RELAZIONE TRA COMPORTAMENTO DEFORMATIVO

RELAZIONE TRA COMPORTAMENTO DEFORMATIVO DI ROCCE ED
EMISSIONI ACUSTICHE PER LA PREVISIONE DEI ROCKBURST
Annalisa Bandini
[email protected]
Paolo Berry
[email protected]
Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali (DICAM), Università di
Bologna
Sommario
I rockburst sono fenomeni di rottura istantanea e violenta che si manifestano sul contorno di cavità sotterranee,
sottoposte ad elevati livelli di sollecitazione, indotti dalla realizzazione delle cavità stesse. La rottura avviene per
innesco, propagazione e coalescenza di microfessure, in perfetta analogia con il modello di comportamento di un
provino di roccia sottoposto a compressione. Ai fini della previsione del danno indotto nell’ammasso durante lo
scavo, è indispensabile, quindi, conoscere il valore di sollecitazione critica di innesco e di propagazione instabile
delle microfessure dei materiali rocciosi interessati dall’opera. Questi ultimi, infatti, coincidono con la resistenza
in situ a breve e lungo termine.
Nella nota, dopo aver descritto il comportamento a rottura di rocce fragili sottoposte a stati di compressione e
l’inadeguatezza dei metodi adottati per determinare la sollecitazione critica di innesco e quella di propagazione
instabile delle microfessure, si propone un nuovo approccio per la loro determinazione basata sulla contemporanea
misura delle deformazioni e delle emissioni acustiche dei provini. Il metodo proposto si basa su una nuova
funzione, la sentry function ,che dà un’indicazione della quota parte di energia elastica immagazzinata dalla roccia,
che viene rilasciata come energia acustica a seguito di deformazioni inelastiche localizzate.
I primi risultati sperimentali su rocce petrograficamente diverse, analizzati con la sentry function, mettono in
evidenza la diversa tendenza dei vari tipi di roccia a rilasciare energia acustica ed ad immagazzinare energia di
deformazione prima e dopo le due soglie di innesco delle microfessure (σCI) e di propagazione instabile delle
microfessure (σCD).
1. Introduzione sui fenomeni di “rockburst”
I rockburst (o “colpi di montagna”) sono fenomeni di rottura istantanea e violenta che si determinano in
porzioni limitate di ammassi rocciosi, lungo le superfici di cavità sotterranee, sottoposte ad elevati livelli
delle sollecitazioni indotte dalla realizzazione delle cavità stesse.
Questi fenomeni, determinati dal rilascio di energia di deformazione immagazzinata nell’ammasso
causato dai vuoti prodotti, si manifestano tipicamente in rocce a comportamento fragile ed ad alta
resistenza, con effetti variabili dal semplice distacco di frammenti o lastre (spalling), alla proiezione di
blocchi di dimensioni significative. I rockburst possono produrre danni a macchine, impianti ed
attrezzature, e, conseguentemente, ritardi nella produzione, e causare infortuni mortali.
In letteratura sono riportati innumerevoli esempi di rockburst registrati durante la realizzazione di opere
minerarie e civili. Focalizzando l’attenzione sulla catena Alpina, la costruzione di alcune famose
gallerie, ad esempio il Traforo del Monte Bianco e la galleria di Base del San Gottardo, è stata segnata
da numerose esplosioni di roccia di varia entità. Attualmente, fenomeni di questo tipo sono presenti nei
cantieri della Galleria del Brennero.
I “colpi di montagna” si innescano in corrispondenza di zone caratterizzate da livelli di sollecitazione
tangenziale che superano il valore di innesco del danneggiamento della roccia, prodotto dalla rete di
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microfessure indotte (Fig. 1). Infatti, il comportamento a rottura nell’ammasso roccioso richiama quanto
si osserva in laboratorio in provini di roccia sottoposti a prove di compressione uniassiale, nei quali la
rottura è determinata da meccanismi di innesco e propagazione di microfessure di trazione, che sono
dominanti alle basse pressioni di confinamento, come nell’intorno di cavità sotterranee (Diederichs
2003).
Gli stati di sollecitazione che determinano lo spalling (Fig. 2) cadono al di sotto della curva limite di
resistenza secondo il criterio di Hoek-Brown, che, per questo tipo di fenomeno, sovrastima i valori di
resistenza.
Fig 1. Evoluzione dello “spalling” sulle pareti di una galleria in rocce fragili, ad alta resistenza. Dopo aver
raggiunto il secondo stadio, la roccia può arrivare comunque a rottura anche senza ulteriore aumento della
sollecitazione agente
Fig 2. Stati limite di resistenza secondo Diederichs (2003). Le sollecitazioni principale massima e minima, σ1 e
σ3, sono normalizzate rispetto alla resistenza a compressione uniassiale (σC)
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Proprio per questo, per rappresentare in maniera più accurata i fenomeni di “spalling”, Diederichs (2003;
2007) ha proposto una curva limite di resistenza caratterizzata da due flessi, più complessa di quella di
Hoek-Brown (Fig. 2), che considera i processi di innesco, propagazione e coalescenza di microfessure.
Nella nota, dopo aver descritto il comportamento a rottura di rocce fragili sottoposte a stati di
compressione e l’inadeguatezza dei metodi adottati per determinare la sollecitazione critica di innesco
e quella di propagazione instabile delle microfessure, si propone un nuovo approccio per la loro
determinazione basata sulla contemporanea misura delle deformazioni e delle emissioni acustiche
associate all’innesco di microfessure.
2. Comportamento a rottura di roccia “fragile” sottoposta a compressione
Nelle rocce sottoposte a sollecitazioni di compressione, i processi di rottura hanno inizio con l’innesco
di microfessure e progrediscono con l’interazione e l’estensione delle stesse secondo una giacitura
parallela alla direzione della massima sollecitazione principale.
Bieniawski (1967) ha postulato la seguente progressione dei fenomeni che coinvolgono le microfessure
in una prova di compressione su campioni di roccia, dedotta dai principi di meccanica della frattura:
• chiusura delle microfessure preesistenti corrispondente al tratto curvilineo iniziale della curva
sforzi-deformazioni;
• deformazione elastico-lineare della matrice solida;
• innesco delle microfessure;
• propagazione stabile e successivamente instabile delle microfessure;
• rottura del provino.
Nelle curve sforzi-deformazioni si possono identificare tre livelli di sollecitazione: innesco delle
microfessure (crack initiation stress, σCI), inizio della loro propagazione instabile (crack damage stress,
σCD), e rottura (σC). Secondo Martin e Chandler (1994), i valori σCI e σCD rappresentano proprietà
intrinseche della roccia, mentre la resistenza di picco dipende prevalentemente dalle condizioni di prova.
Il campo di sollecitazioni σCI ha valori compresi tra il 30% e il 50% della resistenza di picco e dipende
dall’eterogeneità, densità e tipologia delle microfessure (Diederichs 2007). La prima fessura si innesca
una volta raggiunto il valore minimo del campo (σCI_L), che corrisponde alla resistenza in situ a lungo
termine, mentre la distribuzione uniforme delle microfessure in tutto il provino inizia con il limite
superiore del campo (σCI_U). Questo è il valore più significativo per la previsione del danno indotto
nell’ammasso durante la realizzazione della cavità (Diederichs 2007) e coincide con la sollecitazione in
corrispondenza della quale le curve di deformazione laterale e volumetrica del provino si discostano
dalla linearità.
Superando il valore della sollecitazione di innesco, le microfessure indotte iniziano ad interagire ed a
propagarsi in maniera prima stabile e poi instabile ad un livello di sollecitazione (tensione di
snervamento della roccia, σCD) variabile tra il 70% e l’80% della resistenza di picco. In corrispondenza
di σCD, la curva delle deformazioni assiali si discosta dalla linearità e quella della deformazione
volumetrica ha un’inversione di tendenza (Bieniawski 1967). Per sollecitazioni superiori a σCD, si
registrano i più significativi cambiamenti strutturali del campione (Martin e Chandler 1994).
2.1 Metodi tradizionali per determinare σCI e σCD
I valori di σCI e σCD sono determinati dalle curve sforzi-deformazioni ottenute con prove di compressione
uniassiale a partire dal modello postulato di Bieniawski (1967); in particolare, σCD corrisponde, nella
curva di deformazione volumetrica εV, al punto della curva in cui la tangente è verticale, mentre la
sollecitazione σCI si ottiene dalla curva di deformazione laterale, nel punto in cui questa si discosta dalla
linearità. Le numerose evidenze sperimentali dimostrano che difficilmente sono riscontrabili tratti
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lineari in questa curva.
In alternativa, Martin e Chandler (1994) hanno proposto la determinazione di σCI a partire dalla seguente
relazione:
ε V,microfess = ε V − ε V.elast = ε V −
1 − 2ν
σ
E
dove εV,microfess e εV, elast sono, rispettivamente, la componente della deformazione volumetrica associata
alla microfessurazione e quella elastica; E e ν sono, rispettivamente, il modulo di Young ed il
coefficiente di Poisson. Il valore di σCI coincide con l’inizio dei valori positivi di εV,microfess. Ovviamente
bisognerebbe considerare che non si tratta di costanti elastiche della roccia, come affermano Martin e
Chandler (1994), ma di parametri variabili con la sollecitazione imposta.
Questi modelli descrittivi devono essere considerati come puramente indicativi dei fenomeni fisici che
si determinano sollecitando provini di roccia. In particolare, non si ritiene che la manifestazione fisica
del fenomeno dell’innesco della microfessurazione possa essere resa evidente dalla determinazione dello
stato deformativo che, invece, sembra in grado di rappresentare la coalescenza e l’estensione della rete
di microfessure indotte fino a rottura.
La determinazione sperimentale dei fenomeni sopra descritti può essere ottenuta misurando le emissioni
acustiche associate alla generazione e propagazione delle microfessure (Lockner 1993). Nelle rocce,
senza opportuni filtraggi del rumore di fondo è difficile distinguere la fase di innesco della fessurazione;
per contro, risultano molto evidenti le fasi di propagazione dello stato di fessurazione indotto fino alla
rottura del provino.
Diversi approcci sono stati sviluppati per associare le diverse fasi del processo di fratturazione alle
emissioni di energia, ad esempio Eberhardt et al. (1998) e Diederichs et al. (2004) utilizzano gli eventi
acustici cumulati.
2.2 Sentry function: un nuovo metodo per l’analisi delle emissioni acustiche e dell’energia di
deformazione
L’approccio proposto per lo studio dell’innesco e propagazione della microfessurazione si basa sulla
sentry function (Minak e Zucchelli 2008, Fig. 3), che combina l’informazione “acustica” con i valori di
deformazione.
Questa funzione (f) confronta l'energia di deformazione immagazzinata nel materiale (ES) con l'energia
rilasciata sotto forma di energia acustica (Ea), essendo definita come:
E 
f = Ln  S 
 Ea 
In altre parole, la sentry function dà un’indicazione della quota parte di energia immagazzinata dalla
roccia, sottoposta a stati di sollecitazione, che viene rilasciata come energia acustica a causa di
deformazioni inelastiche localizzate.
La sentry function può assumere una qualsiasi combinazione dei seguenti cinque andamenti elementari
(Refahi Oskouei et al. 2011):
• andamento crescente (tipo I in Fig. 3), che rappresenta la fase di immagazzinamento di energia di
deformazione. La pendenza della f dà un’indicazione del livello di danneggiamento del materiale e
diminuisce al crescere di quest’ultimo;
• caduta repentina dei valori (tipo II in Fig. 3), associata ad una significativa diffusione della
microfratturazione, contrassegnata da un evento acustico con elevato contenuto energetico;
• andamento costante (tipo III di Fig. 3), che rappresenta il progressivo immagazzinamento di energia
di deformazione accompagnato da rilascio contestuale di energia acustica causato dal progredire del
danneggiamento nel materiale;
• andamento decrescente (tipo IV in Fig. 3), associato alla fase di rottura. In questo caso, la roccia
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non è più in grado di sostenere il carico applicato e l’attività acustica è prevalente.
Fig 3. Possibili andamenti elementari della sentry function (Minak e Zucchelli 2008)
3. Esempio di applicazione della sentry function e note conclusive
I valori di innesco σCI_L σCI_U e di propagazione instabile delle microfessure σCD di rocce
petrograficamente diverse sono stati determinati sulle curve sforzi-deformazione adottando il modello
postulato da Martin e Chandler (1994) e, successivamente, sono stati confrontati con l’andamento degli
eventi acustici cumulati, registrati all’aumentare dei livelli di sollecitazione, in prove di compressione
uniassiale, come proposto da Eberhardt et al. (1998) e Diederichs et al. (2004). In Fig. 4 tali valori sono
contrassegnati dalle rette verticali, continue, tratteggiate e puntinate per σCI_L, σCI_U e σCD,
rispettivamente. Nei grafici di Fig. 4 sono, inoltre, riportati gli andamenti della sentry function
determinata a partire dall’energia acustica e dall’energia di deformazione al variare della sollecitazione
agente.
I diagrammi di Fig. 4 mettono bene in evidenza le potenzialità di questo approccio all’analisi dei
fenomeni fisici che si sviluppano durante prove di compressione uniassiale. Nei sei provini (quattro di
granito e due di calcare) si sono registrati importanti fenomeni di emissioni che hanno accompagnato la
propagazione e la coalescenza della rete di microfessure, mentre nei due provini di marmo a tessitura
xenoblastica il fenomeno deformativo è prevalentemente condizionato dalle microfessure preesistenti
(piani di sfaldatura e di geminazione, bordi grano). Inoltre, nei due graniti esaminati, Forsmark e Lac du
Bonnet, e nel calcare, il massimo di f coincide con la σCI_L e si evidenzia un significativo crollo di f in
corrispondenza di σCI_U, ad indicare l’inizio del danneggiamento, mentre il marmo di Carrara è in grado
di immagazzinare energia elastica fino ad un livello di sollecitazione superiore a σCD.
In conclusione, sulla base di questa prima campagna di sperimentazione, l’analisi con la sentry function
appare essere un efficace strumento per distinguere le varie fasi che caratterizzano il processo di innesco,
propagazione e coalescenza delle microfessure, prodromico alla rottura. Tuttavia, si ritiene
indispensabile approfondire la validità dell’approccio per monitoraggi in situ considerando anche rocce
prelevate da ammassi rocciosi che manifestano tendenza a rilasci improvvisi di elementi di roccia,
interessati da scavi civili e minerari.
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Fig 4. Andamento delle sentry function normalizzate rispetto al valore massimo e sollecitazioni critiche di
danneggiamento di diversi tipi di rocce (le linee verticali identificano σCI_L, σCI_U e σCD). Si considerano due
campioni (curve rossa e blu) per ogni tipo di roccia
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