Nihongo - Aracne editrice

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A
Maria Paola Culeddu
Nihongo
Corso introduttivo di giapponese per le scuole italiane
Volume 
in collaborazione con:
Yumiko Salvitti
Copyright © MMXIII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
II edizione: dicembre 
SOMMARIO
Introduzione
9
PARTE I: LA SCRITTURA
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1. HIRAGANA
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2. KATAKANA
19
3. KANJI
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ESERCIZI (れんしゅう)
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HIRAGANA
KATAKANA
KANJI
PARTE II: LEZIONI
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I PERSONAGGI (とうじょうじんぶつ)
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1. LE PRESENTAZIONI (しょうかい)
GRAMMATICA (ぶんぽう)
1.1. Piacere, mi presento
1.2. La particella wa (は) - argomento
1.3. La copula: desu (da)
1.4. La particella mo (も) - congiunzione correlativa
ESERCIZI (れんしゅう)
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2. SALUTI E LOCUZIONI (あいさつ)
GRAMMATICA (ぶんぽう)
2.1. La particella ka (か。) - interrogazione
2.2. La particella to (と) - congiunzione
2.3. Le persone: maschile e femminile
2.4. Il suffisso jin (人): la nazionalità
ESERCIZI (れんしゅう)
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3. LA FAMIGLIA (かぞく)
GRAMMATICA (ぶんぽう)
3.1. La particella no (の) - specificazione
3.2. La particella ga (が) - soggetto
3.3. Arimasu e imasu (i verbi aru e iru)
3.4. La particella ni (に) - stato in luogo
ESERCIZI (れんしゅう)
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4. LA CASA (家)
GRAMMATICA (ぶんぽう)
4.1. La particella ya (や) - congiunzione
4.2. Il costrutto «sost. no posizione ni aru/iru»
4.3. La particella wo (を) - oggetto
4.4. Shimasu (il verbo suru)
ESERCIZI (れんしゅう)
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6
NIHONGO
5. AL RISTORANTE (レストランで)
GRAMMATICA (ぶんぽう)
5.1. I verbi ichidan
5.2. La particella de (で) - luogo
5.3. Il costrutto «sost. wo kudasai / onegai shimasu»
5.4. I classificatori
ESERCIZI (れんしゅう)
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6. LA SCUOLA (がっこう)
GRAMMATICA (ぶんぽう)
6.1. I verbi godan
6.2. La lingua: il suffisso go (語)
6.3. La particella de (で) - mezzo o strumento
6.4. La particella ni (に) - tempo
ESERCIZI (れんしゅう)
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7. LO SHOPPING (ショッピング)
GRAMMATICA (ぶんぽう)
7.1. Gli aggettivi
7.2. La particella he (へ) - moto a luogo
7.3. No (mono)
7.4. L’orario
ESERCIZI (れんしゅう)
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8. IL MIO COMPLEANNO (私のたんじょうび)
GRAMMATICA (ぶんぽう)
8.1. La particella kara (から) - provenienza, partenza
8.2. La particella made (まで) - arrivo
8.3. Frasi relative
8.4. Piacere, dispiacere (sost. ga suki/kirai)
ESERCIZI (れんしゅう)
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APPENDICI
93
A. Test di Autovalutazione
(TEST 1) REVISIONE LEZIONI 1-4
(TEST 2) REVISIONE LEZIONI 5-8
SOLUZIONI DEI TEST
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B. Tavole di Riferimento
(1) Pronomi personali
(2) Pronomi riflessivi
(3) Pronomi dimostrativi
(4) Aggettivi dimostrativi
(5) Aggettivi possessivi
(6) Pronomi interrogativi
(7) Aggettivi e avverbi interrogativi
(8) Avverbi di luogo
(9) Avverbi di tempo
(10) Altri avverbi
(11) I giorni della settimana
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Sommario
(12) I numeri
(13) Classificatori
(13-a) Classificatori - Mesi
(13-b) Classificatori - Giorni del mese
(13-c) Classificatori - Ore
(13-d) Classificatori - Minuti
(14) Verbo fare: sost. + (wo)suru
(15) Verbi ichidan
(16) Verbi godan
(17) Aggettivi in i
(18) Aggettivi in na
(19) Aggettivi in tekina
(20) Aggettivi in no
C. Vocabolario Tematico
1. Le Presentazioni
2. Saluti e Locuzioni
3. La Famiglia
4. La Casa
5. Al Ristorante
6. La Scuola
7. Lo Shopping
8. Il mio Compleanno
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INTRODUZIONE
1. Il Ginkakuji (Tempio d’Argento) a Kyoto.
Questo corso mira ad essere un’introduzione alla scrittura, alla grammatica ed alla lingua
giapponese. Nasce da un’esperienza di vari anni di insegnamento del giapponese
elementare presso un liceo italiano e si propone di rendere lo studente capace di
sostenere delle conversazioni semplici e di comprendere un interlocutore giapponese che
utilizzi le espressioni di base della lingua. La chiarezza con cui è illustrata la grammatica
consentirà di «parlare giapponese» sin dalla prima lezione.
Struttura del corso e delle lezioni
Il testo è diviso in tre sezioni, le prime due complete di esercizi: scrittura, lezioni,
appendici.
La prima sezione è dedicata alla scrittura, per un immediato utilizzo dell’alfabeto
giapponese e di ottanta ideogrammi, parallelamente allo studio del sistema di trascrizione
in «caratteri romani», che facilita l’approccio alla lingua.
La seconda sezione è divisa in lezioni, che illustrano i fondamenti della grammatica
giapponese, sono incentrate su argomenti tematici specifici e sono suddivise ciascuna in
quattro parti: 1. kaiwabun (una breve lettura o un dialogo) 2. kono ressun ni wa
(vocaboli ed elementi nuovi della lezione) 3. bunpō (grammatica, quattro argomenti) 4.
renshū (esercizi progressivi, mirati ad una facile acquisizione della grammatica e di un
vocabolario essenziale e ad una immediata verifica delle nozioni apprese).
La terza sezione, infine, comprende: 1. due esercitazioni finale per la revisione delle
conoscenze acquisite 2. utili tavole di riferimento grammaticale 3. un glossario tematico.
La cultura giapponese
Per facilitare la comprensione e quindi l’assimilazione di una lingua, è fondamentale
conoscere alcuni aspetti della cultura del paese di cui si studia il linguaggio (la storia, la
filosofia, la letteratura, le tradizioni). Nello studio del giapponese, ad esempio, è molto
importante sapere che in Giappone il rispetto del sistema gerarchico è basilare
10 NIHONGO
nell’ambito della società. La struttura sociale gerarchica, infatti, si riflette anche nella
lingua, che comprende una forma «normale» ed una «onorifica». Quest’ultima, espressa
nei linguaggio onorifico keigo (sonkeigo, teineigo e kenjōgo), si utilizza in presenza di un
interlocutore più o meno «elevato» nella scala gerarchica e fa uso di espressioni e
addirittura parole specifiche.
2. Il Kinkakuji (Tempio d’Oro) a Kyoto.
Alcune nozioni preliminari
Plurali e articoli
Per la gioia di chi studia questa lingua, nel giapponese non esistono né le forme plurali
(se non in alcuni casi), né gli articoli. Così, ad esempio, tsumetai ( 冷 た い ) significa
«freddo», «fredda», «freddi» e «fredde», e isu (椅子) significa «sedia» e «sedie», ma
anche «la sedia», «le sedie», «una sedia» etc.
Struttura della frase
La frase giapponese è strutturata come segue: 1. soggetto / argomento; 2. complementi
indiretti / proposizioni secondarie; 3. complemento oggetto; 4. verbo. Questo schema
rende evidenti alcune forti differenze fra il giapponese e l’italiano. È importante tenere
sempre presente, ad esempio, che tutto ciò che è relativo ad un sostantivo (aggettivi,
proposizioni secondarie etc.) si pone prima del sostantivo stesso.
Forma cortese e forma piana
I verbi e gli aggettivi giapponesi possiedono sia una forma «cortese» che una «piana». Le
due forme hanno lo stesso significato (il «cortese» mimasu e il «piano» miru significano
entrambi «io guardo»), ma la forma cortese è usata nei libri o nel parlato in genere e si
pone alla fine della frase, mentre la piana si usa generalmente nei costrutti all’interno di
una frase oppure, alla fine di essa, in situazioni di familiarità.
Introduzione
11
Verbi
Generalmente il verbo principale si trova alla fine della frase. I verbi non si coniugano in
base alla persona, ma solo in base al tempo ed alla forma (piana o cortese): quindi, ad
esempio, miru (forma piana) e mimasu (forma cortese) significano «io guardo», ma
anche «tu guardi», «egli guarda» etc. Inoltre il futuro come tempo verbale non esiste ed
è sostituito dal presente: miru e mimasu, dunque, significano anche «io guarderò», «tu
guarderai» etc.
Particelle
Sono più propriamente delle posposizioni, in quanto seguono i termini cui si riferiscono,
contrariamente a quanto avviene in italiano (ad esempio, «in Italia» si dice «Itaria ni»).
Esistono in giapponese tre tipi di particelle, con varie funzioni.
1. Particelle «di caso» (ga, no, wo, ni, e, de, kara, made, yori): indicano la funzione del
termine cui si riferiscono (specificazione, termine, oggetto, moto a luogo etc.).
2. Particelle «enfatiche» (wa, mo): indicano il tema della frase.
3. Particelle «finali» (ne, yo, wa, ka): sottolineano l’intento del discorso (esclamazione,
domanda, richiesta di conferma etc.).
3. Il Portale (torii) del tempio di Itsukushima,
isola di Miyajima, prefettura di Hiroshima.
La scrittura giapponese
L’adozione del sistema di scrittura cinese
La scrittura giapponese consiste in un sistema misto, ideografico (preso «in prestito»
dalla Cina nei primi secoli della nostra era) ed alfabetico (creato ad hoc in Giappone
intorno all’8° secolo d.C.). La scrittura cinese giunse in Giappone dall’impero continentale
attraverso la Corea, grazie a monaci e studiosi buddisti cinesi e giapponesi. In realtà
passò qualche tempo prima che si cominciasse a «studiarla» ed utilizzarla come tale:
inizialmente, infatti, gli ideogrammi furono considerati figure decorative e servirono ad
esempio per decorare suppellettili cerimoniali. Solo in seguito apparvero i primi scritti: i
più antichi testi esistenti compilati in Giappone sono il Kojiki (Cronaca degli avvenimenti
antichi, in un misto di giapponese e cinese) e il Nihonshoki (Annali del Giappone, in
cinese), che risalgono addirittura all'8° secolo (rispettivamente al 712 e al 720). Si tratta
di due cronache in forma semi-mitologica, che descrivono la creazione delle isole
giapponesi, la nascita delle divinità e la fondazione dell’impero.
12 NIHONGO
La creazione degli alfabeti giapponesi: hiragana e katakana
Data l’estrema diversità delle due lingue, fu necessario un adattamento della scrittura
cinese al giapponese. Agli ideogrammi cinesi, in giapponese chiamati kanji (漢字), furono
così affiancati due tipi di caratteri alfabetici o kana ( 名 ): lo hiragana ( 平 仮 名 ) ed il
katakana (片仮名), creati dalla semplificazione di alcuni ideogrammi cinesi o formati da
una parte di essi.
In generale, oggi gli ideogrammi si utilizzano per esprimere concetti, cose ed azioni;
l’hiragana per aggiungere suffissi e prefissi indicanti tutta una serie di funzioni (particelle
onorifiche, tempi verbali, complementi, negativo, aggettivi etc.); il katakana, infine, per i
cosiddetti gairaigo (外来語), ossia le tantissime parole importate dalle lingue estere (in
particolare l’inglese), per molte onomatopee, per le denominazioni nei testi scientifici, per
i nomi stranieri o di origine non giapponese (tranne quelli cinesi) etc. L’importanza di uno
studio corretto della pronuncia è fondamentale, se pensiamo che molte parole importate
dall'estero hanno subito modifiche tali in Giappone da non essere immediatamente
comprensibili: ad esempio, le parole painappuru, eakon e āchi nascono dai termini inglesi
pineapple («ananas»), air conditioning («aria condizionata») e arch («arco»).
Caratteristiche
Nella scrittura giapponese, come in quella cinese, non ci sono spazi fra le parole: i
caratteri cinesi ed i kana vengono scritti uno di seguito all’altro.
I segni di interpunzione utilizzati nel giapponese sono la virgola (ten 、 ) e il punto
(maru 。).
Il giapponese si scrive sia in senso orizzontale, da sinistra a destra, come avviene per la
lingua italiana, oppure in senso verticale, da destra a sinistra. Tradizionalmente in
Giappone si scriveva in verticale, mentre la scrittura orizzontale è stata introdotta in
epoca moderna. Ancora oggi la scrittura verticale è comunemente usata, ad esempio
nelle riviste, nei libri o nei fumetti. Riviste, libri e fumetti giapponesi, inoltre, si leggono a
partire da quella che per noi è l’ultima pagina.
La trascrizione delle parole giapponesi nei caratteri occidentali
È opportuno imparare ad utilizzare prima possibile la scrittura giapponese; tuttavia, è
senz'altro di fondamentale importanza saper trascrivere il giapponese nel nostro alfabeto.
Una corretta trascrizione, infatti, è certamente utile non solo per scrivere giapponese, ma
anche per leggerlo, capire meglio il sistema alfabetico (katakana e hiragana) e, quindi,
impararlo con maggiore facilità.
I segni del nostro alfabeto in giapponese vengono chiamati rōmaji ( ロ ー マ 字 ),
letteralmente «caratteri romani». Per trascrivere il giapponese in rōmaji si usa
generalmente il metodo Hepburn, adottato in questo testo.
In base a tale sistema, per la trascrizione in rōmaji occorre tenere presente alcuni punti:
1. Il suono «c» gutturale di «casa» si trascrive con la consonante k (es. ka, kyu, ki);
2. Il suono «c» di «cinema» o «cesto» si trascrive con le consonanti ch (es. chi, cho);
3. Il suono «g» gutturale di «gatto» si trascrive con la consonante g (es. gi, ge, go);
4. Il suono «g» di «giacca» o «gesto» si trascrive con la consonante j (es. ji, jo);
5. Il suono «sc» di «sciarpa» si trascrive con le consonanti sh (es. shi, sho, shu);
6. Non esiste in giapponese un suono «r» vero e proprio, ma uno a metà fra «r»
(«rosso») e «l» («lana»), che si trascrive con la consonante r (es. ra, ri, ru).
7. Le vocali «lunghe» si trascrivono con un segno orizzontale sovrapposto alla vocale (es.
kā, jī, gyū, nō), tranne la e, la quale diventa ē nel katakana (es. kē), ma si allunga
aggiungendo una i nello hiragana (es. sei).
8. Le consonanti «doppie» si trascrivono raddoppiando la consonante interessata, come
ad es. nelle parole koppu («bicchiere») e zasshi («rivista»).
Introduzione
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4. Tipiche riproduzioni in cera delle pietanze
offerte in un ristorante di Tokyo.
La pronuncia
Per ultimo, ecco alcune notazioni utili per una corretta pronuncia.
1.
2.
3.
Vocali «lunghe». Per pronunciare una vocale lunga occorre raddoppiare il suono
della vocale stessa: il suono di una vocale lunga equivale all’incirca al doppio della
lunghezza di una vocale normale. Ad esempio, okāsan («mamma») e otōsan
(«papà») si leggono «okaasan» e «otoosan».
Vocali «brevi». Le vocali «i» e «u» che compongono vari kana sono invece
considerate brevi, in quanto talvolta si pronunciano appena. Ad esempio, desu
(«io sono») e ashita («domani») si leggono rispettivamente «des» e «ashta».
Consonanti «doppie». Per pronunciare una consonante doppia, occorre fare una
breve pausa dopo la sillaba che la precede. Ad esempio, koppu («bicchiere») e
zasshi («rivista») si pronunciano rispettivamente «ko...pu» e «za...shi».
5. Un’abitazione del Periodo Edo (1600-1868)
nella cittadina storica di Sawara.
Foto di M.Gaia Culeddu
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