Una proposta per i laureati in Scienze

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Una proposta per i laureati in Scienze
Infermieristiche
Premessa
Il rapporto del Cds con il mondo della formazione/scuola è sempre stato stretto fin dalla sua nascita,
nell'ormai lontano 1972. Forse perché Cds nasceva da un insieme di “esperti” del lavoro (quadri,
tecnici, delegati, sindacalisti, qualche imprenditore) e un insieme di docenti, studenti.
Cds ha promosso e sviluppato, nel corso della sua “biografia” d’impresa, diverse sperimentazioni di
successo sia nel mondo del lavoro che nell’alternanza studio e lavoro.
Imparare a leggere i mutamenti in corso nella società complessa accettando le sfide da essa lanciate,
aprirsi al nuovo analizzando vecchi e nuovi saperi, uscire dall'autorefenzialità costituendosi come
"sistemi aperti" con pacchetti di risposte pertinenti nei confronti di un ambiente che tende sempre
più all'ipercomplessità: queste indicazioni sono diventate prassi metodologica nel lavoro compiuto
dal Gruppo di studio sui mestieri della sanità e dell'assistenza Cds, dove l'analisi sulla carenza
strutturale di infermieri ha portato alla luce una pluralità di problemi - sia legati al percorso
formativo di questo profilo professionale, sia legati al rapporto utente-organizzazione sanitariaservizi erogati - che hanno messo in discussione i tradizionali approcci al problema. La crisi in cui è
incorsa questa professione e l'impellente e drammatica necessità di infermieri per far funzionare
l'intero sistema sanitario, necessita di risposte virtuose da un punto di vista strutturale, facilitando
l'accesso al mestiere dell'infermiere mettendolo in collegamento con una pluralità di percorsi
scolastici.
Una tappa fondamentale del nostro percorso di ricerca, che è durato 2 anni, è stata la giornata di
studio che abbiamo promosso a Ferrara il 30 gennaio 2002, dal titolo: La carenza di infermieri. Un
fenomeno transitorio o una realtà consolidata? Le ipotesi Cds per un approccio al problema, alla
quale hanno partecipato:
Maria Rita Lodi
Assessore alla Sanità Provincia di Ferrara
Pasquale Gregorio
Direttore della Scuola di Specializzazione di Igiene dell'Università di Ferrara
Daniele Curina
Presidente coop socio-assistenziale Cidas di Ferrara
Milena Minati
Ricercatrice Cds, esperta di infermieri.
Stefano Capatti
Cds
Andrea Gandini
Cds
Miriam Cariani
Cgil
Claudia Canella
Cisl
Antonio Paoloni
Agenzia form. Cesta
Teodora Benini
Agenzia form. Fia
Arnoffi Sandro
Cgil Sanità
Guizzardi Sandro
Cgil Sanità
Adriano Rubbini
Preside Ist. Professionale Einaudi
Nadia Benasciuti
Dirigente Provincia di Ferrara
Pino Foschi
Docente Università di Ferrara
Cesari Valentina
Resp. Infermieri Asl Ferrara
Martini Graziella
Osp.S.Anna Infermieri
In quella occasione, la presenza dell’Istituto Professionale Einaudi ha consentito la possibilità di
ideare una sperimentazione aperta alle scuole superiori.
E’ stato costituito un gruppo di lavoro tra ricercatori Cds e insegnanti dell’Istituto Einaudi (formato
dal Preside e da tre docenti) che, tra il marzo 2002 e l’ottobre 2003, ha messo a punto una nuova
figura professionale, che punta a coprire il vuoto lasciato dall’infermiere diplomato.
Ora che l’infermiere è laureato, ora che (come indica la legge di riforma) è chiamato ad un maggior
ruolo e responsabilità, si è creato un “vuoto” nei reparti e nell’organizzazione del lavoro, in
particolare per quanto riguarda tutte quelle operazioni di routine che sono proprie di una figura con
preparazione specifica (non OTA o OSS).
Paradossalmente, se il nuovo infermiere dovesse continuare a fare anche tale lavoro di
routine, non riuscirebbe ad attivarsi in tutte le nuove funzioni che gli sono state attribuite
dalla riforma. In altre parole, serve una nuova figura che prenda il testimone dell’infermiere
in reparto (con formazione e preparazione similare), “liberando” l’infermiere laureato da
mansioni routinarie, permettendogli di fare attività di maggior “peso” e di valore crescente,
formalizzando, di fatto, il nuovo “status” di infermiere laureato, all’interno
dell’organizzazione.
Le linee di azione sulle quali si è lavorato sono state le seguenti:
• qualificare un percorso di studio degli istituti Professionali di Stato per i Servizi Commerciali
Turistici e Sociali, in senso socio/assistenziale/infermieristico che dia la possibilità ai
diplomandi di fare già negli ultimi 2 anni un periodo breve di lavoro retribuito e dopo il diploma
un primo anno di lavoro presso le strutture socio-sanitarie che necessitano di infermieri;
• avviare in tali strutture di servizio un’esperienza di “pompa professionale” che qualifichi il
lavoro sia dei giovani in ingresso per un anno, sia degli infermieri professionali verso l’”alto”;
• introdurre nelle scuole superiori una fase di lavoro “vero e retribuito” come modalità di
accelerazione dell’apprendimento (analoga a quanto si sta sperimentando all’Università di
Ferrara alla Facoltà di Economia con i PIL);
• avviare una fase di forte orientamento dei giovani verso il lavoro in generale e il lavoro degli
infermieri in particolare;
• valutare la possibilità (in futuro) di ottenere crediti formativi (e da lavoro) ai fini del percorso di
D.U. Infermieristico (ogni laurea prevede un semestre finale di stage);
• garantire in modo strutturale “passerelle” di passaggio tra una scuola e l’altra in base ai diversi
percorsi ora arricchiti di una fase di lavoro;
• creare un potenziale “bacino di scuole” a cui la Facoltà di Scienza Infermieristiche può
attingere, come sbocco “naturale” dopo il conseguimento del diploma superiore. La
sperimentazione post-diploma potrebbe inoltre essere proposta, sotto forma di IFTS, insieme ad
un altro Istituto emiliano-romagnolo simile all'Einaudi di Ferrara, al fine di valutare la
comparabilità 1.
In parallelo al lavoro del gruppo Cds-Einuadi, è stata svolta un’indagine presso un piccolo gruppo
di infermiere operanti in diversi ambiti dell’organizzazione sanitaria.
Obiettivo di queste interviste era rilevare sul campo, cioè nell'ambito indagato, se esiste la necessità
di una figura professionale che raccolga le funzioni lasciate dall'infermiere (laureato e con più
carichi gestionali e specialistici) e capire quali caratteristiche dovrebbe avere tale nuova figura
sanitaria. Abbiamo chiesto alle intervistate se l'OTA trasformato in OSS avesse, a loro parere, la
1
Istituti Professionali Tecnico-Sociali (corsi di 5 anni) presenti in Emilia Romagna
In una ipotesi di sperimentazione non solo a Ferrara, ma nell’ambito della nostra regione è possibile fare riferimento a:
- Ferrara
- Reggio Emilia*
- Imola
- Modena
- Parma*
- Cesena*
- Forlì*
- Lugo*
*sedi con corsi serali
preparazione e il profilo professionale idoneo per affiancare l'infermiere affrancandolo dal lavoro
routinario. Successivamente, esaminando il vecchio Mansionario infermieristico, insieme alle
infermiere, si sono individuate tutte le funzioni che, una figura opportunamente preparata, avrebbe
potuto compiere, sotto il controllo dell'infermiere, in modo da permettere a quest’ultimo di dedicarsi
a pratiche più specialistiche e complesse.
Si riportano in allegato i dati sulla carenza degli infermieri in Italia nel periodo 1999-2004 ed i
principali risultati di un’indagine dell’Agenzia Regionale della Sanità del Friuli Venezia Giulia
(2002), sull’”immagine dell’infermiere” vista dagli studenti.
Fabbisogni ed evoluzione della figura professionale dell’infermiere.
Da alcuni anni, su tutti i quotidiani italiani, compare periodicamente la notizia della pressante
richiesta di diversi paesi del nord Europa ai paesi del sud Europa di medici generici disposti ad
emigrare. Gli italiani, dal canto loro, fanno i conti con un notevole esubero di laureati in medicina,
ma contemporaneamente con una carenza allarmante di infermieri e di giovani disposti a
intraprendere gli studi per conseguire il diploma in Scienze Infermieristiche.
Questa tendenza viene quantificata oggi in 80 mila infermieri in meno rispetto al fabbisogno del
mercato, facendo scendere il numero di infermieri, ogni mille abitanti in Italia, a quota 5,3. Dai dati
della Federazione Collegi Ipasvi (Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici
d'Infanzia) su fonti OCSE 2000 sono andati in pensione in questi ultimi anni circa 12.500 infermieri
all'anno, con un ricambio annuo di diplomati in Scienze Infermieristiche di 3.500 unità. Per
garantire un turn over regolare, ogni anno dovrebbero diplomarsi 9.600 infermieri, garantendo un
ricambio del 3% sul totale.
A risentirne è l'intero sistema sanitario e in special modo quegli ambiti dove dovrebbe essere
garantita l'integrazione tra il sociale e il sanitario: ospedali, case protette, hospice per i malati
terminali, assistenza domiciliare integrata (ADI). Addirittura, il quadro in esame fa temere per la
realizzazione del progetto degli "Infermieri di famiglia", una figura altamente specializzata che
affiancherebbe i medici di base, come prevede una convenzione con i generalisti, per sgravare i
medici di molti compiti routinari e nello stesso tempo assistere gli utenti e le famiglie in modo più
assiduo, rendendo praticabili molte cure a domicilio invece che all'ospedale. Un modello del genere
avrebbe però bisogno di un numero più elevato di personale infermieristico da distribuirsi sul
territorio, come avviene in altri paesi; infatti in Irlanda si hanno 15,9 infermieri ogni mille abitanti,
14 in Finlandia, 9,6 in Germania, 8,9 in Austria, 8,3 negli Stati Uniti.
Una professione poco attraente
In attesa di indagini e ricerche approfondite che possano chiarirci lo scarso appeal di questa
professione presso i giovani, tentiamo in questa sede alcune ipotesi e congetture.
Prima della riforma, gli studi infermieristici consistevano nella frequenza di un corso biennale e
richiedevano la permanenza all'interno della Scuola per Infermieri Professionali (il così detto
"Convitto"), di solito adiacente o all'interno dell'ospedale. Il titolo di studio per accedervi era la
terza media.
Dalla metà degli anni settanta, chiusa la formula del Convitto, si chiedeva un attestato di frequenza
di un biennio di studi post obbligo (corrispondente ad un’età di circa 16 anni per la maggior parte
dei frequentanti) per proseguire poi, nel successivo triennio, in cui veniva formata la figura
professionale dell'infermiere attraverso un corso regolare di lezioni in aula alternato ad un tirocinio
in corsia, facendo giungere i giovani al diploma all'età di 19 anni.
L'immediato ingresso nel mondo del lavoro - in particolar modo in ospedale, meta ricercata dalla
maggior parte dei diplomati - rendeva questa professione particolarmente ambita da tutti i giovani i
quali, terminato un ciclo di studi quinquennale, erano nella condizione di trovare subito
un’occupazione. I posti di lavoro erano garantiti dalla selezione d'ingresso alla Scuola per
Infermieri Professionali al Convitto; un numero chiuso ponderato in relazione al turn over
dell'ospedale dove aveva sede la scuola, in prima istanza, e in relazione alle altre strutture
ospedaliere presenti sul territorio. Quindi, tra i servizi territoriali e ambulatoriali, ospedali pubblici o
cliniche private e strutture socio-sanitarie, gli infermieri appena diplomati trovavano
immediatamente lavoro, garantendo così ai giovani tra i 19 e 20 anni una piena autonomia
economica, senza periodi di stazionamento tra le fila dei disoccupati.
Da un punto di vista operativo, la professione dell'infermiere era regolamentata dal "mansionario",
una sorta di elenco di tutte le "azioni di cura" che potevano essere esercitate sul posto di lavoro. Il
mansionario costituiva, nell'ambito sanitario, il confine ben definito tra il medico, l'attore principale
che prendeva decisioni e attivava azioni terapeutiche sul paziente (oggi utente) e la figura
professionale che gli era di "ausilio", alla quale erano demandate le azioni assistenziali e routinarie:
assistenza alberghiera, igiene personale, alcune elementari rilevazioni (essenzialmente: pressione
arteriosa, temperatura corporea), distribuzione dei farmaci, applicazione delle flebo e supporto
morale e psicologico. Altre azioni terapeutiche che sconfinavano dal mansionario (le azioni
terapeutiche "nobili") dovevano essere esercitate sotto controllo del medico.
Il governo assoluto della professione medica su quella infermieristica ha fatto sì che la figura
professionale dell'infermiere rimanesse sempre nascosta all'ombra del medico-primo attore, con un
bagaglio professionale e di preparazione non pienamente valorizzato; le volte in cui l'infermiere
poteva mettere a frutto le proprie abilità e il proprio sapere, lo doveva comunque fare sotto l'egida
del medico, in una sorta di "libertà vigilata" in cui il medico conservava la responsabilità
complessiva dell’intervento e quindi in un rapporto asimmetrico tra medico e infermiere, in cui
tendeva a prevalere l'aspetto gerarchico su quello di tutoraggio e di collaborazione.
Con la riforma dei cicli di studi, per uniformarci a livello europeo, si è proceduti alla chiusura delle
tradizionali scuole e all'apertura di 250 sedi in Italia di nuovi corsi di laurea in Scienze
Infermieristiche. L'accesso ai nuovi corsi, richiede oggi un diploma di scuola media superiore
(accesso, dopo 5 anni di studi oltre alla scuola dell’obbligo e quindi ad una età di circa 19 anni) e
offre un percorso formativo di tre anni per conseguire il diploma universitario. Per chi volesse
continuare vi sono poi altri due anni per una specializzazione di settore. Con la legge n.42 del 1999
la figura dell'infermiere professionale compie quindi un notevole salto di qualità, passando da
semplice ausiliario a professionista sanitario, la cui prestazione non risulta ancorata ad un
prontuario ma acquista maggiore autonomia e responsabilità all'interno delle strutture sanitarie.
Tuttavia oggi sembra che la figura professionale dell'infermiere non attiri più i giovani. Perché?
Le ipotesi su cui ci siamo interrogati e che sembrano le più plausibili sono le seguenti.
1. Con il varo della riforma e l'accesso ai nuovi corsi di studi, dopo un percorso scolastico di
un quinquennio, è stato eliminato quel target di giovani che, non essendo interessato ad una
laurea o ad un diploma universitario, voleva entrare subito nel mercato del lavoro. Il
prolungamento degli studi li ha indotti ad escludere anche la formazione alle professioni
sanitarie dalle loro prospettive.
2. Cinque anni di scuole medie superiori, aggiunti ai tre anni di Scienze Infermieristiche, con
l'eventualità di fare un biennio per la specializzazione, induce molti giovani a tentare
direttamente la laurea in medicina che, come status e possibile remunerazione, attrae di più
della professione di infermiere.
3. Per altro, la professione dell'infermiere non viene ancora percepita come una figura di
"nuovo professionista della sanità" così come descritta dalla riforma. Permane l'immagine
del vecchio tipo di infermiere a cui viene attribuita, ormai da tempo, una valenza
scarsamente allettante. Maggior appeal (modernità, moda, minore fatica, migliori
prospettive di reddito anche da attività autonoma, ecc) sembra avere la professione di
fisioterapista o quella di odontoiatra o di dietista, figure professionali per le quali il numero
delle candidature supera quasi sempre il numero di posti messi a bando.
4. Gli orari di lavoro incidono sempre più nella scelta di una professione. E’ facile verificare
come sempre più i giovani cerchino o scelgano un lavoro, anche tenendo conto degli orari,
dei turni o in base ad altre caratteristiche che permettano loro di svolgere con continuità e
soddisfazione attività extra-lavorative (festività libere da passare con gli amici, palestra,
piscina, scuola di ballo, ecc.).
5. La professione dell'infermiere comporta una partecipazione personale e un coinvolgimento
emotivo molto forte, soprattutto per chi lavora con malati particolarmente gravi o con
bisogni che richiedono alti livelli assistenziali. Il farsi carico del dolore degli altri, dei loro
problemi e delle loro lamentele, richiede doti umane, caratteriali e d’ascolto particolari. Il
personale che lavora con malati o con anziani che necessitano di un grosso carico
assistenziale o con dementi, oppure a domicilio, essendo soggetto a grossi carichi di stress, è
tra i più esposti ai fenomeni di burn-out o alla depressione. La stanchezza di ripetere sempre
gli stessi compiti, le continue richieste a volte snervanti (le chiamate dei pazienti, spesso
“inutili ma necessarie” per essere rassicurati), la difficoltà a comunicare con i famigliari o
fare apprezzare il lavoro svolto sia all'interno che all'esterno al reparto, il non riuscire a
liberarsi mentalmente del proprio lavoro una volta tornati a casa, sono tutte cause che
possono contribuire a demotivare qualunque operatore. Vi sono poi ambiti di assistenza con
un turn-over particolarmente alto: lavori che non si possono fare per un periodo molto
lungo, certamente non per tutta la vita e a seguito dei quali sono frequenti le richieste di
trasferimento ad altro servizio.
6. Anche lo stipendio sembra incidere non poco sulla scelta di questa professione. Nonostante
la riforma abbia comportato un innalzamento nel livello di professionalizzazione, lo
stipendio base di un infermiere resta ancora ad un livello modesto e le integrazioni per turni,
reperibilità, ecc, si accompagnano spesso a disagi ritenuti sproporzionati.
Tuttavia, se sono affidabili le ipotesi fatte dal Cds, quello della carenza degli infermieri non è un
fenomeno congiunturale, ma sociale, culturale e strutturale. Quindi non è periodico o transitorio, ma
rischia di essere l'inizio di un processo molto più lungo, perché chiama in gioco una pluralità di
cause e riferimenti che in vario modo si vanno a concatenare: lo status professionale (legato a come
viene percepita all'esterno, a livello culturale o, comunque, nella vita quotidiana, la figura
dell'infermiere), gli orari di lavoro, la retribuzione, i nuovi stili di vita dei giovani, le aspirazioni
personali, ecc.
Componenti sociali, culturali e mondi vitali combinandosi, possono protrarre nel tempo un
fenomeno, conducendo una professione, come quella dell'infermiere, ad esempio, all'interno di un
processo di declino o di scarso appeal dei giovani, finché non si intervenga con correttivi strutturali,
culturali e motivazionali forti, che chiamino in causa e investano le intenzionalità dei mondi vitali
stessi.
Spostare infermieri dalla Polonia o dal sud Italia, cioè da quelle aree dove vi è un temporaneo,
relativo esubero, può risolvere un’emergenza di oggi, ma quando la crisi di questa professione si
manifesterà anche in tali aree, il problema e lo stato di emergenza si ripresenterà. Servono quindi
strategie che affrontino il problema nella sua complessità, con risposte pertinenti e che inneschino
cicli virtuosi per il futuro.
Progetto Sperimentazione Cds
Il fenomeno della carenza degli infermieri, come è stato argomentato nella giornata di studio La
carenza degli infermieri. Un fenomeno transitorio o una realtà consolidata? Le ipotesi Cds per un
approccio al problema. Ferrara 30 gennaio 2002, deriva da una pluralità di cause (soggettive,
sociali, culturali, di status e di mercato del lavoro) tali da dover pensare a soluzioni di carattere
strutturale.
Il vuoto lasciato dall'innalzamento specialistico-professionale-formativo del nuovo "infermiere
diplomato all'università" (prossima laurea in Scienze Infermieristiche) trova in diversi profili
professionali (OTA, OSS) la disponibilità a candidarsi alla successione. Ma il bagaglio di "sapere
sanitario tout court" richiesto in una corsia di ospedale, in un servizio socio-sanitario (Salute
Donna) territoriale o ambulatoriale, o in servizi anche socio-sanitari ma ad alta
professionalizzazione (Alzheimer, ADI, malati terminali), richiedono percorsi formativi con "un
sapere esplicito e tacito2" ed un "occhio clinico3, maggiormente strutturato.
Due elementi di non trascurabile importanza, poi, sono:
1. favorire il più possibile i giovani che vogliono entrare immediatamente nel mercato del lavoro
dopo la scuola dell'obbligo, o che vogliono fare una significativa esperienza lavorativa in
ambito socio-sanitario prima di decidere del proprio futuro professionale (con effetti anche di
orientamento);
2. considerare in fase di esaurimento l'esperienza legata alla creazione di figure professionali come
AdB e OTA. Questa tesi è stata sostenuta da diverse persone intervenute alla giornata di studio
sopra citata, in quanto non è più possibile garantire una qualità attraverso le selezioni di ingresso
ai corsi.
Ultimo elemento, ma non per importanza, la "sostanza" (la preparazione teorica+sapere
tacito+occhio clinico), nel senso di contenuto ed azioni rimaste in eredità dal vecchio infermiere
professionale, cioè il Mansionario. Chi potrà raccogliere questo patrimonio, sostituendosi
efficacemente, permettendo al nuovo infermiere laureato di sviluppare il proprio ruolo e le proprie
competenze da un punto di vista, non solo contrattuale, ma anche organizzativo?
Sperimentare per aprirsi a nuove soluzioni
A Ferrara, la presenza dell'Istituto Professionale di Stato per i Servizi Commerciali, Turistici e
Sociali Einaudi, offre, per il piano di studi attivato di Tecnico dei Servizi Sociali (corso di 5 anni),
la possibilità di sperimentare una nuova modalità che potrà dare concrete indicazioni in relazione ad
un futuro tecnico ausiliario sanitario, una specializzazione acquisita sul campo da implementare tra
il terzo, il quarto e il quinto anno. L'implementazione potrà avvenire nell'Area di
professionalizzazione che mette a disposizione da 300 a 350 ore annue.
2
Un sapere fatto di prassi, esperienza, di modalità e azioni esperite sul campo, le quali sono difficilmente esplicabili
attraverso la sola divulgazione verbale, ma che direttamente connettono la fase teorica a quella pratica, rendendo nota
quest'ultima e passibile di soluzioni a volte contingenti, a volte note.
3
Scrive Cagli: <<Crediamo proprio che sia così: che oggi più che in passato, se non vogliamo che le facilitazioni alla
diagnosi offerte dai moderni mezzi di indagine si traducano in elementi di confusione, sia necessario il più attento
esame critico dei dati. E più questi dati sono numerosi, più diviene difficile maneggiarli, coordinarli, dar loro un senso.
A volte in mezzo a tante informazioni manca quella fondamentale, che soltanto un metodo clinico può portarci a
ricercare; a volte manca la capacità di utilizzare i dati disponibili nella congerie di informazioni di cui si dispone di
quella o quelle che portano dritte alla diagnosi. E in questo cammino il pericolo da evitare è quello dell'errore (…). Il
metodo clinico è la garanzia che accanto a un uomo sofferente vi sia un uomo pensante>>. in Antiseri D., Rispetta i
malati, ma con metodo, IL SOLE-24 ORE, domenica 22 marzo 1998, N.80.
Fase 1.
Organizzare un gruppo di studio che compari ed integri le materie sanitarie del Tecnico dei Servizi
Sociali con il vecchio Mansionario Infermieristico, facendo tesoro della preparazione sociale
acquisita nei primi tre anni, arricchendo i contenuti teorico-pratici di carattere sanitario-assistenziale
(anche in accordo con gli insegnanti della Laurea in Scienze Infermieristiche).
Fase 2.
Fare un accordo con imprese sanitarie o socio-sanitarie, pubbliche e/o private, della provincia di
Ferrara (Asl, ospedale, case protette, RSA, hospice, cliniche private), sindacati, scuola media
superiore, un Centro di formazione, promosso e coordinato dalle Istituzioni della Provincia e della
Regione, rivolto agli studenti di un Istituto Professionale di scuola Media superiore per una
sperimentazione a valore nazionale. Si potrebbe ipotizzare per esempio un IFTS sperimentale. Gli
studenti del 4° e 5° anno dispongono di un potenziale (nei due anni) di circa 700 ore di “terza area”
professionalizzanti.
Su queste ipotesi è al lavoro in Regione, presso l'Assessorato Regionale alla Formazione, un gruppo
composto da:
• Andrea Gandini e Stefano Capatti per Cds
• Adriano Rubini e la “Vice-preside” Brogli per l’Einaudi di Ferrara.
• Umberto Bertozzi (Formazione), Manuela Righi (Assess. Reg. Sanità), Tarcisio Zanni (Ass.
Reg. Formazione), Dott.ssa Paola Armaroli (Assess. Reg. Formazione), Nicoletta Molinaro
(Resp. Reg. Università), Dott.ssa Elisabetta Di Pardo (Ass. Reg, Sanità), Anna Rosetti, Rosanna
Altizio (Agenzia Regionale del Lavoro).
Principali sviluppi del gruppo di studio regionale
L'ipotesi di partenza su cui è cominciato il confronto è stato l'esame degli esiti positivi, prodotti
nell'organizzazione del lavoro, dai CPE utilizzando la "tecnologia" della cosiddetta “pompa
professionale”.
Il progetto CPE, in sintesi, in che cosa consiste?
•
Nell’inserire in azienda, con un rapporto di lavoro a termine per 12 mesi al massimo, un
giovane, che poi si immette nel mercato del lavoro o prosegue (con crediti formativi da
LAVORO) il percorso di studi;
•
il contratto è preceduto da un periodo di formazione mirata in aula (1-2 mesi) seguito da uno
stage-tirocinio in azienda (almeno 2 mesi).
Quali sono i vantaggi del CPE?
1. inserire il giovane in una "squadra" di lavoro in modo tale che l’impresa possa "liberare" un
lavoratore specializzato (un senior, un tecnico,…) per attività aggiuntive.
2. Il giovane si forma in fretta aiutato dalla squadra in cui è inserito anche per l’impegno
dell’azienda che, pagandolo, è spinta ad utilizzare al meglio il giovane inserito.
3. La squadra è spinta ad una crescita professionale per la necessità/opportunità di insegnare al
giovane, dalla cui interazione i lavoratori ricevono benefici in termini di "manutenzione e
approfondimento della propria professionalità (insegnare è anche apprendere);
4. Il giovane, formato sul campo, acquisisce più velocemente competenze tacite, informali (che
solo sul lavoro si apprendono fino in fondo), sviluppa competenze trasversali e
responsabilità, tecniche e metodiche lavorative che gli consentono di meglio apprendere
nelle fasi successive di studio.
5. Potrà conseguire crediti formativi e abbreviare il suo corso di studi, se, in un’ottica
innovativa (del futuro) consideriamo la formazione non limitata (come oggi) al corso
iniziale di studi, ma la estendiamo ad una fase che comprende almeno i primi due-tre anni di
lavoro (che hanno sempre più spesso un ruolo orientativo).
6. Il giovane quando esce dall’impresa troverà con maggiore facilità (arricchito di una
esperienza professionale) un altro lavoro (le ricerche effettuate in tal senso lo confermano)
ed avrà più facilità a concludere il percorso di studi.
In sostanza, come avviene nel caso della Facoltà di Economia a Ferrara, si tratta di inserire un anno
di lavoro nell’ultima fase del percorso di studi perché lo studente universitario possa concludere i 3
anni di laurea + il 1° anno di lavoro prima e meglio di uno studente che compie i tre anni di studi e
poi da solo si cerca un lavoro.
La tecnologia della pompa professionale è parsa una soluzione idonea, una volta trasposta
nell'ambito sanitario e socio-sanitario, per liberare l'Infermiere laureato da mansioni routinarie,
spingendolo a lavori più specialistici e gestionali come è indicato dalla recente riforma.
Ma in questo modo i giovani non finiscono l'Università più tardi? Valore formativo di una
esperienza di lavoro per apprendere meglio e di più
Bisogna infatti considerare che l’interesse dello studente non è in realtà quello di finire l’Università
prima possibile, ma di fare una esperienza di lavoro (di un certo valore) prima possibile. Ci sono
Università che hanno puntato ad una forte selezione in entrata (possiamo richiamare esempi come
Harvard, Bocconi), e possono essere immaginate università che, in un’ottica meno elitaria, creano le
condizioni per un inserimento/transizione dei giovani laureati nel mercato del lavoro più soft ed
efficaci possibile. Il giovane che si laurea dopo avere fatto un primo anno di lavoro retribuito, ha
acquisito più competenze, più reddito, più esperienza, ha fatto un percorso più qualificato nel
lavoro, costringe infine gli stessi docenti dell’Università a doversi misurare (a fare i conti) con il
lavoro e con le indicazioni (sia teoriche che pratiche) che giungono da studenti più esperti, più
consapevoli. Dunque questa modalità ha anche l’effetto di retroagire sulla didattica stessa e
"spinge" nella direzione di renderla più adeguata sia teoricamente che praticamente alle esigenze
degli studenti (e del lavoro).
Differenza tra l'esperienza CPE/PIL e gli stage
Enorme. Lo stage ha una capacità di far apprendere rispetto al lavoro nettamente inferiore, perché
se, al contrario, un’azienda un lavoratore lo paga farà di tutto perché il periodo lavorativo sia
utilizzato al meglio sia per l’impresa che per il giovane stesso (su questo la letteratura teorica è
diffusa).
Sperimentare, ma in quali aziende?
In ogni provincia esistono aziende, in ogni settore, che hanno questo livello organizzativotecnologico; sarebbero sufficienti per fare da "incubatori" a questa innovazione, ma nessuno deve
limitarsi a considerare solo le imprese della propria provincia. L’esperienza a Economia di Ferrara
ci dice già, ad esempio, che esiste una disponibilità di studenti e studentesse a fare un anno di PIL a
Milano, dove magari non hanno mai pensato di andare a lavorare. Questa esperienza, infatti,
costituisce anche una forma innovativa di orientamento verso territori e professioni (leggi
l’infermiere, su cui stiamo ragionando) che più difficilmente farebbero se dovessero scegliere alla
fine del percorso di studi (da laureati).
Applicazione della "pompa professionale" in ambito infermieristico
Abbiamo ragionato sul presupposto che i ragazzi/e dell’Einaudi potrebbero arrivare al diploma con
un bagaglio di quasi mille ore teoriche specifiche, accompagnate da un periodo di stage e anche di
lavoro retribuito di un mese nelle strutture dove poi faranno un anno di lavoro dopo il diploma.
Dopo questo anno di lavoro potrebbero proseguire nel Diploma Universitario degli Infermieri (o
laurea) con crediti formativi tali da poter accorciare i tre anni (a due e mezzo o addirittura a due).
Si dovrà su questo fare un lavoro in termini di UFC per raccordare quelle del DU al corso della
scuola superiore.
In tal modo si otterrebbero due enormi vantaggi:
1. far confluire ogni anno persone giovani e qualificate in un’area di crescente carenza (l’area
professionale delle mansioni meno qualificate degli infermieri), senza per questo creare una
nuova figura di infermiere generico su cui i sindacati sono contrari (ci dicono che ci hanno
messo 30 anni per eliminare questa figura);
2. formare un bacino di vero orientamento, (AGGIUNTIVO A QUELLO ESISTENTE) e di
reclutamento per D.U. di infermiere, che è tanto più efficace in quanto si basa non su
pubblicità, ma su una vera esperienza di lavoro. Non si tratta di obbligare nessuno (i percorsi
alle superiori saranno volontari), ma sappiamo che molti giovani, anche solo per provare,
sono disposti ad andare in aree dove mai andrebbero e…alcuni poi ci rimangono perché la
realtà è spesso diversa da come ce la immaginiamo.
Questi ragazzi/e diplomati/e con un numero di ore teoriche e una pratica possono arrivare ad un
livello MAGGIORE di ADB/OTA/OSS e non minore. Bisogna inoltre considerare che queste figure
sono in via di esaurimento e sempre più sono persone adulte con solo la terza media e che scelgono
questo lavoro non certo per vocazione (una componente motivazionale, questa, che è cruciale), un
dato che poi emerge nel lavoro quotidiano con rilevanti problemi per i malati. I giovani diplomati
hanno invece tutta la carica emotiva tipica di chi ha scelto questa sperimentazione. L'unico
problema, superabile, è quello del TITOLO, dell’equipollenza che devono avere questi ragazzi per
operare nelle strutture socio-sanitarie. Si tratta quindi di trovare la FORMA (direbbe Aristotele) per
una SOSTANZA che esisterebbe e che sarebbe certo approvata dalla logica della liberalizzazione
delle professioni a cui ci richiama l’Unione Europea.
In tal senso si pensa di lavorare con le UFC del DU di Scienze Infermieristiche e con la Regione.
Inoltre, poiché il progetto risponde ad una criticità del mercato del lavoro (carenza strutturale e
crescente - non decrescente - di infermieri) anche il Ministero della Sanità sarebbe molto
interessato. Questo progetto non è ovviamente alternativo (ma integrativo) ai buoni tentativi di
portare in Italia infermiere extra UE (le infermiere polacche a Modena,…), ma poiché si tratta di
una carenza che andrà crescendo, rimane intatta la necessità di trovare una strada integrativa e un
progetto di respiro più generale. Bisogna inoltre considerare che la carenza di infermieri è un
fenomeno sociale più grave della carenza di web disegner, perché avrà conseguenze drammatiche
sui malati e sulle imprese socio-sanitarie che iniziano ad avere gravissimi problemi, poiché il venir
meno della figura di infermiere, sempre più spesso, le costringe a “mandare a casa” gli altri 12
lavoratori che trovano occupazione se solo esiste anche la squadra che comprende l’infermiere;
possiamo portare casi di manager di aziende e cooperative che denunciano la drammatica situazione
da ben due anni senza avere alcuna risposta dalle Istituzioni (a cui si sono rivolti più volte).
Un’ulteriore ipotesi per superare gli ostacoli dell’equipollenza, potrebbe essere così formulata:
•
Visti i programmi dell'Einaudi molto simili, o integrabili, a materie gradite alla Regione e
considerando le unità formative capitalizzabili poste dalla Regione, è possibile ipotizzare quanto
segue:
Qualifica
Unità formative capitabilizzabili e contenuti di riferimento per le
Durata misure
professionale/titolo
misure compensative
compensative per la
di studio posseduto
formazione iniziale
Titolo di Tecnico dei
Competenze di base
Competenze tecnicoTeoria
Pratica
(riferimento U.F:C. profilo OSS)
(in ore)
(in ore)
Servizi Sociali
professionali e
conseguito presso Ist.
relazionali/trasversali
(riferimento U.F.C. profilo OSS)
Profess. Di Stato al
termine del
350
400
• U.F.C. 01 Organizzazione Area di attività 1
quinquennio con
aziendale e dei servizi. 50 ore. • U.F.C. 01 Raccogliere dati
curriculum scolastico • U.F.C. 02 Etica professionale e
sull'assistito utili per la
ordinario (non
definizione del piano di
bisogni delle persone (con
integrato con la
intervento individualizzato.
particolare
riferimento
ad
formazione
80 ore
elementi di etica e deontologia)
professionale)
• U.F.C.
02
Proporre
10 ore.
specifiche per la predisp.
• U.F.C. Principi di igiene e
del piano di intervento
sicurezza sul lavoro. 30 ore
individualizzato. 90 ore.
• U.F.C. 03 Partecipare ai
lavori di équipe per definire
e dare attuazione ai piani di
lavoro. 50 ore
Area di attività 2
• U.F.C. 03. Affrontare le
criticità del lavoro. 30 ore
Area di attività 3
• U.F.C. 01 Relazionarsi con
l'utente, la famiglia e la rete
informale di cura
per
personalizzare l'assistenza.
60 ore
• U.F.C. 02 Assistere l'utente
nella mobilità. 60 ore.
• U.F.C. 03 Assistere nella
preparazione
e
nell'assunzione di cibi. 50
ore.
• U.F.C.
04
Assistere
nell'igiene personale. 60
ore.
• U.F.C. 05. Curare l'igiene
degli
ambienti,
delle
apparecchiature e degli
strumentari. 60 ore
Area di attività 4
• U.F.C. Realizzare semplici
operazioni in collaborazione
con il personale sanitario a
750
supporto
dell'assistenza
diretta. 110 ore.
Durante il terzo anno gli studenti Einaudi possono realizzare 106 ore di teoria e un’altra settimana
di stage. In tal modo si realizzano le competenze di base previste dal profilo OSS e le Competenze
tecnico-professionali e relazionali di area 1, 2, 3. In tal modo al termine del terzo anno sono
definibili come "OSS teorici".
• Durante il quarto e quinto anno riescono a concludere le materie dell’area 1, 2, 3 e completano
l’area 4 di 110 ore che prevede un tirocinio di 110 ore, che li qualifica come OSS effettivi.
• Tra il quarto e quinto anno, chi lo desidera, potrebbe fare un mese di stage o 2 settimane di stage
e 2 settimane di lavoro retribuito.
• Alla fine del quinto anno i diplomati potrebbero fare un IFTS di 1400 ore, di cui 700 ore di
lavoro retribuito che sostituirebbero le 700 ore di tirocinio guidato del primo anno dell’attuale
DU di Scienze Infermieristiche (diventato Corso di laurea), oltre alle 545 ore di teoria previste
dall’Università ma che in parte sono svolte da infermieri provenienti dal mondo del lavoro.
• L’IFTS potrebbe (ma è una prima ipotesi) essere così articolato:
• 545 ore di formazione;
• 150 ore di stage;
• 700 ore di lavoro retribuito (che sono più efficaci di un tirocinio).
• In tal modo si consentirebbe nelle imprese “ospitanti” di avere persone giovani qualificate che
realizzerebbero la parte più routinaria del lavoro degli infermieri con un contratto a termine di 6
mesi, creando quell’effetto di “pompa professionale” che ha avuto così successo in altre
esperienze.
• Al termine dell’IFTS i giovani, avendo già assolto al primo anno del Corso di laurea in Scienze
Infermieristiche potrebbero concludere la laurea in soli due anni (e sarebbero avvantaggiati
anche dal non pagare le tasse universitarie del 1° anno).
• Coloro che non intendono proseguire negli studi potranno svolgere mansioni da Tecnico di…(da
trovare) o coordinatori di OSS, avendo una formazione analoga a quella di uno studente che ha
concluso il primo anno nel Diploma Universitario di Infermiere. Sarà cura della Regione trovare
le formule utili anche per questa figura nel caso in cui non intendesse proseguire gli studi.
In tal modo si realizzano alcuni importanti obiettivi:
Si crea un bacino di reclutamento aggiuntivo di studenti per il Corso di
laurea in Scienze Infermieristiche (che hanno anche l’incentivo della
retribuzione);
Si crea una offerta annua aggiuntiva di lavoro nei reparti infermieristici che
può in buona parte risolvere le attuali e attese criticità.
Percorso del CPE per i diplomati dell'Einaudi
a cura di Cds
MEDICI
Diploma Universitario diventerà Corso di laurea
di INFERMIERE (in soli 2 anni per chi fa IFTS)
INFERMIERI PROF.
Area di carenza
545 ore
Teoria
155
Stage
IFTS-CPE
1400 ore OSS
700 ore Tecnico…
Lavoro retr.
Teoria
Tirocinio
320 ore 1300 ore
Teoria Tirocinio
726 ore 1000 ore
Teoria Tirocinio
dall'impresa
545 ore 700 ore
Terzo anno
Secondo anno
Primo anno
OTA-ADB
Al termine del quino anno sono Oss effettivi
5° anno
300area professionalizzante
-Hanno realizzato 750 ore di teoria e pratica
-Coloro che lo desiderano possono fare anche il mese
di stage o stage/lavoro dopo il quarto anno in estate
Nel periodo estivo fanno un mese di stage e coloro che hanno compiuto 18 anni 2 settimane di stage e
4° anno
300area professionalizzante
2 di lavoro retribuito
Al termine del 3° anno gli studenti effettuano 106 ore di teoria e 1 settimana di stage: sono OSS teorici
3° anno
132area di approfondimento
106teoria
26stage
Percorsi di studio a confronto di un laureato che include il primo anno di lavoro
Percorso
tradizionale
2 mesi di
Esami "tradizionali" n. 20
Tesi Ricerca
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20Tesi
Primo anno di lavoro
Primo anno
Secondo anno
Terzo anno
Quarto anno
Quinto anno
Nell'ipotesi tradizionale in cui lo studente si laurea in 3 anni e mezzo, in media il primo lavoro si trova dopo 3-4 mesi.
Questa ipotesi, anche per gli studenti di Economia, riguarda la fascia dei più bravi/fortunati (circa il 20%).
I tempi medi per laurearsi e di avvio del primo lavoro sono per la media dei laureati molto superiori.
Percorso
innovativo
Esami "tradizionali" n. 15, seguiti immediatamente da un anno di lavoro e poi da n.5 esami "Super" e da una Tesi "Super"
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15Primo anno di lavoro
16 17 18 19 20Tesi
Primo anno
Secondo anno
Terzo anno
Quarto anno
Quinto anno
Nell'ipotesi innovativa dei CPE lo studente dopo 15 esami tradizionali fa un anno di lavoro.
Terminato l'anno di lavoro fa gli altri 5 esami e la tesi (che definiamo "super", a più alto valore aggiunto).
Durante l'anno di lavoro è probabile che 2-3 esami siano sostenuti (così come avveniva durante il servizio militare o civile).
In tale ipotesi il corso di studi è ancor più abbreviato di quello indicato nello schema.
Anche nell'ipotesi che il laureato trovi lavoro immediatamente dopo la laurea (ora accade nel 10% dei casi),
il percorso "innovativo CPE" è comunque al termine del primo anno di lavoro più efficiente, in quanto
lo studente ha appreso negli ultimi 5 esami e nella tesi con una dote di conoscenze ed esperienza/maturità superiore
che gli deriva dall'aver sperimentato un anno di lavoro in contesti organizzativi di qualità e dall’aver potuto applicare
questo sapere nell'ultima tranche di esami e nella tesi finale.
Fonte: Cds
INTERVISTE
Report Interviste
Obiettivi delle interviste
Obiettivo di queste interviste era il rilevare sul campo, cioè nell'ambito indagato, se esiste la
necessità di una figura professionale che raccolga le funzioni lasciate dall'infermiere (laureato e con
più carichi gestionali e specialistici) per permettere a questi di valorizzare la propria professionalità
così come indicato dalla riforma e capire quali caratteristiche deve avere la nuova figura sanitaria.
Gli intervistati
Per comprendere cosa può fare concretamente una nuova figura professionale per permettere
all'infermiere di provvedere a compiti più specialistici e qualificati, abbiamo scelto tre reparti
ospedalieri con un alto grado di operatività, in modo che le funzioni fossero più che evidenti. Le
interviste fatte in un ospedale della provincia di Ferrara sono state somministrate a tre infermiere,
con età rispettivamente di 35, 36 e 44 anni, con i seguenti incarichi: capo sala del reparto di
Cardiologia; coordinatrice di Pronto Soccorso; capo sala Sala Operatoria.
Ritenendo di dover indagare ad ampio raggio il potenziale ambito in cui dovrebbe collocarsi una
figura professionale che sia di supporto all'infermiere, abbiamo intervistato un'Ota, un primario di
Pronto Soccorso e il Preside del Diploma Universitario di Infermiere, Facoltà di Medicina,
Università di Ferrara.
Le interviste
1 D. Dalla riforma sulla figura professionale dell'infermiere ad oggi che cosa è cambiato?
L'infermiere è diventato un nuovo professionista della salute?
Due infermiere, Cardiologia e Pronto Soccorso, ritengono di no. Entrambe ritengono che tutto si
volge come prima, con la sola differenza che oggi è sempre più difficile reperire personale
infermieristico. La figura dell'infermiere non attira più i giovani. I carichi di lavoro, gli orari, lo
stipendio non aiutano certo la professione. Sarebbe bello che una figura professionale con
preparazione e competenze simili all'infermiere permettesse a quest'ultimo di fare lavori più
specialistici o permettesse di lanciare "l'Infermiere di famiglia", un professionista da affiancare al
medico di base per fare finalmente decollare la medicina domiciliare. Solo la coordinatrice del
Pronto Soccorso sembra di parere diverso:
<<Direi di si, anzi penso che ci sia stato uno sviluppo del ruolo dell'infermiere, inoltre il
personale medico sembra più sensibile e disponibile verso di noi. Oggi si lavora più per
obiettivo (…come…e perché) e non più per compiti>>.
In qualche modo ci pare di avere capito che qualcosa - sia nella professione infermieristica, sia
nell'organizzazione dell'ospedale - stia mutando. Questi mutamenti non avvengono in modo
uniforme in tutti i reparti, ma forse a macchia di leopardo, con i mutamenti nell'organizzazione che,
a volte, si sovrappongono o si sommano a quelli richiesti all'infermiere. Questi mutamenti che
richiedono nuova professionalità e più specializzazione sono testimoniati dal primario del Pronto
Soccorso rispondendo alla nostra domanda: 2 D. Potranno essere gli Ota trasformati in Oss, la
figura professionale che potrà affiancare l'infermiere per permettergli di svolgere mansioni più
specialistiche e complesse?
<<Il problema di una figura professionale che assuma le funzioni lasciate libere
dall'infermiere è molto sentito. C'è bisogno però di una figura di cui l'infermiere si possa
fidare, altrimenti aumenterebbe in modo spropositato il suo carico di lavoro e le sue
funzioni. Si pensi poi che, in particolare al Pronto Soccorso, con tutta la nuova e più
moderna medicina della defribrillazione (si pensi ai telefilm di E.R "Medici in prima
linea"), servono persone preparate e competenti che partecipino in équipe al lavoro. Ma ci
deve essere un percorso di studi più strutturato sul modello infermieristico. Gli Ota e
prossimamente Oss non hanno fatto quel percorso e quelle materie, oltre ad una solida
esperienza nei reparti, per attivarsi e coadiuvare efficacemente infermiere e medico>>.
Il concetto "di una figura di cui l'infermiere si possa fidare" è da mettere in relazione al nuovo modo
di operare in ospedale: interventi specialistici ambulatoriali che riducono sempre più la degenza al
fine di abbattere il più possibile i costi. Sono inoltre in aumento gli interventi complessi e
particolarmente invasivi i quali richiedono la presenza di personale infermieristico, il quale, a sua
volta, deve poter contare su personale subordinato all'altezza di poter gestire con professionalità e
preparazione tutta una serie di mansioni di grande responsabilità. Ecco quindi le risposte delle
infermiere:
<<Io lavoro con gli Ota e personalmente ne sono contenta. Svolgono bene i compiti che gli
affido cioè la sterilizzazione degli strumenti chirurgici. Per come lo fanno non ho nulla da
dire (…) Gli Ota possono fare funzionare la centrale di sterilizzazione. Per cui il fatto che la
figura candidata sia quella degli Oss mi fa sorgere molti dubbi>>. (Infermiera di Sala
Operatoria)
<<Personalmente non vedo, per ora, una figura che ci possa sostituire, tanto meno gli OSS
che (…) non hanno le conoscenze necessarie, ma deve essere una figura professionale
molto più vicina (come preparazione e competenze) all'ex infermiere generico>>.
(Infermiera Cardiologia, Insegnante a corsi di OSS)
<<Gli Ota non sono la figura giusta, inoltre i futuri OSS non hanno una preparazione
sufficiente e completa per adempiere alle funzioni lasciate libere dagli infermieri>>.
(Infermiera Pronto Soccorso)
Breve intervista ad un'Ota
Donna, 42 anni, mestiere precedente: ausiliaria
Nel lavoro degli Ota non c'è alcuna azione di tipo sanitario, in quanto la loro preparazione e la loro
figura sembra più improntata ad assistere l'infermiere, che è quello che svolge materialmente tutto.
Gli Ota hanno scarsissima autonomia, quindi bisogna in continuazione spiegare quello che debbono
fare. Infatti a queste persone con basso curriculum di studi e basso profilo professionale non è
chiesto molto; la parte più consistente grava sugli infermieri ai quali si aggiunge il controllo e il
comando degli Ota, più manovalanza che ausilio.
Alla nostra richiesta se nel suo lavoro vi erano delle difficoltà, l'Ota ci ha spiegato "nel mio lavoro
non ci sono affatto difficoltà". Alla domanda di definire e circoscrivere il proprio lavoro, l'Ota trova
delle difficoltà, perché i suoi impegni sono sempre definiti da altri. In seguito prova a declinare i
suoi compiti.
Le mansioni che di solito svolge nel Pronto Soccorso sono:
- Trasporti dei pazienti con la barella
- Riordino degli ambulatori e degli armadi
- Sterilizzazioni
- Aiuto agli infermieri nelle cure igieniche ai pazienti
- Osservazione breve intensiva.
- Bisogni di sangue e trasferimento.
L'intervistata alla domanda se le piacerebbe diventare Oss, risponde che se glielo chiedessero lo
farebbe.
Ci segnala che il Pronto Soccorso è ben diverso dai reparti dove è possibile avere rapporti umani
con i pazienti, mentre qui dove si trova ora, i tempi sono stretti e ci deve essere una
programmazione ferrea per fronteggiare le emergenze.
Prima di somministrare la terza domanda alle tre infermiere abbiamo presentato il progetto Cds
per una figura che mediante cinque anni di studi e l'integrazione di materie affini a quelle studiate
dall'infermiere professionale, potesse essere candidata ad affiancarle. Spiegato il percorso di studi
dell'Istituto Einaudi di Ferrara e definite le materie professionali integrabili, le tre infermiere
hanno mostrato il loro gradimento. A questo punto, ad ognuna di esse, è stato chiesto in cosa
sarebbero stati utili nel loro reparto persone con il profilo professionale proposto.
3 D. Se dovesse essere costituita una nuova figura professionale, con competenze sia sanitarie che
socio-assistenziali, che l'affianchi nel suo reparto nel lavoro quotidiano liberandola dal lavoro di
routine per dedicarsi ad azioni più specialistiche e complesse, quali mansioni potrebbe svolgere?
Le potrebbe declinare?
Sintesi delle funzioni enunciate a seconda dell'ambito di appartenenza delle intervistate
Infermiera Pronto Soccorso
Infermiera Sala Operatoria
Infermiera Cardiologia
Prima di tutto l'assistenza di Dovrebbe essere una figura Per il reparto di Cardiologia
con
una sarebbe necessaria una figura
base, ma dovrebbe essere professionale
preparata ad affrontare i preparazione similare a quella con una preparazione più
politraumatizzati,
gestire
i impartita nelle vecchie scuole approfondita dal punto di vista
problemi respiratori, i problemi infermieristiche. Solo se fosse sanitario per:
cardiaci, la manualistica nella così sarebbe una figura - Igiene personale;
svestizione dei politraumatizzati professionale utile all'infermiere - Alimentazione (ma non
enterale e parenterale che
e la loro movimentazione. e all'intera équipe di lavoro.
lascierei agli infermieri);
Preparata e formata per i Aiutante di sala per:
- Assistenza
diretta
allo - Mobilizzazione;
seguenti bisogni:
strumentista con strumenti - Riposo/sonno;
- Igiene;
- Eliminazione urinale e
lavati;
- Alimentazione;
fecale (con catetere e
- Assistenza
all'infermiere
- Eliminazione;
stomia);
aiuto anestesista;
- Sonno/riposo
- Avere una preparazione sul - Coordinare e sovraintendere - Aereosol-terapia;
alla farmacia, ordini e - Insulina;
monitoraggio delle 24 ore
- Parametri vitali
routine amministrativa
Analisi del Mansionario
Nell'intento di circoscrivere un ambito di funzioni per una nuova figura professionale con le
caratteristiche descritte dal progetto Cds, abbiamo sottoposto alle infermiere intervistate il vecchio
Mansionario Infermieristico, chiedendo di selezionare le azioni che potrebbero essere svolte dalla
nuova professione, per garantire agli infermieri di passare ad azioni più specialistiche e complesse
come è indicato dalla riforma. L'esame del Mansionario ha riguardato sia le azioni dell'infermiere
professionale che dell'infermiere generico. Le azioni selezionate sono state trasferite in un quadro
sinottico per renderne maggiormente esaustiva la lettura.
4 D. Nel vecchio mansionario degli infermieri, erano indicate tutte le azioni che potevano essere
compiute. A suo parere, oggi, quali di queste debbono essere svolte ancora dall'Infermiere e quali
possono essere svolte da una nuova figura professionale con competenze sanitarie e socioassistenziali?
Esistono notevoli concordanze tra le tre intervistate. Le prime sono perfettamente in linea con la
riforma dell'infermiere per una sua maggiore responsabilità gestionale e organizzativa del lavoro
(vedi. Programmazione di propri piani di lavoro e di quelli del personale alle proprie dipendenze,
loro presentazione ai superiori e successiva attuazione; Compilazione dei dati sul movimento degli
assistiti e collaborazione alla raccolta ed elaborazione di dati statistici relativi al servizio; Tenuta e
compilazione dei registri e moduli di uso corrente). Solo l'infermiera di sala operatoria, troppo
impegnata in compiti molto specialistici, ritiene che liberata da routine amministrativa potrebbe
operare con maggiore efficacia laddove è richiesta la sua professionalità tecnico-sanitaria.
Alcuni dubbi sono emersi alla voce " Registrazione del carico e scarico dei medicinali, dei
disinfettanti, dei veleni e degli stupefacenti; loro custodia e sorveglianza sulla distribuzione,
custodia delle apparecchiature e delle dotazioni di reparto". La prudenza e la cautela, sia
dell'infermiera di Sala Operatoria che di quella Pronto Soccorso, sono state manifestate in relazione
alla gestione della farmacia e degli stupefacenti, che ritengono debba rimanere prerogativa degli
infermieri.
Di grande interesse è il nuovo ruolo dell'infermiere, percepito dalle tre intervistate, che le vede
molto più vicine al medico e al suo modo di operare, quasi a collaborare sinergicamente con esso da
un punto di vista tecnico e nei piani di lavoro: Somministrazione dei medicinali prescritti ed
esecuzione dei trattamenti speciali curativi ordinati dal medico; Assistenza del medico nelle varie
attività di reparto e di sala operatoria.
Anche su alcuni esami di laboratorio più semplici le infermiere convengono sia possibile essere
liberate per sovraintendere o gestire mansioni più complesse; di conseguenza prelievi, iniezioni,
rettoclisi, lavande, cateterismo (uomo e donna) possono benissimo essere praticati da un'altra figura
professionale ben formata a livello medico-sanitario.
Segnaliamo infine un ultimo aspetto che ci sembra si avvicini alla presa di coscienza del dover
divenire "nuovi professionisti della sanità": nelle voci Opera di educazione sanitaria del paziente e
dei suoi familiari; Opera di orientamento e di istruzione nei confronti del personale generico, degli
allievi e del personale esecutivo, le intervistate hanno riconosciuto il "nuovo infermiere",
soprattutto nella prospettiva di un suo ruolo accanto al medico di base per una medicina domiciliare
e di un suo nuovo ruolo, ridefinito nello status, nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie.
5 D. Al fine di riqualificare il ruolo e le mansioni del nuovo infermiere (un ruolo più gestionale e di
responsabilità), Lei sarebbe d’accordo di coordinare una nuova figura professionale con
competenze sanitarie, programmandone il lavoro, monitorando il lavoro di routine, venendo
sgravata dai compiti più semplici per impegnarsi in azioni più specialistiche e necessarie all'ambito
in cui lavora?
Come è stato sottolineato in precedenza, l'unico modo di sgravare gli infermieri da compiti routinari
per mansioni più tecniche e professionali, ridisegnare il suo ruolo nell'ambito del lavoro,
ricostruirgli un status che faccia "appeal" presso i giovani che debbono scegliere una professione, è
di affiancargli una nuova figura professionale di cui si fidi "… una figura professionale molto più
vicina (come preparazione e competenze) all'infermiere generico"(Infermiera di Cardiologia). Solo
così si potrà creare spazio, all'interno dell'équipe di lavoro, per un'altra figura professionale, non
lavorando più per compiti e controllando il grado di autonomia dei sottoposti, ma programmare in
gruppo degli obiettivi a cui tutti possono partecipare perché professionalmente e tecnicamente
preparati a raggiungerli.
Quadro sinottico delle funzioni tratte dal vecchio mansionario degli infermieri selezionate dalle
intervistate
Funzione selezionata/ voce Infermiere Professionale Infer. Cardiologia Inf. Pronto Socc. Inf. Sala Oper.
Programmazione di piani di lavoro e di quelli del
personale alle proprie dipendenze, loro presentazione ai
superiori e successiva attuazione
Annotazione sulle schede cliniche degli abituali rilievi di
competenza (temperatura, polso, respiro, pressione,
secreti, escreti) e conservazione di tutta la
documentazione clinica sino al momento della
consegna agli archivi centrali, registrazione su apposito
diario delle prescrizioni mediche, delle consegne e delle
conservazioni eseguite durante il servizio.
Richiesta ordinaria e urgente di interventi medici e
spirituali degli assistiti.
Compilazione dei dati sul movimento degli assistiti e
collaborazione alla raccolta ed elaborazione di dati
statistici relativi al servizio.
Tenuta e compilazione dei registri e dei moduli di uso
corrente.
Registrazione del carico e scarico dei medicinali, dei
disinfettanti, dei veleni e degli stupefacenti; loro
custodia e sorveglianza sulla distribuzione, custodia
delle apparecchiature e delle dotazioni di reparto
Controllo della pulizia, ventilazione, illuminazione e
riscaldamento di tutti i locali del reparto.
Sorveglianza sulle attività dei malati affinché le stesse si
attuino secondo le norme di convivenza prescritte dai
regolamenti interni.
Partecipare alle riunioni periodiche di gruppo ed alle
ricerche sulle tecniche e sui tempi dell'assistenza.
Promuovere tutte le iniziative di competenza per
soddisfare le esigenze psicologiche del malato e per
mantenere un clima di buone relazioni umane con i
pazienti e le loro famiglie.
Eseguire ogni altro compito inerente alle loro funzioni.
No al controllo degli
stupefacenti
Il vecchio Mansionario
comprendeva le mansioni sia
dell'infermiere professionale
che di quello generico.
L'infermiere professionale
attuale è chiamato a svolgere
mansioni e funzioni, in virtù di
uno sviluppo tecnologico e
tecnico della medicina, molto
prossime a quelle medicosanitarie. Ciò spiega il
numeroso elenco di
mansioni selezionato dalle
nostre intervistate che la
"nostra" figura potrebbe
svolgere.
Funzione selezionata/ voce Infermiere generico
Infer. Cardiologia Inf. Pronto Socc. Inf. Sala Oper.
Assistenza completa dell'infermo
Somministrazione dei medicinali prescritti ed
esecuzione dei trattamenti speciali curativi ordinati dal
medico
Sorveglianza e somministrazione delle diete
Assistenza del medico nelle varie attività di reparto e di
sala operatoria
Rilevamento delle condizioni generali del paziente, del
polso della temperatura, della pressione arteriosa e
della frequenza respiratoria
Effettuazione degli esami di laboratorio più semplici
Raccolta, conservazione e invio in laboratorio del
materiale per le ricerche diagnostiche
glicemia
Disinfestazione e sterilizzazione del materiale per
l'assistenza diretta del malato
Opera di educazione sanitaria del paziente e dei
familiari
Opera di orientamento e di istruzione nei confronti del
personale generico, degli allievi e del personale
esecutivo
Interventi di urgenza (respirazione artificiale, ossigeno
terapia, massaggio cardiaco esterno, manovre
emostatiche) seguiti da immediata richiesta di
intervento medico; somministrazione dei medicinali
prescritti ed esecuzione dei trattamenti diagnostici e
curativi ordinati dal medico
Prelievo capillare e venoso del sangue
Iniezioni ipodermiche, intramuscolari e test allergodiagnostici.
no venoso
No a test allergodiagnostici
Vaccinazione per via orale, per via intramuscolare e
percutanee
Rettoclisi
Frizioni, impacchi, massaggi, ginnastica medica
Appicazioni elettriche più semplici, esecuzione di ECG,
EEG e similari
Medicazioni e bendaggi
pazienti no critici
Funzione selezionata/ voce Infermiere generico
Clisteri evacuanti, medicamentosi e nutritivi
Lavande vaginali
Cateterismo nella donna
Cateterismo nell'uomo con cateteri molli
Sondaggio gastrico duodenale a scopo diagnostico;
prelevamento dei tamponi
Assistenza completa al malato, particolarmente in
ordine alle operazioni di pulizia e di alimentazione, di
riassetto del letto e del comodino del paziente e della
disifestazione dell'ambiente e di altri eventuali compiti
compatibili con la qualifica a giudizio della direzione
sanitaria
Raccolta degli escreti
Clisteri evacuanti, medicamentosi e nutritivi, rettoclisi
Bagni terapeutici e medicanti, frizioni
Pulizia, preparazione ed eventuale disinfestazione del
materiale sanitario
Infer. Cardiologia Inf. Pronto Socc. Inf. Sala Oper.
pazienti no critici
Rilevamento ed annotazione della temperatura, del
polso e del respiro
Somministrazione dei medicinali prescritti
Iniezioni ipodermiche ed intramuscolari
Sorveglianza e fleboclisi
Respirazione artificiale, massaggio cardiaco esterno,
manovre emostatiche di emergenza
Partecipare alle riunioni periodiche di gruppo per finalità
di aggiornamento professionale e di organizzazione di
lavoro
Svolgere tutte le attività necessarie per soddisfare le
esigenze psicologiche del malato e per mantenere un
clima di buone relazioni umane con i pazienti e con le
loro famiglie
Dipende terapia
ALLEGATI
Trend infermieri
1999
Le informazioni, di seguito riportate, hanno per oggetto il personale in servizio presso le aziende
sanitarie locali e gli istituti di ricovero e cura pubblici, nell’anno 1999.
È importante notare che, a partire dalla rilevazione relativa al 1999, le informazioni sul personale
delle aziende sanitarie locali e delle strutture di ricovero pubbliche sono rilevate attraverso il Conto
annuale, definito in concerto con il Ministero del Tesoro e della programmazione economica.
Questo cambiamento ha l’obiettivo di unificare le rilevazioni sul personale esistenti fino al 1998,
superando i vecchi modelli di rilevazione del personale delle aziende sanitarie locali (FLS 13) e del
personale degli istituti di cura pubblici (HSP 15).
Il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale è costituito dal personale delle aziende
sanitarie locali (compreso quello degli istituti di cura a gestione diretta e degli istituti psichiatrici
residuali) e dal personale delle aziende ospedaliere. Nel 1999, tale personale è risultato costituito da
circa 640.000 unità, circa 6.000 unità in meno rispetto l’anno precedente, confermando il trend
decrescente degli ultimi anni. Il personale del Servizio sanitario nazionale è così ripartito: il 66,4
per cento è costituito dal ruolo sanitario, il 22,6 per cento dal ruolo tecnico, il 10,7 per cento dal
ruolo amministrativo ed il restante 0,3 per cento dal ruolo professionale.
Il rapporto personale totale su popolazione residente, a livello nazionale, è di 10,9 unità per mille
abitanti: la variabilità interregionale di tale indicatore risente della diversa dotazione di personale
dipendente, dovuta a differenti tipologie di strutture erogatrici di servizi sanitari (pubbliche o
private accreditate). Nell’ambito del ruolo sanitario, il personale medico risulta costituito da 93.800
unità e quello infermieristico da circa 245.800 unità; sia per il numero di medici, sia per quello degli
infermieri continua il trend decrescente degli ultimi anni.
Il rapporto infermieri/medici risulta essere sostanzialmente stabile nel tempo e si attesta, a livello
nazionale, al valore di 2,6 infermieri per ogni medico; tale rapporto decresce scendendo dal Nord al
Sud del Paese. La Provincia autonoma di Bolzano si evidenzia per il valore più elevato (3,7) di
infermieri per medico, seguono il Friuli Venezia Giulia (3,6) e il Veneto con 3,4. Fra le regioni
meridionali, la Sicilia presenta il rapporto più basso (1,9).
Personale ospedaliero. Nel 1999, il personale operante nelle strutture pubbliche ammontava a circa
537.000 unità di cui il 17,7 per cento era rappresentato da personale medico, il 43,2 per cento da
personale infermieristico e il restante 39,1 per cento da personale amministrativo, tecnico,
professionale e da altre figure appartenenti al ruolo sanitario.
A livello nazionale, le strutture ospedaliere pubbliche dispongono, mediamente, di circa un medico
ogni 2,7 posti letto e di circa un infermiere ogni posto letto.
L’analisi territoriale è stata effettuata prendendo in esame indicatori quali il numero di medici per
posto letto e il numero di infermieri per posto letto. L’indicatore relativo al personale medico
presenta una forte variabilità: la regione che dispone di più medici per posto letto risulta la
Campania (0,55 medici ogni posto letto), seguita dal Lazio (0,45 medici per posto letto), mentre la
Provincia autonoma di Bolzano (0,28) e la Basilicata (0,27) presentano gli indici più bassi. Per
quanto riguarda la disponibilità di personale infermieristico, si osserva che, anche in questo caso, la
regione Campania presenta il valore più favorevole (1,11 infermieri per posto letto); il Molise,
invece, con un valore di 0,72 infermieri per posto letto, rappresenta la regione meno dotata rispetto
a questa figura professionale.
Passando alla composizione del personale per tipo di struttura ospedaliera, si rileva che le 217.700
unità di personale delle aziende ospedaliere costituiscono il 40,5 per cento del personale ospedaliero
totale, mentre il personale operante negli ospedali a gestione diretta, 257.200 unità, ne costituisce il
47,9 per cento; il restante 11,6 per cento del personale ospedaliero opera in strutture come i
policlinici universitari e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
Il personale totale delle aziende ospedaliere è costituito per il 17,1 per cento da medici (in media
0,41 medici per posto letto) e per il 41,5 per cento da infermieri (circa 0,99 infermieri per posto
letto), mentre negli ospedali a gestione diretta operano in media 17,9 medici e 46,3 infermieri ogni
100 unità di personale totale.
Medici per posto letto e infermieri per posto letto.
Fonte Ministero della sanità – Sistema Informativo Sanitario.
Rapportata alle percentuali di altri Paesi, la consistenza numerica di infermieri in Italia si colloca
agli ultimi posti: solo 5,3 infermieri per mille abitanti. In USA la stessa percentuale cresce a 8,1, in
Germania a 9,6 ed in Irlanda a 15,9.
I dati del 1998 dicono che l'Italia e la Grecia erano gli unici due paesi al mondo dove il numero dei
medici era superiore a quello degli infermieri, un vero paradosso se rapportato alla funzione che
queste due figure devono svolgere accanto all'ammalato.
Secondo una ricerca dell'OCSE del 2000, un giusto rapporto dovrebbe attestarsi attorno a 7
infermieri per mille abitanti. In Italia mancherebbero quindi più di 80.000 infermieri.
Sanità: Medici e infermieri1 per mille abitanti, 2000
Paesi
Medici
Infermieri
Austria
3,8
9,2
Canada
2,1
9,9
Danimarca
3,4
9,5
Finlandia
3,1
14,7
Francia
3,3
6,7
Germania
3,3
9,6
Grecia1
4,5
3,9
Irlanda
2,2
14
Italia1
4,1
5,2
Giappone1
1,9
7,8
Olanda
3,2
13,4
Polonia
2,2
4,9
Portogallo
3,2
3,7
Spagna
3,3
6,6
Regno Unito
2
8,8
Stati Uniti
2,7
8,1
1
. I dati per gli infermieri di Grecia e Italia sono del 1999, quelli del Giappone del 1998.
Fonte: Ocse 2001
*
SANITA': MEDICI E INFERMIERI PER MILLE ABITANTI *, 2000
16,0
14,0
Medici
12,0
Infermieri
10,0
8,0
6,0
4,0
Stati Uniti1
Regno Unito
Spagna
Portogallo
Polonia
Olanda
Giappone1
Italia1
Irlanda
Grecia1
Germania
Francia
Finlandia
Danimarca
Austria
0,0
Canada
2,0
Fonte: Idem
2001
In Italia servono almeno 100mila infermieri in più. Ce ne dovrebbero essere 6,9 ogni mille abitanti,
dice l’Ocse: ne abbiamo appena 5,3 per mille abitanti. Il nostro è l’unico Paese, con la Grecia, a
vantare più medici che infermieri: ce ne sono 100mila di troppo, esattamente quanti sono gli
infermieri che mancano all’appello per garantire un servizio di qualità. Arriva dalla Federazione dei
Collegi Ipasvi il più aggiornato check up della professione infermieristica «A pagare la carenza —
spiega il presidente Ipasvi, Annalisa Silvestro — sono soprattutto case di riposo, residenze sanitarie
e, in genere, il territorio (gli ospedali, infatti, fanno la loro "campagna acquisti", offrendo guadagni
più elevati e maggiore stabilità professionale): queste strutture stanno sfiorando, al Centro-Nord,
una vera e propria tragedia occupazionale» Lo stipendio di un infermiere neo-assunto nel Ssn è di
circa 1,9 milioni al mese, e raggiunge una media massima di 2,6 milioni con indennità varie. «Ma
una volta arrivati al grado di caposala o dirigenti — spiega Marinella D’Innocenzo, consigliere
nazionale Ipasvi — la retribuzione scende di nuovo, perché il ruolo di coordinamento non prevede
extra: in sostanza, più si fa carriera, meno si guadagna». Un paradosso, sostiene l’Ipasvi, che non
spinge i giovani a scegliere la professione. «Le iscrizioni alla Federazione — afferma Gennaro
Rocco, vicepresidente Ipasvi — sono, infatti, percentualmente in calo dal 1992 e gli immatricolati
ai corsi universitari non coprono i posti a disposizione. E con 9mila operatori in più l’anno, non si
può far fronte ad un turn over di 12.500 individui». Nonostante tutto, quella dell’infermiere è una
professione "giovane", visto che il 66% degli operatori è sotto ai 35 anni. E il 68% dipende dal Ssn,
il 12% da strutture accreditate, il 17% da privati e appena il 3% lavora "in proprio".
2004
La carenza di personale sanitario preoccupa un numero crescente di Paesi Ocse. I dati 2004
mostrano grandi differenze in seno ai vari Paesi nel numero di personale medico e infermieristico
pro capite: meno di due medici per mille abitanti in Corea, Messico e Turchia, oltre quattro per
mille in Grecia e Italia; ancor più marcate le differenze per gli infermieri. Nel tentativo di
aumentare il numero dei medici, molti Paesi, come ad esempio l’Australia, l’Inghilterra e la
Norvegia, stanno introducendo alcune misure che puntano ad incrementare gli studenti di
medicina, migliorare le condizioni lavorative e stipendiali dei medici già formati, reclutare altro
personale all’estero. Ma ci vorranno parecchi anni per vedere raggiunti i risultati attesi.
Non vi è un numero fisso, ottimale, di personale sanitario pro capite, ogni Paese ha le sue
specificità. In alcuni, per esempio, alcune mansioni tradizionalmente attribuite ai medici vengono
svolte anche da infermieri molto qualificati, senza che questo venga ad incidere sulla qualità delle
cure erogate. In alcuni Stati Usa, check-up ed alcuni esami ginecologici possono essere fatti, oltre
che dai medici di famiglia, anche dagli infermieri.
L’immagine dell’infermiere vista dagli studenti
I dati che seguono sono tratti da un'indagine compiuta nel mese di aprile 2002, commissionata
dall'Agenzia Regionale della Sanità del Friuli-Venezia Giulia. Sono stati intervistati studenti iscritti
al quinto anno degli Istituti superiori delle quattro province della Regione ed i loro genitori.
Aspetti considerati importanti nella scelta della professione futura.
gratificazione personale
92
sicurezza posto di lavoro
85
aspetto economico
78
funzione sociale
70
possibilità di carriera
70
Base: 380 casi
In un confronto tra aspetti importanti di una futura professione e gli attributi riconosciuti alla
professione infermieristica, a quest'ultima si riconosce un’innegabile funzione sociale, peraltro
ritenuto uno degli aspetti meno importanti nella scelta della futura professione.
Aspetti considerati legati alla professione infermieristica
funzione sociale
93
sicurezza posto di lavoro
59,1
impegno personale
32,1
possibilità carriera
aspetto economico
23
14
Base: 380 casi
Si nota come siano molto sottostimati gli attributi della professione infermieristica. Forte, in
particolare, il gap relativo all'aspetto economico ed alla possibilità di carriera, ritenuti entrambi
scarsamente attinenti alla professione infermieristica. Anche il riconoscimento dell'impegno
personale, nella percezione della popolazione, è molto scarso. Una certa valutazione positiva si
riscontra, invece, nell'aspetto relativo alla sicurezza del posto di lavoro, riconosciuto requisito
legato alla professione infermieristica e considerato importante nella scelta della professione futura.
Disaggregando i dati fra genitori e studenti, per quanto riguarda le valutazioni espresse dagli
studenti, si evidenziano i seguenti valori:
Pro
- L'89,1% riconosce alla professione infermieristica un ruolo sociale poiché professione utile al
prossimo;
- Il 58,3% la considera un posto di lavoro sicuro.
Contro
- Solo il 13,6% ritiene sia una professione adeguatamente remunerata;
- Il 36,0% ritiene che non sia premiato l'impegno personale.
Per quanto riguarda l'aspetto della possibilità di carriera all'interno della professione infermieristica,
si rileva un certo grado di incertezza:
Il 52,2% degli studenti ritiene non consenta tale possibilità;
Il 30,4% esprime un giudizio neutrale;
Il 17,4% ritiene vi possano essere possibilità di carriera.
Tra i genitori migliora la valutazione circa la remunerazione e sono rinforzati in positivo i valori
propri della professione
Pro
- Il 100% degli adulti intervistati riconosce alla professione infermieristica un importante ruolo
sociale;
- il 79,3% la considera in generale un posto di lavoro sicuro.
Contro
- Solo il 14,2% ritiene sia una professione adeguatamente remunerata;
- Il 34,5% ritiene che non sia premiato l'impegno personale.
Più morbido, rispetto agli studenti, e sostanzialmente dicotomico il giudizio relativo alla possibilità
di carriera:
- Il 30,4% ritiene ve ne siano molte;
- Il 26,4% esprime posizioni neutrali;
- Il 39,4% ritiene non vi siano possibilità di carriera all'interno della professione infermieristica.
Analisi
Nei paesi occidentali, tutte le professioni d’aiuto sono in crisi e, forse, ciò è imputabile al sistema
sociale impoverito di valori, sia laici che religiosi. La crisi è profonda e il cambiamento può
avvenire solo se sono compiute scelte politiche ed economiche che aiutino l’uomo a ritornare ad
una dimensione umana, in cui i valori di solidarietà, comprensione, tolleranza e rispetto della
diversità dell’altro (razza, cultura, religione, pensiero politico) prevalgano rispetto
all’individualismo sfrenato.
Ma a livello infermieristico, le cause sono anche altre e meglio identificabili: bassa classificazione
del lavoro, scarse possibilità di carriera, livelli di retribuzione insoddisfacenti, un percorso
formativo universitario faticoso e costoso, elevati livelli di responsabilità richiesti in cambio di una
professione dura ed impegnativa (turni, disponibilità continua a sopperire alle esigenze di servizio
ecc.). Queste sono le motivazioni che guidano alla non scelta della professione infermieristica da
parte dei giovani, confermata anche dai dati di un’indagine Abacus del settembre 1999,
commissionata dal Collegio Ipasvi interprovinciale Milano - Lodi.
Nell’ultimo decennio, di strada ne è stata fatta per elevare il livello di professionalità degli
infermieri, attraverso la promulgazione delle leggi di riforma della formazione (accesso
all’Università) e dell’esercizio professionale (nuovo profilo, abrogazione del mansionario,
identificazione della professione infermieristica come autonoma e non più ausiliaria) e non ultima la
legge sulla dirigenza, che apre la stagione della piena autonomia degli infermieri.
Le leggi, quindi, ci sono, cosa manca ancora? Forse solo la presa di coscienza dentro ognuno di noi
di ciò che significa, oggi, essere infermiere, per essere capaci di promuovere tale immagine a tutta
la società. L’infermiere è stato a lungo, particolarmente in Italia, un operatore di supporto per altre
professioni: un esecutore, spesso indispensabile, di compiti affidati a lui da altri e inseriti in un
processo non suo, basato su conoscenze trasmesse da altri e solo per la parte da questi ritenuta
indispensabile. La collettività lo percepiva come figura integrante alla cura o subordinata
all’assistenza medica, la cui peculiare caratteristica era rappresentata da uno stretto contatto con il
corpo degli altri per scopi curativi, ma che riguarda gli aspetti e le parti ritenute meno nobili. Ma la
concezione culturale del valore del corpo si è modificata e l’infermiere sa che l’accesso al corpo fa
parte della relazione d’aiuto di cui è lo specialista, lo deve solo far capire alla società.
Soluzione
La soluzione? Anzitutto, secondo l’Ipasvi, spiegare ai giovani che la laurea da infermiere non è
quella di una professione "ausiliaria", né "paramedica", ma è autonoma e fondamentale per
l’assistenza continua al malato, così come quella dei medici lo è per la diagnosi e la clinica. La
richiesta della Federazione è, così, di restituire gli infermieri alla loro professione, lasciando ad altri
i compiti "impropri". Non senza aver messo mano, nel contratto, a tutte le anomalie della
retribuzione.
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