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Africa
Al secondo posto per dimensione fra i sette continenti della Terra, l'Africa ha una superficie,
comprese le isole contigue, di 30.227.467 km2, corrispondente a circa il 22% delle terre emerse del
pianeta. All'inizio degli anni Novanta circa il 12% della popolazione mondiale (627 milioni) viveva
nel continente africano. A cavallo dell'equatore, l'Africa ha un'estensione di 8050 km dall'estrema
punta settentrionale di Capo Bianco (R'as al-Abyad) in Tunisia a quella meridionale di Capo Agulhas
nella Repubblica Sudafricana. La larghezza massima del continente misura da Capo Verde in
Senegal, a ovest, a Capo Hafun in Somalia, a est, circa 7560 km. La cima più elevata è il monte
Kilimangiaro (5895 m), in Tanzania, la cui cima è perennemente innevata; la massima depressione è
costituita dal lago Assal (153 m sotto il livello del mare) nel Gibuti. La costa africana è regolare e
caratterizzata da scarse insenature; si estende per circa 30.490 km e, rispetto alla superficie del
territorio, è inferiore a quella di tutti gli altri continenti.
Le principali isole appartenenti all'Africa, che hanno una superficie complessiva di 621.600 km2,
sono Madagascar, Zanzibar, Pemba, Maurizio, Réunion, le Seychelles e le Comore nell'oceano
Indiano; São Tomé e Príncipe e Bioko nel golfo di Guinea; Sant'Elena, Ascensión e le Bijagós
nell'oceano Atlantico; Capo Verde, le isole Canarie e Madeira nell'Atlantico settentrionale. Pur
considerate geograficamente parte dell'Africa, Sant'Elena, Ascensión, le isole Bijagós, le Canarie e
Madeira hanno legami economici, politici o culturali con l'Europa occidentale: Sant'Elena e
Ascensión sono colonie della Gran Bretagna; le isole Canarie e Madeira fanno parte rispettivamente
della Spagna e del Portogallo.
Territorio
Solamente il 10% del territorio africano si trova a un'altitudine inferiore ai 500 m sopra il livello del
mare, contro il 54% dell'Europa e il 25% dell'America settentrionale. Esso si presenta nelle forme di
un unico grande tavolato, di una piattaforma orizzontale, rigida e priva di piegamenti, se si esclude la
catena montuosa dell'Atlante, nella sezione nordoccidentale. Le differenze di altitudine, che pure non
mancano, sono state causate da fratture e da faglie che hanno sollevato e abbassato intere zolle. A ciò
si deve la formazione delle alteterre dell'Africa orientale e meridionale, il profondo solco della Rift
Valley e le estese subsidenze o depressioni corrispondenti a bacini fluviali – in particolare quelli del
Congo, del Niger, del Nilo, del Volta e dello Zambesi – che costituiscono una caratteristica
preminente della geografia dell'Africa. Ai suoi margini il tavolato africano lascia il posto a una stretta
cimosa costiera che cinge l'intero continente. Tutti i grandi fiumi dell'Africa, eccetto i sistemi del
Niger-Benue e dello Zambesi-Shire, presentano cascate o rapide che sono di ostacolo alla
navigazione interna.
Storia geologica
La vasta piattaforma continentale africana, di roccia arcaica, cristallina, risale al Precambriano, la
stessa epoca geologica in cui si formò l'altopiano del Brasile, nell'America meridionale. Si estende
verso sud dai monti dell'Atlante al Capo di Buona Speranza. A est riappare nella penisola arabica e
nel Madagascar, che si staccarono dall'Africa durante il Terziario (vedi Tettonica a zolle). All'interno
di queste antiche rocce, coperte però su vaste superfici da formazioni sedimentarie diverse, sono state
riportate alla luce le primissime tracce della vita sulla Terra: microrganismi fossili risalenti a 3,2
miliardi di anni or sono. Sotto il profilo geologico le pieghe dell'Atlante nell'Africa nordoccidentale
fanno parte dei corrugamenti dell'area mediterranea, la Tetide. Esse hanno tratto origine dagli stessi
movimenti che hanno formato la catena alpina e gli altri rilievi "giovani" dell'Europa.
Le forze tettoniche che separarono l'Africa dall'America meridionale nel corso dello smembramento
del supercontinente Gondwana, circa 150 milioni di anni fa (vedi Giurassico), hanno continuato ad
agire in tempi più recenti, creando la Rift Valley durante il Terziario e provocando le eruzioni che
hanno portato alla formazione dei coni vulcanici dei monti Kenya e Kilimangiaro nell'Africa
orientale.
Regioni naturali
Il territorio dell'Africa può essere diviso in tre sezioni principali: l'altopiano settentrionale, l'altopiano
centrale e meridionale e gli altipiani orientali. In generale, le altitudini aumentano attraversando il
continente da nord-ovest a sud-est e sono mediamente di circa 560 m. Le pianure costiere, fatta
eccezione per i litorali del Mediterraneo e della Guinea, sono generalmente piuttosto strette.
La caratteristica principale dell'altopiano settentrionale deriva dalla presenza del Sahara, grande
deserto la cui superficie occupa più di un quarto dell'Africa. Ai margini dell'altopiano settentrionale si
elevano diverse regioni montuose: a nord-ovest la catena dell'Atlante, formata da altipiani e da catene
erte, di tipo alpino, che si estende dal Marocco alla Tunisia; a sud-ovest l'altopiano del Fouta Djalon;
a sud il massiccio dell'Adamaoua e i monti del Camerun. Il bacino del lago Ciad, corrispondente a
una pronunciata subsidenza di origine strutturale, si trova quasi al centro dell'altopiano.
L'altopiano centrale e meridionale, più elevato, ha un'altitudine media di oltre 900 m e comprende
numerose depressioni, in particolare il bacino del fiume Congo e il deserto del Kalahari. A sud si
innalza la catena dei monti dei Draghi, orlatura delle alteterre meridionali, che si estende per circa
1100 km lungo la costa sudorientale del continente, dal Transvaal alla Provincia del Capo.
All'estremo sud si trova il Karroo, un arido altopiano la cui superficie è di circa 259.000 km2.
Gli altipiani orientali, che costituiscono la parte più elevata del continente, si estendono dal Mar
Rosso, verso sud, fino allo Zambesi, lungo la linea di faglia della Rift Valley. Hanno un'altitudine
media di oltre 1500 m e nell'acrocoro etiopico raggiungono i 3000 m; il punto più elevato è il Ras
Dascian (4620 m), nell'Etiopia settentrionale. A sud dell'acrocoro etiopico si innalzano numerosi
picchi vulcanici, fra i quali i monti Kilimangiaro, Kenya ed Elgon.
Il tratto più caratteristico degli altipiani orientali è costituito dalla Rift Valley, la lunga depressione
(in realtà una serie di fratture con cedimento delle zolle interposte) che si estende dall'Anatolia, nella
Turchia orientale, attraverso la valle del Giordano e il Mar Morto, per poi proseguire lungo il Mar
Rosso fino al lago Turkana (ex lago Rodolfo). In corrispondenza dell'estremità meridionale del lago
Turkana, il Rift si biforca intorno al lago Vittoria per poi ricongiungersi a un capo del lago Niassa, da
dove scende lungo i fiumi Shire e Zambesi, giungendo infine al mare. A ovest della Rift Valley
s'innalza il massiccio del Ruwenzori, che raggiunge un'altezza di 5119 m. L'isola di Madagascar è un
frammento continentale ed è formata da un altopiano centrale che si estende in direzione nord-sud a
circa 600 km dalla costa orientale dell'Africa.
Il territorio africano è emerso fin dal Precambriano, ma per lunghi periodi le sue depressioni interne
sono state sommerse dal mare. Da ciò derivano le formazioni sedimentarie che coprono su vasti tratti
la piattaforma originaria, sulla quale hanno agito le forze erosive cui si deve la formazione di rocce
clastiche, come le arenarie, e di conglomerati vari. Sono pochi invece i terreni alluvionali depositati
dai fiumi, anche se il continente africano presenta una rete idrografica con bacini di raccolta molto
estesi. Essendo tipicamente tropicali, i suoli sono relativamente sterili, privi di humus e soggetti al
dilavamento per effetto delle forti piogge e condizionati nella loro costituzione dalle elevate
temperature. I suoli desertici, poveri di contenuto organico, coprono vaste superfici. Fra i suoli più
fertili si annoverano i cosiddetti cernosem o terre nere dell'Africa orientale, e i suoli podsolici delle
regioni dell'Africa occidentale e meridionale.
Idrografia e risorse idriche
In Africa scorrono alcuni fra i più grandi fiumi del mondo. I principali sistemi idrografici del
continente sono sei e, fatta eccezione per il bacino del lago Ciad e quello del Kalahari, hanno tutti
sbocco al mare (bacini esoreici). Il fiume Nilo solca l'Africa nordorientale e, con i suoi 6671 km, è il
corso d'acqua più lungo della Terra. Nasce dal lago Vittoria e scorre in direzione nord; nel tratto
chiamato Nilo Bianco confluisce il Nilo Azzurro, che nasce dal lago Tana, in Etiopia. Dal punto di
confluenza dei due fiumi, nei pressi di Khartoum, in Sudan, il Nilo scorre verso ovest e nord prima di
sfociare nel mar Mediterraneo.
Il fiume Congo, lungo circa 4670 km, bagna gran parte dell'Africa centrale; nasce dai monti
Mitumba, al confine tra Repubblica democratica del Congo e Zambia, scorre verso nord, ovest e sud
per sfociare infine nell'oceano Atlantico, nei pressi di Matadi.
Il terzo fiume africano in ordine di lunghezza è il Niger (4160 km), in Africa occidentale, i cui tratti
superiori sono navigabili soltanto durante la stagione delle piogge. Nasce negli altipiani del Fouta
Djalon e scorre verso nord e poi verso est prima di gettarsi, a sud, nel golfo di Guinea.
Il fiume Zambesi, lungo circa 2660 km, ha i suoi rami sorgentiferi in Zambia e Angola che
confluiscono in Zambia; procede verso sud-est per poi sfociare nell'oceano Indiano, in Mozambico.
Lo Zambesi è interrotto da numerose rapide e cascate, delle quali le più spettacolari sono le cascate
Vittoria.
L'Africa meridionale è percorsa dai fiumi Limpopo e Orange. L'Orange, in cui confluisce il Vaal, è
lungo circa 1200 km, nasce nei monti dei Draghi e scorre verso ovest fino all'Atlantico. Il Limpopo,
che nasce nel Witwatersrand, è lungo circa 1600 km e sfocia nell'oceano Indiano, nel Mozambico
meridionale.
Il lago Ciad, la cui profondità media è di soli 1,2 m, con i suoi emissari e immissari costituisce il più
grande sistema idrografico del continente. Ha carattere endoreico, è privo cioè di sbocchi sul mare.
La Rift Valley comprende numerosi ed estesi laghi; tra questi i laghi Turkana, Alberto, Tanganica e
Niassa. Il lago Vittoria, il più grande dell'Africa e il terzo del mondo, non fa parte di questo sistema;
esso si estende su una depressione poco profonda degli altipiani orientali.
Il maggior problema dell'Africa è quello di raggiungere un controllo effettivo delle risorse idriche.
Vaste aree sono eccessivamente aride, zone ancora più estese ricevono soltanto piogge irregolari e
devono immagazzinare l'acqua per affrontare i lunghi periodi di siccità. Nella fascia equatoriale la
piovosità è molto elevata; nel Sudan meridionale si estendono ampie paludi e vaste zone subiscono
inondazioni periodiche. A partire dagli anni Cinquanta, sono stati costruiti molti bacini e dighe per
raccogliere l'acqua necessaria all'irrigazione e alla produzione di energia idroelettrica.
Clima
Il clima dell'Africa è influenzato dalla posizione del continente nella fascia tropicale, dalla presenza
di correnti fredde oceaniche e dall'assenza di catene montuose che fungano da barriere climatiche. Si
possono distinguere sette zone climatiche. La parte centrale del continente e la costa orientale del
Madagascar presentano il clima tipico degli ambienti pluviali equatoriali, occupati dalla grande
foresta; la media annua della temperatura è di 26,7 °C e quella della piovosità di 1780 mm. Il clima
della costa guineana è simile a quello equatoriale, anche se si verifica una sola stagione delle piogge;
non ci sono, comunque, mesi senza pioggia.
Allontanandosi dalla fascia equatoriale, al clima pluviale subentra quello della zona tropicale a due
stagioni, dominio della savana, che interessa quasi un quinto dell'Africa. Qui il clima è caratterizzato
da una stagione umida durante i mesi estivi e da una stagione secca durante i mesi invernali. La
piovosità annua varia da 550 mm a oltre 1550 mm. Procedendo ulteriormente verso nord e verso sud,
la zona climatica delle savane lascia il posto a quella più secca della steppa. La piovosità media
annua varia da 250 a 500 mm e la pioggia si concentra in una stagione.
In Africa si trovano vaste zone interessate da un clima arido o desertico: il Sahara a nord, il Corno
d'Africa a est e i deserti del Kalahari e del Namib a sud-ovest. In queste zone la piovosità media
annua è inferiore ai 250 mm. Nel Sahara l'escursione termica quotidiana e stagionale è molto elevata;
la temperatura media di luglio è di oltre 32,2 °C; durante la stagione fredda la temperatura notturna
scende spesso sotto lo zero.
Le zone a clima mediterraneo si trovano alle estremità nordoccidentale e sudoccidentale del
continente. Sono caratterizzate da inverni miti e umidi e da estati calde e secche. Negli altipiani
dell'Africa orientale, in particolare in Kenya e in Uganda, la piovosità è distribuita durante l'intero
arco dell'anno e la temperatura è tendenzialmente costante. Nell'alto tavolato dell'Africa meridionale
il clima è temperato.
Flora
La vegetazione africana può essere classificata in base alle zone climatiche. La zona climatica della
foresta pluviale, dove la media annua della piovosità è di oltre 1270 mm, presenta un fitto manto
superficiale di arbusti, felci e muschi, piante sempreverdi, palme da olio e numerose specie di alberi
dal legno duro. La varietà delle specie è elevatissima: ne sono state contate sino a 10.000. Alcuni
alberi si sviluppano in altezza sino a 60 metri. Sui rilievi del Camerun, dell'Angola, dell'Africa
orientale e di alcune regioni etiopiche crescono foreste di palme da olio, alberi dal legno duro, specie
varie di acacie.
Una zona di savana arborata, con una piovosità annua da 890 a 1400 mm, rappresenta il passaggio
dalla foresta sempreverde alle savane; vi crescono, oltre ad alberi vari di acacie, baobab, euforbie,
piante erbacee e arbustive, alberi decidui e leguminose. Nella zona della savana formata da praterie,
con una piovosità annua variabile da 500 a 890 mm, dove il numero delle specie diminuisce per le
difficoltà imposte dalla lunga stagione secca, crescono piante erbacee, arbusti e bassi alberi decidui.
La zona successiva della macchia spinosa, con una piovosità annua variabile da 300 a 510 mm,
associa una vegetazione più rada di arbusti, piante grasse e semigrasse. La zona della macchia
subdesertica, con una piovosità annua variabile da 130 a 300 mm, presenta un manto erbaceo e bassi
arbusti sparsi.
La zona desertica infine, situata in aree in cui la piovosità annua è inferiore a 130 mm, è
caratterizzata da una vegetazione sparsa e, a tratti, del tutto assente.
Fauna
In Africa si possono distinguere due grandi zone faunistiche: la zona settentrionale e nordoccidentale,
comprendente il Sahara, e la zona etiopica, comprendente tutta l'Africa subsahariana. La prima è
caratterizzata da una fauna simile a quella del continente euroasiatico, comprendente animali
addomesticati dall'uomo come pecore, capre, cavalli e dromedari. Tra le specie selvatiche si
annoverano le pecore berbere, il cervo africano e due specie di stambecchi originari della costa
africana settentrionale. Nel Sahara vivono volpi del deserto (fennec), oltre a gazzelle e topi delle
piramidi.
La zona etiopica è famosa per la sua grande varietà di animali e uccelli, molti dei quali sono oggi in
via di estinzione. Le aree boscose e le praterie costituiscono l'habitat tradizionale di numerose specie
di mammiferi, tra cui molti erbivori, come antilopi e gazzelle, zebre, giraffe, bufali, elefanti,
rinoceronti ecc., oltre a diverse specie di scimmie. Fra i carnivori, che vivono predando erbivori, ci
sono leoni, leopardi, ghepardi, iene, sciacalli e manguste. Gli ippopotami vivono nei fiumi. Il gorilla
vive nelle foreste pluviali dell'Africa equatoriale, come pure altre specie di scimmie, scoiattoli
volanti, pipistrelli e lemuri. Molti di questi animali, in particolare elefanti, rinoceronti, leopardi, leoni
e gorilla, oggi si trovano solamente in speciali riserve faunistiche, dove però risulta difficile il
mantenimento degli equilibri originari.
Gran parte dell'avifauna è quella tipica dell'Europa. Fra la selvaggina pennuta la specie più diffusa è
la faraona. Gli uccelli acquatici, in particolare pellicani, aironi giganti, fenicotteri, cicogne ed egrette,
formano colonie molto numerose. L'ibis è comune nella regione del Nilo, mentre lo struzzo vive
nell'Africa orientale e meridionale. Anche i rettili sono perlopiù originari dell'Europa, soprattutto
lucertole, coccodrilli e tartarughe. Serpenti velenosi, fra i quali il mamba, si trovano in tutta la zona
etiopica. I pitoni vivono perlopiù in Africa occidentale, i boa constrictor si trovano soltanto in
Madagascar dove sono presenti molte specie uniche al mondo. In Africa abbondano i pesci d'acqua
dolce, con oltre 2000 specie conosciute. Il continente è la dimora di numerosi insetti nocivi, in
particolare zanzare, formiche, termiti, locuste e mosche tse-tse che trasmettono la malattia del sonno
a uomini e animali.
Risorse minerarie
L'Africa, a causa della costituzione arcaica delle sue formazioni rocciose, è il continente più ricco di
minerali del pianeta; ne possiede in quantità e varietà considerevoli, benché la loro distribuzione
geografica sia ineguale. Numerosissimi sono anche i giacimenti di combustibili fossili, di carbone,
petrolio e gas naturale. In Africa si trovano inoltre alcune fra le maggiori riserve di oro, diamanti,
rame, bauxite, manganese, nichel, platino, cobalto, radio, germanio, litio, titanio e fosfati. Fra le altre
importanti risorse minerarie si segnalano minerali ferrosi, cromo, stagno, zinco, piombo, torio,
zirconio, vanadio, antimonio e berillio.
Popolazione
Il Sahara costituisce una linea di demarcazione fra le aree abitate dai popoli dell'Africa settentrionale
e quelli dell'Africa subsahariana; tuttavia il deserto non ha mai rappresentato un ostacolo agli scambi
o alla diffusione delle culture fra le regioni settentrionali e occidentali del continente. In passato, ai
popoli continentali sono stati applicati numerosi sistemi di classificazione, molti dei quali di dubbia
natura poiché basati fondamentalmente su presupposti razzisti. Oggi la ripartizione geografica appare
la più utile ai fini tassonomici.
Etnografia
La parte settentrionale dell'Africa, comprendente il Sahara, è abitata da popoli caucasoidi, perlopiù
berberi e arabi, che costituiscono circa il 25% degli abitanti del continente. A sud del Sahara vivono
popolazioni bantu che rappresentano circa il 70% della popolazione africana, mentre alcune tribù di
khoisan, san (un tempo chiamati boscimani) e koi-koi (gli ottentotti di un tempo), discendenti
probabilmente dagli strati del più arcaico popolamento, si trovano nell'Africa orientale. I pigmei,
anch'essi discendenti da antichissime popolazioni confinate nelle foreste pluviali, sono concentrati nel
bacino del Congo. Originariamente insediati nelle regioni meridionali, oggi vivono in Africa 5
milioni di discendenti degli europei. La popolazione indiana, che tocca il milione di unità, è stanziata
prevalentemente lungo le coste orientali e nella Repubblica Sudafricana.
In Africa sono stati classificati oltre 3000 gruppi etnici presso i quali prevale l'istituzione della
famiglia estesa. In gran parte del continente la famiglia è collegata a una società allargata tramite
gruppi parentali, quali i clan, che tendono a escludere i matrimoni endogeni: i loro membri si sposano
fuori dal gruppo. Spesso il villaggio è costituito da un singolo gruppo parentale di discendenza
maschile o femminile.
Demografia
Nonostante l'estesa superficie, l'Africa è abitata da appena il 12% della popolazione mondiale.
All'inizio degli anni Novanta la popolazione del continente era stimata in circa 680 milioni di
abitanti, con una densità media di circa 22 abitanti per km2. Questa stima considera vaste aree
praticamente disabitate, quali i deserti del Sahara e del Kalahari, e aree più limitate, quali la valle del
Nilo, in cui la densità demografica è molto elevata. Se si calcola la popolazione che vive in aree
coltivabili o produttive, la densità media aumenta a circa 139 abitanti per km2. La popolazione del
continente è stanziata prevalentemente lungo le coste settentrionali e occidentali, nelle aree comprese
nei bacini fluviali del Nilo, del Niger, del Congo e del Senegal, e nell'altopiano dell'Africa orientale.
Il paese più popoloso dell'Africa è la Nigeria (93.470.000 abitanti nel 1994).
In Africa il tasso di crescita demografica si aggira intorno al 3% annuo, a fronte di un tasso di circa lo
0,4% in Europa e del 2% in America. Alla diffusione dei servizi sanitari, a partire dalla seconda
guerra mondiale, si deve il netto decremento del tasso di mortalità, che è di circa il 15%, ma varia
considerevolmente da paese a paese. In gran parte dei paesi africani, circa la metà della popolazione
ha un'età inferiore ai 15 anni.
La popolazione africana è prevalentemente rurale: solo un quinto degli abitanti vive infatti in città di
oltre 20.000 abitanti. L'Africa settentrionale è la regione più urbanizzata, ma esistono singoli paesi
con elevati livelli di urbanizzazione, come lo Zambia (50%), mentre grandi metropoli sono situate in
ogni parte del continente. Le città africane che hanno una popolazione superiore al milione di abitanti
sono Il Cairo, Alessandria e Giza in Egitto; Algeri in Algeria; Casablanca in Marocco; Lagos in
Nigeria; Addis Abeba in Etiopia; Abidjan in Costa d'Avorio; Kinshasa nella Repubblica democratica
del Congo; Johannesburg, Città del Capo e Soweto nella Repubblica Sudafricana.
La crescita urbana è stata particolarmente rapida a partire dagli anni Cinquanta. Si è altresì verificato
un consistente flusso migratorio, in particolare di africani provenienti dall'Africa centrale, verso i
distretti minerari e industriali di paesi quali lo Zambia, lo Zimbabwe e la Repubblica Sudafricana, e
di africani delle regioni settentrionali e occidentali verso l'Europa, in particolare la Francia e l'Italia.
In anni recenti, lo scoppio di guerre civili in alcuni paesi africani – in particolare in Angola,
Mozambico, Etiopia, Sudan, Liberia e Ruanda – ha causato spostamenti di massa delle popolazioni,
simili agli esodi determinati da siccità e carestie. In Africa esiste la maggiore concentrazione
mondiale di profughi, comprese le popolazioni che si spostano all'interno dei propri paesi e quelle che
ne attraversano la frontiera cercando protezione.
Lingue
In Africa si parlano oltre 1000 lingue. Benché più di 50 idiomi contino almeno 500.000 parlanti, la
maggior parte delle lingue africane appartiene a esigue minoranze. A parte l'arabo, le lingue più
diffuse sono quelle franche: lo swahili (soprattutto nell'Africa orientale e meridionale) e lo hausa
(Africa orientale). Le principali famiglie linguistiche sono la nigero-cordofaniana e la nilo-sahariana,
parlate da oltre 160 milioni di persone; la camito-semitica, o afroasiatica, che predomina nell'Africa
settentrionale e nordorientale; e la khoisan, parlata dai san e dai koi-koi dell'Africa meridionale. Molti
africani, in particolare quelli dell'Africa subsahariana, sono bilingui, in quanto parlano sia la propria
lingua sia quella degli europei che colonizzarono il loro paese.
Religione
Oggi il cristianesimo è probabilmente la religione più diffusa dell'Africa. Introdotto nelle regioni
settentrionali del continente nel I secolo, nel IV secolo si diffuse in Sudan e in Etiopia, fu soppiantato
nel VII secolo dall'Islam e si riaffermò soltanto nel XIX secolo, grazie alle conquiste europee e
all'opera dei missionari. In Etiopia e in Egitto permane l'antichissima Chiesa copta.
L'Islam, professato da circa il 40% della popolazione, fu introdotto dai conquistatori arabi: si diffuse
inizialmente nell'Africa settentrionale e, nei secoli successivi, lungo il corso del Nilo, la costa
orientale e nell'Africa occidentale, seguendo le piste carovaniere che approdavano a città (come
Oualata, Timbuctu, ecc.) che erano al tempo stesso centri commerciali e centri religiosi. La prima
scuola di diritto islamica, quella malikita, predomina in gran parte dell'Africa musulmana, eccetto che
in Egitto, nel Corno d'Africa e sulla costa orientale africana.
Circa il 15% delle popolazioni africane praticano esclusivamente religioni locali o indigene,
tendenzialmente animistiche, e sia il cristianesimo sia l'Islam hanno assimilato pratiche autoctone.
Sono sorti alcuni movimenti religiosi indigeni, nati dalla fusione con credenze e riti ortodossi
cristiani. Guidati da singoli profeti, questi gruppi separatisti si sono diffusi in tutta l'Africa, ma la loro
presenza appare più estesa e influente nell'Africa meridionale e centrale.
Nell'Africa settentrionale e meridionale vivono inoltre piccole comunità ebraiche; tra queste i
falascià, che fino agli anni Ottanta erano insediati in Etiopia. Popolazioni di fede induista, buddista e
taoista sono disseminate nell'Africa orientale e meridionale.
Cultura
La cultura tradizionale africana è essenzialmente subordinata al concetto di famiglia e di gruppo
etnico. Le arti tradizionali, la musica, la letteratura orale e la danza servono a rafforzare i legami
religiosi e sociali. In passato, l'élite fortemente occidentalizzata, influenzata dalla cultura europea e
dal cristianesimo, oppose un rifiuto alla cultura locale; dopo la conquista dell'indipendenza africana
negli anni Sessanta, e il verificarsi di una sorta di rinascita culturale, questo atteggiamento è in parte
mutato. I governi tendono oggi a sostenere gruppi nazionali di danza e musica, musei e, in minor
misura, artisti e scrittori, nonostante le idee, le usanze, la musica e le mode occidentali – attraverso i
film, la radio, la televisione e i viaggi – abbiano influenzato la musica locale, i modi di vestire, gli usi
alimentari e così via, soprattutto fra i giovani. È tuttavia importante ricordare l'influenza esercitata in
Occidente dall'arte e dalla musica africane nel XX secolo: artisti come Pablo Picasso trovarono
ispirazione in opere d'arte africane. Oggi l'interesse occidentale nei confronti della musica africana ha
portato allo sviluppo della cosiddetta World Music.
Economia
La popolazione africana prima dell'età coloniale era dedita all'allevamento, all'agricoltura di
sussistenza e, in misura minore, all'artigianato e al commercio. Gran parte dei mercati erano locali,
sebbene numerosi stati avessero per secoli sviluppato sistemi di scambio a lunga distanza,
specializzazioni industriali, reti di comunicazione e commercio, e complessi organismi governativi
che regolavano il flusso mercantile. Fra questi stati si annoveravano i regni del Sahel, legati ai traffici
con il Mediterraneo attraverso il Sahara, gli imperi del Ghana, di Songhai, di Kanem-Bornu
nell'Africa centroccidentale e del grande Zimbabwe nell'Africa meridionale; i traffici mercantili
transahariani, che erano iniziati prima dell'epoca romana, continuarono fino al XIX secolo.
In Africa oro, noci di cola, rame, piume di struzzo e sale furono le principali merci d'esportazione per
centinaia d'anni prima della colonizzazione europea. L'imporsi del dominio europeo a partire dal
XVIII secolo determinò subito un incremento della domanda di schiavi, richiesti in quantità di gran
lunga superiori rispetto alle epoche precedenti: ne derivarono distorsioni e scompiglio nella vita
politica e culturale delle società africane, oltre che l'esodo di milioni di persone dalle regioni centrali
e occidentali del continente. La colonizzazione determinò la domanda estera di nuovi prodotti
agricoli e minerari e la migrazione interna di forza lavoro; furono costruiti nuovi e più veloci sistemi
di comunicazione, furono introdotte tecnologia e colture europee, non sempre del tutto vantaggiose.
Si sviluppò così un'economia di scambio. Le industrie e l'artigianato locale – manufatti tessili e in
ferro, ad esempio – spesso non reggevano la concorrenza con le merci europee più economiche e
prestigiose.
Si svilupparono nuove industrie di trasformazione oltre che porti e centri amministrativi nuovi
imposti dalla nuova organizzazione del territorio e dai nuovi modelli di vita di tipo urbano. Sorsero
varie industrie di beni di consumo per soddisfare le più recenti esigenze del mercato. Un tratto
distintivo dell'economia africana è la coesistenza di economie di sussistenza e di economie di
scambio moderne. La crescita futura dipende dalla disponibilità di capitali d'investimento, dalla
domanda mondiale di materie prime locali e dall'equità dei loro prezzi, dalla disponibilità di fonti di
energia, dalla dimensione dei mercati locali, da una possibile copertura del debito estero che paralizza
tante economie africane e dalla volontà dei paesi industrializzati di abbattere le barriere commerciali
per i beni prodotti e lavorati in Africa.
Agricoltura
Nonostante l'espansione del commercio e dell'industria, gli africani rimangono prevalentemente
dediti all'agricoltura e alla pastorizia. Nell'Africa settentrionale e nordoccidentale avena, orzo e mais
sono le più importanti colture cerealicole. Datteri, olive e agrumi sono frutto delle principali colture
arboree; si coltivano anche numerose specie di ortaggi. Capre, asini, pecore, cammelli e cavalli sono i
più importanti animali da allevamento.
Nella regione del Sahara i pastori nomadi allevano cammelli e capre e i pochi agricoltori stanziati
nelle oasi coltivano datteri e cereali. A sud del Sahara, nei territori del Sahel e nelle più fertili aree
occupate dalle savane, l'agricoltura itinerante – una pratica secondo la quale piccoli appezzamenti
vengono ricavati incendiando tratti di savana, ripuliti e coltivati per essere poi abbandonati dopo
alcuni anni – è ancora praticata, ma via via va lasciando il posto a un'agricoltura stabile. Mais, sorgo,
miglio e, lungo i fiumi, il riso sono i principali cereali coltivati nella fascia a nord delle foreste
pluviali.
Negli ambienti forestali più piovosi subentra la produzione di igname, manioca, gombo e banane,
coltivati soprattutto negli altipiani costieri e nelle aree a foresta dell'Africa centrale. L'allevamento
non può essere praticato in queste ultime zone, infestate dalla mosca tse-tse, presente in circa un terzo
del continente; per tradizione, il possesso di animali da allevare rimane tuttora indice di un relativo
benessere economico e sociale.
L'agricoltura orientata al mercato è diffusa in tutto il continente. Si producono derrate alimentari per i
mercati urbani locali, mentre chiodi di garofano, caffè, ananas, cotone, cacao, zucchero, tè, mais,
caucciù, agave, arachidi, olio di palma e tabacco sono fra i prodotti agricoli da sempre destinati
all'esportazione e all'industria. Negli ultimi 15 anni si è assistito a un significativo sviluppo della
coltivazione di nuovi prodotti per i lucrosi mercati occidentali, soprattutto europei: fagiolini, rose e
altri fiori, kiwi. Nell'Africa orientale e meridionale estese piantagioni e tenute agricole, spesso di
proprietà di società straniere o europee, sono sfruttate per la coltivazione di agrumi, tabacco, tè e altri
prodotti destinati all'esportazione.
Silvicoltura e pesca
Circa un quarto dell'Africa è ricoperto da foreste, dalle quali le popolazioni locali traggono il legname
come materia combustibile per gli usi domestici, ciò che è causa di spesso preoccupanti processi di
degrado forestale, soprattutto intorno alle città. Importante è, dal punto di vista economico, la
produzione di legni pregiati, perlopiù destinati all'esportazione. Il Gabon è il principale produttore di
okumè, un legno usato per la fabbricazione del compensato; la Costa d'Avorio, la Liberia (prima della
guerra civile), il Ghana e la Nigeria sono i principali esportatori di legno duro, molto ricercato dai
mercati occidentali, ma ormai le aree di produzione sono in via di esaurimento.
La pesca è praticata soprattutto nei laghi della Rift Valley; la pesca di mare è diffusa principalmente
per il consumo locale e ha notevole rilievo commerciale in Marocco, Senegal, Namibia, Mozambico
e nella Repubblica Sudafricana.
Risorse minerarie
L'attività estrattiva rappresenta la voce più importante per il commercio estero africano e le industrie
del settore sono fra le più sviluppate del continente. Quasi la metà delle entrate provenienti dal
commercio dei minerali è fornita dalla Repubblica Sudafricana, dove si trova la maggior
concentrazione di miniere d'oro e diamanti, oltre che di cromo, amianto, carbone e rame.
Altri paesi importanti per l'attività estrattiva sono: Libia (petrolio), Nigeria (petrolio, gas naturale,
carbone e stagno), Namibia (diamanti, uranio), Algeria (petrolio, gas naturale, minerali di ferro),
Zambia e Repubblica democratica del Congo (rame, cobalto, piombo e zinco), Zimbabwe (oro,
amianto, carbone, cromo, minerali di ferro e nichel) e Ghana (oro, bauxite e diamanti).
Si estrae petrolio anche lungo le coste africane occidentali, nel bacino del Gabon, nella Repubblica
popolare del Congo, nella Repubblica democratica del Congo e in Angola. Ricchi giacimenti di
uranio si trovano soprattutto nella Repubblica Sudafricana, nel Niger, nella Repubblica democratica
del Congo, nella Repubblica Centroafricana e nel Gabon. Nella Repubblica democratica del Congo si
trova inoltre la più grande riserva mondiale di radio. Circa il 20% delle riserve mondiali di rame sono
concentrate in Zambia, Repubblica democratica del Congo, Sud Africa e Zimbabwe. Repubblica
democratica del Congo e Zambia possiedono anche il 90% dei presunti giacimenti di cobalto del
pianeta, mentre la Sierra Leone è dotata delle maggiori riserve di titanio.
I tre quarti dell'oro mondiale provengono dall'Africa; i principali produttori sono Repubblica
Sudafricana, Zimbabwe, Repubblica democratica del Congo e Ghana. In tutte le regioni del
continente si trovano minerali ferrosi. Gran parte della ricchezza mineraria dell'Africa è stata ed è
tuttora gestita da grandi gruppi multinazionali. Negli anni recenti, i governi africani hanno acquisito
quote sempre maggiori di compartecipazione nelle operazioni economiche all'interno dei propri paesi.
Industria
Dalle industrie estrattive (minerali e petrolio) derivano quelle di trasformazione, quali raffinerie e
fonderie, dislocate in quasi tutti i paesi ricchi di minerali e dotati di adeguate disponibilità di energia.
La Repubblica Sudafricana è il più industrializzato dei paesi africani, anche se ormai gran parte di
essi sono dotati di infrastrutture industriali più o meno sviluppate; Zimbabwe e Nigeria, e in generale
i paesi nordafricani, possono vantare distretti industriali di notevoli dimensioni.
L'industria pesante (metallurgica, meccanica e dei materiali per il trasporto) è concentrata nell'Africa
meridionale e in Nigeria. Centri industriali significativi si sono sviluppati anche in Kenya, Egitto,
Marocco e Algeria. Le industrie minerarie hanno avuto una crescita notevole nella Repubblica
democratica del Congo e nello Zambia; Kenya e Costa d'Avorio hanno promosso soprattutto
l'industria tessile, leggera e dei materiali da costruzione.
In altri paesi l'attività industriale si limita alla produzione o al montaggio di beni di consumo, quali
scarpe, biciclette, prodotti tessili, alimentari e bevande. Simili industrie hanno spesso un'attività
ridotta a causa della richiesta relativamente modesta del mercato. I tentativi dei paesi africani di
sviluppare ulteriormente il settore industriale, basati sulla trasformazione dei prodotti agricoli
d'esportazione al fine di incrementarne il valore aggiunto, sono stati considerevolmente impediti dal
protezionismo dei paesi industrializzati, che impongono pesanti tariffe su tali beni. Un altro ostacolo
agli scambi commerciali è inoltre rappresentato dall'esiguo sviluppo delle vie di comunicazione fra i
paesi del continente, le quali, costruite in età coloniale, hanno un'impostazione funzionale agli
interessi dei singoli stati.
Energia
Nigeria, Libia, Algeria e Angola sono i principali produttori mondiali di petrolio; essi, insieme ad
altri paesi, come il Gabon, ne sono anche esportatori. Le esportazioni di gas naturale dall'Africa fanno
capo all'Algeria. La produzione di carbone è concentrata soprattutto in Zimbabwe e nella Repubblica
Sudafricana, benché numerosi altri paesi posseggano cospicue riserve (ad esempio, il Botswana), non
ancora sfruttate a causa della mancanza di mercati. Quasi tutto il carbone estratto in Africa è destinato
al consumo interno.
Gli aumenti del prezzo del petrolio negli anni Settanta ebbero ripercussioni negative per molti paesi
africani, poiché acuirono gravi problemi relativi alla bilancia dei pagamenti e al debito estero.
L'elevato potenziale di produzione di energia idroelettrica del continente è sfruttato solo in parte a
causa degli alti costi di costruzione, dell'inaccessibilità dei siti e della loro distanza dai mercati. Dopo
gli anni Cinquanta sono state tuttavia costruite la grande diga di Assuan sul fiume Nilo, però
principalmente destinata ad ampliare il territorio irriguo, la diga sul fiume Volta e le dighe di Kariba
e Cabora Bassa sullo Zambesi; anche il grandioso "Piano delle Acque" in via di realizzazione in
Lesotho prevede lo sfruttamento di energia idroelettrica.
Trasporti
Lo sviluppo economico di quasi tutte le nazioni africane è stato ostacolato dagli inadeguati sistemi di
trasporto. Gran parte dei paesi si affida a reti stradali spesso costituite da percorsi accidentati che
diventano intransitabili durante la stagione delle piogge. Le reti stradali e ferroviarie costruite durante
il periodo coloniale tendevano a collegare le zone interne ai centri lungo la costa. Dopo la
decolonizzazione sono stati realizzati nuovi collegamenti stradali, ferroviari e aerei. I sistemi di
trasporto ferroviario e marittimo sono maggiormente sviluppati nell'Africa meridionale.
Commercio
Le economie di gran parte dei paesi africani sono affidate all'esportazione di uno o pochi altri
prodotti, e ciò le rende deboli ed esposte a notevoli rischi. I flussi commerciali sono orientati perlopiù
verso i paesi industrializzati, interessati all'acquisto di materie prime e all'esportazione di beni
industriali e di consumo. Il commercio fra gli stati africani è limitato dalla natura concorrenziale più
che complementare dei loro prodotti e in misura decrescente dalle barriere commerciali (tariffe
doganali e di cambio). Un ulteriore ostacolo è rappresentato dalle valute, che hanno corso legale
solamente all'interno di ciascun paese o di alcuni gruppi di paesi: ciò costringe a regolare gran parte
degli scambi in dollari USA o in sterline UK.
Quasi tutte le ex colonie britanniche in Africa continuano a godere di relazioni di libero scambio con
la Gran Bretagna e a conservare le proprie riserve monetarie a Londra. Le ex colonie francesi hanno
perlopiù mantenuto stretti legami con la Francia e appartengono per la maggior parte all'area del
franco. Inoltre, quasi tutti gli stati africani intrattengono rapporti economici con l'Unione Europea, in
virtù della Convenzione di Lomé, e beneficiano di riduzioni delle tariffe doganali. Pochi organismi
economici interafricani si sono formati e hanno avuto successo. I più duraturi sono la Comunità
economica degli stati dell'Africa occidentale e la Comunità economica degli stati centroafricani;
quelli di maggior successo sono la Comunità di sviluppo dell'Africa meridionale e l'Area di scambio
preferenziale degli stati dell'Africa orientale e meridionale. L'Organizzazione per l'unità africana
(OUA) promuove inoltre il commercio e lo sviluppo economico fra i paesi del continente.
Storia
Si ritiene comunemente che l'Africa sia stata la culla della razza umana, come testimoniano le
scoperte archeologiche e, in anni più recenti, alcune indagini genetiche. Circa 5 milioni di anni or
sono nell'Africa meridionale e orientale viveva un tipo di ominide, parente stretto, sotto il profilo
evolutivo, degli uomini odierni. Oltre 1,5 milioni di anni fa questo ominide, che era in grado di
fabbricare utensili di pietra, si sviluppò nelle forme più avanzate di Homo habilis e Homo erectus.
L'Homo sapiens apparve in Africa oltre 200.000 anni or sono.
La prima grande civiltà africana ebbe inizio nella valle del Nilo intorno al 5000 a.C. Essendo basati
sull'agricoltura, questi insediamenti trassero beneficio dalle inondazioni del Nilo per l'irrigazione e la
formazione di nuovi suoli. La necessità di controllare le piene del Nilo portò gradualmente alla
costituzione di complessi organismi statali, sorretti da elaborati sistemi politici e religiosi (vedi
Antico Egitto). Il regno d'Egitto intrattenne rapporti con le altre civiltà mediterranee e, in minore
misura, con quelle africane per molti secoli. Nell'alta valle del Nilo si svilupparono le civiltà di
Meroë e di Aksum.
Nel periodo compreso tra la fine del III secolo a.C. e l'inizio del I secolo d.C., Roma aveva
conquistato l'Egitto, Cartagine e altre regioni dell'Africa settentrionale; queste aree divennero i granai
dell'impero romano (vedi Africa proconsolare). La dominazione romana dell'Africa settentrionale
ebbe termine nel V secolo con la conquista dei vandali. Nel VI secolo la regione fu riconquistata da
Belisario, entrando a far parte dell'impero bizantino.
L'epoca degli imperi e delle città-stato
Gli eserciti islamici invasero l'Africa nel primo decennio successivo alla morte di Maometto,
avvenuta nel 632, e rapidamente schiacciarono la resistenza bizantina in Egitto.
Africa settentrionale
Dalle loro basi in Egitto gli arabi invasero gli stati berberi a occidente e nell'VIII secolo
conquistarono il Marocco. Mentre i berberi della costa cominciarono a convertirsi all'Islam, molti
altri si ritirarono nelle montagne dell'Atlante o, più oltre, nel Sahara. Le minoranze arabe istituirono
ordinamenti autocratici in Algeria e in Marocco. Gli stati cristiani di Alwa e Maqurra, nel territorio
dell'attuale Sudan, caddero in mano araba, mentre solo il regno cristiano di Nobazia fu abbastanza
forte da resistere agli invasori e impose la conclusione di un trattato che gli assicurò l'indipendenza
per 600 anni. Lungo la costa i conquistatori arabi restarono una piccola minoranza dominante per
diversi secoli.
Gli scambi commerciali attraverso il Sahara, praticati da millenni, ricevettero nuovo impulso nel
corso dell'VIII secolo. I capi delle carovane e gli uomini di religione diffusero nuovi valori politici,
religiosi e sociali presso i popoli che incontravano lungo la via. I musulmani penetrarono in Africa
anche dallo Yemen e fondarono una serie di città-stato quali Adal e Haràr: il Mar Rosso divenne così
dominio dei mercanti musulmani.
Sulla costa dell'Africa settentrionale emersero numerose dinastie rivali. Nell'VIII secolo i musulmani
nordafricani conquistarono gran parte della penisola iberica. All'epoca delle crociate pochi stati
islamici molto progrediti dominavano il Mediterraneo meridionale e orientale. Nel secolo XIV il
Sudan cristiano fu sconfitto dagli eserciti dei mamelucchi di Egitto. Gli ottomani conquistarono
l'Egitto nel 1517; il potere reale rimase tuttavia nelle mani dei mamelucchi che governarono il paese
fino al 1798, anno in cui furono sconfitti da Napoleone I. Gli etiopi furono sopraffatti dalle forze del
sultanato di Adal, ma sconfissero (1542) i musulmani con l'aiuto del Portogallo.
Africa occidentale
Numerosi regni sorsero nell'Africa occidentale e, precisamente, nella regione del Sahel; la loro
economia si basava sul controllo delle vie commerciali transahariane. Oro e schiavi, provenienti dalle
regioni più a sud, venivano ceduti in cambio di tessuti, utensili, sale e armi che giungevano da
settentrione.
Ghana
Il primo di questi stati, il regno del Ghana, era sorto intorno al V secolo d.C. nel territorio dell'attuale
Mauritania. Nell'XI secolo il Ghana s'impadronì delle vie commerciali che si estendevano dal
Marocco a nord fino alle foreste litoranee e alle zone aurifere dell'Africa occidentale, a sud. I nomadi
berberi della confederazione Sanhaja (la parte centrale della Mauritania odierna) rappresentavano il
legame principale fra il Ghana e le regioni a nord. Dopo la conquista delle coste nordoccidentali
africane, gli arabi iniziarono a sfruttare queste vie commerciali. All'inizio dell'XI secolo presso la
corte del Ghana si trovavano consiglieri musulmani e numerosi mercanti di fede islamica che
vivevano in vasti quartieri per stranieri da cui conducevano fiorenti commerci. Alla fine dell'XI
secolo il regno del Ghana fu conquistato dagli Almoravidi, che in seguito si spinsero anche a nord
alla conquista del Marocco e della Spagna. Durante il XII secolo il regno di Sosso del Fouta Djalon,
già vassallo del Ghana, prese il sopravvento nella regione, ma cadde sotto il dominio dell'impero del
Mali intorno al 1240.
Mali e Songhai
Situato intorno ai tratti superiori dei fiumi Senegal e Niger, l'impero del Mali si sviluppò all'inizio
dell'XI secolo da un gruppo di tribù mande. Alla metà del secolo XIII, lo stato conobbe un periodo di
espansione sotto la guida del sovrano Sundjata Keita e si convertì all'Islam. L'impero del Mali
raggiunse l'apogeo sotto Musa, che compì un pellegrinaggio alla Mecca nel 1324-25, strinse relazioni
diplomatiche con Tunisi e con l'Egitto e fece arrivare nell'impero numerosi studiosi e artigiani
musulmani; dall'epoca di Musa in avanti, il Mali comparve nelle carte dell'Europa. Dopo il 1400
l'impero cadde in declino e nel ruolo di stato guida emerse il Songhai, nel Sudan occidentale (zona
del Sahel). Il periodo di maggiore espansione di questo stato coincise con il regno di Sunni Ali e
Askia Muhammad; durante il regno di quest'ultimo l'Islam conobbe una grande fioritura a corte e
Timbuctu divenne uno dei principali centri della cultura islamica, famosa per la sua università e il
commercio di libri. Attratti dalla ricchezza del regno, gli eserciti di al-Mansur del Marocco
annientarono Gao, la capitale del Songhai, nel 1591. In seguito al crollo del Songhai, numerosi
piccoli regni – Macina, Gonja, Ségou, Kaarta – tentarono di stabilire un dominio sul Sudan
occidentale, ma ne conseguirono solamente conflitti permanenti e declino economico.
Gli stati hausa e Kanem-Bornu
A est del Songhai, tra il fiume Niger e il lago Ciad, sorsero e si svilupparono le città-stato degli hausa
e il regno di Kanem-Bornu. Gli stati hausa (Biram, Daura, Katsina, Zaria, Kano, Rano e Gobir)
ebbero origine prima del X secolo; dopo la caduta del Songhai, il commercio transahariano si
indirizzò verso oriente, dove finì sotto il controllo di Katsina e Kano. Queste città divennero centri di
floridi commerci e prospera vita urbana. L'Islam fu introdotto negli stati hausa nel secolo XIV.
Il regno di Kanem-Bornu esisteva già nell'VIII secolo quale stato dalla struttura incerta, a nord e a est
del lago Ciad. Inizialmente fu dominio di una popolazione nomade, gli zaghawa, sopraffatta in
seguito dalla dinastia dei saifawa. I nuovi dominatori si convertirono all'Islam nel secolo XI. Alla fine
del XIV secolo, spinti dall'invasione della regione da parte dei bulala, i sultani del Kanem si
spostarono nel Bornu. Il sovrano più noto del Bornu fu Idris Aluma (1580-1617). Nel suo apogeo, il
Kanem-Bornu controllava le vie commerciali del Sahara orientale, che collegavano l'Africa centrale
alla Libia e all'Egitto; alla metà del secolo XVII ebbe tuttavia inizio il suo lento declino.
Diffusione dell'Islam
Durante l'epoca dei grandi imperi sudanesi (X-XVI secolo), la vita di contadini, pastori e pescatori
rimase praticamente immutata, e questi continuarono a praticare le religioni tradizionali. L'Islam si
diffuse nei grandi centri urbani, tra le classi sociali più elevate e gli stranieri. Dalla fine del XV
secolo ebbe inizio la predicazione dei nomadi arabi kunta e, alla metà del secolo XVI, le confraternite
della Qadiriyya cominciarono a diffondere l'Islam in tutto il Sudan occidentale. All'incirca nello
stesso periodo i fulani, un popolo di pastori nomadi, migrarono verso oriente dalla regione senegalese
del Futa Toro, conquistando numerosi fedeli all'Islam. L'Islam tuttavia subì un certo declino presso le
classi dominanti, tanto che dinastie non islamiche regnarono in alcune vecchie roccaforti musulmane
fino al secolo XVIII.
Agli inizi del XIX secolo l'Islam riprese vigore nel Futa Toro e in altre regioni africane, spesso come
reazione alla penetrazione coloniale europea, e si diffuse tra i fulani, i mandingo, i soso e i tukolor.
Rovesciate le antiche dinastie, sorsero stati teocratici che diffusero l'Islam in nuove regioni. Negli
stati hausa, Usuman dan Fodio guidò una rivolta contro i fulani i quali, fra il 1804 e il 1810,
scacciarono i sovrani hausa e diedero origine a nuove dinastie. Ma un tentativo di incursione nel
Bornu incontrò la resistenza, coronata da successo, del capo religioso al-Kanemi. Dopo la morte di
Usuman, il potere passò nelle mani del figlio Muhammad Bello (1817).
Un altro stato teocratico si formò in Macina nel 1818 a opera di Seku Ahmadu, che lanciò una jihad
contro i bambara animisti e creò un regno che abbracciava l'intera regione del fiume Niger, da Jenne
a Timbuctu. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1844, gli succedette il figlio, ma nel 1862 lo stato cadde
nelle mani di un altro riformatore islamico, al-Hajj Umar, che creò il vasto impero tukolor nella
regione del Senegal prima di morire nel 1864.
Africa orientale
Le prime testimonianze storiche dell'Africa orientale compaiono nel Periplo del Mare Eritreo
(compilato da una marinaio greco intorno al 100 d.C.), che descrive la vita economica della regione e
i suoi legami con il mondo al di là dell'Africa. Durante il primo millennio dell'era cristiana
immigranti indonesiani raggiunsero il Madagascar impiantando nuove coltivazioni, in particolare
quella delle banane, e nuovi sistemi di irrigazione. Popoli di lingua bantu si insediarono
nell'immediato interno organizzandosi in clan e assimilando i popoli khoisan. Mercanti arabi si
insediarono sulla costa, avviando l'esportazione di oro, avorio e schiavi e in seguito fondarono alcune
città-stato, tra cui Mogadiscio, Malindi, Lamu, Mombasa, Kilwa, Pate e Sofala. Le classi dominanti
erano formate da meticci arabo-indo-africani; la popolazione era di etnia bantu, perlopiù ridotta in
schiavitù. Queste città-stato mercantili erano orientate verso il mare e il loro influsso politico sui
popoli dell'interno fu praticamente inesistente fino al XIX secolo.
Gli stati complessi e progrediti della regione dei laghi conobbero i primi sviluppi nel secolo XIV, ma
ben poco si conosce della loro storia più antica. Secondo alcuni, i popoli cusciti scesero dagli altipiani
etiopici per dominare gli indigeni bantu. Si ritiene che cusciti siano gli antenati dei popoli tutsi degli
odierni stati di Tanzania, Ruanda e Burundi. Situati fra i laghi Vittoria ed Edoardo, i primi regni
fiorirono prima del 1500, allorché furono sopraffatti da una prima ondata di popoli luo, provenienti
dal Sudan. Tra i grandi stati che si formarono nella regione, quello del Bunyoro fu il più potente fino
alla seconda metà del XVIII secolo. In seguito iniziò l'espansione del Buganda; fu allora istituita una
complessa burocrazia centralizzata, in base alla quale gran parte dei capi dei distretti e delle
organizzazioni territoriali erano nominati dal re (il kabaka).
Più a sud, nel Ruanda e nel Burundi, un'aristocrazia di allevatori tutsi dominò i popoli bantu, dal XVI
secolo in poi.
Africa centrale
A partire dal IX secolo nella savana congolese popoli di lingua bantu fondarono comunità di
agricoltori. In alcune regioni si sviluppò uno scambio commerciale con la costa orientale, soprattutto
di rame e avorio. Nel corso del XIV secolo fu fondato il regno del Congo, che dominava una regione
dell'attuale Angola, compresa tra i fiumi Congo e Loge e tra il fiume Cuango (Kwango) e l'Atlantico.
Qui si sviluppò un complesso sistema politico che faceva capo a numerosi governatori provinciali e,
in ultima istanza, a un sovrano scelto fra i discendenti del re fondatore Wene.
Nella zona fra il corso superiore del Kasai e il lago Tanganica intorno al 1500 piccoli regni bantu
furono uniti, dal mitico capo Nkongolo, in un impero. La mancanza di adeguati strumenti di
centralizzazione causò tuttavia ripetute lotte dinastiche e scissioni fra gli stati. Intorno al 1600 un
giovane erede della dinastia abbandonò il regno e fondò l'impero lunda, che ebbe brevissima vita. I
membri della casa reale partirono così alla conquista di nuovi territori e fondarono i regni di Bemba,
Kasanje e Kazembe. Quest'ultimo, il più esteso e potente degli stati luba-lunda, fra il 1750 e il 1850
dominò lo Shaba meridionale e parti dell'altopiano dello Zimbabwe.
Africa meridionale
La tradizione orale e l'archeologia non consentono una conoscenza precisa del popolamento
dell'Africa australe. Gli shona, discendenti dei karanga, costituirono vari regni a partire dall'XI
secolo, in particolare quello dello Zimbabwe. Essi si organizzarono in seguito in varie federazioni, tra
cui la più nota è il regno di Mwene Mutapa, la cui prosperità si basò sull'oro e sul commercio del
rame. Al suo apogeo, nel secolo XVI, l'influenza del regno si estendeva dal fiume Zambesi al
Kalahari, all'oceano Indiano e al fiume Limpopo.
Prima del secolo XIX alcuni popoli di lingua bantu avevano allontanato o assimilato popolazioni
khoisan e costituito numerosi stati. All'inizio del XIX secolo la pressione demografica e lo scoppio di
carestie portarono a una serie di guerre e di migrazioni su larga scala (le mfecane) che coinvolsero
tutta l'Africa meridionale e centrale. Le mfecane ebbero inizio intorno al 1816, quando il re zulu
Chaka sviluppò nuove tecniche militari e si impegnò in guerre di conquista contro i popoli vicini. Le
tribù sconfitte migrarono dalle regioni sudorientali dell'Africa meridionale e, avendo appreso nuove
tecniche di battaglia dagli zulu, annientarono popoli che vivevano in regioni più remote e che, a loro
volta, furono costretti a cercare nuove terre. Gli ndwandwe, guidati da Sobhuza, si spinsero a nord
dove, intorno al 1820, fondarono il regno Swazi. Anche gli ngoni si spinsero a nord, attraversando il
Mozambico e oltrepassando il lago Malawi; nel 1848 costituirono cinque regni che compirono
ripetute incursioni fra il lago Vittoria e lo Zambesi. Un altro gruppo, guidato da Soshangane, migrò
nel Mozambico meridionale, dove fondò lo stato di Gaza nel 1830 circa. I kololo migrarono verso
nord, dove si scontrarono con i lozi. Gli ndebele si spinsero a occidente (1824-1834) e a nord (1837)
nella regione dell'odierno Zimbabwe, fondando un regno nel Matabeleland.
L'imperialismo europeo
Con Enrico il Navigatore, i portoghesi iniziarono l'esplorazione delle coste africane. Numerose
spedizioni vennero organizzate a partire dal 1420, e ciascuna ampliò la conoscenza della costa
africana in direzione sud fino a quando, nel 1497-98, Vasco da Gama doppiò il Capo di Buona
Speranza.
Le esplorazioni dei portoghesi obbedivano a diversi impulsi: sete di conoscenza, desiderio di
conquista, ricerca di potenziali alleati contro la minaccia islamica e speranza di scoprire nuove e
lucrose rotte commerciali verso oriente. Ai portoghesi seguirono gli inglesi, i francesi e gli olandesi,
che sconvolsero i sistemi economici e politici esistenti e avviarono lo sfruttamento delle risorse delle
regioni africane e la tratta degli schiavi.
Rotte commerciali
I portoghesi fondarono numerosi insediamenti commerciali lungo la costa africana occidentale: il
principale fu El Mina, sorto sulla Costa d'Oro nel 1482. Di fatto gli europei ritenevano che soltanto
questa zona e le regioni del Congo e di Luanda fossero favorevoli ai commerci. Oro, avorio, derrate
alimentari e schiavi africani venivano scambiati con ferro, armi da fuoco, tessuti e derrate alimentari.
I portoghesi attirarono i mercanti di altri paesi europei, i quali, nel XVI secolo, crearono nuove
postazioni commerciali o cercarono di monopolizzare i traffici esistenti.
Nell'Africa occidentale i nuovi sviluppi del commercio ebbero considerevoli ripercussioni. In
precedenza le rotte commerciali erano dirette a nord, attraverso il Sahara, soprattutto verso il mondo
musulmano; in seguito il flusso mercantile cominciò a dirigersi verso la costa e, quando gli stati della
savana decaddero sotto il profilo economico, gli stati situati sul mare accrebbero le loro ricchezze e il
loro potere. In breve tempo entrarono tra loro in conflitto per il controllo delle rotte commerciali e per
l'acquisizione delle nuove armi da fuoco introdotte dagli europei.
La tratta degli schiavi
Con l'inizio del commercio degli schiavi verso le Americhe i conflitti per il controllo dei traffici
mercantili africani si acuirono. Durante i quattro secoli in cui si praticò la tratta degli schiavi, milioni
e milioni di africani furono vittime di questo traffico di vite umane. Il primo regno importante che
trasse profitto dalla tratta degli schiavi fu il Benin. Dalla fine del secolo XVII esso fu soppiantato dai
regni del Dahomey e dell'Oyo.
Alla metà del XVIII secolo gli ashanti assursero a principale potenza africana. Durante il regno
dell'asantehene (re) Osei Kojo (1764-1777), gli eserciti ashanti si spinsero verso le stazioni
commerciali europee situate lungo la Costa d'Oro. Essi si assicurarono regolari rifornimenti di armi
da fuoco che utilizzarono per espandersi a nord e combattere contro il Dahomey per il dominio delle
frontiere orientali. Più a est il regno yoruba di Oyo tramontò alla fine del XVIII secolo, con lo
scoppio della guerra civile e l'intervento delle forze fulani dal nord. Intorno al 1835 la capitale
imperiale venne abbandonata e nella battaglia di Oshogbo (1840 ca.) i fulani furono respinti. Le
guerre civili durarono fino al 1893, quando il regno yoruba si disgregò in numerosi stati rivali.
Al volgere del secolo XVIII la Gran Bretagna iniziò ad assumere un atteggiamento contrario alla
tratta degli schiavi. Dopo la risoluzione di Mansfield del 1772, la Gran Bretagna decise di fondare in
Africa occidentale una colonia destinata agli ex schiavi. Il primo tentativo (1787-1790) a St George's
Bay (nell'attuale Sierra Leone) fallì; un secondo tentativo fu compiuto dagli abolizionisti che, nel
1792, fondarono Freetown. Dopo aver proibito la tratta degli schiavi nel 1807, i britannici fecero di
Freetown un'utile base per condurre operazioni navali contro tale commercio; nel 1808 la Sierra
Leone divenne una colonia della corona britannica. L'esempio della Sierra Leone attrasse gli
americani interessati all'emancipazione dei neri e, all'inizio del 1822, l'American Colonization
Society fondò una colonia, la Liberia, nel vicino Capo Mesurado.
Espansione britannica
Il disegno britannico di sopprimere il commercio degli schiavi (per ragioni sia umanitarie sia
economiche: gli schiavi fornivano alla concorrenza manodopera a basso costo) trovò espressione nei
tentativi di riorientare il commercio africano verso altre esportazioni, ad esempio l'olio di palma, nel
rafforzamento dell'attività missionaria e nell'imposizione della legge della Gran Bretagna su territori
precedentemente posseduti da mercanti britannici. Tali sviluppi coinvolsero spesso il Regno Unito in
conflitti con gli stati africani e lo indussero a dichiarare la propria sovranità su crescenti porzioni di
territorio. Nel 1821 il governo britannico assunse il controllo di una serie di fortificazioni in Costa
d'Oro. Due anni dopo, scoppiò la prima di una serie di guerre fra britannici e ashanti, che durò fino al
1826; questi conflitti si sarebbero protratti a lungo: i britannici riuscirono a sottomettere stabilmente
gli ashanti solo nel 1900. Nel delta del Niger, in Nigeria, l'abolizione della schiavitù determinò lo
sviluppo del commercio dell'olio di palma e la necessità di fondare un porto; i britannici erano inoltre
ansiosi di allontanare i mercanti di schiavi dagli stati del delta (Calabar, Bonny e Brass). Nel 1852, di
conseguenza, essi costrinsero il sovrano di Lagos ad accettare la protezione britannica e nel 1861
Lagos fu annessa dal Regno Unito quale colonia della corona.
Africa centrale e orientale
Nell'Africa centrale e orientale l'influenza europea ebbe conseguenze diverse. Giunti sulla costa
congolese e angolana verso la fine del XV secolo, i portoghesi si allearono subito con i sovrani del
Congo che si convertirono al cristianesimo e cercarono di creare uno stato ispirato alle istituzioni
occidentali. Il loro proposito fallì a causa delle guerre fratricide e dell'introduzione, da parte dei
portoghesi, della tratta degli schiavi. Ben presto la regione fu teatro di aspri conflitti e, nel corso del
secolo XVI, il regno crollò. Più a sud i portoghesi fondarono Luanda, nel 1575, e la utilizzarono
come base per penetrare nell'interno dell'Angola: da qui proveniva circa la metà degli schiavi inviati
nelle Americhe. Approdati sulla costa africana orientale, i portoghesi cercarono di ostacolare il flusso
commerciale verso il mondo musulmano, con il risultato che molte città-stato vennero distrutte, altre
furono occupate e l'intera regione si trovò ad affrontare una profonda crisi economica.
Nel 1698 la costa orientale africana tornò sotto il dominio di governanti locali, ma durante il XVIII
secolo passò sotto il controllo dei sultani dell'Oman. All'inizio del XIX secolo il sultano Sayyid Said,
sovrano dell'Oman, trasferì la sede del sultanato a Zanzibar, sfruttata in seguito per rafforzare il
controllo sulla costa, penetrare all'interno e commerciare con gli stati della regione dei laghi. I
tentativi britannici di controllare il commercio degli schiavi in Africa orientale, di minor rilievo
rispetto alla tratta gestita dagli europei in Africa occidentale, culminarono in un trattato, siglato nel
1822, che proibiva la vendita di schiavi a sudditi di paesi cristiani. Il trattato non pose tuttavia fine
alla tratta: moltissimi africani furono catturati e destinati alle piantagioni di chiodi di garofano a
Zanzibar e ai mercati del Medio Oriente.
In Etiopia l'arrivo dei portoghesi aveva ostacolato la conquista musulmana. Nel 1542 gli etiopi
respinsero i musulmani con l'aiuto dei portoghesi, che, nel 1632, in seguito a dispute religiose, furono
cacciati dal regno etiope. In seguito l'Etiopia entrò in un periodo di isolamento e di declino e venne
frazionata in una serie di piccoli regni governati da signori locali (i cosiddetti ras). Teodoro II, con
l'aiuto del clero, nel 1855 sottomise gran parte dei feudatari e fondò un impero.
Africa meridionale
I portoghesi ignorarono in larga misura l'Africa meridionale, ma i loro rivali, gli olandesi, a partire
dal 1652 valorizzarono la zona quale scalo sulla via delle Indie. Per un breve periodo i coloni furono
incoraggiati a insediarsi intorno a Città del Capo; si svilupparono così una nuova cultura e un nuovo
popolo, i boeri o afrikaner. Nonostante l'opposizione del governo di Londra, i boeri iniziarono a
penetrare nell'interno per cercare terre migliori e, dopo il 1815, per sfuggire al controllo britannico.
Durante queste incursioni si imbatterono negli zulu e in altri popoli bantu con i quali entrarono in
conflitto per il possesso dei territori. Nel corso delle loro migrazioni i boeri furono tra i primi bianchi
a esplorare le regioni interne dell'Africa.
La spartizione del continente
Alla fine del XVIII secolo l'interesse per la scienza e la ricerca di nuovi mercati diedero impulso a
una nuova epoca di esplorazioni. L'esploratore britannico James Bruce giunse alla sorgente del Nilo
nel 1770, mentre il suo conterraneo Mungo Park esplorava (1795 e 1805) il corso del fiume Niger.
L'esploratore tedesco Heinrich Barth si avventurava nella parte occidentale del Sahel sudanese,
mentre il missionario scozzese David Livingstone esplorava il fiume Zambesi e nel 1855 attribuiva il
nome di Vittoria alle cascate che la popolazione locale chiamava Musi-Ua-Tonya ("il fiume che
tuona"). Seguivano gli esploratori (e talvolta li precedevano) i missionari cristiani e, al loro seguito, i
mercanti.
All'ampliamento degli interessi privati europei in Africa corrispose il maggiore coinvolgimento dei
loro governi. I francesi cominciarono la conquista dell'Algeria e del Senegal nei primi decenni del
secolo XIX, ma l'occupazione sistematica dell'Africa tropicale avvenne soltanto nella seconda metà
del secolo. Dal 1880 al 1905, in seguito al congresso di Berlino, gran parte dell'Africa fu suddivisa tra
Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Portogallo. Nel 1876 il re Leopoldo II del Belgio
istituì l'Associazione internazionale del Congo, una società privata per l'esplorazione e la
colonizzazione della regione diretta da Henry Morton Stanley. Dal 1884 la forte rivalità fra le potenze
europee in cerca di ulteriori acquisizioni territoriali e i limiti mal definiti delle loro diverse società
costituivano una minaccia per le relazioni internazionali. Per risolvere questi problemi fu convocato il
congresso di Berlino, al quale parteciparono delegati delle nazioni europee e degli Stati Uniti.
Durante il congresso (1884-85) le potenze europee definirono la loro sfera di influenza e stabilirono
le norme per la futura occupazione delle coste africane e per la navigazione dei fiumi Congo e Niger.
Fu stabilita inoltre la norma in base alla quale, quando una potenza acquisiva nuovi territori in Africa
o assumeva il protettorato di una regione del continente, avrebbe dovuto darne notizia alle altre
potenze firmatarie. Durante i successivi 15 anni le nazioni europee sottoscrissero numerosi trattati,
con i quali si dava attuazione e si modificavano le disposizioni della conferenza. Due furono
sottoscritti dalla Gran Bretagna nel 1890: il primo, con la Germania, delimitava le sfere di influenza
delle due potenze in Africa; il secondo, con la Francia, riconosceva gli interessi britannici nella
regione fra il lago Ciad e il fiume Niger e legittimava l'influenza francese nel Sahara. Altri accordi, in
particolare quelli fra Gran Bretagna e Italia del 1891, tra Francia e Germania del 1894 e fra Gran
Bretagna e Francia del 1899, definirono ulteriormente i limiti delle varie società europee operanti in
Africa.
La resistenza africana
Nessuno stato africano presenziò al congresso di Berlino e nessuno di essi fu tra i firmatari degli
accordi che ne scaturirono. Quando fu possibile, le decisioni prese in Europa vennero contrastate al
momento della loro applicazione sul suolo africano. I francesi affrontarono una rivolta in Algeria
(1870) e incontrarono forti resistenze (1881-1905) ai loro tentativi di controllare il Sahara. Nel Sudan
occidentale il sovrano mandinka Samory Touré e Ahmadu, il figlio e successore di al-Hajj Umar
dello stato tukolor, cercarono di conservare l'indipendenza, ma entrambi furono sconfitti dai francesi:
Ahmadu nel 1893 e Samory cinque anni dopo. Il Dahomey venne occupato dalle forze francesi nel
1892; la regione del Wadai fu l'ultima a cadere nelle mani della Francia nel 1900.
Gli amministratori britannici incontrarono un'analoga resistenza da parte di boeri e zulu in Africa
australe, negli anni 1880-81 e 1899-1902. I coloni britannici e boeri conquistarono il Matabeleland
nel 1893 e, tre anni dopo, sia i matabele (ndebele) sia gli shona si ribellarono. A più riprese, nel 189394, nel 1895-96 e nel 1900, scoppiarono rivolte nella regione degli ashanti e in Sierra Leone (1897).
Anche la conquista britannica degli stati fulani-hausa incontrò resistenza (1901-1903). Il Sokoto
insorse nel 1906. I tedeschi affrontarono l'insurrezione degli herero nell'Africa sudoccidentale (19041908).
Soltanto gli etiopi guidati dall'imperatore Menelik II (regnante nel periodo 1889-1909) resistettero
con successo alla conquista europea, annientando le truppe italiane nella battaglia di Adua nel 1896.
Il nazionalismo africano
Una volta conquistati e pacificati i territori, le amministrazioni europee diedero avvio allo sviluppo
dei sistemi di trasporto per facilitare l'imbarco delle materie prime provenienti dalle regioni
dell'interno e destinate all'esportazione; le potenze coloniali istituirono anche sistemi fiscali che
prevedevano il pagamento delle imposte in natura o attraverso forme di lavoro non remunerato per la
costruzione delle infrastrutture. Entrambe queste politiche erano bene avviate quando scoppiò la
prima guerra mondiale. Nel corso del conflitto, i territori tedeschi nell'Africa occidentale e
sudoccidentale furono conquistati e in seguito affidati in mandato dalla Società delle Nazioni alle
varie potenze alleate. Migliaia di africani furono arruolati o impiegati come portatori dagli eserciti
alleati. L'opposizione alla guerra si limitò alla ribellione di breve durata di John Chilembwe (1915),
un prete africano, nel Nyasaland (oggi Malawi).
Dopo la prima guerra mondiale, lo sfruttamento delle colonie fu mitigato dagli sforzi volti a fornire
alle popolazioni un'istruzione e servizi sociali di base. Le colonie con insediamenti di bianchi, quali
l'Algeria, la Rhodesia meridionale (oggi Zimbabwe) e il Kenya, furono tuttavia dotate di importanti
organi di autogoverno. La Rhodesia meridionale divenne una colonia britannica con un proprio
governo autonomo nel 1923, ma gli africani non ebbero diritto di voto.
Negli anni fra le due guerre, cominciarono a emergere numerosi movimenti africani di protesta e
nazionalisti, per iniziativa di gruppi di africani educati in Occidente, ma soltanto in Algeria e in
Egitto nacquero partiti di massa. L'Etiopia, che aveva resistito con successo alla colonizzazione
europea, perse la sua libertà a causa dell'invasione italiana del 1936 e non riconquistò l'indipendenza
fino alla seconda guerra mondiale. Con lo scoppio della guerra gli africani combatterono negli
eserciti degli Alleati, di cui le colonie sostennero la causa. I combattimenti nel continente, limitati
alle regioni settentrionali e nordorientali, ebbero termine nel maggio del 1943.
La nuova Africa
Dalla seconda guerra mondiale le potenze coloniali europee uscirono economicamente e
psicologicamente indebolite, mentre era cresciuto il ruolo internazionale delle superpotenze
statunitense e sovietica. Nelle colonie francesi dell'Africa settentrionale, dal 1947 in poi si sviluppò
un forte movimento nazionalista. La rivoluzione algerina ebbe inizio nel 1954 e proseguì fino al
1962, anno in cui il paese ottenne l'indipendenza, già raggiunta dal Marocco e dalla Tunisia nel 1956.
Nell'Africa subsahariana francese il presidente Charles De Gaulle aveva cercato di prevenire i
movimenti nazionalistici garantendo agli abitanti dei territori d'oltremare lo status di cittadini a pieno
titolo e consentendo a deputati e senatori di ciascun territorio di sedere nel parlamento francese. Ma i
limiti al diritto di voto e alla rappresentanza di ciascun territorio si rivelarono inaccettabili.
Nelle colonie britanniche il ritmo del cambiamento accelerò dopo la guerra. Cominciarono ad
apparire partiti di massa che accoglievano la schiera più ampia possibile di gruppi sociali, etnici ed
economici. Nel Sudan, i disaccordi fra l'Egitto e la Gran Bretagna circa l'orientamento
dell'autogoverno sudanese indussero i britannici a concedere l'indipendenza nel 1954. Durante gli
anni Cinquanta gli esempi delle nazioni di recente indipendenza, la rivolta dei Mau-Mau in Kenya e
l'abilità di alcuni leader popolari africani come Kwame Nkrumah produssero nuovi impulsi
indipendentisti. Il Ghana ottenne l'indipendenza nel 1957, la Guinea nel 1958. Soltanto nel 1960
nacquero ben diciassette nazioni africane sovrane.
Alla fine degli anni Settanta, quasi tutta l'Africa era indipendente. I possedimenti portoghesi –
Angola, Capo Verde, Guinea-Bissau e Mozambico – raggiunsero finalmente l'indipendenza nel 197475, dopo anni di violenti conflitti. La Francia rinunciò alle isole Comore nel 1975 e Gibuti ottenne
l'indipendenza nel 1977. Nel 1976 la Spagna abbandonò il Sahara spagnolo, che fu poi suddiviso fra
Mauritania e Marocco; qui però si continuò a combattere una dura guerra per l'indipendenza (vedi
Sahara Occidentale). La Mauritania cedette la sua parte nel 1979, ma il Marocco, prendendo il
sopravvento sull'intero territorio, continuò a combattere il locale Fronte Polisario.
Lo Zimbabwe conquistò l'indipendenza nel 1980. L'ultimo grande possedimento coloniale nel
continente, la Namibia, conseguì l'indipendenza nel 1990. Ma si dovette attendere il 1994 perché la
maggioranza nera nella Repubblica Sudafricana ottenesse la propria "indipendenza" grazie a un
governo di maggioranza democraticamente eletto.
L'Africa uscì dal periodo coloniale in una situazione di grave crisi economica, politica e sociale.
Inoltre gran parte dei paesi africani conservò le frontiere tracciate arbitrariamente sul finire del secolo
XIX dai diplomatici e dagli amministratori europei. In molti casi i gruppi etnici vennero divisi dai
confini nazionali e spesso la lealtà nei confronti dei gruppi fu molto più forte di quella verso lo stato:
la ripercussione immediata fu lo scoppio di violente ribellioni e conflitti etnici in molti paesi (ad
esempio la guerra del Biafra).
Per evitare conflitti etnici e cercare di mantenere l'equilibrio interno, molte tra le nuove democrazie
divennero ben presto dei regimi autoritari a partito unico, la cui sopravvivenza dipendeva dal
sostegno finanziario e militare delle superpotenze. I regimi africani si caratterizzarono tuttavia per
un'estrema instabilità e per il sovente cambio di guardia attraverso cruenti pronunciamenti militari.
Anche lo sviluppo economico rappresentò un problema insormontabile per la nuova Africa. Benché
gli stati africani disponessero di cospicue risorse naturali, pochi avevano i mezzi finanziari necessari
a sviluppare le loro economie. Spesso le imprese private straniere considerarono troppo rischiosi gli
investimenti in queste regioni instabili e l'unica possibilità per molti paesi africani di accedere a
crediti fu quella di rivolgersi ai paesi industrializzati e agli istituti finanziari internazionali, con i quali
contrassero un enorme debito, che finì per condizionare enormemente le già esigue possibilità di
sviluppo economico e sociale; negli anni Ottanta, la restituzione di questi prestiti portò pressoché alla
bancarotta molte economie africane.
Sviluppi recenti
Nel frattempo le aspettative delle nazioni africane per un migliore tenore di vita sono aumentate.
Mentre il prezzo delle merci e di altri prodotti d'importazione è cresciuto costantemente, altrettanto
non è accaduto per il prezzo sui mercati mondiali di gran parte dei principali prodotti africani. La
recessione mondiale dei primi anni Ottanta ha moltiplicato le difficoltà che avevano avuto inizio con
l'aumento dei prezzi del petrolio negli anni Settanta. I gravi problemi negli scambi internazionali e il
fardello del debito estero hanno aggravato il malcontento delle popolazioni. Negli anni Ottanta la
carestia e la siccità hanno colpito le regioni centrali e settentrionali del continente e milioni di
profughi sono stati costretti ad abbandonare la propria patria in cerca di cibo, accrescendo i problemi
dei paesi che li hanno accolti. Alla fine degli anni Ottanta e all'inizio dei Novanta il protrarsi di
conflitti locali in Ciad, Somalia, Sudan, nella regione sahariana, nell'Africa meridionale e un po'
ovunque nel continente ha causato la destabilizzazione dei governi, l'arresto del progresso economico
e la perdita di migliaia di vite umane. Al termine della guerra civile in Etiopia nel 1991, in Eritrea si è
formato un governo autonomo che nel 1993 ha dichiarato l'indipendenza del paese. Nell'aprile del
1994, dopo la morte in un incidente aereo dei presidenti del Ruanda e del Burundi, sono scoppiati
aspri conflitti fra i due principali gruppi etnici del Ruanda, gli hutu e i tutsi.
A causa delle sue precarie istituzioni e del protrarsi della grave crisi economica il peso politico
internazionale dell'Africa è ulteriormente diminuito e attualmente il continente sta vivendo da una
parte un violento scontro di interessi economici e culturali tra gli Stati Uniti e la Francia, dall'altra il
tentativo del fondamentalismo islamico di imporre la propria egemonia in vari paesi.
Nei primi anni Novanta la fine del regime di segregazione razziale nel Sudafrica di Nelson Mandela
ha suscitato nuove speranze nel continente africano, che dovranno però fare i conti non solo con la
critica realtà continentale, ma anche con una difficile contingenza economica e politica
internazionale.
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