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INTRODUZIONE (INTRO)
La musica insegna a stare: a stare in compagnia e a stare da soli. La
musica insegna a camminare, a muoversi, a non urtare la credenza
con le pile di vasellame sopra né a pestare i duroni della signora
attempata che ci sta vicino. La musica guarisce dalla balbuzie: da
quella orale e da quella mentale (...) La musica ci mette in
comunicazione con il nostro universo e col nostro proprio movimento
interno. La musica insegna a vivere, nel senso più profondo e
metafisico della parola. E quella sola civiltà sarebbe perfetta ove tutto
quanto, uomini e cose, si movesse a suon di musica (Alberto Savinio,
Scatola sonora).
PREMESSA (PRIMA STROFA)
Premetto che a me le premesse sono sempre piaciute un sacco.
Qualcuno le legge alla fine del libro per non sciuparsi il gusto e la
sorpresa (!) contenuti nel libro vero e proprio. Io da tempo vado
meditando su un libro di sole premesse: l'operazione si annuncia
piuttosto faticosa anche perché dovrei chiedere permessi ad un
consistente numero di editori.
Qui voglio solo dare qualche indicazione che permetta, a chi si
avvicina a questo scritto, di sceglierlo e non di acquistarlo per farmi
un piacere o, peggio, di acquistarlo del tutto casualmente. Nel far
questo ho valutato che il 90% delle persone quando acquista un libro
guarda subito a due cose: il titolo e il prezzo. Se queste due prime
condizioni sono soddisfatte allora esamina il terzo aspetto: l'indice o
la premessa. Nel nostro caso l'indice è superfluo quindi mettiamo in
evidenza questa parte di premessa che dovrà convincervi a comprare,
comprare, comprare.
Tenete a mente che:
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- l'ordine alfabetico è un ordine come tanti, quindi potete decidere
di non seguirlo e di sceglierne uno vostro;
- il mio desiderio è quello di raccontare alcuni anni trascorsi a
suonare nelle occasioni più disparate e, in molti casi più disperate;
- talvolta mi sfuggono delle indicazioni su particolari tecnici (e
quindi mi affido alla vostra comprensione);
- il lasso di tempo raccontato va dal 1985 al 1998 e vede
protagonisti sei gruppi e una quindicina di persone (a rotazione).
E' gradita la collaborazione di quanti, avendo condiviso percorsi
analoghi, desiderino, in forma del tutto gratuita, contribuire a
rappresentare un pezzo di storia della musica italiana che rischia di
rimanere dimenticato per sempre. Ovviamente tali contributi
finiranno nelle successive edizioni rivedute ed ampliate (potremo
passare dal mini dizionario al dizionario enciclopedico).
L'unica accortezza che vi chiediamo è di essere autentici; non
staremo a verificare se ci sono testimoni oculari delle vostre
malefatte, ma vi preghiamo di essere onesti: almeno con voi stessi.
Noi l'abbiamo fatto per ridere della nostra comune malattia: suonare.
INTERMEZZO (STACCO)
La responsabilità di questo scritto è soltanto mia, mentre quello che
racconto è dipeso da tutti i musicisti che, nel bene e nel male, ho
incontrato.
A Cristina Campogiani si debbono gran parte delle correzioni e dei
suggerimenti apportati nonché un entusiasmante entusiasmo. Ad
Angelo Terenzi la probabile impaginazione.
Ai Virago1 (il gruppo cui appartengo attualmente) spetta la
responsabilità spirituale e l'ispirazione contenuta in queste pagine.
Virago, oltre ad essere un modello di motocicletta, è un nome collettivo
grazie al quale è lecito compiere qualunque nefandezza
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1
I PROTAGONISTI DI QUESTE STORIE 1 (RITORNELLO)
MALCOLMX
Marco Palocci Leonardo Mattiello Maura Ammone prima e poi
Fabrizio Gianni Io
TALPE MECCANICHE
Serafino Russo Stefano Savi Scarponi Paolo Feligioni Io
AUDIOTRIBUS
Stefano Savi Scarponi Paolo Feligioni Io
PREMESSA N. 2 - INCENTIVO ALLA LETTURA
(SECONDA STROFA)
Da tempo sono persuaso della necessità di scrivere libri e libretti che
incontrino le esigenze di un lettore comune. Un grosso sforzo
naturalmente lo deve compiere chi scrive cercando di mantenere un
vocabolario comprensibile a tutti (senza dimenticare qua e là di usare
qualche termine più ardito, magari spiegando in nota il suo
significato). L'altro sforzo lo deve compiere chi concepisce l'oggetto
libro (l'editore): poiché in questo caso editore ed autore coincidono,
mi sono dato queste regole che, come lettore, vorrei incontrare nei
libri che leggo: a) formato del libro tale che possa essere letto in
autobus anche in caso di affollamento;
capitoli brevi (massimo due pagine, meglio una e mezza) per
consentire una fruizione anche a letto, la sera, prima di
addormentarsi;
- caratteri leggermente più grandi del normale per consentire una
migliore leggibilità e la sensazione di leggere più pagine in minor
tempo;
-
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uno spazio apposto alla fine di ogni capitolo che consenta di
annotare a penna o a matita fino a quale punto, o parte del libro, si è
già letto (questo al fine di valorizzare la scelta del lettore di
consumare solo una parte del libro per riprenderla in un altro
momento);
-
copertina più rigida rispetto al resto del libro e, se possibile,
plastificata (è estremamente utile in caso non si abbia una borsa o una
tasca entro cui riporre il libro).
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I PROTAGONISTI DI QUESTE STORIE 2(RITORNELLO)
SINERGIA
Sandro Rosati
Maurizio Calogero
Giuseppe Traini
Francesco
Io
BIKILA
Giuseppe Traini
Fabio Massimo Signoretti
Marco Palocci
Paolo Feligioni
Stefano Scocco
Io
I FORTI DI FORTEBRACCIO
Giuseppe Traini
Igor Malaguti
Stefano Coccia
Stefano Scocco
Io
VIRAGO
Fabio Massimo Signoretti prima e poi Igor Malaguti
Marco Palocci
Paolo Feligioni
Io
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APPARIZIONI OCCASIONALI:
Giuditta, Caterina, Elisabetta , Aldo, Maria Sole, Maurizio the
producer, Fausto, Giancarlo, Federico 1, Federico 2 e tutti quelli che
la memoria fallace mi obbliga a non ricordare.
FINALE (AD LIBITUM) LETTERA A
Abiti di scena: ebbene sì anche noi abbiamo ceduto alla tentazione di
usare degli abiti di scena diversi da quelli di tutti i giorni. In
occasione del concerto di Primavera, abbiamo allestito un set che
comprendeva la proiezione di diapositive con dei motivi floreali,
l'emanazione di aromi nell'aria attraverso barrette d'incenso
profumato e, da ultimo, la nostra totale compenetrazione con l'arrivo
della Primavera costituito da bellissime camicie fiorite (novelli figli
dei fiori).
Amplificatori (1): mi correggo l'AMPLIFICATORE, solo uno è
degno di questo nome: il MITICO VOX AC 30; quello di the Edge
per capirci. Non ce ne sono altri solo quello è l'unico, vero e
insuperabile, con gli altoparlanti FANÉ e non con i Celestion chemontano quelle scatole di detersivo che girano ora. Fatto sta che con
Marco ci imbarcammo nell'acquisto di quell'amplificatore senza
ascoltare altro che le nostre orecchie violentate da mesi e mesi di
nastri degli U2; l'amplificatore funzionò poco e male, necessitò di
riparazioni tali che venne sostituito quasi per intero. Rimasero
l'involucro e i mitici altoparlanti, anche se continuò a ronzare come
un moscone (da qui il titolo Rattle&Hum?)
Amplificatori (2): fintanto che il Vox non funzionò Marco suonava
con la sua scatoletta Honey (un ampli da quattro soldi e dal suono
molto smielato). In una delle nostre uscite musicali caricai tutta la
macchina e lasciai il piccoletto nella steppa sconfinata del garage in
cui facevamo le prove; già ero pronto a mettere mano al portafoglio
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quand'ecco (ben 15 giorni dopo) il proprietario di un box vicino al
nostro che mi ferma e dice: "Ma è er tuo qu'artoparlante?"
Qu'artoparlante rientrò nel gruppo e per un pò vi rimase stabilmente
come un provvido segno del destino.
Amplificatori (3): scegliete l'ampli in base al vostro gusto personale
calibrando bene qualità e prezzo, ma se avete dei dubbi scegliete
quello con le ruote e che pesa di meno
Annunci: quando il gruppo si disperde un buon sistema è quello di
ricorrere agli annunci su riviste specializzate oppure nelle bacheche
di sale prova, scuole di musica, etc. Tra le riviste ci sono anche quelle
che riportano annunci economici in genere: è un grosso rischio,
tuttavia la suddivisione per argomenti determina una discreta
selezione naturale. Con Peppe iniziammo la serie delle audizioni alla
ricerca di un bassista o di una bassista interessata ad eseguire covers
anni '60 riattualizzate (Buscaglione, Modugno, Gaber, etc.). Preferivamo una bassista poiché già disponevamo di una capace
batterista, Giuditta, e ci sembrava efficace una sezione ritmica
femminile contrapposta a quella armonica composta solo da
maschietti. In un breve lasso di tempo "auscultammo" un bel pò di
gente, ma nei nostri pensieri sono rimaste due persone in particolare:
un quattordicenne rapper di Quarticciolo - assolutamente incapace al
basso, ma che rappava anche parlando al telefono - e una pischella di
Ciampino, piuttosto timida, ma capace al basso (immediatamente
ribattezzata "capezzolo turgido" per via delle visibili escrescenze che
parevano voler uscire dal top turchino lacerandone il tessuto). Questo
modestissimo dettaglio, unito ai possibili problemi per uscire la sera
sollevati dalla famiglia del giovanissimo rapper, orientò con
decisione la nostra scelta.
Applausi (1): nel 1990 partecipammo ad Arezzo wave e riuscimmo
ad entrare nella selezione finale; in occasione dell'annuncio dei
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gruppi dell'anno nuovo vige, ad Arezzo, la presentazione della
compilation dei gruppi dell'anno vecchio; un giornalista dall'orecchio
musicale fine ci confermò che gli applausi contenuti nel disco erano
falsi e non si riferivano alle serate registrate l'anno prima: ce n'era
bisogno?
Applausi (2): suonavamo per la prima volta a Forte Prenestino - uno
dei Centri Sociali più in vista di Roma - non sapevamo esattamente in
quale spazio avremmo dovuto esibirci, fatto sta che fummo condotti
attraverso un dedalo di cunicoli e quando iniziò il nostro concerto ci
rendemmo conto di essere in uno stanzone colmo di soggetti di tutti i
tipi: spillati, fatti, ubriachi, barboni, creste colorate, cani che
abbaiavano, etc. Come sempre il nostro avvio si presentava piuttosto
energico, il pezzo che facevamo saliva via - via, fino a raggiungere
un'acme immediatamente dopo la quale doveva scatenarsi l'applauso
del pubblico, ma quella folla di irriverenti, benché gradisse la musica
che gli veniva proposta, sembrava stesse lì a dirci: "Avanti stronzetti!
Vediamo cosa siete capaci di fare senza i nostri applausi". Nessuno
applaudì, i nostri amici sparsi nella sala furono contagiati dalla platea
e noi quattro rimanemmo lì come coglioni senza sapere cosa fare.
Poi, con grande fatica, continuammo a suonare. Fabrizio, alla fine del
concerto, disse tre frasi che sono rimaste scolpite in quello stanzone
di Forte Prenestino:
-
dopo il primo pezzo avrei voluto piangere come un vitello;
dopo il primo pezzo avrei voluto smettere di suonare;
non suonerò più in un Centro Sociale.
LETTERA B
Basi: per comprendere bene questa voce dovrete necessariamente
sapere qualche piccola informazione sui batteristi (vedi anche voce
successiva). Infatti i batteristi sono i rompi- palle del gruppo, non
sono mai puntuali alle prove, si scocciano di provare prima di tutti gli
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altri e generalmente sono poco inclini al ragionamento e votati invece
all'istinto. Nei momenti in cui non se ne può più del batterista di
turno e lo si manda a quel posto possono presentarsi due strade: smettere di suonare, utilizzare le basi. Le basi possono anche essere non
soltanto ritmiche, ma anche un pochino suonate; l'unico avvertimento
è quello di fare attenzione a non trasformarle in qualcosa che ricorda
troppo il piano bar. Per il resto fidatevi di esempi illustri (Ustmamò e
Smashing Pumpkins).
Batteristi: mai fidarsi dei batteristi; nei miei pensieri è rimasto un
tale Roberto tanto capace quanto infame. Dopo cinque prove
effettuate nella sua cantina pretese il pagamento di L. 850.000 di
energia elettrica (neanche avesse fatto le prove il Circo Orfei); fu
mandato a quel paese da noi e da un altro gruppo con cui suonava e a
cui aveva chiesto la stessa cifra (li incontrammo per caso il giorno
che convocò tutti e due i gruppi, per errore, a provare); non pago,
chiese la stessa cifra ad una ragazza che condivideva con lui l'affitto
della cantina e infine pretese da lei il pagamento della sua quota di
affitto dopo che noi e l'altro gruppo l'avevamo già strapagata. La
ragazza entrò a far parte del nostro gruppo.
Bere: l'esperienza insegna che è meglio bere dopo il concerto, mai
prima o durante (a meno che non parliamo di modica quantità);
durante le prove è invece sano che si scolino litri di birra (noi ne
compravamo a cassette). Chissà per-ché sembra che tutte le sale
prova abbiano a disposizione soltanto birra e che in prova non si
possa bere altro; eppure una volta Peppe di ritorno da Londra ci
riportò tre bottiglie di Bushmills; una di queste sparava oltre 50° - ma
non lo sapevamo -e noi (che provavamo dalle 12,00 alle 14,00 di una
grigia domenica mattina) rendemmo quella giornata piacevolmente
colorata.
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LETTERA C
Cantina: le cantine sono quasi sempre sottoterra e difficilmente
hanno sfiati verso l'esterno; se ce l'hanno bisogna fare l'inverosimile
per tappezzare, rattoppare, sigillare; impedire anche a costo della vita
che il vicinato percepisca la seppur minima dose di musicalità
dall'indistinto rumore eseguito. Sebbene "cantina" sia da riferirsi ad
un ambiente ben definito per la funzione che è tenuto ad assolvere, i
gruppi continuano a chiamare la loro sala - prove, "cantina": forse per
le quantità industriali di alcool colà consumate? La prima sala - prove
ufficiale fu installata a casa mia a Montecelio (alle porte di Roma),
nel pieno centro storico. La disponibilità degli abitanti di questo
piccolo paesino credo non sia mai stata messa a più dura prova che in
quell'occasione. Le prove si facevano dentro ad una stanza lunga più
di cinque metri e larga solo un metro e sessanta, tant'è che dovevamo
suonare disposti uno di fianco all'altro (de coltello) e non di fronte.
Ancora non esisteva una suddivisione dei ruoli per cui capitava di
scambiarci gli strumenti; l'unico microfono che avevamo era
collegato ad un amplificatore; non disponendo di un'asta lo tenevo
legato al collo, mentre mi dilettavo nel percuotere i tasti bianchi e
neri di un mobile che somigliava ad un organo. Dopo sei mesi di
questo strazio (anche per noi) ci accorgemmo che il fumo di cui si
impregnava l'ambiente non proveniva dal nostro accanimento su
filtracci smozzicati di sigarette, ma da una falla nella canna fumaria
che sfiatava in linea diretta nella nostra sala - prove. A quel punto
lasciai la casa (vedi anche Insonorizzazione).
Cavi: qui trovate un semplice consiglio da fratello maggiore: se
spendete tre o quattro milioni per un ampli o per una chitarra cercate
di acquistare anche un cavo (jack) adeguato alla qualità dei
macchinari (in questo caso è vero che chi più spende, meno spende).
Centro Sociale (1): il posto è sempre Forte Prenestino, l'anno di
grazia il 1988; Cinzia, la sorella di Fabrizio, ci sostiene in prima fila
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ad ogni brano che facciamo. La stranezza è costituita dalla vistosa
pelliccia che indossa e che certamente non è adeguata al luogo. Tra
mille timori concludiamo il concerto, i gestori del Forte non
sembrano minimamente preoccupati e tutto fila liscio. Da allora in
poi non ci viene più concesso spazio per suonare al Forte.
Centro Sociale (2): anni novanta, anzi anno 1998; offriamo i nostri
servigi al Brancaleone (odora di Pds ma non abbastanza) indirizzati
da un nostro amico; proponiamo un concerto del gruppo che, pur se
blasonato in passato, risulta ora piuttosto sconosciuto. Il nostro
interlocutore propone due soluzioni:
- diventate almeno un pò più famosi e poi ritornate;
- pagate l'affitto della sala e dell'amplificazione L. 600.000 e il
Branca è tutto vostro...Decidiamo di non suonare al Branca.
Click: quando si usano le basi è bene usare uno dei canali a
disposizione per mandare un click al batterista; in genere va bene un
click 4/4/4 (4 battiti per ogni misura da 4/4), ma, al di sotto di una
velocità inferiore alle 90 battute al minuto, è meglio fornire il click in
ottavi; ogni batterista ha il suo suono preferito, anche se di regola va
bene il cow-bell (volgarmente detto campanaccio); il volume
eccessivo proveniente dalla cuffia rischia di far diventare anche il
batterista un campanaccio - per di più rotto - per cui non cedete alle
richieste di aumento di volume, sopratutto in registrazione, in quanto
è piuttosto facile assistere ad un rientro del click nei microfoni:
"Tanto poi er clicche se leva". E invece: "Nun se leva mai".
Computer: andiamo a registrare a Cremona nello studio di due
amici. E' stato tutto organizzato nei minimi dettagli, ma, al nostro
arrivo lì, sentiamo nell'aria l'odore di un pericoloso nemico: il
computer. I sarcasmi e gli ottimismi iniziali cedono ben presto il
passo ad una atmosfera di tragedia. Il click gira fuori tempo rispetto
alla base, il numero di frame (frammenti in cui è diviso il time-code)
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è probabilmente diverso, il time code (codice temporale che fa
lavorare due o più macchine in sincronia) se ne va per cazzi suoi, il
software non risponde. Dopo tre giorni di insidie, di trappole e di
riparazioni decidiamo di liberarcene. L'amaro commento di Igor: '"O
sai che ce potete fa' co' 'sti compiutere? 'Na bella spianata de cemento
e poi sopra ce costruimo"
Concerti: regole d'oro:
- avere cavi in abbondanza;
- essere certi che ci siano le spie;
- essere certi che ci sarà un incasso;
- e che quell'incasso vi riguardi almeno per metà;
- essere certi che i musicisti del vostro gruppo non smettano di
suonare mentre voi siete al massimo dello sforzo;
- non inciampare nei cavi;
- non colpire - nell'atto di spalancare le braccia - la paletta del basso o
la faccia del bassista;
- avere corde di ricambio (o chitarra di ricambio);
- non appoggiare bevande sull'ampli o sul mixer;
- non gettarsi sul pubblico voltandogli le spalle (o ve le volta anche
lui).
Concorsi & Rassegne: da tempo ho maturato la convinzione che non
è il caso di pagare per partecipare ad un concorso tra musicisti; l'idea
del concorso poi mi dà troppo l'idea di Sanremo e finisce per
disturbarmi. C'è stato un momento in cui i concorsi andavano per la
maggiore. Anche a Roma qualcuno organizzò una selezione di gruppi
che si esibivano in un locale di via Cassia entrato nella leggenda: il
UONNA Club. La prima edizione fu abbastanza sottotono poiché la
gente veniva sopratutto per ballare e sopportare tre gruppi per sera
risultava letale. La seconda edizione fu invece meglio gestita dal
punto di vista organizzativo, solo che il pubblico era esageratamente
motivato: entrava in sala un pubblico, amico, pagante, che
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determinava in modo inequivocabile il gruppo vincitore (in sostanza
chi portava più gente vinceva). Fu così che gli organizzatori si
arricchirono, il gruppo vincitore della rassegna no e rimase succube
del proprio nome: I Soliti Ignoti.
Concorsi & Rassegne (2): partecipiamo alla rassegna organizzata da
una associazione affiliata all'ARCI: A.Na.Gru.M.Ba. (associazione
nazionale dei Gruppi musicali di base). La rassegna è ispirata
fortemente ai gruppi emergenti e alle nuove tendenze musicali. Sono
previste due serate eliminatorie con sei gruppi per sera, mentre la
terza sera suoneranno i migliori tre gruppi - scelti da una giuria di
giornalisti del settore musicale - e tra questi sarà scelto il finalista
regionale. Dei sei gruppi previsti nella serata durante la quale
suoniamo noi, se ne presentano solo quattro; due di questi fanno
covers (vedi sopra), uno esegue degli standard di jazz. Sentiamo di
poter passare il turno per poter almeno suonare una seconda volta, del
resto è facile, da parte nostra, profetizzare che i "jazzemani" e i
"covermen" non hanno chance. La troppa sicurezza ci gioca un brutto
scherzo: arriviamo quarti e non passiamo il turno. In giuria siede
Pietro D'Ottavio (vedi anche giornalisti 1 e 2).
Cover: avete mai provato a suonare "Tre briganti e tre somari" con il
tempo e l'intenzione di "Ali along the watch- tower"? E la "Gatta
Mammona" in medley con "Purple Haze"? Io sì e vi assicuro che era
estremamente divertente. Per il resto le cover band mi stanno sulle
palle (e mi impediscono di suonare).
LETTERA D
Dat: ovvero digitai audio tape, ovvero come avremmo potuto copiare
CD a sbafo senza dover spendere un capitale. Il master (lavoro
conclusivo della registrazione riversato su due tracce) del vostro
demo (vedi voce successiva) sarà fatto su DAT (non su CD) di cui
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farete una copia di riserva. Evitate di registrare il primo minuto di
nastro DAT (si rompono sempre all'inizio).
Demotape: per la cronaca "demonstration tape" ovvero registrazione
dimostrativa; diversamente soprannominata cassetta, demo,
registrazione, nastro. Accuratamente da evitare registrazioni fatte in
sala con due microfoni volanti (è tutto "attufato", non si capisce
granché e si finisce per sentire uno strumento - in genere la batteria che sovrasta tutti gli altri). Se potete, risparmiate sul numero di brani
da registrare, ma evitate di risparmiare sul costo della sala e sulle ore
da dedicare al missaggio (suppongo che lavoriate in multitraccia). Il
primo demo fu tutto decisamente orientato verso uno studio di
registrazione che avesse materiali di qualità e almeno 16 tracce di
registrazione. Un elemento determinante nella scelta fu costituito dal
microfono - un vero principe della registrazione -ovvero il Neumann
U87i. Fabrizio prima e dopo la registrazione decantava le qualità
eccelse di questo microfono da lui ribattezzato: Kaimann.
Dischi: ormai non li usa più nessuno ma qualcuno che li stampa
ancora si trova, pure in Italia (in questo momento non ho disponibile
il recapito, ma telefonatemi e saprò essere esauriente. Il mio numero
è: 062155887).
Droghe: io e Marco siamo invitati da un amico a Monte- rotondo per
una session storica: Malcolm X with Molazza. In una stanza piena di
strumenti siamo in 6 persone a improvvisare liberamente: c'è un tema
poi si parte ognuno per la sua strada nella speranza di incontrarci da
qualche parte. Si prova a fare tutto jazz, rock, ska, uso di campionamenti,... l'amico mi chiama: "A' Bbetti ...", campiona il richiamo, lo
inserisce nel brano musicale che stiamo facendo, suona il sassofono
midi con un suono di chitarra distorta che fa impallidire Marco,...poi
compare una polverina bianca su un foglio di carta: "Sai, noi
artisti...". Proviamo pure noi, ma non andiamo oltre un generico
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intorpidimento delle corde vocali. Io e Marco ci guardiamo
interrogativi: "Che sia una bufala?"
LETTERA E
Etichette: mai vista una etichetta, mai un discografico, mai niente,
ma qualcuno li fa i dischi in Italia? La verità è che se siamo così
indipendenti non dipende da noi.
LETTERA F
Foto (1): mi raccomando: se volete sfruttare la disponibilità di un
amico per le foto fateci accordi chiari prima. A me è successo di aver
visto solo le foto che diceva il mio amico poiché, sosteneva, le altre
erano da scartare. Aveva senz'altro ragione lui, ma se non sei tu a
decidere che cosa farne ti senti come il selvaggio a cui viene sottratto
un pezzo dell'anima.
Foto (2): per fare le foto scegliere con accuratezza il posto (tanto non
si vedrà mai), è meglio farsi la barba (a meno che non faccia parte del
look), nascondete anche con del trucco i foruncoli in procinto di
esplodere, se a disposizione avete un professionista lasciatevi guidare
da lui (o da lei). Se vi riesce cercate di essere il più possibile come
siete normalmente (pure se questo vi comporterà una certa aria di
deficienza).
Foto (3): nella serie di servizi fotografici realizzati dai Malcolm X
emerge uno straordinario parallelismo, anche cronologico, tra la
nostra situazione di gruppo e i fondali utilizzati che riguardavano
sempre particolari edilizi: così il nostro primo set aveva sul fondo
una recinzione di cantiere in vetroresina, il periodo della maggior
solidità del gruppo conteneva un solido muro di mattoni, il periodo
conclusivo una inquietante ciminiera.
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LETTERA G
Giornalisti (1): concerto a Euritmia (uno spazio per concerti nei
pressi dell'Eur, a Roma) in occasione di una rassegna a cui
partecipano parecchi gruppi studenteschi, ma non solo; due giorni
dopo esce un pezzo su di noi sostenendo il nostro recente abbandono
dei banchi di scuola e la mia acconciatura alla rasta: tutto
rigorosamente falso. Firma il pezzo Pietro D'Ottavio.
Giornalisti (2 - ovvero del genere musicale): la nostra musica è
definita rock acido all'australiana (che Lallo, il bassista, modificherà
in rock all'Amatriciana): il pezzo è firmato da Pietro D'Ottavio (vedi
anche giornalisti 1 e concorsi & rassegne 2).
Grafica: ore e ore spese sulla grafica di cassette audio che per
dimensioni e qualità delle riproduzioni non meritano tanta attenzione.
LETTERA H
Hi-Fi: Lallo va via per un mese e mi lascia il suo impianto: autoradio
con slitta e due casse gracchiami di un bel color noce, ma di plastica,
un prezioso trasformatore e circa 100 cassette. Che vuoi di più dalla
vita?
Hotel: partecipiamo a Cremona Rock, i ragazzi che hanno
organizzato ci fanno dormire in un ostello che quella sera è vuoto ed
è tutto per noi. E' la nostra prima uscita oltre i confini regionali e
siamo gasatissimi. Siamo pure sbronzi (almeno io e Lallo) e
cominciamo a suonare all'interno delle nostre stanzette, convinti di
essere soli. Siamo tutti in mutande, Lallo strilla come un ossesso e
salta sul letto a castello come se fosse un tappeto elastico, Fabrizio
fracassa le bacchette della batteria sopra il bordo del letto,... ENTRA
IL CUSTODE CON UN CANE LUPO, LEONARDO SPROFONDA
NEL LETTO E FA FINTA DI DORMIRE (fino a un attimo prima
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saltava ed era stato sicuramente visto). "QUI C'E' GENTE CHE VA
A LAVURA' (presente la pubblicità delle pagine gialle?)". La voce in
questione scaturisce da un volto identico a quello dell'oste di Fra'
Diavolo nel film di Stanlio e Ollio, compreso uno sguardo non perfettamente orientato; io sbiascico qualcosa, Giancarlo recupera un
briciolo di dignitosa compostezza facendo finta di leggere, Marco:
"Lo sapevo". Appena il nostro cerbero è uscito si verifica una risata
esplosiva che lo fa rientrare e minacciare di sciogliere il cane che
inizia sbavare. Tanto basta a farci spegnere la luce e addormentarci.
LETTERA I
Insonorizzazione: è un'operazione che qualunque gruppo che voglia
avere un proprio buco di sala prove deve affrontare. La prima volta
che si parlò di insonorizzazione decidemmo che la sala prove si
sarebbe installata a casa mia (ero l'unico che viveva da solo) e che
per evitare disturbi al vicinato avremmo tappezzato le pareti di
cartoni delle uova. Iniziò così una raccolta di questo materiale che
riguardò tutti i negozi di alimentari e le macellerie dei quartieri dove
abitavamo, ma che sembrava non dovesse finire mai; fu così che
Marco e Leonardo con una cinquantina di mila lire si recarono da un
produttore industriale e acquistarono un numero smisurato' di cartoni.
La stanza fu riempita di questi cartoni e immediatamente tutta la casa
fu pervasa da un acre odore di uova marce (in parte spiaccicate sui
cartoni prima che li acquistassimo), i vicini continuarono a
bestemmiare fortemente al nostro indirizzo è noi, sempre più
inconsapevoli del delirio cui li costringevamo, sciorinavamo
valanghe di successi.
Interviste: intervista con Giancarlo Susanna per Ciao 2001 (ma c'è
ancora?): noi a parlare di cosa vogliamo fare della nostra musica,
come vogliamo vivere e nutrirci di essa; io e Marco sproloquiamo
fino all'inverosimile, quand'ecco che prende la parola Lallo - unico
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intervento in un bel pagi- none di contenuti - e alla domanda "Cosa vi
aspettate che non sia ancora successo?" risponde con un meditato
"Più concerti, più gente ai concerti, più gente coinvolta ai concerti".
La sua lapidaria battuta si esaurisce qui, ma resta nella memoria di
chi legge l'intervista come se fosse scolpita nella roccia (per i fanatici
della citazione: Ciao 2001, XXI, n. 42 del 18 Ottobre 1989, p. 39). La
frase memorabile fu ripetuta a Lallo in quasi tutte le occasioni
d'incontro da parte dei suoi amici, dei suoi parenti, degli studenti di
Fisica, degli studenti di Chimica e in qualche caso anche da parte di
qualche passante.
LETTERA L
Locali: il gruppo ha ormai compreso quale è la strada da seguire e
comincia a portare il demo nei locali strizzando l'occhio a quelli che
fanno più tendenza o che comunque siano disposti a far suonare
gruppi emergenti. Siamo a fine anni '80 il locale in questione si
chiama Sottosopra e ci chiama per suonare; il palco è rappresentato
da una nicchia ricavata nel muro maestro (pure abbastanza profonda)
all'interno della quale Fabrizio viene risucchiato nell'angolo più buio
e risulta invisibile al pubblico (è dietro il muro maestro); i tredici
spettatori sono seduti davanti a noi in maniera piuttosto accalcata e
io, sporgendomi un pochino dal palco, posso agevolmente
raggiungere la parete di fondo della sala. Se l'altezza si sviluppasse
come le altre due dimensioni occorrerebbe suonare seduti.
LETTERA M
Mamme: esistono da tempo le mamme antirock, che però non sono
contro il rock, ma contro le discoteche; anzi mi correggo non sono
neanche contro le discoteche, ma contro le macchine potenti che
fanno schiattare i figli quando rientrano esausti dalle kermesse
notturne; anzi è possibile che siano contro le strade non troppo sicure,
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o contro la nebbia che impedisce una perfetta visibilità, o forse sono
contro i loro figlioli colpevoli di non essere abbastanza prudenti;
sono mamme contrarie ai cornetti caldi e al latte freddo che allentano
la tenaglia nell'intestino dei loro figli e li obbligano a spingere
sull'acceleratore per conquistare il gabinetto di casa prima possibile.
Le nostre mamme, più discrete, si limitano a realizzare manicaretti
per i nostri concerti.
Mangiare: sempre meglio lontano dai concerti; ottimo se la cucina è
senz'aglio e senza cipolla: si evitano pericolosi rigurgiti. E poi non è
educato ruttare nel microfono di fronte ad un pubblico pagante.
LETTERA N
Nome del gruppo (1): penso che il nome di Malcolm X (questa è la
versione corretta) sia stato il nome più storpiato nella storia della
musica di tutti i tempi e di tutti i luoghi. L'errore più comune era
quello di omettere la seconda elle di Malcolm trasformandolo in
Malcom. Tuttavia la peggior storpiatura che potesse subire il nostro
nome risultò doppiamente sgradita poiché provenne dai ragazzi del
Centro Sociale Blitz a Colli Aniene (Roma). I contatti furono tenuti
da Marco e quando furono pubblicate le locandine campeggiava al
centro del foglio un fiammeggiante MARCO MIX (se tanto mi dà
tanto!)
Nome del gruppo (2): il nome del gruppo è importante - è una sorta
di biglietto da visita - ma non è così decisivo. Impariamo dagli
stranieri che non hanno alcun timore di chiamarsi Chiesa, Menti
Semplici, Caro estinto, Uomini al lavoro, ecc.
Nudi: non mi dite che non avete mai avuto questo desiderio! Non ci
credo, mandria di gruppettari! Noi l'abbiamo fatto, e più o meno andò
così.
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La nostra cantina si trovava vicino casa mia, nella periferia più
sperduta di Roma, oltre il Raccordo Anulare. Più che d'una cantina si
trattava di un box, sopra c'erano uffici,... le case erano distanti
almeno quaranta metri. Potevamo suonare, la sera, dopo il lavoro!
Quelli che utilizzavano il box per rimetterci la macchina ci
guardavano con simpatia: era come se tutti ci incoraggiassero a
sfondare. Tutti meno uno. Questa faccia di merda c'aveva tutto
l'armamentario del perfetto craxiano: telefonino, jeep, abbronzatura
invernale, occhiali scuri in notturna. Capitava che, andando a provare
alle dieci di sera, la stanchezza era tale che ogni sforzo doveva essere
assolutamente evitato; così Marco, per non affaticarsi troppo,
scendeva con la macchina e poi parcheggiava in maniera che altri
potessero entrare con la propria auto e potessero fare manovra.
Se stavamo suonando e c'era necessità di spostare l'auto di Marco i
proprietari degli altri box bussavano e, con estrema cortesia, ci
chiedevano di spostarla.: Tutti tranne lui: il nostro uomo.
Bussava scocciato sulla porta del box (non udivamo neanche il
rumore del motore della jeep per via del nostro volume
esageratamente alto) e imprecava contro il fatto che si trovava l'auto
di Marco sempre in mezzo alle palle. Cercammo sempre di evitare
discussioni e anche di lasciarla in mezzo al corridoio centrale. Una
sera, in pieno Agosto, in occasione del compleanno di Fabrizio,
scendemmo in cantina alle undici di sera per festeggiare; l'atmosfera
era alle stelle, il caldo incombeva. Dopo "Police on my back",
"Sunday" e "Mara- ria" Fabrizio ci chiese una prestazione
straordinaria: voleva che suonassimo nudi: il tasso alcoolico contribuì
decisamente a farci accettare. Qualcuno suggerì di spostare l'auto di
Marco prima di denudarci completamente, ma l'eccitazione e l'ora
tarda ci indussero a credere che il nostro uomo avesse già riposto la
sua jeep. Pudicamente tenemmo gli slip, ma Fabrizio perentorio ci
disse: "Giù anche quelli". Cadde anche l'ultimo velo e sbobinammo
tutto il repertorio. Tra occhiate e risatine la potenza sonora salì
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all'inverosimile, la chitarra rabbiosa ruggiva, il basso pompava,
Fabrizio pestava sulla batteria e sembrava dovesse precipitare con
tutto il soppalco, io urlavo a squarciagola nel microfono, i nostri falli
sventolavano liberamente, ...BUM, BUM, BUM,..., BUM, BUM,
BUM,... "UN MOMENTO!".
Era lui. Il destino bussava alla porta come nella 5A di Beethoven.
KAOS. Attimi etemi per rivestirsi, ...STRAAP, bottoni schizzati via,
"ECCOOO!"..."Spostate sta' kazzo de machina, sinnò v' 'a sfonno".
Marco accelerò il suo rivestirsi a più non posso, "Ma che kazzo state
a fa'? ...Che kazzo ve. ridete? Aprite!". Le nostre voci tremanti e
ridenti blaterarono qualcosa. Finché Marco uscì.
"Avete rotto er kazzo, 'a machina qui non c'a dovete mette',... 'sti
stronzi"
"Scusa", "C'hai raggione", "Pensavamo che..."
"Ah, perché pensate pure?"
"Nun t'avevamo ..."
" 'Ste teste de' cazzo"
"Aho, vabbé, t'amo detto che c'hai raggione"
"No raggione, io ve gonfio!"
Non lasciammo più la macchina nel corridoio, Fabrizio fu fustigato
seduta stante, Marco venne percosso con la leva del tremolo. Le
prove furono sospese per quindici giorni.
LETTERA O
Omosessualità: discussione all'aperto, dopo le prove, sull'omosessualità. Serafino esprime la sua riprovazione nei confronti
degli omosessuali. Stefano ribatte: "Guarda che se ci pensi bene
anche tu sei un pochino frocio. In fondo il fatto che tu tocchi sempre
il culo a Paolo o compi il gesto di dargli una botta alle palle, altro non
esprimono che il tuo reale desiderio. E poi pensaci, proprio in
ambienti come quello militare oppure in situazioni in cui è invece
esibita la mascolinità come attributo - il calcio ad esempio - vengono
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fuori le omosessualità nascoste". Serafino rimase senza fiato.
Guardava me e Paolo quasi a cercare un sostegno, un conforto. Ma
noi sorridevamo, insieme a Stefano, della sua difficoltà a comprendere. Dopo pochi giorni tentò ancora, invano, di convincerci che
Stefano l'aveva offeso dandogli del gay, ma noi mantenemmo intatte
le nostre convinzioni. A quel punto Serafino lasciò il gruppo e si
sposò nel giro di pochi mesi.
LETTERA P
Patate fritte: seduta di registrazione: non riesco a indovinare la linea
di voce, sono calante di un quarto di tono, forse è un po' di fatica;
provo, riprovo, riprovo,... dopo qualche ora la voce comincia a
raschiare, le note acute sono irraggiungibili, quelle basse tendono a
sgretolarsi; ma il fonico di turno tira fuori il coniglio dal cilindro: un
sacchetto di patate fritte. Il sale assicura una adeguata protezione alle
corde vocali e assorbe la raucedine: provare per credere.
Primi, suonare per: dopo questa voce andate anche a vedere ultimi
(suonare per). Concerto a Tolentino con le Talpe: ennesimo
battibecco con Stefano perché qualcuno è salito sul palco mentre lui
stava ancora riponendo la chitarra: mentre finisce di lamentarsi ci
annunciano che suoneremo per primi: è troppo!. "Noi siamo meglio,
dobbiamo suonare per secondi perché c'hanno chiamato da Roma, il
pubblico aspetta noi, così facciamo la figura del gruppo spalla, la
gente arriva più tardi, suoneremo davanti a cinque persone, ..., blabla-bla,..., bla-bla-bla ...
Suoniamo per primi davanti a mille persone. Il gruppo successivo
sale sul palco, ma il pubblico si è ormai dileguato e restano solo una
cinquantina di fans.
Prove (1): l'ennesimo e disperato rompicapo: dove fare le prove?
Tentiamo di farle a casa mia. Avviso l'inquilina di sotto: "OK" mi
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dice "starò fuori casa tutto il pomeriggio". Cominciamo a provare,
all'inizio con moderazione, ma via via il volume cresce e diventa un
fiume in piena inarrestabile. Fabrizio, non ancora nel gruppo,
controlla il volume della registrazione. Al termine di GLORIA s'ode
uno scampanellio che non ha nulla di celestiale. Come dei fanciulli
colti a rubare la marmellata inanelliamo battute nervose e stupide
"Nun aprimo", "Spegni 'a luce". Apro e vedo la faccia della mia
dirimpettaia (quella a fianco non quella sotto) moderatamente
arrabbiata che mi dice: "E' possibile abbassare un pochino il tono?"
Mai battuta fu seguita da risate più sguaiate di quelle che facemmo
noi dopo aver richiuso la porta.
Prove (2): la condizione più bella per provare si verifica quando il
vicinato è completamente sordo. A me è capitato una sola volta e la
mia sottostante inquilina (una serena vecchietta di circa 80 anni),
quando i colpi di batteria diventavano eccessivi si limitava a
sospendere la lettura del suo romanzo preferito, si avvicinava alla
porta di casa e, senza togliere il catenaccio, chiedeva: "Chi èèèè? Se
non me dite chi èèèè non apro a nessuno". E non ricevendo risposta
tornava tranquillamente ad accoccolarsi nella sua poltrona.
LETTERA Q
Quote di ripartizione SIAE: sono alla stesura del mio primo
bollettino di dichiarazione SIAE e impazzisco nel compilarlo
correttamente. Ad un certo punto arrivo al nocciolo del problema:
della canzone che sto dichiarando quanti ventiquattresimi spettano
all'autore del testo e quanti all'autore della musica (che poi sono
sempre io)? Il problema mi attanaglia non poco, poiché mi costringe
a pensare cosa valuto di più tra testo e musica. E poi penso: "Che
succederebbe se un giorno dovessi pubblicare questi brani con una
etichetta discografica? Forse potrebbero requisire il testo pù che la
musica, ..., in fondo non la so neanche scrivere. Opto per 16/24esimi
al testo e soli 8/24esimi alla musica. Dopo qualche tempo qualcuno
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mi farà osservare che, in genere, si attribuiscono 12/24esimi per uno
quando autore del testo e della musica coincidono.
LETTERA R
Rimborso spese: volgarmente viene chiamato così e dovrebbe
sopperire alle esigenze di pernotto, alimentazione e trasferimento di
un gruppo lontano da casa. Alla fine della storia diventa l'utile del
concerto (si dorme in stazione, si mangia la pizza al taglio e, se
proprio si deve, la benzina la succhiamo da qualche macchinone).
Ritornello: se volete emergere pensate sempre a dei bei ritornelli; i
discografici prestano particolare attenzione a quel messaggio
semplice, ma ben congegnato che arriva dritto al cuore del problema:
leggete i titoli dei giornali, sentite i ritornelli stupidi delle canzoni
stupide (secondo noi), ascoltate gli slogan e le parole d'ordine delle
manifestazioni. Una volta individuato il ritornello tenete presente che
si chiama così perché deve "ritornare"; quindi fate in maniera che ci
sia almeno due volte dentro la vostra canzone (tre è meglio).
Roadie: Alessandro era stato un bravissimo nuotatore; avrebbe
voluto anche suonare, ma non riusciva a fare tutte e due le cose.
Quando cominciò a collaborare con noi lo fece proponendo insieme a
Teresa (la fidanzata del chitarrista) le nostre canzoni a Radio Rock
(allora nascente); ma questo gli sembrava che non fosse abbastanza e
allora si propose nell'insolito ruolo di roadie del gruppo: ogni volta
che suonavamo potevamo contare sul suo apporto in termini di bestia
da soma. Tra un trasporto e un altro scrisse il testo di una nostra
canzone. Mai aiuto fu più gradito.
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LETTERA S
Strofa: è la parte della canzone compresa tra introduzione e
ritornello. Ritorna pure lei come il ritornello, ma, di fatto, può essere
più variabile e descrittiva.
SIAE: essere iscritti alla SIAE rappresenta un costo, per cui cercate
di fare almeno quattro concerti l'anno per ripagarvi della quota
associativa. E' piuttosto in voga tra i jazzisti di compilare programmi
d'esecuzione (borderò?) falsi, dicendo di aver eseguito brani che non
sono stati eseguiti e i cui autori siamo noi o i nostri amici con cui
siamo d'accordo e che a loro volta adoperano lo stesso stratagemma.
Se non è democrazia questa! (Vedi anche quote).
Sound - check: sta per controllo dei suoni; di fatto non si controlla
proprio un bel niente a meno di non avere un proprio fonico che
abbia le palle non quadrate, ma romboidali. La cosa peggiore del
sound - check è costituita dal fatto che anziché fare un suono alla
volta tutti suonano tutto e ci vuole almeno un'ora per sbrogliare la
matassa. Se poi ci aggiungiamo che i services non sono mai puntuali,
che sembra loro assolutamente inutile la nostra musica nel panorama
musicale mondiale, che le spie sono già troppe e che non se ne possono mettere altre, il quadro è completo. Attenti a portare il vostro
fonico specialmente se lo retribuite a parte (i fonici dei services sono
gelosissimi delle loro apparecchiature e non gradiscono che qualcuno
ci metta le mani). Un errore spiacevole, ma che può capitare, consiste
nell'inversione dei canali o dei cavi (specie con i microfoni), per cui
vi potreste trovare a dover urlare di "alzarvi in spia" e sentire invece
salire vertiginosamente il volume della chitarra (orrore!)
LETTERA T
Tecnico del suono: due massimi storici (vedi anche alla voce sound check): a Tolentino il tecnico del suono era talmente disinteressato
che sopra al mixer aveva steso il Corriere dello Sport e trangugiava
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una teglia di pizza bianca con la mortadella; all'Alpheus (un locale di
Roma) l'impianto - dotato di autolimitatore- era gestito in toto dal
tecnico del locale che impediva al nostro fonico di intervenire per
correggere le cose che non andavano (e il nostro fonico si ritrovò a
leggere il Corriere dello Sport e a trangugiare una teglia di pizza
bianca con la mortadella).
LETTERA U
Ultimi, suonare per: concerto nel campo sportivo di S. Maria delle
Mole alle porte di Roma. E' Luglio, c'è un sole cocente che ci soffoca
con la complicità di polverosi mulinelli di pozzolana. Sono
particolarmente stanco dopo un viaggio di 350 chilometri fatti sul filo
dei 160 all'ora per arrivare in tempo al sound-check. Siamo stati
inseriti nella rassegna grazie ad un organizzatore che dopo aver
ascoltato il nostro demo è diventato un nostro fan. Si fa l'estrazione
per la scaletta dei gruppi: suoneremo per ultimi. Chiudiamo in bellezza! Di fronte ad un pubblico pagante di 9 anime e con lo sfondo del
megaschermo, su cui fluttuano le immagini di noi dispersi
nell'infinità di S.Maria delle Mole, realizziamo uno dei nostri
concerti migliori (ironia della sorte).
Ultimi, arrivare: vedi alla voce concorsi e rassegne 2.
LETTERA V
Vacanze: una delle esperienze più entusiasmanti che un gruppo
possa fare è quella di trascorrere un periodo di vacanza insieme:
meglio se senza soldi.
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partenza
Partiamo con il diesel di Marco da Roma verso S. Maria di Leuca,
passando da Pescara. Abbiamo il demotape appena sfornato e il
nostro comune desiderio è quello di ascoltarlo ripetutamente e, nel
caso, di farlo ascoltare; passiamo a casa di mia madre e ci dotiamo di
casse supplementari per fare in modo che chi sta seduto dietro non
perda neanche una battuta. Marco resiste più che può alla guida poi si
trasferisce dietro; infine, sopraffatto dal rumore del motore e dal
ronzio delle casse, si addormenta in una posizione talmente complessa da far esclamare a Lallo: "Ma cche stamo a portà 'n giro? 'No
stroppio?".
soggiorno
Arriviamo la mattina presto, riusciamo in breve tempo a trovare il
posto dove mangeremo per quasi tutta la settimana e anche a farci
indicare un posto al fresco dove andare a riposare dopo pranzo. Ci
segnalano un pozzo circondato da numerose felci ed altre piante
fresche e odorose (fresche frasche): la stessa idea è venuta anche ad
un esercito di vespe che, dopo un tentativo da parte nostra di
mantenere la posizione, ci convincono che abbiamo digerito e che
possiamo fare il bagno senza pericoli di congestione.
La sera inizia la ricerca di un posto per riposare: propongo un
qualsiasi pezzo di spiaggia, ma i miei compari non sono dello stesso
avviso: hanno timore di essere aggrediti o scacciati dalla Polizia.
Raggiungiamo una spiaggia che pare incustodita; una coppia è
arrivata lì in macchina e sta ascoltando musica su un impianto che
sembra quello di una discoteca. Noi ci avviciniamo e proponiamo
l'ascolto del nostro demo. Lui un pò per cortesia e un pò per
dimostrare il suo grado di apertura mentale alla bella che lo
accompagna si sottopone all'ascolto. All'inizio del secondo brano
vorrebbe darci il benservito, ma la girl interviene e chiede di
proseguire nell'ascolto. Lui ci odia.
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Siamo soddisfatti: possiamo andare a dormire. Avvolti nei sacchi a
pelo ci rotoliamo sulla sabbia sognando un futuro roseo.
Epilogo
Il risveglio è quanto mai brusco. Ci rendiamo conto di aver passato la
notte in prossimità di una discarica a cielo aperto. Ci andiamo a
lavare alla fontanella del paese suscitando le ire di un signore che si
accinge a lavare la frutta (dopo che Lallo si è infilato il cannello della
fontanella nel costume per sciacquarsi meglio).
Ritorno
Non nel senso del ritorno a casa, ma di una nuova vacanza, in
Spagna, con il gruppo al completo. Lallo ci segnala un albergo dove
si era recato l'anno prima. Lo andiamo a cercare, ma l'albergo non
esiste più e il palazzo è stato raso al suolo.
Proseguiamo allora nella ricerca di un hotel ultra economico. Io
aspetto in macchina, Fabrizio mi viene incontro e mi dice: "Senti
questo che abbiamo visto è sicuramente alla nostra portata, ma è un
vero bordello". Io replico: "E allora? Non è quello che cercavamo?"
Fabrizio prosegue:"Senti la differenza ce la metto io però troviamone
un altro". Marco e Lallo mi prendono da una parte e mi dicono: "C'è
1 bagno in comune, solo che ... non ha la porta!" Accetto di cercare
altrove.
LETTERA Z
Zuzzurellone: non maschile singolare, ma femminile plurale.
Concerto in una discoteca di Cesano; Teresa (la compagna del
chitarrista) promette deportare un giornalista musicale a sentirci. Noi
siamo ancora un po' acerbi e il rapporto con il pubblico lascia molto a
desiderare (sopratutto a causa mia). Poi tutto va storto: Lallo
comincia a suonare mentre io sto parlando, sostenendo, in seguito,
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che stavo dicendo un sacco di stronzate, io comincio a stonare, Marco
si inquieta e Fabrizio sbaglia i tre tempi di batteria che fino a li ha
imparato. Teresa, con l'assistenza di Catia, ci dice che il critico è
rimasto sfavorevolmente colpito dal nostro concerto e iniziano a
segnalare tutta una serie di difetti che endono lo spettacolo veramente
avvilente. Anche a causa di questo, modifichiamo profondamente il
nostro approccio alla musica e iniziano a venire a galla una serie di
questioni irrisolte all'interno del gruppo. Poi la sorpresa! Dopo dieci
anni Teresa ci racconta che il giornalista che doveva venire in realtà
non era venuto e che tutta la sit-com era stata cavalcata abilmente da
lei e da Catia. "Che fate, je menate voi o le gonfio io?"
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