei processi di sostituzione (ad esempio, energia nucleare). L'esito finale (tracollo del sistema) non muta. Questa volta non è l'esaurimento delle risorse a provocare il crollo della crescita demografica, quanto invece l'aumento esponenziale del tasso di inquinamento che ha come effetto conseguente quello di far aumentare vertiginosamente il tasso di mortalità. Il sistema mondiale sembra dapprima destinato a svilupparsi per poi subire un collasso e precipitare in condizioni di miseria. Ipotesi di disponibilità illimitata di risorse naturali, raddoppio della produzione agricola e completo controllo delle nascite.. Questa ipotesi prevede il più largo ricorso alla tecnologia in tuttii settori. La produzione di energia nucleare è intensificata al massimo, si recuperano tutti i materiali utili contenuti nei rifiuti, e contemporaneamente si estraggono minerali dai giacimenti più inaccessibili. L'emissione di agenti inquinanti viene rigorosamente controllata, il rendimento della terra attinge a valori molto alti e si attua un severo controllo delle nascite. Ciò nonostante la fine dello sviluppo viene posticipata solo di uno o più decenni; il "crollo" sopravviene a seguito di tre crisi simultanee: le riserve di materie prime vengono esaurite da una popolazione che gode di una relativa prosperità; la produzione di alimenti precipita a causa dell'inaridimento della terra; l'inquinamento aumenta, diminuisce, aumenta di nuovo provocando un ulteriore riduzione della produzione di alimenti e un rapido incremento della mortalità. L'ipotesi dello "stato stazionario" (crescita zero). In questo caso viene ipotizzata una strategia basata su 7 ipotesi: 1) la popolazione viene mantenuta costante uguagliando gli indici di natalità e mortalità, a partire dal 1975; 2) il consumo di materie prime per unità di prodotto industriale viene ridotto a 1/4 del valore attuale (1970), per evitare l'esaurimento delle riserve; 3) viene favorita la produzione di servizi rispetto a quella di beni materiali di consumo; 4) viene ridotto l'inquinamento per unità di prodotto agricolo e industriale al valore di 1/4 rispetto ai livelli 1970; 5) viene data la precedenza alle tecnche di arricchimento e di conservazione dei suoli per diminuire il processo di loro erosione; 6) ogni sforzo produttivo viene indirizzato verso la produzione di alimenti per l'intera popolazione, considerato che i provvedimenti di cui ai precedenti punti comportano un valore modesto di razioni alimentari; 7) il capitale viene indirizzato verso la produzione di servizi e alimenti, verso le tecniche di riutilizzo delle materie prime già usate, verso il controllo dell'inquinamento. L'ipotesi dello stato stazionario (o crescita zero) corrisponde dunque alla condizione in cui popolazione e capitale rimangono sostanzialmente costanti, grazie ad un meccanismo di controllo dinamico esercitato sulle forze che tendono a farli aumentare o diminuire .Le conclusioni del Rapporto. Sotto qualsiasi ipotesi, le simulazioni del modello dinamico indicano una inevitabile catastrofe naturale; semmai, i diversi provvedimenti hanno l'effetto di rallentare il processo autodistruttivo, o di spostare avanti nel tempo la data dell'evento, ma non quello di evitarlo. Il Rapporto in realtà fornisce alcune indicazioni generali che potrebbero scongiurare il collasso planetario, ma esse appaiono (agli stessi autori del Rapporto) di quasi impossibile attuazione e comunque pericolosi e forse disastrosi di per sé stessi. Si tratterebbe infatti di regolare simultaneamente alcune grandezze e alcuni processi: abbassare il tasso di natalità; ridurre il consumo di materie prime per unità di prodotto; produrre meno beni materiali e più servizi (istruzione, sanità); ridurre il tasso di inquinamento; aumentare la produzione di alimenti impegnando così i capitali occorrenti, ecc. Alcuni di questi obiettivi sembravano, allora, non perseguibili concretamente, se non a costo di cambiare drasticamente il modello di sviluppo economico nella sua struttura fondamentale, oltreché le stesse concezioni sociali, etiche, ecc. degli individui (si pensi all'ipotesi di controllo delle nascite, ad esempio). Le conclusioni riassuntive finali del Rapporto sono le seguenti: 1. Nell'ipotesi che l'attuale linea di crescita continui inalterata nei cinque settori fondamentali (popolazione, industrializzazione, inquinamento, produzione di alimenti, consumo di risorse naturali), l'umanita' è destinata a raggiungere i limiti naturali della crescita entro i prossimi cento anni. Il risultato piu' probabile sara' un improvviso, incontrollabile declino del livello di popolazione e del sistema industriale. 2. E' possibile modificare questa linea di sviluppo e determinare una condizione di stabilita' ecologica ed economica in grado di protrarsi nel futuro. La condizione di equilibrio globale potrebbe essere definita in modo tale che venissero soddisfatti i bisogni materiali degli abitanti della Terra e che ognuno avesse le stesse opportunita' di realizzare compiutamente il proprio potenziale umano. 3. Se l'umanita' optera' per questa seconda alternativa, invece che per la prima, le probabilita' di successo saranno tanti maggiori quanto piu' presto essa comincera' a operare in tale direzione. (Meadows H.D., Meadows L.D., Randers J., Beherens W.W.III,1972) .I limiti del Rapporto. Molte furono, al suo apparire le critiche fatte, da diversi fronti, al modello Forrester-Meadows provenivano da parte di economisti e scienziati. La gran parte di critiche erano sostanzialmente dovute al fatto che mentre il Rapporto analizzava cosa sarebbe potuto accadere se non si fosse cambiato radicalmente il modello di sviluppo, esso fu invece generalmente interpretato come una profezia del giudizio universale, anche se: La maggior parte della gente sembrava avere la sensazione che l'umanità fosse troppo abile per incappare in un ciclo qualsiasi di crescita rapida e rapidi crolli e che ci saremmo fermati o avremmo cambiato il nostro comportamento prima di raggiungere il punto critico (Odum E.P.,1983). Entrando nel merito degli aspetti tecnici e scientifici del metodo e del modello utilizzati, furono svolte molte considerazioni critiche rilevanti. Alcuni criticarono il sistema di relazioni che legano le variabili di base poichè avrebbero dovuto essere di tipo probabilistico anzichè deterministico, considerato l'imprecisione dei dati di partenza e l'incertezza degli eventi prefigurati. Alcune critiche riguardano l'uso fatto, dai Meadows, del calcolatore e dei modelli catastrofici di Forrester. Entrambi questi strumenti non possono che riproporre (con tutti i limiti connessi) un futuro basato sulla extrapolazione del passato, ovvero una crescita imitativa per cui ciò che è avvenuto nel passato non può che continuare ad avvenire nel futuro (more of the same). Secondo Sachs l'uso del calcolatore consente di guadagnare in precisione, ma inevitabilmente esso elimina gli aspetti irrazionali del comportamento che potrebbero dare un diverso corso agli eventi futuri (Sachs W.,1992). Se uno prende un'estrapolazione semplicistica (single-minded) e lineare e le fa fare parecchi giri nel calcolatore, ne riceverà sempre un'estrapolazione semplicistica e lineare di quel che sarà nel 2000 il prodotto nazionale lordo delle principali potenze. I calcolatori possono giusto giusto aiutarvi a essere stupidi in modo costoso (Thompson W.I.,1972). Utilizzare il calcolatore e i modelli catastrofici del tipo, Stop alla crescita per prevedere il futuro, significa avere una visione riduttiva e deterministica della storia e non contemplare possibilità di trasformazioni. Se si fosse extrapolata al calcolatore la storia recente del socialismo in Urss, eventi come il crollo del muro di Berlino, la fine dell'esperimento del socialismo reale nei paesi dell'est europeo o come quelli della guerra fratricida tra le regioni della ex Jugoslavia, non avrebbero mai dovuto avverarsi; in proposito Sachs giudica che: Sarebbe stato meglio accusarli delle libertà che essi si prendono verso la storia, della scelta volontaristica e parziale delle variabili strategiche (ora il progresso tecnico, ora la spinta demografica coniugata all'esaurimento delle risorse e all'aumento dell'inquinamento) che va di pari passo con un meccanicistico determinismo e con la negazione del ruolo attivo e creatore degli uomini. La copertura sofisticata del calcolo su computer maschera, nei due casi, il ritorno ad una concezione primitiva del futuro come immagine del passato, in cui la mancanza di immagine sociologica è compensata da un eccesso di fantasia tecnica (Sachs W.,1992). Gli economisti, invece, criticarono soprattutto la forma aggregata del modello e l'assenza, in esso, di variabili sociali ed economiche. Essi misero in discussione la stessa scientificità del modello in quanto utilizzava un calcolatore. In proposito, Georgescu-Roegen osserva giustamente che "gli economisti negli ultimi trenta anni si sono fatti in quattro per convincere che solo i modelli matematici permettono di raggiungere i fini più elevati della loro scienza; con l'avvento degli elaboratori l'uso di modelli econometrici è diventato procedura corrente". (GeorgescuRoegen N.,1976) Quello che gli economisti soprattutto non potevano perdonare agli autori del Rapporto, era il fatto che fosse stata messa in discussione la capacita' di autoregolazione del mercato attraverso gli strumenti dei prezzi e della sostituzione per fronteggiare il problema della scarsità di risorse. (9) Da una parte, infatti, pur considerando la crescita economica come l'obiettivo principale, essi non accettavano l'ipotesi della legge esponenziale della crescita, delle risorse, della produzione, dell'inquinamento: in realtà gli economisti si trovavano per la prima volta a fronteggiare gli effetti impliciti nella loro stessa ideologia della crescita illimitata e ne rifiutavano le conseguenze. Dall'altra, essi avevano comunque un atteggiamento fiducioso nei meccanismi di autoregolazione del mercato, ritenuto il migliore allocatore di risorse scarse attraverso il meccanismo dei prezzi. Il mercato, secondo questa tesi, sarebbe prima o poi intervenuto a impedire la crisi provocata dal completo esaurimento delle risorse, poichè l'aumento dei prezzi conseguente alla scarsità delle risorse avrebbe suscitato straordinarie possibilità di sostituzione di quest'ultime con altre prodotte dall'uomo stesso. Lo stesso rapido aumento del tasso di inquinamento, qualora esso avesse raggiunto i valori critici indicati dal Rapporto, avrebbe innescato automaticamente un processo di ricerca di misure atto a contenerlo. Osserva la Bresso che molto probabilmente l'intensità delle critiche fu anche dovuta alle preoccupazioni per i fatti accaduti poco dopo la pubblicazione del Rapporto, ovvero la crisi del petrolio del 1973 che impose a tutto il mondo il problema della esauribilità delle risorse e l'improvvisa caduta della produzione di cereali. Il problema delle diverse interpretazioni sulla questione della sostituibilità delle risorse, costituiva l'elemento di contrapposizione tra economisti fautori dell'economia di mercato tradizionale (e dei suoi modelli classici) e autori del Rapporto convinti difensori della tesi della inevitabilità del collasso. Come si vedrà appresso, nei capitoli che seguono, il problema è mal posto in entrambi i casi. Possibilità di sostituzione delle risorse esistono, ma anch' esse riscontrano dei limiti (che derivano in particolare dalle leggi della termodinamica). La contrapposizione tra esauribilità e non delle risorse si poneva ad un livello troppo ideologico, senza che nessuna delle parti approfondisse concretamente l'aspetto del processo di sostisuzione In questo senso appaiono giuste le considerazioni critiche di Laszlo, uno degli scienziati del Club di Roma: [...] senza disconoscere gli sforzi eroici da parte di Aurelio Peccei, in zona terapia è stato ottenuto relativamente poco. Per usare un'altra metafora, il Club di Roma ha aiutato a delineare la strada, ma ha fatto poco per generare la volontà di intraprenderla. Se è vero che dove c'é la volontà c'é la strada, allora il carro è stato messo davanti ai buoi... sarebbe meglio [...] che i rapporti cadessero sotto il fuoco di una controversia costruttiva piuttosto che raccogliere polvere come rispettati ma inascoltati documenti d'epoca (Laszlo E.,1977). Critiche differenti e più radicali riguardavano l'intero impianto e la stessa significatività di un modello che aveva la presunzione scientifica di simulare il comportamento futuro del pianeta. Georgescu- Roegen, bioeconomista, critica le conclusioni "affrettate" del Rapporto sulla base di considerazioni basate sulla evoluzione biologica della specie, ma assolve gli autori dalle critiche loro mosse dagli economisti:: La predizione, simile alla famosa profezia della fine del mondo nell'anno 1000, è in contrasto con tutto quanto sappiamo sull'evoluzione biologica. E' improbabile che proprio la specie umana sia l'unica a cadere improvvisamente in un rapido coma. La sua fine non è nemmeno lontanamente in vista; e quando avverrà, sarà dopo una lunghissima serie di crisi striscianti e protratte. Tuttavia [...] sarebbe follia ignorare gli ammonimenti generali che lo studio fornisce a proposito della crescita demografica, dell'inquinamento e dell'esaurimento delle risorse. In effetti, basta uno qualunque di questi fattori a far ansimare l'economia mondiale (Georgescu- Roegen N.,1976). Simon, il padre dell'intelligenza artificiale e premio Nobel per l'economia, sottolinea la debolezza insita nella pretesa di prevedibilità che è alla base del Rapporto. Secondo Simon prevedere l'evoluzione di un sistema è molto difficile anche in rapporto a variabili semplici quali la popolazione. La tesi sostenuta da Simon è che ogni operazione di previsione è debole poichè è, da un lato, troppo scarsa la comprensione teorica del problema allo studio e, dall'altra, quest'ultimo dovrebbe essere caratterizzato da fenomeni sufficientemente ricorrenti e regolari per poter procedere ad estrapolazioni con una qualche speranza di successo. Il risultato, secondo Simon, è che il Rapporto ha "previsto troppo e troppo poco": Troppo poichè la "data del giudizio universale" non è credibile ed anche se lo fosse, non avrebbe alcuna importanza. Non vogliamo sapere quando si verificherà la catastrofe finale, ma piuttosto è nostro interesse sapere come evitarla [...]. Troppo poco perchè ha messo in evidenza un unico processo temporale possibile piuttosto che soffermarsi sui futuri alternativi. [...] Il nocciolo del problema relativo ai dati alla base di un progetto non consiste nel prevedere, ma nel creare degli scenari alternativi per il futuro e analizzarne la plausibilità in funzione di errori nella teoria e nei dati (Simon H.,1988).