Dall’apprendimento significativo alla valutazione autentica
I.S. “Novelli” – Marcianise – Caserta
D.S. Emma Marchitto
A cura di Maria Cristina Campofreda
Il processo formativo deve essere unitario ed integrato e deve coinvolgere nel contempo sia aspetti
cognitivi- intellettivi che socio- affettivi. La formazione cognitiva fa riferimento ai processi di
costruzione del pensiero e delle capacità cognitive: percettivo- motorie, linguistiche, logiche,
inventive e fantastiche.
Utilizzando, infatti, le motivazioni primarie di sviluppo della dimensione cognitiva (le tensioni
esplorative e investigative e quelle costruttive e immaginative) la formazione deve poter garantire a
tutti, nel rispetto delle specifiche diversità, la possibilità di dotarsi, e attrezzarsi di tutti gli strumenti
del sapere (in termini di concetti e di strategie di pensiero) necessari per operare in una società di
conoscenze plurime e disporre così di autonome chiavi di lettura della realtà. Bisogna strutturare un
percorso formativo che a partire dall’ infanzia sia in grado di sviluppare competenze apprenditive
di tipo primario (il memorizzare, ed eseguire procedimenti elementari automatizzati) di tipo
intermedio (saper comprendere e applicare le informazioni raccolte) di tipo convergente (analisi e
sintesi) e divergente (di intuizione e di invenzione). Solo così si possono promuovere la pluralità
delle forme in cui l’ intelligenze di manifesta, dall’intelligenza linguistica, musicale, logico
matematica, spaziale, corporeo cinetica a quella sociale, valorizzando le differenze individuali. Ma
il processo unitario non avviene se non si tende a formare sul piano socio affettivo una personalità
emotivamente equilibrata e socialmente autonoma e responsabile. Diventa così necessario
sviluppare la pratica del confronto e della cooperazione , dell’essere capaci di “andare verso gli
altri” , nel rispetto della molteplicità delle culture, dei valori e delle aspirazioni esistenziali.
L’autonomia intellettuale e l’autonomia emotiva –affettiva diventano gli obiettivi fondamentali di
un processo di formazione che si estende per tutto il corso della vita e rimane permanentemente
aperto ad una molteplicità di stimoli esterni(istituzionali e non) Infatti a questa pluralità
formativa(cognitiva, socio-affettiva-etico-sociale)corrisponde una pluralità di sedi di formazione
(formale, informale e non formale)che concorrono ad organizzare l’intero percorso di
apprendimento.
“ Non avevo alcuna curiosità intellettuale in fatto di scuola e cercavo di fare solo quello che mi si
chiedeva di fare, anche se la cosa non era sempre facile perché nella maggior parte dei casi non era
chiaro cosa si volesse da me”
Questa frase tratta dal testo autobiografico di Bruner evidenzia come la maggior parte delle cose
imparate a scuola non trovano alcuna corrispondenza nei rispettivi interessi personali degli alunni.
Così la scuola si riduce spesso a uno sterile tentativo di fare apprendere nozioni prive di qualsiasi
significato. Un apprendimento di questo tipo chiama in causa solo la mente o come dice Rogers
coinvolge l’individuo ,esclusivamente “dal collo in su”. Esso infatti non tiene conto di sentimenti o
significati personali, non investe cioè l’intera personalità degli allievi. Bisogna tendere , quindi, ad
un apprendimento significativo, basato sull’esperienze e capace di destare gli interessi vitali del
soggetto che apprende. Marshall McLuhan fornisce un esempio di un bambino di cinque anni che
portato in un paese straniero e lasciato giocare liberamente con i suoi nuovi compagni, in pochi
mesi, impara la nuova lingua malgrado l’assoluta ignoranza grammaticale .Invece se qualcuno
volesse istruire lo stesso bambino nelle nuova lingua l’apprendimento verrebbe fortemente
rallentato o persino bloccato. Ciò dovrebbe far capire che il bambino posto in condizione di
“doversela cavare da solo” apprende rapidamente ciò che deve imparare perché soddisfa
direttamente le sue esigenze concrete. Tutti gli apprendimenti dovrebbero essere significativi e
basati sulle esperienze riprendendo Rogers devono:
- coinvolgere globalmente la personalità dell’allievo, sia sul piano conoscitivo che affettivo
emotivo
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-
essere automotivanti
contribuire a modificare il comportamento e talvolta la personalità dell’allievo
essere valutati direttamente dall’allievo, il quale sa se ciò che sta apprendendo soddisfa le
sue esigenze se serve a colmare ciò che vuole conoscere. Tale apprendimento è significativo
perché acquista significato per il soggetto che apprende, integrandosi perfettamente nel
quadro complessivo delle sue esperienze e dei suoi interessi. La scuola oggi, soprattutto a
livello di istruzione superiore, non favorisce questo tipo di apprendimento, basandosi su uno
schema che adotta un indirizzo di studio prefabbricato, uno stesso tipo di prestazione
richiesto a tutti gli allievi indistintamente, lezioni di tipo tradizionale, criteri standardizzati
di valutazione degli studenti, assegnazione di voti e giudizi indicativi per i successivi livelli
di apprendimento e l’insindacabilità di tali giudizi. Già Dewey esaltando l’importanza
dell’esperienza diretta come condizione di ogni apprendimento, ha evidenziato alcune
modalità negative con cui l’insegnante spesso tende a plasmare l’apprendimento degli
studenti. “ La maggior parte delle persone è del tutto inconsapevole delle caratteristiche
peculiari che distinguono i propri abiti mentali. Esse assumono per buone le proprie
operazioni mentali ed inconsciamente ne fanno un criterio di giudizio del processo mentale
degli altri. Di qui la tendenza ad incoraggiare quello che negli scolari si accorda con questa
attitudine e a trascurare o mancare di comprendere, tutto ciò che non vi si conforma”.
La critica radicale della vecchia scuola contenutistica ha provocato un dibattito sul valore e
l’estensione dei contenuti e sui criteri per la loro selezione. Uno dei criteri (al di là della
congruenza fra essi e i livelli di modalità di apprendimento degli alunni) è quello della
produttività. Occorre quindi individuare contenuti che devono legarsi ad apprendimenti
utilizzabili in situazioni ulteriori, quindi degli “alfabeti”. Secondo Frabboni “ compito della
scuola è quello di insegnare ad apprendere e molto meno quello di informare”. Il criterio della
produttività non appare sufficiente poiché mancano criteri per individuare i contenuti
“produttivi”. La ricerca epistemologica sulle discipline e le modalità di conoscenza umana non
sono ancora pienamente sviluppate. Alcuni iniziali tentativi , forse, si possono ritrovare in O.
Decroly, individuando in ciascuna disciplina i contenuti portanti in relazione alla specificità del
suo contributo all’esperienza “fondamentale”. Più diffusi sono gli approcci che hanno
privilegiato lo studio autonomo di ogni disciplina per giungere alla definizione di quei “nuclei
fondanti” il cui insegnamento produce il possesso “competente”(e quindi produttivo) della
disciplina stessa. L’ipotesi di un approccio alle discipline di studio in grado di selezionare i
contenuti sulla base dell’individuazione di strutture concettuali produttive ha portato con sé ,
negli anni sessanta allo strutturalismo pedagogico. Per Bruner e Schwab esistono procedure
oggettive per individuare le strutture delle discipline di studio e per organizzare i contenuti in
una forma coerente con le strutture dell’apprendimento umano. Anche questo punto di vista non
è stato esente da critiche per la mancanza di accordo con le strutture di prestazioni tipo
creativo- inventivo. Resta comunque significativo il fatto che le discipline scientifiche sono
sistemi di teorie e strutture caratterizzati da metodi di ricerca e da linguaggi specifici con cui
costruiscono modelli della realtà. Le discipline di studio rappresentano l’inserimento di una
disciplina scientifica nei processi di insegnamento-apprendimento secondo una direzione che
privilegia : le strutture, le procedure e i linguaggi. Un altro approccio per la selezione dei
contenuti è dato dalle mappe concettuali, ogni disciplina , infatti, ha la possibilità di collegarsi a
un determinato “territorio” di fenomeni attraverso varie mappe piuttosto che mediante un’unica
struttura.
Così è importante tener presente in una programmazione didattica la selezione di “mappe” più
congeniali ad un determinato percorso di apprendimento(programmazione per concetti). Tale
approccio valorizza le possibilità di interazione, scambio e sovrapposizione tra le discipline. Nel
favorire il raggruppamento dei contenuti in aree o assi come ambiti di esperienza da cui
emergeranno progressivamente le discipline e le loro strutture interdisciplinari, è importante
ricordare che nella selezione dei contenuti bisogna garantire il rispetto delle differenze: di stile
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cognitivo, di genere, di appartenenza, per garantire lo sviluppo di un pluralismo esteso di una
società interculturale. Frabboni integra gli apporti delle teorie dell’apprendimento di marca
comportamentista, strutturalista e piagetiana, attraverso un edificio tassonomico che prevede tre
repertori di “competenze”: monocognitive (piano basso) generatore di “condotte” disciplinari in
termini di conoscenze e di linguaggi; il repertorio metacognitivo (piano di mezzo) generatore di
“padronanze” disciplinari i termini di processi logici e metodologici; il campo fantacognitivo
(l’attico) generatore di “capacità” disciplinari in termini di abilità euristiche ed estetiche.
Quest’ultimo prevede , infatti, prestazioni convergenti (saper ragionare) e divergenti ( saper
inventare) Il versante della divergenza il cui obiettivo è quello di abilitare l’alunno a saper
trovare svariate soluzioni per uno stesso problema aspira ad un altro tandem di competenze
cognitive: l’intuire e l’inventare. La recente psicopedagogia è fortemente critica verso la
proposta dei modelli sequenziali dell’apprendimento che da Bloom a Gagnè hanno valorizzato
le tassonomie; essi sono ritenuti sostanzialmente carenti nei confronti dei processi discontinui e
delle competenze metacognitive che si attivano durante l’apprendimento. Le scuole sono state,
perlopiù,uniformi nel senso che da un lato hanno insegnato gli stessi contenuti, nello stesso
modo, a tutti gli alunni, e dall’altro, hanno sempre valutato gli studenti nello stesso modo.
Questa procedura apparentemente democratica dava l’illusione dell’equità ma solo per una
fascia di studenti : quella dei ragazzi che hanno la fortuna di possedere buone capacità
linguistiche e logiche. Se quella a cui si aspira è un’educazione per tutti , un’educazione che
aiuti ogni ragazzo a realizzare le proprie potenzialità, allora il processo educativo deve essere
concepito in modo completamente diverso per offrire agli studenti l’opportunità di dimostrare
quello che hanno imparato in modi appaganti per loro e comprensibili per la società circostante.
L’inserimento nel mondo del lavoro richiede un insieme di “saper fare” riconoscibili, condivisi
e in qualche modo accreditati, una vera e propria “certificazione delle competenze” che
accompagna il soggetto nel suo percorso nel mondo della formazione e del lavoro. “Un profilo
culturale si qualifica pe le competenze che lo costituiscono” afferma Vertecchi facendo propria
l’istanza incentrata sull’imparare a imparare e sul saper fare che considera improduttiva una
formazione basata esclusivamente sulla trasmissione di contenuti . “Competenza” è un termine
polisemico sul cui significato è oggi in corso un vasto dibattito. Sommariamente per
competenza si può indicare un “saper fare” che: viene appreso in un determinato contesto,
presuppone determinate conoscenze , il padroneggiamento di capacità e abilità specifiche per
affrontare e risolvere determinati problemi posti dall’esperienza. Resta ancora aperto il dibattito
relativo ai rapporti reciproci tra competenze e la loro possibile gerarchia. Vertecchi , infatti,
distingue tra competenze generali o “libere da determinazioni settoriali” e competenze
concorrenti che si riferiscono a determinate articolazioni della conoscenza (disciplinari e
pluridisciplinari). R. Maragliano distingue tra “competenze trasversali “ e competenze di
“aggregati disciplinari”. Clotilde Pontecorvo ha individuato una serie di competenze essenziali
in contesti sia formativi che lavorativi :
- comprensione di testi :continui, discontinui (OCSE/PISA)
- comunicazione in diverse forme dal parlato allo scritto, imparando a organizzare
l’informazione.
- Elaborazione e interpretazione di dati quantitativi, usando tecniche di tipo matematico
statistico
- Impostazione e risoluzione di problemi: imparare a definire, anticipare, pianificare, non
necessariamente risolvere , in questo ambito ci si può servire delle mani, di strumenti
classici, dei mezzi tecnologici, organizzandole risorse disponibili e ragionando in termini di
sistema. Un’area che si evolve in modo parallelo, è quella relativa alla capacità di lavorare e
collaborare con gli altri, in modo produttivo, critico e non conformistico, valorizzando le
proprie e le altrui competenze, anche per assumere decisioni consapevoli, con un adeguata
valutazione delle conseguenze. Anche Frabboni parla di trasversalità di competenze
attraverso tre strategie didattiche : multidisciplinare, interdisciplinare, trasdisciplinare. La
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trasversalità come multidisciplinarità è quella più diffusa nella scuola. Si pratica quando un
argomento (unità didattica) riceve un apporto di conoscenze e/o di linguaggio da altre
discipline affini, appartenenti allo stesso ambito curricolare. La trasversalità come
interdsciplinarità è rintracciabile , per lo più , nelle scuole aperte all’innovazione curricolare.
Si pratica quando un “oggetto”di ricerca extracurricolare colto tra i problemi esistenziali
sociali e ambientali in cui si trova a vivere l’allievo , ricevono un apporto di conoscenze e/o
linguaggio ma anche ermeneutica e inquisitivo da altre materie, affini o non, quanto a
morfologia culturale. La trasversalità come trasdisciplinarità è una linea progettuale del
curricolo ancora tutta da tracciare nella scuola. Si pratica quando l’”oggetto” di ricerca
extracurricolare riceve un apporto in termini di conoscenze e/o linguaggio dall’intero
sistema disciplinare ma anche di apporto ermeneutica, inquisitivo come pure euristico ed
estetico. L’istruzione deve portare l’allievo a sviluppare competenze , ad essere cioè in
grado di applicare le proprie conoscenze, di fornire una prestazione. Non avendo a
disposizione processi produttivi cui egli dovrà applicarsi, può utilizzare il processo di cui
sicuramente dispone: il processo di apprendimento. Rendendo una prestazione inerente al
processo di apprendimento(riconoscendola e valutandola) l’alunno si prepara a fornire
prestazioni per molti versi analoghe in un processo di lavoro. Mentre una prestazione è
determinata dalle caratteristiche specifiche del contesto in cui viene resa, la capacità di
fornire la prestazione ha un campo di applicazione più ampio La competenza può , dunque,
essere sviluppata in un contesto (situazione di apprendimento) ed essere successivamente
trasferita in un altro contesto (generalmente applicata ad un processo di lavoro). Ciò che
rende una competenza trasferibile è che le prestazioni richieste da differenti contesti
applicativi presentano caratteristiche analoghe. Dunque, la capacità di “rendere” la
prestazione può essere in qualche modo isolata dalle specificità contestuali, ci si può
formare all’esercizio di una competenza che troverà applicazione in differenti contesti.
Bisogna prima imparare a riconoscere la struttura di un processo, che è un elemento
invariante e ci consente di trasferire da un’attività all’altra l’esperienza acquisita. Come si fa
a decidere se per lo sviluppo di una competenza è più funzionale una visita guidata all’orto
botanico o recitare una filastrocca? Queste due attività hanno in comune una stessa struttura
di processo. Infatti in entrambi i casi bisogna raccogliere dati, ordinare e riutilizzare
informazioni. Se prendessimo in considerazione gli altri processi in cui si struttura un
percorso di apprendimento ad es. la risoluzione di un problema, la stesura di una relazione la
realizzazione di un cartellone, o attività di vita quotidiana: preparazione di una torta,
pagamento di una bolletta ecc…gli esiti non cambierebbero , verrebbero individuate prestazioni
analoghe diversamente caratterizzate a seconda del contesto. Secondo Vaiaretti nel libro “Le mani
nella testa” La struttura del processo di lavoro può essere rappresentata secondo tre dimensioni : la
sequenza delle attività (fasi), i fattori di produzione impiegati e i comportamenti necessari al
conseguimento del risultato
PROCESSO
FASI
FATTORI
COMPORTAMENTI
COMPETENZE
- Definire obiettivi e risultati attesi
programmare e pianificare
attuare
controllare
gestire le informazioni
gestire le risorse
gestire le relazioni
gestire se stessi
risolvere problemi
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Applicato alla scuola il modello consente di isolare i nuclei teorici che caratterizzano i diversi
processi di lavoro ad es. nel caso della filastrocca : tecniche di memorizzazione, registri linguistici,
negli scambi comunicativi, modalità espressive del linguaggio corporeo ecc. e di ricomporli
secondo logiche disciplinari o plurdisciplinari: italiano e musica o scienze motorie, per costruire
percorsi formativi e progettare i processi di apprendimento.
Competenze
Traduzione di latino Esercitazione di
matematica
Definire obiettivi e Individua gli
Identifica i termini
risultati attesi
elementi costitutivi del problema
del compito
assegnato
(caratteristiche,
difficoltà)
Programmare e
Organizza il tempo a
pianificare le
disposizione per
attività
leggere, comprendere
l’insieme tradurre le
singole parti
Attuare
Legge il testo esegue Esegue le
la traduzione
operazioni, traduce
il testo in una
espressione
Controllare
Rilegge la traduzione Verifica l’esattezza
e verifica i passaggi dei calcoli
dubbi
Esposizione orale Pagamento bollette
Riconosce l’importo che deve
essere versato
Elabora una
Controlla il denaro ed aggiunge
scaletta mentale
la tassa
delle
argomentazioni da
svolgere
Espone con
Effettua il versamento
correttezza di
linguaggio
Controlla la
Controlla il resto
rispondenza
dell’esposizione
alle domande poste
Gestire le
Utilizza il
Classifica monomi Ascolta le
Legge le indicazioni per lo
informazioni
vocabolario
e polinomi
osservazioni e le sportello che effettua queste
scegliendo tra le
integrazioni
operazioni
diverse accezioni del
dell’insegnante per
termine, utilizza le
migliorare
osservazioni
l’esposizione
dell’insegnante per
migliorare la
traduzione
Gestire le risorse
Utilizza diagrammi
e tabelle
Gestire le relazioni Ricerca la
Chiede
Comunica all’operatore
collaborazione di un all’insegnante la
l’operazione che deve eseguire
compagno più
spiegazione di un
preparato
punto non chiaro
Gestire se stessi
Domina l’ansia per
Non si distrae per i Rispetta il turno
completare il
commenti dei
compito
compagni
Risolvere problemi
Ipotizza percorsi di
soluzioni
alternative
In questo modo da un lato il modello è utile perché consente di definire in modo riconoscibile
(certificabile) il profilo formativo in uscita e di costruire in funzione di esso prove di accertamento
delle competenze, dall’altro permette di mettere a punto percorsi differenziati a seconda del
posizionamento degli allievi rispetto agli obiettivi da conseguire, tenendo conto, nella scelta delle
strategie, delle competenze già sviluppate, delle attitudini e delle motivazioni. La formazione alle
competenze avviene attraverso lo sviluppo delle competenze e coinvolge il tema della trasferibilità
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di queste ultime. Se la ragion d’essere della scuola è di preparare gli studenti ad affrontare
positivamente tutti i possibili contesti in cui essi si troveranno ad agire ( percorsi formativi
successivi, mercato del lavoro, situazioni quotidiane) dovrebbe essere sviluppata anzitutto la
capacità di riconoscere e trasferire competente, cioè di applicare in contesti nuovi e diversi le
competenze acquisite e di implementarle ulteriormente. Questo concetto di trasferibilità delle
competenze da un contesto a un altro, permette di superare la distinzione tra competenze
specialistiche e competenze base e trasversali (ISFOL) e le difficoltà legate all’applicazione di
questa distinzione nell’ambito della progettazione formativa. La formazione , dunque, non sviluppa
competenze slegate dal contesto di applicazione , ma attività e sviluppa le competenze attraverso
l’esercizio delle prestazioni richieste da quel particolare contesto che è il processo formativo stesso.
Una volta identificate le competenze da sviluppare bisogna evitare l’errore in cui spesso la
formazione incorre, di considerare le competenze alla stregua di contenuti disciplinari da
trasmettere piuttosto di capacità da sviluppare, facendone riconoscere le applicazioni nei diversi
contesti, troppo spesso capita di assistere al paradosso della lezione frontale che pretende di
insegnare a gestire le relazioni, se l’obiettivo è sviluppare determinate competenze, l’approccio
formativo deve essere incentrato sull’esercizio di tali competenze. Si tratta in sostanza di un
problema metodologico che coinvolge l rapporto tra le discipline e le competenze, nella pratica, il
rapporto tra insegnamento e apprendimento. La formazione alle competenze richiede la formazione
per competenze, centrata sull’attività di chi apprende e , in questa attività, impara a usare le
conoscenze. Questo tipo di approccio comporta la necessità di rileggere criticamente i percorsi
scolastici e universitari per mettere in evidenza il rapporto tra il contenuto disciplinare e le
prestazioni (in che modo la letteratura italiana concorre allo sviluppo della competenza : “definire
gli obiettivi”?) e le ragioni che determinano la scelta di uno specifico contenuto disciplinare
(Manzoni o Pasolini?) e di una specifica metodologia didattica( assegnare un tema o una
rappresentazione teatrale?) La scelta delle competenze come obiettivo e come modalità di sviluppo
della formazione comporta un ripensamento dei curricoli e, prima ancora, della metodologia di
progettazione degli interventi formativi. Ogni singolo docente è responsabile delle modalità di
programmazione e organizzazione della propria didattica. Il problema è se una determinata
disciplina è più o meno efficace di un’altra per sviluppare alcune competenze obiettivo. Infatti una
volta che si distinguono le prestazioni tipo, operando un confronto tra i percorsi disciplinari,
emergerebbe che alcune discipline non sviluppano determinate competenze, o le sviluppano in
termini più lunghi e a costi maggiori di altre: a questo punto diventa necessario decidere se
mantenere o meno all’interno del curricolo determinati contenuti o didattiche. Bisogna , quindi
decidere a livello di istituto quale tipo di percorso formativo è più efficace ed efficiente. Solo dopo
aver definito quali debbono essere i profili in uscita dalle diverse tipologie di scuola , e quindi le
competenze obiettivo che devono essere assicurate, si può affrontare il tema della funzionalità delle
diverse discipline e delle diverse strategie didattiche rispetto al conseguimento degli obiettivi.
Diventerà chiaro, quindi, quali sono i risultati formativi al termine di un percorso formativo. Il
possesso di una determinata competenza viene certificata dall’organismo che la eroga. L’evidenza
delle modalità di accertamento e dei criteri di misurazione del livello di possesso permette di
attribuire alla competenza un valore che costituirà “un credito” per ogni percorso futuro. Incrociare
competenze obiettivo e discipline è fondamentale per costruire percorsi formativi e processi di
apprendimento più efficaci attraverso:
- selezione dei contenuti (in relazione alla maggiore numerosità dei contesti di applicazione)
- scelta delle strategie formative (per massimizzare l’analogia tra processi di apprendimento e
processi di utilizzo delle competenze e la trasferibilità tra contesti diversi)
- certificazione ed accertamento delle competenze degli allievi in uscita (placement degli
allievi)
- accertamento e certificazione delle competenze degli allievi in entrata e la conseguente
possibilità di prevedere percorsi formativi integrativi per il recupero di situazioni di deficit.
Un elemento fondamentale per l’attuazione di questa diversa didattica è la valutazione.
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L’istruzione può considerarsi come una sequenza di procedure eseguite prima
dell’insegnamento, durante e dopo. Nella fase pre-insegnamento la valutazione può
riguardare la scelta delle procedure didattiche, la collocazione degli studenti,
l’identificazione della preparazione degli studenti. Durante l’insegnamento vero e proprio la
valutazione può essere usata per verificare se gli obiettivi vengono rispettati, come base per
modificare la procedura o parte dell’apprendimento. Nella fase post- insegnamento, la
valutazione viene usata non solo per capire fino a che punto gli obiettivi didattici sono stati
rispettati, ma anche per stimare l’efficacia delle strategie per rivalutare la preparazione degli
studenti. La misurazione riguarda soprattutto la somministrazione di test ed è essenzialmente
un processo quantitativo. La valutazione viene usata quando l’insegnante prende delle
decisioni riguardanti l’adeguatezza delle procedure didattiche, la preparazione degli
studenti, verifica il rispetto degli obiettivi prefissati ed è un processo qualitativo. C’è chi
sostiene che una riforma educativa più urgente sarebbe quella di utilizzare forme di
valutazione diversificate non solo i test a scelta multipla , ma prestazioni che guardano allo
studente in situazioni più realistiche e della vita reale. Questo tipo di valutazione viene detta
valutazione di performance o valutazione autentica. L’istruzione guidata dalla misurazione
incoraggia una forma passiva di apprendimento superficiale in cui la memorizzazione
meccanica di fatti e formule viene ricompensata. Esiste però un approccio profondo che
prevede la ricerca attiva dei principi e dei concetti sottostanti. L’insegnante che utilizza
metodi didattici guidati soltanto dalla misurazione, potrebbe essere responsabile primario
della nascita di studenti superficiali. In che modo trasformare un approccio superficiale in un
approccio profondo? Esistono vari programmi con il chiaro obiettivo di insegnare il
pensiero, come elaborare strategie cognitive o come promuovere la consapevolezza
metacognitiva. Ma il modo più rapido per cambiare l’apprendimento dello studente è
cambiare il sistema di valutazione. Infatti gli studenti cercano di imparare ciò che
l’insegnante verifica , non ciò che l’insegnante suggerisce come importante. Se i test creati
dall’insegnante e gli esami finali chiedono agli studenti solo di ripetere ciò che hanno letto
nei libri di testo o ascoltato in classe , questo è ciò che gli studenti impareranno ad imparare.
Più che il test in sè per sé è importante un progetto di test, una tabella di istruzioni per la
compilazione del test , essa specifica gli argomenti da verificare , la natura e il numero delle
domande il tipo di processi cognitivi da campionare. I progetti di test possono prevedere la
collaborazione degli studenti. Inoltre è importante offrire agli studenti un feedback dopo la
somministrazione del test, infatti, la spiegazione degli item produce una maggiore
apprendimento che non una maggiore quantità di tempo per studiare. Le ricerche sui nuovi
approcci valutativi pongono oggi l’attenzione sulla valutazione autentica. Una valutazione
basata sullo sviluppo di competenze della vita reale o in situazioni simulate. La valutazione
di performance richiede un livello di comprensione ed una capacità di applicare
l’apprendimento che non sono sempre necessari nelle forme di valutazione convenzionali.
Le attuali pratiche valutative incoraggiano il successo individuale e la competitività,
piuttosto che il successo del gruppo e la cooperazione. La valutazione deve basarsi
sull’evidenza di specifiche strategie cognitive, piuttosto che sulla semplice produzione di
una risposta corretta. Naturalmente le procedure di valutazione devono includere liste di
controllo per descrivere la motivazione, la creatività, la fiducia, i processi e gli approcci
strategici. Di conseguenza chi attua la valutazione può elaborare un profilo di studente cioè
una descrizione dei punti di forza e di debolezza oltre che altre caratteristiche. Non c’è
dubbio che l’enfasi sull’imparare ad imparare e su un pensiero autonomo, riflessivo,
indipendente e creativo è per molti aspetti incompatibile con le attuali pratiche di
somministrazione dei test . Fin quando le valutazioni scolastiche esigono quella sorta di
pensiero lineare evidente nell’accettazione e riproduzione di singole risposte corrette, esse
promuovono un tipo di insegnamento e di apprendimento che producono non delle menti
che funzionano bene , ma delle menti che riproducono bene. La valutazione di performance
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è più autentica perché offre modi diversi con cui vedere la competenza ed è più attinente al
mondo reale. Ma tali valutazioni sono, chiaramente, più ingombranti, più lunghe meno
precise. Esse richiedono più tempo, più sforzi, più conoscenze da parte degli insegnanti. Per
di più esse non sono facilmente quantificabili e quindi non utili per delle decisioni educative
che richiedono un confronto. Per di più questi approcci generano un’enorme mole di
materiale ed informazioni, e non un modo semplice per interpretarle o riassumerle . Bisogna
cercare di sviluppare delle procedure chiare ed efficaci con cui raccogliere e mostrare
esempi di performance e criteri chiari per comprenderne il significato, un esempio potrebbe
essere la rubrica valutativa .
L’ISISS “Novelli” di Marcianise ha aderito al percorso di ricerca-azione “Qualità d’Aula” del Polo
Qualità di Napoli-USR per la Campania approfondendo, così, gli aspetti peculiari della valutazione
del processo di apprendimento/insegnamento e alcuni strumenti come il compito di prestazione e la
rubrica di valutazione. I parametri valutativi individuati per le singole prestazioni sono stati
compresi e condivisi dagli studenti di due classi quinte (indirizzo pedagogico e linguistico) a cui si
sono rivolti i quattro docenti:Abbate R,Barazzetti C, Campofreda A, Fregolino E. Ciò è servito per
individuare attraverso la rubrica non solo uno strumento di valutazione , ma anche un mezzo per
favorire la crescita personale.
In un contesto di apprendimento autentico, è necessario predisporre strumenti di valutazione
autentica
L’utilizzo della rubrica chiarisce non solo allo studente , ma anche al docente, attraverso un
processo di autoanalisi, quali sono i livelli di prestazione attesi.
Le dimensioni e i livelli sono stati inizialmente individuati dai docenti in modo soggettivo,ma,
affinchè la rubrica diventi uno strumento di valutazione autentica, è necessaria la condivisione e
discussione con chi deve essere valutato
Il giudizio viene dalla rubrica, quindi non è soggettivo e non intacca la relazione personale tra i
soggetti, né la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità
La rubrica è stata costruita per valutare le prestazioni degli studenti relativamente alla: “autonomia
organizzativa” in contesti ed attività diverse:
- laboratorio scientifico
- palestra
- aula
Nell’individuare le dimensioni si è fatto riferimento ad altre rubriche reperite in banche dati di
scuole e università rendendole però più aderenti alle proprie esigenze.
Gli alunni hanno elaborato un prodotto finale condotto attraverso un’attività di apprendimento
cooperativo secondo le modalità della ricerca/azione
Durante il primo incontro sono stati illustrati agli alunni gli obiettivi, le fasi di lavoro e le modalità
di valutazione, la rubrica proposta dagli insegnanti è stata integrata dalle osservazioni che ne sono
scaturite. In particolare si è stabilito che la valutazione del lavoro prodotto ma soprattutto delle
modalità di approccio sarebbe avvenuto sia da parte dei singoli gruppi di alunni che dai due
insegnanti di ciascuna classe (interdipendenza di valutazione), attraverso l’utilizzo della rubrica.
Sul piano operativo il percorso si sviluppa partendo dalla individuazione di un FOCUS formativo su
cui sviluppare le singole prestazioni.
La natura trasversale del focus individuato ha favorito un confronto attivo con i docenti,
sviluppando la consapevolezza circa il carattere cooperativo del compito loro assegnato. L’
“autonomia” diventa una sorta di volano della progettazione sia disciplinare che extra –disciplinare,
in funzione strumentale allo sviluppo di competenze significative per la piena realizzazione della
personalità degli alunni. Il dialogo didattico con gli alunni ha costituito uno stimolo che ha offerto
spunti molto interessanti, non solo per una sempre più chiara valutazione , ma anche, come
autoriflessione sulla professionalità infatti, la rubrica è stata integrata a seguito di nuove
considerazioni
Focus Formativo: AUTONOMIA ORGANIZZATIVA
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Essere disponibile ad agire in modo autonomo e personale, valutando i propri limiti e
riconoscendo quelli altrui, al fine di instaurare un “modus operandi” in cui una
pianificazione corretta si traduca in una buona organizzazione di lavoro.
In ogni programmazione vanno individuati pochi FOCUS formativi ritenuti importanti sia nella
sfera emotiva che in quella cognitiva. Per ognuno di questi va costruita la relativa rubrica generale
con dimensioni criteri e indicatori e su questa si costruiscono i livelli delle abilità: alto,medio, basso
Nella scuola secondaria superiore con la legge n. 296/06 sull’obbligo di istruzione le competenze
chiave di cittadinanza potrebbero essere viste come Focus all’interno di un unico processo di
insegnamento/apprendimento “ attraverso la reciproca integrazione e interdipendenza tra i saperi e
le competenze contenuti negli assi cultrali”
Gli studenti del “Novelli” hanno accolto con entusiasmo la proposta di potersi cimentare in compiti
di prestazione, utilizzando conoscenze già acquisite e/o argomenti suscettibili di successivi
approfondimenti.
Sono state realizzate prestazioni che hanno previsto l’organizzazione di attività laboratoriali di
Scienze Sperimentali e di Attività sportive rivolte a gruppi di alunni di terza media in occasione
della settimana organizzata nell’ambito del progetto “Continuità”
I docenti hanno concordato : le aree tematiche di riferimento: Astronomia, Sport a squadra e
individuali.
Ipotesi di lavoro: Viaggio tra le stelle, Sistema solare, Esplorazione nello spazio, palla a volo,
fitness, ecc.
Risorse umane impiegate e rispettivi ruoli (formazione di studenti Tutor)
Tempi di ricerca n. 6 ore, tempi di attuazione n. 2 ore per ciascuna prestazione
Modalità di attuazione ( lavori di gruppo, aiuto reciproco)
Finalità: scelta di un obiettivo sulla base di interessi personali, opportunità di approfondimento per
l’esame di Stato
Obiettivi e contenuti previsti dalla programmazione
Materiale didattico ( proiezioni al Pc, produzione di cd, brouchure in varie lingue, dispense)
Risultati attesi :Competenza nell’organizzazione autonoma.
Per quanto riguarda l’attività in aula gli alunni hanno progettato l’apertura di una “scuola di
infanzia” organizzandosi per gruppi ciascuno ha scelto di dedicarsi : allo studio dei criteri
ambientali (dislocazione territoriale, organizzazione degli spazi interni ed esterni); alla scelta dei
sussidi e suppellettili , alla denominazione della scuola con relative motivazioni ed infine alle
caratteristiche professionali degli ipotetici docenti e collaboratori da assumere. Gli alunni,
naturalmente, hanno messo in atto quanto prrecedentamente appreso disciplinarmente: teorie
psicologiche , pedagogisti dell’infanzia, percorsi evolutivi degli ordinamenti istituzionali . Hanno
presentato vari lavori in power point , hanno intervistato bambini, hanno tabulato dati ed effettuato
statistiche.
Tutte queste attività hanno consentito ai docenti una riflessione per una riprogettazione didattica che
deve fondarsi fondamentalmente sulle competenze. Ha creato la possibilità di profili di sintesi
ricavati dalla rubrica generale. Ha consentito un percorso di autovalutazione attraverso il commento
degli alunni sulla rubrica valutativa ed una valutazione incrociata docente /docente, docenti/alunni,
alunni/alunni , ma soprattutto ha creato situazioni di apprendimento significativo attraverso l’uso di
una valutazione autentica.
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