violenza sulle donne?... la parola agli uomini!

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“VIOLENZA SULLE DONNE?... LA PAROLA AGLI UOMINI!”
…un progetto di prevenzione alla violenza sulle donne rivolto ad adolescenti del milanese
A cura di:
Cesare Picco (psicologo ALA Milano Onlus,
Dipartimento Psicologia Università Milano Bicocca)
Chiara Caravà (psicologa ALA Milano Onlus)
Margherita Ferrario (psicologa ALA Milano Onlus)
1) Introduzione
Secondo una ricerca Istat (2006) molestie insistenti, atti persecutori e violenze psicologiche sono
agite nella quotidianità con una bassissima percezione di commettere un reato nonché di arrecare
danni alla propria partner. Questo fenomeno oltre a contraddistinguere coppie adulte (Romito,
2005; Kim & Capaldi; 2004) è particolarmente evidente nei gruppi amicali di riferimento (Gray,
Foshee, 1997) e tra partner adolescenti (Capaldi, Kim, Shortt, 2004). I risultati di una ricerca
commissionata dalla Regione Veneto (Monacelli, 2011) evidenziano infatti come ragazzi e ragazze
condividano una rappresentazione asimmetrica e tendenzialmente sessista dei rapporti di genere,
unita alla possibilità di giustificare l’azione violenta.
L’adolescenza è la fase della vita dove le pressioni a comportarsi secondo un modello di genere
rigido subiscono una notevole intensificazione (Hill, Linch, 1983), ma in cui avviene anche il
processo di costruzione del proprio ruolo sessuale (Palmonari, 2001) e dove si sperimentano le
prime relazioni sentimentali (Pietropolli Charmet, 2002). Questa va quindi considerata come il
periodo della vita in cui la rappresentazione asimmetrica e tendenzialmente sessista dei rapporti
di genere può venire messa in discussione (Hirigoyen, 2006), anche attraverso percorsi preventivi
in ambito scolastico. Da qui la necessità di occuparsi non solo della violenza fisica ma
primariamente della violenza simbolica insita nei rapporti di coppia (Bourdieu, 1998), riflettendo
sulle rappresentazioni della violenza e dei ruoli che uomini e donne giocano nella società. La
scuola essendo l’istituzione deputata a trasmettere i modelli culturali di genere (Connell, 1996;
Bourdieu, 1998), diventa il territorio privilegiato della prevenzione (Maggiolini, 2004).
Partendo da queste premesse, al fine di raggiungere maschi e femmine adolescenti, ALA MILANO
ONLUS, ha deciso di implementare un intervento di prevenzione alla violenza sulle donne
all’interno di scuole secondarie superiori, distribuite sul territorio di Milano.
2) Obiettivi
L’obiettivo generale del progetto è stato quello di prevenire l’insorgere di diverse manifestazioni di
violenza sulle donne tra studenti e studentesse delle scuole superiori di secondo grado coinvolte.
Obiettivi specifici di progetto sono stati:
• far emergere la struttura della rappresentazione sociale della violenza sulle donne;
• promuovere una maggior consapevolezza rispetto alle molteplici forme in cui si può
manifestare la violenza;
• esplorare gli stereotipi di genere, presenti in classe, avviando un processo di riflessione
critica;
• proporre la parità relazionale come alternativa alla violenza relazionale;
• sensibilizzare le realtà del territorio sulle tematiche affrontate;
3) Ipotesi di ricerca
Il presente lavoro, muovendosi in un’ottica di ricerca azione (Colucci, Colombo, Montali, 2008), si
basa su quattro ipotesi di ricerca:
1) Si ipotizza che la rappresentazione sociale della violenza sulle donne presenti delle
differenze legate al genere;
2) Si ipotizza che la metodologia implementata da Ala Milano Onlus produca un buon livello di
interesse sul tema della violenza sulle donne, senza differenze di genere.
3) Si ipotizza che la metodologia implementata da Ala Milano Onlus favorisca la persistenza
della riflessione sugli argomenti trattati, oltre ai momenti deputati all’intervento.
4) Si ipotizza che l’intervento introduca tra gli studenti maggiori capacità di riconoscere altre
forme di violenza (simbolica), oltre a quella fisica e sessuale.
4) Metodologia e modello di intervento
Il progetto, finanziato mediante i fondi della Regione Lombardia della Legge 23/99 art. 36 per
l’anno scolastico 2010/2011 sul territorio di Milano centro e Milano sud (Asl Centro e Asl 2 –
Azienda Sanitaria Locale), si è sviluppato nell’arco di un anno di tempo, da ottobre 2010 a
novembre 2011. Il progetto si è svolto in 4 scuole secondarie superiori situate sul territorio
dell’Hinterland milanese e ha coinvolto un totale di 420 studenti (245 studenti e 175 studentesse),
tra i 14 e i 19 anni. Le classi in cui si sono svolti gli interventi sono state 21 (12 classi prime, 3 classi
seconde, 5 classi terze, 1 classe quarta).
Si è fornita particolare attenzione alla rete di progetto, al fine di aumentare l’efficacia e la
risonanza delle azioni realizzate, attraverso la promozione e la diffusione del progetto sul territorio
di competenza, nonché la messa in campo di competenze diverse e complementari.
La rete è stata cosi strutturata:
Ala Milano Onlus (capofila): svolgimento delle attività di sensibilizzazione negli istituti scolastici
superiori; momenti di formazione con i genitori dei destinatari e i docenti delle scuole coinvolte.
Università di Milano Bicocca – Facoltà di Psicologia: la Prof.ssa Elisabetta Camussi, associato di
Psicologia Sociale, si è occupata della supervisione teorica dei contenuti trattati.
Regione Lombardia - L.23/99 (finanziatrice): finanziamento del progetto
Asl Città di Milano e Asl Milano 2: (Aziende Sanitaria Locale) monitoraggio dello svolgimento del
progetto
Ufficio di Piano -distretto 7-: promozione sul territorio.
Provincia di Milano; Comuni di Rozzano, Opera, Locate di Triulzi (collaborazioni): sostegno del
progetto nei momenti di presentazione pubblica, comparendo anche nelle scuole.
Filo di Arianna (collaborazione): Associazione femminile operante sul territorio di Rozzano ha
permesso di avere un referente per possibili casi di violenza emersi durante gli interventi attuati.
Descrizione intervento
In ogni classe si sono effettuati tre incontri di due ore ciascuno, sviluppando un percorso di
approfondimento del fenomeno della violenza di genere attraverso attività condotte secondo
modalità partecipative (Mabrouk, 2007).
Al termine del percorso si è offerta l’opportunità agli studenti che lo desideravano di accedere a
uno sportello di ascolto, uno spazio in cui portare domande e richieste di approfondimento sulle
tematiche trattate o questioni personali, con l’obiettivo di fornire un’ulteriore possibilità di
rielaborazione e intercettare eventuali situazioni problematiche e di rischio tra gli studenti.
Le attività proposte si sono diversificate a seconda dei bisogni e delle caratteristiche della classe
incontrata, con l’obiettivo di calibrare ogni singolo intervento sulle reali esigenze degli studenti.
Qui di seguito si presenta una descrizione del percorso svolto a partire dalle tematiche affrontate,
con alcuni esempi di attività.
4.1) Sviluppo di Life Skills
Tutti gli interventi sono stati progettati e realizzati con la metodologia del Life Skill Training
(Marmocchi, Dall’Aglio, Zannini, 2004), utilizzata solitamente per interventi di prevenzione
all’utilizzo e abuso di sostanze. La scelta di questa metodologia e l’attenzione allo sviluppo di
alcune abilità sociali (pensiero critico ed empatia) è stata motivata dalla stretta connessione,
presenta a livello teorico, tra il lavoro svolto nel presente e la ricaduta che questo ha nel futuro
delle persone coinvolte (Botvin, Griffin, Diaz, Scheir, Williams, Epstein, 2000). Inoltre, come
indicato dalla Hirigoyen (2006), lo sviluppo di abilità sociali in età adolescenziale è il maggiore
fattore preventivo per evitare violenza di coppia in età adulta. Attraverso questa metodologia si è
mirato a sviluppare fattori protettivi rispetto alla possibilità di divenire vittima/ agente di un
comportamento violento.
4.2) Rappresentazione sociale della violenza
Si è deciso di impostare l’intervento facendo emergere la rappresentazione sociale (Abric, 1994)
della “violenza sulle donne” degli studenti delle classi incontrate, al fine di calibrare le attività
progettate sulle caratteristiche dei destinatari. Si è iniziato ogni percorso in classe con un’attività
di Brainstorming (Anzieu, Martin, 1990), suddividendo la classe in due sottogruppi di maschi e
femmine, per facilitare la partecipazione delle ragazze all’intervento (Monacelli, Mancini, 2009) e
per favorire il confronto tra i punti di vista maschile e femminile. Ogni studente/ssa ha scritto
individualmente su un post-it da uno a tre aspetti (pensieri, parole, frasi) associati alla frase
“violenza sulle donne” per poi attaccarli su un cartellone. Successivamente le parole emerse dai
due sottogruppi si sono trascritte alla lavagna e commentate insieme, favorendo una
categorizzazione degli aspetti salienti emersi.
Ci si è concentrati specificamente sulla struttura della rappresentazione (Abric, 1994), definendo
un nucleo centrale e periferico, per l’attenzione che la teoria pone sui possibili processi di
cambiamento della stessa. Come sostenuto da Palmonari (2002), “gli elementi periferici che sono
quelli più in relazione con il contesto subiscono i cambiamenti che, nel lungo periodo, possono
intaccare anche il nucleo centrale e, di conseguenza, la rappresentazione globale”, mentre “se un
cambiamento si insinua nel nucleo centrale cambia tutta la rappresentazione”. In questa ottica il
lavoro sulla rappresentazione ha permesso di sviluppare delle attività mirate indirizzate a rinegoziare sia gli aspetti del nucleo centrale che periferico.
4.3) Accrescere le conoscenze sul fenomeno
Con l’obiettivo di accrescere le conoscenze sul fenomeno e produrre un fenomeno di Sense
Making (Weick, 1995), finalizzato alla messa in discussione della struttura della rappresentazione,
si è proposto un confronto tra le conoscenze/idee degli studenti e i dati oggettivi di una ricerca
svolta dall’ISTAT (2006). Con l’aiuto di un’attività di Gioco a Quiz, funzionale a stimolare la
curiosità e le conoscenze già presenti in classe, si è proposta una discussione sui dati reali e un
confronto con le idee pregresse degli studenti emerse dal brainstorming. Questo confronto ha
permesso di fornire delle informazioni sull’estensione e la gravità del fenomeno, inquadrarlo
correttamente nella sua vastità e complessità e sfatare alcuni luoghi comuni ed errori di
valutazione. Si è inoltre guidata una discussione sulle diverse forme di violenza sulle donne
proposte dall’OMS (WHO, 2005), introducendo così il concetto di violenza simbolica (Bourdieu,
1998), che permea i nostri rapporti quotidiani, in quelle forme di violenza esercitate non con la
diretta azione fisica, ma con l'imposizione da parte del violento di una visione del mondo, di ruoli
sociali rigidi e di categorie cognitive attraverso cui viene percepito e pensato il mondo.
4.4) Stereotipi di genere
Durante la seconda giornata di incontro si è ritenuto importante lavorare sulla tematica degli
stereotipi di genere (Arcuri, Cadinu, 1988; Burr, 2000), in particolare per favorire la riflessione dei
ragazzi sugli stereotipi presenti nella società e su come questi possano prescrivere e normare i
ruoli maschili e femminili (Camussi, Leccardi, 2005). Si è proposta la visione e la discussione del
documentario “Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo (2009), che tratta il ruolo della donna e
dell’uomo nei media nella televisione italiana.
4.5) Parità all’interno della coppia
Durante il terzo incontro si è scelto di affrontare in particolare il tema delle relazioni sentimentali e
della parità all’interno della coppia. Con gli studenti e le studentesse dai 16 ai 18 anni è stato
possibile affrontare la tematica usufruendo di esempi di vita e situazioni concrete; con gli studenti
e le studentesse dai 14 ai 15 anni, essendo loro alla prese con le primissime esperienze
sentimentali, si è lavorato principalmente sul futuro psicologico (Lewin, 1972 ), sulle aspettative e
sull’immaginario delle relazioni future, stimolando una rappresentazione della coppia paritaria
come desiderabile. Questo tipo di riflessioni può assumere valore preventivo perché fornisce agli
studenti alcuni strumenti per riconoscere e valutare il grado di parità che esiste all’interno della
coppia.
Per raggiungere tale scopo si è utilizzata l’attività “Griglia del benessere”: gli studenti devono
pescare, a turno un bigliettino sul quale è descritta una situazione di parità o non parità (es. ogni
volta che uscite a cena paga lui; durante una lite lei dà a lui dello stupido, ecc) e collocarlo su un
cartellone sul quale si sono disegnati 2 assi di grado diverso (1° asse: parità/non parità ; 2° asse:
benessere/malessere). Si è stimolata una riflessione sul concetto di parità con l’obiettivo di
negoziare e co-costruire il significato di tale concetto.
4.6) Lavoro sulle dinamiche emergenti dal gruppo classe
Si è scelto di valorizzare il gruppo come luogo di reciproco scambio e confronto, utilizzando le
relazioni inter-genere (Camussi, 2008): gli elementi teorici presentati o le riflessioni astratte sono
state agganciate a esempi concreti che i ragazzi potessero percepire come vicini alla propria
esperienza, supportando un processo di consapevolezza su ciò che avveniva in classe durante le
attività. Nel corso degli interventi si è notato che, in particolare durante le discussioni di gruppo, i
ragazzi spesso interrompono le ragazze o accordano meno attenzione e importanza alla loro
opinione, oppure si pongono come garanti che le compagne possano esprimere la propria
opinione. Compito degli operatori diviene pertanto quello di portare alla luce queste dinamiche di
maschilismo manifesto o di sessismo benevolo (Glick, Fiske, 2001) all’interno della classe, per
permettere sia ai ragazzi che alle ragazze di diventare consapevoli di comportamenti e modalità
relazionali socialmente radicate e culturalmente accettate insite nei rapporti uomo-donna. Questo
ci ha permesso anche di stimolare una riflessione sul concetto di “potere”, su quanto determinate
pratiche culturali connotate positivamente (es. pagare sempre la cena alla propria compagna) in
realtà mirino a mantenere il potere del ruolo maschile su quello femminile.
4.7) Utilizzare l’aspetto relazionale dei formatori (uomo e donna), come leva per introdurre
cambiamento
Si è ritenuto importante che l’intervento venisse facilitato da due operatori, uno di genere
maschile e uno di genere femminile, e che la gestione formativa dell’aula fosse caratterizzata da
parità. Si è pensato che attraverso l’esperienza terza di questa relazione e dall’analisi della stessa
gli studenti e le studentesse potessero prefigurarsi una direzione di cambiamento, rendendola
appetibile ai loro occhi.
4.8) Lavorare con i ragazzi maschi in quanto possibili attori di violenza
Un’ultima leva utilizzata per ristrutturare la rappresentazione della violenza sulle donne è
consistita nell’attenzione particolare al lavoro con la parte maschile delle classe. Per i ragazzi
spesso è più difficile riconoscere la violenza simbolica insita in alcuni comportamenti e il lavoro che
devono affrontare è più complesso, perché implica un ragionamento critico su sé stessi, sul
proprio modo di fare nel mondo e il riconoscimento di emozioni e desideri che possono avere una
connotazione aggressiva. Con un lavoro mirato sugli stereotipi di genere si è cercato di incidere su
quella che viene definita l’invisibilità del maschile, ovvero l’incapacità a percepirsi come esseri
sessuati (Connell, 1996). Si è pensato che per poter percepire i propri pari o se stessi, come
possibili attori di violenza, fosse un passo imprescindibile passare dal considerarsi da soggetti a
oggetti di analisi (Bellassai, 2004). In questo senso è diventato fondamentale da parte degli
operatori assumere un atteggiamento non giudicante, che ha permesso ai ragazzi della classe di
esplorare i propri atteggiamenti, le convinzioni e i desideri spesso inconsapevoli alla base del
comportamento violento.
La valutazione dell’intervento
Per valutare l’impatto dell’intervento si è utilizzato un questionario semistrutturato creato ad hoc,
con 6 domande, volto a valutare: risonanza in termini di pensieri/discorsi al di fuori delle ore di
intervento; percezione di utilità; grado di interesse; percezione di aver acquisito nuovi
apprendimenti; percezione di aver acquisito maggiore capacità di riconoscere situazioni di violenza
nella quotidianità e quali tipi di violenza; eventuali interessi sui temi trattatati. Il questionario è
stato somministrato in forma anonima, con la richiesta di indicare sesso ed età, al termine dei 3
incontri. Si sono ottenuti dati per ogni classe e dati complessivi genere specifici.
5) Analisi dei risultati
L’analisi dell’intervento si è focalizzata su due aspetti:
1. Analisi della rappresentazione sociale della violenza sulle donne
2. Analisi dei dati emersi dal questionario
5.1) Analisi della rappresentazione sociale della violenza sulle donne
Per individuare e comprendere la rappresentazione sociale della violenza sulle donne si è scelto di
partire dai brainstorming di ogni classe. Per l’analisi dei risultati si è scelto di condurre un’analisi
del contenuto per categorie tematiche, non definite a priori, ma ricostruite a partire dalla lettura
del Brainstorming, secondo un approccio di tipo Grounded Theory (Strauss e Glaser). La fase di
interpretazione dei risultati si è sviluppata attraverso una “codifica teorica” (Flick, 1998), che ha
visto la frammentazione, concettualizzazione e riassemblamento delle informazioni in modi nuovi
(Dey, 1993). Ciò ha portato allo sviluppo del seguente sistema di categorie e sottocategorie:
Descrizione
dell’azione
violenta
STUDENTESSE
STUDENTI
Tipologie di violenza
La rappresentazione della violenza
sulle donne include prevalentemente
lo “stupro”, “botte”, ferite. Emerge
però anche la violenza psicologica,
come le “bugie”, lo “stalking”.
Dove avviene?
I luoghi in cui avviene sono appartati e
pericolosi, in un ambiente buio.
Emerge in maniera minima anche un
aspetto legato alla “quotidianità”,
come quello del “letto matrimoniale”/
“matrimonio”.
Tipologie di violenza
La violenza sulle donne è
descritta prevalentemente negli
aspetti fisici e sessuali. L’idea di
violenza maggiormente diffusa è
quella dello “stupro”, di “pugni”
e “insulti”.
Sono presenti aspetti di
desiderio nel rappresentare
l’azione violenta, come: “cazzo
in culo”, “pene in gola”, “zitta
puttanella e godi” e diversi altre
espressioni volgari.
Dove avviene?
La violenza può avvenire sia in
luoghi pubblici: al “lavoro”, in
“metro”,
o
appartati:
“parcheggio”,
“bosco”,
“in
casa”, “internet”.
Cause attribuite
alla violenza
Aspetti socio-culturali
Aspetti quali il “maschilismo”,
“egoismo maschile”, “misoginia” e
“divertimento
maschile”
sono
riportati spesso come causa della
violenza sulle donne.
Aspetti psicologici
La “cattiveria”, la “vigliaccheria
maschile” e la “pazzia” dell’aggressore
vengono considerati alla base della
violenza sulle donne.
Aspetti relazionali
Vengono
citate
relazioni
caratterizzate da “poco amore” e
“poca fiducia”, da “gelosia” e
“possessività”, in cui un evento
scatenante come un “tradimento” o
una “ripicca” può portare a gravi
conseguenze
Assunzione di sostanze/abusi di
sostanze
Non emergono
Aspetti socio-culturali
“Ignoranza” e “maschilismo”
sono considerati alla base della
violenza sulle donne.
Aspetti psicologici
L’aggressore è visto come una
persona incapace di controllare i
propri impulsi a causa di un
forte “istinto” ( “ormoni”,
“voglia di figa mostruosa”), e
di
problemi
psicologici
(“problemi mentali”, “crescita
difficoltosa”, “insicurezza”).
Aspetti relazionali
La violenza può accadere a
seguito di motivi scatenanti
interni alla relazione di coppia:
“tradimenti” e “litigi”
Assunzione di sostanze/abusi di
sostanze
Abuso di “alcol” e “sostanze
stupefacenti” vengono citati
spesso
Aspetti emotivi
La rappresentazione della violenza è
caratterizzata da una grande ricchezza
di aspetti emotivi. La “paura” è
l’emozione portante a cui si
accompagna
un
vissuto
di
vittimizzazione caratterizzato da
“vergogna”, “senso di colpa”,
“rimorso di coscienza” e da uno
“sentirsi sbagliate”.
Accanto a questi aspetti vengono
proposti sentimenti di “rabbia”,
“disprezzo”, “rancore” e “odio”, rivolti
all’aggressore e aspetti legati agli stati
d’animo: “depressione”, “solitudine”,
“tristezza” e “sofferenza”.
Gli aspetti emotivi della
rappresentazione
non
assumono
un’importanza
centrale;
l’emozione
maggiormente emersa, in linea
con le ragazze, è la “paura”. In
particolare sono poco presenti
gli aspetti emotivi. Non sono
presenti emozioni connesse ai
vissuti
dell’aggressore.
Emergono però il piacere,
l’eccitazione o il desiderio
sessuale.
Giudizio
violenza
della
Giudizi negativi
Emerge in modo forte il senso di
“ingiustizia” suscitato dalla violenza
sulle donne, espresso attraverso
termini quali “ingiustizia”.
Giudizi positivi
Non emergono
Le conseguenze
della violenza
Conseguenze per la vittima
Si
identificano
in
“gravidanze
indesiderate” ed “aborti”, ma viene
data
un’attenzione
particolare
soprattutto ai vissuti emotivi della
vittima di “depressione”, “ansia”
“paura degli altri”, “perdita di
autostima”, “solitudine”, “incapacità
di accettarsi”.
Conseguenze per l’aggressore
Dovrebbero consistere in una “pena
detentiva” o in una “castrazione”.
Giudizi negativi
L’azione violenta viene giudicata
in maniera fortemente negativa
soprattutto associando l’azione
a caratteristiche negative di chi
la compie: “da bastardi”, “da
coglioni”, “da stupidi”, “da
deficienti”.
Giudizi positivi
Emerge
una
parte della
rappresentazione
dell’azione
violenta come positiva, che
seppur meno consistente è
presente. Questa parte si
struttura con esclamazioni come
“è giusto”, “goduria”, “w la
figa”, “w la patata”; con
giustificazioni
all’azione
violenta:
“alcune
se
lo
meritano” e con affermazioni
ironiche tese a disconfermare la
negatività
dell’azione:
“si
possono toccare almeno con un
fiore?”
Conseguenze per la vittima
La conseguenza principale è
identificata in un possibile
“aborto”. Inoltre sono riportati
stati d’animo negativi, che
portano la vittima “a non
potersi più fidare degli altri” e
ad avere “paura di uscire di
casa”.
Conseguenze per l’aggressore
Sono principalmente di natura
penale; dovrebbe pagare delle
“sanzioni”, che vanno “dalla
galera” all’”ergastolo”, fino alla
“pena di morte”.
Caratteristiche
dell’aggressore
Provenienza territoriale
Non emerge
Aspetti di personalità
Si focalizzano maggiormente sugli
aspetti psicologici/caratteriali. L’uomo
che commette violenza è soprattutto
“cattivo”, “debole” e “pazzo”.
Categorie sociali tipiche
Possibili aggressori sono: “maniaci”,
“stupratori” e “famigliari”.
Persone reali
Non emergono
Provenienza territoriale
Gli aggressori sono spesso
definiti
“extracomunitari” e
“clandestini”:
“zingari”
e
“albanesi” o “neri”.
Aspetti di personalità
Sono
caratterizzati
come
“codardi”, “malati di mente”,
“ubriachi” ed “alcolizzati”.
Categorie sociali tipiche
Le
tipologie
di
possibili
aggressori sono ricche, con una
prevalenza
di
“preti”
e
“pedofili”.
Persone reali
Le persone reali identificate
come possibili atti di violenza
sono spesso politici del centro
destra italiano (Berlusconi, La
Russa, Bossi) o del fascismo
(Mussolini).
Sono
anche
presenti personaggi noti alla
cronaca per violenze vere o
presunte (M. Misseri, M. Tyson,
M. Jackson).
Caratteristiche
dalla vittima
Giudizio
sull’aggressore
Giudizio
vittima
sulla
Provenienza territoriale
Non emerge
Aspetti di personalità
In alcuni casi gli studenti
caratterizzano la vittima come
una
donna
“provocante”,
“sexy”,
“esibizionista” e
“facile”. Talvolta come una
“donna-oggetto”, che “prova
piacere” nel subire violenza.
Categorie sociali tipiche
Vengono citate principalmente
le prostitute. Oltre a loro sono
citate le minorenni e i bambini.
Persone reali
Le persone reali richiamate,
eccetto Sara Scazzi (vittima di
reale violenza), sono pornostar,
escort (Ruby) o avvenenti
conduttrici televisive (Hunziker).
Giudizi negativi
Giudizi negativi
Il giudizio negativo prevalente è L’aggressore
viene
spesso
“stronzo”.
tratteggiato come “infame”.
Giudizi positivi
Giudizi positivi
Non emergono
Non emergono
Provenienza territoriale
Non emerge
Aspetti di personalità
Sembra che la violenza possa
riguardare tutte le donne, a
prescindere dalle loro caratteristiche
psicologiche. Talvolta però emerge
l’immagine di una “donna oggetto” e
“provocante”.
Categorie sociali tipiche
Le tipologie di vittime possibili sono
principalmente i bambini, seguiti da
donne comuni e prostitute.
Persone reali
L’unica persona reale citata è Sara
Scazzi, diffusa dai media come vittima
di violenza
Giudizi negativi
Emerge marginalmente l’immagine di
una donna “provocante”, “che se la
cerca”.
Giudizi positivi
Accanto all’immagine di vittima
emerge la rappresentazione di una
donna che ha la “voglia di reagire” e la
“forza” per operare una “ribellione”.
Giudizi negativi
In alcuni casi gli studenti
caratterizzano la vittima come
una donna
“esibizionista” e
“facile”, attribuendole una
responsabilità rispetto alla
violenza.
Giudizi positivi
Non emergono
Dall’analisi categoriale dei brainstorming emerge che la rappresentazione sociale della violenza
sulle donne presenta molti aspetti differenziati in base al genere e alcuni aspetti, pochi, altamente
condivisi. Si suppone quindi la presenza di un nucleo centrale omogeneo e un nucleo periferico
differenziato in relazione al genere.
Sia tra i maschi che tra le femmine è presente un’immagine di violenza molto cruda, la violenza
fisica o sessuale, legata al corpo. Si segnala come nel gruppo femminile compaia anche l’immagine
di alcune forme di violenza psicologica e simbolica (“stalking”, “violenza domestica”,
“maltrattamento”).
Una differenza importante, rispetto alle rappresentazioni fornite dagli studenti e dalle
studentesse, consiste nel processo di identificazione. Le studentesse si immedesimano
maggiormente con la vittima di violenza: utilizzano molte parole che richiamano stati emotivi e
identificano un numero rilevante di conseguenze. Non emerge invece nessun indizio che faccia
pensare all’immedesimazione con l’aggressore. Per gli studenti la violenza viene sempre pensata e
rappresentata ponendosi in una posizione terza rispetto alla diade aggressore-vittima, ovvero
quella di giudice o censore. Esiste la tendenza da parte degli studenti a giudicare in maniera
fortemente negativa l’aggressore e in maniera ambivalente l’azione violenta. Sussiste una
difficoltà ad immedesimarsi nei panni dell’attore della violenza. Probabilmente il pensare alla
violenza come ad un fenomeno genere specifico, ovvero la violenza degli uomini sulle donne,
risulta troppo scomodo per un ragazzo. Per comprendere questo aspetto è interessante notare la
presenza di una desiderabilità dell’azione violenta, evidente dall’utilizzo di termini legati al sesso e
al pornografico, ma una disapprovazione rivolta a colui che la compie. Si pensa che la possibile
desiderabilità dell’azione violenta possa avvicinare i ragazzi al pensiero di poter essere
l’aggressore; da qui, come forma di difesa, potrebbero emergere i giudizi negativi e svalutanti
rivolti all’aggressore (“infame”, “codardo”, “sfigato”) e il processo di allontanamento che porta ad
identificare l’aggressore come qualcuno molto lontano dall’uomo comune o dal ragazzo comune:
lo straniero (il diverso), “l’extracomunitario”, “il clandestino”, “lo zingaro”, e con poca capacità di
autocontrollo (“pazzi”, “malati di mente”, “drogati/ubriachi”). Gli studenti faticano a identificarsi
anche
con
la
vittima.
Questa identificazione emerge anche nel pensiero delle conseguenze della violenza: le femmine
segnalano con facilità le conseguenze psicologiche ed emotive per la vittima, mentre per
l’aggressore le conseguenze identificate sono penali. I maschi invece identificano prevalentemente
conseguenze fisiche ( es. aborto) per la vittima e le conseguenze penali per l’aggressore. Si
evidenzia come tra i maschi emerga inoltre l’immagine di una vittima “provocante”, in grado di
motivare la violenza; questo aspetto emerge anche tra le femmine anche se in maniera meno
consistente. Si segnala come questo aspetto di colpevolizzazione della vittima, implicito, sia
riemerso in modo più evidente durante le discussioni e nei confronti in classe, in particolare
durante le attività di decostruzione e messa in discussione degli stereotipi di genere. Questo
aspetto di giustificazione si associa spesso ad eventi relazionali come il “tradimento”.
Un’ultima differenza importante riguarda il giudizio della violenza: la rappresentazione femminile
racchiude un forte giudizio negativo, connesso sia all’aggressore che all’azione; quella maschile
invece vede una connotazione estremamente negativa dell’aggressore accompagnata però da una
dimensione di desiderabilità/piacere dell’azione.
Si sottolinea l’importanza di queste differenze e degli aspetti comuni. Si ritiene che questi aiutino
nello scegliere come agire al fine di de-costruire la rappresentazione ed introdurre elementi nuovi.
Si nota infatti che, nonostante le differenze maschi/femmine siano molto chiare, si può comunque
risalire ad una rappresentazione sociale condivisa della violenza sulle donne: il nucleo centrale
sembra racchiudere un’immagine di violenza prettamente fisica e sessuale, agita da uomini con
problemi mentali, in luoghi “bui” e insicuri, lontani dalla vita domestica. La vittima che ne emerge
sembra essere fragile e annientata dalla paura, ma è presente anche un aspetto “provocante” o
colpevole (es. tradimento, abbigliamento o atteggiamento provocante) che andrebbero a
giustificare l’azione violenta. Tale rappresentazione viene personificata nei nomi di politici famosi
e nelle vittime di cronaca nera, delle quali i media hanno parlato in modo cospicuo durante il
periodo dell’intervento.
Il nucleo periferico presenta invece delle differenze legate al genere: la violenza simbolica è più
presente tra le ragazze, e meno presente per i maschi, i quali riconoscono solo lo stalking (da
sottolineare che durante il periodo dell’intervento era in corso una importante campagna di
sensibilizzazione sullo stalking sul territorio di Milano).
5.2)_Analisi dei dati emersi dal questionario
Al fine di valutare la risonanza degli argomenti trattati tra i destinatari, nella forma sia di pensiero
che di discorso, sono state sottoposte le domande: 1-Ti è mai capitato di riflettere, sugli argomenti
discussi, dopo la fine dell’intervento? 2- Ti è mai capitato di parlare con i tuoi amici, genitori,
professori o compagni di classe della “violenza di genere”, dopo la fine dell’intervento?
Il 79,3% (333 su 420) degli studenti afferma di aver riflettuto, sugli argomenti discussi, anche in
momenti esterni all’intervento. Delle 87 risposte negative, 71 (81,6%) provengono dai ragazzi e 16
dalle ragazze. Si ritiene che l’efficacia dell’intervento non sia, quindi, limitata ai momenti in classe.
Alla domanda n°2 il 61,4% dei rispondenti afferma di aver parlato con amici, genitori, professori o
compagni di classe della violenza di genere, fuori dai momenti d’interevento. Questo processo è
sia legato alle ragazze, il 74,3% afferma di averne parlato (130 su 175), ma relativo anche a parte
dei ragazzi (128 su 245). Nel 52,2% dei casi gli studenti hanno, infatti, introdotto l’argomento nei
“discorsi di vita”. In considerazione delle resistenze dei ragazzi ad affrontare l’argomento, si ritiene
questo dato significativo. Viste le alte percentuali si suppone sia avvenuto un ampliamento
territoriale dell’intervento, all’esterno del contesto classe, che ha coinvolto i gruppi di riferimento.
Successivamente è stata indagata la percezione di utilità dell’intervento svolto, con due domande
specifiche. (Pensi di avere imparato qualcosa di utile durante questi incontri? / Quanto hai trovato
utile l’intervento fatto in classe?)
La quasi totalità dei partecipanti, circa il 92,1% (387 su 420), sostiene di aver imparato qualcosa di
utile durante gli incontri. Risposta affermativa è fornita dal 97,7% delle ragazze e dal 88,2 % dei
ragazzi. Il 96,9% (moltissimo 15,2% + molto 45,5% + abbastanza 36,2%) ha sperimentato una
sensazione di rispondenza, almeno soddisfacente, tra i propri bisogni formativi e la discussione dei
contenuti e il 15,2% ha sperimentato una completa corrispondenza. Solo il 3,1% non ha trovato
utile l’intervento, percentuale che copre risposte prevalentemente ottenute da studenti maschi.
La distribuzione percentuale ripartita su ragazze e ragazzi non denota particolari differenze, salvo
una leggera percezione di maggiore utilità da parte delle ragazze. La distribuzione omogenea della
percezione di utilità permette di inferire che l’intervento è stato funzionale a raggiungere tutta la
classe, parlando sia ai possibili “attori”, che alle possibili “vittime”.
Con la domanda 5 (Ritieni di avere maggiori capacità di riconoscere situazioni di violenza nella vita
di tutti i giorni ?) si è voluto indagare la percezione dei destinatari nel sentirsi maggiormente
competenti nel riconoscere una situazione di violenza.
Il 69,5% dei rispondenti afferma di possedere maggiori capacità per riconoscere situazioni di
violenza nella vita di tutti i giorni. Le percentuali dei ragazzi differiscono di pochi punti percentuali,
permettendoci di affermare che le acquisizioni hanno una certa omogeneità. Si considera che
riconoscere forme di violenza nella vita di tutti i giorni è il primo passo, per evitare che la violenza
accada.
Agli studenti e alle studentesse abbiamo inoltre domandato quali tipi di violenza siano ora in grado
di riconoscere. Numerose sono state le risposte che indicano “gli adescamenti on line” e “lo
stalking” ma anche, soprattutto da parte delle ragazze, “violenza psicologica” e “violenza
domestica”. Sia i ragazzi e soprattutto le ragazze sostengono quindi di poter riconoscere
manifestazioni immediatamente percepibili come la violenza fisica, ma anche manifestazioni più
sottili come il non rispettare i turni di parola o la svalutazione verbale delle compagne.
Infine si è chiesto, a studenti e studentesse quali argomenti desidererebbero approfondire
ulteriormente. Sono emersi principalmente due argomenti: la parità tra uomo e donna: cos’è e
come svilupparla; la rappresentazione dell’uomo e della donna/gli stereotipi.
6) Conclusioni e ipotesi per interventi futuri
La rappresentazione sociale, ricostruita da studenti e studentesse, che emerge dall’analisi
categoriale dei brainstorming presenta molti aspetti differenziati in base al genere e alcuni aspetti,
pochi, altamente condivisi. Si suppone quindi la presenza di un nucleo centrale omogeneo e un
nucleo periferico differenziato in relazione al genere. Si può quindi concludere che la
rappresentazione sociale della violenza sulle donne, come ipotizzato, sia differenziabile in base al
genere di appartenenza, seppur sussista un nucleo centrale indifferenziato ed omogeneo. Le
differenze relative al nucleo periferico si possono spiegare attraverso la posizione da cui la
violenza viene rappresentata: le studentesse si identificano nel ruolo della vittima, mentre gli
studenti si estraniano dalla diade vittima-aggressore ponendosi nel ruolo del giudice o censore.
Si suppone che il nucleo centrale sia condiviso all’interno della realtà culturale e al contesto di
appartenenza (ovvero il territorio di Milano), ma anche in un contesto più allargato alla cultura
italiana.
Per quanto riguarda il grado interesse e la seconda ipotesi di ricerca, l’analisi dei risultati del
questionario e il livello di partecipazione attiva riscontrato durante gli interventi, confermano che
le tematiche affrontate in classe hanno suscitato un interesse diffuso, riscontrabile sia tra le
studentesse che tra gli studenti. I risultati dimostrano un livello leggermente più alto nelle ragazze,
ma si evidenzia come l’intervento proposto susciti una disponibilità e un interesse alla riflessione
sulle tematiche di genere ed in particolare sulla tematica della violenza sulle donne anche tra i
maschi.
La terza ipotesi di ricerca, ovvero che la metodologia implementata da Ala Milano Onlus favorisca
la persistenza della riflessione sugli argomenti trattati, oltre ai momenti deputati all’intervento,
viene anch’essa confermata dai risultati del questionario, in cui studenti e studentesse affermano
di aver pensato e parlato delle tematiche affrontate al di fuori delle ore di intervento.
Infine si è ipotizzato che l’intervento cosi strutturato introduca tra gli studenti maggiori capacità di
riconoscere altre forme di violenza (simbolica), oltre a quella fisica e sessuale. Confrontando la
rappresentazione sociale della violenza proposta all’inizio dell’intervento dagli studenti e dalle
studentesse, con i risultati del questionario di valutazione, si può sostenere che la metodologia dei
Life Skill Training Laboratory sia uno strumento efficace per sviluppare maggiori capacità di
riconoscere altre forme di violenza (simbolica), oltre a quella fisica e sessuale. Si può notare inoltre
che la rappresentazione iniziale della violenza sulle donne non comprenda la violenza domestica,
tipo di violenza allontanata o non riconosciuta come tale. Durante l’intervento si è cercato di
informare gli studenti sull’entità del fenomeno della violenza domestica e di stimolare diverse
riflessioni a riguardo. L’argomento “parità di coppia”, sviluppato durante gli incontri proprio nella
direzione di prevenire la violenza relazionale, ha suscitato interesse tra maschi e femmine, alcuni
vorrebbero anche approfondirlo in futuro. Da sottolineare che durante le attività proposte, mirate
alla decostruzione degli stereotipi di genere e a stimolare riflessione sui rapporti paritari, gli
studenti hanno potuto constatare che la parità è associata a un aumento di benessere per
entrambi i membri della coppia e che le relazioni basate sulla parità e sul rispetto reciproco
possono essere realisticamente più soddisfacenti.
Sembra quindi che gli incontri realizzati abbiano effettivamente accresciuto tra gli studenti
maggiore conoscenza del fenomeno (dal considerare la violenza come solo fisica o sessuale si sono
resi conto che esistono altre forme più difficili da riconoscere, di violenza simbolica), nonché
maggiore consapevolezza delle cause e delle conseguenze delle diverse forme di violenza.
L’intervento realizzato presenta alcuni aspetti di criticità, che vanno tenuti in considerazione
nell’ipotesi di costruire e realizzare degli interventi futuri più efficaci. Un elemento di attenzione e
di criticità dell’intervento consiste nella possibilità di rinforzare gli stereotipi stessi, e di consolidare
virilismi tesi a proteggere le compagne da individui violenti, spostando l’attenzione dal modello
culturale favorente la violenza sulle donne. Per evitare questi aspetti di criticità, si sottolinea la
necessità di esplicitare la rappresentazione della “violenza sulle donne” all’interno del gruppo
classe, negoziando e palesando i significati, le credenze e i vissuti ad essa associati. Da questi
significati co-costruiti è possibile realizzare attività e processi di intervento ad hoc, calibrati in
base al contesto specifico.
In un’ottica di miglioramento e progettazione futura, si propongono 3 possibili integrazioni alla
ricerca intervento presentata. Si ritiene che queste integrazioni, se implementate,
permetterebbero di sviluppare un miglior progetto di ricerca, in grado di consolidare il processo di
sensibilizzazione potendo affinare il processo di valutazione.
1) Utilizzare strumenti quantitativi standardizzati pre/post intervento per valutare l’impatto
della ricerca intervento, individuando sia gli aspetti di cambiamento avvenuti, sia gli aspetti
di mancato cambiamento. Questo processo permetterebbe un miglior confronto con gli
obiettivi di progetto e fornirebbe delle linee di lavoro per modificare o integrare la
modalità di intervento.
2) Audio-registrare gli incontri in classe, proseguendo con una successiva fase di analisi delle
trascrizioni degli interventi. Un’analisi qualitativa degli sbobinati porterebbe a una
definizione più chiara della rappresentazione fornita dagli studenti della “violenza sulle
donne”.
3) Video-registrare gli interventi in classe, sviluppando una griglia di analisi qualitativa dei
comportamenti agiti in classe dagli studenti e dalle studentesse. Questa procedura di
ricerca porterebbe a nostro avviso ad una definizione approfondita di come la violenza
relazionale si produce in classe. Con questa procedura, si ritiene possibile migliorare
notevolmente l’efficacia di interventi futuri.
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