Giuseppe Mancinelli L’ERTO SENTIERO poesie dell’anima Prefazione di Gaetano Castello Postfazione di Cristiana Vettori L’uomo Al tramonto E mi ferisce sibilo del vento e m’umidisce spumeggiar del mare, ma non m’asciuga il sole occiduante. Alita su me ànsimo infernale, e nulla a’ miei bisogni mi provvede mentre consumo i giorni inutilmente. Pavento anche pensare al dì futuro quando lo sguardo volgo a me d’intorno; e sento l’ansia che mi strugge in seno ch’inetto fa lo spirito persino. Sogni d’un viver che non vider alba! A te, Signore, volgo estremo il guardo; Tu, non m’abbandonar; sarei perduto. Prendi quest’alma stanca e la consola! 13 E io vivrò Lame di velluto Signore, sono vivi i miei occhi, ma non vedono: inondali di luce; è aperta la mia mente però non vi ricetta il Tuo messaggio: di carità soffocala; lo spirito è stanco e, vagolando, cerca… Hai tagliato i miei sogni con lame di velluto mentre vagavo cercandoti nei meandri dei miei pensieri. Signore, prima che si smarrisca in tenebre avvolgenti rapiscilo nel Tuo amore, e io vivrò. 14 Dormivo su tappeti di nuvole bianche cullato da concerto di angeli diafani; poi tempesta d’ambizioni deluse, travolgendo ogni cosa, umiliava persino la speranza. E venne la tenebra. La tua voce mi colse già prono nel vago del nulla; carezzandomi l’anima m’infuse l’ardire. Ed io vivo. 15 Nel segno dell’amore Quella notte Signore, l’eterne veci presiedi gli eventi precorrendo imperscrutabili, e tempeste e bonacce al segno Tuo s’acciuffano o recedono all’istante, il mutare perenne luce/tenebra per cui la bestia umana vegli o dorma, l’immutabile ciel scevro di cure, e la nota incostante della terra, a Te tutto soggiace: deferente. Nella notte una fulgida stella il cammino guidava dei Magi, pellegrini da terre lontane, d’un bambino la cuna a cercare annunciato com’uno che il mondo a salvezza - sé immolando - traesse. Nella notte di terso colore aleggiava un arcano mistero, e nell’aria saliva un concento effondendo speranza nei cuori. Signore, arresta il sanguivoro fiume ch’ogni gleba deserta o rigogliosa - per stolta brama - i popoli divide di libertà gli aneliti morendo e di fraterna solidarietà. Muovi degli angeli le invitte schiere i demoni del male ricacciando; dei Tuoi precetti il compimento porti fra gli uomini la pace. E regni Amore. Da quel dì venti secoli sono, e ogn’anno rinnova nell’animo l’armonia che promana da fede. Venti secoli! tutti li sento dentr’il cuor di tristezza ricolmo; ché, nel cielo già fosco di nubi, né una stella rifulge stanotte e mi faccia da guida al cammino, e riavvivi la luce già fioca. Sono solo. Dall’unto bambino nulla attendo se non che mi guardi e del duolo struggente nel seno scudo faccia e usbergo al domani; e mi guidi la stella cometa, come i Magi, a quel sito sicuro dove gioia letizia ed amore sian mercede del tanto soffrire. 16 17 Signore, di nuovo Tu vieni Dove sei? Signore, di nuovo Tu vieni nel mondo di pace e d’amore messia. Signore, non ho mani ch’in preghiera si giungano; non si piega il ginocchio al cospetto Tuo santo; orbo io sono e sordo, e la mente infeconda non genera pensieri a provocarTi. Spessa coltre di tenebra l’essere fragile avvolge d’angoscia e non la frange il grido lacerante dell’animo che ti cerca, Signore. Però, quale amore, mio Dio? se prima che veda la luce s’espelle l’infante innocente; se, vagolando, l’orfano invoca la madre perduta; se con pianto accorato reclama la donna il suo sposo; se l’uomo furente imbraccia il fucile; se, orbato d’affetti e diméntico, avvolge l’anziano l’oblio; se scherno e dileggio procura diverso color della cute; se del verde cancella le tracce il deserto? È amore codesto, Signore? Ogni anno t’immoli, agnello superno, per noi; ma, a che vale se ‘l mondo l’ignora, né riscontra Amor con amore? 18 Eppure, sono certo: Tu non m’hai abbandonato. Negli arcani disegni tutto questo è compiuto; però, dimmi: la mia parte, qual è? Se Tu non squarci il velame del male che, involgendo, m’ottenebra, come scoprir la Luce? avvertire vital soffio che spira traendo il reietto a salvezza? Ho bisogno di fede perché s’avvivi l’anelito primo a fecondare speranza ed amore. L’umili forze cedono, ma io non voglio soccombere. Aiutami! 19 Quasipasqua Allarga le braccia La Notte in letizia s’è sciolta; è l’ora che genera il Giorno: con lieve vaghezza d’attorno quell’aria richiama la Vita. A essere nuovi n’invita. Però, non rintoccan campane! Allarga le braccia pietose raccogli ‘l viandante all’occaso perdonagli i falli al cammino; che trovi riposo, Signore! È muta la voce dell’eco per lungi diffonder la gioia. Un sibilo irato si ode viaggiare sull’onda del vento che piange accorato l’amore per chi non ha più sentimento. 20 Un turbine fosco l’avvolse facendolo errante per via, vietandogli ‘l dritto pensare. Stremato, ma cólto al periglio, s’avveda del porto sicuro ed àncora getti; e si posi. 21