Luoghi di sosta, di transito e di celebrazione dei defunti

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Azienda Autonoma Cura,
Soggiorno e Turismo di
Pozzuoli
LUNGO LE STRADE ROMANE
TRA NAPOLI E QUARTO FLEGREO
luoghi di sosta, di transito e di celebrazione dei defunti
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Premessa
Il presente volume è stato realizzato dagli alunni della classe III C e da alcuni delle classi II e della
Scuola Secondaria Statale di Primo Grado “Gobetti – De Filippo” di Quarto (NA), nell’ambito del progetto
omonimo “Lungo le strade romane tra Napoli e Quarto Flegreo. Luoghi di sosta, di transito e di celebrazione
dei defunti”, svolto in collaborazione con l’Associazione “Gruppo Archeologico Napoletano” per la Rete Nazionale Scuole U. N. E. S. C. O. - Italia.
Esso, sulle orme dei viaggiatori d’età classica, ripercorre tratti dell’antica strada romana , che da Neapolis, attraverso grotte e diverticoli, giungeva a Puteoli e poi a Quarto, onde proseguire fino a Capua, calcando l’asse viario, che dovette essere per alcuni secoli tra i più vitali e fiorenti dell’area flegrea e che ancora oggi sopravvive come ossatura del moderno sistema di comunicazione. In una sorta di tour, compiuto prevalentemente a piedi tra i moderni asfalti ed i non pochi tratti affioranti di basoli, che sovente recano ancora
le tracce degli antichi carri su cui viaggiavano un tempo uomini e cose, questo lavoro fa rivivere alcuni tra i
principali luoghi di sosta, che, come sontuosissime stazioni di servizio, dovevano accogliere un tempo visitatori abituali e sporadici viaggiatori. Degli uomini del passato, inoltre, attraverso l’esame delle evidenze archeologiche e lo studio critico delle fonti bibliografiche, ricostruisce abitudini di vita, analizza il modello insediativo, approfondisce le pratiche connesse al culto dei morti e alla celebrazione dei defunti. Ne risulta una
descrizione attenta e puntuale di alcuni monumenti e siti archeologici dei Campi Flegrei, solo parte dei quali
famosi, come nel caso delle Terme romane di Agnano, altri invece, come le necropoli o gli edifici rurali, meno noti all’opinione comune, ma altrettanto interessanti e meritevoli di attenzione, tutti tali da rappresentare
autentiche miniere di informazioni per chi volesse avventurarsi tra le vie poco note del nostro prezioso passato.
Di ciascuno dei monumenti presi in considerazione si offre, dunque, una descrizione minuziosa e particolareggiata, di volta in volta arricchita dall’indicazione puntuale delle fonti scientifiche, che ne sono alla
base, oltre ad una galleria di immagini, alcune delle quali originali ed inedite, realizzata grazie alle fotografie scattate in loco dal prof. Enrico Righi, che, guidato dagli esperti del G.A.N., si è addentrato fin dove possibile tra i resti degli antichi edifici, per testimoniarne la sopravvivenza e mostrarne la fattura. A corredo del
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presente volumetto e a completamento del progetto è altresì un video (visibile sul sito web ufficiale della
scuola www.scuolagobettieuropa.gov.it), che mostra con riprese nuove ed inedite i luoghi visitati.
Alla descrizione delle evidenze archeologiche si affianca, inoltre, là dove necessario, una indagine sulla
natura dei luoghi, sulla loro origine e formazione geologica, finalizzata ad una visione globale della realtà
analizzata, che spazi dall’aspetto scientifico-naturalistico a quello storico-archeologico, senza tralasciare la
riflessione sull’impatto dell’azione antropica sul territorio e sull’ambiente.
In coda al volumetto è inserita, infine, un’appendix con i bozzetti creati dai giovani studenti, che riproducono i monumenti e i siti archeologici apparsi ai loro occhi entusiasti e curiosi maggiormente suggestivi e
rappresentativi della storia del territorio.
La realizzazione di questo lavoro, come di tutto il progetto, è stata resa possibile dalla preziosa collaborazione dell’Associazione “Gruppo Archeologico Napoletano”, che, grazie all’impegno, alla disponibilità e
all’alta competenza professionale del presidente dott. Marco Giglio, ha indicato l’itinerario da seguire e le
tappe da analizzare nel corso della sua costruzione, ha fornito a studenti e docenti i supporti formativi e le
fonti bibliografiche necessarie allo studio dei siti archeologici presi in considerazione, ha guidato le relative
escursioni e le visite sul territorio, offrendo la possibilità di visitare e studiare direttamente siti ed evidenze
archeologiche non sempre facilmente accessibili al pubblico.
Si ringraziano altresì il Centro Commerciale Quarto Nuovo, con il contributo del quale è stato possibile
dare alle stampe il presente volume, e l’Azienda Autonoma Cura Soggiorno e Turismo di Pozzuoli, nella
persona del Coordinatore dott. Bruno Buonaiuto, che ha concesso il patrocinio morale all’intero progetto.
Occorre, infine, ricordare che tutto il lavoro è stato possibile grazie all’impegno e all’azione sinergica
delle diverse componenti del circuito scolastico, dai docenti ai collaboratori scolastici, al personale della segreteria, ognuna delle quali, a diverso titolo e in rapporto alle rispettive competenze, ha collaborato fruttuosamente alla sua realizzazione. In particolare si ringraziano i docenti referenti proff. Aurelio Pani e Debora
D’Alessandro, che, oltre a collaborare nella fase di ideazione e stesura del progetto, ne hanno curato lo svolgimento ed il coordinamento, unitamente alla supervisione ed al controllo di tutte le fasi della sua realizzazione; il prof. Enrico Righi, che ne ha curato l’aspetto tecnico, dalla fotografia, alle riprese, montaggio e
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post-produzione video, che fa da corredo al presente volume, partecipando altresì alla realizzazione graficoeditoriale di tutto il lavoro; il prof. Vincenzo Aulitto, che ha guidato gli studenti nella produzione dei disegni
e bozzetti riportati in appendice; la prof.ssa Stefania Morrone, che ha supportato le fasi organizzative.
Una speciale menzione meritano, tuttavia, gli studenti, che con serietà, impegno ed energia si sono dedicati ad un lavoro ambizioso quanto gravoso, illuminandone con pionieristico ingegno ogni passaggio, sempre
pronti ad esplorare e a sperimentare, indotti dalla sana curiosità di chi sa di stare calcando le orme d’un terreno sì percorso da altri, ma a se stesso sconosciuto, contagiando ogni volta con il proprio giovanile entusiasmo la Dirigente e i docenti che li hanno guidati.
IL DIRIGENTE SCOLASTICO
PROF.SSA ERMINIA WIRZ
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Fig. 1. Strade antiche tra Puteoli e Neapolis, da W. JOHANNOWSKY, Contributi alla topografia della Campania antica, in
RAAN XXVII, tav. IV
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LA VIA NEAPOLIS—PUTEOLIM1
L’area che va dal centro antico di Napoli fino a Pozzuoli è stata sempre considerata una delle più importanti della nostra regione grazie alla sua felice posizione, al centro degli intensi traffici commerciali, che caratterizzavano la Campania in età romana.
Il golfo di Napoli ed il golfo di Pozzuoli, formanti il sinus Cumanus, erano divisi dalla lunga distesa della
collina del Pausilypon.
La prima strada, che già in epoca preromana assicurava i collegamenti fra Neapolis e l’area flegrea, attraversava Soccavo e Pianura, tenendo fuori tutta la zona di Fuorigrotta, allora paludosa. L’innalzamento del
suolo, legato al fenomeno del bradisismo, che interessa tutta l’area dei Campi Flegrei, determinò il prosciugarsi di quest’area, per cui, per abbreviare il percorso, all’inizio del I° secolo a. C. fu aperta la via per colles o
Antiniana, al fine di velocizzare i traffici nel momento in cui Puteoli divenne un porto commerciale di primaria importanza nel bacino del Mediterraneo.
Essa partiva dalla Porta Cumana di Neapolis, si inerpicava per le colline del Vomero, per poi ridiscendere
verso Fuorigrotta, imboccando via Terracina, dalla quale proseguiva per Puteoli2.
Questa strada consentì collegamenti più rapidi, apportando un notevole sviluppo di edifici pubblici e privati lungo il suo percorso.
Tuttavia, già alla fine del I° sec.a.C., crebbe la necessità di evitare le curve tortuose e le salite di tale strada: fu così che venne realizzata l’apertura della Crypta Neapolitana, che permise l’attraversamento rapido
della collina di Posillipo. La nuova via, molto più agevole e veloce, all’uscita del tunnel piegava a destra, proseguiva, poi, per l’attuale via Leopardi e si ricollegava, all’altezza di via Terracina, col vecchio tracciato della
via Neapolis-Puteoli3.
E’ verosimile quindi, che in questo nodo viario esistesse un luogo di sosta (statio) con annesso edificio
termale (quello che oggi identifichiamo con le Terme di Via Terracina, per cui vd. p. 9), del tipo di una vecchia stazione di posta o un Motel sull’autostrada. Ciò è avvalorato dal fatto che in tale area mancano indizi
che possano testimoniare insediamenti urbani, ovvero ville di una certa importanza, ad eccezione di un monumento funerario, nella Mostra d’Oltremare, attribuibile ad una ricca famiglia locale o con rendita prediale sul
luogo.
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IL COMPLESSO ARCHEOLOGICO DELLE TERME ROMANE DI VIA TERRACINA4
Premessa
Le terme nell’antichità rappresentavano una realtà di grande importanza: al loro interno si svolgevano, infatti, attività molteplici e diversificate, sicché, accanto agli ambienti riservati ai bagni, ne erano previsti altri
per i massaggi, per la depilazione e per la cura del corpo, oltre a depositi di unguenti e di attrezzi. In alcune
terme, inoltre, trovavano posto sale che ospitavano conferenze e letture pubbliche (auditoria), o addirittura
altre adibite a biblioteca. Ciò ci lascia intendere come le terme rappresentassero nell'antichità anche e soprattutto luogo di incontri, di relazioni e vita sociale, di trasmissione della cultura.
Il complesso archeologico
Le Terme di Via Terracina rappresentano un classico esempio di architettura termale di età imperiale: il
loro impianto originario risale alla prima metà del II secolo d. C., probabilmente all’età adrianea (117‐180
d. C.). L’edificio si articola su tre livelli, in rapporto alla morfologia del luogo in cui sorge: il livello inferiore
costituisce il nucleo principale dell’edificio; quello intermedio comprende alcuni vani in tutto o in parte distrutti dall’ampliamento dell’attuale via Terracina; infine quello superiore è costituito dal corridoio, che gira
intorno al soffitto del forno e corrisponde all’antico piano stradale.
L'edificio è costruito essenzialmente in opera vittata e laterizia con rivestimenti in marmo, molto in uso
negli ambienti termali. Esso è tipologicamente vicino alle terme del Foro di Cuma e del Foro di Ostia, e si
inserisce tra gli edifici termali minori, che si differenziano dai classici impianti termali imperiali, in quanto
sono essenzialmente articolate con il frigidarium (sala per il bagno freddo), con l'apodyterium (spogliatoio) e
con il caldarium (sala del bagno caldo) disposti sullo stesso asse. Gli altri ambienti caldi (tepidaria) erano posti su di un asse parallelo, in modo da realizzare un percorso circolare tale da permettere il passaggio graduale
dagli ambienti caldi a quelli freddi e viceversa, secondo i gusti e le esigenze dei frequentatori.
Gli utenti potevano scegliere diversi percorsi, ma quello più usuale prevedeva dapprima gli ambienti caldi
e poi, attraverso un breve corridoio riscaldato, giungeva alla sala dei bagni freddi.
L’ingresso si trova sul lato SO con pochi gradini, che immettono in un lungo corridoio (parzialmente trasformato in cisterna in epoca medievale), il quale conduce prima all’apodyterium e poi alla latrina. Alla destra del corridoio vi sono alcuni ambienti di difficile identificazione (forse tabernae, dove si potevano acquistare o scambiare merci).
A partire dalla latrina e proseguendo nei tre ambienti principali l'apodyterium, il frigidarium ed il caldarium, si trovano splendidi mosaici, che all’interno di cornici a tessere nere rappresentano le nozze di Anfitrite e Poseidon, a cui partecipa tutto l'universo marino con i suoi tritoni, nereidi, animali ibridi di pura fantasia
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delfini. Questi mosaici risalgono alla prima metà del II secolo d. C., ma vi sono tracce di rifacimenti di epoca
successiva, che, pur tentando di seguire lo stile e le linee della decorazione originaria, risultano spesso di minore qualità.
La Latrina è preceduta da un piccolo vano di disimpegno, con volta a botte e la vaschetta per le abluzioni.
Essa doveva essere chiusa in alto da una copertura a semicupola e presentare pitture alle pareti, delle quali
oggi non restano che rarissime tracce. Il pavimento presenta un mosaico a tessere bianche e nere, in cui sono
raffigurati due delfini natanti e un animale marino fantastico.
Lungo la parete semicircolare si aprivano cinque finestre, che consentivano l’illuminazione, mentre, incavato lungo il perimetro dell'emiciclo, è visibile il canale di scolo delle acque. Al di sopra si trovano i fori per i
supporti dei sedili in pietra o marmo, disposti a distanze uguali. A poca distanza dal basamento dei sedili si
trova una canaletta di marmo, nella quale scorreva l'acqua, dove venivano bagnate le spugne utilizzate per la
pulizia personale.
L'Apodyterium ha un aspetto monumentale, tanto da poter rappresentare per la sua ampiezza ed eleganza il
vero e proprio ingresso al complesso termale. Il pavimento è decorato a mosaico, che rappresenta, all'interno
di una doppia cornice, una nereide seduta sulla coda in un giovane tritone; due amorini agli angoli superiori e
un delfino all'angolo inferiore sinistro assistono alla scenetta. Sono altresì visibili parte dell'antica zoccolatura
e del rivestimento parietale a lastre di marmo: bianco nella parte inferiore, pavonazzetto in quella superiore,
con una modanatura di marmo bianco lavorato nella parte aggettante a sezione semicircolare.
Il Frigidarium è una sala rettangolare, alla quale si accedeva dall’Apodyterium, mediante un ingresso, di
cui restano oggi solo le basi di due colonne. Qui sui lati brevi si trovano due vasche: una semicircolare che
presenta ancora, in alcuni tratti, tracce dell’antico rivestimento in marmo; l’altra vasca di forma rettangolare.
Questa era la sala più importante di tutto il complesso, poiché da qui era possibile scegliere l’itinerario desiderato: seguendo un percorso in senso orario, si poteva passare, in successione, dagli ambienti caldi a quello
freddo, oppure, in senso antiorario, dalla sala fredda si passava a quelle calde.
Anche qui il pavimento presenta splendidi mosaici: un corteo di animali fantastici cavalcati o seguiti da
personaggi antropomorfici a figure nere su fondo bianco ed in ogni angolo è un delfino. In particolare partendo dall’ingresso e procedendo in senso antiorario lungo i quattro lati della sala, troviamo:
1) una figura alata, che insegue una pantera marina, sul cui dorso è seduta una nereide, che si accinge a
prendere un oggetto offerto da un amorino.
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2) un Nettuno su un drago o grifo marino. Questo mosaico deve essere stato rimaneggiato, in quanto dalla posizione, dalla forma e dall’atteggiamento del corpo, parzialmente velato, appare chiaro che
in origine la figura maschile doveva rappresentare una Nereide, modificata successivamente all’altezza delle ascelle, inserendo un volto maschile (molto piccolo e disarmonico rispetto al resto del corpo)
ed un braccio destro con in mano un tridente;
3) un amorino che cavalca un cavallo marino. Anche in questo caso, tuttavia, la figura originaria
doveva essere quella di una Nereide (come mostrato dal velo sulla gamba sinistra e dalla posizione di
cavalcatura), su cui il mosaicista intervenne all’altezza della vita, sostituendovi i tratti di Imene alato.
4) un probabile Poseidon su un toro marino. Anche qui in origine vi era rappresentata una Nereide
seduta su di un toro marino, successivamente sostituita con una immagine di divinità con tridente ispirata a Poseidon.
Il Caldarium è l’ambiente più caldo di tutto il complesso, dove si effettuavano i bagni caldi. Esso si presenta in opera laterizia, con pianta rettangolare dal lato lungo absidato e una vasca in muratura, adiacente al praefurnium, ed i Tepidaria.
Il calore veniva prodotto e diffuso nella zona posta al di sotto del piano di calpestio (hypocaustum) e lungo
tutte le pareti.
Il pavimento di base era formato da grandi mattoni di refrattario, sui quali poggiavano delle colonnine
(suspensurae), costituite da una base in mattoni, da un pilastrino in laterizio, rivestito da malta e da una testa
in mattoni sovrapposti.
Queste colonnine sostenevano grandi bipedales (mattoni di materiale refrattario), su cui era poggiato uno
spesso strato di cocciopesto (impasto di malta e frammenti di ceramica di risulta), sul quale, infine, era posto
il pavimento a mosaico o in marmo.
I fumi caldi si distribuivano in tutte le sale calde (tepidaria) al di sotto del pavimento e lungo le pareti, mediante delle intercapedini fatte con tubi in terracotta (tubuli), o mediante le tegulae mammate, particolari mattoni in refrattario con apici disposti l’uno verso l’atro.
Tutti gli ambienti caldi erano orientati in modo da poter sfruttare il calore e la luce del sole fino al tramonto. L’illuminazione era consentita da alti finestroni con vetri sigillati con piombo.
Gli altri ambienti caldi avevano temperature progressivamente decrescenti, man mano che ci si allontanava
dalla fonte di calore.
L’ultima sala di forma circolare, costituiva, invece, il solarium ed era riscaldata solo dall’aria calda al di
sotto del pavimento.
Il sistema di riscaldamento aveva una sua manutenzione, che avveniva grazie a un corridoio che partiva
dagli ambienti di servizio e girava intorno agli ambienti caldi, con i quali comunicava al livello del pavimento. L’acqua, dopo essere stata usata negli ambienti balneari, veniva raccolta e riutilizzata per il lavaggio degli
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Il sistema di riscaldamento aveva una sua manutenzione, che avveniva grazie a un corridoio, che partiva
dagli ambienti di servizio e girava intorno agli ambienti caldi, con i quali comunicava al livello del pavimento. L’acqua, dopo essere stata usata negli ambienti balneari, veniva raccolta e riutilizzata per il lavaggio degli
ambienti.
A SO del complesso restano tracce dell’originario basolato dell’antica via Terracina, presenti a tratti anche
nella Mostra d’Oltremare e nel Giardino Zoologico. Il diverticolo, diretto verso Nord, collegava la vecchia via
Terracina con Soccavo e Pianura.
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MAUSOLEO DELLA MOSTRA D’OLTREMARE— NAPOLI5
A Napoli all’interno dell’area della Mostra d’Oltremare è visibile un “pezzo” originale in basolato della
via Neapolis—Puteoli, l’antica strada romana che collegava Napoli a Pozzuoli. La strada è oggi parallela alla
attuale via Terracina e fu portata alla luce verso la fine degli anni ’30 durante i lavori di costruzione della Mostra d’Oltremare, insieme con un mausoleo funerario romano e alcuni resti di un antico acquedotto.
Durante la II guerra mondiale l’intera zona subì diversi danni e solo negli anni ’50 Amedeo Maiuri restaurò e risistemò la piccola area archeologica.
Oggi, sul tratto della via Puteolana, pavimentato con larghi basoli in trachite lavica, si vedono ancora i segni di usura lasciati dalle ruote dei carri ed il marciapiede di lato in buono stato di conservazione.
Lungo tale strada sorge il mausoleo che doveva fare parte di un’area sepolcrale: esso, in larga parte ricostruito, si trova al centro di un recinto quadrangolare in tufelli. Presenta la forma di un tempietto con l’esterno scandito da lesene in laterizio, sormontate da capitelli. L’ingresso è dal lato opposto della strada: all’interno sono visibili tracce della decorazione policroma e di fronte all’ingresso c’è un’edicola. Non è possibile attribuire la proprietà del monumento, che comunque dovette appartenere ad una ricca famiglia locale.
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LA CONCA DI AGNANO6
Da via Terracina, imboccando via Nuova Agnano e proseguendo per via Agnano Astroni, si entra nella
Conca di Agnano.
Essa è un antico cratere dei Campi Flegrei dalla circonferenza di 6, 5 Km, risalente al terzo periodo eruttivo (8.000-3.900 anni fa). Collassato a ovest e a nord a causa della successiva formazione dei crateri della Solfatara e degli Astroni, culmina a Sud-Ovest nel Monte Spina e ad Est nel monte Sant'Angelo di Napoli.
Fin dall'antichità questo luogo è stato frequentato soprattutto a scopo terapeutico per la presenza di fenomeni di vulcanesimo secondario (sorgenti termali, fumarole, solfatare...). Fino al 1870 ospitava un lago, formatosi intorno al sec. XI in seguito al bradisismo. Esso, ritenuto malsano, fu poi prosciugato nell’ambito dei
lavori di bonifica affidati all’ingegnere napoletano Martuscelli dal nuovo governo unitario con una legge del
1865. Il prosciugamento, avvenuto con l’apertura di un canale emissario sotterraneo (che attraverso il traforo
del Monte Spina giungeva fino al mare di Bagnoli) e con una serie di vasche e canali, mise in luce numerose
sorgenti, che cominciarono ad affiorare e a bollire sul suolo fangoso, formando nuovi laghetti e pozze d’acqua a diverse temperature. Tuttavia fu solo nel 1885 che, grazie agli studi compiuti dal medico ungherese
Giuseppe Schneer, si cominciò a comprendere l’enorme potenzialità e ricchezza di quel territorio.
Oggi circa i 2/3 di questo ricadono entro i limiti comunali di Napoli, il resto rientra nel comune di Pozzuoli. Tutta l’area è circondata dalle creste dei rilievi di origine vulcanica, che chiudono per intero la piana, conferendole carattere di conca.
Le strade che la collegano con l’esterno in parte ricalcano motivi naturali (assi vallivi, spartiacque) e in
parte sono costituite da viadotti e gallerie tali da superare gli ostacoli morfologici. Un simile assetto viario è
testimoniato anche per il passato dai resti di strutture di epoca romana, che indicano un'intensa frequentazione
del territorio sin dall’antichità.
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LA GROTTA DEL CANE7
La “Grotta del Cane“ è una cavità scavata dall’uomo lungo le sponde dell’antico lago di Agnano (vd. p.
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una fenditura del sottosuolo. Dato che esso ha un peso specifico inferiore a quello dell’aria, tende ad accumularsi nella parte bassa della grotta, rendendola mortale per gli animali che vi entrano. Nei secoli passati la
grotta fu meta di numerosi visitatori stranieri, che, attratti dal carattere misterioso del luogo, vi si recavano
spesso nel loro tour e pare fossero soliti anche pagare per assistere allo strano spettacolo offerto dalle persone
del posto: costoro, in cambio di pochi centesimi, introducevano nella grotta cani di piccola taglia, i quali, dopo averne respirato le esalazioni, morivano per asfissia. Nel XVIII secolo, il fisico Pasquale Panvini volle
sperimentare personalmente gli effetti delle esalazioni di gas della grotta e vi entrò carponi, abbassandosi con
la testa quasi al suolo. Dopo poco dovette, però, desistere dall’impresa, poiché lamentò pruriti, formicolii e un
senso di spossatezza e di affanno, che gli impedirono di continuare.
Da indagini recenti si è scoperto che via di accesso alla grotta è un corridoio di circa 10 m, che conduce ad
una camera ipogea di circa 32 mq, in parte ostruita. Sui bordi essa presenta un gradino calpestabile o
"passeggiatoio"e sul fondo sono visibili tracce di cocciopesto. In alto, in un angolo della camera, probabilmente un tempo c’era un pozzo o lucernaio. La temperatura all'interno raggiungeva i 60° C. Questo ha fatto
supporre che la grotta fosse un sudatorio o un bagno termale risalente al III-II sec. a.C., quando la mortale
"mofeta" non doveva ancora essersi liberata. Una seconda ipotesi ritiene che la grotta fosse collegata alle
strutture di età ellenistica, risalenti al IV-III sec. a.C., rinvenute nella conca in seguito alla bonifica: l'antica
città sommersa visibile nelle profondità del lago, che ammaliava i viaggiatori di ogni tempo.
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IL COMPLESSO TERMALE DI AGNANO8
Il complesso termale di Agnano sorge sul versante sud-occidentale della conca di Agnano, sulle pendici
del Monte Spina. L’area è molto estesa ed occupa l’intero costone settentrionale della collina, disponendosi
su sette terrazzamenti.
Per il riscaldamento degli ambienti le terme sfruttavano le sorgenti di calore naturale dell’antico cratere di
Agnano. Generalmente si fa risalire l’intero complesso ad epoca adrianea (117-138 d.C.); ma in realtà appartengono a questo momento cronologico solo gli ambienti del settore occidentale, mentre quelli orientali risalgono ad un periodo posteriore.
Dell’intera struttura sono oggi visibili due nuclei: il primo, nella zona occidentale, in opera mista, comprende il frigidarium e gli ambienti caldi; il secondo, nel settore orientale, in opera reticolata con ammorsature in opera vittata, è formato da una serie di sale minori, adibite a spogliatoi (apodyteria) e a depositi di unguenti e profumi. Di epoca più tarda sono i piani superiori, a cui si poteva accedere tramite le due scale poste
subito dopo l'ingresso.
Il frigidarium è una sala a pianta rettangolare con due vasche: una rettangolare più piccola, e l'altra semicircolare con tre nicchie nella parete di fondo: due di queste ospitavano le statue di Ganimede e di Venere
con le armi, che in antico ornavano l'ambiente insieme con la Venere Marina e il gruppo di Hermes con Dioniso, posti in prossimità della scala, che conduceva ai piani superiori.
L'accesso alla zona calda avviene attraverso un vano di disimpegno. Questa parte era riscaldata dalle sorgenti di calore naturale negli ambienti a ridosso del monte e da un sistema artificiale nel calidarium e nei vani
adiacenti. Gli ambienti con funzione di laconica erano riscaldati tramite aperture sia nelle pareti sia da sotto il
pavimento.
Il percorso prevedeva il passaggio dai laconica al tepidarium, così da permettere, dopo la sudorazione, la
pratica del bagno tiepido. Tale vano, provvisto di una vasca, consentiva anche il passaggio dalle sale maggiormente riscaldate al frigidarium.
Il calidarium è di forma rettangolare con uno dei lati brevi absidati; esso è alimentato da un praefurnium,
in modo da raggiungere artificialmente una temperatura elevata.
Ad ovest della zona calda si apre una vasta area, delimitata da due muri di terrazzamento, utilizzata come
palestra. A ridosso del muro curvilineo si trova una serie di ambienti, probabilmente cisterne, comunicanti tra
di
loro.
A ridosso del muro curvilineo si trova una serie di ambienti, probabilmente cisterne,comunicanti tra di loro.
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di loro.
L’acqua del complesso proveniva dall'acquedotto del Serino attraverso un condotto secondario che, giungendo alle terme attraverso un cunicolo scavato nel monte, riversava l'acqua in due bacini. Da qui attraverso
un sistema di vasche, tubi e rubinetti, l'acqua arrivava ai singoli ambienti.
Nel frigidarium, durante i primi scavi, furono trovate quattro statue risalenti alla prima metà del II sec.
d.C: una Venere marina, una Afrodite armata, un Hermes con Dioniso bambino ed un Ganimede. Le statue
sono copie di età romana ed erano parte della decorazione dell'ambiente: in particolare l’Afrodite armata e
Ganimede occupavano le nicchie intorno alla piscina maggiore, mentre le altre due (Hermes con Dioniso
bambino e Venere marina) erano poste lungo il lato ovest del frigidarium.
All’interno delle terme nuove, nella zona della ex-fangaia, si trova una delle più antiche testimonianze visibili della presenza umana nei Campi Flegrei: si tratta di blocchi di tufo pertinenti a strutture di epoca ellenistica (IV-III secolo a.C.), di cui non si conosce la funzione, ma essa dovette essere evidentemente connessa
alla presenza delle acque termali.
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PARCO ARCHEOLOGICO DELLA VIA PUTEOLIS - NEAPOLIM
“NECROPOLI DI VIA ANTINIANA" - POZZUOLI9
Portato alla luce durante dei lavori effettuati negli anni Novanta, si inserisce all’interno dell’antica via di
collegamento tra Napoli e Pozzuoli, dove le indagini archeologiche hanno evidenziato l’esistenza di una certa
vitalità già dal VII-VI sec. a.C. Il basolato, che ancora resta, risale, invece, al I d.C.
Lungo la strada sono visibili tracce di alcuni mausolei gentilizi più antichi, appartenenti a famiglie aristocratiche, che possedevano proprietà terriere nella zona; a valle, invece, troviamo soprattutto colombari,
dall’aspetto semplice e regolare. Alcuni di questi edifici hanno restituito testimonianze epigrafiche, che hanno
permesso di conoscere i nomi dei proprietari delle sepolture; in particolare presso il monumento più antico sul
lato est della strada si è ritrovata la lapide con il nome del medico Menander, mentre un’altra lastra, rinvenuta
sulla strada, reca un lungo testo in greco con la storia di Bettiniano, segretario del ginnasio (associazione di
atleti), nativo di Cesarea, che si era recato a Baia per cure termali, ma lì la morte lo raggiunse per la sua età
avanzata.
La necropoli fu utilizzata a lungo, come testimoniano sepolture più tarde risalenti al IV-V secolo d.C. Oggi
essa si trova sotto un ponte con arcate di ferro, costruito per consentire la viabilità moderna.
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NECROPOLI DI VIA CELLE - POZZUOLI10
A Pozzuoli, lungo via Celle, sorgeva anticamente una necropoli, parte della quale è stata portata alla luce
durante gli scavi effettuati tra gli anni ’30 e gli anni ’60. La porzione oggi visibile è formata da quattordici
edifici risalenti ad un periodo compreso tra la metà del I sec. A.C. e la metà del II sec. D.C. Di questi edifici,
come si vedrà, solo alcuni erano destinati ad un uso funerario (ad esempio i colombari), mentre altri dovevano
avere finalità diverse.
Il rito funerario utilizzato per questa necropoli fu soprattutto quello dell’incinerazione, ma al suo interno
compaiono anche tombe a inumazione costruite nel pavimento (formae), o nelle strutture murarie (arcosolia).
Il primo edificio si sviluppa su due piani e presenta una facciata (ricostruita in età giulio-claudia) in opera
laterizia con due lesene, che sporgono in corrispondenza degli angoli, ed un ingresso centrale inquadrato in un
rettangolo con copertura ad arco. Il piano superiore, al quale si accedeva tramite una scala sul retro oggi inesistente, presenta una cisterna ed un piccolo attico decorato, che dava sulla strada (entrambi della metà del I
sec. A.C.). In questo edificio non vi sono tracce di sepolture, sicché esso doveva essere un ambiente di servizio, destinato ad attività legate alle pratiche funerarie.
Il secondo edificio è un colombario su tre piani, di cui un piano ipogeo ed un piano terra, destinati alle sepolture, ed un primo piano destinato ad un uso diverso.
La parte ancora visibile del muro esterno mostra un’opera reticolata con l’ingresso sulla sinistra. A quest’ultimo si accede mediante tre gradini, che immettono in un vano di disimpegno, il quale conduce alla zona
ipogea e alla camera al piano terra. La prima presenta una doppia sala, divisa al centro da due arcate e una
copertura a botte: lungo le pareti laterali vi sono due file di nicchie sovrapposte; sul lato di fondo della prima
camera si trova un arcosolio con una tomba a inumazione, alla cui sinistra si erge una scala, che conduce al
piano superiore; sul lato della seconda camera ci sono tre file di nicchie. Le sepolture ricavate nel pavimento
(formae) appartengono a epoca posteriore. Nel ballatoio in cima alla prima rampa di scale c’è un vano a
pianta quadrangolare, rivestito di intonaco bianco e con nicchie lungo le pareti. La seconda rampa di scale,
posta sulla destra, porta al piano superiore, di cui si conservano soltanto parti delle pareti perimetrali.
Il terzo edificio si presenta come un unico ambiente, di cui non si conservano copertura, né facciata. Delle
due camere ipogee è visibile una sola, con la volta a botte e tre file di nicchie sovrapposte.
Il quarto edificio rappresenta un colombario, in opera reticolata, costituito da due ambienti comunicanti,
ma con ingressi separati, disposti probabilmente sul lato della strada. L’ambiente a sinistra doveva essere una
camera funeraria. La stanza sul retro è, invece, di epoca posteriore e presenta lungo le pareti laterali due nicchie ad arco.
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Il quinto edificio è un colombario monumentale in opera reticolata, costituito da un piano ipogeo e da uno
superiore a tamburo, che doveva sostenere una struttura a cuspide simile a quella del mausoleo di Quarto,
noto col nome di “Fescina”. Del I sec. D.C. è un insieme di ambienti, destinati ai riti funerari, sovrapposti
all’edificio originario e ai quali si accedeva tramite una scala, oggi perduta. Grazie a quest’ultima si entrava in
un vestibolo con volta a botte e decorazione pittorica e poi in un ambiente con volte a crociera e decorazioni
pittoriche a riquadri geometrici. Il vano, che costituiva il basamento dell’originaria cuspide, fu utilizzato per
accogliere nicchie lungo le pareti.
All’ambiente ipogeo si accede attraverso una scala moderna ed un corridoio in opera reticolata, la cui superficie fu ridotta in seguito alla costruzione della successiva cisterna. L’ambiente presenta una pianta circolare con una copertura a cupola conica e quattro nicchie lungo le pareti, orientate secondo i punti cardinali. A
una fase successiva appartengono la mensa posta lungo la parete alla sinistra dell’ingresso e sette tombe nel
pavimento della sala. Una porta ad arco conduce ad altre due camere sepolcrali rettangolari, disposte ad L.
Nella prima, tutta rivestita di intonaco bianco, si vedono: quattro nicchie lungo una parete di fronte all’ingresso, una sulla parete di destra e tombe a inumazione nel pavimento. La seconda camera sepolcrale ha conservato la volta a botte e parte della decorazione pittorica. Anche qui abbiamo nicchie lungo le pareti su liste a rilievo; in particolare una delle nicchie poste sulla parete destra conserva una decorazione pittorica floreale con
rose e ghirlande. L’aspetto monumentale dell’edificio e la disposizione degli ambienti (con una sala circolare
per i capostipiti e le camere attigue per i discendenti e per i liberti) fanno pensare che esso appartenesse ad
una famiglia nobile.
Il sesto edificio è un colombario in opera reticolata con due camere con volta a botte e ingresso separato su
una stessa facciata. Quest’ultima fu ricostruita con laterizi nel I sec. D.C. e si presenta scandita da sette lesene, con due porte sormontate da due finestrini per l’illuminazione. Il piano superiore era originariamente composto da un unico ambiente con pavimento in opera spicata, successivamente diviso in due parti. Le due camere presentano sulle pareti laterali due file parallele di nicchie e, sulla parete di fondo, delle edicole di forma
simile e diverse dimensioni, ai lati delle quali giacciono due nicchie più piccole.
Il settimo edificio si presenta come un monumento in opera reticolata a tre livelli; le camere funerarie sono
poste al livello ipogeo; mentre a livello della strada ci sono ambienti destinati ad uso non funerario. L’ingresso immette in un vano rettangolare, da cui si passa in tre ambienti separati; sul pavimento si trova una botola
di accesso ad una cisterna posta al di sotto del piano pavimentale.
La prima delle tre stanze funge da anticamera per le altre due interne; la prima di queste ha il pavimento in
cocciopesto e la volta a botte; la seconda si sviluppa molto in altezza e presenta su una delle pareti tre fori
quadrangolari, che dovevano servire a reggere delle travi di un soppalco. Questi ambienti probabilmente
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dovevano essere l’abitazione di una sorta di addetto alla custodia e alla manutenzione delle tombe. Da un corridoio attraverso una gradinata moderna, che ricalca quella antica, si passa ad un ambiente posto al piano ammezzato, che conserva parte della copertura a botte e presenta una nicchia ad arco lungo la parete di fronte
alla scala. In fondo al corridoio si trova un ambiente anch’esso coperto a botte e destinato ai riti funerari. Dal
corridoio stesso si accede al piano ipogeo, dove si trovano tre camere: la prima ha volta a botte e nicchie lungo le pareti; un arcosolio decorato con lo schema ad edicola a destra e un arco sotto il quale vennero collocate
delle tombe a sinistra. Nel sottoscala è visibile una nicchia destinata ad un’unica sepoltura, con un’edicola a
stucco in rilievo, con un timpano ornato di motivi floreali con bordatura in rosso e sorretto da due colonnine
ioniche. Sul retro si trova un’altra camera funeraria, simile alla precedente, con volta a botte, nicchie sulle pareti e sepolture a inumazione sulla parete di fondo. L’ultima camera sepolcrale ha forma rettangolare, con nicchie più piccole lungo le pareti corte e due sepolture a inumazione sul pavimento.
L’ottavo edificio è un colombar io di cui r estano solo le par eti per imetr ali.
Il nono edificio è un colombario in opera reticolata su tre livelli: due camere ipogee, il piano terra a livello
della strada e piani superiori, aggiunti alla costruzione originaria. Al piano terra si trova un complesso di stanze: quella a sinistra presenta un corridoio, che immette ad una camera ipogea con tre file di nicchie e tre arcosoli, ricavati dopo la costruzione originaria. La stanza a destra ha forma rettangolare e reca tracce di una ricca
decorazione con lastre di marmo nella parte bassa delle pareti e rivestimento in pittura e stucco a rilievo nella
volta a crociera, con rosone centrale e quadrati nelle lunette, che richiamano le costruzioni di Pompei ed Ostia
e pare risalire all’ultimo decennio del I sec. D.C.
Il decimo edificio è’ un colombario in opera reticolata su due livelli, con due ambienti quadrangolari al
centro, dai quali si accedeva al piano superiore. Il livello ipogeo, in parte ancora interrato, presenta nicchie
lungo le pareti.
L’undicesimo edificio è un mausoleo, destinato pr obabilmente alla sepoltur a di un per sonaggio illustre. La facciata è in opera laterizia e le pareti perimetrali in opera mista. Esso era rivestito di pitture e stucchi
e presenta un basamento quadrato con il fronte a esedra esposto alla strada e ornato da colonne addossate alla
parete e da una finta porta; su questa poggia un tamburo con zoccolo liscio e una struttura a pianta ottagonale sovrapposta, con una finta porta su ciascuno dei lati dell’ottagono. Le pareti laterali erano coperte da intonaco bianco con un alto zoccolo in rosso. La copertura doveva essere a cupola o a cuspide.
Il dodicesimo edificio è il più grande di tutto il complesso funerario ed era la sede di un collegium o schola. Esso è in opera vittata con ricorsi di laterizio e risale, dunque, al II sec. D.C. E’diviso in tre parti: la prima
parte a sinistra è un edificio a tre piani, simile alle abitazioni urbane (insulae). Nella parte centrale c’era un
ampio cortile scoperto, dove è stato eretto un mausoleo in opera vittata e mista con l’esterno ricoperto con
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blocchi di pietra lavica. Nella terza parte, a destra, il settore meridionale, si trova un’aula rettangolare dedicata
al culto, dove doveva essere collocata la statua o l’ara del dio tutelare.
Il tredicesimo edificio è un colombario in opera reticolata, che presenta una parte al di sopra del livello
stradale antico, con un ingresso ed un finestrino per l’illuminazione. Attraverso una botola con lastre di bordo
in pietra lavica si accede al vano ipogeo con un piccolo vestibolo, in cui si trovano quattro nicchie lungo le
pareti laterali. L’ambiente ipogeo presenta le pareti ricoperte con intonaco bianco. La camera ipogea ha forma
rettangolare e copertura a volta; vi si trova un finestrino che dà sulla strada per l’illuminazione e un’unica fila
di nicchie.
Il quattordicesimo edificio si presenta come un unico ambiente a base rettangolare con il muro di fondo
costruito per lo più in tegole, disposte in modo da formare delle decorazioni. La facciata doveva presentare
due avancorpi a pianta quadrangolare con la parte esterna modellata a gradoni. Si tratta probabilmente di una
fontana situata alle porte dell’area urbana per chi percorreva la Via Campana in direzione nord.
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NECROPOLI DI SAN VITO - POZZUOLI11
Lungo l’antica Via Puteolis - Capuam si trova la monumentale necropoli detta di San Vito, dal nome della
chiesetta risalente al XVII secolo, che sorge in quella zona.
Si tratta di un complesso di edifici, comprendenti camere ipogee, che presentano lungo le pareti file di nicchie destinate ad accogliere le olle per contenere le ceneri dei defunti, con banconi laterali, spesso riutilizzati
per sepolture a fossa per inumazioni di epoca posteriore (formae).
Il piano superiore presenta un recinto retrostante, provvisto talora di una camera funeraria, che richiama le
caratteristiche degli ambienti sotterranei.
Tra i monumenti sepolcrali presenti nella necropoli se ne distinguono due in particolare, entrambi del tipo
“a colombario”. Il primo mausoleo, databile al I secolo d.C., è formato da un basamento quadrangolare, costruito in opus latericium, sormontato da un tamburo cilindrico con una cornice a mattoni sagomati, che funge
da raccordo tra le due strutture. All’interno del basamento si trova una camera sepolcrale sottoposta rispetto
al calpestio stradale, a pianta polilobata, con volta a cupola; lungo le pareti quattro edicole si alternano a quattro nicchie, in origine ornate da stucchi decorati a motivi mitologici ed ospitanti i cinerari; la camera superiore
si presenta come un’altra cella funeraria, analoga a quella sottostante per pianta e dimensioni e probabilmente
accessibile mediante una scala, con due file di nicchie laterali. All’esterno l’edificio presenta prospetti architettonici articolati in scomparti delimitati da paraste e sormontati da cornici, ed edicole su podio con frontoni.
Il secondo mausoleo, risale anch’esso al I secolo d.C. ed è realizzato in opus reticulatum. Presenta una camera sepolcrale interna a pianta quadrata, a cui si accede tramite una porta laterale, con una volta a cupola e
grandi nicchie laterali per ospitare le urne cinerarie dei defunti.
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LA PIANA DI QUARTO E QUARTO FLEGREO12
La Piana di Quarto è una depressione del sottosuolo di forma ellittica, formatasi in seguito all’intensa attività vulcanica, che ha interessato nel passato i Campi Flegrei. Essa è cinta a sud e a est da resti di edifici vulcanici recenti, a nord e a nord-est dai resti dell'antica caldera originatasi in seguito all'eruzione dell'Ignimbrite
Campana; a ovest da estesi depositi di tufo giallo, ampiamente sfruttato con cave per l'estrazione di materiale da costruzione. Secondo alcuni studiosi, l’origine della Piana di Quarto risalirebbe al 3° Periodo Flegreo
(circa 11.000 anni fa), quando, dopo un'esplosione che squarciò la precedente compagine di tufo giallo, si sarebbe creato un cratere contornato dal materiale eruttato. Secondo altri, invece, l’origine della Piana di Quarto
risale a uno sprofondamento vulcano-tettonico di una vasta superficie di tufo giallo, avvenuto in seguito a una
forte attività esplosiva nel 2° Periodo Flegreo (tra 36.000 e 11.000 anni fa) e a un successivo riempimento di
depositi quaternari indifferenziati.
Quarto Flegreo è una cittadina a nor d-ovest di Napoli, il cui territorio comunale corrisponde più o meno
alla "Piana di Quarto". Il suo nome "deriverebbe dal latino quartus, che indica probabilmente il "quarto miglio", perché la cittadina sorge proprio in prossimità del quarto miglio della V ia Consularis Puteolis Capuam,
che collegava Puteoli alla cittadina di Capua, e da qui direttamente a Roma tramite la Via Appia. Il cippo miliare posto lungo la strada, recava l'iscrizione: "ad Quartum lapidem Campaniæ V iæ".
Quest’area, pur trovandosi nella periferia dei Campi Flegrei, ebbe un ruolo importante nell’antichità. Vi
sono tracce di insediamenti probabilmente risalenti all’età del Bronzo, mentre in età classica certamente i coloni greci, che già avevano fondato Cuma e colonizzato l’antica Pithecusa (Ischia), dovettero spingersi fino
alla conca di Quarto, attratti dalla fertilità del terreno. Le maggiori testimonianze monumentali risalgono, però, all’età romana, quando, con l’apertura della Via Consolare Campana, la zona di Quarto vide crescere la
propria importanza.
Il modello insediativo sembra essere quello di una serie di abitazioni rurali, poste lungo i vari diverticoli
della Via Campana. Le costruzioni si collocano essenzialmente fra il I sec. a. C. e il II d. C., soprattutto nel
primo secolo dell’età imperiale. Inoltre dai frequenti rinvenimenti, databili al IV secolo d. C., si capisce che,
grazie all’importanza dell’asse di comunicazione rappresentato dalla Via Campana, anche la zona di Quarto,
oltre a quella del porto di Pozzuoli, conservò una certa vitalità economica e agricola fino a quel periodo.
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Questa fotografia è stata cortesemente fornita dal dott. Marco Giglio.
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MAUSOLEO IN LOCALITÀ POGGIO SPINELLI - QUARTO FLEGREO13
Al confine tra Pozzuoli e Quarto, lungo via Spinelli superato il cavalcavia della linea ferroviaria RomaNapoli, è la masseria Poggio Spinelli, un tipico esempio di architettura contadina, che si serve di antiche
strutture romane come cantine. Sul lato opposto della strada odierna fino alla linea ferroviaria Circumflegrea
doveva estendersi una necropoli, di cui rimane un mausoleo.
Esso è in opera laterizia e si articola su due piani. In origine presentava pianta quadrata nella parte inferiore
e circolare in quella superiore. Il vano superiore è in opera reticolata ed ha una copertura a cupola; lungo le
pareti si aprono quattordici nicchiette, disposte su due livelli.
Alla camera inferiore si accede tramite un’apertura rettangolare, posta ai piedi della parete sul lato orientale, dove originariamente era presente anche una scala, della quale restano solo pochi gradini. La camera ipogea all’interno è in opera reticolata e tufelli e presenta decorazioni in stucco: su ogni parete si apre una piccola edicola, circondata da nicchie incorniciate da ovoli e motivi floreali. La copertura è a solaio e sul lato ovest
ci sono tracce di un’ara in muratura.
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Questa fotografia è stata cortesemente fornita dal dott. Marco Giglio
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MAUSOLEO VIA SAN PETRILLO - QUARTO FLEGREO14
Lungo la Via Campana Antica, presso l’attuale via San Petrillo sorge un mausoleo in opera reticolata e
motivi decorativi in laterizio, che si articola su tre piani. Del piano superiore, all'altezza della strada, residuano solo due pareti in opera reticolata con ammorsature in tufelli sugli spigoli e una porta sul lato Ovest. Il pavimento è in cocciopesto. La stanza inferiore ha copertura a volta e tre nicchie su ogni parete. All'esterno, sulla parete Nord, vi è una decorazione in laterizio, costituente delle specchiature.
L'ipogeo, liberato dal terreno nel 1976 ad opera del Gruppo Archeologico Napoletano, appare interamente
intonacato, con tre nicchie su ognuna delle pareti antistanti l'ingresso; quest’ultimo si apre al centro della parete Est, tra due nicchie per ogni lato. L’ambiente era illuminato da due lucernari a gola di lupo, posti sopra
l'arco di ingresso. Una rampa di scale conduceva all'esterno.
Lungo i tre lati antistanti l'ingresso si trova il letto triclinare funerario, mentre in basso sono poste due nicchie adiacenti ad angolo retto.
All’interno dell’ipogeo sono stati trovati frammenti ceramici, che, però, si ritiene provengano dall’esterno
dell’edificio per la loro varietà.
Addossati al lato sud del mausoleo vi sono resti di altri edifici in opera reticolata, appartenenti ad un’epoca
successiva, di cui non si conosce la funzione.
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Questa fotografia è stata cortesemente fornita dal
dott. Marco Giglio.
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MAUSOLEO IN OPERA LATERIZIA VIA CONSOLARE CAMPANA - QUARTO FLEGREO15
Lungo l’antica via Consolare Campana sorge un mausoleo in opera laterizia, formato da un basamento a
forma di cubo, su cui poggia un tamburo circolare, con una copertura sorretta da un pilastro cilindrico. La parete interna del tamburo è in opera reticolata intonacata.
La maggior parte della costruzione giace al di sotto del livello del terreno. Su una delle pareti del basamento si trova un lucernario. La parete dell’edificio, che si affaccia sulla strada, presenta quattro archetti ciechi,
sostenuti da semicolonnine in laterizio; il loro interno è realizzato in opera reticolata e sono ancora visibili
tracce di intonaco rosso. Un’ apertura, che sostituisce una delle arcate, rappresenta l’ingresso al mausoleo.
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EDIFICIO IN OPERA RETICOLATA E LISTATA - QUARTO FLEGREO16
In località Campana Antica, lungo l’attuale Via Mercadante, adiacente al corso Italia, si trova un edificio di
notevoli dimensioni in opera reticolata e listata.
Esso si sviluppa su due piani, ognuno dotato di quattro ambienti comunicanti con archi in laterizio e copertura a volta. In ogni ambiente ci sono due lucernari sulle pareti Nord e Sud; mentre le stanze terminali avevano aperture anche sulle altre due pareti (rispettivamente Est e Ovest). La parte inferiore dell'edificio è adibita
a stalla.
Nella parte superiore, attualmente abitata, nonostante le modifiche apportate (aggiunta di tramezzi e di una
soffitta), resta ancora visibile la struttura originaria. A causa delle strutture aggiunte nel ‘700 non si possono,
invece, individuare le scale, che conducevano al piano superiore.
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SEPOLTURE RUPESTRI —VIA CUPA ORLANDO – QUARTO FLEGREO17
Lungo la via Cupa Orlando, scavati nel tufo, si trovano almeno due sepolcri rupestri: il primo presenta un
soffitto a calotta e un arcosolio sulla parete di fondo, che ospita probabilmente due sepolcri, e fosse scavate
nel pavimento.
Il secondo, anch’esso scavato nel tufo, presenta una pianta quadrangolare e sulle pareti una nicchia ad arcosolio. La parete centrale mostra una edicola rettangolare. All’esterno del sepolcro, sempre scavato nel tufo,
vi è un altro piccolo ambiente. A qualche metro di distanza si osservano i resti di una cisterna con copertura a
volta.
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MAUSOLEO A CUSPIDE PIRAMIDALE “LA FESCINA” - QUARTO FLEGREO18
A Quarto Flegreo, in via Brindisi, là dove attualmente corre il ponte ferroviario, si estende una necropoli
portata alla luce nel corso degli anni settanta, della quale fino ad allora era visibile solo il mausoleo a cuspide.
Dall’esame dei reperti rinvenuti in fase di scavo, la sua datazione risalirebbe all’età giulio-claudia, ed era posta lungo un diverticolo della Via Puteolis-Capuam. Essa è generalmente denominata “Fescina”, per la sua
forma simile ad antichi canestri intrecciati.
L’area archeologica è delimitata da due recinti, formati da bassi muri in opus reticolatum (recinto), all’interno del quale si trovano tre mausolei funerari, un triclinio all’aperto e vani minori.
All’interno del recinto più piccolo si trova un mausoleo a cuspide piramidale, a pianta esagonale con due camere di alleggerimento, la cui tipologia è diffusa in età ellenistica nel Mediterraneo orientale. Il prototipo architettonico è ispirato al celebre Mausoleo di Alicarnasso del IV sec. a.C.
La ripresa di tale modello si giustifica alla luce dei frequenti scambi commerciali e culturali tra Puteoli
(grande porto romano in epoca imperiale) ed il mondo orientale. Sul retro del monumento una scala moderna
conduce all’ingresso del dromos, un corridoio coperto a volta, attraverso il quale si accedeva al vano ipogeo,
situato all’interno di un ambiente quadrangolare con volta a botte, con undici nicchie a pianta semicircolare
sulle pareti, cui si poggiano tre letti con pulvini per i pasti rituali.
Il recinto più grande presenta altri due mausolei, un’edicola e un triclinio all’aperto, costituito da una mensa centrale di forma rettangolare e da tre letti a sezione trapezoidale su tre lati, destinato ai banchetti funerari.
In origine i sepolcri furono costruiti per porvi nelle nicchie le urne contenenti le ceneri dei defunti, poiché
il rito funerario prevedeva l’incinerazione; a partire dalla seconda metà del I sec. d.C. si fece ricorso al rito
dell’inumazione, ricavando tombe nel pavimento (formae) o all’interno di strutture murarie (arcosolia). Nulla
sappiamo riguardo la proprietà di tali mausolei: talvolta erano eretti come tombe familiari, più spesso erano
proprietà di associazioni funerarie (collegia funeratictia).
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NOTE
Cf. Il complesso archeologico di Via Terracina, a cura del GRUPPO ARCHEOLOGICO NAPOLETANO; W. JOHANNOWSKY, Contributi alla topografia della Campania antica, in RAAN XXVII, 1952; Quaderni di Archè 16 – Itinerari - La via NeapolisPuteoli. Il territorio da Pizzofalcone ad Agnano, attraverso Posillipo e Fuorigrotta, Vomero e Soccavo, a cura del GRUPPO ARCHEOLOGICO NAPOLETANO, Napoli 1995.
2
In particolare essa partiva dalla Porta Cumana di Neapolis (piazza San Domenico), seguiva Salita Tarsia e si inerpicava verso l’area di piazza Mazzini e via Salvator Rosa, via Conte della Cerra, Antignano, via Belvedere e la Canzanella fino a via Terracina. Da
qui seguiva l’attuale via provinciale San Gennaro e, fiancheggiando la Solfatara, entrava in Puteoli per via delle Vigne. Cf. n. 1.
3
La via per cryptam, usciva sempre dalla Porta Cumana, degradando verso lo slargo dell’attuale piazza Municipio e imboccando la
vallata fra i colli di Pizzofalcone e delle Mortelle (l’attuale via Chiaia). Si attraversava poi il litorale di Chiaia fino ad imboccare la
galleria; alla sua uscita la strada seguiva l’attuale via Leopardi, ricongiungendosi alla vecchia via nei pressi di via Terracina. Inoltre,
sotto Traiano, venne anche realizzato un nuovo tratto che agirava il Monte Spina ad Agnano, evitando la salita del Monte Ruspino.
Diversi erano i diverticoli che permettevano il collegamento delle aree sedi di ville con la strada principale: tra questi vi fu di sicuro
una strada che da Mergellina raggiungeva la collina di Posillipo lungo il litorale; un altro diverticolo si staccava da piazzetta
S.Stefano per arrivare a Coroglio e, attraverso la cosiddetta Grotta di Seiano alla V illa del Pausylipon; alla stessa grotta arrivava
anche una strada che si staccava all’uscita della Crypta Neapolitana e che seguiva l’attuale via Campegna; meno sicura è l’esistenza
di un diverticolo che, dalla Grotta di Seiano, attraverso l’area paludosa di Coroglio, arrivasse a Bagnoli e ad Agnano. Da via Terracina si staccava poi la via per Liternum, che consentiva il collegamento diretto con quella località attraverso Cupa Marzano,Soccavo, Pianura e Pisani. Cf. n. 1
4
Quaderni di Arche’ 38, Terme romane di Via Terracina, a cura del GRUPPO ARCHEOLOGICO NAPOLETANO, 1998; Il complesso archeologico di Via Terracina… cit.
5
Quaderni di Arché—Itinerari - 16, La via Neapolis-Puteoli. Il territorio da Pizzofalcone ad Agnano, attraverso Posillipo e Fuorigrotta, Vomero e Soccavo,a cura del GRUPPO ARCHEOLOGICO NAPOLETANO, 1995.
6
La Storia delle Terme di Agnano, a cura di AGNANO THERME NEAPOLIS
7
Selene Salvi, Le antiche terme di Agnano e la Grotta del Cane, Napoli Underground. URL; La storia delle Terme … cit., Le Terme Romane di Agnano, a cura del GRUPPO ARCHEOLOGICO NAPOLETANO; www.ganapoletano.it/agnano/agnano.htm
8
www.ganapoletano.it/agnano/agnano.htm
9
www.comune.pozzuoli.na.it/index.php/cultura/2.../242-necropoli.html
10
AA.VV., I Campi Flegrei: un itinerario archeologico, Marsilio Editori, 1990, pp. 132-47.
11
AA.VV., I Campi Flegrei.. cit., pp. 150-51.
12 AA.VV., I Campi Flegrei.. cit., p. 151; G. CAMODECA, P. CAPUTO, M. GIGLIO (a cura di), Materiali per lo studio storico
archeologico di Quarto Flegreo, Napoli 2013, pp. 17– 25; www.ulixes.it/italiano/vulcanologia/gauro.htm
13
CAMODECA, CAPUTO, GIGLIO (a cura di), Materiali … cit., pp. 173-74.
14
CAMODECA, CAPUTO, GIGLIO (a cura di), Materiali … cit., pp. 34-35
15
CAMODECA, CAPUTO, GIGLIO (a cura di), Materiali … cit., pp. 52-53
16
CAMODECA, CAPUTO, GIGLIO (a cura di), Materiali … cit., pp. 50-51
17
CAMODECA, CAPUTO, GIGLIO (a cura di), Materiali … cit., pp. 66 e 70.
18
CAMODECA, CAPUTO, GIGLIO (a cura di), Materiali … cit., pp. 148-52
1
53
Studenti che hanno partecipato al progetto e alla realizzazione del presente lavoro:
Classe III C: Luigi Br escia, Luigi Car andente Giar r usso, Angela Cavallo, Andr ea Chir ico, Luca Dellini, Benedetta De Rosa, Lucia Gallo, Sara Iannaccone, Andreea Istrati, Giuseppina Lipaldo, Andrea Lisenni,
Giuseppina Mercurio, Aniello Morelli, Salvatore Murano, Matteo Napolano, Noemi Onza, Giovanni Palmieri,
Lucia Petrucci, Giovanni Russo, Salvatore Schiano, Ilaria Sequino, Pasquale Verde, Martina Vetere, Viviana
Visconti.
Classi IIe: Alessandro Barbato, Alessia Rea (II A), Maria Silvia D’Alessio, Francesco Vincenzo Sabbatino (II
B), Ludovica Cartoncino, Claudio Di Biase, Roberto Durazzo, Francesco Sorrentino (II C), Massimo Bitondo,
Carla Cavallo, Serena De Rosis, Sara Memoli (II D), Daria Dubuis, Nadia Esposito, Walter Lionetti (II F),
Giovanna Di Criscio, Iole Salatiello (II G), Beatrice Romano, Lorenzo Tortora (II H), Giulia Iovine, Paolo
Sabbatino (II I).
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APPENDIX
Bozzetti realizzati dagli studenti
55
Terme di Via Terracina-Napoli
Ilaria Sequino
56
Mausoleo Mostra D’Oltremare-Napoli
Andreea Istrati
Angela Cavallo
57
Grotta del cane - Napoli
Luigi Brescia
Terme di Agnano -Napoli
Benedetta De Rosa
Giuseppina Mercurio
58
Necropoli Via Celle-Pozzuoli
Viviana Visconti
Pasquale Verde
Necropoli Via Antiniana -Pozzuoli
Matteo Napolano
59
Necropoli di San Vito-Pozzuoli
Luigi Carandente
Giovanni Palmieri
Mausoleo San Vito
Pozzuoli
Viviana Visconti
Giuseppina Mercurio
60
Mausoleo a cuspide piramidale “la Fescina”— Quarto Flegreo
Matteo Napolano
61
Mausoleo a cuspide piramidale “la Fescina”— Quarto Flegreo
Lucia Petrucci
62
Premessa
INDICE
p. 3
LA VIA NEAPOLIS—PUTEOLIM
p. 7
IL COMPLESSO ARCHEOLOGICO DELLE TERME ROMANE DI VIA TERRACINA
p. 9
MAUSOLEO DELLA MOSTRA D’OLTREMARE— NAPOLI
p. 17
LA CONCA DI AGNANO
p. 19
LA GROTTA DEL CANE
p. 21
IL COMPLESSO TERMALE DI AGNANO
p. 23
PARCO ARCHEOLOGICO DELLA VIA PUTEOLIS - NEAPOLIM
“NECROPOLI DI VIA ANTINIANA" - POZZUOLI
p. 27
NECROPOLI DI VIA CELLE - POZZUOLI
p. 29
NECROPOLI DI SAN VITO - POZZUOLI
p. 37
LA PIANA DI QUARTO E QUARTO FLEGREO
p. 39
MAUSOLEO IN LOCALITÀ POGGIO SPINELLI - QUARTO
p. 41
MAUSOLEO VIA SAN PETRILLO - QUARTO
p. 43
MAUSOLEO IN OPERA LATERIZIA VIA CONSOLARE CAMPANA - QUARTO
p. 45
EDIFICIO IN OPERA RETICOLATA E LISTATA - QUARTO
p. 47
SEPOLTURE RUPESTRI — VIA CUPA ORLANDO – QUARTO
p. 49
MAUSOLEO A CUSPIDE PIRAMIDALE “LA FESCINA” - QUARTO
p. 51
NOTE
p. 53
STUDENTI CHE HANNO PARTECIPATO AL PROGETTO
E ALLA REALIZZAZIONE DEL PRESENTE LAVORO
APPENDIX - Bozzetti realizzati dagli studenti
p. 54
p. 55
63
Il presente volume è stato stampato grazie al contributo di
CENTRO COMMERCIALE
QUARTO NUOVO
64
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