Corso di Laboratorio di Elettronica a.a 2005-2006 PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE DI UN AMPLIFICATORE AUDIO DA 100W Docente del corso: Studenti: Ing. Carmine Abbate Della Grotta Federico Serapide Emilio Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Indice Introduzione pag. 4 Capitolo 1 Stadio di ingresso pag. 5 1.1 Caratteristiche stadio di ingresso pag. 5 1.2 Stadio differenziale pag. 6 1.3 Circuito di polarizzazione pag. 10 Capitolo 2 Stadio Intermedio pag. 12 Capitolo 3 Stadio di potenza pag. 13 3.1 Principali parametri dello stadio di potenza pag. 13 3.2 Classi di funzionamento pag. 15 3.3 Amplificatore in classe AB pag. 19 pag. pag. 20 21 3.3.1 Distorsione d’incrocio 3.3.2 Tecniche per ridurre la distorsione d’incrocio Capitolo 4 Dissipatori termici pag. 26 Capitolo 5 Circuiti Stampati pag. 29 5.1 Tipologia di circuiti stampati pag. 29 5.2 Il processo di fabbricazione di un PCB pag. 30 5.3 La progettazione di un PCB pag. 32 Capitolo 6 Progetto e collaudo 6.1 Simulazione Spice pag. 35 6.2 Dimensionamento del dissipatore pag. 38 6.3 Dimensionamento dell’alimentatore ausiliario pag. 40 6.4 Dimensionamento del circuito di protezione pag. 42 pag. pag. 42 43 6.5 PCB pag. 45 6.6 Verifiche sperimentali sul progetto pag. 47 6.4.1 Circuito di comando 6.4.2 Protezione DC e Termica Indice pag. 35 2 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Allegati Indice Allegato 1 BC546 pag. 51 Allegato 2 BC556 pag. 55 Allegato 3 TIP 115/117 pag. 59 Allegato 4 MJE15034/MJE 15035 pag. 65 Allegato 5 MJL21193/MJL21194 pag. 71 Allegato 6 Dissipatore per TO220 pag. 76 Allegato 7 Dissipatore con ventola pag. 77 Allegato 8 Isolante elettrico pag. 79 Allegato 9 NTC pag. 80 3 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Introduzione L’amplificatore è quel dispositivo elettronico che varia l’ampiezza del segnale applicato al suo ingresso, al fine di aumentare il valore del segnale medesimo. Si definisce amplificatore ideale quel dispositivo che riproduce esattamente quello che ha ricevuto in entrata. Purtroppo non esiste un amplificatore capace di aumentare un segnale senza modificarlo almeno in minima parte. In generale i segnali disponibili alle sorgenti risultano essere inadeguati a comandare attuatori, per cui si rende necessaria un’amplificazione del segnale. In particolari applicazioni, tra cui applicazioni audio, l’amplificazione fornita da un singolo componente attivo (transistor) risulta insufficiente. In questo caso è necessario ricorrere ad una configurazione amplificatrice a due o più stadi disposti in cascata, ovvero connessi in modo che l’uscita di ciascuno stadio funga da sorgente di segnale per lo stadio successivo. Stadio di ingresso Introduzione Stadio di amplificazione intermedia Stadio finale o di potenza 4 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Capitolo 1 Stadio di Ingresso 1.1 Caratteristiche dello stadio di ingresso Le caratteristiche dello stadio di ingresso sono: - Impedenza di ingresso: poiché i trasduttori forniscono segnali aventi livello di tensione molto piccolo e potenza debolissima, particolare cura deve essere posta nell’adattamento di impedenza tra il trasduttore o sorgente audio e l’amplificatore. I metodi di adattamento sono: 1. con Rs << Rin e in questo caso il trasferimento di segnale avviene in tensione; 2. con Rs = Rin in questo caso il trasferimento del segnale avviene in potenza dove Rs è la resistenza interna del trasduttore o della sorgente audio Rin e la resistenza di ingresso dell’amplificatore. - Basso rumore: l’amplificatore pilota, essendo il primo stadio di una catena amplificatrice, è interessato da segnali di ingresso assai deboli e deve introdurre la minima quantità di rumore, in effetti il rumore generato dai primi stadi viene amplificato dai successivi, peggiorando il rapporto segnale/disturbo; inoltre, su segnali molto deboli, è facile dar luogo, anche con rumori deboli, a rapporti segnale/disturbo inaccettabili. - Bassa distorsione: se lo stadio pilota introduce distorsioni, queste vengono amplificate dallo stadio di potenza, con l’effetto di ulteriore peggioramento. Peraltro, dato che le potenze in gioco nello stadio pilota non sono rilevanti, non si richiedono rendimenti elevati, non esistono quindi motivi per avere distorsioni. - Risposta in frequenza: normalmente lo stadio pilota viene progettato per una banda passante più elevata dello stadio di potenza ; in tal modo le frequenze di taglio dell’intero sistema dipendono solo da quest’ultimo. Capitolo 1: Stadio di Ingresso 5 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio 1.2 Stadio Differenziale Lo stadio di ingresso del nostro amplificatore è costituito da una struttura differenziale, del tipo riportato in figura 1.1 , e realizzato a livello discreto. Figura 1.1 - Schema elettrico dello stadio differenziale I motivi per cui abbiamo scelto questa configurazione come stadio di ingresso sono molteplici. Un primo motivo è che è molto immune al I rumore: una corrente variabile in prossimità del circuito induce nello stesso un certo rumore; se l’uscita è proporzionale alla differenza tra le tensioni di ingresso il rumore si elide. V+ Ad Vo V- Un altro vantaggio di questa struttura è che ci consente di accoppiare il carico senza l’utilizzo di capacità, cosa molto utile soprattutto a livello Figura 1.2. – Schematizzazione del Differenziale integrato in cui una capacità occupa un’area estesa. Capitolo 1: Stadio di Ingresso 6 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Facendo uno studio a piccolo segnale dello stadio differenziale si può facilmente capire come si comporta questo circuito per segnali differenziali. Si può ricavarne il guadagno differenziale ottenendo: Ad diff = − Rc ⋅ gm dove gm = IC VT e rappresenta il guadagno di transconduttanza del transistor. Se consideriamo la tensione di uscita Single-ended il guadagno sarà esattamente la metà: Ad se = − Rc ⋅ gm 2 Possiamo anche calcolare quanto vale la resistenza di ingresso: Ridiff = 2 ⋅ rπ = 2 β gm =2 βVT Ic Notiamo subito che il guadagno è limitato dal tipo di transistore attraverso la massima corrente di collettore (gm) e dalla resistenza Rc. Al fine di aumentare questo l’aumento di gm comporta una diminuzione della resistenza di ingresso mentre l’aumento della Rc è limitato dalla potenza da dissipare e dall’escursione massima. Per quanto riguarda l’analisi di segnali di modo comune quali ad esempio il rumore, si determina il guadagno di modo comune, considerando l’uscita single-ended, come: Acmse = Vo Rc Rc ≅− =− Vcm re + 2 R 2R dove R è la resistenza interna del generatore di corrente, cioè la resistenza di uscita dello specchio. Si nota che si ha un Acm basso se la R è alta, cioè dipende dalla resistenza di uscita dello specchio. Ecco quindi il vantaggio di utilizzare come polarizzazione uno specchio di corrente ad elevate prestazioni. Se si ha perfetta simmetria dello stadio differenziale (Rc uguali e β uguali), per un segnale di modo comune, che è lo stesso in entrambi gli ingressi, l’uscita differenziale sarà nulla. Si definisce a questo punto il CMRR (Common Mode Rejection Ratio) come: CMRR = Capitolo 1: Stadio di Ingresso Ad Acm 7 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Quindi più è alto questo fattore e meglio risponde l’amplificatore per segnali differenziali (vengono amplificati molto) e di modo comune (vengono amplificati poco). - Nel caso di uscita s.e. questo vale: CMRR = - Ad = gm ⋅ R Acm Nel caso di uscita differenziale questo può essere notevolmente aumentato per i motivi descritti in precedenza. Nelle applicazioni in cui l’uscita deve essere riferita a massa solitamente si preferisce avere due stadi di amplificazione: un primo stadio di pre-amplificazione con uscita differenziale e il secondo stadio finale con uscita single-ended. In questo modo rendendo quanto più simmetrico possibile il primo stadio si riescono a diminuire i segnali di modo comune e quindi ad evitare che vengano amplificati dagli stadi successivi. Il nostro amplificatore, essendo un finale audio, è composto da uno stadio di ingresso differenziale ad uscita single-ended come riportato in figura 1.2. Figura 1.3 - Stadio di ingresso differenziale Capitolo 1: Stadio di Ingresso 8 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Dalla figura si notano alcuni particolari non descritti prima: • il filtro passa-basso R1C9 serve a limitare la banda del segnale di ingresso e quindi eliminare rumori ad alta frequenza; ⎧ R1 = 2.2k con ⎨ si ha una frequenza di taglio superiore di circa 330kHz . ⎩C 9 = 220 p • Si dimensiona la resistenza dello specchio R8 in modo da avere una corente di polarizzazione Io di circa 2mA: ⎡Vled ⎛ Io ⎞⎤ αVT R8 = ⎢ − ln⎜ ⎟⎥ ⋅ = 585,6Ω ⇒ 560Ω ⎝ Is ⎠⎦ Io ⎣ VT • Si dimensionano le resistenze sul differenziale in modo da avere un guadagno single-ended di 10V/V: Ad se = − Rc ⋅ gm 2 Rc ⋅ Ic = 10 2VT Rc = 515Ω ⇒ 560Ω (valore commerciale) Inoltre si nota che l’ingresso è differenziale. Il secondo ingresso è stato utilizzato per riportare un segnale di retroazione sia statica che dinamica; la retroazione DC è necessaria al fine di avere una tensione continua nulla sul carico ed evitare il danneggiamento dell’altoparlante, mentre la retroazione AC, data da C6, riduce la distorsione e linearizza la risposta dell’amplificatore nella banda di interesse. Dalla simulazione effettuata in Spice si nota il comportamento dello stadio di ingresso, per segnali differenziali (fig1.2.2) e di modo comune (fig1.2.3), in funzione della frequenza. 10 5 0 100mHz 1.0Hz V(Q1:c)/ V(V2:+) 10Hz 100Hz 1.0KHz 10KHz 100KHz 1.0MHz 10MHz Frequency Figura 1.4 – Risposta in frequenza dello stadio di ingresso differenziale Capitolo 1: Stadio di Ingresso 9 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio In figura 1.4 si nota che il guadagno di centro banda non è proprio 10V/V in quanto c’è il filtro in ingresso che comporta una attenuazione della tensione di base di Q1 rispetto alla tensione di ingresso. 100 50 0 100mHz 1.0Hz 1/V(Q1:c) 10Hz 100Hz 1.0KHz 10KHz 100KHz 1.0MHz 10MHz Frequency Figura 1.5 - Guadagno di modo comune al variare della frequenza In figura 1.5 si nota che per le alte frequenze l’amplificatore ha problemi per quanto riguarda i segnali di modo comune: si ha un ripido aumento del guadagno. Passando ad uno studio nel dominio di Laplace si deduce che questo è dato dalla resistenza dello specchio e dalla sua capacità parassita le quali pongono un’azione passa alto. Essendo la banda del nostro amplificatore limitata, questo fatto non comporta problemi. 1.3 Circuito di Polarizzazione Il circuito di polarizzazione ( Io ) può essere costituito da uno Specchio di Corrente come riportato in figura. Questo riproduce in uscita una corrente che rispecchia quella di riferimento Iref e quindi si può regolare questa dimensionando opportunamente la Rref come: Rref = Vcc − Vbe Iref Figura 1.6 - Circuito di polarizzazione, Specchio di corrente Capitolo 1: Stadio di Ingresso 10 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Il vantaggio di usare come polarizzazione un circuito del genere al posto di una semplice resistenza sta nel fatto che lo specchio può avere una resistenza di uscita elevata. Nel nostro progetto si è scelto un particolare specchio, lo specchio di Widlar, il quale ha una resistenza di uscita molto grossa e, essendo che il punto di funzionamento a riposo è fisso,si è scelto di polarizzare lo specchio con un Led il quale ha una tensione di polarizzazione fissata a 1,8V. Si può calcolare il valore della R8 in funzione della VDIODO e della Io come: ⎡Vdiodo ⎛ Io ⎞⎤ αV − ln⎜ ⎟⎥ ⋅ T R8 = ⎢ ⎝ Is ⎠⎦ Io ⎣ VT Figura 1.7 - Circuito di polarizzazione, Specchio di Widlar Capitolo 1: Stadio di Ingresso 11 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Capitolo 2 Stadio Intermedio Lo stadio intermedio è costituito dal Bjt Q5 in configurazione ad emettitore comune come riportato in figura 2.1. Questo stadio consente l'adattamento, allo stadio finale, del segnale proveniente dal differenziale. Ha un guadagno pari alla gm del transistore moltiplicata per la relativa resistenza vista sul collettore di Q5. Inoltre Q5 fornisce la corrente necessaria al moltiplicatore di Vbe. Tale circuito è necessario per polarizzare i transistori di potenza in modo da eliminare la distorsione di cross-over. La capacità C17 ha il compito di stabilizzare in frequenza il circuito. Facendo un’analisi del sistema, sicuramente vi saranno poli a parte reale positiva che possono portare in oscillazione il sistema. Inserendo una capacità di valore adeguato si va ad inserire un polo dominante che rende stabile il sistema. Figura 2.1 - Stadio di amplificazione intermedia Sfruttando il teorema di Miller, cioè mettendo la capacità tra ingresso ed uscita di questo stadio, si riesce ad utilizzare una capacità di modesto valore risparmiando quindi sull’ingombro. Daltrocanto la capacità C17 determina la frequenza di taglio superiore dell’amplificatore. La capacità C10 è utilizzata per riportare una parte della retroazione AC sullo stadio intermedio stabilizzando quindi la dinamica di questo. Capitolo 2: Stadio Intermedio 12 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Capitolo 3 Stadio di potenza Lo stadio di potenza, o stadio finale inteso come ultimo elemento della catena di amplificazione ha lo scopo di fornire potenza al carico. Questo riceve in ingresso un segnale già amplificato in tensione, trasferendolo al carico con la stessa ampiezza ma amplificato in corrente. 3.1 Principali parametri dello stadio di potenza I parametri principali che definiscono i limiti di funzionamento e progetto di uno stadio di potenza sono: - Rendimento: per rendimento di un sistema, si intende il rapporto tra la potenza che esso cede al carico e quella che gli viene introdotta attraverso l’alimentazione ed il segnale di comando. η= Pout Pcc Nel caso ideale, la potenza uscente è uguale alla somma di quelle entranti ed il rendimento è unitario. In pratica questo non è possibile, ovvero Pout risulta sempre inferiore a Pcc ed è η < 1 . La differenza tra la potenza entrante e quella uscente rappresenta la potenza PD, che si dissipa all’interno dell’amplificatore di potenza. Esistono due ragioni fondamentali per cui questa potenza risulta minima, ovvero il rendimento massimo: 1. quando le potenze in gioco sono elevate, è bene che tutta la potenza spesa dia luogo ad effetti utili e non venga dispersa, per ovvie esigenze di risparmio energetico. 2. la potenza non utilizzata si dissipa sotto forma di calore, interessando principalmente i componenti attivi. L’aumento della temperatura modifica le caratteristiche di comportamento dei componenti attivi, peggiorando la qualità di lavoro e giungendo a danneggiarli in modo irreparabile, se si supera la massima temperatura di giunzione (≈ 150°C). Inoltre, le elevate temperature di funzionamento, specie se in regime variabile, accorciano notevolmente la vita media dei componenti. In pratica si cerca di salvaguardare i componenti di potenza dato il costo assai elevato in alcuni casi. Capitolo 3: Stadio di Potenza 13 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Tutto ciò produce l’esigenza di dissipare il calore prodotto dalla potenza non utilizzata, con mezzi aggiuntivi (dissipatori o sistemi di raffreddamento a circolazione di fluido) che aumentano la complessità ed il costo degli apparati di potenza. - Condizioni di massimo trasferimento di potenza: il parametro degli amplificatori di potenza è, come ovvio, la potenza trasferita al carico. La condizione ottimale per il trasferimento di potenza tra un amplificatore con resistenza di uscita Ro, ed un attuatore con resistenza generica RL, può essere ottenuto in due modi: 1. con Ro = RL: condizione generalmente impiegata negli accoppiamenti a trasformatori; oppure altri casi: 2. con Ro << RL: quest’ultima condizione è adottata nella maggior parte dei casi e porta all’impiego di amplificatori aventi resistenza di uscita molto bassa. - Risposta in frequenza: la risposta in frequenza è legata al tipo di attuatore pilotato dall’amplificatore di potenza, ad esempio: 1. i motori richiedono all’amplificatore una risposta in frequenza dalla continua sino a frequenze superiori non molto elevate; 2. gli altoparlanti ed in genere i sistemi audio, richiedono una banda di frequenza quantomeno eguale (o più ampia, specie verso le frequenze alte) a quella del segnale acustico, che varia nell’intervallo 16 Hz ÷ 20kHz. - Linearità: l’obbiettivo di portare al massimo il rendimento, comporta l’elongazione del segnale in tutta la zona di lavoro consentita per i componenti attivi che presentano, agli estremi ti tale zona, comportamenti non lineare. Da ciò segue che gli amplificatori di potenza sono sede di distorsione di non linearità, la quale introduce la presenza di armoniche di frequenza multipla rispetto a quella del segnale. La distorsione di non linearità ha effetti diversi a seconda dell’attuatore che l’amplificatore di potenza pilota. - Ad esempio: 1. le armoniche di ordine superiore dovute alla distorsione di non linearità, sono causa di surriscaldamento del nucleo ferromagnetico nel caso di motori; 2. nel campo audio, la non linearità pone il problema della qualità del suono, a causa della notevole sensibilità che l’orecchio umano ha nei confronti della distorsione di non linearità. Capitolo 3: Stadio di Potenza 14 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio 3.2 Classi di funzionamento La divisione degli amplificatori di potenza in base alla classe di funzionamento, è legata alla condizione di polarizzazione e lavoro dei componenti attivi che costituiscono gli amplificatori medesimi ed alla tecnica con cui viene ottenuta l’amplificazione di potenza. In tal senso, occorre compire una distinzione fondamentale tra due tipi di amplificazione: - Funzionamento analogico: questo tipo di amplificatore fruisce in pratica di amplificazioni ottenibili mediante i componenti attivi a tecnologia unipolare o bipolare, che realizzano l’amplificazione attraverso lo spostamento del punto di lavoro lungo la retta di carico all’interno della zona attiva, per effetto di comando del segnale di ingresso. Un componente attivo da luogo a circolazione di corrente di segnale nella maglia d’uscita dell’amplificatore di cui fa parte, in funzione della posizione del punto di lavoro sulla retta di carico. Nel caso di amplificatori a funzionamento analogico, si definisce quindi classe di funzionamento, la condizione di polarizzazione del componente attivo e la conseguente circolazione di corrente nel carico. Le classi di funzionamento analogico sono: A, B, AB, C. - Funzionamento Switching: in questo tipo di funzionamento non si fa uso delle caratteristiche di amplificazione di componenti attivi, ma di un particolare procedimento (PWM: Pulse Width Modulation), che consente di modificare il valor medio di un’onda quadra, in base alla modifica del rapporto tra la durata di permanenza allo stato alto e quella dell’intero periodo dell’onda (duty cycle). I componenti attivi in questo caso funzionano come interruttori (switch) che, per effetto del comando (di bassa potenza) del segnale da amplificare, passano dalla saturazione all’interdizione (e viceversa), controllando potenze di notevole entità. La classe di funzionamento degli amplificatori switching è detta classe D. Dopo aver fatto differenza sulla tecnica di amplificazione dei segnali si analizzano brevemente le classi di funzionamenti di cui sopra. Classe A: in un amplificatore polarizzato per funzionare in classe A, il punto di lavoro viene tenuto, a riposo, al centro del tratto lineare della retta di carico e, per effetto del segnale di ingresso, si sposta sulla medesima dalla saturazione alla interdizione e viceversa. Nella polarizzazione in classe A, si ha circolazione di corrente di segnale nella maglia d’uscita in ogni punto della forma d’onda del segnale d’ingresso. Si suole dire che l’angolo di circolazione della corrente di segnale nella Capitolo 3: Stadio di Potenza 15 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio maglia di uscita è 360°, intendendo che per tutto il periodo del segnale d’ingresso, vi è corrente di segnale al carico. La classe A, da luogo alla minima distorsione ma ha come svantaggio quello di avere un rendimento molto basso. Figura 3.1 - BJT polarizzato in classe A con specchio di corrente Con riferimento alla figura 3.1 in cui si evidenzia il transistore Q1 polarizzato in classe A e il transistore Q2, detto anche specchio di corrente, il quale ha il compito di polarizzare Q1,supponendo un ingresso sinusoidale si ha che: vout = vin − Vbe = vin − 0,7V ⇒ vout = Vout * sen(ωt ) ⎛ 1 vout 2 ⎞ ⎜⎜ ⎟ 2 RL ⎟⎠ PL ⎝ = η= Pcc (2 * Vcc * Ic0 ) dove: PL è la potenza fornita al carico PCC è la potenza fornita dall’alimentazione IC0 è la corrente che circola nel collettore in assenza di segnale di ingresso Vin = 0 ⇒ Vout = 0 ⇒ Ic = Ic0 ⇒ Pdiss = 2Vcc * Ic0 ⇒ Ic0 = Vcc RL sostituendo quanto trovato nella relazione del rendimento si ha: 1 vout 2 RL η= 4 RL Vcc 2 ma dal momento che la tensione di uscita non può superare la tensione di alimentazione risulta che: η= 1 ⇒ 25% 4 Classe B: in un amplificatore polarizzato per funzionare in classe B, il punto di lavoro viene tenuto, a riposo, in corrispondenza dell’interdizione sulla retta di carico. È evidente che, se il segnale d’ingresso impone elongazioni simmetriche nell’intorno della condizione di riposo, si ottiene Capitolo 3: Stadio di Potenza 16 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio circolazione di corrente nella maglia di uscita per tutti i segnali che spostano il componente verso la saturazione; per i valori che lo spostano verso l’interdizione, non si ha corrente nella maglia di uscita. Si suole dire che l’angolo di circolazione della corrente di segnale nella maglia d’uscita è 180°, intendendo che vi è corrente di segnale al carico soltanto per un semiperiodo del segnale d’ingresso, la circolazione della corrente per gli altri 180° è affidata al transistore complementare. La classe B, produce distorsioni inaccettabili, in quanto priva il segnale di una parte d’informazione, che si trova al di sotto dell’asse delle ascisse. La classe B offre notevoli vantaggi rispetto alla classe A, in termini di rendimento. Figura 3.2 - BJT polarizzati in classe B Con riferimento alla figura 3.2, dove si evidenzia la coppia a simmetria complementare di transistori, supponendo un ingresso sinusoidale si ha che: vout = vin − Vbe = vin − 0,7V ⇒ vout = Vout * sen(ωt ) η= PL Pcc dove: PL è la potenza fornita al carico PCC è la potenza fornita dall’alimentazione Per determinare la potenza fornita dall’alimentazione bisogna determinare il valor medio della potenza dell’alimentazione. Con riferimento a quella positiva si ha: Pcc + = 2π 1 Vcc 2 1 Vcc ∫ Pc(t )dt = VccIc max = 2π π πRL 0 quindi la potenza totale è: 2Vcc 2 Pcc = 2 * Pcc = πRL + Capitolo 3: Stadio di Potenza 17 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio sostituendo quanto trovato nella relazione del rendimento si ha: η= π vout 2 RL 4 RL Vcc 2 ma dal momento che la tensione di uscita non può superare la tensione di alimentazione risulta che il rendimento medio è: η= π 4 ⇒ 78,5% Volendo calcolare la potenza dissipata si ha: 2 Vcc * Vo 1 Vo 2 Pdiss = Pcc − PL = − π RL 2 RL da cui possiamo ricavare il massimo cha vale: ∂Pcc 2 Vcc Vo 2 = − = 0 ⇒ V 0 = Vcc V0 π RL RL π sostituendo quanto trovato nella relazione del rendimento si ha che in corrispondenza della massima potenza dissipata quest’ultimo scenda al 50%. Classe AB: la classe AB è una diretta conseguenza della classe B, il componente attivo, anziché essere polarizzato alla interdizione è polarizzato in leggera conduzione, in una condizione intermedia tra quelle relative alle classi A e B rispettivamente. La polarizzazione in classe AB consente di ridurre notevolmente un particolare tipo di distorsione, detta d’incrocio o cross-over, che insorge nel funzionamento in classe B «pura» negli attraversamenti per lo “0”. Si osserva che per questa particolare polarizzazione l’angolo di circolazione della corrente è compresa tra 180° e 360° e il rendimento risulta essere intermedio tra quello della classe A e quello della classe B. Classe C: in un amplificatore polarizzato per funzionare in classe C, il componente viene tenuto, a riposo, in corrispondenza di una forte interdizione. Se il segnale di ingresso impone elongazioni simmetriche nell’intorno della condizione di riposo, si ottiene circolazione di corrente nella maglia di uscita soltanto per i più elevati tra i valori di segnale che spostano il componente verso la saturazione. Per tutti gli altri livelli di segnale d’ingresso, non si ha corrente nella maglia di uscita. L’angolo di circolazione della corrente di segnale nella maglia di uscita è inferiore a 180°, in pratica nel carico è presente corrente soltanto per una parte di semiperiodo del segnale d’ingresso. La distorsione introdotta da questa polarizzazione è elevatissima, ma malgrado tutto ha un alto rendimento e si presta benissimo a particolari applicazioni nel settore delle alte frequenze. In questo caso il segnale viene recuperato attraverso filtri accordati. Capitolo 3: Stadio di Potenza 18 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Classe D: in un amplificatore progettato per funzionare in classe D, i componenti attivi operano soltanto nelle due condizioni limite di saturazione e di interdizione, ovvero non presentano condizioni di permanenza in zona attiva. Questa particolare configurazione viene usata quando la potenza da fornire al carico è molto elevata, evitando ai componenti di dissipare potenze al di sopra dei loro limiti tecnologici 3.3 Amplificatore in classe AB A valle delle considerazioni sulle classi di funzionamento e quindi alla condizione di polarizzazione del componente attivo si è pensato di realizzare l’amplificatore di potenza in classe AB. La classe B è una condizione di funzionamento che vede il componete condurre per una semionda del segnale d’ingresso. Questo significa che, per un’amplificazione dell’intero segnale con dispositivi polarizzati in classe B, è necessario impiegare almeno due dispositivi di potenza, affidando a ciascuno di essi una delle due semionde del segnale da amplificare. L’impiego di questa soluzione pone però due problemi: la scomposizione in due semionde del segnale di ingresso e la ricomposizione del segnale di uscita, per avere un’onda completa. La disposizione che risolve i due problemi di cui sopra è la simmetria complementare, in questo modo non è necessario dividere il segnale d’ingresso e ricomporre il segnale di uscita. Il segnale d’ingresso viene applicato alle due basi collegate tra di loro , la polarizzazione in classe B di Q1 (NPN) fa sì che sia posto in conduzione dalla semionda positiva del segnale d’ingresso, rimanendo interdetto da quelle negativa e Q2 (PNP) sia posto in conduzione dalla semionda negativa, rimando interdetto da quella positiva. Per ciò che riguarda il carico, ciascuno dei due transistor e collegato ad inseguitore e la resistenza RL è comune ai due emettitori, dunque il carico è percorso dalla corrente di segnale di Q1 durante le semionde positive e da quelle di Q2 durante le negative per cui in un periodo nel suddetto insiste un’onda completa di segnale. Figura 3.3 - BJT polarizzati in classe B Capitolo 3: Stadio di Potenza 19 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio 3.3.1 Distorsione d’incrocio Poiché nella realizzazione di amplificatori a simmetria complementare in classe B, si deve tener conto delle caratteristiche reali dei transistor, in particolare la caratteristica di ingresso dei BJT presenta una soglia maggiore di 0,6 V; questo significa che se il componente è polarizzato in classe B pura, cioè VBE = 0,6 V, non si ha circolazione di corrente d’uscita fino a quando la tensione di ingresso non supera la soglia; questo vale per entrambi i BJT e fa si che, in corrispondenza del passaggio per lo zero del segnale di ingresso, la corrente iB e, di conseguenza, la iC dei BJT, presenta un gradino che dà luogo ad una distorsione detta d’incrocio (cross-over). 10V 5V 0V -5V -10V -10V -8V V(RL:2) -6V -4V -2V 0V 2V 4V 6V 8V 10V V(In) Figura 3.4 - Caratteristica ingresso - uscita della classe B Ovviamente la distorsione di iC da luogo ad una corrispondente distorsione della tensione di uscita, vedi figura 3.5 10V 5V 0V -5V -10V 0s 0.1ms V(RL:2) 0.2ms 0.3ms 0.4ms 0.5ms 0.6ms 0.7ms 0.8ms 0.9ms 1.0ms Time Figura 3.5 - Tensione di uscita del classe B Capitolo 3: Stadio di Potenza 20 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio 3.3.2 Tecniche per ridurre la distorsione d’incrocio Per porre rimedio a questo tipo di distorsione, occorre polarizzare i transistor oltre la soglia, facendo circolare una debole corrente anche in assenza di segnale: in tal modo il segnale non deve superare la soglia, questa soluzione porta la classe di funzionamento dalla B pura alla AB; il rendimento si riduce, andando a valori compresi tra il 50% e il 78%. - Riduzione di cross-over mediante amplificatore operazionale La distorsione d’incrocio di uno stadio di amplificazione in classe B può essere notevolmente ridotta utilizzando un amplificatore operazionale ad alto guadagno ed una retroazione negativa, vedi figura 3.3.2.1 Come noto in un amplificatore in classe B vi è una soglia di 0,6 V che deve essere superata affinché i transistori iniziano a condurre, ma con questa tecnica tale soglia viene ridotta a: ± Vbe A0 dove A0 è il guadagno in bassa frequenza ad anello aperto dell’amplificatore operazionale. Il suddetto amplificatore viene collegato allo stadio in classe B per mezzo di una resistenza R per limitare la corrente sulle basi dei transistori. Questa tecnica non viene utilizzata spesso a causa dello slew rate dell’operazionale che si accentua alle alte frequenze. Figura 3.6 - Circuito in classe B con amp. op. collegato in retroazione negativa per ridurre la distorsione di incrocio Capitolo 3: Stadio di Potenza 21 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio 10V 5V 0V -5V -10V -10V -8V V(RL:2) -6V -4V -2V 0V 2V 4V 6V 8V 0.8ms 0.9ms 10V V(Vin:+) Figura 3.7 - Caratteristica ingresso - uscita della classe B con Amp. Op. 10V 5V 0V -5V -10V 0s 0.1ms V(RL:2) 0.2ms 0.3ms 0.4ms 0.5ms 0.6ms 0.7ms Time Figura 3.8 - Tensione di uscita del classe B con Amp. Op. - Riduzione di cross-over mediante partitore resistivo Inserendo un partitore resistivo inserito tra le basi dei transistori in modo da regolarne opportunamente il potenziale e riducendo o eliminando la distorsione d’incrocio, ma occorre osservare che, durante il funzionamento, l’aumento della temperatura prodotto nei dispositivi dalla potenza dissipata, genera una variazione della VBE dei BJT stessi, in ragione di 25 mV di diminuzione della soglia ogni 10 gradi di aumenti della temperatura. Questo sistema di polarizzazione non modifica la caduta di tensione ai capi di RBB e questo, causa un aumento indesiderato di iB e, con esso, di iC. L’aumento di iB provoca un eccesso di compensazione ed uno spostamento del punto di lavoro, dando luogo a nuovi tipi di Capitolo 3: Stadio di Potenza 22 1.0ms Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio distorsioni. Inoltre, un aumento di iC, dovuto ad un aumento della temperatura produce un ulteriore aumento di temperatura, che accresce di nuovo la iC e così via; questa soluzione produce una instabilità termica che può danneggiare definitivamente i transitori. Figura 3.9 – Polarizzazione mediante partitore resistivo della classe B - Riduzione di cross-over mediante diodi Il problema della instabilità termica può essere risolto sostituendo ad RBB un componente che segue le medesime vicende termiche della VBE dei BJT. Tale componente può essere una resistenza termica, che diminuisce il proprio valore all’aumentare della temperatura, ma difficilmente tale componente segue in modo rigoroso la legge di variazione termica delle giunzioni. Il componente che meglio si adatta alle variazione termiche della VBE dei BJT sono i diodi, essendo giunzioni dello stesso tipo dei BJT e seguono la medesima legge di variazione termica, a condizione che vengono disposti in prossimità dei BJT stessi. Figura 3.10 – Polarizzazione mediante diodi della classe B Capitolo 3: Stadio di Potenza 23 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio In figura 3.10 si evidenza la coppia di transistori Q1 e Q2 che hanno il solo compito di far fluire nei diodi D1 e D2 una corrente costante in modo da avere sempre la stessa caduta di tensione. Le resistenza RE1 e RE2 hanno il compito di stabilizzare ulteriormente il circuito nei confronti della fuga termica. 10V 5V 0V -5V -5.0V -4.0V V(RL:2) -3.0V -2.0V -1.0V 0.0V 1.0V 2.0V 3.0V 4.0V 5.0V 0.9ms 1.0ms V(Vin:+) Figura 3.11 - Caratteristica ingresso - uscita della classe B con polarizzazione a diodi 10V 5V 0V -5V -10V 0s 0.1ms V(RL:2) 0.2ms 0.3ms 0.4ms 0.5ms 0.6ms 0.7ms 0.8ms Time Figura 3.12 – Tensione di uscita del classe B con polarizzazione a diodi - Moltiplicatore di VBE Una soluzione diversa da quella della coppia di diodi e quella che dispone, tra le basi dei BJT di potenza, un transistore nella configurazione circuitale detta a moltiplicatore di VBE, vedi figura 3.13. Capitolo 3: Stadio di Potenza 24 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Figura 3.13 – Polarizzazione mediante moltiplicatore di Vbe della classe B Il circuito di figura da luogo ad una caduta VBB ai capi delle basi dei BJT di potenza che dipende dalla VBE dei suddetti e dalle due resistenze R1 e R2. Infatti, trascurando la corrente di base di Q3 la corrente che attraversa le resistenze in serie è la stessa e vale: IR = IR1 = IR 2 = VBB R1 + R 2 ma allo stesso tempo vale che: IR = VBE R2 per cui sostituendo la seconda equazione nella prima equazione si ricava quanto segue: R1 ⎞ ⎛ VBB = VBE ⎜1 + ⎟ ⎝ R2 ⎠ Variando opportunamente il rapporto R1 R 2 , è possibile far sì che VBB divenga almeno uguale a 2VBE e segua le variazione termiche di VBE medesime. Negli schemi pratici, come nel nostro caso, bisogna inserire delle resistenze di basso valore (inferiore all’ohm) sugli emettitori dei BJT di potenza. In tal caso la caduta di tensione tra le basi dei BJT non è esattamente 2VBE, ma deve essere superiore di un valore pari a 2REIE. Capitolo 3: Stadio di Potenza 25 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Capitolo 4 Dissipatori Termici Come noto, ogni componente elettronico o elettrico che sia percorso da corrente elettrica dissipa potenza. Il fenomeno di trasformazione della potenza elettrica in calore è definito attraverso la legge di Joule, che si enuncia: la potenza dissipata in un conduttore di resistenza R, percorso da una corrente I, è espressa dal prodotto della resistenza per il quadrato della corrente Pd = R * I 2 Tale potenza provoca un innalzamento della temperatura delle giunzione che come è noto non deve superare il limite superiore Tjmax, che per il silicio è compreso tra 120°C e 200°C, per non danneggiare il componente. Un sistema di dissipazione del calore è costituito dal chip di silicio, dal suo contenitore (case) e dal dissipatore (heatsink). La potenza PD dissipata nel chip può essere schematizzata come un generatore di corrente, le temperature di giunzioni TJ, della base di montaggio del contenitore Tc, del dissipatore Td e dell’ambiente Ta, vengono a loro volta considerate come delle tensioni. Per tenere conto delle differenze di temperatura fra i vari punti si introducono le resistenze termiche, indicate con il simbolo θ. Tra la potenza dissipata nella giunzione, la sua temperatura fino ad arrivare alla temperatura ambiente: sussiste la seguente relazione fondamentale: Tj − Ta = Pd (θjc + θcd + θda) (4.1) ove: Tj è la temperatura di giunzione in °C; Ta è la temperatura ambiente in °C; Pd è la potenza dissipata sulla giunzione in W; θjc è la resistenza termica tra giunzione e case in °C/W θcd è la resistenza termica tra case e dissipatore in °C/W θda e la resistenza termica tra dissipatore e ambiente in °C/W Si può individuare una analoga con la legge di Ohm per i circuiti elettrici. Capitolo 4: Dissipatori Termici 26 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Figura 4.1 - Equivalente termo elettrico Normalmente in fase di progetto il problema si pone in questi termini: nota la potenza da dissipare Pd, note Tjmax e Ta, nota la resistenza termica, dai fogli tecnici, tra giunzione e case θjc relativa ad un certo dispositivo, si deve scegliere il dissipatore adatto affinché la giunzione non superi Tjmax. Dalla equazione (4.1) di cui sopra si ricava il valore massimo che deve presentare θjc+θcd. La resistenza termica θcd dipende dal tipo di contenitore a dalle modalità di montaggio del componente sul dissipatore. Essa varia infatti se fra contenitore e dissipatore si inserisce o meno un foglietto isolante di mica o kapton se si usa grasso termoconduttore al silicone ed altri materiali. È comunque in dato noto. A sua volta per ogni tipo di dissipatore viene fornita dal costruttore la θda corrispondente. Occorre allora scegliere il dissipatore e il tipo di montaggio più opportuno affinché la somma θjc+θcd non risulta superiore al valore massimo ricavato con l’equazione (4.1). Normalmente sui fogli tecnici del componente attivo viene fornito un diagramma della riduzione della potenza dissipabile. Esso rappresenta l’andamento della potenza massima dissipabile nel dispositivo, ovvero senza che venga superata Tjmax, in funzione della temperatura del contenitore. Capitolo 4: Dissipatori Termici 27 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Figura 4.2 - Assemblaggio del componente sul dissipatore Ovviamente più elevata Tc e minore è la potenza dissipabile vedi figura 4.3. Figura 4.3 - Andamento della potenza dissipabile in funzione della temperatura Capitolo 4: Dissipatori Termici 28 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Capitolo 5 Circuiti Stampati Il PCB, Printed Circuit Board o Circuito Stampato, è un sistema di assemblaggio elettronico, basato sul principio del collegamento di componenti tramite delle piste conduttive, collocate su di una basetta isolante. Un'opportuna foratura della basetta consente di inserire i reofori dei componenti, fissandoli tramite saldatura alle piste ed assicurando così un buon aggancio meccanico ed elettrico. I componenti fondamentali di un circuito stampato sono quindi: - La base, una lastra isolante opportunamente forata. - Un sistema di lamine sottili di conduttore, nella maggior parte dei casi il rame, incollate alla base. La base costituisce il supporto per le piste conduttive, per i componenti elettronici saldati e per eventuali altri componenti, fissati meccanicamente alla base stessa. 5.1 Tipologie di circuiti stampati I circuiti stampati possono essere classificati in base alle loro caratteristiche costruttive: una prima differenziazione si hanno le seguenti tipologie: 1. PCB a singola faccia 2. PCB a doppi faccia 3. PCB multistrato Capitolo 5:Circuiti Stampati 29 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Il singola faccia ha piste solo su un lato, il laminato impiegato dal costruttore degli stampati è infatti materiale isolante con un solo lato di rame; il doppia faccia presenta piste conduttive su entrambi i lati. Entrambi possono essere a fori non metallizzati, ma generalmente sono a fori metallizzati con solo rame, o con rame rivestito di un altro metallo, ad esempio stagno, lega stagno-nichel, o altri ancora. Queste due prime tipologie sono proprie dei circuiti realizzabili anche con poche risorse tecnologiche a disposizione. Per il multistrato il discorso cambia radicalmente: sono infatti dei circuiti stampati che presentano diversi strati di piste conduttive, presenti sia su entrambe le facce del PCB sia all'interno del laminato base. I multistrati si suddividono a loro volta in leggeri e pesanti, a seconda se superano o meno i quattro strati; quando non è diversamente specificato, il multistrato è realizzato a fori metallizzati. Esistono ovviamente altre classificazioni, ad esempio di tipo qualitativo, prendendo in considerazione i rivestimenti, le tolleranze, le dimensioni dei fori e delle piste, ed altri parametri ancora. In questo lavoro, l'attenzione sarà comunque rivolta al doppia faccia, visto che nel caso del progetto dell’amplificatore audio si andrà a realizzare una scheda di tale tipologia. 5.2 Il processo di fabbricazione di un PCB La fabbricazione di un circuito stampato ha origine dai laminati, materiali costituiti da una base isolante su cui aderiscono dei fogli di rame elettrolitico puro, su una faccia o su entrambe. Il materiale base è composto generalmente da resine sintetiche ottenute per polimerizzazione: se una resina non possiede da sola tutte le proprietà elettriche, meccaniche e fisiche richieste, spesso viene addizionata con sostanze opportune, dette cariche, in maniera tale da conferirle le proprietà desiderate. Il rame viene prodotto, generalmente, per via elettrolitica: un grosso tamburo ruotante polarizzato negativamente pesca in una soluzione elettrolitica; i fogli di rame così ottenuti presentano la faccia troppo liscia per aderire al laminato base. Si procede allora ad ossidarlo, oppure a rivestirlo con ottone: entrambi i fenomeni determinano una formazione non uniforme sui cristalli di rame, con un conseguente aumento della rugosità dei fogli. L'adesione del rame al materiale base si ottiene per azione di una pressa di laminazione, tra le 10 e le 20 atmosfere, e riscaldamento, tra i 120 e i 170°C, di un pacchetto di tali fogli, disposti opportunamente. Il processo di fabbricazione prende il nome di Print and Etch (stampa e incisione): è un processo sottrattivo, in quanto si procede per incisione del rame del laminato base, lasciandolo inalterato nelle zone in cui è necessario per i collegamenti elettrici. Una delle fasi più importanti dopo il taglio del laminato in quadri e la tranciatura dei fori di riferimento per gli attrezzi, è la stampa dell'etching resist, una protezione dall'attacco chimico del Capitolo 5:Circuiti Stampati 30 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio rame. Il telaio serigrafico è una maglia fitta di tela di acciaio, nylon o seta, che lascia penetrare la vernice, pressata sul lato superiore, in quello inferiore in cui è posto il quadro; la maglia è riempita di gelatina sulle zone che non devono ricevere vernice. L'etching resist depositato indurisce per evaporazione di solvente o per polimerizzazione in aria libera, in forno oppure a raggi ultravioletti. Una variante interessante della stampa serigrafica, molto comune nella costruzione di circuiti stampati professionali, è l'utilizzo di foto-polimeri come etching resist (Dry film). Tali sostanze depositate sul quadro di rame, dopo un'esposizione opportuna alla luce e sviluppo con soluzioni a base di carbonato di sodio (Soda Solvay), restano a ricoprire solo i conduttori in rame che dovranno rimanere; (tale parte è denominata anche Pattern). L'incisione avviene per mezzo di un liquido corrosivo, per il rame, che attacca chimicamente solo le zone non ricoperte da etching-resist. Le zone metalliche alle quali può aderire la lega di saldatura sono limitate da una vernice permanente, solder resist, che viene applicata con metodo serigrafico e indurita a caldo o a raggi ultravioletti. L'ultima fase di rilievo costituisce la deposizione di un sottile strato di vernice protettiva con lo scopo di mantenere inalterate le caratteristiche di saldabilità del rame evitando la formazione di uno strato di passivazione all'interfaccia rame-aria. Sovente si esegue la foratura su macchine a controllo numerico: è molto utilizzato nei casi in cui le piastre hanno una dimensione tale per cui sarebbe onerosa la costruzioni di stampi di tranciatura, per piccole serie e per piastre a base di vetro che provocherebbero l'usura dei punzoni dello stampo. La metallizzazione dei fori è una fase peculiare del processo di fabbricazione di un circuito stampato, per questo necessita di alcune fasi preliminari: si procede ad una sensibilizzazione del quadro, dopo la foratura, per immersione in una soluzione di ioni stagno, che si depositano ovunque, ma soprattutto sulle pareti dei fori. La fase successiva, di catalisi, consiste nell'immergere il quadro in una soluzione di cloruro di palladio, che reagendo con gli ioni stannosi, precipita sotto forma di un film metallico sottile. È in presenza di questo catalizzatore che si innesca la successiva reazione di riduzione dello ione rame in soluzione in rame metallico Cu (ramatura chimica). Tale strato metallico è quello che permette la ramatura galvanica definitiva. I quadri sono collegati elettricamente al polo positivo e immersi in una soluzione di ioni di rame che a contatto con il rame chimico cedono due elettroni diventando atomi di rame, cioè rame metallico. Dopo una ramatura galvanica completa dei fori e di tutta la superficie del rame, il processo più semplice, detto tenting, prevede lo stampo in positivo, lo sviluppo e l'incisione ottenendo così circuiti stampati a doppi faccia a fori metallizzati con finitura in solo rame. Un processo più complesso, il panel plating, effettua invece un rivestimento con lega Sn-Pb e successiva incisione delle zone non necessarie: una sua importante variante, detta patter plating, prevede la stampa fotografica del rame che non deve restare sullo stampato, in una fase intermedia della metallizzazione dei fori, e precisamente dopo la Capitolo 5:Circuiti Stampati 31 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio ramatura chimica. Segue la ramatura galvanica, il rivestimento Sn-Pb e l'incisione. Siccome quest'ultimo processo effettua le metallizzazioni solo sul pattern, lo spessore del rame da incidere è minore, con conseguente aumento della velocità e della qualità dell'incisione, nonché un minore esaurimento del liquido d'incisione. Per quanto riguarda il processo di fabbricazione specifico per le schede multistrato, il primo passo consiste nel realizzare i pattern degli strati più interni mediante stampo e incisione. I diversi strati, compresi i due più esterni, sono sovrapposti in maniera tale da formare un unico laminato per azione di una pressa di laminazione. Si procede infine alla foratura, alla metallizzazione dei fori e alla incisione delle due facce esterne. La metallizzazione dei fori esegue dunque i collegamenti voluti tra i diversi strati, con l'evidente aumento della densità dei componenti. Si vanno diffondendo altre tecniche di fabbricazione dei circuiti stampati che si basano sui processi additivi: a partire da un laminato base completamente privo di rame si ottiene una deposizione chimica di questo metallo solo nelle zone in cui è richiesto. Ciò si ottiene o con stampa fotografica o con presenza selettiva del catalizzatore che innescherà il processo di ramatura. 5.3 La progettazione di un PCB Nel processo realizzativo di un PCB la fase più importante, nonchè la prima anche in ordine cronologico, è quella della progettazione del circuito che verrà riportato sullo stampato: sia che si parta da uno schematico disegnato a mano e poi prototipato su di una breadboard, sia che lo si disegni sin dall'inizio con un CAD elettronico, per poi poter effettuare i test attraverso il computer. La fase di disegno e verifica circuitale riveste la massima importanza, in quanto eventuali correzioni al circuito devono essere svolte in questo ambito. Una volta che il progettista ha portato a termine con successo questa fase, può avere inizio il cosiddetto postprocessing per poter creare il layout fisico del PCB, anche se già nel software di progetto è possibile iniziare a preparare lo schematico per la creazione del circuito stampato, associando ad ogni componente utilizzato il relativo footprint. Il footprint è il blocco base utilizzato per definire il layout, in quanto contiene tutte le informazioni fisiche relative ad un componente, come ad esempio la sua grandezza, il numero dei pin, ed altre ancora. L'operazione da compiere per poter passare dal software di disegno circuitale a quello di progettazione del PCB è tipicamente la creazione di una netlist. Si tratta di un file di testo in cui sono riportate tutte le informazioni sullo schematico disegnato, con l'elenco dei componenti a cui è associato il relativo footprint e le varie connessioni. Tale netlist verrà poi importata nel software di creazione del circuito stampato, e da questo punto ha inizio la fase di definizione del layout fisico della scheda. Dopo aver effettuato delle operazioni Capitolo 5:Circuiti Stampati 32 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio preliminari, comunque necessarie, come l'impostazione delle dimensioni della scheda che si vuole creare, la scelta della tecnologia realizzativa, l'eventuale associazione dei footprint per quei componenti di cui non è stata effettuata precedentemente, se l'importazione della netlist ha avuto esito positivo, il software di progettazione mostra una schermata in cui si hanno tutti i componenti del circuito posti intorno a quello che rappresenta il bordo fisico del PCB. Si passa quindi alla fase di placement dei componenti: uno ad uno, in genere manualmente, vanno collocati all'interno dell'area rappresentante la scheda, secondo i classici criteri di piazzamento dei componenti, come ad esempio il posizionamento in maniera consona per l'operatore, gli eventuali connettori posti in maniera tale da non far passare i cavi sopra la scheda, ed altri accorgimenti ancora, che dipendono fortemente dall'esperienza del disegnatore del circuito, detto masterista, in quanto quello su cui egli sta lavorando è, appunto, il master del circuito stampato che si vuole creare. I componenti possono essere ruotati e spostati a piacimento, evitando ovviamente di sovrapporli e di lasciarne nessuno al di fuori dei bordi. Anche in questa fase esistono strumenti software di controllo, che verificano il rispetto di alcune regole basilari di disegno, e altri ancora che, ad esempio, controllano lo spazio libero sulla scheda o altri parametri. Alcuni software particolarmente potenti offrono strumenti di piazzamento automatico, ma in genere vengono scarsamente utilizzati, in quanto possono non rispettare delle particolari scelte progettuali del masterista. È comunque possibile piazzare manualmente i componenti più importanti e bloccarli nella posizione desiderata, lasciando al software l'incarico di sistemare i restanti. Piazzati tutti i componenti, la fase successiva, una delle più impegnative di tutto il processo, è quella di routine delle tracce, detta anche sbroglio. Infatti, se si seleziona un componente qualsiasi sul PCB, verranno evidenziati tutti i collegamenti che lo interessano, sotto forma di linee dritte tra un componente e l'altro, anche sovrapposte ad altri collegamenti tra altri componenti. Le tracce di un PCB, una volta realizzato, non possono però sovrapporsi, in quanto, essendo la scheda bidimensionale, risulterebbero cortocircuitate. È per questo che bisogna svolgere la fase di sbroglio: il masterista deve associare a ciascuna connessione tra componenti un percorso conduttivo su di uno dei layer della scheda, senza creare cortocircuiti che renderebbero il PCB inutilizzabile. Risulta evidente come effettuare la fase di sbroglio di un circuito che impiega numerosi componenti può essere molto impegnativo, e si necessita di tutta l'esperienza del masterista per portare a termine tale fase. Ricordando che è possibile anche definire dei parametri particolari, come la larghezza di ciascuna pista e la distanza tra le stesse. Anche per il routing esistono software che svolgono tale compito automaticamente, ma per comprendere appieno la loro complessità basti pensare che i più potenti vengono venduti a prezzi elevati, sull'ordine delle migliaia di dollari, anche se limitati ad un certo numero di layer. I più Capitolo 5:Circuiti Stampati 33 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio potenti, senza limitazioni di layer, sono praticamente inaccessibili al piccolo operatore, proprio a causa del loro costo, che di listino può raggiungere anche le centinaia di migliaia di dollari. Se nonostante tutto non è possibile evitare l'intersezione di due tracce, viene utilizzato un via. Una via è, fondamentalmente, un foro praticato nel PCB che permette al rame di transitare da uno strato della scheda all'altro, senza causare cortocircuiti attraverso la metallizzazione.I vias sono definiti dai padstack, alla stessa maniera dei footprint. I padstack sono delle raccolte di informazioni su come un pin si connette fisicamente al PCB: include dati riguardo ciascun layer della scheda, definendo anche la dimensione dell'area di rame intorno a ciascun pin, come la dimensione del foro da praticare sulla scheda. Completata anche la fase di sbroglio, il layout della scheda è terminato. Dopo aver effettuato tutti i controlli di routine per assicurarsi che ogni fase sia andata a buon termine, senza aver tralasciato nessun componente fuori dalla scheda o delle tracce che si sovrappongono, ciò che rimane da fare è generare i file gerber, contenenti tutte le informazioni necessarie per il costruttore del PCB su come tagliare, laminare e forare la scheda. Per ogni suo layer ne viene creato uno: ad esempio un file gerber TOP definirà come lavorare il TOP layer del PCB, BOTTOM sarà relativo al BOTTOM layer, e così via. Una volta definiti tutti i file gerber relativi a tutti i layer della scheda, questi dovranno essere passati a chi si occuperà della realizzazione fisica della stessa, senza più possibilità di intervento da parte del progettista del circuito o del masterista del PCB. Capitolo 5:Circuiti Stampati 34 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Capitolo 6 Progetto e Collaudo 6.1 Simulazione Spice In figura 6.1 è riportato lo schema elettrico completo dell’amplificatore Hi Fi di potenza in classe AB, ove si individuano i tre principali stadi: 1. lo stadio differenziale di ingresso costituito dai transistor Q1 e Q2, polarizzati mediante uno specchio di corrente Q3, la cui tensione di base è ottenuta mediante un diodo LED; 2. lo stadio intermedio di amplificazione realizzato mediante un emettitore comune Q5; 3. lo stadio di uscita in classe AB costituito da Q8 e Q 14. Figura 6.1 - Schema elettrico completo dell'amplificatore audio La polarizzazione dello stadio di uscita è ottenuta mediante il moltiplicatore di Vbe Q4. Come stadio di potenza si è scelto una topologia che impiega due transistori di driving (Q6 e Q7), necessari ad abbassare il valore della corrente di pilotaggio dello stadio intermedio. L’amplificatore utilizza una forte retroazione negativa sia statica che dinamica, ottenuta riportando il segnale di Capitolo 6:Progetto e Collaudo 35 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio uscita sullo stadio differenziale (base di Q2). La retroazione in DC è necessaria al fine di evitare una tensione continua sul carico nulla ed evitare quindi il danneggiamento dell’altoparlante. La retroazione in AC, che utilizza le capacità C6 e C10, riduce la distorsione e linearizza la risposta dell’amplificatore nella banda di interesse. La frequenza di taglio superiore è determinata dalla capacità C17 che ha anche il duplice effetto di stabilizzare in frequenza l’amplificatore, evitando auto oscillazioni. Il cappio R15-C11, compensa il comportamento della bobina dell’altoparlante alle alte frequenze. 1. Variando la resistenza R25, che in realtà è un potenziometro multigiro da 2 K, si effettua una regolazione della corrente di riposo nei transistori di potenza. Con una corrente a riposo di circa 70 mA si evidenzia un offset di tensione in uscita pari a -12,5 mV. 2. Mediante tale simulazione si è visualizzata la risposta in frequenza dell’amplificatore, determinando la frequenza di taglio inferiore e superiore e il guadagno di centro banda per i seguenti valori di C17: 100pF, 470pF, 2,2nF ottenendo i seguenti risultati: Frequenza inferiore Frequenza Superiore Amplificazione di [Hz] [kHz] centro banda [dB] 100 pF 2,33 375,45 26,40 470 pF 2,33 184,00 26,40 2,2 nF 2,29 46,40 26,40 Tabella 6.1 - Risultati della simulazione con valori C17 diversi 40 2.2nF 470pF 100pF 20 0 -20 1.0Hz 10Hz db(V(Out)/ V(In)) 100Hz 1.0KHz 10KHz 100KHz 1.0MHz Frequency Figura 6.2 - Risposta in frequenza dell'amplificatore con valori di C17 riportati in tabella 6.1 Capitolo 6:Progetto e Collaudo 36 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio 3. Imponendo un segnale sinusoidale di frequenza 1 kHz e ampiezza pari a 1,35 Vpp all’ingresso dell’amplificatore con la capacità C17 pari a 2,2 nF si evidenzia una distorsione armonica di 1,40*10-1%. La potenza sul carico in queste condizioni è di 99,7 W è ovvio che l’amplificatore può fornire una potenza maggiore al carico, purchè si tolleri una distorsione armonica maggiore. 4. Imponendo un segnale di ingresso a 1 V con frequenza 1kHz, sinusoidale, e visualizzando la tensione sul collettore di Q1, si nota che in questo punto la distorsione è elevata, figura 6.3, ma viene successivamente eliminata all’uscita mediante la retroazione. 34.43V 34.42V 34.41V 34.40V 34.39V 0s 1ms 2ms 3ms 4ms 5ms 6ms 7ms 8ms 9ms 10ms V(Q1:c) Time Figura 6.3 - Tensione sul collettore di Q1 Visualizzando la forma d’onda sul collettore di Q5, si misura il guadagno di tensione e considerando il valore di gm5, prelevato dal file di uscita si valuta il valore del carico resistivo visto dal collettore di Q5 ottenendo i seguenti risultati: gm5 = 2,37*10-1 Vout (Q5) = 45,20 Vpp Vin (Q5) = 26,13 mV Av(Q5) = VoutQ5 = 1730 VinQ5 Av(Q5) = gm5 * Re quivalente ⇒ Re quivalente = AvQ5 ≈ 7,3kΩ gm5 5. Visualizzando la corrente di collettore su Q8 si valuta la massima potenza dissipata nelle condizioni di potenza nominale in uscita che assicura la minima distorsione ammissibile. Nelle stesse condizioni si valuta anche la potenza dissipata sul driver Q7. Capitolo 6:Progetto e Collaudo 37 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio 1 [VeQ8(t ) − VcQ8(t )]* IcQ8(t )dt = 24,48W T∫ 1 PdissQ 7 = ∫ [VbQ8(t ) − VeQ7(t )]* IcQ7(t )dt = 92,82mW T PdissQ8 = 6. Nelle condizioni di simulazione del punto precedente si valuta la potenza dissipata sulle resistenze R13 e R14. PdissR13 = 1 ΔVR13(t ) * IR13(t )dt = 4,06W T∫ 7. Come ultimo punto della simulazione si valuta il rendimento complessivo dell’amplificatore η= Pload 98,516W = = 0,626 ⇒ 62,2% Pcc 157,256W Alcuni di questi valori verranno verificati sperimentalmente con delle prove sul prototipo. 6.2 Dimensionamento del dissipatore Come noto, a partire dalla massima temperatura di giunzione e dalla resistenza termica tra giunzione e case, reperibili sui data sheets (fogli tecnici) dei singoli componenti, si deve dimensionare il dissipatore in modo che la temperatura di giunzione stessa non superi i valori massimi consentiti. Normalmente il dimensionamento consiste nel determinare la resistenza termica dissipatore-ambiente. Nel nostro caso si è agito all’inverso, scelto il tipo di dissipatore, Allegato 7, ed il materiale termoconduttore posto tra case e dissipatore si è determinata la temperatura di giunzione a cui si porta il dispositivo di potenza quando è chiamata a fornire la massima potenza sul carico. Dalla simulazione Spice di cui sopra si ha che un dispositivo di potenza dissipa 24,4W quando sul carico si hanno circa 100W. Pd =24,4W Ta =35 °C; θjc =0,7°C/W θcd =0,82°C/W con isolante tipo kepton θda =0,73°C/W Tj − Ta = Pd (θjc + θcd + θda) ⇒ Tj = Ta + Pd (θjc + θcd + θda) Capitolo 6:Progetto e Collaudo 38 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Prima di passare ai conti è bene fare una considerazione: il circuito di potenza è a simmetria complementare utilizzando due BJT di potenza montati sullo stesso dissipatore per cui l’equivalente termo-elettrico a cui fare riferimento è il seguente: Figura 6.4 - Equivalente termo - elettrico dei dispositivi di potenza in cui si evidenzia che i due dispositivi di potenza sono, nell’equivalente termo-elettrico, in parallelo. ⎡⎛ 0,73 + 0,82 °C W Tj = 35°C + 2 * 24,4W * ⎢⎜⎜ ⎢⎜ 2 ⎣⎝ ⎤ ⎞ ⎟ + 0,7 °C ⎥ = 35°C + 72°C = 107°C ⎟⎟ W⎥ ⎠ ⎦ Considerando che la massima temperatura di giunzione è 150°C, Allegato 5, il dissipatore scelto garantisce un buon margine di sicurezza del dispositivo dal punto di vista termico. A titolo informativo si determina la temperatura esterna a cui si porta il dissipatore : Td − Ta ⇒ Td = Pd * θda + Ta θda Td = 48,8W * 0,73 °C + 35°C = 84,53°C W Pd = Con una temperatura di giunzione pari a quella calcolata la massima potenza dissipabile quando la temperatura ambiente vale 25°C considerando la curva di riduzione riportata sul data sheets, vale: Pd (Tc) = Pd max − 1 (Tc − Tc0) = 200W − 1 θjc 0,7 °C (107°C − 25°C ) = 82,85W > 24,48W W Inoltre, se la temperatura di giunzione fosse pari a 150°C, condizioni peggiori la potenza dissipata sarebbe nulla. Capitolo 6:Progetto e Collaudo 39 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio 6.3 Dimensionamento dell’alimentatore ausiliario L’alimentatore ausiliario ha lo scopo di alimentare la ventola del dissipatore e il relè del circuito di protezione. Figura 6.5 - Schema elettrico dell'alimentatore supplementare Dai fogli tecnici della ventola e del relè si evince che la prima ha un assorbimento di 160 mA e il secondo ha un assorbimento di 10 mA, pertanto questo alimentatore ausiliario è chiamato ad erogare una corrente complessiva pari a 170 mA, entrambi i dispositivi hanno bisogno di una tensione pari a 12 V. Dalle specifiche di progetto di cui sopra, si nota che tra collettore ed emettitore di Q1 dovrebbe esserci una caduta di tensione pari a ben 23 V, rischiando di superare la temperatura massima di giunzione, per questo motivo si è inserita in serie al collettore una resistenza R16 che ha lo scopo di abbassare la caduta di tensione ai capi del transistor. Avendo supposto una caduta di tensione sulla resistenza pari ad 8 V se ne determina il valore: R16 = ΔV 8V = = 47Ω Iload 170mA mentre la potenza dissipata sulla medesima vale: 2 ( ΔV ) PdR16 = R16 = 1,36W Tale resistenza viene scelta con una potenza dissipabile pari a 2W che è il valore commerciale più vicino a quello calcolato. In seguito a tale considerazione si determina la potenza dissipata dal transistore : Capitolo 6:Progetto e Collaudo 40 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio PdQ1 = Iload * Vce Vin = V + − ΔV = 35V − 8V = 27V Vce = Vin − (Vz + Vbe ) = 27V − (12,1 + 0,6)V = 14,3V PdQ1 = 170mA + 14,3V = 2,43W bisogna ora verificare che la potenza dissipata dal transistore non faccia superare la massima temperatura di giunzione: Tj max = 150°C θ jc = 2,5°C / W θ ca = 62,5°C / W Tamb = 35°C T j = Tamb + Pd (θ jc + θ ca ) = 192,95°C E’ evidente che la temperatura di giunzione supera il valore massimo consentito pertanto il transistore Q1 necessita di un dissipatore, scegliendo un dissipatore con una resistenza termica tra dissipatore e ambiente pari a 23°C/W e resistenza termina tra case e dissipatore pari a 1°C/W la temperatura di giunzione scende a: T j = Tamb + Pd (θ jc + θ cd + θ da ) = 99,4°C valore accettabile rispetto alla massima temperatura di giunzione. Come ultima parametro si determina il valore della resistenza Rz necessaria a polarizzare il transistore e il diodo Zener IE 0,17 A = = 340 μA β +1 501 (Vin − Vz ) = 44 KΩ Rz = IB IB = data la bassa corrente in gioco, quindi bassa potenza, tale resistenza viene scelta con una potenza dissipabile pari ad ¼ di W e di valore 10KΩ. Capitolo 6:Progetto e Collaudo 41 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio 6.4 Dimensionamento del circuito di protezione Si è provveduto ad implementare sulla scheda un circuito di protezione il quale offre una protezione DC per il carico, che evita il danneggiamento dello stesso a causa di una componente continua eccessiva, ed una protezione termica che evita il superamento della massima temperatura di giunzione dei BJT di potenza. 6.4.1 Circuito di comando La prima parte del circuito di protezione è quella riportata in figura 6.6 e provvede a generare un segnale di comando del vero circuito che scollega il carico. Figura 6.6 – Circuito di comando delle protezioni Il filtro in ingresso (R23 C16) serve ad evitare che il circuito intervenga anche per basse frequenze evitando il buon funzionamento dell’amplificatore per le stesse: ⎧ R 23 = 100k ⎨ ⎩C16 = 10 μF ⇒ τ = 1s ⇒ f = 1Hz I diodi in antiparallelo D6 e D7 servono ad evitare che sulle basi dei BJT Q12 e Q16 vi sia una tensione negativa o positiva rispettivamente, la quale ne causerebbe la rottura. Capitolo 6:Progetto e Collaudo 42 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Quando il segnale ‘out’ ha una componente DC alta Q12 va in conduzione, Vc (potenziale del collettore) di Q12 si abbassa mandando in conduzione Q15 e quindi il segnale ‘off ’ assume un valore alto. Viceversa se ‘out’ è negativo Q16 conduce e il segnale ‘off ’ assume valore sempre alto. 6.4.2 Protezione DC e Termica. Il relativo circuito è riportato in figura 6.7. Out Figura 6.7 - Circuito di protezione Il circuito di protezione prosegue con Q9 e Q10. Quando ‘off ’ è alto (>0.6V) Q9 è in conduzione, la sua Vce si porta al valore di saturazione di 0.2V e quindi Q10 si spegne non alimentando il relè: e quindi il carico risulta scollegato. Viceversa quando ‘off’ è basso Q9 è spento, Q10 è acceso ed il carico è collegato. Si è provveduto anche a ritardare di qualche secondo il collegamento del carico al momento dell’accensione dell’amplificatore in modo da evitare il click sull’altoparlante che può risultare dannoso. Capitolo 6:Progetto e Collaudo 43 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Questo ritardo è dato dalla capacità C2 e dalla resistenza R26: ⎧ R 23 = 100k ⎨ ⎩C16 = 47 μF ⇒ τ = 4.7 s La protezione termica è realizzata mediante il sensore NTC che varia la sua resistenza in funzione della temperatura con la seguente legge: RT = R N e ⎛1 1 ⎞ B⋅⎜ − ⎟ ⎝ T Tn ⎠ Se la temperatura aumenta la RNTC diminuisce. Si nota che la variazione di resistenza non è lineare quindi un NTC è adatto per una protezione ma non per una misura di temperatura. All’aumentare della temperatura, quindi, la tensione sul partitore tra RNTC e la R36 aumenta; quando questa supera la tensione di zener Q11 si accende, Q10 si spegne e il cario si scollega. Il dimensionamento è basato sulla temperatura raggiunta dal dissipatore in condizioni di massima potenza, stimata a 90°C. Dai dati tecnici dell’NTC, a temperatura ambiente, B=4300K e RN=10k. Quindi: R90° = 10 ⋅ 10 e 3 1 ⎞ ⎛ 1 4300⋅⎜ − ⎟ 363 298 ⎠ ⎝ = 750Ω Come R36 si è scelto un trimmer da 10k posto a metà: R36=5k. Allora a 90°C si ha il partitore riportato in figura_. Si possono determinare le potenze che devono dissipare R36 e l’NTC: I= 35 = 6.1mA 5750 Figura 6.4 - Partitore di protezione termica a 90°C PNTC = R NTC ⋅ I 2 = 28mW PR 36 = R36 ⋅ I 2 = 185mW Sono valori accettabili. Capitolo 6:Progetto e Collaudo 44 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Si determina la Vx in modo da poter scegliere il diodo Zener: Vx = Vcc ⋅ R NTC = 30.4V R36 + R NTC Si è scelto un diodo zener da 30V. 6.5 Il PCB Di seguito sono riportati i piani del PCB dell’amplificatore audio di potenza progettati da noi con il Protel e realizzati presso una ditta esterna. Le dimensioni reali della basetta sono: h 12,6 cm l 16,3 cm 1. Top Layer Capitolo 6:Progetto e Collaudo 45 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio 2. Bottom Layer 3. Top Overlay Capitolo 6:Progetto e Collaudo 46 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio 6.6 Verifiche sperimentali sul progetto Le prove sperimentali sul progetto sono state effettuate su un carico resistivo da 4Ω 100W (Vedi figura 6.6.1) imponendo un segnale sinusoidale in ingresso di 2.48 Vpp e frequenza 1kHz. Figura 6.9 - Carico resistivo 4Ω 100W Figura 6.10 - Segnale di ingresso e di uscita analizzati con l'oscilloscopio Verificando il guadagno in queste condizioni si sono ottenuti approssimativamente i valori calcolati in fese di progettazione: Av = 30.27 V/V ; 29.62dB Capitolo 6:Progetto e Collaudo 47 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio La successiva verifica è stata fatta per determinare la banda passante dell’intero amplificatore, come da figura 6.6.3 Banda di frequenza 30 Guadagno [dB] 25 20 2.15Hz,23.4dB 15 65kHz,23.4dB 10 5 0 1 10 100 [Hz] 1000 10000 100000 Frequenza (log) Figura 6.11 - Banda passante dell'amplificatore rilevata sperimantalmente L’ultima verifica è stata la determinazione del rendimento nelle condizioni di cui sopra: ⎧ 1 Vo 2 = 82.56W ⎪ Po = ⋅ 2 RL ⎨ ⎪ Pcc = 129W ⎩ Capitolo 6:Progetto e Collaudo ⇒ η= Po = 0.64 Pcc 64% 48 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Figura 6.12 - Vista complessiva del prototipo dell'amplificatore Figura 6.13 - Particolare del dissipatore con ventola Capitolo 6:Progetto e Collaudo 49 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Della Grotta Federico Serapide Emilio Con riferimento allo schema elettrico di figura 6.1. si elencano i componenti utilizzati nella realizzazione del progetto dell’amplificatore audio: Q1, Q2, Q3, Q4, Q9 BC546B D1 Diodo LED verde Q10, Q11, Q12 BC546B D2 1N4148 Q5, Q6 MJE15035 D3 UF4002 Q7 MJE15034 D4, D5, D6, D7 1N4148 Q8 MJL21193 D8 Zener 30.1V Q13 TIP112 Q14 MJL21194 Q15, Q16 BC556B R1, R6 2,2 KΩ ¼ W C1, C3 4700µF 50V elettrolitico R2, R3, R8 560 Ω ¼ W C2, C4 47µF 50V elettrolitico R4 , R18 220 Ω ¼ W C5 4,7 µF 50V elettrolitico R5, R7, R10 22 KΩ ¼ W C6, C10 100 µF 63V elettrolitico R9, R11 1 KΩ ¼ W C7, C8, C11, C12 100 nF 100V poliestere R12, R17 3,3 KΩ ¼ W C13, C15, C18 100 nF 100V poliestere R13, R14 0,33 Ω 5 W C16 10 µF 100V poliestere R15 10 Ω 2 W C9 22 pF ceramico R16 47 Ω 2 W C14 10 pF ceramico R19,R24,R29 10kΩ ¼ W C17 47 pF ceramico R20, R21,R23,R26,R27 100kΩ ¼ W R22 47kΩ ¼ W R25,R30 Trimmer 10kΩ R28 4.7kΩ ¼W N° 1 Relè 12 V 2 scambi N° 2 Portafusibili da stampato N° 2 Fusibili 3 A Capitolo 6:Progetto e Collaudo 50 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 1:BC546 Della Grotta Federico Serapide Emilio 51 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 1:BC546 Della Grotta Federico Serapide Emilio 52 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 1:BC546 Della Grotta Federico Serapide Emilio 53 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 1:BC546 Della Grotta Federico Serapide Emilio 54 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 2: BC 556 Della Grotta Federico Serapide Emilio 55 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 2: BC 556 Della Grotta Federico Serapide Emilio 56 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 2: BC 556 Della Grotta Federico Serapide Emilio 57 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 2: BC 556 Della Grotta Federico Serapide Emilio 58 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 3:TIP 115/117 Della Grotta Federico Serapide Emilio 59 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 3:TIP 115/117 Della Grotta Federico Serapide Emilio 60 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 3:TIP 115/117 Della Grotta Federico Serapide Emilio 61 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 3:TIP 115/117 Della Grotta Federico Serapide Emilio 62 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 3:TIP 115/117 Della Grotta Federico Serapide Emilio 63 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 3:TIP 115/117 Della Grotta Federico Serapide Emilio 64 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 4: MJE 15034/MJE 15035 Della Grotta Federico Serapide Emilio 65 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 4: MJE 15034/MJE 15035 Della Grotta Federico Serapide Emilio 66 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 4: MJE 15034/MJE 15035 Della Grotta Federico Serapide Emilio 67 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 4: MJE 15034/MJE 15035 Della Grotta Federico Serapide Emilio 68 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 4: MJE 15034/MJE 15035 Della Grotta Federico Serapide Emilio 69 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 5: MJL 21193/MJL 21194 Della Grotta Federico Serapide Emilio 70 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 5: MJL 21193/MJL 21194 Della Grotta Federico Serapide Emilio 71 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 5: MJL 21193/MJL 21194 Della Grotta Federico Serapide Emilio 72 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 5: MJL 21193/MJL 21194 Della Grotta Federico Serapide Emilio 73 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 5: MJL 21193/MJL 21194 Della Grotta Federico Serapide Emilio 74 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 5: MJL 21193/MJL 21194 Della Grotta Federico Serapide Emilio 75 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 6: Dissipatore per TO 220 Della Grotta Federico Serapide Emilio 76 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 7: Dissipatore con ventola Della Grotta Federico Serapide Emilio 77 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 7: Dissipatore con ventola Della Grotta Federico Serapide Emilio 78 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 9: NTC Della Grotta Federico Serapide Emilio 79 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 9: NTC Della Grotta Federico Serapide Emilio 80 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 9: NTC Della Grotta Federico Serapide Emilio 81 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 9: NTC Della Grotta Federico Serapide Emilio 82 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 9: NTC Della Grotta Federico Serapide Emilio 83 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 9: NTC Della Grotta Federico Serapide Emilio 84 Laboratorio di Elettronica a.a. 2005-2006 Allegato 9: NTC Della Grotta Federico Serapide Emilio 85