“VIOLENZA SULLE DONNE?... LA PAROLA AGLI UOMINI!” …un progetto di prevenzione alla violenza sulle donne rivolto ad adolescenti del milanese A cura di: Cesare Picco (psicologo ALA Milano Onlus, Dipartimento Psicologia Università Milano Bicocca) Chiara Caravà (psicologa ALA Milano Onlus) Margherita Ferrario (psicologa ALA Milano Onlus) 1) Introduzione Secondo una ricerca Istat (2006) molestie insistenti, atti persecutori e violenze psicologiche sono agite nella quotidianità con una bassissima percezione di commettere un reato nonché di arrecare danni alla propria partner. Questo fenomeno oltre a contraddistinguere coppie adulte (Romito, 2005; Kim & Capaldi; 2004) è particolarmente evidente nei gruppi amicali di riferimento (Gray, Foshee, 1997) e tra partner adolescenti (Capaldi, Kim, Shortt, 2004). I risultati di una ricerca commissionata dalla Regione Veneto (Monacelli, 2011) evidenziano infatti come ragazzi e ragazze condividano una rappresentazione asimmetrica e tendenzialmente sessista dei rapporti di genere, unita alla possibilità di giustificare l’azione violenta. L’adolescenza è la fase della vita dove le pressioni a comportarsi secondo un modello di genere rigido subiscono una notevole intensificazione (Hill, Linch, 1983), ma in cui avviene anche il processo di costruzione del proprio ruolo sessuale (Palmonari, 2001) e dove si sperimentano le prime relazioni sentimentali (Pietropolli Charmet, 2002). Questa va quindi considerata come il periodo della vita in cui la rappresentazione asimmetrica e tendenzialmente sessista dei rapporti di genere può venire messa in discussione (Hirigoyen, 2006), anche attraverso percorsi preventivi in ambito scolastico. Da qui la necessità di occuparsi non solo della violenza fisica ma primariamente della violenza simbolica insita nei rapporti di coppia (Bourdieu, 1998), riflettendo sulle rappresentazioni della violenza e dei ruoli che uomini e donne giocano nella società. La scuola essendo l’istituzione deputata a trasmettere i modelli culturali di genere (Connell, 1996; Bourdieu, 1998), diventa il territorio privilegiato della prevenzione (Maggiolini, 2004). Partendo da queste premesse, al fine di raggiungere maschi e femmine adolescenti, ALA MILANO ONLUS, ha deciso di implementare un intervento di prevenzione alla violenza sulle donne all’interno di scuole secondarie superiori, distribuite sul territorio di Milano. 2) Obiettivi L’obiettivo generale del progetto è stato quello di prevenire l’insorgere di diverse manifestazioni di violenza sulle donne tra studenti e studentesse delle scuole superiori di secondo grado coinvolte. Obiettivi specifici di progetto sono stati: • far emergere la struttura della rappresentazione sociale della violenza sulle donne; • promuovere una maggior consapevolezza rispetto alle molteplici forme in cui si può manifestare la violenza; • esplorare gli stereotipi di genere, presenti in classe, avviando un processo di riflessione critica; • proporre la parità relazionale come alternativa alla violenza relazionale; • sensibilizzare le realtà del territorio sulle tematiche affrontate; 3) Ipotesi di ricerca Il presente lavoro, muovendosi in un’ottica di ricerca azione (Colucci, Colombo, Montali, 2008), si basa su quattro ipotesi di ricerca: 1) Si ipotizza che la rappresentazione sociale della violenza sulle donne presenti delle differenze legate al genere; 2) Si ipotizza che la metodologia implementata da Ala Milano Onlus produca un buon livello di interesse sul tema della violenza sulle donne, senza differenze di genere. 3) Si ipotizza che la metodologia implementata da Ala Milano Onlus favorisca la persistenza della riflessione sugli argomenti trattati, oltre ai momenti deputati all’intervento. 4) Si ipotizza che l’intervento introduca tra gli studenti maggiori capacità di riconoscere altre forme di violenza (simbolica), oltre a quella fisica e sessuale. 4) Metodologia e modello di intervento Il progetto, finanziato mediante i fondi della Regione Lombardia della Legge 23/99 art. 36 per l’anno scolastico 2010/2011 sul territorio di Milano centro e Milano sud (Asl Centro e Asl 2 – Azienda Sanitaria Locale), si è sviluppato nell’arco di un anno di tempo, da ottobre 2010 a novembre 2011. Il progetto si è svolto in 4 scuole secondarie superiori situate sul territorio dell’Hinterland milanese e ha coinvolto un totale di 420 studenti (245 studenti e 175 studentesse), tra i 14 e i 19 anni. Le classi in cui si sono svolti gli interventi sono state 21 (12 classi prime, 3 classi seconde, 5 classi terze, 1 classe quarta). Si è fornita particolare attenzione alla rete di progetto, al fine di aumentare l’efficacia e la risonanza delle azioni realizzate, attraverso la promozione e la diffusione del progetto sul territorio di competenza, nonché la messa in campo di competenze diverse e complementari. La rete è stata cosi strutturata: Ala Milano Onlus (capofila): svolgimento delle attività di sensibilizzazione negli istituti scolastici superiori; momenti di formazione con i genitori dei destinatari e i docenti delle scuole coinvolte. Università di Milano Bicocca – Facoltà di Psicologia: la Prof.ssa Elisabetta Camussi, associato di Psicologia Sociale, si è occupata della supervisione teorica dei contenuti trattati. Regione Lombardia - L.23/99 (finanziatrice): finanziamento del progetto Asl Città di Milano e Asl Milano 2: (Aziende Sanitaria Locale) monitoraggio dello svolgimento del progetto Ufficio di Piano -distretto 7-: promozione sul territorio. Provincia di Milano; Comuni di Rozzano, Opera, Locate di Triulzi (collaborazioni): sostegno del progetto nei momenti di presentazione pubblica, comparendo anche nelle scuole. Filo di Arianna (collaborazione): Associazione femminile operante sul territorio di Rozzano ha permesso di avere un referente per possibili casi di violenza emersi durante gli interventi attuati. Descrizione intervento In ogni classe si sono effettuati tre incontri di due ore ciascuno, sviluppando un percorso di approfondimento del fenomeno della violenza di genere attraverso attività condotte secondo modalità partecipative (Mabrouk, 2007). Al termine del percorso si è offerta l’opportunità agli studenti che lo desideravano di accedere a uno sportello di ascolto, uno spazio in cui portare domande e richieste di approfondimento sulle tematiche trattate o questioni personali, con l’obiettivo di fornire un’ulteriore possibilità di rielaborazione e intercettare eventuali situazioni problematiche e di rischio tra gli studenti. Le attività proposte si sono diversificate a seconda dei bisogni e delle caratteristiche della classe incontrata, con l’obiettivo di calibrare ogni singolo intervento sulle reali esigenze degli studenti. Qui di seguito si presenta una descrizione del percorso svolto a partire dalle tematiche affrontate, con alcuni esempi di attività. 4.1) Sviluppo di Life Skills Tutti gli interventi sono stati progettati e realizzati con la metodologia del Life Skill Training (Marmocchi, Dall’Aglio, Zannini, 2004), utilizzata solitamente per interventi di prevenzione all’utilizzo e abuso di sostanze. La scelta di questa metodologia e l’attenzione allo sviluppo di alcune abilità sociali (pensiero critico ed empatia) è stata motivata dalla stretta connessione, presenta a livello teorico, tra il lavoro svolto nel presente e la ricaduta che questo ha nel futuro delle persone coinvolte (Botvin, Griffin, Diaz, Scheir, Williams, Epstein, 2000). Inoltre, come indicato dalla Hirigoyen (2006), lo sviluppo di abilità sociali in età adolescenziale è il maggiore fattore preventivo per evitare violenza di coppia in età adulta. Attraverso questa metodologia si è mirato a sviluppare fattori protettivi rispetto alla possibilità di divenire vittima/ agente di un comportamento violento. 4.2) Rappresentazione sociale della violenza Si è deciso di impostare l’intervento facendo emergere la rappresentazione sociale (Abric, 1994) della “violenza sulle donne” degli studenti delle classi incontrate, al fine di calibrare le attività progettate sulle caratteristiche dei destinatari. Si è iniziato ogni percorso in classe con un’attività di Brainstorming (Anzieu, Martin, 1990), suddividendo la classe in due sottogruppi di maschi e femmine, per facilitare la partecipazione delle ragazze all’intervento (Monacelli, Mancini, 2009) e per favorire il confronto tra i punti di vista maschile e femminile. Ogni studente/ssa ha scritto individualmente su un post-it da uno a tre aspetti (pensieri, parole, frasi) associati alla frase “violenza sulle donne” per poi attaccarli su un cartellone. Successivamente le parole emerse dai due sottogruppi si sono trascritte alla lavagna e commentate insieme, favorendo una categorizzazione degli aspetti salienti emersi. Ci si è concentrati specificamente sulla struttura della rappresentazione (Abric, 1994), definendo un nucleo centrale e periferico, per l’attenzione che la teoria pone sui possibili processi di cambiamento della stessa. Come sostenuto da Palmonari (2002), “gli elementi periferici che sono quelli più in relazione con il contesto subiscono i cambiamenti che, nel lungo periodo, possono intaccare anche il nucleo centrale e, di conseguenza, la rappresentazione globale”, mentre “se un cambiamento si insinua nel nucleo centrale cambia tutta la rappresentazione”. In questa ottica il lavoro sulla rappresentazione ha permesso di sviluppare delle attività mirate indirizzate a rinegoziare sia gli aspetti del nucleo centrale che periferico. 4.3) Accrescere le conoscenze sul fenomeno Con l’obiettivo di accrescere le conoscenze sul fenomeno e produrre un fenomeno di Sense Making (Weick, 1995), finalizzato alla messa in discussione della struttura della rappresentazione, si è proposto un confronto tra le conoscenze/idee degli studenti e i dati oggettivi di una ricerca svolta dall’ISTAT (2006). Con l’aiuto di un’attività di Gioco a Quiz, funzionale a stimolare la curiosità e le conoscenze già presenti in classe, si è proposta una discussione sui dati reali e un confronto con le idee pregresse degli studenti emerse dal brainstorming. Questo confronto ha permesso di fornire delle informazioni sull’estensione e la gravità del fenomeno, inquadrarlo correttamente nella sua vastità e complessità e sfatare alcuni luoghi comuni ed errori di valutazione. Si è inoltre guidata una discussione sulle diverse forme di violenza sulle donne proposte dall’OMS (WHO, 2005), introducendo così il concetto di violenza simbolica (Bourdieu, 1998), che permea i nostri rapporti quotidiani, in quelle forme di violenza esercitate non con la diretta azione fisica, ma con l'imposizione da parte del violento di una visione del mondo, di ruoli sociali rigidi e di categorie cognitive attraverso cui viene percepito e pensato il mondo. 4.4) Stereotipi di genere Durante la seconda giornata di incontro si è ritenuto importante lavorare sulla tematica degli stereotipi di genere (Arcuri, Cadinu, 1988; Burr, 2000), in particolare per favorire la riflessione dei ragazzi sugli stereotipi presenti nella società e su come questi possano prescrivere e normare i ruoli maschili e femminili (Camussi, Leccardi, 2005). Si è proposta la visione e la discussione del documentario “Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo (2009), che tratta il ruolo della donna e dell’uomo nei media nella televisione italiana. 4.5) Parità all’interno della coppia Durante il terzo incontro si è scelto di affrontare in particolare il tema delle relazioni sentimentali e della parità all’interno della coppia. Con gli studenti e le studentesse dai 16 ai 18 anni è stato possibile affrontare la tematica usufruendo di esempi di vita e situazioni concrete; con gli studenti e le studentesse dai 14 ai 15 anni, essendo loro alla prese con le primissime esperienze sentimentali, si è lavorato principalmente sul futuro psicologico (Lewin, 1972 ), sulle aspettative e sull’immaginario delle relazioni future, stimolando una rappresentazione della coppia paritaria come desiderabile. Questo tipo di riflessioni può assumere valore preventivo perché fornisce agli studenti alcuni strumenti per riconoscere e valutare il grado di parità che esiste all’interno della coppia. Per raggiungere tale scopo si è utilizzata l’attività “Griglia del benessere”: gli studenti devono pescare, a turno un bigliettino sul quale è descritta una situazione di parità o non parità (es. ogni volta che uscite a cena paga lui; durante una lite lei dà a lui dello stupido, ecc) e collocarlo su un cartellone sul quale si sono disegnati 2 assi di grado diverso (1° asse: parità/non parità ; 2° asse: benessere/malessere). Si è stimolata una riflessione sul concetto di parità con l’obiettivo di negoziare e co-costruire il significato di tale concetto. 4.6) Lavoro sulle dinamiche emergenti dal gruppo classe Si è scelto di valorizzare il gruppo come luogo di reciproco scambio e confronto, utilizzando le relazioni inter-genere (Camussi, 2008): gli elementi teorici presentati o le riflessioni astratte sono state agganciate a esempi concreti che i ragazzi potessero percepire come vicini alla propria esperienza, supportando un processo di consapevolezza su ciò che avveniva in classe durante le attività. Nel corso degli interventi si è notato che, in particolare durante le discussioni di gruppo, i ragazzi spesso interrompono le ragazze o accordano meno attenzione e importanza alla loro opinione, oppure si pongono come garanti che le compagne possano esprimere la propria opinione. Compito degli operatori diviene pertanto quello di portare alla luce queste dinamiche di maschilismo manifesto o di sessismo benevolo (Glick, Fiske, 2001) all’interno della classe, per permettere sia ai ragazzi che alle ragazze di diventare consapevoli di comportamenti e modalità relazionali socialmente radicate e culturalmente accettate insite nei rapporti uomo-donna. Questo ci ha permesso anche di stimolare una riflessione sul concetto di “potere”, su quanto determinate pratiche culturali connotate positivamente (es. pagare sempre la cena alla propria compagna) in realtà mirino a mantenere il potere del ruolo maschile su quello femminile. 4.7) Utilizzare l’aspetto relazionale dei formatori (uomo e donna), come leva per introdurre cambiamento Si è ritenuto importante che l’intervento venisse facilitato da due operatori, uno di genere maschile e uno di genere femminile, e che la gestione formativa dell’aula fosse caratterizzata da parità. Si è pensato che attraverso l’esperienza terza di questa relazione e dall’analisi della stessa gli studenti e le studentesse potessero prefigurarsi una direzione di cambiamento, rendendola appetibile ai loro occhi. 4.8) Lavorare con i ragazzi maschi in quanto possibili attori di violenza Un’ultima leva utilizzata per ristrutturare la rappresentazione della violenza sulle donne è consistita nell’attenzione particolare al lavoro con la parte maschile delle classe. Per i ragazzi spesso è più difficile riconoscere la violenza simbolica insita in alcuni comportamenti e il lavoro che devono affrontare è più complesso, perché implica un ragionamento critico su sé stessi, sul proprio modo di fare nel mondo e il riconoscimento di emozioni e desideri che possono avere una connotazione aggressiva. Con un lavoro mirato sugli stereotipi di genere si è cercato di incidere su quella che viene definita l’invisibilità del maschile, ovvero l’incapacità a percepirsi come esseri sessuati (Connell, 1996). Si è pensato che per poter percepire i propri pari o se stessi, come possibili attori di violenza, fosse un passo imprescindibile passare dal considerarsi da soggetti a oggetti di analisi (Bellassai, 2004). In questo senso è diventato fondamentale da parte degli operatori assumere un atteggiamento non giudicante, che ha permesso ai ragazzi della classe di esplorare i propri atteggiamenti, le convinzioni e i desideri spesso inconsapevoli alla base del comportamento violento. La valutazione dell’intervento Per valutare l’impatto dell’intervento si è utilizzato un questionario semistrutturato creato ad hoc, con 6 domande, volto a valutare: risonanza in termini di pensieri/discorsi al di fuori delle ore di intervento; percezione di utilità; grado di interesse; percezione di aver acquisito nuovi apprendimenti; percezione di aver acquisito maggiore capacità di riconoscere situazioni di violenza nella quotidianità e quali tipi di violenza; eventuali interessi sui temi trattatati. Il questionario è stato somministrato in forma anonima, con la richiesta di indicare sesso ed età, al termine dei 3 incontri. Si sono ottenuti dati per ogni classe e dati complessivi genere specifici. 5) Analisi dei risultati L’analisi dell’intervento si è focalizzata su due aspetti: 1. Analisi della rappresentazione sociale della violenza sulle donne 2. Analisi dei dati emersi dal questionario 5.1) Analisi della rappresentazione sociale della violenza sulle donne Per individuare e comprendere la rappresentazione sociale della violenza sulle donne si è scelto di partire dai brainstorming di ogni classe. Per l’analisi dei risultati si è scelto di condurre un’analisi del contenuto per categorie tematiche, non definite a priori, ma ricostruite a partire dalla lettura del Brainstorming, secondo un approccio di tipo Grounded Theory (Strauss e Glaser). La fase di interpretazione dei risultati si è sviluppata attraverso una “codifica teorica” (Flick, 1998), che ha visto la frammentazione, concettualizzazione e riassemblamento delle informazioni in modi nuovi (Dey, 1993). Ciò ha portato allo sviluppo del seguente sistema di categorie e sottocategorie: Descrizione dell’azione violenta STUDENTESSE STUDENTI Tipologie di violenza La rappresentazione della violenza sulle donne include prevalentemente lo “stupro”, “botte”, ferite. Emerge però anche la violenza psicologica, come le “bugie”, lo “stalking”. Dove avviene? I luoghi in cui avviene sono appartati e pericolosi, in un ambiente buio. Emerge in maniera minima anche un aspetto legato alla “quotidianità”, come quello del “letto matrimoniale”/ “matrimonio”. Tipologie di violenza La violenza sulle donne è descritta prevalentemente negli aspetti fisici e sessuali. L’idea di violenza maggiormente diffusa è quella dello “stupro”, di “pugni” e “insulti”. Sono presenti aspetti di desiderio nel rappresentare l’azione violenta, come: “cazzo in culo”, “pene in gola”, “zitta puttanella e godi” e diversi altre espressioni volgari. Dove avviene? La violenza può avvenire sia in luoghi pubblici: al “lavoro”, in “metro”, o appartati: “parcheggio”, “bosco”, “in casa”, “internet”. Cause attribuite alla violenza Aspetti socio-culturali Aspetti quali il “maschilismo”, “egoismo maschile”, “misoginia” e “divertimento maschile” sono riportati spesso come causa della violenza sulle donne. Aspetti psicologici La “cattiveria”, la “vigliaccheria maschile” e la “pazzia” dell’aggressore vengono considerati alla base della violenza sulle donne. Aspetti relazionali Vengono citate relazioni caratterizzate da “poco amore” e “poca fiducia”, da “gelosia” e “possessività”, in cui un evento scatenante come un “tradimento” o una “ripicca” può portare a gravi conseguenze Assunzione di sostanze/abusi di sostanze Non emergono Aspetti socio-culturali “Ignoranza” e “maschilismo” sono considerati alla base della violenza sulle donne. Aspetti psicologici L’aggressore è visto come una persona incapace di controllare i propri impulsi a causa di un forte “istinto” ( “ormoni”, “voglia di figa mostruosa”), e di problemi psicologici (“problemi mentali”, “crescita difficoltosa”, “insicurezza”). Aspetti relazionali La violenza può accadere a seguito di motivi scatenanti interni alla relazione di coppia: “tradimenti” e “litigi” Assunzione di sostanze/abusi di sostanze Abuso di “alcol” e “sostanze stupefacenti” vengono citati spesso Aspetti emotivi La rappresentazione della violenza è caratterizzata da una grande ricchezza di aspetti emotivi. La “paura” è l’emozione portante a cui si accompagna un vissuto di vittimizzazione caratterizzato da “vergogna”, “senso di colpa”, “rimorso di coscienza” e da uno “sentirsi sbagliate”. Accanto a questi aspetti vengono proposti sentimenti di “rabbia”, “disprezzo”, “rancore” e “odio”, rivolti all’aggressore e aspetti legati agli stati d’animo: “depressione”, “solitudine”, “tristezza” e “sofferenza”. Gli aspetti emotivi della rappresentazione non assumono un’importanza centrale; l’emozione maggiormente emersa, in linea con le ragazze, è la “paura”. In particolare sono poco presenti gli aspetti emotivi. Non sono presenti emozioni connesse ai vissuti dell’aggressore. Emergono però il piacere, l’eccitazione o il desiderio sessuale. Giudizio violenza della Giudizi negativi Emerge in modo forte il senso di “ingiustizia” suscitato dalla violenza sulle donne, espresso attraverso termini quali “ingiustizia”. Giudizi positivi Non emergono Le conseguenze della violenza Conseguenze per la vittima Si identificano in “gravidanze indesiderate” ed “aborti”, ma viene data un’attenzione particolare soprattutto ai vissuti emotivi della vittima di “depressione”, “ansia” “paura degli altri”, “perdita di autostima”, “solitudine”, “incapacità di accettarsi”. Conseguenze per l’aggressore Dovrebbero consistere in una “pena detentiva” o in una “castrazione”. Giudizi negativi L’azione violenta viene giudicata in maniera fortemente negativa soprattutto associando l’azione a caratteristiche negative di chi la compie: “da bastardi”, “da coglioni”, “da stupidi”, “da deficienti”. Giudizi positivi Emerge una parte della rappresentazione dell’azione violenta come positiva, che seppur meno consistente è presente. Questa parte si struttura con esclamazioni come “è giusto”, “goduria”, “w la figa”, “w la patata”; con giustificazioni all’azione violenta: “alcune se lo meritano” e con affermazioni ironiche tese a disconfermare la negatività dell’azione: “si possono toccare almeno con un fiore?” Conseguenze per la vittima La conseguenza principale è identificata in un possibile “aborto”. Inoltre sono riportati stati d’animo negativi, che portano la vittima “a non potersi più fidare degli altri” e ad avere “paura di uscire di casa”. Conseguenze per l’aggressore Sono principalmente di natura penale; dovrebbe pagare delle “sanzioni”, che vanno “dalla galera” all’”ergastolo”, fino alla “pena di morte”. Caratteristiche dell’aggressore Provenienza territoriale Non emerge Aspetti di personalità Si focalizzano maggiormente sugli aspetti psicologici/caratteriali. L’uomo che commette violenza è soprattutto “cattivo”, “debole” e “pazzo”. Categorie sociali tipiche Possibili aggressori sono: “maniaci”, “stupratori” e “famigliari”. Persone reali Non emergono Provenienza territoriale Gli aggressori sono spesso definiti “extracomunitari” e “clandestini”: “zingari” e “albanesi” o “neri”. Aspetti di personalità Sono caratterizzati come “codardi”, “malati di mente”, “ubriachi” ed “alcolizzati”. Categorie sociali tipiche Le tipologie di possibili aggressori sono ricche, con una prevalenza di “preti” e “pedofili”. Persone reali Le persone reali identificate come possibili atti di violenza sono spesso politici del centro destra italiano (Berlusconi, La Russa, Bossi) o del fascismo (Mussolini). Sono anche presenti personaggi noti alla cronaca per violenze vere o presunte (M. Misseri, M. Tyson, M. Jackson). Caratteristiche dalla vittima Giudizio sull’aggressore Giudizio vittima sulla Provenienza territoriale Non emerge Aspetti di personalità In alcuni casi gli studenti caratterizzano la vittima come una donna “provocante”, “sexy”, “esibizionista” e “facile”. Talvolta come una “donna-oggetto”, che “prova piacere” nel subire violenza. Categorie sociali tipiche Vengono citate principalmente le prostitute. Oltre a loro sono citate le minorenni e i bambini. Persone reali Le persone reali richiamate, eccetto Sara Scazzi (vittima di reale violenza), sono pornostar, escort (Ruby) o avvenenti conduttrici televisive (Hunziker). Giudizi negativi Giudizi negativi Il giudizio negativo prevalente è L’aggressore viene spesso “stronzo”. tratteggiato come “infame”. Giudizi positivi Giudizi positivi Non emergono Non emergono Provenienza territoriale Non emerge Aspetti di personalità Sembra che la violenza possa riguardare tutte le donne, a prescindere dalle loro caratteristiche psicologiche. Talvolta però emerge l’immagine di una “donna oggetto” e “provocante”. Categorie sociali tipiche Le tipologie di vittime possibili sono principalmente i bambini, seguiti da donne comuni e prostitute. Persone reali L’unica persona reale citata è Sara Scazzi, diffusa dai media come vittima di violenza Giudizi negativi Emerge marginalmente l’immagine di una donna “provocante”, “che se la cerca”. Giudizi positivi Accanto all’immagine di vittima emerge la rappresentazione di una donna che ha la “voglia di reagire” e la “forza” per operare una “ribellione”. Giudizi negativi In alcuni casi gli studenti caratterizzano la vittima come una donna “esibizionista” e “facile”, attribuendole una responsabilità rispetto alla violenza. Giudizi positivi Non emergono Dall’analisi categoriale dei brainstorming emerge che la rappresentazione sociale della violenza sulle donne presenta molti aspetti differenziati in base al genere e alcuni aspetti, pochi, altamente condivisi. Si suppone quindi la presenza di un nucleo centrale omogeneo e un nucleo periferico differenziato in relazione al genere. Sia tra i maschi che tra le femmine è presente un’immagine di violenza molto cruda, la violenza fisica o sessuale, legata al corpo. Si segnala come nel gruppo femminile compaia anche l’immagine di alcune forme di violenza psicologica e simbolica (“stalking”, “violenza domestica”, “maltrattamento”). Una differenza importante, rispetto alle rappresentazioni fornite dagli studenti e dalle studentesse, consiste nel processo di identificazione. Le studentesse si immedesimano maggiormente con la vittima di violenza: utilizzano molte parole che richiamano stati emotivi e identificano un numero rilevante di conseguenze. Non emerge invece nessun indizio che faccia pensare all’immedesimazione con l’aggressore. Per gli studenti la violenza viene sempre pensata e rappresentata ponendosi in una posizione terza rispetto alla diade aggressore-vittima, ovvero quella di giudice o censore. Esiste la tendenza da parte degli studenti a giudicare in maniera fortemente negativa l’aggressore e in maniera ambivalente l’azione violenta. Sussiste una difficoltà ad immedesimarsi nei panni dell’attore della violenza. Probabilmente il pensare alla violenza come ad un fenomeno genere specifico, ovvero la violenza degli uomini sulle donne, risulta troppo scomodo per un ragazzo. Per comprendere questo aspetto è interessante notare la presenza di una desiderabilità dell’azione violenta, evidente dall’utilizzo di termini legati al sesso e al pornografico, ma una disapprovazione rivolta a colui che la compie. Si pensa che la possibile desiderabilità dell’azione violenta possa avvicinare i ragazzi al pensiero di poter essere l’aggressore; da qui, come forma di difesa, potrebbero emergere i giudizi negativi e svalutanti rivolti all’aggressore (“infame”, “codardo”, “sfigato”) e il processo di allontanamento che porta ad identificare l’aggressore come qualcuno molto lontano dall’uomo comune o dal ragazzo comune: lo straniero (il diverso), “l’extracomunitario”, “il clandestino”, “lo zingaro”, e con poca capacità di autocontrollo (“pazzi”, “malati di mente”, “drogati/ubriachi”). Gli studenti faticano a identificarsi anche con la vittima. Questa identificazione emerge anche nel pensiero delle conseguenze della violenza: le femmine segnalano con facilità le conseguenze psicologiche ed emotive per la vittima, mentre per l’aggressore le conseguenze identificate sono penali. I maschi invece identificano prevalentemente conseguenze fisiche ( es. aborto) per la vittima e le conseguenze penali per l’aggressore. Si evidenzia come tra i maschi emerga inoltre l’immagine di una vittima “provocante”, in grado di motivare la violenza; questo aspetto emerge anche tra le femmine anche se in maniera meno consistente. Si segnala come questo aspetto di colpevolizzazione della vittima, implicito, sia riemerso in modo più evidente durante le discussioni e nei confronti in classe, in particolare durante le attività di decostruzione e messa in discussione degli stereotipi di genere. Questo aspetto di giustificazione si associa spesso ad eventi relazionali come il “tradimento”. Un’ultima differenza importante riguarda il giudizio della violenza: la rappresentazione femminile racchiude un forte giudizio negativo, connesso sia all’aggressore che all’azione; quella maschile invece vede una connotazione estremamente negativa dell’aggressore accompagnata però da una dimensione di desiderabilità/piacere dell’azione. Si sottolinea l’importanza di queste differenze e degli aspetti comuni. Si ritiene che questi aiutino nello scegliere come agire al fine di de-costruire la rappresentazione ed introdurre elementi nuovi. Si nota infatti che, nonostante le differenze maschi/femmine siano molto chiare, si può comunque risalire ad una rappresentazione sociale condivisa della violenza sulle donne: il nucleo centrale sembra racchiudere un’immagine di violenza prettamente fisica e sessuale, agita da uomini con problemi mentali, in luoghi “bui” e insicuri, lontani dalla vita domestica. La vittima che ne emerge sembra essere fragile e annientata dalla paura, ma è presente anche un aspetto “provocante” o colpevole (es. tradimento, abbigliamento o atteggiamento provocante) che andrebbero a giustificare l’azione violenta. Tale rappresentazione viene personificata nei nomi di politici famosi e nelle vittime di cronaca nera, delle quali i media hanno parlato in modo cospicuo durante il periodo dell’intervento. Il nucleo periferico presenta invece delle differenze legate al genere: la violenza simbolica è più presente tra le ragazze, e meno presente per i maschi, i quali riconoscono solo lo stalking (da sottolineare che durante il periodo dell’intervento era in corso una importante campagna di sensibilizzazione sullo stalking sul territorio di Milano). 5.2)_Analisi dei dati emersi dal questionario Al fine di valutare la risonanza degli argomenti trattati tra i destinatari, nella forma sia di pensiero che di discorso, sono state sottoposte le domande: 1-Ti è mai capitato di riflettere, sugli argomenti discussi, dopo la fine dell’intervento? 2- Ti è mai capitato di parlare con i tuoi amici, genitori, professori o compagni di classe della “violenza di genere”, dopo la fine dell’intervento? Il 79,3% (333 su 420) degli studenti afferma di aver riflettuto, sugli argomenti discussi, anche in momenti esterni all’intervento. Delle 87 risposte negative, 71 (81,6%) provengono dai ragazzi e 16 dalle ragazze. Si ritiene che l’efficacia dell’intervento non sia, quindi, limitata ai momenti in classe. Alla domanda n°2 il 61,4% dei rispondenti afferma di aver parlato con amici, genitori, professori o compagni di classe della violenza di genere, fuori dai momenti d’interevento. Questo processo è sia legato alle ragazze, il 74,3% afferma di averne parlato (130 su 175), ma relativo anche a parte dei ragazzi (128 su 245). Nel 52,2% dei casi gli studenti hanno, infatti, introdotto l’argomento nei “discorsi di vita”. In considerazione delle resistenze dei ragazzi ad affrontare l’argomento, si ritiene questo dato significativo. Viste le alte percentuali si suppone sia avvenuto un ampliamento territoriale dell’intervento, all’esterno del contesto classe, che ha coinvolto i gruppi di riferimento. Successivamente è stata indagata la percezione di utilità dell’intervento svolto, con due domande specifiche. (Pensi di avere imparato qualcosa di utile durante questi incontri? / Quanto hai trovato utile l’intervento fatto in classe?) La quasi totalità dei partecipanti, circa il 92,1% (387 su 420), sostiene di aver imparato qualcosa di utile durante gli incontri. Risposta affermativa è fornita dal 97,7% delle ragazze e dal 88,2 % dei ragazzi. Il 96,9% (moltissimo 15,2% + molto 45,5% + abbastanza 36,2%) ha sperimentato una sensazione di rispondenza, almeno soddisfacente, tra i propri bisogni formativi e la discussione dei contenuti e il 15,2% ha sperimentato una completa corrispondenza. Solo il 3,1% non ha trovato utile l’intervento, percentuale che copre risposte prevalentemente ottenute da studenti maschi. La distribuzione percentuale ripartita su ragazze e ragazzi non denota particolari differenze, salvo una leggera percezione di maggiore utilità da parte delle ragazze. La distribuzione omogenea della percezione di utilità permette di inferire che l’intervento è stato funzionale a raggiungere tutta la classe, parlando sia ai possibili “attori”, che alle possibili “vittime”. Con la domanda 5 (Ritieni di avere maggiori capacità di riconoscere situazioni di violenza nella vita di tutti i giorni ?) si è voluto indagare la percezione dei destinatari nel sentirsi maggiormente competenti nel riconoscere una situazione di violenza. Il 69,5% dei rispondenti afferma di possedere maggiori capacità per riconoscere situazioni di violenza nella vita di tutti i giorni. Le percentuali dei ragazzi differiscono di pochi punti percentuali, permettendoci di affermare che le acquisizioni hanno una certa omogeneità. Si considera che riconoscere forme di violenza nella vita di tutti i giorni è il primo passo, per evitare che la violenza accada. Agli studenti e alle studentesse abbiamo inoltre domandato quali tipi di violenza siano ora in grado di riconoscere. Numerose sono state le risposte che indicano “gli adescamenti on line” e “lo stalking” ma anche, soprattutto da parte delle ragazze, “violenza psicologica” e “violenza domestica”. Sia i ragazzi e soprattutto le ragazze sostengono quindi di poter riconoscere manifestazioni immediatamente percepibili come la violenza fisica, ma anche manifestazioni più sottili come il non rispettare i turni di parola o la svalutazione verbale delle compagne. Infine si è chiesto, a studenti e studentesse quali argomenti desidererebbero approfondire ulteriormente. Sono emersi principalmente due argomenti: la parità tra uomo e donna: cos’è e come svilupparla; la rappresentazione dell’uomo e della donna/gli stereotipi. 6) Conclusioni e ipotesi per interventi futuri La rappresentazione sociale, ricostruita da studenti e studentesse, che emerge dall’analisi categoriale dei brainstorming presenta molti aspetti differenziati in base al genere e alcuni aspetti, pochi, altamente condivisi. Si suppone quindi la presenza di un nucleo centrale omogeneo e un nucleo periferico differenziato in relazione al genere. Si può quindi concludere che la rappresentazione sociale della violenza sulle donne, come ipotizzato, sia differenziabile in base al genere di appartenenza, seppur sussista un nucleo centrale indifferenziato ed omogeneo. Le differenze relative al nucleo periferico si possono spiegare attraverso la posizione da cui la violenza viene rappresentata: le studentesse si identificano nel ruolo della vittima, mentre gli studenti si estraniano dalla diade vittima-aggressore ponendosi nel ruolo del giudice o censore. Si suppone che il nucleo centrale sia condiviso all’interno della realtà culturale e al contesto di appartenenza (ovvero il territorio di Milano), ma anche in un contesto più allargato alla cultura italiana. Per quanto riguarda il grado interesse e la seconda ipotesi di ricerca, l’analisi dei risultati del questionario e il livello di partecipazione attiva riscontrato durante gli interventi, confermano che le tematiche affrontate in classe hanno suscitato un interesse diffuso, riscontrabile sia tra le studentesse che tra gli studenti. I risultati dimostrano un livello leggermente più alto nelle ragazze, ma si evidenzia come l’intervento proposto susciti una disponibilità e un interesse alla riflessione sulle tematiche di genere ed in particolare sulla tematica della violenza sulle donne anche tra i maschi. La terza ipotesi di ricerca, ovvero che la metodologia implementata da Ala Milano Onlus favorisca la persistenza della riflessione sugli argomenti trattati, oltre ai momenti deputati all’intervento, viene anch’essa confermata dai risultati del questionario, in cui studenti e studentesse affermano di aver pensato e parlato delle tematiche affrontate al di fuori delle ore di intervento. Infine si è ipotizzato che l’intervento cosi strutturato introduca tra gli studenti maggiori capacità di riconoscere altre forme di violenza (simbolica), oltre a quella fisica e sessuale. Confrontando la rappresentazione sociale della violenza proposta all’inizio dell’intervento dagli studenti e dalle studentesse, con i risultati del questionario di valutazione, si può sostenere che la metodologia dei Life Skill Training Laboratory sia uno strumento efficace per sviluppare maggiori capacità di riconoscere altre forme di violenza (simbolica), oltre a quella fisica e sessuale. Si può notare inoltre che la rappresentazione iniziale della violenza sulle donne non comprenda la violenza domestica, tipo di violenza allontanata o non riconosciuta come tale. Durante l’intervento si è cercato di informare gli studenti sull’entità del fenomeno della violenza domestica e di stimolare diverse riflessioni a riguardo. L’argomento “parità di coppia”, sviluppato durante gli incontri proprio nella direzione di prevenire la violenza relazionale, ha suscitato interesse tra maschi e femmine, alcuni vorrebbero anche approfondirlo in futuro. Da sottolineare che durante le attività proposte, mirate alla decostruzione degli stereotipi di genere e a stimolare riflessione sui rapporti paritari, gli studenti hanno potuto constatare che la parità è associata a un aumento di benessere per entrambi i membri della coppia e che le relazioni basate sulla parità e sul rispetto reciproco possono essere realisticamente più soddisfacenti. Sembra quindi che gli incontri realizzati abbiano effettivamente accresciuto tra gli studenti maggiore conoscenza del fenomeno (dal considerare la violenza come solo fisica o sessuale si sono resi conto che esistono altre forme più difficili da riconoscere, di violenza simbolica), nonché maggiore consapevolezza delle cause e delle conseguenze delle diverse forme di violenza. L’intervento realizzato presenta alcuni aspetti di criticità, che vanno tenuti in considerazione nell’ipotesi di costruire e realizzare degli interventi futuri più efficaci. Un elemento di attenzione e di criticità dell’intervento consiste nella possibilità di rinforzare gli stereotipi stessi, e di consolidare virilismi tesi a proteggere le compagne da individui violenti, spostando l’attenzione dal modello culturale favorente la violenza sulle donne. Per evitare questi aspetti di criticità, si sottolinea la necessità di esplicitare la rappresentazione della “violenza sulle donne” all’interno del gruppo classe, negoziando e palesando i significati, le credenze e i vissuti ad essa associati. Da questi significati co-costruiti è possibile realizzare attività e processi di intervento ad hoc, calibrati in base al contesto specifico. In un’ottica di miglioramento e progettazione futura, si propongono 3 possibili integrazioni alla ricerca intervento presentata. Si ritiene che queste integrazioni, se implementate, permetterebbero di sviluppare un miglior progetto di ricerca, in grado di consolidare il processo di sensibilizzazione potendo affinare il processo di valutazione. 1) Utilizzare strumenti quantitativi standardizzati pre/post intervento per valutare l’impatto della ricerca intervento, individuando sia gli aspetti di cambiamento avvenuti, sia gli aspetti di mancato cambiamento. Questo processo permetterebbe un miglior confronto con gli obiettivi di progetto e fornirebbe delle linee di lavoro per modificare o integrare la modalità di intervento. 2) Audio-registrare gli incontri in classe, proseguendo con una successiva fase di analisi delle trascrizioni degli interventi. Un’analisi qualitativa degli sbobinati porterebbe a una definizione più chiara della rappresentazione fornita dagli studenti della “violenza sulle donne”. 3) Video-registrare gli interventi in classe, sviluppando una griglia di analisi qualitativa dei comportamenti agiti in classe dagli studenti e dalle studentesse. Questa procedura di ricerca porterebbe a nostro avviso ad una definizione approfondita di come la violenza relazionale si produce in classe. Con questa procedura, si ritiene possibile migliorare notevolmente l’efficacia di interventi futuri. Bibliografia Abric, J.C. (1994). Pratiques sociales et représentations, Paris: Presses Universitaires de France. Anzieu, D., Martin, J.Y. (1990). La dinamica dei piccoli gruppi [The dynamics of small group]. Roma: Borla. Arcuri, L., Cadinu, M.R. (1988). Gli stereotipi [Stereotypes]. Bologna: Il Mulino. Bellassai, S. (2004). La mascolinità contemporanea [Contemporary masculinity], Roma: Carocci. 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