PROBLEMATICHE CONTABILI, GESTIONALI E FISCALI DELLA GESTIONE DELLE SCORTE Sommario: 1. Introduzione – 2. Le diverse tipologie di scorte – 3. I costi di gestione delle scorte – 4. I metodi di controllo delle scorte: i sistemi pull e push – 5. La gestione delle scorte nella prospettiva finanziaria – 6. Conclusioni – Bibliografia. 1. INTRODUZIONE Il definitivo riconoscimento dell’importanza, nella gestione aziendale, delle problematiche rientranti nell’oggetto di studio della logistica (ad es., l’approvvigionamento di materie prime, la movimentazione dei materiali, la distribuzione fisica dei prodotti ecc.), ha determinato un notevole approfondimento sulla gestione delle scorte dell’impresa. In particolare, si è sempre più prestato attenzione alla ricerca ed alla sperimentazione di tecniche e modelli di gestione delle scorte che consentano di ottimizzare il binomio redditività – liquidità. Le politiche gestionali adottate in merito alle scorte, differenti a seconda del particolare settore (commerciale o industriale) in cui opera l’azienda, sono oggetto di approfondite valutazioni da parte del management e spesso rappresentano il risultato di processi decisionali influenzati da elementi spesso tra loro contrastanti: infatti, la gestione delle scorte comporta la necessità di soddisfare contemporaneamente esigenze tra loro contrastanti. Tra esse, sicuramente degne di menzione sono, in primo luogo, l’equilibro economico e finanziario della gestione, ma non meno importanti risultano essere altri aspetti, quali, ad esempio, la tempestiva ed efficace alimentazione dei processi produttivi e commerciali da un lato e la compressione dei costi dall’altro. Tali finalità, tra loro potenzialmente in contrasto1, possono essere conciliate con un’opportuna combinazione di metodologie specifiche, che consentono, allo stesso tempo, di operare in due direzioni: - la pianificazione degli approvvigionamenti sulla base di analisi statistiche e l’emissione di riordini a cadenza programmata, da un lato; - la gestione del magazzino in logica di flusso ed il costante controllo degli specifici indici gestionali (indici di rotazione, giacenza media delle scorte, ecc.) dall’altro. Una corretta politica delle scorte deve essere quindi finalizzata a garantire la continuità e la scorrevolezza ai processi tipici della gestione caratteristica (ovverosia di acquisto, di produzione e di vendita) e, allo stesso tempo, a conseguire il contenimento del relativo fabbisogno finanziario. Obiettivo del presente lavoro è offrire una prospettiva d’insieme delle problematiche connesse alla gestione delle scorte, evidenziandone i riflessi sul piano operativo ed economico-finanziario. 2. LE DIVERSE TIPOLOGIE DI SCORTE La gestione ottimale delle scorte di magazzino risulta essere particolarmente importante sia sul piano economico, con riferimento ai riflessi sul risultato operativo e sui correlati oneri finanziari, sia sul piano strettamente fmanziario, relativamente alla gestione del fabbisogno generato. A livello introduttivo, è opportuno premettere che gli impieghi di capitale in scorte di magazzino, insieme ai crediti di fornitura e, più in generale, a tutti i crediti a breve termine e alle scorte di tesoreria, costituiscono il cosiddetto “circolante lordo” o “capitale lordo d’esercizio” (espressione che rende il termine inglese “working capital”). Inoltre, le scorte si distinguono dagli investimenti in capitale Infatti, a livello teorico, mentre le funzioni di produzione e marketing spingono nella direzione di aumentare l’investimento in scorte, in modo da evitare interruzioni del processo produttivo e da non compromettere la tempestiva consegna dei prodotti ai clienti, il settore finanziario tende a comprimerne l’entità, onde evitare ulteriori oneri finanziari e costi di altra natura. 1 1 fisso (o “immobilizzazioni”), in quanto i primi sono investimenti “a breve ciclo di realizzo, mentre i secondi hanno un ciclo di realizzo di maggior durata”2. Fatte tali premesse, per meglio comprendere il senso della nostra disamina, è opportuno fare, a livello preliminare, una classificazione relativa alle scorte. I. In base alla destinazione funzionale, le scorte si possono distinguere in3: - materie prime: esse sono i fattori produttivi destinati alla trasformazione, che alimentano il processo produttivo. Ad esse vengono assimilati i cosiddetti “materiali ausiliari” (anche definiti come “materiali di consumo” o “ricambi”), che hanno una funzione accessoria e sussidiaria; - semilavorati (o “prodotti in corso di lavorazione”): trattasi di quei materiali che hanno subito una prima trasformazione, ma che non sono ancora ultimati; - prodotti finiti: sono quei beni che, concluso il processo di trasformazione, sono pronti per la vendita. La suddetta classificazione, rispondente alla collocazione dei materiali lungo il processo produttivo, riflette la suddivisione delle scorte che è possibile trovare nel c.c.4: essa ha il pregio di mettere in evidenza la creazione del valore aggiunto incorporato dai materiali. La gestione delle scorte di materie prime, semilavorati e prodotti finiti può avvenire internamente all’azienda o presso magazzini esterni, pubblici o di terzi. I magazzini di proprietà, ubicati presso lo stabilimento, sono solitamente allocati per le materie prime all’inizio del processo produttivo e per i prodotti finiti. Nei magazzini esterni, invece, vengono stoccate le materie prime o i prodotti finiti, in attesa del loro utilizzo o ritiro. Spesso, all’interno di tali magazzini, vengono anche svolte operazioni di material bandling, consistenti nella realizzazione di carichi unitari o nella movimentazione verso gli stabilimenti produttivi o i clienti5. II. Sulla base delle motivazioni che spingono il management alla loro costituzione e al loro mantenimento, nonché sulla scorta delle funzioni di volta in volta da esse svolte, le scorte possono inoltre essere suddivise in6: - scorte di routine: esse servono, essenzialmente, per ridurre gli effetti dei diversi tempi che caratterizzano le molteplici fasi del processo di acquisizione, trasformazione e distribuzione delle scorte. Tali tipi di scorte vengono costituite per “ammortizzare” i tempi di riordino7 – alle volte anche abbastanza lunghi – all’interno di un dato processo produttivo8; - scorte di sicurezza: il loro scopo è quello di neutralizzare gli effetti derivanti da eventuali errori di previsione. Qualora l’andamento della domanda sia discontinuo, può essere opportuno avere, oltre a scorte di routine, anche le cosiddette “scorte di sicurezza”, le quali garantiscono l’ininterrotto svolgimento delle operazioni, mettendo l’azienda al sicuro da eventuali inconvenienti come, ad esempio, ritardi nell’approvvigionamento di materie prime, scioperi di trasportatori o di stabilimenti fornitori di semilavorati, imprevisti guasti alle apparecchiature, e via di seguito. L’entità di questo stock dipende da una serie di fattori: - innanzi tutto, un ruolo fondamentale è rappresentato dalle previsioni riguardanti l’andamento dei consumi e della domanda: tali stime devono essere altamente accurate, in quanto eventuali errori, magari causati da una non approfondita conoscenza delle tecniche utilizzate, ovvero da metodologie G. Ferrero, Finanza aziendale, Giuffré, Milano, 1981, pp. 275 ss.. Cfr. A. Grando, La gestione delle scorte, in AA. VV. (a cura di G. Brugger), La gestione del capitale circolante, Egea. Milano, 1991. 4 V. la classificazione proposta dall’art. 2425 c.c. in tema di Stato Patrimoniale. 5 M. Saita, Economia e strategia aziendale, Giuffré, Milano, 2000. 6 L. Brusa – L. Zamprogna, Finanza d’impresa: Logiche e strumenti di gestione finanziaria, Etas Libri, Milano, 1997. 7 Il “tempo di riordino” (o lead time, per usare un’espressione cara alla dottrina anglosassone) è “l’intervallo di tempo tra il momento in cui si avverte la necessità di ricostituire le scorte ed il ricevimento delle stesse nel magazzino (inclusa la movimentazione e sistemazione interna necessaria perché siano disponibili alla vendita) ed è formato, perciò, dal tempo di emissione, trasmissione, esecuzione dell’ordine, di trasporto e ricevimento della merce”: cfr. M. Scicutella, La gestione d’impresa. Tra innovazione tecnologica e flessibilità organizzativa, Cacucci, Bari, 1999, p. 322. 8 “Tali scorte … consentono di superare i punti morti e le inerzie riscontrabili in alcune fasi del processo di lavorazione, poiché permettono di attutire la variabilità interna o esterna dell’azienda”; inoltre … “possono essere utilizzate per fronteggiare ogni eventuale distonia del sistema”: cfr. A. Grando, La gestione delle scorte, op. cit., pp. 32 ss.. 2 3 2 improprie, porterebbero ad un comportamento non rispondente alla situazione effettiva e, pertanto, foriero di eventuali complicazioni9; - altro aspetto da valutare correttamente è il grado di rischio10 di mancanza che l’azienda è in grado di sopportare (cosiddetto livello di servizio)11. Essendo praticamente impossibile ottenere condizioni di certezza in un qualsiasi processo produttivo, sarà pertanto opportuno vagliare attentamente, in relazione ad ogni possibile rischio, quale peso percentuale sia sopportabile dal comparto produttivo, senza che si riportino eccessivi danni; - scorte speculative: queste, invece, sono necessarie per cogliere occasioni di mercato. Trattasi, in altre parole, di investimenti effettuati sulla base di valutazioni economiche concernenti l’opportunità di ottenere vantaggi dalla dinamica dei prezzi. La costituzione di scorte speculative può riguardare indifferentemente sia le materie prime che i prodotti finiti. Dal punto di vista finanziario, tale tipologia di giacenze, “pur non presentando i caratteri dell’investimento in capitale fisso, non costituisce un investimento a breve ciclo di realizzo, in quanto è strettamente riconducibile a scelte di breve periodo di natura episodica”12. III. In base alle modalità di disinvestimento, le scorte possono suddividersi in13: a. scorte a modalità di realizzo diretto: trattasi delle scorte destinate, per la loro funzione economica, al mercato di sbocco. Questo è, ad esempio, il caso dei prodotti finiti; b. scorte a modalità di realizzo indiretto: in questo caso, invece, trattasi delle scorte impiegate come mezzi di produzione (ad esempio, materie prime e prodotti in corso di lavorazione). Tenendo presente le suddette considerazioni, possiamo affermare che, da un punto di vista economico – finanziario, “le giacenze rappresentano un impiego di capitale il cui ciclo finanziario comincia nel momento in cui vengono pagati gli approvvigionamenti di materie prime e finisce nel momento in cui si incassano i proventi delle vendite dei prodotti finiti ottenuti con l’impiego delle medesime materie”14. 3. I COSTI DI GESTIONE DELLE SCORTE Analizziamo adesso gli elementi che influiscono, in misura significativa, sulle scelte relative alle dimensioni ed ai tempi di riordino delle scorte: ci riferiamo, in particolare, ai costi di gestione collegati alla problematica oggetto del presente lavoro A tale proposito, è possibile distinguere le seguenti tre diverse tipologie: - costi di approvvigionamento (o “costi di emissione dell’ordine”): questi, altresì identificati con il termine di costi di ordinazione (o costi di alimentazione) rappresentano quei costi che l’azienda sostiene nelle diverse fasi di emissione e di gestione dell’ordine (ad esempio, spese postali e telefoniche, di fatturazione e scrittura, ecc.), di accettazione e controllo delle merci (ad esempio, spese di spedizione, registrazione, controllo della qualità, ecc.), di trasporto, e via di seguito; - costi di mantenimento (o “costi di conservazione delle scorte”): trattasi dei costi dei mezzi finanziari impiegati nel magazzino, dei costi derivanti dal trattamento dei materiali, dei costi sostenuti per sistemi di sicurezza e di prevenzione e per assicurazione, dei costi connessi ai rischi di calo, deterioramento fisico ed economico, furti, sprechi, e via di seguito. Sono da valutare secondo il Cfr. L. Brusa – L. Zamprogna, Finanza d’impresa: Logiche e strumenti di gestione finanziaria, op. cit., pp. 212. Per una più ampia trattazione sul rischio e sul suo grado di sopportabilità si rimanda, tra gli altri, a: D. Lamanna Di Salvo, L’influenza del fattore “rischio” nella gestione aziendale, Editrice UNI Service, Trento, 2004. 11 Cfr. A. Grando, La gestione delle scorte, op. cit., pp. 67 ss.. 12 Si rimanda, per ulteriori approfondimenti sul punto, anche a: M. Cattaneo, La gestione del capitale circolante, Isedi, Torino, 1987; G. De Witt, La gestione delle scorte, Franco Angeli, Milano, 1982; L. Guatri (a cura di), Trattato di economia delle aziende industriali, Egea, Milano, 1987; G. Pelicelli, Le scorte nell’economia e nelle determinazioni quantitative d’impresa, Giuffré, Milano, 1968; G. Urgeletti Tinarelli, La gestione delle scorte, Etas Libri, Milano, 1981. 13 Così G. Ferrero, Finanza aziendale, op. cit., pp. 275 ss.. 14 G. Ferrero, Finanza aziendale, op. cit., p. 279. 9 10 3 rapporto “costo-opportunità”, in quanto l’azienda ha utilizzato capitali che avrebbe potuto investire altrove15; - costi di esaurimento delle scorte (o “costi di rottura di stock”): sono quelli che l’azienda sostiene quando si verifica una mancata vendita a causa. della carenza o dell’esaurimento delle scorte sia nei prodotti finiti sia nella materia prima. Nel caso di scorte di materie prime o semilavorati, la rottura dello stock può causare la fermata degli impianti e lunghi tempi di attesa, mentre nel caso di prodotti finiti, i costi per l’azienda sono rappresentati dalla perdita (momentanea o definitiva) del cliente e dal conseguente deterioramento dell’immagine aziendale16. 4. I METODI DI CONTROLLO DELLE SCORTE: I SISTEMI PULL E PUSH Ai fini di ottimizzare il rapporto tra i costi di gestione delle scorte ed il livello di servizio che si intende offrire al cliente, l’azienda è obbligata a perseguire contemporaneamente obiettivi tra loro contrastanti, tra i quali meritano di essere ricordati: - il cosiddetto “obiettivo produttivo”: consiste nel garantire la continuità e la regolarità del flusso dei materiali; - il cosiddetto “obiettivo finanziario”: esso si prefigge di mantenere bassi i volumi e i tempi di giacenza delle scorte; - il cosiddetto “obiettivo economico”: consiste nell’impegnare al minimo gli spazi e le risorse addette alla movimentazione. In quest’ottica, le scelte relative ai quesiti su quando e quanto produrre e acquistare sono differenti, a seconda che avvengano in condizioni di certezza o di incertezza. Nel primo caso, lo strumento più utilizzato per la ricerca della quantità a cui è associato il minimo impiego di risorse finanziarie è il cosiddetto “modello di Wilson” (o “modello del lotto economico di approvvigionamento”, in inglese Economic Order Quantity). Tale modello, che consente di determinare il lotto ottimale d’acquisto, si fonda su alcune ipotesi semplificatrici: a. la domanda deve essere prevedibile e costante nel tempo; b. il costo di acquisto o di produzione deve essere costante; c. la consegna delle scorte deve avvenire in un’unica soluzione; d. il lead time di approvvigionamento deve essere noto e costante, Indicando con D la domanda complessiva del periodo preso in considerazione, con O il costo di ordinazione unitario e con C il costo di mantenimento di un'unità a scorta per un anno, il lotto economico di approvvigionamento Q è dato dalla seguente formula: Q = 2D ×O / C La validità di tale formula è ovviamente inficiata dal fatto che, nella realtà operativa, tali assunti sono di difficile riscontro. Per questo motivo, anche a seguito delle innovazioni gestionali ed organizzative degli ultimi anni, si sono elaborati in dottrina diversi modelli di gestione impiegabili nell’attività di controllo e di ripristino delle scorte. I sistemi gestionali a cui fanno riferimento, comunque, tutti i modelli sono: - il “sistema push” (o “sistema del looking-back”): tale procedura si basa sulla constatazione che l’attività di ogni fase del ciclo produttivo è condizionata dall’output della fase precedente, per cui l’attività produttiva viene “trainata” dalla programmazione della produzione alla consegna al cliente finale, attraverso tutta la filiera produttiva; Secondo Scicutella, “nel calcolo del potenziale rendimento del capitale impiegato nella costituzione delle scorte, la ricerca del tasso da applicare si rivela abbastanza complessa”: cfr. M. Scicutella, La gestione d’impresa. Tra innovazione tecnologica e flessibilità organizzativa, op. cit., p. 315. 16 Si rimanda, per maggiori dettagli sull’argomento a: R. Castagna – A. Roversi, Sistemi produttivi, Isedi, 1990. 15 4 - il “sistema pull” (o “sistema del looking-ahead”): in esso è il mercato che tira la produzione. Di conseguenza, gli output di ogni fase sono perfettamente calibrati in relazione alle richieste della fase successiva, in quanto l’ordine di approvvigionamento viene lanciato solo quando c’è la necessità di ricostituire le scorte in via di esaurimento. I metodi di controllo basati su tale sistema molto utilizzati in passato,, sogliono distinguersi in due diversi sotto – sistemi: . i sistemi di controllo continuo: essi si basano sul concetto di lotto economico di approvvigionamento. L’ordine di ricostituzione delle scorte viene emesso dall’azienda in quantità fissa, quando viene raggiunto il livello di riordino. Poiché l’intervallo di tempo tra le diverse emissioni di ordini è variabile, si rendono in tal caso necessari dei controlli continui sulle scorte, il che, ad onor del vero, evidenzia alcuni inconvenienti: a titolo di esempio, basterà in tal sede ricordare “la relativa immobilità nel tempo del punto di riordino, la vulnerabilità del metodo di fronte a tali ritardi, errori ed omissioni nelle registrazioni da parte degli addetti, nonché i più alti costi di trasporto e di rifornimento conseguenti a numerosi ordini non concentrati”17, e via di seguito; . i sistemi di controllo periodico (o sistemi a cicli di riordino fissi): essi si caratterizzano per la particolarità che gli ordini per la ricostituzione delle scorte sono emessi ad intervalli di tempo regolari (ad esempio, ogni settimana, ogni quindici giorni, ecc.). La quantità di tali ordini è invece variabile, a seconda delle variazioni registrate nella domanda e nell’impiego dei materiali in questione. In questi sistemi, dunque, contrariamente ai precedenti, l’intervallo di riordino è fisso, mentre la quantità da ordinare è variabile ed è pari alla differenza tra il livello massimo di scorte previsto e quello esistente al momento del controllo. Oggigiorno, grazie alle innovazioni tecnologiche ed informatiche, l’attrattività di tale metodologia è però di gran lunga scemata. Schematicamente, possiamo rappresentare tali sistemi nella figura qui di seguito riportata (Fig. 1): Quantità Livello sicurezza di Tempo Fig. 1: Rappresentazione grafica dei sistemi a cicli di riordino fisso18 Tra i metodi di controllo delle giacenze, basati su criteri di tipo push, un ruolo fondamentale svolge la pianificazione dei fabbisogni di materiali o “MRP” (abbreviazione dei termini anglosassoni Materials Requirements Planning). Si tratta di un sistema che, con l’ausilio dei computer, “utilizzando la distinta base, il piano di produzione, la situazione di magazzino e gli ordini aperti calcola il fabbisogno di materiali e propone il rilascio di ordini di ripristino scorte”19. Il funzionamento di tale metodo si basa M. Scicutella, La gestione d’impresa. Tra innovazione tecnologica e flessibilità organizzativa, op. cit., pp. 332 ss.. Tratto da F. Carabellese, La gestione delle scorte nell’economia dell’impresa, in Economia e Commercio, Alecub, 2001, n. 2. 19 R. Castagna – A. Roversi, Sistemi produttivi, op. cit., p. 135. 17 18 5 sul calcolo dei fabbisogni di scorte ad ogni livello del processo di trasformazione, partendo dalla programmazione dei prodotti finiti, arretrando, sino a giungere al livello di massima scomposizione, mediante l’utilizzo dei dati che sono raccolti nella distinta base. Ai fini di un corretto utilizzo del sistema, è necessario che venga verificata continuamente la validità delle seguenti informazioni: - il piano di produzione del prodotto finale, il quale è, in buona sostanza, l’input informativo da cui dipendono tutte le decisioni successive; - la distinta base, che deve essere dettagliata per ogni prodotto e per ogni modello offerto sul mercato; - il livello attuale delle scorte di ogni componente; - il tempo di approvvigionamento o di produzione; - il programma di assemblaggio, che permette di stabilire l’esatto momento in cui una determinata voce deve essere disponibile per non compromettere il piano di produzione; - il lancio in ordine ai singoli centri di produzione; - i costi standard, utilizzati per il calcolo del capitale circolante investito in scorte e il costo industriale di eventuali modifiche del prodotto. L’aggiornamento di tutte queste informazioni può essere: - continuo: in tal caso l’intervento avviene ogni volta solo su una serie di dati storici. In questo modo è possibile seguire l’evoluzione di un file specifico, comprendendo così se gli aggiornamenti si sono resi necessari a livello di emissione ordini, scorte disponibili, quantitativi in ordine o altro. È una soluzione che assorbe molta memoria del calcolatore, ma che dimostra indubbi vantaggi. Per attuarla, devono essere immessi nel computer tutti i preventivi e i consuntivi attinenti alla gestione, e devono essere in qualche modo confrontati tra loro, così da mettere alla luce gli scostamenti; - periodico: in tal caso, si suol dire che il sistema viene, per così dire, “rigenerato”, in quanto tutti gli aggiornamenti avvengono contemporaneamente. Questa soluzione consente dei risparmi di spazio nella memoria del calcolatore, ma soffre dei rischi tipici di ogni aggiornamento che rischia di essere tardivo. In ogni caso, attraverso l’analisi di questi scostamenti, si può procedere alle correzioni dell’intero programma. L’adozione di un sistema MRP, pur comportando un notevole impegno di risorse organizzative, presenta diversi pregi, in quanto consente l’elaborazione di scelte basate su dati oggettivi, utili per la definizione della capacità produttiva e dei fabbisogni di risorse, sia in termini di manodopera sia in termini di materiali, con conseguente riduzione delle scorte. Integrando la pianificazione della produzione del sistema MRP con altri dati relativi a tutte le risorse produttive impiegate nel processo di trasformazione ( e cioè “ampliando l’integrazione ed estendendola dalla funzione produzione alla finanza, al controllo di gestione, al personale, all’ingegneria e al marketing”20) ci si può poi servire di sistemi più complessi e articolati quali, ad esempio, l’MRP II (o Manifacturing Resources Planning), il quale consente di effettuare la programmazione dell’insieme delle risorse e dei fattori di produzione. In contrapposizione ai sistemi push, in cui la produzione è spinta in base ad un piano già formulato in anticipo e suddiviso per intervalli temporali, si pone la politica delle scorte del Just in time, una delle maggiori innovazioni introdotte dalle imprese giapponesi. Tale metodologia, inizialmente sviluppata nel settore della cantieristica navale e successivamente perfezionata in altri settori (come, ad esempio, quello automobilistico), pur mirando a raggiungere l’obiettivo delle scorte zero, garantisce il contenimento delle giacenze di magazzino, in tutte le fasi del processo di lavorazione. Tale sistema, spesso abbinato ai concetti di lean production (o produzione snella) e di Total Quality Control, presuppone un notevole coinvolgimento dei fornitori e dei dipendenti, in quanto deve consentire di portare a termine il ciclo di produzione in situazione di quasi totale mancanza di scorte. Con la politica del Just in tirne vengono praticamente a scomparire non solo le scorte di sicurezza, ma anche le scorte operative. Il contenimento delle scorte di materie prime, semilavorati e prodotti finiti viene, in alcuni casi, portato all’estremo, attuando la cosiddetta “politica delle scorte zero”, in cui i 20 R. Castagna – A. Roversi, Sistemi produttivi, op. cit., p. 136. 6 materiali arrivano praticamente sul luogo di produzione. Il funzionamento del sistema viene assicurato dall’utilizzo di cartellini di due tipi21: - cartellini di movimentazione: essi servono per il trasferimento dei pezzi collocati in un contenitore standard dal magazzino all’uscita di una stazione di lavoro a quello in entrata successiva; - cartellini di produzione: essi, invece, servono per la sostituzione di un contenitore standard di pezzi in via di esaurimento con un contenitore dello stesso tipo collocato a monte del centro di lavoro. Le politiche di gestione delle scorte, qualunque sia il modello prescelto, presentano vantaggi e criticità e, per questo motivo, nella pratica aziendale sono frequentemente utilizzate in modo congiunto. Non di rado, infatti, il sistema di pianificazione dei fabbisogni di materiali viene adoperato per la gestione degli approvvigionamenti, mentre il sistema Just in Time è utilizzato nella gestione dei flussi di produzione. 5. LA GESTIONE DELLE SCORTE NELLA PROSPETTIVA FINANZIARIA È stato già messo in evidenza, in precedenza, che le scorte rappresentano, dal punto di vista finanziario, un investimento di capitale e che, ai fini di una loro corretta gestione, è indispensabile valutare con attenzione sia il costo per l’approvvigionamento delle materie prime (ovvero quello per la produzione dei beni) che il relativo tempo di giacenza. Alla luce di queste due imprescindibili variabili, risulta ovvio che l’ammontare dell’investimento in scorte non può essere scelto liberamente dall’azienda; per tale ragione, allo scopo di liberare risorse finanziarie dalla gestione delle scorte, si può quindi operare in due direzioni: 1. aumentando le frequenze di ordinazione e riducendo il lotto medio di acquisto e, quindi, la scorta media. Tale alternativa, tuttavia, comporta necessariamente un aumento complessivo dei costi; 2. riducendo l’ammontare delle scorte di sicurezza: tale soluzione determina una contrazione del livello di servizio, con una prevedibile, ma difficilmente quantificabile, perdita di fatturato. Nell’efficiente allocazione di risorse finanziarie, andrà pertanto prestata la dovuta attenzione nel confronto dei maggiori oneri con i maggiori proventi derivanti dall’investimento alternativo a quello in scorte. Nel caso in cui il risultato ottenuto dalla somma algebrica delle due componenti sia positivo, l’operazione risulta conveniente. A questo proposito, va comunque tenuto presente che, con riguardo alle decisioni di investimento in scorte, bisogna valutare con attenzione gli effetti derivanti dall’utilizzo di un criterio di determinazione del costo piuttosto che un altro. La materia è regolata, in ambito civilistico, dall’art. 2426 c.c. , come pure dai dettami del Principio Contabile n. 13; invece, per quanto concerne la legislazione fiscale, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, giocano un ruolo fondamentale in materia gli artt. 92, 93 e 110 TUIR. A livello generale, possiamo dire che le rimanenze vengono iscritte in bilancio al minor valore tra il costo di acquisto o di produzione ed il valore di realizzazione, desumibile dall’andamento del mercato. Se questa è la regola generale, sia il legislatore civilistico che quello fiscale non dimentica di prescrivere altri possibili metodi, tenendo conto della più che ovvia difficoltà di identificare con esattezza il costo storico per particolari tipi di beni, tra cui spicca, senza ombra di dubbio, la categoria dei cosiddetti “beni fungibili” (ad esempio, olio, semi, penne a biro, e via di seguito). Per tali tipi di merci sono espressamente previsti altri criteri di valutazione: il costo medio ponderato, il FIFO (abbreviazione dell’espressione inglese “First in, first out”), il LIFO (abbreviazione dell’espressione inglese Last in, first out) ed altri ancora22. Gli strumenti più utilizzati per il controllo gestionale delle scorte sono quelli derivanti dalle analisi di bilancio. Gli indici utilizzati per il controllo delle giacenze possono, però, condurre ad errate valutazioni, in quanto, nella loro determinazione, vengono spesso sommate giacenze di magazzino caratterizzate da un elevato grado di eterogeneità, sia con riferimento alla loro destinazione funzionale, Cfr. A. Grando, La gestione delle scorte, op. cit., p. 82. Per una panoramica sui criteri di valutazione civilistica e fiscale si rimanda, tra gli altri, a: D. Lamanna Di Salvo, Aspetti giuridici e contabili della valutazione delle rimanenze, Editrice UNI – Service, Trento, 2004. 21 22 7 sia dal punto di vista della loro classe merceologica di appartenenza. In ogni caso, tra questi, quelli maggiormente adoperati nelle valutazioni economico – finanziarie delle giacenze sono: - l’indice di rotazione delle scorte: esso esprime il numero di volte in cui, nel periodo preso in considerazione, la giacenza media si ricostituisce, con riferimento al livello delle vendite; - il periodo medio di copertura del magazzino: esso, invece, rappresenta il numero di giorni di copertura assicurato dalle giacenze e, quindi, la durata dell’investimento nel magazzino ed il relativo ciclo economico. 6. CONCLUSIONI Dalle considerazioni fin qui svolte emerge con chiarezza la necessità di monitorare costantemente tutte le fasi del processo di lavorazione, secondo un’impostazione logistica integrata. L’accumulazione di scorte oltre il livello prestabilito è spesso il frutto di errate scelte nelle modalità del rapporto con i fornitori, con il mercato e nelle caratteristiche del processo di trasformazione o nelle particolarità del prodotto. Pertanto, “un efficace controllo delle scorte non può essere separato da un’attenta osservazione delle modalità di svolgimento dell’intero processo di acquisizione, trasformazione e vendita, assumendo, in questa maniera, i connotati del controllo industriale”23. Come giustamente sottolineato in dottrina, “l’integrazione è importante perché, in un insieme di attività separate, spesso si esercita un'influenza reciproca. Una linea di produzione con alti livelli di differenziazione dei prodotti ha più valore se combinata con un sistema di gestione delle scorte e degli ordini che riduce al minimo la necessità di conservare in magazzino i prodotti finiti, un processo di vendita in grado di spiegare e sollecitare la personalizzazione e una campagna pubblicitaria che enfatizzi i benefici della diversificazione del prodotto che può soddisfare i bisogni specifici di un singolo cliente”24. La politica delle scorte ottimali, pertanto, non va inquadrata solamente nell’ottica riduttiva di un’aziendalista o di un fiscalista: al contrario, essa deve svolgersi in maniera “globale”, in ogni singola fase del processo, in quanto solo mediante tale accurato controllo è possibile conseguire significativi e duraturi miglioramenti nella gestione delle giacenze. Domenico Lamanna Di Salvo Dottore Commercialista – Revisore Contabile Docente presso la Libera Università di Bolzano 23 24 A. Grando, La gestione delle scorte, op. cit., p. 107. M. E. Porter, What is strategy?, in Harward Business Review, traduzione italiana, n. 4/1997, p. 14. 8 BIBLIOGRAFIA Airoldi G. – Brunettti G. – Coda V., Economia aziendale, Il Mulino, Bologna, 1994. Bianchi C., La logistica in economia aziendale, Giuffrè, Milano, 1985. Brusa L. - Zampogna L., Finanza d’impresa: Logiche e strumenti di gestione finanziaria, Etas Libri, Milano, 1997. 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