libretto stagione 2015/16 - Associazione Filarmonica Rovereto

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ASSOCIAZIONE
FILARMONICA
DI ROVERETO
XCIV
STAGIONE DEI CONCERTI
2015-2016
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
fondata da Pietro Marzani (1889-1974)
Presidente
Luisa Canal
Vice Presidente
Giancarlo Piombino
Direttore artistico
Mariano Andreolli
Consiglieri
Francesca Aste
Barbara Broz
Barbara De Boni
Renato Filippi
Flavio Martinelli
Giuseppe Mocatti
Organizzazione generale
Bianca Gaifas
Revisori dei conti
Anna Gianmoena
Carlo Guarinoni
Maurizio Setti
Segreteria
Bianca Gaifas
38068 Rovereto (TN) - Italia - Corso Rosmini, 78 - tel. e fax 0464·435255
[email protected] - www.filarmonicarovereto.it
4
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
CALENDARIO DEI CONCERTI
STAGIONE 2015-2016
2015
lunedì
19 ottobre
Teatro Zandonai
Steven Osborne pianoforte
musiche di: F. Schubert, M. Musorgskij
sabato
31 ottobre
Teatro Zandonai
I SOLISTI DEL
TEATRO MARIINSKIJ
di San Pietroburgo
Larissa Gergieva pianoforte
Grigory Chernetsov baritono
Yulia Matochkina mezzosoprano
Natalia Pavlova soprano
Ilya Selivanov tenore
SERATA DI GALA
Lieder e arie d’opera
musiche di: F. Händel, G. Verdi,
G. Bizet, M. P. Musorgskij, M. Ravel,
N. A. Rimskij-Korsakov
mercoledì
4 novembre
Sala Filarmonica
QUARTETTO PRAŽÁC
Jana Vonaskova-Novakova violino
Vlastimil Holek violino
Josef Kluson viola
Michal Kanka violoncello
musiche di: W. A. Mozart, D.
Šostakovič, B. Smetana
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
5
martedì
24 novembre
Sala Filarmonica
ARS TRIO DI ROMA
Laura Pietrocini pianoforte
Marco Fiorentini violino
Valeriano Taddeo violoncello
musiche di: A. Dvořák, F. Schubert,
J. Brahms
sabato
5 dicembre
Sala Filarmonica
Francesca Temporin violino
Kim Fabbri pianoforte
musiche di: W. A. Mozart,
L. van Beethoven, E. Grieg
2016
mercoledì
13 gennaio
Sala Filarmonica
Stefania Neonato fortepiano
musiche di: G. G. Ferrari,
L. v. Beethoven
martedì
19 gennaio
Sala Filarmonica
Michail Lifits pianoforte
musiche di: F. Schubert, R. Schumann
lunedì
25 gennaio
Sala Filarmonica
FONTANAMIX ENSEMBLE
Francesco La Licata direttore
Monica Bacelli voce
musiche di: B. Bartók, L. Berio
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
venerdì
5 febbraio
Sala Filarmonica
TRIO GASPARD
Jonian Ilias Kadesha violino
Vashti Hunter violoncello
Nicholas Rimmer pianoforte
musiche di: L. v. Beethoven,
A. Schönberg
giovedì
18 febbraio
Sala Filarmonica
Clara Novák flauto
Dora Novák pianoforte
L’incanto del flauto
musiche di: J. Novák, B. Martinů
martedì
1 marzo
Sala Filarmonica
AdM SOUNDSCAPE
Giovanni Paganelli direttore
Giulia Baracani flauto
Cosimo Linoci clarinetto
Stefano Delle Donne violino
Eugenia Lentini violino
Erica Alberti viola
Alessio Tedeschi violoncello
Paolo Grillenzoni percussioni
Federico Nicoletta pianoforte
musiche di: J. S. Bach, R. Schumann,
C. Debussy, F. Donatoni, R. Conz,
N. Straffelini, Straffelini/Conz
martedì
8 marzo
Julian Steckel violoncello
Paul Rivinius pianoforte
Sala Filarmonica
musiche di: L. v. Beethoven,
R. Schumann, C. Debussy, A. Webern,
J. Brahms
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
7
giovedì
17 marzo
Sala Filarmonica
Evgenij Sudbin pianoforte
musiche di: D. Scarlatti,
L. v. Beethoven, C. Debussy,
M. P. Musorgskij
martedì
5 aprile
Sala Filarmonica
Valerij Sokolov violino
Evgenij Izotov pianoforte
musiche di: C. Debussy, M. Ravel,
G. Enescu, P. de Sarasate
giovedì
21 aprile
Sala Filarmonica
QUARTETTO NOÛS
Tiziano Baviera violino
Alberto Franchin violino
Sara Dambruoso viola
Tommaso Tesini violoncello
musiche di: F. Schubert,
L. v. Beethoven, B. Bartók
giovedì
28 aprile
Sala Filarmonica
Francesca Tirale arpa
Jessica Dalsant flauto
musiche di: C. Saint Saëns,
J. M. Damase, R. Shankar,
A. Piazzolla
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Attraverso un’offerta che si è voluta il più possibile ricca e diversificata, la novantaquattresima stagione concertistica dell’Associazione Filarmonica di Rovereto
si presenta all’appuntamento annuale riconfermando i suoi abituali intendimenti,
che sono quelli di proporre all’ascolto i repertori classici fondamentali, aprendosi
al contempo ad esperienze più moderne o meno comuni ma pur sempre garantite
dalla stretta ed esclusiva appartenenza colta, ossia nel segno della preservazione
dello stile e della proprietà filologica.
Nel fissare in tal modo i propri confini, la Filarmonica si riconferma come il
più autorevole presidio cittadino per la conservazione e la divulgazione dell’arte
musicale prodotta nelle varie epoche storiche.
Gli esecutori che si alterneranno sul palco di Corso Rosmini o del Teatro Comunale sono per lo più giovani, e tutti già con curricula didattici e artistici più che
prestigiosi. In qualche caso si tratta di artisti già ospitati dalla nostra associazione,
di cui forse il pubblico serberà ancora il ricordo.
La distribuzione per organici si mantiene nei criteri soliti, al fine di soddisfare
le aspettative della maggior parte degli abbonati. Avremo così tre pianisti, due
quartetti d’archi, due trii, due formazioni violino-pianoforte, una ciascuna per
violoncello-pianoforte, flauto-pianoforte, flauto-arpa; e ancora due complessi
variamente formati per una proposta più originale. Infine spicca un recital per
fortepiano con repertori del Sette-Ottocento e un gala vocale-strumentale offerto
dai solisti del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo che si inserisce come sorpresa,
ci auguriamo gradita, nella prima parte della stagione. Si segnala ancora lo spazio
doverosamente riservato ai giovani talenti locali e la serata dedicata a Jan Novák,
l’indimenticato protagonista della vita musicale roveretana in anni lontani, la
cui memoria non ha mai smesso di mantenersi viva e riconoscente in chi lo ha
conosciuto ed apprezzato.
Associazione Filarmonica
di Rovereto
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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I CONCERTI
TEATRO ZANDONAI
LUNEDÌ 19 OTTOBRE 2015
STEVEN OSBORNE pianoforte
FRANZ SCHUBERT
(1797-1828)
Moment musical
D 780 N. 2 in lab magg.
4 Impromptus D 935
MODEST MUSORGSKIJ
(1839-1881)
Kartinki s vïstavski
(Quadri di un’esposizione)
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Nato in Scozia nel 1971, Steven Osborne ha studiato con Richard Beauchamp alla St.
Mary’s Music School di Edimburgo e con Renna Kellaway al Royal Northern College of
Music di Manchester. È attualmente uno dei più importanti artisti britannici, apprezzato
per il suo approccio idiomatico a un ampio repertorio che va dai pezzi classici di Mozart,
Beethoven e Brahms alle atmosfere rarefatte di Messiaen, Tippett e Britten.
Ha vinto molti premi e riconoscimenti tra i quali il Gramophone Award 2009 con l’incisione
delle opere di Britten per pianoforte e orchestra e il primo premio ai Concorsi Naumburg
(New York) e Clara Haskil. Steven Osborne si esibisce con le orchestre di tutto il mondo,
tra cui la Berlin Symphony, la Deutsches Sinfonieorchester Berlin, la Salzburg Mozarteum, Finnish Radio Symphony, la Bergen Philharmonic, Residentie Orkest, collaborando
con grandi direttori quali Christoph von Dohnányi, Vladimir Aškenazij, Leif Segerstam,
Andrew Litton, Vladimir Jurowski e Jukka-Pekka Saraste. Osborne ha partecipato nove
volte ai Proms, l’ultima a luglio 2011 con Noches en los jardines de España di de Falla.
Tra i suoi partner per la musica da camera vi sono il violoncellista Alban Gerhardt e la
violinista Alina Ibragimova.
I più rilevanti impegni orchestrali recenti riguardano i concerti con la London Philharmonic/Jurowski (Prokofiev), la Vienna Symphony Orchestra/Adam Fischer (Stravinsky), la
Royal Flemish Philharmonic/de Waart (Britten), l’Orquesta Sinfonica de Castilla y Leon
/Morlot (Messiaen), l’Oregon Symphony Orchestra/Kalmar (Britten) e la BBC National
Orchestra of Wales/Fischer (Ravel).
Nel 2013 è stato insignito del premio “strumentista dell’anno” dalla Royal Philarmonic
Society e nel Settembre dello stesso anno ha ricevuto il suo secondo Gramophone Award.
NOTE AL PROGRAMMA
Nel suo ultimo anno di vita Schubert compose otto brani sotto il titolo di Impromptus,
quattro pubblicati subito in una prima serie (op. 90, D 899) e quattro pubblicati dopo la
sua morte (op. 142, D 935).
Queste pagine estrose ebbero una diffusa popolarità soprattutto come genere prediletto
dai dilettanti di pianoforte e proprio per scopi evidentemente commerciali furono editi
anche singolarmente. Si suppone però che le due raccolte avessero in realtà ciascuna
una propria integrità, avallata dal carattere stilistico e dai legami armonici.
Nella raccolta presentata questa sera si potrebbe dunque leggere nel primo Improvviso
(un rondò anche visto come forma-sonata senza sviluppo), nel secondo (un minuetto) e
nel quarto (ancora un rondò) i singoli movimenti di un’intera sonata.
Invece il terzo, quel Tema e Variazioni bistrattato dalle critiche di Schumann ma in realtà
apprezzato esempio di raffinatezza Biedermeier, risplenderebbe di luce propria.
Sempre nel 1828 il compositore viennese vide la pubblicazione dei Moments musicaux.
Scritte in diversi momenti della sua vita, queste sei brevi pagine anticipano il pezzo
romantico per antonomasia, ossia il pezzo caratteristico per pianoforte: breve, dettato
dall’ispirazione del musicista e luogo privilegiato per l’espressione delle emozioni.
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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Per l’Andantino, il secondo della raccolta, Schubert sceglie la tenerezza della tonalità di
la bemolle maggiore, regalandoci una cullante melodia che risuona nell’intimità di una
stanza privata, solo furtivamente attraversata da un velo di malinconia.
Sommo esempio di musica ispirata ad un’occasione extra-musicale, i Quadri di un’esposizione di Musorgskij rappresentano uno tra i capolavori più suggestivi del repertorio
pianistico. In soli venti giorni, nell’estate del 1874, il compositore russo creò questo originale ciclo di quindici pezzi dalla scrittura scarna, dai timbri percussivi e dai contrasti
sonori abbacinanti, ispirato da una mostra di acquerelli e disegni dell’amico artista ed
architetto Viktor Hartmann, organizzata nello stesso anno presso l’Accademia di Belle
Arti di San Pietroburgo per ricordarne la scomparsa.
I diversi brani della grandiosa opera di Musorgskij altro non sarebbero che i quadri
dell’amico defunto, intervallati dalle passeggiate (Promenade) del musicista attraverso
le sale dell’esposizione ossia quattro variazioni di quello stesso squillante tema pentatonico che da inizio all’opera.
In essa troviamo le atmosfere più cupe, dal desolato canto medievale de Il vecchio castello alle vibrazioni spettrali di Catacombae, accanto a quelle più frenetiche e vivaci, dal
Balletto dei pulcini nei loro gusci alle risa dei bambini ai giardini delle Tuileries sino al
vivace trambusto del Mercato di Limoges.
I quadri più interessanti dipinti da Musorgskij sono quelli dove palpita il cuore popolare
russo, dal realismo dei due ebrei Samuel Goldenberg e Schmuyle, quello ricco opulento e quello povero questuante, alla fatica disumana del carro polacco in Bydlo, dalla
grottesca andatura di Gnomus fino alla violenza di Baba Yaga, la terrificante “nonna
del diavolo” delle fiabe russe.
Il ciclo termina con la grandiosità de La porta di Kiev, nell’ambivalente interpretazione
di un’uscita dalla mostra di Hartmann come di un trionfale ingresso in una nuova musica
legata alle radici del popolo russo.
Monique Ciola
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
TEATRO ZANDONAI
SABATO 31 OTTOBRE 2015
I SOLISTI DEL TEATRO MARIINSKIJ
Larisa Gerg’eva pianoforte
Grigory Chernetsov baritono
Yulia Matochkina mezzosoprano
Natalia Pavlova soprano
Ilya Selivanov tenore
Programma di gala
con brani da opere liriche, arie e Lieder
della scuola italiana, russa ed internazionale
Musiche di
G. Verdi
M. Musorgskij
M. Ravel
G. Bizet
G.F. Händel
N. Rimskij-Korsakov
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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Larisa Abisalovna Gerg’eva è direttrice
artistica dell’Accademia Mariinsky per
giovani cantanti e del Teatro dell’opera e
Teatro Mariinskij
di San Pietroburgo
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balletto della Repubblica del Nord-Alanija
(Vladikavkaz). È stata per molto tempo un’importante figura culturale nell’ambito vocale
internazionale; ma si esprime anche nel campo
organizzativo. È considerata a livello internazionale una delle più accreditate pianiste
accompagnatrici per i cantanti. Fa parte della
giuria in numerosi concorsi internazionali di
canto. Nel corso della sua carriera artistica ha
preparato un centinaio di pianisti che poi sono
risultati vincitori nelle principali competizioni
nazionali e internazionali.
Il suo repertorio comprende oltre un centinaio
di opere eseguite presso i teatri più famosi del
mondo. Durante gli anni trascorsi presso il
Teatro Mariinskij, ha curato la produzione di
opere francesi (Les Contes d’Hoffmann, Don
Quichotte, Salammbô), italiane (Il viaggio a
Reims, Falstaff, Il barbiere di Siviglia), tedesche (Ariadne auf Naxos, Die Zauberflöte) e
russe (Il Gallo d’oro, La fanciulla di neve,
La favola dello zar Saltan, L’amore delle tre
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
melarance, Notte di maggio, Evgenij Onegin, La Fiera di Sorocinskij) e inoltre Rusalka
e My fair Lady.
Presso l’Accademia Mariinskij per giovani cantanti lirici, artisti di talento hanno l’opportunità unica di combinare l’attività di studio con la partecipazione ad opere di quel
prestigioso Teatro. Larisa Gerg’eva è artista in residenza sia presso il Teatro Mariinskij di
S. Pietroburgo, che presso la Repubblica Ucraina e la Repubblica del Nord-Alanija. Le è
stato assegnato da parte del ministero della cultura della Federazione russa il “Premio alla
cultura”. È insignita dell’Ordine di Sant’Anna dalla chiesa ortodossa ucraina. In Ossezia
ha ricevuto la medaglia al valore per le sue attività culturali.
I Solisti del Teatro Mariinskij sono riconosciuti come uno dei più rinomati ensembles
vocali del panorama musicale internazionale. Assieme a Larisa Gerg’eva, direttrice dell’Accademia musicale di S. Pietroburgo e loro accompagnatrice al pianoforte, rappresentano
alcuni tra i migliori solisti di canto della loro generazione.
Abitualmente attivi con l’Orchestra del Mariinskij sotto la direzione di Valerij Gerg’ev, essi
sono anche ospitati da sedi dell’importanza del Teatro dell’Opera di Ginevra, del Théâtre
du Capitol de Toulouse, della Wigmore Hall di Londra, del Teatro dell’Opera di Bordeaux,
del Prinzregentheater di Monaco, del Landestheater di Linz, del Conservatorio “Verdi” di
Milano. Nelle ultime tre stagioni sono stati invitati dalle istituzioni concertistiche e cameristiche più importanti d’Europa.
I Solisti del Mariinskij includono elementi stabili che possono variare a seconda delle
esigenze di produzione e di organico.
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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SALA FILARMONICA
MERCOLEDÌ 4 NOVEMBRE 2015
QUARTETTO PRAŽÁC
Jana Vonaskova violino
Vlastimil Holek violino
Josef Kluson viola
Michal Kanka violoncello
WOLFGANG AMADEUS MOZART
(1756-1791)
Quartetto in re magg. KV 499
Allegretto
Menuetto
Adagio
Molto allegro
DMITRIJ ŠOSTAKOVIČ
(1906-1975)
Quartetto n. 14 in fa# magg. op. 142
Allegretto
Adagio
Allegretto
BEDŘICH SMETANA
(1824-1884)
Quartetto n. 1 in mi min.
(“Dalla mia vita”)
Allegro vivo appassionato
Allegro moderato alla polka
Largo sostenuto
Vivace
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
A più di trent’anni dalla sua fondazione, il Quartetto Pražác continua ad essere ospite
richiestissimo dei più importanti festival e stagioni concertistiche di tutto il mondo.
Costituito nel 1972 da studenti del Conservatorio di Praga, il Quartetto si è oggi attestato
come la più importante formazione della tradizione cameristica ceca.
Da oltre 30 anni, il Quartetto Pražác è di casa sulle scene musicali di tutto il mondo. È
invitato regolarmente nelle maggiori capitali europee come Praga, Parigi, Amsterdam,
Bruxelles, Milano, Madrid, Londra, Berlino e Monaco di Baviera, e viene invitato anche
a partecipare a numerosi festival internazionali, collaborando con artisti come Menahem
Pressler, Jon Nakamatsu, Cynthia Phelps, Roberto Diaz, Josef Suk, and Sharon Kam.
Nell’America del Nord il Quartetto Prazak si è esibito a New York (Carnegie Hall, Lincoln
Center, 92nd St. Y), Los Angeles, San Francisco, Dallas, Houston, Washington, Philadelphia, Miami, St. Louis, New Orleans, Berkeley, Cleveland, Tucson, Denver, Buffalo,
Vancouver, Toronto, and Montreal e nella Tournee del 2010/11 li ha portatati a 20 città
appunto dell’America del Nord.
Il Quartetto Pražác ha registrato oltre 30 CD, spesso premiati.
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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NOTE AL PROGRAMMA
MOZART – Ventidue sono i quartetti per archi scritti da Mozart, e tra questi restano
particolarmente memorabili i sei dedicati ad Haydn scritti nel triennio 1782-1785.
Il K 499 (1786), che ascolteremo stasera, si pone in posizione defilata rispetto a quella
fortunata raccolta: ne costituisce sicuramente una coda logica ma di fatto non ne fa parte,
e questo lo fa brillare di luce propria. Il brano è talora identificato come «Hoffmeister», dal
nome dell’editore viennese che lo aveva commissionato a Mozart. La reputazione critica
di cui gode è assai buona, essendo visto come opera di consolidamento delle tecniche e
dei modi quartettistici recentemente acquisiti, che si possono compendiare nella formula
‘costruzione solida-discorsività sciolta-bel garbo-sapiente governo di tutte le componenti
tecnico-espressive’: una specie di quintessenza, insomma, della musica viennese del tempo
basata sulla forma-sonata.
Di una certa duplicità di sentimento parla concordemente più di un commento critico,
intravedendo la sua caratteristica peculiare nella combinazione sottile di serenità e
tristezza che fa pensare al prossimo Schubert; al tempo stesso l’esibita eccellenza in ciò
che concerne l’elaborazione contrappuntistica lo rimanda al grande Barocco di Bach
e Händel, che proprio in quegli anni egli stava approfondendo con autentica passione.
Ad interessare qualcuno è stata la parte che dovrebbe essere la più convenzionale ossia
il Minuetto, che qui prende un aspetto di assoluta novità tanto da far parlare per la sua
sezione centrale in abilissimo contrappunto di «una vera stregoneria musicale».
A denotare il pezzo come non routinario, altri hanno notato un sapiente e disinvolto uso
della dissonanza, senza beninteso che questo provochi all’orecchio sensibile non più che
un piacevole diversivo.
ŠOSTAKOVIČ – Una pratica musicologica molto comune è quella di leggere qualsiasi
opera di Šostakovič in diretta connessione con le vicende politiche del suo Paese, delle
quali quelle opere rifletterebbero puntualmente i soprassalti e le contraddizioni. Tale
obbligato e talora esclusivo aggancio alle contingenze esterne (che non si vede perché
non possa essere applicato indistintamente a tutti gli autori) ha il singolare effetto di
sminuire l’attività creativa di un artista poiché attenua in essa quel libero svolgersi
della fantasia che è la fondamentale ragion d’essere di ogni opera d’arte. Secondo
questa logica, si individuerebbe nei lavori del tardo periodo šostakoviano una ritrovata
e pur relativa serenità che si vorrebbe giustificare con l’avvento dell’era brezneviana.
Lasciando volentieri ad altri la discussione di tali importanti problematiche, notiamo
nel suo linguaggio di quegli anni Sessanta-Settanta una natura più astratta e dunque il ricorso a linee melodiche conformantisi a tracciati ambigui e a una maggiore
indistinzione del senso tonale: questo è tutto per quanto riguarda il contributo di
Šostakovič alla modernità novecentesca, che è assai più compreso ed accettato oggi
che non qualche decennio fa.
Se poi poniamo questa musica a confronto con tante esperienze decostruttive in atto
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
nel resto del mondo, notiamo nel tardo Šostakovič una confermata fiducia nella costruzione del pezzo e nella sottesa capacità di comunicazione, beninteso attenuando
ogni spinta pletorica e dichiaratoria e volgendola talora nel tratto dubbioso, allusivo,
finanche enigmatico. A definire questo autore è la stessa consistenza del suo catalogo,
che assomma 15 sinfonie, 15 quartetti, 5 sonate, 6 concerti, varia musica pianistica e
molto altro, la qual cosa lo distingue dalle tante coeve avanguardie occidentali, che
proprio per questo guardavano a lui con sospetto e dispetto.
Il retaggio classico è confermato nel quattordicesimo Quartetto del 1973 dall’insolita
tonalità di fa diesis maggiore, cui si riconosce la misura discreta, l’uso prevalente
delle mezze tinte, un’equilibrata compresenza di diatonismo e cromatismo e finanche
l’allure a tratti ‘leggera’, intendendo con questo non più il sarcasmo aggressivo degli
anni giovanili che torna a serpeggiare solo in pochi punti, ma un certo abbandono
che non esclude nel fondo il senso di morte: quello stesso che negli ultimi anni lo
opprimeva in modo costante e che qui si rende particolarmente presente nel tempo
lento. Anche per questa consapevolezza dell’animo le accese tavolozze di un tempo
si traducono ora in un persistente e seppur non uniforme colore grigio quale scelta
stilistica di contenimento dei sentimenti e delle emozioni. Di tale natura pensosa e
‘affettuosa’ è soprattutto sostanziata la parte finale nelle sue ultime battute.
SMETANA – Le opere di Smetana rivelano talora già dai titoli la volontà di esprimere un’istanza profonda di appartenenza, anche in senso più propriamente autobiografico. È, quest’ultimo, il caso del Quartetto in mi minore “Dalla mia vita” che
romanticamente si propone si ‘raccontare’ attraverso i suoni un’esperienza umana
spesa per l’affermazione di una personalità artistica non meno che per il sostegno al
processo di identità nazionale.
Come e più di Dvořák, Smetana figura tra gli eminenti rappresentanti del risveglio
musicale della Boemia, Paese peraltro già integrato nella cultura europea ma che,
come altre nazioni ‘periferiche’ d’Europa, ambiva in quell’epoca ad affrancarsene
per trovare una propria strada di originalità e indipendenza. Per questo era necessario scendere fino alle radici dell’idioma nativo, dove il popolo potesse facilmente
riconoscersi.
Fu in età matura che Smetana compose i suoi due Quartetti, quasi a volervi sintetizzare tutto intero il proprio pensiero musicale. Il primo di essi è anche il suo
lavoro cameristico più celebrato. Conosciamo da una lettera che l’autore lo aveva
concepito secondo un programma esplicativo del contenuto autobiografico. Il primo
tempo (Allegro vivo appassionato) illustrerebbe così la giovanile passione musicale
dell’autore; il secondo (Allegro moderato à la Polka) il suo interesse per la danza
popolare; il terzo (Largo sostenuto) la tenera memoria del primo amore e l’ultimo
(Vivace) l’acceso sentimento nazionalistico.
Diego R. Cescotti
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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SALA FILARMONICA
MARTEDÌ 24 NOVEMBRE 2015
ARS TRIO DI ROMA
Laura Pietrocini pianoforte
Marco Fiorentini violino
Valeriano Taddeo violoncello
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ANTONÍN DVOŘÁK
(1841-1904)
Trio n. 4 in mi min. per pianoforte
e archi op. 90 (“Dumky” )
Lento maestoso (Dumka I)
Poco adagio (Dumka II)
Andante (Dumka III)
Andante moderato (Dumka IV)
Allegro (Dumka V)
Lento maestoso (Dumka VI)
FRANZ SCHUBERT
(1797-1828)
Notturno in mib magg. D 9897
JOHANNES BRAHMS
(1833-1897)
Trio in si magg. op. 8
Allegro con brio
Scherzo (Allegro molto)
Adagio
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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Fin dal suo esordio nel 2001, l’Ars
Trio di Roma si è imposto come
una delle giovani formazioni più
interessanti del panorama italiano ed
internazionale. Perfezionatosi sotto
la guida del Trio di Trieste presso
l’Accademia Musicale Chigiana di
Siena, ha conseguito il 1° Premio
assoluto al prestigioso Concorso
Internazionale «Premio Trio di
Trieste».
Da allora l’Ars Trio è stato ospite di
importanti associazioni concertistiche italiane ed estere: significative
in questo senso le tournées in vari
paesi del Sud America, a Praga,
Kiev, Graz, ecc. Ha partecipando
anche ad importanti festival in
Germania quali il Scharwenka Festival di Lubecca ed il Bachfest di
Lipsia. Interprete di un vastissimo
repertorio che spazia dal classico
al moderno, l’Ars Trio è da sempre
molto attento alla musica contemporanea, mettendo regolarmente in
programma autori come Copland,
Ščedrin, Kagel e Henze.
Nel 2006, la rivista Amadeus ha
dedicato la propria copertina all’Ars
Trio di Roma, interprete dell’incisione dell’integrale delle opere per
trio di Šostakovič pubblicata dal
mensile.
Dal 2005 l’Ars Trio di Roma è coinvolto nella promozione e diffusione
musicale anche come direzione
artistica di «Musica in Ateneo - dal
Barocco a oggi», rassegna espressamente rivolta al mondo giovanile
per una fruizione gratuita e di qualità
della musica classica e contemporanea negli spazi dell’Università.
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NOTE AL PROGRAMMA
DVOŘÁK – Nelle culture slave il termine Dumka
rimanda a una forma di poesia epica che celebra
gli eroi della patria e in particolare le imprese dei
cosacchi, ma che in accezione più comune si può
intendere nel senso di pensiero, riflessione. Trapiantato come tale in ambito musicale, il concetto
acquista tutta una sua connotazione espressiva
caratteristicamente spaziante tra gli estremi del
malinconico e del gioioso, motivando un’estrema
variabilità della struttura generale che poco deve
ormai alla normatività del sonatismo mitteleuropeo e alla sua classica logica elaborativa.
Nelle sei parti di cui si compone, il Trio Dumky
di Dvořák (1891) lascia cogliere l’estesa gamma di atteggiamenti messa in campo dal piano
generale, che ogni volta organizza la materia
in modo binario, con una prima parte di natura
pensieroso-nostalgica e una seconda sprigionante umori più festosi e popolari, seppur con
frequenti ritorni variati delle parti nel corso di
ciascun brano.
L’architettura originale di questo Trio è funzionale al progetto, sì che tutto si snoda quasi come
in una narrazione.
L’elemento folklorico che Dvořák, da uomo del
suo tempo, usa ancora come innesto caratteristico nel contesto colto senza porsi il problema di un
utilizzo critico, accresce il fascino e l’attrattiva
di queste pagine e le rende espressive dell’anima
slava, sempre in bilico tra la naturale malinconia
e la genuinità popolare che invoglia alla danza.
SCHUBERT – A fianco dei due grandi Trii lasciatici da Schubert, è presente, per questa stessa formazione, una pagina isolata appartenente al suo
ultimo periodo produttivo, che va ad aggiungersi
ad altri materiali spesso frammentari e di dubbia
collocazione o privi di agganci riconoscibili che
accompagnano una creatività eccezionalmente
abbondante e polimorfa.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Nel novero di questi reperti si pone il cosiddetto Notturno (il titolo fu posto successivamente da altri), che, secondo l’ipotesi più accreditata, era stato creato da Schubert come
tempo lento per il Trio in si bemolle D 898, poi scartato per ragioni di equilibrio interno
e sostituito con l’attuale Andante un poco mosso. Il Notturno, rimasto come pezzo a sé
stante, fu stampato solo una ventina d’anni dopo da Diabelli e si assicurò un qualche
posto nei programmi cameristici.
Tripartito nella struttura, si svolge per la prima parte come dolce e nostalgica melopea
con il canto affidato agli archi che procede per terze e il pianoforte che accompagna con
accordi arpeggiati: situazione subito dopo rovesciata con il pianoforte che emerge e gli
archi che lo sostengono in pizzicato.
Tipicamente schubertiano è il passaggio centrale alla tonalità lontana di mi maggiore
che instaura un clima del tuto diverso per sonorità e qualità drammatica. Infine si ritorna
alla situazione iniziale variata nel trattamento, che prevede un ulteriore cospicuo ritorno
della parte ‘agitata’.
Il pezzo si configura nel suo insieme come una fantasia dal tratto piuttosto libero: in esso
ritroviamo la compresenza, abituale in Schubert, di dolce e di irruente e quella acuta
sensibilità cantabile che cela sempre nella sua apparenza la traccia di un qualche turbamento dell’animo. Mettere in rapporto questa breve pagina con la compiutezza artistica
dei due grandi Trii sarebbe improprio, ma non saremmo nemmeno più disposti a seguire
la linea interpretativa di studiosi autorevoli come Alfred Einstein che la deprezzava
completamente considerandola vacua e priva d’interesse.
BRAHMS – Una singolare vicenda è legata a questo Trio, che qualche dilemma può
ancora porre a studiosi ed esecutori, ed è il fatto che di esso ne esistono due versioni
alternative, diverse tra loro quanto può esserlo una visione artistica concepita da un
autore ventenne nel pieno della sua irruente giovinezza e quella rimeditata da un autore
di fama giunto alla sua serena maturità.
Il Trio in si maggiore (1854) fu la prima opera da camera ad essere inclusa da Brahms
nel proprio catalogo ufficiale, e ciò prova la buona considerazione in cui egli la teneva.
Come tale fu pubblicata nel 1854 da Breitkopf.
L’ideazione dell’opera si colloca negli anni della prima affermazione dell’autore amburghese, segnati dall’amichevole sostegno di Schumann e dai significativi successi in
campo pianistico e liederistico: per questo presenta un forte carattere dimostrativo nel
senso dell’impegno, dell’ambizione, dell’energia, con idee fresche in misura sovrabbondante, espresse con quella prolissità per voglia di dire tutto che il momento e l’età
giustificavano pienamente.
Brahms non avrebbe ripreso in mano questo suo pezzo se, quasi un quarantennio dopo,
l’editore Simrock non si fosse fatto avanti per reclamarne una revisione.
Così il compositore, fors’anche compiaciuto intimamente per l’occasione che gli veniva
data di rivalutare da vicino un prodotto della sua giovinezza lontana, si lasciò convincere
ad adattarlo a criteri più consoni all’età, ai tempi e ai gusti, dandogli, come egli sottolineò
ironicamente, una sistemata ai capelli arruffati, senza per questo mettergli la parrucca.
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
27
Nella sostanza il lavoro di revisione si dimostrò piuttosto radicale, tanto per il rifacimento
di svariati passaggi quanto soprattutto per la riduzione delle molte ridondanze a una misura più opportuna, che fu ottenuta a prezzo del sacrificio di ben cinquecento battute. Di
fatto la versione riveduta non sostituì tout-court la prima, poiché Brahms, pur dicendosi
convinto della migliore resa offerta dalla versione sfrondata, non si volle staccare del tutto
da quella scapigliata, e autorizzò l’editore a conservarla e, se del caso, a ristamparla.
Va detto peraltro che la prassi invalsa è ormai quella di eseguire la seconda versione del
1891, anche se non è mai mancata una tenace parte di sostenitori pronti a giurare sulla
bontà e autenticità della prima.
L’iniziale Allegro con brio ha la forma-sonata come modello di riferimento, ma è giocato
con notevole libertà di decorso: in esso acquista particolare risalto il primo tema che
s’impone con autorevolezza fin da subito e domina l’intero movimento attraverso i suoi
vari passaggi elaborativi. Lo Scherzo che segue ha carattere fantastico e una simpatica (o
sfrontata, secondo alcuni) connotazione popolare nel valzer presentato un po’ a sorpresa
nella più mossa sezione centrale. L’Adagio in forma liederistica si mantiene fedele alla
tradizionale funzione di oasi meditativa ed ha momenti di vero incanto sonoro e d’invenzione. L’ultimo Allegro, in forma di rondò-sonata, è quello che più ha risentito delle
forbici del censore, avendone modificato il profilo di molti disegni e soprattutto l’umore
di fondo, che vede attenuata gran parte dell’agitazione romantica per una visione più
rasserenata non priva di gioia di vivere e di spirito positivo.
Diego R. Cescotti
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
SABATO 5 DICEMBRE 2015
FRANCESCA TEMPORIN violino
KIM FABBRI pianoforte
WOLFGANG AMADEUS MOZART
(1756-1791)
Sonata in sib magg. K 454
Largo-Allegro
Andante
Allegretto
LUDWIG VAN BEETHOVEN
(1770-1827)
Sonata n. 1 in re magg. op. 12 n. 1
Allegro con brio
Tema con variazioni:
Andante con moto
Rondò. Allegro
EDVARD GRIEG
(1843-1907)
Sonata n. 3 in do min. op. 45
Allegro molto ed appassionato
Allegretto espressivo alla
Romanza
Allegro animato
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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Francesca Temporin (Rovereto 1997) è diplomanda presso il Conservatorio “B. Maderna” di Cesena. Segue i corsi di alto perfezionamento di Rudens Turku in Austria e
all’Accademia “Perosi” di Biella dopo aver frequentato i corsi di moti altri docenti tra
cui Mariana Sirbu e Uto Ughi. Ha partecipato a vari concorsi musicali come solista e
in formazioni cameristiche vincendo 27 primi premi (di cui 11 assoluti), borse di studio
e premi speciali. Nel 2010 ha vinto il primo premio alla Rassegna nazionale d’archi di
Vittorio Veneto. Ha all’attivo più di 200 concerti, in Italia ed all’estero, sia come solista che in formazioni cameristiche. Ha tenuto concerti a Palazzo Valperga a Torino, al
Castello Sforzesco di Milano, al Palacongressi di Stresa, nella Basilica di Bergamo per
i concerti di Natale 2013 e 2014 con l’Orchestra da Camera Giovanile di Domodossola.
Si è esibita per Rai 3 a Torino e per la Radio Vaticana in concerto. Dal 2011 collabora
con la pianista Kim Fabbri insieme alla quale ha tenuto concerti a Ravenna, Bertinoro,
Rovereto, Trieste, Udine, Domodossola e Brescia. Nel 2012 ha ricevuto il premio “Totem
per la musica” assegnatole dalla rivista di arte e cultura Totemblueart.
30
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Kim Fabbri è nata nel 1991 a Cesena, dove si è diplomata con lode e menzione ed
ha ottenuto la laurea specialistica di II livello avendo studiato sotto la guida di Luigi
Tanganelli.
Ha partecipato a masterclass con maestri quali Oksana Jablonskaja, Leonid Margarius,
Piernarciso Masi e Benedetto Lupo.
Ha ottenuto primi premi in diversi concorsi come il “Città di Ravenna”, l’“Antonio
Salieri” di Legnago e l’“Amilcare Zanella” di Piacenza.
Ha collaborato come pianista accompagnatrice al Concorso nazionale di esecuzione per
clarinetto “Omaggio a Ciro Scarponi” di Assisi esibendsi con artisti di fama mondiale.
Ha tenuto concerti sia da solista che in formazioni cameristiche per diversi festival e
associazioni come il “JCE Network Festival” (Bertinoro), il Festival “Suona francese”,
l’Associazione “Angelo Mariani” (Ravenna), l’Associazione “Mozart” di Rovereto e
Trieste, l’Associazione Filarmonica di Rovereto, la rassegna “Domenica in musica” di
Cesena e e il Festival “Franco Margola” di Brescia.
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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NOTE AL PROGRAMMA
MOZART – Della quarantina di Sonate per violino scritte da Mozart, quella in si bemolle
maggiore K 454 (1784) è tra le più segnalabili per importanza e autorevolezza. Mozart
era a quell’epoca stabilmente insediato a Vienna, impegnato su più fronti ma con un
occhio particolare al concerto per pianoforte ed orchestra, genere ancora nuovo e molto
richiesto, dal quale ambiva procurarsi una certa sicurezza economica.
Ed è proprio tra un concerto e l’altro che trovò il modo di dedicarsi a quell’altra commissione la cui importanza non gli era sfuggita poiché ad esibirsi nel suo pezzo sarebbe stata
una rinomata violinista mantovana che bisognava mettere nelle condizioni di figurare al
meglio della sua fama. Senonché, arrivato il giorno del concerto, le parti non erano state
ancora completate, e ciò costrinse la violinista Strinasacchi a suonare quasi a prima vista
e Mozart ad accompagnarla improvvisando lì per lì: un’altra delle sorprendenti vicende
(o leggende) che circondano di un alone di magia il nome del genio salisburghese.
Un segno di distinzione proviene alla Sonata dall’ampio e solenne Largo iniziale che crea
un’adeguata introduzione all’abituale Allegro, così come spesso già avveniva in campo
concertistico e ancor più sinfonico.
Il resto è tutto sotto il segno della perfezione e dell’infallibilità delle scelte, evidenziandosi
soprattutto nell’ideale fusione dei due strumenti dialoganti in pura logica concertante.
La contiguità della Sonata con i concerti per pianoforte determina anche il carattere
‘esibito’ e non intimo del pezzo, nonché la ricchezza delle idee e dei materiali impiegati,
l’estensione delle zone cantabili, le richieste virtuosistiche e le stesse dimensioni del
componimento.
BEETHOVEN – Poiché l’apprezzamento ‘colto’ di un brano di musica non può mai prescindere del tutto dalle ragioni storiche, si tende, per comune abito mentale, ad adottare
un parametro valutativo più favorevole nei confronti dei brani che mostrano di saper
interpretare il presente o addirittura prefigurare il futuro, mentre si guarda con cautela
se non con sospetto a quelli la cui concezione appare più resistente alle spinte in atto.
Ciò avviene anche all’interno della produzione di uno stesso autore, come appunto è
il caso di Beethoven e delle sue Sonate, dove il pianoforte solo, per ragioni storiche
e sociali sottese all’evoluzione delle forme e delle pratiche, risulta sempre in evidente
vantaggio su qualsiasi altra combinazione compresa quella in duo con il violino, cui a
quei tempi si tendeva ancora ad affidare un ruolo poco più che di riempitivo ‘ad libitum’
entro i confortevoli ambiti del genere classico-galante. In mezzo c’era stata però la fondamentale lezione di Mozart ad indicare come si dovesse mirare a un diverso equilibrio
all’interno della compagine cameristica, così da ottenere una ideale paritarietà quale si
conviene allo stile concertante.
E appunto fu da Mozart che Beethoven partì, non più giovanissimo, per questa sua prima
incursione nel campo del sonatismo violinistico che in capo a pochi anni seppe condurre
al pieno riscatto con la cosiddetta Sonata “Kreutzer”, tramite la quale il sonatismo violinistico entrò d’un colpo nell’età moderna.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
La prima sonata dell’op. 12, che l’autore volle dedicare ad Antonio Salieri, si mantiene
ancora in più tranquilli climi.
Ciò che in essa rimane di spirito ancien-régime è il bel garbo, lo stile di conversazione,
il tono di piacevolezza, il carattere di naturalezza e confidenzialità, quale si avverte in
particolare nell’affettuoso Andante centrale che si sviluppa nella formula di tema con
quattro variazioni.
Non manca, beninteso, in altre parti il segno della personalità beethoveniana con le sue
richieste di maggiore irruenza e franchezza.
Il Finale è un Rondò che conferma l’adesione agli schemi tradizionali e si fa notare per
il tono brillante e l’impulso ritmico, che è un connotato di tutta la Sonata.
GRIEG – I commenti critici sulla produzione di autori come Grieg, che sono al tempo
stesso continuatori della grande stagione romantica tedesca e portatori di una diversa
sensibilità per via della peculiare appartenenza etnica, tendono invariabilmente a
rimarcare le deviazioni più o meno cospicue che essi evidenziano nei confronti dei
canoni formali consolidati, particolarmente in quanto ha a che fare con l’elaborazione
tematica. Per questo non conviene insistere troppo sugli schematismi accademici e
cercare altrove i valori di cui le loro opere sono portatrici.
Così al norvegese Grieg si riconosce volentieri una natura di sottile miniaturista, di
impareggiabile bozzettista, di felice acquarellista, e si riconosce ai suoi pezzi una
spontanea qualità melodica, un efficace uso di sfumate colorature armoniche, una
solida innervatura ritmica, e in generale tutte quelle componenti linguistiche ed
espressive che riconducono a quel suo mondo scandinavo di cui sapeva rievocare
poeticamente le tipicità proprie del canto corale e della danza popolare.
E se pure qualche situazione pre-impressionista si può scorgere in talune sue pagine
di carattere più evocativo, non va disconosciuta nella sua scrittura la capacità di
costruire un tessuto di stringente dialettica ove lo richieda il tipo d’impegno e il
genere di riferimento.
È appunto il caso della Sonata per violino in do minore (1887) – ultima delle tre
da lui scritte –, la quale si annuncia già nelle prime battute con un drammatico e
tortuoso tema che ricorrerà in tutto il primo movimento alternandosi con un secondo
gruppo tematico di serena discorsività.
Plaghe di lirismo intimistico a volte screziate di malinconia si insinuano nel decorso
successivo, in regolare alternanza con i momenti più intensi e vigorosi.
Molto efficace anche il secondo movimento di carattere elegiaco-meditativo, ma con
una ritmica sezione centrale di contrasto che ha tutto il sapore di una danza popolare.
Spunti naturalistici e immaginifici esprime il movimento finale che procede mosso
e leggero come in una danza di elfi, costruendosi su una sommatoria di invenzioni
diverse e affrancate dall’obbligo di una successiva elaborazione.
Diego R. Cescotti
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
MERCOLEDÌ 13 GENNAIO 2016
STEFANIA NEONATO
GIACOMO GOTIFREDO FERRARI
(1763-1842)
fortepiano
Caprice op. 8 in do min.
Sonata op. 10/1 in do magg.
Allegro spiritoso
Andantino con espressione
Scherzando
LUDWIG VAN BEETHOVEN
(1770-1827)
Sonata op. 27/2 in do# min.
“Quasi una Fantasia”
Adagio sostenuto
Allegretto
Presto agitato
LUDWIG VAN BEETHOVEN
Sonata op. 2/3 in do magg.
Allegro con brio
Adagio
Scherzo: Allegro
Allegro assai
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
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pianoforte dal 2006 al 2008. Dal 20113
è docente di pianoforte storico alla Musikhochschule di Stoccarda.
Nel 2007 ha vinto il Concorso Internazionale per Fortepiano “Musica Antiqua”
di Bruges; da allora è ospite regolare di
importanti Festival europei e nordamericani (Van Vlaanderen a Bruges, Styriarte
a Graz, Festival Mozart a Rovereto,
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STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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NOTE AL PROGRAMMA
Ferrari, Beethoven e l’Europa pianistica fra Settecento e Ottocento
Per chi non conoscesse l’opera pianistica di Giacomo Gotifredo Ferrari (Rovereto 1763 Londra 1842), l’ascolto dei suoi brani potrebbe creare una certa confusione. Stilisticamente
infatti, essi presentano una sintesi delle correnti estetiche circolanti in Europa - quella
continentale e l’Inghilterra - fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.
La passione del musicista roveretano per W. A. Mozart e per un classicismo formale non
ancora peraltro completamente declinato, ma comunque quasi interamente aproblematico,
si colora del particolare gusto melodico dello stile galante e operistico mediterraneo e soprattutto si anima delle novità più squisitamente tecniche del repertorio pianistico. Accanto
alla sua cospicua produzione operistica, Ferrari coltiva assiduamente la composizione
di Sonate per cembalo o pianoforte (con altri strumenti ad libitum o obbligati) e di altri
generi piuttosto comuni e diffusi fra i musicisti dilettanti della nobiltà terriera e dell’alta
borghesia commerciale.
Nel 1801 Muzio Clementi pubblica il suo Metodo pel pianoforte e, proprio a cavallo dei
due secoli arriva – forse per primo – a coniare un nuovo linguaggio pianistico, un idioma
nettamente più “muscolare” e istrionico dello stile tardo-barocco e del primo Classicismo
per tastiera, uno stile che Beethoven accoglierà preparando il terreno ai primi virtuosi
dell’era romantica.
Pur esaltando Mozart e criticando lo stile pieno di prolissità e stravaganze di Beethoven,
Ferrari accoglie nei suoi brani pianistici - soprattutto nelle Sonate per pianoforte solo - il
primo idioma clementino che aggiungeva a un impianto classico elementi spiccatamente
virtuosistici (anche spesso desunti dalla letteratura clavicembalistica italiana) come scale,
arpeggi, ottave, terze e tutto ciò che poteva rendere l’esecuzione pianistica estroversa e
avventurosa.
Questi aspetti risaltano indubbiamente nelle Sonate Op. 10 dedicate a M.me Pauline de
Meternich, pubblicate a Londra attorno al 1795 ma possibilmente più tarde.
Il Capriccio Op. 8 – che mostra numero d’opera incerto (Op. 7 nel RISM) e anno di
composizione non pervenuto – pur esibendo la doppia destinazione pour le clavecin ou le
pianoforte sembra alludere alla potenza e varietà dinamiche del pianoforte. L’introduzione
a carattere grave e con note lunghe necessita indubbiamente del sostegno sonoro dello
strumento a corde percosse mentre la parte seguente, più libera e “a capriccio” richiede
la ricchezza dell’effetto del pedale di risonanza per rendere al meglio i cambi di colore
armonico. Il finale sospeso sulla dominante Sol rientra nello stile usuale di brani “a fantasia” o “a capriccio,” spesso semplicemente “canovacci improvvisativi” da usare come
introduzione a brani maggiormente strutturati. In questo caso si farà seguire a questo
Capriccio introduttivo la Sonata in Do maggiore Op. 10/1 (1795), in modo da creare un
effetto di “preludio” a una Sonata.
Il brano in questione rappresenta lo stile pianistico maturo di Ferrari, impensabile senza
la familiarità con lo stile inglese e con i compositori Haydn e Clementi, attivi a Londra in
quegli anni. La pienezza degli accordi e degli accompagnamenti – con veri e propri effetti
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
orchestrali – risponde all’evoluzione dello strumento e soprattutto alla diversa concezione
costruttiva della scuola inglese: suono pieno, più lungo e meno “penetrante” del suono
dei pianoforti viennesi; più cantabile e potente, adatto ai sempre più diffusi e ampi spazi
dei concerti pubblici.
Il cantabile ispirato a Clementi si dispiega nell’Andantino con espressione, dove le pause
e la gestione drammatica dei diversi caratteri musicali danno l’idea di una vera e propria
“scena teatrale,” come nelle Sonate mature del compositore romano, naturalizzato inglese. Il Rondo finale Scherzando riporta a una certa leggera brillantezza le vette espressive
toccate nei primi due movimenti.
In dialogo con la Sonata Op. 10/1 di Ferrari, la Sonata in Do maggiore Op. 2/3 presenta uno
stile spiccatamente virtuosistico, a testimonianza della necessità di Beethoven di affermarsi
nei suoi primi anni a Vienna come pianista prima ancora che come compositore. Ispirata
chiaramente allo stile “atletico” di Clementi, questo brano, con le altre due Sonate della
stessa opera, è dedicato a Joseph Haydn, modello indiscusso per la struttura formale e per
il gesto retorico classico. I primi tre movimenti della Sonata presentano contrasti spiccati,
come se nel primo stile di Beethoven fossero già presenti in sintesi tutti gli elementi di
sviluppo verso l’estetica pianistica più tarda.
Nell’Allegro con brio forti contrasti si susseguono fra il primo tema maggiore, agile e
staccato e il secondo tema minore, cantabile e legato, e ancora fra il primo tema e il vicino
ponte modulante, a ottave spezzate e a carattere orchestrale.
In generale, il contrasto fra zone più sobrie e “asciutte” e quelle più ricche di sonorità o
comunque più piene e cantabili è una cifra ricorrente nell’Allegro iniziale, nell’Adagio, fra
tema maggiore e sezione in minore, fra lo Scherzo e il Trio. Questa tensione fra scritture
diverse – da un lato quella retorica più articolata di matrice haydniana e dall’altro quella
densa e orchestrale inaugurata da Clementi e dalla scuola inglese – e in un’epoca in cui
Beethoven ancora non specificava un particolare uso degli smorzatori suggerisce all’interprete “storicamente informato” un uso mirato ma ampio del pedale di risonanza, come un
vero e proprio “registro” a effetto (su questo strumento ancora come leva “a ginocchio”).
L’uso prolungato della risonanza dello strumento sembra ormai irrinunciabile anche per il
primo tempo della “Sonata Quasi una Fantasia”, altrimenti nota come “Chiaro di luna”
(1801).
In questo spettrale Adagio a terzine, apparentemente ispirato all’Andante della morte del
Commendatore dal Don Giovanni mozartiano e forse a sua volta modello per il Capriccio di Ferrari, la melodia emerge più come effetto che come frase compiuta. Beethoven
raccomanda Sempre pianissimo e senza sordino, dove sordino sta per smorzatori e l’indicazione sempre pianissimo suggerisce probabilmente l’uso del registro di moderatore,
un panno di lana che, frapposto fra le corde e i martelli crea una sonorità molto attutita,
quasi immateriale.
In questa sede, con una sala non troppo grande e uno strumento adatto, è forte la tentazione
di interpretare questa indicazione come il consiglio di mantenere la barra degli smorzatori
sollevata per tutta la durata dell’Adagio, espediente che aiuta a cogliere la novità del mondo
sonoro ed estetico di Beethoven e l’unicità di questo brano.
Il carattere “di fantasia” di questa Sonata si concentra indubbiamente nell’originale
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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Adagio, quasi un’introduzione ai successivi Allegretto e Presto agitato, da eseguirsi senza
interruzioni. Beethoven sperimenta qui con il genere e il contenuto nella direzione di una
forma nuova che, dalla tradizionale struttura di sonata in tre o quattro tempi, sembra voglia
arrivare a un discorso più flessibile e continuo.
L’elemento improvvisativo, sempre caratterizzante lo stile pianistico beethoveniano – si
noti ad esempio la cadenza scritta nell’Allegro con brio della Sonata Op. 2/3 (1795) – e
tuttavia ancora inglobato in una forma netta, diventerà la norma nelle sonate a partire
dal 1800, arrivando a coniare lo stile di “sonata-fantasia” dell’ultima stagione del compositore di Bonn.
Lo strumento utilizzato per questo concerto è la copia di un pianoforte di scuola viennese
firmato da Anton Walter del 1804 e realizzata da Paul McNulty nel 2008.
L’estensione della tastiera è di cinque ottave e mezza e sono presenti tre registri “a ginocchiera”: smorzatori, moderatore e una corda.
Stefania Neonato
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
MARTEDÌ 19 GENNAIO 2016
MICHAIL LIFITS pianoforte
FRANZ SCHUBERT
(1797-1828)
Sonata n. 18 in sol magg. D 894
Molto moderato e cantabile
Andante
Menuetto; Allegro moderato
Allegretto
ROBERT SCHUMANN
(1810-1856)
Waldszenen op. 82
ROBERT SCHUMANN
Sonata n. 2 in sol min. op. 22
Vivacissimo
Andantino
Scherzo
Rondò
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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Nato nel 1982 a Taškent (Uzbekistan), Michail Lifits sin da giovane ha catturato l’attenzione del pubblico, presentando all’età di tredici anni il Concerto n. 2 di Rachmaninov.
Ha studiato con Karl-Heinz Kammerling e Bernd Goetzke presso la University for Music
and Drama di Hannover e con Boris Petrušanskij all’Accademia di Imola. All’inizio del
2014 è stato nominato Steinway Artist.
Vincitore del Concorso Busoni nel 2009, ha iniziato una brillante carriera che l’ha portato
nelle principali sale del mondo tra cui la Weill Recital Hall-Carnegie Hall e il Lincoln
Center (New York), la Wigmore Hall (Londra), l’Auditorium du Louvre (Parigi), la
Tonhalle (Zurigo), la NCPA (Pechino), l’Herkulessaal (Monaco), la Sala Verdi (Milano).
Partecipa regolarmente ai maggiori Festival quali quelli di Verbier, Gstaad (Menhuin),
Auvers-sur-l‘Oise, i BBC Proms e altri ancora.
Tra i suoi partner della musica da camera spiccano Vilde Frang, Steven Isserlis, Nicolas
Alstaedt e Sergej Krylov.
Fra gli impegni della stagione figurano concerti al Kissinger Sommer Festival, al Festival
di Brescia e Bergamo, ai Festival di Verbier, Schwetzingen e Salisburgo. Con Vilde Frang
sarà in tournée a New York, Washington, Vancouver, Londra, Amsterdam, Milano e Zurigo.
Lifits ha suonato con varie orchestre quali la Deutsche Symphonie-Orchester Berlin (DSO),
la Filarmonica di Heidelberg, l’Orchestra del Carlo Felice di Genova, la Residentie Orkest
Den Haag e i Solisti di Mosca diretto da Jurij Bašmet.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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NOTE AL PROGRAMMA
Il programma di questa sera unisce due autori che hanno fatto dell’introspezione psicologica l’humus della loro arte compositiva. Entrambi hanno raccontato, in modo
differente, lo spaesamento dell’inquietudine: Schubert attraverso l’arrendevolezza di
una «poetica della volontà e della rinuncia» (S. Sablich), Schumann con la concitazione
di un iperattivismo mentale al limite della malattia.
Questo si intuisce facilmente nell’andamento ritmico ed armonico delle loro composizioni
laddove il compositore austriaco si muove in circolo, tornando sempre sui suoi passi,
dilungandosi in eterne lunghezze che in realtà non portano da nessuna parte, mentre il
compositore tedesco cavalca infinite distanze, con repentini cambi di direzione, disperdendosi in ogni meta.
Un’affinità, la loro, suggellata dai tragici eventi che colpirono Robert Schumann nel 1854.
Fu infatti l’anima di Schubert quel Geist apparsogli in sogno che suggerì a Schumann
la sua ultima composizione pianistica, il Tema e Variazioni WoO 24, durante la scrittura
della quale il musicista tentò il suicidio nelle acque del Reno.
La Sonata in sol maggiore D894, considerata da Schubert l’ultima “grande sonata”
di un ciclo di quattro composte tra il 1825 ed il 1827, venne pubblicata con il nome di
Fantasia per scopi puramente commerciali, probabilmente per giustificare la lunghezza
del brano e la sua eterogeneità rispetto alla classica forma-sonata del primo movimento.
Pur presentando nei vari movimenti alcune sezioni contrastanti, dove il canto ed il ritmo
si increspano, è la staticità a pervadere l’intera Sonata, dalle prime note, dove il tema
sembra apparire con cauta timidezza, sino alle ultime, che terminano in pianissimo.
Dal sol maggiore della sonata di Schubert si passa al sol minore di quella di Schumann,
dall’inizio Molto moderato della D894 si cede alla frenesia de Il più velocemente possibile – più veloce – ancora più veloce dell’op. 22.
Scritta tra il 1833 ed il 1838, l’opera è intrisa delle due fondamentali personalità schumanniane: da una parte quella battagliera e maschile di Florestano, nella concitazione
virtuosistica che pervade tre dei quattro movimenti, dall’altra quella intima e femminile
di Eusebio nell’Andantino, che in realtà sarebbe un suo Lied del 1828 trascritto dallo
stesso autore per pianoforte solo e quivi inserito.
Esempio dell’universo di fantasia dello stile di Schumann sono le Waldszenen, ciclo
maturo di nove brevi pezzi caratteristici composti durante il Capodanno del 1849 dove
la natura, tema caro al movimento romantico, ne è protagonista.
Monique Ciola
44
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
LUNEDÌ 25 GENNAIO 2016
FontanaMIXensemble
Francesco La Licata direttore
Monica Bacelli voce
LUCIANO BERIO
(1925-2003)
O’ King
per voce e cinque strumenti
BÉLA BARTÓK
(1881-1945)
Contrasts
per clarinetto, violino e pianoforte
LUCIANO BERIO
Folksongs per voce e sette strumenti
Black is the colour
I wonder as I wander...
Loosin Yelav
Rossignolet du bois
A la femminisca
La donna ideale
Ballo
Motettu de tristura
Malurous qu’o uno fenno
La Fiolairé
Azerbaijan Love Song
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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46
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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NOTE AL PROGRAMMA
BERIO – Figura tra le più interessanti fra quante hanno animato la scena musicale del secondo Novecento, Luciano Berio ha trovato il modo di coniugare la ricerca più avanzata nel
campo della sintassi musicale con la comunicazione rivolta ad un pubblico tutto da formare
ma ritenuto pronto ad essere catturato da proposte e suggestioni in linea con i tempi mutati.
Già negli anni Sessanta il suo procedere era spesso quello del métissage linguistico e stilistico,
ottenuto anche attraverso originali arrangiamenti di musiche preesistenti, sia colte che di
matrice popolare. È il caso dei Folksongs (1964) che non hanno stentato ad affermarsi come
lavoro di grande attrattiva, rimasto probabilmente il più popolare del suo ampio catalogo.
Undici brani di provenienze geografiche diverse sono stati da lui assemblati a formare un
caleidoscopio di temi, espressioni, linguaggi e modalità esecutivo-espressive tali da richiedere
alla cantante una particolare capacità metamorfica. I sette strumenti di accompagnamento si
mettono pure in luce per la realizzazione di un sound sempre molto appropriato alle diverse
situazioni nonché abbastanza tipico di quegli anni.
O King (1968) è invece un brano scaturito da un dramma umanitario quale fu l’assassinio a
Memphis di Martin Luther King. In tal senso il componimento è, per motivazione e natura,
del tutto proprio allo spirito dell’anno in cui è stato scritto. Il procedimento adottato da Berio
per questo suo tributo è quello di operare una scomposizione dei fonemi che costituiscono il
nome della vittima e di ricostruirli poco alla volta nel corso del processo elaborativo fino ad
essere ricomposti nella loro interezza.
BARTÓK – Venne da Benny Goodman e da József Szigeti l’invito a Bartók di scrivere per loro
uso un pezzo da camera per trio con clarinetto. Era il 1938, e Bartók si trovava nel periodo
più fecondo della sua attività. I valori del canto popolare ungherese, da sempre nerbo e cuore
della sua musica, non avevano più bisogno di alcuna chiarificazione: essi erano ormai completamente messi a punto e assunti come indicazioni d’un procedere artistico che forniva le
coordinate ad un personalissimo e inconfondibile idioma.
Contrasts si differenzia dalle altre opere cameristiche bartókiane per l’impiego in organico di
uno strumento a fiato e per l’utilizzo, nel primo tempo, di una forma non propriamente popolare ma mutuata da pratiche urbane di tradizione relativamente recente, un tempo rigettate
dall’autore come artificiali. Questa forma è il Verbunkos, ovvero una danza di arruolamento
in due parti lento-veloce, che qui si offre fin dall’attacco come esempio della capacità di
disegnare in modo estremamente plastico le linee melodiche e di giocare al meglio con le caratteristiche idiomatiche dei componenti, specie quando i due strumenti melodici si impegnano
nello scambio reciproco di frasi. Sembra di percepire che il concetto di ‘contrasto’ evocato
dal titolo stia non tanto nell’opposizione di idee quanto nel modo di rendere più soggettivo e
differenziato possibile il trattamento strumentale. Il magistero bartókiano non rinuncia a un
linguaggio armonico sofisticato e a un’elaborazione motivica altamente evoluta nell’intreccio
contrappuntistico, creando un ulteriore motivo di conflitto con il carattere spesso gioviale
della sonorità popolare; ma tutto è ottenuto con ammirevole economia di mezzi.
Il movimento lento, contravvenendo al suo titolo (Pihenö) che significa rilassamento, apporta
un addensamento di tensione, che solo il rapido Sebes finale riesce brillantemente a dissipare.
Qui si può osservare, come ultima immagine sonora rilevante, l’espediente di un violino scordato nelle due corde estreme, a imitazione simpatica di un suonare contadino un po’ maldestro.
Diego R. Cescotti
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
VENERDÌ 5 FEBBRAIO 2016
TRIO GASPARD
Jonian Ilias Kadesha violino
Vashti Hunter violoncello
Nicholas Rimmer pianoforte
LUDWIG VAN BEETHOVEN
(1770-1827)
Trio in si bemolle maggiore op. 97
«L’arciduca»
Allegro moderato
Scherzo: Allegro
Andante cantabile, ma però con moto
Allegro moderato - Presto
ARNOLD SCHÖNBERG
(1874-1951)
Verklärte Nacht op.4
(arr. Steuermann)
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
49
Il Trio Gaspard, i cui membri sono di nazionalità greca, inglese e tedesca, lavorano
regolarmente presso l’Accademia Europea
di Musica da Camera con uno dei fondatori
del Quartetto Alban Berg, Hatto Beyerle, il
quale ha dichiarato che la formazione è la
migliore da lui ascoltata nel corso della sua
attività artistica e didattica.
Costituitosi nel 2010, il Trio, è oggi uno dei
complessi cameristici più rappresentativi,
essendosi aggiudicato tre fra i maggiori
concorsi internazionali: quello di Illzach,
lo Joachim di Weimar e l’Haydn di Vienna,
ed essendosi esibito, tra gli altri, alla Wigmore Hall di Londra, allo Schlosstheater di
Schönbrunn a Vienna e alla Salle Molière
di Lione.
Il Trio è ospite di importanti istituzioni
50
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
musicali in Germania, Francia, Inghilterra,
Austria. I tre membri del Trio continuano a
coltivare una loro propria attività solistica,
con esibizioni in Europa, Asia e Stati Uniti
e in sale quali la Megaron Music Hall di
Atene, la Salle Garnier a Montecarlo, il
Teatro Verdi di Firenze, il Musikverein di
Vienna, la Rudolfnium Hall di Praga, la
Royal Festival Hall e la Barbican Hall
di Londra e vincendo importanti concorsi
internazionali quali la Primavera di Praga,
il Leopolod Mozart, il «Deutscher Musik
Wettbewerb», il Park House Award di Londra, esibendosi spesso con artisti di primo
livello come Steven Isserlis, Gidon Kremer,
Kim Kashkashian, Bruno Giuranna, Tanja
Tetzlaff, Pekka Kuusisto, Kit Armstrong,
Nils Mönkemeyer e il Quartetto di Cremona.
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
51
NOTE AL PROGRAMMA
BEETHOVEN – Tra i non pochi brani composti da Beethoven per la formazione pianoforteviolino-violoncello, il Trio in si bemolle maggiore op. 97 (1811) dedicato all’arciduca
Rodolfo d’Asburgo rimane il più memorabile per pregi di inventiva ed equilibrio che sono
rivelatori di un sommo esercizio di stile e insieme riflesso di una contingenza creativa particolarmente felice per serena disposizione della mente e dello spirito. Tutto ciò si riflette
nella scrittura che scorre salda ma fluente, eloquente ma semplice, e con quell’elemento
di immediata comunicabilità che ognuno avverte fin dalle battute d’attacco scaturenti
in maniera assolutamente spontanea. Questo tema profondamente cantabile ci rivela un
Beethoven rappacificato e per una volta non interessato a forzare i materiali tematici e a
farli scontrare violentemente tra loro, come avviene in tanti altri suoi lavori dal carattere
più sperimentale o mossi da un’urgenza più cogente di messaggio; ma che viceversa è
intento a perseguire un ideale discorsivo in cui le idee si susseguano con freschezza e
siano perfettamente dominate dal buon gusto, dall’esattezza delle proporzioni e degli
scambi e da una distensione ampia e agevole delle forme, sì da consentirne un decorso
improntato a calma dignità.
Così, secondo la sua stessa indicazione, il primo movimento (Allegro moderato) doveva
ispirare nient’altro che «felicità e contentezza». Lo stesso registro si mantiene nel tempo
successivo (Scherzo-Allegro), tutto intessuto di grazia e semplicità e giocato con sottile
alternanza di colori sonori, non turbato da alcunché di aspro o drammatico se non nella
sezione centrale, che oppone un disegno cromatico dalle screziature più scure e meditative.
Il vertice della composizione è posto nell’Andante cantabile in forma di variazioni, che
segue al terzo posto: pagina incantevole per espressione nonché abilissima nella concezione formale per il trattamento integrale cui le variazioni sottopongono il tema espresso
all’inizio.
Una coda sublime sospende il tempo in quello che è un istante di magia sonora assoluta,
dopodiché attacca l’ultimo Allegro, che nel suo tono di leggero disimpegno si incarica di
far scendere la temperatura emotiva e portare a conclusione il brano su più rassicuranti
e concreti elementi di convenzionalità.
SCHÖNBERG – Poche composizioni più della Notte trasfigurata (1899) possono essere
assunte a paradigma del passaggio tra Otto e Novecento per la loro capacità di tracciare
un bilancio del secolo tramontante e insieme di proporre una coraggiosa apertura al
nuovo. Un’opera squisitamente di transizione, dunque, che è tale anche in rapporto alla
peripezia artistica del suo autore, da un lato influenzato come tutti dall’onda lunga della
sublimità tristaniana e dall’altro già presago della nuova sensibilità fatta di arditezze ed
asperità armonico-timbriche. Ma soprattutto, come egli stesso si preoccupò di specificare,
la struttura interiore del brano era debitrice al rigore formale di Brahms, dovendo semmai
a Wagner la sola fascinazione del suono.
Ad onta delle prime superficiali riserve critiche, Notte trasfigurata è da ritenersi non tanto
un lavoro epigonico quanto l’opera di un giovane e sensibile musicista che rivela una
52
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
particolare propensione per le sintesi storiche e non teme di appropriarsi di un concetto
impegnativo (la trasfigurazione, appunto) già appartenuto alla piena sensibilità romantica e ancora utilizzato da Strauss per un suo recente poema sinfonico. Tale concetto, pur
restando nel componimento di Schönberg sostanzialmente confinato al modulo letterario,
tende ad espandersi e ad investire con i suoi inquietanti bagliori tutta l’opera: dalla trasfigurazione romantica all’allucinazione espressionista il passo è breve.
Il brano si può ritenere un poema sinfonico in piena regola, avendo come testo letterario di riferimento una lirica del poeta Richard Dehmel tratta da una collana di liriche
intitolata Weib und Welt. In realtà, più che di una base programmatica si era trattato per
Schönberg di un pretesto per esprimere, attraverso la suggestione offerta dai versi poetici,
un’atmosfera notturna ora corrusca ora iridescente, solcata da improvvise trasparenze
lunari attraverso cui si lascia immaginare l’emergere di due silhouettes umane diafane
e irreali. Dell’ambiguo rapporto erotico che lega i due protagonisti e che sostanzia la
narrazione poetica di Dehmel nulla rimane nella partitura musicale se non l’atmosfera
generale fatta di turbamento ed elevazione all’interno di quel mistero notturno sul quale il
grande romanticismo si era lungamente esercitato e di cui l’autore viennese può ritenersi
uno degli ultimi rappresentanti.
Un’opera, questa del giovane Schönberg, rimasta emblematica per la qualità coloristica,
l’audacia di un’armonia evoluta seppur ancora dentro la logica tonale, e l’espansione del
continuum sonoro ad una struttura di grandi proporzioni.
Curiosa la vicenda delle versioni che il pezzo ha conosciuto nel tempo: nato come sestetto
d’archi, era stato più tardi trascritto dall’autore per piena orchestra; la versione che si
ascolterà stasera è frutto di un recente adattamento che limita l’organico a tre soli strumenti
e come tale appare come una sorpresa e una novità per il pubblico delle sale da concerto.
Diego R. Cescotti
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
GIOVEDÌ 18 FEBBRAIO 2016
CLARA NOVÁK flauto
DORA NOVÁK pianoforte
JAN NOVÁK
(1921-1984)
Choreæ vernales
Con libertà - Allegretto
Andante - Agitato - Tempo primo
Lento - Allegro
Preludio e Fuga in do per flauto solo
Sonata super Hoson zes
Allegro moderato
Andante
Vivace
BOHUSLAV MARTINŮ
(1890-1959)
Polka in D
Pastorale
Polka in A
Étude in F per pianoforte
Prima Sonata per flauto e pianoforte
Allegro moderato
Adagio
Allegro poco moderato
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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Clara Novakova (flauto) è nata a Brno da una famiglia di musicisti, figlia minore del
compositore Jan Novák. È vissuta per anni in Danimarca e in Italia, per poi frequentare
l’“Hochschule für Musik” di Stoccarda con Klaus Schochow. Più tardi si è trasferita a
Parigi dove ha proseguito gli studi presso il Conservatoire National Supérieur de Musique de Paris con Michel Debost. È vincitrice di numerosi premi in concorsi internazionali
(Palmi, Ancona, Stresa), e quelli presso il Rotary-Preis di Stoccarda, lo Stipendiumpreis
di Darmstadt e il Pro Musicis Award. Tra il 1988 e il 2006 è stata flauto principale presso
l’Ensemble Orchestral de Paris. Ha fatto regolari apparizioni come solista ai più importanti festival suonando alla Salle Pleyel e al Théâtre des Champs Elysées di Parigi, alla
Carnegie Hall di New York, al City Hall Theatre di Hong Kong e in molte altre prestigiose
sale. Molto viva anche la sua attività all’interno di formazioni cameristiche e dedite alla
musica contemporanea. Tra le molte registrazioni si ricorda un CD dedicato alla musica
di Camille Saint-Saëns premiato dal “Diapason d’Or”. Ha svolto attività di insegnamento
in Francia e Spagna ed ha tenuto master classes in Europa, America centro-meridionale e
Asia. Attualmente è docente associata di flauto alla Soochow University di Suzhou (Cina).
56
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Dora Novák - Wilmington (pianoforte) ha frequentato il Conservatorio Claudio Monteverdi di Riva del Garda, prima di completare gli studi di pianoforte alla Hochschule für
Musik di Friburgo essendo allieva del pianista russo Vitalij Margulis.
Ha proseguito gli studi alla Juilliard School di New York con Rudolf Firkusny per il
pianoforte e Felix Galimir per la musica da camera.
Dopo il diploma è rimasta alla Juilliard School come insegnante, ritornando in seguito in
Germania come pianista e insegnante alla Hochschule für Musik und Theater di Monaco
di Baviera.
Ha svolto attività concertistica in vari paesi d´Europa, negli USA e in Giappone, partecipando a festival internazionali come la Primavera di Praga e Concentus Moraviae.
Ha tenuto corsi di perfezionamento a Oomuta (Giappone), Rovereto e Brno. Si dedica al
pubblico giovanile nell´ambito di progetti didattici a Monaco e a Gilching.
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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NOTE AL PROGRAMMA
L’incanto del flauto
La flautista Clara Novakova e Dora Novak-Wilmington al pianoforte interpreteranno brani
di due dei maggiori compositori cechi del XX secolo: Bohuslav Martinů e Jan Novák, il
loro padre.
Suoneranno insieme le Choreaæ vernales, la Sonata super Hoson Zes di Novák e la Prima
Sonata di Martinů. Il Preludio e Fuga in do per flauto solo di Novák e una scelta da Études
et Polkas di Martinů completeranno il programma.
Bohuslav Martinů nacque nel 1890 nella città morava Policka. La sua prima abitazione
si trovò sulla torre campanaria della città: le sue prime impressioni del mondo si svolsero
dunque, nel vero senso della parola, dall’alto. Le sue eccezionali doti musicali si manifestarono in tenera età, studiando il violino. Le prime composizioni seguirono. La prima città di
importanti incontri musicali fu per lui Praga, seguita nel 1923 da Parigi, dove rimase fino
all´inizio della seconda guerra mondiale. Qui cominciò a studiare con Albert Roussel, il
quale riconobbe la grande personalità di Martinů e lo trattò più come giovane collega che
come studente. A Parigi Martinů venne a conoscere i più importanti compositori, musicisti
e coreografi del suo tempo. Fra i compositori, furono specialmente Arthur Honegger e Igor
Stravinsky a suscitare il suo più vivo interesse. Nel 1940, dopo alcuni passaggi intermedi,
abitò ad Aix-en-Provence, a Marseille e a Lisbona e infine, da compositore ormai noto, a
New York negli Stati Uniti, dove trovò un’accoglienza cordiale ed ebbe numerose commissioni. Mantenne sempre vivo il contatto con la sua patria, e fu con grande dolore che nel
1942 scrisse il brano sinfonico Lidice in commemorazione della distruzione della città da
parte dalle truppe tedesche. Le composizioni di Martinů conquistarono i palcoscenici dei
maggiori festival americani ed europei; egli però non smise di sperare in un ritorno in patria,
speranza che non fu appagata: morì infatti esule a Liestal in Svizzera nel 1959. Martinů
insegnò fra l´altro al Berkshire Music Centre, al Mannes College, alla Princeton University
e all’American Academy di Roma. Molte delle sue opere sono per l’orchestra (fra queste
sei sinfonie), ma vi sono anche opere teatrali, balletti, composizioni per pianoforte, musica
da camera, musica vocale e composizioni per insiemi vari.
Le sue Études et Polkas furono originate a Cape Code in South Orleans nel 1945.
«Dalle Études et Polkas possiamo capire perché Martinů trova un´accoglienza così positiva
presso il pubblico e gli interpreti stranieri. Accanto alla sua grande fantasia, sostenuta da
una musicalità verace e spontanea, che crea una forma convincente e adeguata a ciascuna di
queste minuscole composizioni, è notevole l’immediatezza dello stile tecnico e strumentale,
che non appesantisce la forma di alcunché di superfluo, [...] ma dona alle composizioni una
sonorità piena e nello stesso tempo fresca...» (Frantisek Bartos).
La Sonata per flauto e pianoforte nacque nello stesso anno. Charlotte Martinů, così ricorda:
«Una volta (sul Cape Code) trovammo un uccellino ferito.... gli medicammo l’ala e più tardi
B. gli insegnò a volare; più tardi l’uccellino veniva a cantare di fronte alle nostre finestre, ed
è così che nella Sonata di B. per flauto e pianoforte si ripete sempre il suo tema». Secondo
Jaroslav Mihule, «... la Sonata per flauto e pianoforte si distingue per l’uso versatile delle
58
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
possibilità sia del flauto che del pianoforte, che qui assume un ruolo dignitoso. Ciascuna
delle parti ha un carattere suo proprio... La Sonata per flauto e pianoforte è una delle opere
migliori non solo del Martinů ‘americano’, ma anche della letteratura per flauto in generale».
Compatriota più giovane di Martinů fu Jan Novák, nato a Nova Rise nel 1921. I suoi primi
studi musicali si svolsero sul violino, poi sul pianoforte; ed anche per lui, già durante l’adolescenza, l’interesse musicale più forte fu per la composizione. Studiò pianoforte e composizione prima al conservatorio di Brno, poi all’accademia di Praga. I suoi studi furono
drammaticamente interrotti da due anni e mezzo da lavori forzati passati in Germania. Nel
dopoguerra vinse una borsa di studio annuale negli gli Stati Uniti. Qui studiò con Aaron
Copland ai corsi di Tanglewood, poi a New York con Bohuslav Martinů, il quale rimase per
Novák il maestro più importante, caro e stimato; dal rapporto maestro-studente si sviluppò
negli anni successivi un’amicizia calorosa. Se è lecito un parallelo sul piano letterario, si
può dire che ciò che Virgilio fu per Dante, così Martinů fu per Novák.
Educato nelle lingue antiche, Novák si dedicò nell’età adulta al latino, i cui testi, soprattutto
classici ma talora anche sacri, egli usò nelle sue composizioni vocali; oltre a questo, i metri
classici formarono lo sfondo ritmico delle sue composizioni strumentali. Novák parlava
fluentemente il latino e lo usava anche nella vita quotidiana, considerandolo la vera ‘lingua
europea’. La letteratura classica, la musica ed il suo umore caratteristico gli servirono anche
come arma efficace per la sopravvivenza spirituale nei tempi difficili attraversati dal sul
paese. Alcuni titoli di poesie latine provengono pure dalla sua penna.
Nel 1968, data la delicata situazione politica, Novák emigrò con la famiglia dapprima
in Danimarca e quindi in Italia, che fu il suo domicilio per molti anni. Jan Novák morì a
Neu-Ulm nel 1984.
Il suo stile musicale si distingue per la chiarezza formale e la trasparenza della strumentazione. La sua linea melodica si svolge nell´ambito della tonalità libera, vivificata dalla
vivacità ritmica e dal suo caratteristico senso umoristico.
Le Choreæ vernales, ossia danze primaverili, furono create nel 1977, dapprima per flauto
e chitarra, in seguito per flauto e pianoforte ed anche per flauto, orchestra di archi, celesta
e arpa. L´ispirazione del primo brano si può trovare nel verso oraziano «Diffugere nives,
redeunt iam gramina campis, arboribusque comæ», la cui metrica ritroviamo nelle battute
iniziali dell’Allegretto. L´atmosfera primaverile e danzante viene mantenuta anche nelle parti
seguenti, alternando melodie bucoliche e danze bacchiche, forse alludendo allo spirare del
vento, al rumoreggiare dei ruscelli, ai giochi di luce e ombra.
La Sonata super Hoson Zes fu composta nel 1981 su una famosa melodia di Seikilos rinvenuta
in Asia Minore, composta fra il 200 a.C. e il 100 d.C. Si tratta del più antico documento
che contenga intatti sia il testo che la notazione musicale, e i suoi versi invitano a godere
la vita e a non contristarsi per le piccole angustie della vita. Anche questa composizione
novakiana fu concepita originariamente per uno strumento diverso (il violino), dedicandola
a Jiři Trnka, un violinista suo amico. Nello stesso tempo però Novák pensò ad una versione
con il flauto, ispirata dalla propria figlia Clara. La composizione è svolta classicamente
in tre tempi a sé stanti. L’arcaica melodia forma sia l´inizio che il grandioso finale della
composizione, confermando l´atteggiamento gioioso verso la vita di Novák.
Dora e Clara Novák
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
59
SALA FILARMONICA
MARTEDÌ 1 MARZO 2016
ADM SOUNDSCAPE
Giovanni Paganelli direttore
Giulia Baracani flauto
Cosimo Linoci clarinetto
Stefano Delle Donne, Eugenia Lentini violini
Erica Alberti viola
Alessio Tedeschi violoncello
Paolo Grillenzoni percussioni
Federico Nicoletta pianoforte
FRANCO DONATONI
(1927-2000)
Arpège (1986)
per flauto, clarinetto, violino,
violoncello, vibrafono e pianoforte
ROBERT SCHUMANN
(1810-1856)
Nachtstück op. 23 n. 1 (1839)
per pianoforte solo
JOHANN SEBASTIAN BACH
(1685-1750)
Kleine Präludien (1720)
[trascr.N. Straffelini]
NICOLA STRAFFELINI
(1965)
Labyrinth song (2015)
per ottavino, clarinetto basso, violino
violoncello, percussioni e pianoforte
CLAUDE DEBUSSY
(1862-1918)
Étude pour les arpèges composées (1915)
per pianoforte solo
JOHANN SEBASTIAN BACH
Estratti da Variazioni Goldberg (1741)
[trascr. C. Rastelli]
ROBERTO CONZ
(1955)
B.E.A.C.H. 2 (2012)
per quartetto d’archi
STRAFFELINI/CONZ
Arpège 2.0 (un divertissement) (2016)
per flauto, clarinetto, quartetto d’archi,
percussioni, pianoforte
60
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
L’ensemble AdM Soundscape, creato da Claudio
Rastelli, è formato da giovani e selezionati musicisti
già avviati alla carriera concertistica, vincitori di
concorsi, borse di studio e già collaboratori di orchestre (Filarmonica della Scala, Giovanile Cherubini,
Teatro Regio di Parma, Regionale Toscana, Sinfonica
dell’Emilia Romagna A.Toscanini, C.E.I.Youth Orchestra, Accademia Mozart…) e ensemble professionali
(Nextime Ensemble, Flame Ensemble, Ensemble ‘900
dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia…).
Nato come “lo strumento musicale” delle attività di formazione musicale degli Amici della Musica di Modena
(nell’ultimo anno circa 4000 bambini e ragazzi hanno
assistito alle lezioni-concerto), AdM Soundscape tiene
anche concerti per altri tipi di pubblico. I programmi,
ricchi e originali, creano percorsi attraverso la storia
e la società e si muovono tra epoche, stili e organici
differenti, utilizzano anche trascrizioni realizzate appositamente da compositori contemporanei.
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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NOTE AL PROGRAMMA
Arpège è un profumo. E per Franco Donatoni è stato ispirazione. Ma in musica arpège
significa arpeggio. È una figura musicale che dispone in successione le note di un accordo
(nel caso del brano di Donatoni, si tratta delle note di una serie di accordi perfetti maggiori e minori), una figura di transizione (diagonale) tra l’armonia (verticale) e il canto
(orizzontale).
P. Gerhardt, J. Crüger O Haupt voll Blut und
Wunden, utilizzato da J. S.
Bach in Matthäuspassion
L’orizzontalità in questo concerto viene espressa in due modalità: quella contrappuntistica
(come nelle Goldberg bachiane, o in B.E.A.C.H. 2) e quella in cui un soggetto emerge fra
le pieghe del tessuto accordale, (quindi verticale, come in Nachtstück).
Nelle composizioni più recenti presentate questa sera l’utilizzo di un materiale che può
apparire obsoleto, come gli accordi maggiori e minori, porta invece a esiti molto vari: da
una parte alle sfumature timbriche di Pour les arpèges composées e di Labyrinth song,
dall’altra ai fantasiosi tableaux vivants di Arpège.
F. Donatoni, Arpège
I due travestimenti di Rastelli e Straffelini sono “affettuose rivisitazioni”, omaggi che si
sommano a quelli fatti a Donatoni e Bartók nel lavoro di Conz, a Monteverdi e Berio da
Straffelini e a un’intera letteratura musicale nel divertissement finale.
Nicola Straffelini
62
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
MARTEDÌ 8 MARZO 2016
JULIAN STECKEL violoncello
PAUL RIVINIUS pianoforte
LUDWIG VAN BEETHOVEN
(1770-1827)
7 Variazioni sul tema
“Bei Männern welche Liebe Fühlen”
(da Die Zauberflöte di W. A. Mozart), WoO46
ROBERT SCHUMANN
(1810-1856)
Fantasiestücke op. 73
Zart und mit Ausdruck
Lebhaft, liecht
Rasch und mit Feuer
CLAUDE DEBUSSY
(1862-1918)
Sonata per violoncello e pianoforte
Prologue
Sérénade
Finale
ANTON WEBERN
(1883-1945)
Drei kleine Stücke op. 11
Mäßige Achtel
Sehr bewegt
Äußerst ruhig
JOHANNES BRAHMS
(1833-1897)
Sonata in fa magg. op. 99
Allegro vivace
Adagio affettuoso
Allegro passionato
Allegro molto
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
63
Julian Steckel è nato nel 1982 da una famiglia di musicisti.
Premiato ai Concorsi Rostropovich, Feuermann e Pablo
Casals a Kronberg, gli è stato conferito nel 2012 il premio
Echo Classic per il suo CD con la Rheinischen Philharmonie Koblenz e la direzione di Daniel Raiskin, dedicato
alla musica ebraica del XX secolo con autori quali Bloch,
Korngold e Goldschmidt. Dopo aver vinto il primo premio
al Concorso ARD di Monaco (2012), si è affermato come
uno dei violoncellisti più richiesti ed apprezzati della scena
internazionale.
Moltissime le sue esibizioni come solista accompagnato da
importanti orchestre (Bavarian Radio Symphony Orchestra,
Royal Philharmonic Orchestra, Radio Symphony Orchestra
di Berlino, Stoccarda, Saarbrucken, Copenhagen e Varsavia,
Orchestra di Parigi, Kremerata Baltica, Orchestra Filarmonica di S. Pietroburgo, Orchestra da Camera Franz Liszt di
Budapest, e altre ancora) in sale prestigiose quali la Filarmonia e la Konzerthaus di Berlino, l’Herkulessaal di Monaco,
il Teatro Nazionale di Gasteig, la Laieszhalle di Amburgo,
la Cadogan Hall di Londra, la Salle Pleyel e il Théâtre du
Chatelet di Parigi, il Concertgebouw di Amsterdam, la Konzerthaus di Vienna, la Tonhalle di Zurigo).
Julian Steckel ha una forte predilezione per la musica da
camera, che coltiva assieme a importanti solisti e complessi.
Dal 2011 Steckel insegna Violoncello presso l’Università
della Musica di Rostock.
Paul Rivinius ha studiato pianoforte a Monaco e Saarbrücken e corno a Francoforte. Nel 1994 Rivinius è entrato nel
corso avanzato di Gerhard Oppitz a Monaco e si è diplomato con lode nel 1998. Per molti anni è stato un elemento
dell’Orchestra Federale Giovanile Tedesca e dell’Orchestra
Giovanile Gustav Mahler sotto la direzione di Claudio
Abbado. Si è inoltre prodotto con successo all’interno del
“Clemente Trio”, formazione che ha vinto il concorso ARD
di Monaco nel 1998 ed è stata poi scelta come “Rising
Star” con conseguenti ingaggi nelle dieci sale da musica più
importanti al mondo quali la Carnegie Hall di New York e
la Wigmore Hall di Londra. Paul Rivinius suona anche nel
Rivinius Piano Quartet e nel Mozart Piano Quartet, con il
quale ha compiuto tournée in Europa e nelle Americhe. Ha
insegnato per molti anni musica da camera all’Accademia
Musicale Hanns Eisler di Berlino ed ora vive a Monaco come
pianista freelance.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
NOTE AL PROGRAMMA
BEETHOVEN - Rispetto alle Sonate, le Variazioni rivestono un ruolo sociale più accomodante, legato al rapporto con l’editoria e il pubblico delle sale pubbliche: una produzione
commerciale, potremmo dire, cui nessun autore ha mai potuto sfuggire ma che talora non sono
prive di interesse nello sviluppo tecnico e di valori musicali autentici. Nel caso di Beethoven,
le tre raccolte rimasteci sono significative del processo di acquisizione tecnica e di ricerca
formale e stilistica che egli portava avanti per applicarle poi ai lavori più degni.
La serie del 1802 è costituita da 7 Variazioni ispirate a un celebre passaggio dal I atto del
Flauto magico, l’opera che Vienna aveva rappresentato solo un anno prima e a cui il giovane
Beethoven aveva assistito con entusiasmo. Il confidente motivo popolare intonato in duo da
Pamina e Papageno sulle parole “Bei Männern welche Liebe Fühlen” si presta molto bene
ad essere variato e Beethoven ne trae tutto il profitto.
SCHUMANN – I Fantasiestücke op. 73(1849) appartengono propriamente al repertorio
clarinettistico, o, in alternativa, violinistico. L’ulteriore adattamento per violoncello conferma
la sostanziale non-idiomaticità del pezzo, ossia il suo non avere come suo scopo quello di
cogliere e sviluppare precise caratteristiche sonore o tecniche di uno specifico strumento ma
tutt’al più di creare un colore romantico adatto all’effusione di un canto dall’eloquio caldo e
convincente; il che porta forse un ulteriore elemento di conferma a chi ritiene che Schumann,
quando componeva, pensava sempre e solo alla tastiera del pianoforte.
Il brano si snoda in tre tempi: moderato il primo e incentrato su un nobile e arioso fraseggio
del violoncello che il pianoforte provvede a contrappuntare in modo perfettamente integrato;
mosso e appassionato il secondo, sostenuto da un movimento incessante di terzine e articolato
in tre parti più una coda più tranquilla; veloce e focoso il terzo, anch’esso tripartito, che un
insieme di cromatismi melodici, sincopi e accentuazioni marcate rendono più drammatico e
che una coda più veloce porta al parossismo.
DEBUSSY – Nel 1915, in piena guerra, Debussy diede corpo al proprio personale bisogno di
sicurezza accreditando rinnovata fiducia alla scrittura strumentale da lui intesa come “anestetico spirituale”. Le tre Sonate composte in quel periodo sulle sei inizialmente progettate
dichiarano la volontà del musicista di ancorarsi alla tradizione illustre, quella appunto sonatistica, che però, nella fattispecie, non è riferita al periodo classico viennese bensì al GrandSiècle di Couperin e di Rameau, dal che deriva loro la forma più sciolta e concisa. Nessun
ossequio o soggezione alle regole canoniche, dunque, in queste tarde pagine debussyane, ma
libera associazione di spunti e motivi sceltissimi che definiscono di volta in volta la loro forma.
Una successione di mobili figurazioni motiviche cangianti si nota nell’iniziale Prologue della
Sonata per violoncello (1915), prima che una cadenza dello strumento ad arco riporti al tema
di testa. Caleidoscopica ma straordinariamente asciutta ai limiti dell’aforistico è la successiva
Serenade, giocata timbricamente sull’alternanza tra pizzicato del violoncello e staccato del
pianoforte, con inframmezzati ulteriori spunti melodici tra cui, immancabili, gli echeggiamenti
spagnoleggianti. Anche nel Finale, che attacca senza soluzione di continuità, si riproduce una
stilizzazione di chitarra andalusa, con risonanze malinconicamente sensuali di danza, fino a
sfociare in una lenta cadenza che precede la conclusione sfolgorante su accordi decisi e secchi.
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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WEBERN – Gli studiosi annettono in genere molta importanza al gruppo di composizioni
weberniane nate tra il 1913 e il 1914, nelle quali il maestro viennese precisò in modo consapevole i connotati di un percorso artistico che, nel suo ossequio assoluto alla logica formale,
si sostanzia in processi costruttivi di qualità sempre più stilizzata e tersa, rispecchiantisi nel
rigore di un’autodisciplina ferrea al limite dell’ascetismo.
È una musica, questa, che conviene esperire nell’atto del puro ascolto, ché ogni commento
vòlto a giustificarla o illustrarla è inevitabilmente destinato a superare di molto la sua stessa
durata cronometrica. Arte astratta quant’altre mai, è stata per talune analogie d’impostazione
paragonata alle esperienze pittoriche di Paul Klee, il quale si diceva anch’egli convinto che
«per diventare più precisi bisogna impoverire», e attraverso questa estrema scarnificazione
del materiale, mirare alla massima interiorizzazione dei linguaggi.
In musica ciò significa sconfinare continuamente nel silenzio. Ogni evento sonoro all’interno
di queste miniature è ormai ridotto ai termini minimi, quasi a voler fissare, e con ciò dare
singolare importanza, a ciascun attimo vissuto, in una coscienza sospesa del tempo. Sonorità
sempre più depurate e dinamicamente diversificate negli effetti richiesti creano un frammentismo pregno di lacerti significativi. Un vero linguaggio dell’interiorità.
BRAHMS – Dopo aver conclusa la parentesi sinfonica che tanti dubbi e tormenti gli era
costata, Brahms tornò volentieri al campo a lui più familiare della musica da camera, producendo in un breve volgere di anni un gran numero di lavori che rimangono le testimonianze
più nobili del suo tardo stile. Tra esse le sonate per violino op. 100 e 108, il Trio op. 101, il
Quartetto op. 111 e i pezzi con clarinetto: tutti lavori in cui giunge a completa e definitiva
chiarificazione la scelta di una poetica innervata profondamente nella grande tradizione
classica ma riempita di contenuti espressivi in linea con il sentire del tardo-romanticismo.
La Sonata in Fa maggiore op. 99 (1886), che si specifica essere “per pianoforte e violoncello”
onde evidenziare il ruolo paritario e dialogante dello strumento a tastiera nel rapporto con
quello a corda, riflette, di Brahms, non tanto il carattere austero e controllato, che pure è un
dato connotativo spesso presente in lui, quanto il piglio vigoroso e giovanile, con momenti di
autentica passione espressiva. L’inizio del primo movimento (Allegro vivace) avviene così
su un memorabile gesto imperioso e vitalistico a note puntate del violoncello che, con la sola
eccezione di un episodio centrale più disteso, si conserva per l’intera pagina costituendone
l’impulso ritmico di sostegno. Qui e altrove, il ricorso al tremolo, sia al pianoforte che al
violoncello, mantiene viva la tensione che troverà risoluzione solo nel movimento finale. Una
tripartizione della struttura conoscerà anche il successivo Adagio affettuoso, che vede in
apertura una frase meditativa in Fa diesis maggiore affidata al pianoforte e accompagnata dai
pizzicati del cello, la quale è seguita da una sezione in fa minore screziata da inquietudini e
turbamenti, per poi tornare al clima più estatico di prima. L’Allegro passionato ha la funzione
dello scherzo ma non il carattere. Il piglio è incisivo e robusto, con qualcosa di arcaico nel
tono; all’opposto, il ‘trio’ centrale si adegua ad un’intima ed affettuosa espansione melodica
di stampo schumanniano. Viene infine l’Allegro molto, una breve pagina in forma di rondò,
che conclude festosamente il pezzo mantenendosi perfettamente equilibrata tra una sezione più
spiccatamente ritmica, quasi di danza popolare, e un’altra più appassionatamente melodica
in cui vien dato sfogo al canto spiegato.
Diego R. Cescotti
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
GIOVEDÌ 17 MARZO 2016
EVGENIJ SUDBIN pianoforte
DOMENICO SCARLATTI
(1685-1757)
Sonata in fa min. K 466
Sonata in sol magg. K 427
LUDWIG VAN BEETHOVEN
(1770-1827)
Bagatelle op. 126
CLAUDE DEBUSSY
(1862-1918)
L’Isle joyeuse
MODEST MUSORGSKIJ
(1839-1881)
Kartinki s vïstavski
(Quadri di un’esposizione)
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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Nato a San Pietroburgo nel 1980, Evgenij Sudbin ha iniziato a 5 anni gli studi musicali
con Lyubov Pevsner al Conservatorio di San Pietroburgo. Nel 1990 è emigrato con la
famiglia in Germania, dove ha continuato i suoi studi alla Hanns Eisler Musikhochschule
con Galina Ivanzova; nel 1997 si trasferisce poi a Londra per studiare alla Purcell School
e, successivamente, alla Royal Academy of Music, dove ha conseguito il Bachelor e
Master con Christopher Elton. Negli studi è stato sostenuto dalla The Wall Trust e dalle
Fondazioni Hattori e Pulvermacher; nel 2010, Evgenij ha vinto una prestigiosa borsa di
studio dalla Royal Academy of Music di Londra, dove ora è un Visiting Professor.
Sudbin si esibisce regolarmente, sia da solo che con orchestra, in festival e concorsi,
in tutto il mondo: Aspen, La Roque d’Antheron, Mostly Mozart e Verbier; Tonhalle
di Zurigo; Royal Festival Hall, Queen Elizabeth Hall (International Piano Series) e
Wigmore Hall (Londra Pianoforte Series) a Londra; Concertgebouw (Meesterpianisten), Amsterdam; Avery Fisher Hall (New York) e Davies Symphony Hall (San
Francisco). Collabora con orchestre come la Nuova Zelanda Symphony, Gewandhausorchester di Lipsia, Sinfonica di Lucerna, Filarmonica di Varsavia, Czech Philharmonic, la London Philharmonic, la BBC Philharmonic e Royal Liverpool Philharmonic.
Evgenij ha suonato con grandi direttori come Charles Dutoit, Vladimir Ashkenazy, Hannu
Lintu, Vassilij Sinaisky, Philippe Herreweghe, Petr Altrichter, Andrew Litton. L’ amore
per la musica da camera l’ha fatto incontrare con musicisti tra cui Alexander Chaushian,
Ilya Gringolts, Hilary Hahn, Julia Fischer, il Quartetto Chilingirian.
The Telegraph lo considera come ‘potenzialmente uno dei più grandi pianisti del 21
secolo’ e gli ha assegnatoli “CD of the Year” per la sua registrazione di Scriabin; le 14
registrazioni con BIS Records sono state nominate come CD del Mese dal BBC Music
Magazine e Editor Choice di Gramophone; la registrazione di Rachmaninov lo conferma
come uno dei più importanti talenti pianistici; ha ricevuto il MIDEM Classical Award
come miglior strumentista solista al Festival di Cannes. Tra 2009 e 2014 Evgenij ha
registrato il ciclo completo dei concerti di Beethoven con l’Orchestra del Minnesota e
Tapiola Sinfonietta con Osmo Vänskä. Nel suo centenario nel 2013, il Critics Circle
per il Circle Music Award, gli ha assegnato il premio eccezionale giovani talenti nella
categoria Strumentista.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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NOTE AL PROGRAMMA
Se un capolavoro unico nel suo genere come i Quadri di un’esposizione di Musorgskij
trova difficilmente spazio nelle stagioni concertistiche a causa della sua monumentale
durata e per la difficoltà di accostarlo stilisticamente a qualsiasi altra composizione, a
Rovereto lo possiamo ascoltare ben due volte mettendo così a confronto l’interpretazione britannica di Steven Osborne, inglese di nascita e formazione, con l’esecuzione del
giovane Evgenij Sudbin, nelle cui vene scorre sangue russo.
A causa del suo originale linguaggio pianistico, così lontano dal gusto del secondo
Ottocento, l’opera di Musorgskij non venne subito apprezzata, anzi. Entrò a pieno titolo
nei gusti del pubblico solamente grazie ai rimaneggiamenti operati sulla partitura nei
decenni a venire, modifiche che regalavano ai Quadri un suono più rotondo grazie soprattutto all’esigenza di una tecnica di peso e ad una pedalizzazione più generosa. Solo
nella seconda metà del Novecento ne è stata recuperata la scrittura originaria, restituendo
all’opera il suo linguaggio autentico.
Una rosa di brevi pezzi, stilisticamente distanti tra loro ma ugualmente accomunati dalla
luminosità e da un timbro cristallino, compensano le sonorità concrete del capolavoro di
Musorgskij: dalla coppia di Sonate seicentesche di Scarlatti, nel consueto abbinamento di
una veloce con una lenta, ad una scelta di Bagatelle beethoveniane, piacevoli miniature
che l’autore scrisse copiosamente all’inizio dell’800 in diversi “Ciclus von Kleinigkeiten”, per finire con l’Isle Joyeuse di Debussy, brano del 1904 che si nutre di simbolismo,
ispirato dal quadro L’imbarco per Citera del pittore francese Jean-Antoine Watteau.
Un momento particolare della vita del compositore francese è legata alla nascita di
quest’opera, una tra le pagine definite di impressionismo musicale che determinarono
il vero successo di Debussy assieme ad Estampes (1903), Masques (1904) e le due serie
di Images (1905-1908).
L’ispirazione nasce durante una fuga d’amore del nostro a Dieppe assieme al soprano
Emma Bardac, già musa ispiratrice dell’innamorato Gabriel Fauré (che alla figlia di lei
dedicò la suite Dolly per pianoforte a quattro mani) e futura seconda moglie di Debussy.
Nel cuore palpitante del compositore le spiagge della Normandia hanno le fattezze di
quell’Isola di Venere disegnata da Watteau e non possono che ispirare una composizione
che celebra la lucentezza e la grazia, l’amore e la speranza.
Monique Ciola
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
MARTEDÌ 5 APRILE 2016
VALERIJ SOKOLOV violino
EVGENIJ IZOTOV pianoforte
CLAUDE DEBUSSY
(1862-1918)
Sonata in sol min.
Allegro vivo
Intermède
Finale (Très animé)
MAURICE RAVEL
(1875-1937)
Sonata in sol magg.
Allegretto
Blues (Moderato)
Perpetuum mobile (Allegro)
GEORGES ENESCU
(1881-1955)
Sonata in la min. n. 3 op. 25
“dans le caractère populaire Roumain”
Moderato malinconico
Andante sostenuto e misterioso
Allegro con brio, ma non troppo mosso
PABLO DE SARASATE
(1844-1908)
Fantaisie de concert sur des motifs
de l’Opéra Carmen op. 25
Introduction: Allegro moderato
Moderato
Lento assai
Allegro moderato
Moderato, Più Allegro
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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Valerij Sokolov è uno dei più interessanti
violinisti della sua generazione. Nato nel
1986 a Kharkov (Ucraina), si è aggiudicato lo Study Grant Prize al Concorso
internazionale Pablo Sarasate di Pamplona
(1999) e il Grand Prix al Concorso Internazionale George Enescu (2005). Sokolov
è generosamente sostenuto dall’Accenture
Foundation nell’ambito di un progetto
dedicato ai giovani musicisti. Le sue apparizioni recenti includono concerti con
la Philharmonia Orchestra, l’Orchestre
National de France, la Chamber Orchestra
of Europe e altre ancora. Tra i maggiori
successi conseguiti si ricordano i recital
tenuti al Teatro Mariinskij e ai Festival
di Verbier e Colmar. Sokolov ha lavorato
con eminenti direttori d’orchestra quali
Vladimir Aškenazij, Ivor Bolton, Hubert
Soudant e Yan Pascal Tortelier, esibendosi
con orchestre di primi livello: la Rotterdam
Philharmonic Orchestra, la Tokyo Symphony Orchestra, la Mozarteumsorchester, la
Deutsche Kammerphilharmonie Bremen,
la Cleveland Orchestra. Alla Carnegie Hall
ha eseguito per la prima volta negli Stati
Uniti il Concerto di Boris Tičenko. Valerij
Sokolov si esibisce regolarmente in recital
al Théâtre du Châtelet di Parigi ed è spesso
invitato all’Auditorium de Lyon per la serie
“Grands Interprètes” nonché alla Wigmore
Hall di Londra. Molti i festival ai quali ha
partecipato, da quelli di Aspen, St Denis e
Gstaad a quelli di Ravenna e MecklenburgVorpommern. Di recente si è esibito per
la prima volta al Lincoln Center, al Festspielhaus di Baden-Baden, e ancora a Essen,
Vancouver e Hong Kong. Come interprete
della musica da camera, collabora regolarmente con i pianisti Kathryn Stott, Evgenij
Izotov e Igor Levit, e con i violoncellisti
Leonid Gorokhov e Maximilian Hornung.
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Evgenij Izotov è fra i più personali e brillanti giovani pianisti di San Pietroburgo.
Ha iniziato giovanissimo gli studi alla
Scuola Centrale di Musica della sua città
e successivamente al Conservatorio di San
Pietroburgo e alla Scuola Normale di Musica di Parigi con Nina Seregina e Marian
Rybicki. È stato ospite della Wigmore Hall,
della Hong Kong City Hall, del Festpielhaus
di Baden Baden, della Filarmonia di Essen,
e delle migliori sale da concerto in Corea
del Sud, Giappone e Sud Africa.
Si è inoltre esibito con le orchestre di
San Pietroburgo, con la Filarmonica di
Petrozavodsk, con l’Orchestra del Festival
di Curitiba (Brasile), con la Pusan Philarmonic Orchestra e con l’Academic Chapel
Orchestra.
L’artista ha vinto numerosi primi premi in
vari Festival di musica da camera internazionali, fra i quali si ricordano il Khumo
Festival in Finlandia e il Festival Chopin
in Karelia.
È stato membro dei Virtuosi di San Pietroburgo per 5 anni e collabora spesso con il
violinista Valerij Sokolov e l’Atrium Quartet. Izotov è stato premiato in vari concorsi.
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
73
NOTE AL PROGRAMMA
DEBUSSY – L’ultima opera lasciata da un artista merita sempre grande rispetto e attenzione poiché racchiude inevitabilmente un messaggio particolare per chiunque lo sappia
cogliere: anche quando l’autore in questione sia poco propenso all’enfasi dei grandi gesti e
si rifugi piuttosto nei canoni di una sottile, pudica ironia o addirittura svii progettualmente
la tragicità del momento nelle parvenze di una gaia, turbinosa affermazione di vitalità.
Tale è il caso della Sonata in sol minore (1917) di Debussy, nata sotto il segno di un indubbio squilibrio emotivo a causa della malattia, ormai in stato avanzato, congiunta agli
eventi bellici sullo sfondo; ma tutt’altro che opera funerea o autocompassionevole. «Per
una contraddizione del tutto umana, essa sprigiona movimento e allegria», dirà Debussy:
e difatti la visione da lui espressa è quella di un uomo che guarda ormai al mondo col
privilegio di un assoluto disincanto, trovando la forza morale di scherzarci sopra. La sua
Sonata scorre su binari di leggerezza, di sapida umoralità, e se accenti di tragicità vi sono
contenuti, essi vanno scoperti in particolari minimi, in dettagli di scrittura che non s’impongono mai con il peso dell’evidenza.
Caratteri di ironia sono stati individuati nell’Allegro vivo iniziale che attacca con apparenza
di tempo lento e che nella coda introduce a sorpresa una sequenza di accordi di ieraticità
quasi spagnolesca sopra un cadenzare altrettanto solenne del violino. Il secondo movimento
poi si diverte a mettere insieme una certa rigorosità di stile con le evoluzioni capricciose
del violino, quasi come nelle antiche forme preludianti a una fuga. Il Finale attacca con la
citazione del tema iniziale e si sviluppa poi sulle movenze di una giga piuttosto sfrenata che
«attraversa le più curiose deformazioni per giungere al gioco molto semplice di un’idea
che gira su se stessa come il serpente che si morde la coda». Non mancano, nella parte
centrale, sospensioni di carattere più intensamente lirico e vibrante.
Con tutto il distacco critico di cui era capace, Debussy riassunse lo spirito del suo lavoro
d’addio con la seguente formula: «Questa Sonata potrà avere un certo interesse sotto il
profilo documentario, e come esempio di ciò che un uomo malato può scrivere durante
una guerra».
RAVEL – La produzione cameristica di Ravel, per quanto abbastanza limitata nel numero,
è costituita da opere di assoluto pregio sia sotto il profilo formale che espressivo: in esse si
fanno apprezzare in pari misura le doti di solidità ed equilibrio della struttura e le risorse
della fantasia, con in più quell’elemento di buon gusto e finezza che è il contrassegno di
un autore puntiglioso e perfezionista.
La Sonata per violino (1927) – ultima della serie – è un lavoro che dimostra la possibilità
storica di far convivere le istanze di una modernità marcata e anche spregiudicata con la
richiesta di gradevolezza e di comunicativa. Per ammissione dell’autore, non gli interessava
qui la fusione tra i due strumenti ma al contrario l’evidenziazione, e anzi l’esasperazione,
della loro inevitabile incompatibilità enfatizzando l’indipendenza delle parti. Di fatto, la
rispettata idiomaticità di entrambi va a vantaggio di una combinazione del tutto soddisfacente sul piano sonoro.
74
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
La Sonata vive di situazioni svariate ed eterogenee che la rendono sapida e imprevedibile, pur risultando nel suo insieme perfettamente equilibrata. Tutto il primo movimento
(Allegretto) scorre fluido, quasi danzante, senza rubati o indugi, su un tono discreto che il
pianoforte, con le sue sonorità incorporee contribuisce a calare in una dimensione astratta
e quasi fiabesca, denunciando la lontana parentela con le atmosfere di Ma mère l’Oye. Un
certo carattere misterioso e arcano si respira nelle melodie che si susseguono nel violino
con la massima naturalezza e senza alcun appello al pathos.
Ciò rende inopportuna, al secondo posto, la tradizionale romanza cantabile o la plaga
riflessiva, e così al posto di queste prende vita un accattivante blues che dà modo all’autore
di svolgere con la leggerezza ironica di cui era capace un tessuto di succosi rimandi a un
mondo sonoro (il jazz) che all’epoca furoreggiava in Europa affascinando più di un musicista
di area colta. La natura della scelta stilistica induce e favorisce la capacità metamorfica del
violino, che nelle sezioni pizzicate, nel fraseggiare languido e in altre situazioni inedite si
fa rispettivamente banjo saxofono e chitarra hawayana, uscendo con disinvoltura dal ruolo
classico assegnatogli dalla storia. La contaminazione con gli stilemi jazzistici avviene in
modo precipuo nelle soluzioni ritmiche sincopate che ammiccano al ragtime, senza che mai
venga meno il fondo di squisita sensibilità di marca segnatamente francese.
Infine un autentico tour-de-résistence ha luogo nell’ultimo tempo, con il violino lanciato in
una corsa sfrenata e inarrestabile, come preda di un dionisiaco vitalismo, fino all’incandescente finale che, come spesso in Ravel, si costruisce attraverso un graduale crescendo di
parossismo sonoro e di mobilità che non manca mai di cogliere il bersaglio.
ENESCU – Uno sguardo al catalogo delle opere del romeno George Enescu ci svela come
questo contemporaneo di Stravinskij, Bartók e di altri grandi nomi della musica moderna
abbia tenuto onorevolmente il campo proponendo, assieme ai pezzi caratteristici ispirati
alla sua terra d’origine e al suo strumento di riferimento, il violino, pagine più ambiziose
e stilisticamente innovative rientranti nei generi cameristico e sinfonico, senza contare la
grande opera Oedipe, che si staglia come uno straordinario esempio di audace e intelligente eclettismo. Gli studi a Parigi con Massenet e Fauré gli avevano offerto la possibilità
di corrispondere all’interesse, proveniente dai settori meno accademici, per le esperienze
folkloriche rumene e moldave, di cui all’epoca si era ancora in buona parte ignari.
La lunga e ambiziosa Terza Sonata per violino e pianoforte (1926) è in questo senso
esemplare. Essa si esprime con un linguaggio evoluto e di tutta originalità che l’innesto
con i tratti tipici del folklore rumeno, da lui ricreate, rende massimamente suggestivo e
inconfondibile. All’esito, tutti i parametri sono coinvolti, da quello armonico a quello fraseologico, da quello timbrico a quello più complessivamente espressivo: poiché è evidente
che una buona esecuzione di questo pezzo non può prescindere da un’ottima conoscenza
delle modalità necessarie a dar valore al gesto improvvisativo, meditativo o tziganeggiante
da essa richieste. Questi caratteri sono esibiti già nel primo movimento, che pone al centro
una parte danzante.
Il secondo tempo presenta un’eterea melopea che utilizza lungamente gli incorporei suoni
armonici, creando una situazione timbrica del tutto peculiare; a contrasto, la parte centrale
propone una mossa ed intensa situazione ricca di tensione.
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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Il terzo e ultimo tempo conosce momenti spiccatamente danzanti colorandosi nel finale di
un gesto di tragicità.
SARASATE – Pablo Martín Melitón de Sarasate y Navascuéz ha costituito una di quelle
tipiche icone di virtuosi giramondo il cui destino è di portare ai pubblici più lontani e diversi
l’espressione di un’arte forse un po’ superficiale, ma di cui pure si ha bisogno ogni tanto
per sollevarsi dal peso e dall’impegno della cultura seria. Brillante e piacevole sempre,
infallibile nella ricerca degli effetti più mirabolanti, Sarasate ha un tipo di scrittura che sa
unire le ragioni di una nobilissima tradizione di cantabilità violinistica alle solleticazioni
più epidermiche di uno stile virtuosistico di immediata presa.
Dei molti pezzi caratteristici composti da questo mago dell’archetto, la fantasia sulla Carmen è tra le più amate e riuscite. Com’è noto, Bizet aveva compiuto il miracolo di creare
a suo uso un folclore spagnolo che è totalmente inventato e al contempo assolutamente
convincente. Le sequenze di danze ispaniche e i tratti di color locale di cui è costellata l’immortale partitura bizetiana sono ripresi da Sarasate che li sviluppa da par suo costruendo
una suite di alto potere suggestivo.
Diego R. Cescotti
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
GIOVEDÌ 21 APRILE 2016
QUARTETTO NOÛS
Tiziano Baviera violino
Alberto Franchin violino
Sara Dambruoso viola
Tommaso Tesini violoncello
FRANZ SCHUBERT
(1797-1828)
Quartettsatz in do min. D. 703
LUDWIG VAN BEETHOVEN
(1770-1827)
Quartetto in sib magg. op. 18 n. 6
Allegro con brio
Adagio ma non troppo
Scherzo: Allegro
Adagio (“La Malinconia”)
Allegretto quasi Allegro
BÉLA BARTÓK
(1881-1945)
Quartetto n. 5
Allegro
Adagio molto
Scherzo alla bulgarese
Andante
Finale: Allegro vivace
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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Il Quartetto Noûs si è formato nel
2011 all’interno del Conservatorio
della Svizzera Italiana di Lugano,
frequentando i corsi dell’Accademia “Walter Stauffer” di Cremona e
della Musik Akademie di Basilea e
perfezionandosi con Aldo Campagnari (Quartetto Prometeo) e Hatto
Beyerle (Alban Berg Quartett).
Frequenta attualmente la Musikhochschule di Lubecca nella classe di
Heime Müller (Artemis Quartett).
È risultato vincitore del primo premio in concorsi (il “Luigi Nono”
di Venaria Reale, l’ Anemos” di
Roma) e gli è stato conferito dal Teatro La Fenice di Venezia l’importante Premio “Arthur Rubinstein
- Una Vita nella Musica”. Infine
si è aggiudicato il Premio “Piero
Farulli” (2015) come migliore
formazione cameristica emergente
nell’anno in corso.
Si è esibito per importanti istituzioni musicali nazionali, quali la
Società del Quartetto di Milano,
il Bologna Festival, i Concerti del
Quirinale a Roma e altri ancora.
All’estero è stato invitato ad esibirsi in Germania, Svizzera e Inghilterra; dopo essere stato selezionato
tra 74 gruppi provenienti da tutto il
mondo, ha avuto modo di partecipare all’edizione 2013 del “Monteleón Chamber Music Festival” di
Leòn in Spagna. Nel 2013 è stato
quartetto ‘in residence’ al “Festival
Ticino Musica” di Lugano.
«Noûs» è un antico termine greco
il cui significato è mente e dunque
razionalità, ma anche ispirazione e
capacità creativa.
78
NOTE AL PROGRAMMA
SCHUBERT – Il Quartettsatz in do min. D 703
(1820) è il primo tempo di un quartetto mai
completato ma sopravvissuto in repertorio e
frequentemente eseguito per la sua impronta
fortemente personale caratterizzata da piglio
gagliardo e umore inquieto, come per necessità
di esprimere un’esigenza spirituale insopprimibile. Inutile ricercare nelle biografie schubertiane
indizi che tentino di ricostruirne l’iter ideativo,
anche perché non se ne conoscono committenti
o dedicatarî: il Quartettsatz rimarrà per sempre
un mistero proprio come lo è la più famosa delle
Sinfonie di Schubert, la cosiddetta «Incompiuta», sulla quale si è costruita gran parte della
popolarità di questo autore.
Si sa di un tentativo di tempo lento (un Andante)
che avrebbe dovuto seguire a questo Allegro,
ma le poche decine di battute rimaste, per
quanto intensamente sentite e tragiche, non
sono sufficienti a farcene un’idea precisa. Né
è possibile intuire le ragioni dell’abbandono,
se non quelle di natura puramente artistica che
avrebbero riconosciuto al troncone un valore
autonomo e pertanto non bisognoso di aggiungerci dell’altro; ma esistono anche ipotesi che
ritengono più esterne e contingenti le ragioni
dell’incompiutezza.
Un elemento di enigmaticità sta anche nel fatto
di essere una pagina molto distanziata dagli
altri quartetti precedenti e successivi: anche
per questo il Quartettsatz si staglia con una
evidenza particolare nel catalogo cameristico
schubertiano. Del tutto pretestuoso risulta anche il tentativo di trovare un collegamento con
il Quartetto op. 18 n. 4 di Beethoven sulla base
della comune tonalità poiché è lo spirito, qui, ad
essere diverso: nessun patetismo nel do minore
di Schubert ma piuttosto un tono livido che va
ad assecondare la prevalente qualità visionaria
della concezione.
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
79
Il movimento è in forma-sonata, con un pacato secondo tema in la bemolle contrastante in
modo accentuato con la frenesia del primo. E tuttavia, ultimata la sezione di sviluppo, non
si ha la canonica ripresa della prima parte: questa si affaccia solo in conclusione quasi
per voler ricondurre il pezzo all’originario spirito turbato.
BEETHOVEN – Per un autore come Beethoven sempre così coinvolto nell’evoluzione
stilistico-formale dei generi musicali, i Quartetti del secondo e terzo periodo produttivo sono
guardati con particolare favore appunto per le caratteristiche innovative in essi contenute,
mentre alla prima serie dell’op. 18, realizzata ancora in clima settecentesco, si riserva
di norma un occhio meno benevolo trovandoli meno stimolanti, ad esempio, delle sonate
per pianoforte o degli stessi trii composti nello stesso periodo giovanile. Tradizionale è
il fatto esteriore di essere stati concepiti e editi in un blocco di 6 come era prassi comune
dell’‘artigianato’ musicale settecentesco riguardo a sonate, sinfonie e generi cameristici, e
non intesi come brani ognuno a sé stante, creati sotto l’impulso libero da ogni convenzione
e commissione, che è già una componente romantica. Resta inteso che se Beethoven voleva
qui mettere a frutto le sue conoscenze in campo quartettistico appresegli dagli esempi di
Haydn e di Mozart, ha sicuramente colto nel segno, dando prova di estrema sicurezza nel
trattamento formale nonché disponibilità a mettere in campo tratti personali interessanti
e fantasiosi.
Quello a cui si riserva il migliore giudizio critico è il sesto e ultimo in si bemolle maggiore (1799), non forse nella sua interezza ma specificamente nella seconda parte, con
quell’originale Scherzo giocato sulla compresenza di due ritmiche diverse e ancor più nel
movimento finale da lui definito “La malinconia” che introduce, in quello che dovrebbe
essere il movimento più convenzionale e sbrigativo, un elemento psicologico-narrativo non
privo di oscurità e sottolineature enigmatiche, prima che si risolva in un Allegro vivace
dal carattere danzante. Col che si potrebbe individuare nella struttura di questo Quartetto
una voluta caduta di peso proprio sulla seconda parte a scapito della prima, con lo scopo
di affidare al componimento un più profondo messaggio da trasmettere all’ascoltatore.
BARTÓK – I sei Quartetti di Bartók godono della massima reputazione nel panorama della
musica d’inizio Novecento, venendo talora eseguiti anche in forma integrale in due serate
come a voler sottolineare la natura coerente che li lega nell’interpretare le più profonde
istanze interiori dell’autore lungo un arco produttivo trentennale, senza che per questo non
siano da vedere anche come dei compiuti capolavori in se stessi.
Come per altri compositori del periodo, il modello di riferimento per quanto attiene il
trattamento dei generi strumentali classici è il Beethoven del terzo stile, quello cioè che al
modello tradizionale basato sul confronto dei temi in opposizione dialettica aveva sostituito il principio dello sviluppo organico di cellule embrionali ossia il procedimento per
variazione libera.
A livello di struttura generale Bartók usava poi applicare un’originale impalcatura pentapartita in base alla quale il movimento centrale (il terzo) viene a fungere da pernio intorno
al quale si distribuiscono con logica simmetrica gli altri quattro movimenti così da creare
un singolare equilibrio nell’insieme.
80
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Il contrappunto, ormai smaliziatissimo nei suoi decorsi complessi, si pone a garanzia di
una solidità di struttura a tutta prova, consentendo al gioco dell’invenzione di svolgersi in
modo quanto mai ricco e continuamente autorigenerantesi.
A spiccare sono le qualità di robustezza e variabilità della componente ritmica, mentre il
timbro, ugualmente cangiante, si serve con disinvoltura di trattamenti di tipo materico per
ampliare le potenzialità espressive.
Di queste caratteristiche è portatore il Quartetto n. 5 (1934), perfetta prova di intelligenza
e acutezza rivelante un’indiscussa audacia intellettuale, così che il suo vigore e il suo inquieto procedere esprimono al meglio la visione di un Novecento evoluto e problematico.
Solo chi insiste nel misurare il grado di modernità di un pezzo sulla quantità di diatonismo
e di cromatismo presenti nella sua scrittura può reputare il n. 5 più ‘pacificato’ rispetto, ad
esempio, al n. 4, che ha sempre costituito il riferimento paradigmatico all’interno del gruppo.
Se questo vuol significare una concessione maggiore all’aspetto comunicativo, può anche
essere, e ne è un esempio l’inattesa comparsa, proprio verso la fine, di un motivetto popolare
decontestualizzato e presto deformato dalle dissonanze che vale come lacerto mnemonico
e sentimentale emerso dal niente e tosto riassorbito nel magma generale.
Diego R. Cescotti
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STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
SALA FILARMONICA
GIOVEDÌ 28 APRILE 2016
FRANCESCA TIRALE arpa
JESSICA DALSANT flauto
CAMILLE SAINT-SAËNS
(1835-1921)
Fantaisie op. 124
JEAN-MICHEL DAMASE
(1928-2013)
Sonata per flauto e arpa
RAVI SHANKAR
(1920-2012)
L’aube enchantée sur le raga Todi
ASTOR PIAZZOLLA
(1921-1992)
Histoire du Tango
Bordel
Café
Nightclub
Concert d’aujourd’hui
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
83
Francesca Tirale (arpa) si è laureata a pieni voti come solista al
Conservatorio “Luca Marenzio”
di Brescia sotto la guida di Anna
Loro; si è quindi perfezionata
frequentando il corso triennale di
Elizabeth Fontan-Binoche presso
il Conservatoire De Musique et
Art Drammatique di Antibes e in
seguito con Marie-Claire Jamet
e seguendo stages internazionali
con arpisti di chiara fama quali
Catherine Michel, David Watkins,
Frédérique Cambreling, Ayako
Shinozaki, Judith Liber e per
la musica da camera con Jean
Mouiller. Ha tenuto concerti per
varie associazioni e società musicali
italiane ed europee sia come solista
che in ensemble cameristici. Dal
2000 suona in quartetto con Anna
Loro, Mara Galassi e Elena Spotti,
producendosi in un repertorio
di musica antica su arpe Erard
originali. Con tali strumenti ha
effettuato numerose tournée.
Dal 2011 suona in duo di arpe
con Elizabeth Fontan-Binoche.
Collabora con vari ensemble e
con importanti orchestre in Italia
e all’estero: tra queste l’Orchestra
Sinfonica Nazionale della Rai, i
Virtuosi Italiani, l’Orchestra di
Padova e del Veneto e l’Orchestra
della Svizzera Italiana, sotto la
direzione di Frübeck De Burgos,
Inbal, Tate, Noseda, Sinajskij,
Skrowaczewski, Saraste, Rofè,
Petrenko, Chung. Ha suonato
anche da solista con i Solisti Aquilani, i Filarmonici di Verona e con
l’orchestra giapponese Amadeus.
Ha all’attivo numerose prime
esecuzioni assolute, tra cui la Fantasia per arpa di Camillo Togni, e
composizioni solistiche e da camera
di altri autori tra cui A. Giacometti,
G. Facchinetti, Akane Tsuji, C.
Galante, N. Castiglioni e M. Montalbetti, di cui ha eseguito un pezzo
a lei dedicato in prima esecuzione
assoluta a Tokio nel 2010. Da tempo affianca l’attività concertistica
84
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
con l’insegnamento: attualmente
ricopre il ruolo di docente di arpa
presso la Civica Scuola Musicale
Zandonai di Rovereto.
Jessica Dalsant (flauto), diplomatasi al Conservatorio “Bonporti”
di Trento nel 1990, deve la sua
successiva formazione musicale
principalmente a Giampaolo
Pretto. Significativi anche gli
incontri con Jànos Bàlint, Glauco
Cambursano. Aurèle Nicolet,
Emmanuel Pahud e Jacques
Zoon. Ha fatto parte dell’Orchestra Giovanile Italiana e della
Giovane Sinfonietta Italiana;
successivamente ha collaborato
come primo flauto con le orchestre del Teatro “La Fenice” Venezia, dell’OSER, del Teatro Regio,
della Filarmonica Toscanini di
Parma, del Maggio Musicale di
Firenze, del Teatro dell’Opera
di Roma, dell’Orchestra Haydn
di Bolzano. Per una stagione ha
ricoperto il ruolo di PrincipalAsistente nell’Orquesta Sinfonica de Galicia e l’anno successivo
ha collaborato presso l’Orquesta
Sinfonica de Tenerife. È stata
anche I° Flauto nell’Orchestra
Sinfonica dello Stato di Saõ Paolo, con cui si è esibita in sale come
il Concertgebouw di Amsterdam,
la Kölner Philharmonie, l’Auditório Nacional de Musica de
Madrid, l’Alte Oper Frankfurt,
il Théâtre du Châtelet Parigi, la
Filarmonica Nazionale Varsavia,
il Teatro Lisinski di Zagabria, la
Festspielhaus di Salisburgo, il
Musikverein di Vienna, Royal
l’Albert Hall di Londra. Attualmente collabora nello stesso
ruolo con la Camerata Accademica Salzburg e con l’Orchestra
Sinfonica di Catalunya. Svolge
anche attività cameristica in
differenti formazioni ed è stata
premiata in concorsi nazionali ed
internazionali sia in formazioni
da camera, sia come solista.
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
85
NOTE AL PROGRAMMA
È un filo sottile ma tenacissimo quello che lega i quattro autori che compongono il programma
di questo concerto. Pur se in modi e tempi diversi, tutti i compositori hanno vissuto e lavorato a
Parigi. Hanno quindi condiviso il clima culturale di quella che è stata la capitale della cultura
musicale mondiale dalla seconda metà dell’Ottocento a una gran parte del ventesimo secolo.
CAMILLE SAINT-SAËNS (1835-1921) compone la Fantaisie op. 124 (originariamente per
violino e arpa) nel 1907. La composizione, in ossequio al suo titolo, è priva di una gabbia formale vincolante e alterna agogiche via via diverse anche se è presente un richiamo conclusivo
all’idea tematica iniziale. Il trattamento dei due strumenti lascia all’arpa il compito di seguire
e accompagnare il percorso spesso arditamente virtuosistico del flauto.
Ben diverso è il ruolo che i due strumenti, in modo assolutamente paritario, giocano nella
Sonata di JEAN-MICHEL DAMASE (1928-2013). Il virtuoso e precocissimo compositore
(vince un Prix de Rome per la composizione a soli 19 anni) articola la composizione sui quattro
tempi della sonata classica e tratta da virtuosi entrambi gli strumenti. Si evidenzia bene, fin
dal brioso attacco iniziale, l’altro elemento comune a tutti i brani scelti per questo concerto: la
vicinanza e il richiamo alla danza. Esplicito in Piazzolla e Shankar, adombrato in talune parti
centrali della Fantaisie di Saint-Saëns, nella Sonata di Damase attraversa sotterraneamente
tutti e quattro i tempi della composizione compreso l’Andante con moto, con il suo melodizzare
quasi canzonettistico.
ASTOR PANTALEÓN PIAZZOLLA (1921-1992) riesce nella sua Histoire du Tango, composta
originariamente per flauto e chitarra nel 1986, a cristallizzare in quattro momenti tutta la storia
del tango e in qualche modo anche della grammatica musicale novecentesca, passando dalla
vena esplicitamente melodica quasi “alla Gardel” di Bordel 1900 alla arditezza armonica del
Concert d’Aujourd’hui. E forse proprio in quest’ultimo movimento è dato riconoscere più che
altrove l’influenza del lavoro compositivo che Piazzolla condusse per diverso tempo a Parigi
sotto la guida della grande didatta Nadia Boulanger.
RAVI SHANKAR (Robindro Shaunkor Chowdhury, 1920-2012) deve la sua fama alla ‘scoperta’
che ne fecero negli anni ’60 dello scorso secolo musicisti come il violinista Yehudi Menuhin e il
beatle George Harrison. La formazione di Shankar come musicista è tutta nell’alveo della musica
classica indiana e la sua attività di esecutore di sitar si svolse, inizialmente, a seguito della
compagnia di danza del fratello. Il Raga può, approssimativamente, assimilarsi al concetto di
scala della musica occidentale, e detta la composizione dei gradi e anche gli intervalli melodici
permessi e proibiti. Il Raga “Todi” in uso nel brano in programma ha come fondamentale la
nota Re e costruisce su questa una scala (con abbassamento del II, III e VI grado e innalzamento
del IV), non assimilabile ad alcuna scala occidentale. La scrittura, intesa nei nostri termini,
non fa parte della tradizione musicale indiana, tutta legata all’improvvisazione pur ristretta
all’interno di canoni estremamente rigorosi. La partitura del L’Aube Enchantée risulta quindi
essere il tentativo di blindare all’interno dei metri occidentali un percorso musicale non assimilabile a questi, quasi una traduzione poetica che miri a conservare il più possibile il contenuto
di assonanze che si affievoliscono fatalmente nel mutare di lingua. La scrittura diventa allora
difficilissima per gli esecutori e li impegna in un gesto esecutivo che deve conservare la libertà
dell’improvvisazione pur partendo dal rigore della pagina scritta.
Francesca Tirale
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
ALTRE INIZIATIVE
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
ASSESSORATO ALLA CULTURA - COMUNE DI ROVERETO
BIBLIOTECA CIVICA “G. TARTAROTTI” - COMUNE DI ROVERETO
CIVICA SCUOLA MUSICALE “R. ZANDONAI” - ROVERETO
SCUOLA MUSICALE “J. NOVÁK” - VILLA LAGARINA
SCUOLA MUSICALE DEI QUATTRO VICARIATI “OPERAPRIMA” - ALA
BIBLIOTECA CIVICA “G. TARTAROTTI” - ROVERETO
NOVEMBRE 2015 - APRILE 2016
MUSICA IN BIBLIOTECA
Momenti musicali con insegnanti ed allievi
VENERDÌ 27 NOVEMBRE 2015
Scuola Musicale dei 4 Vicariati Opera Prima
VENERDÌ 12 FEBBRAIO 2016
Scuola Musicale Jan Novák
VENERDÌ 26 FEBBRAIO 2016
Scuola Musicale dei 4 Vicariati Opera Prima
VENERDÌ 18 MARZO 2016
Civica Scuola Musicale Riccardo Zandonai
VENERDÌ 22 APRILE 2016
Civica Scuola Musicale Riccardo Zandonai
e Scuola Musicale Jan Novák
INIZIO ORE 18.00 - INGRESSO LIBERO
R A S S E G N A O R G A N I Z Z ATA I N C O L L A B O R A Z I O N E C O N
CONCERTI PE
Quattro concerti riservati a tutte le Scuole Primarie e
Secondarie di primo grado di Rovereto, con programmi e guide all’ascolto “su misura” preparate da esperti.
Gli insegnanti potranno scegliere uno o più concerti
proposti dall’Associazione Filarmonica di Rovereto,
inserendoli, a seconda della loro programmazione, nel
MARTEDÌ 26 GENNAIO 2016
SALA FILARMONICA, CORSO ROSMINI - ROVERETO
ORE 10.00 PRIMO TURNO - ORE 11.00 SECONDO TURNO
per le Scuole Primarie
ORCHESTRA DELLE SCUOLE MUSICALI
R. ZANDONAI E J. NOVÁK
IN PROGRAMMA
Hans Krása, Brundibár - il suonatore di organetto
opera per soli, coro di ragazzi e strumenti
Concerto per la “Giornata della Memoria”
MERCOLEDÌ 24 FEBBRAIO 2016
SALA FILARMONICA, CORSO ROSMINI - ROVERETO - ORE 11.15
ORCHESTRA HAYDN DI TRENTO E BOLZANO
IN PROGRAMMA
Musica&Fiaba
Cinque ottoni e una voce
nella fiaba “Hänsel e Gretel”
R LE SCUOLE
a cura di Francesca Aste
calendario delle uscite scolastiche: sarà uno stimolo
per attivare percorsi didattici di educazione musicale e
non solo, che si concretizzeranno nel concerto dal vivo,
perchè nulla come l’esperienza dal vivo della musica
stimola la curiosità e l’apprendimento del sapere musicale.
VENERDÌ 15 APRILE 2016
SALA FILARMONICA, CORSO ROSMINI - ROVERETO
ORE 10.00 PRIMO TURNO - ORE 11.00 SECONDO TURNO
per le Scuole Secondarie di primo grado
ORCHESTRA DELLE SCUOLE MUSICALI
R. ZANDONAI E J. NOVÁK
IN PROGRAMMA
Come si legge con le orecchie
Alla scoperta dell’ascolto
MERCOLEDÌ 25 MAGGIO 2016
TEATRO ZANDONAI, CORSO BETTINI - ROVERETO - ORE 10.45
ORCHESTRA HAYDN DI TRENTO E BOLZANO
IN PROGRAMMA
Musica&Natura
con “Le quattro stagioni di Antonio Vivaldi”
Inizio concerti: ore 17.00
Ingresso libero
Domenica 31 gennaio 2016
Rovereto, Sala Filarmonica
EMANUELE GROSSI
chitarra
Conservatorio F. A. Bonporti di Trento
Sezione di Riva del Garda
Domenica 28 febbraio 2016
Rovereto, Sala Filarmonica
ROMINA FONTI
pianoforte
Conservatorio F. A. Bonporti di Trento
6
1
0
2
Domenica 13 marzo 2016
Rovereto, Sala Palazzo Alberti
ANNA BALDESSARINI
flauto
FRANCESCO MARIA MONCHER
pianoforte
Scuola Musicale Jan Novák
Domenica 10 aprile 2016
Rovereto, Sala Filarmonica
DANIELE LASTA
pianoforte
Scuola Musicale Riccardo Zandonai
a cura di Francesca Aste
Incontri con compositori e interpreti organizzato dall’Associazione Filarmonica di Rovereto in collaborazione con il Centro Servizi Santa Chiara di Trento, in concomitanza con i
concerti della Stagione dei Concerti e il ciclo di concerti di musica contemporanea presso
l’Auditorium Melotti. Momenti Musicali si ripropone come un’occasione di incontro per
il pubblico con i protagonisti dei concerti: musicisti, compositori, direttori, editori.
MARTEDÌ 17 NOVEMBRE 2015
Foyer dell’Auditorium Melotti, ore 18.00
IL SUONO MOLTEPLICE: Le 1000 anime della musica contemporanea
Incontro con Marco Angius e Daniele Spini
MARTEDÌ 1 DICEMBRE 2015
Foyer dell’Auditorium Melotti, ore 18.00
Qualche riflessione sul gesto vocale di Luciano Berio
«…il modo migliore per parlare di se stessi è parlare degli altri» (Berio, 2000)
Incontro con Marco Uvietta, Università di Trento
MARTEDÌ 12 GENNAIO 2016
Bar del Teatro Zandonai, ore 18.00
Aneddoti di vita: Ferrari e il fortepiano
Incontro con Stefania Neonato, pianista
L’incontro precede il concerto di Stefania Neonato di mercoledì 13 gennaio 2016, inserito nella Stagione dei
Concerti 2015/16 dell’Associazione Filarmonica di Rovereto
MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016
Bar del Teatro Zandonai, ore 18.00
ALLEGRIA DI NAUFRAGI
Moderna, l’antico e il futuro
Presentazione dell’ultimo disco di FontanaMIX / Accroche Note
Saranno presenti: Francesco La Licata, direttore dell’ensemble FontanaMIX,
Marco Dalpane, produttore dell’etichetta discografica A Simple Lunch,
Federica Fortunato, docente del Conservatorio “Bonporti” di Trento.
L’incontro precede il concerto di FontanaMIX di lunedì 25 gennaio 2016 inserito nella Stagione dei Concerti
2015/16 dell’Associazione Filarmonica di Rovereto
VENERDÌ 29 GENNAIO 2016
Foyer dell’Auditorium Melotti, ore 18.00
ACUSTICA di Mauricio Kagel
Incontro con Francesco Giomi, compositore
Direttore di Tempo Reale, Centro di Ricerca per la musica elettronica fondato da Luciano Berio.
Francesco Giomi racconterà la nuova drammaturgia di Acustica, opera divertente e irriverente, il
capolavoro e il testamento musicale di Kagel, scomparso nel 2008.
LUNEDÌ 8 FEBBRAIO 2016
Foyer dell’Auditorium Melotti, ore 22.00 ca.,
dopo il concerto con musiche di David Lang
LA SCUOLA DI NEW YORK: DAVID LANG
Incontro con Francesco Dillon
MERCOLEDÌ 9 MARZO
Civica Scuola Musicale “R. Zandonai”, ore 18.00
Lenti acustiche
Incontro con Fabio Cifariello Ciardi, compositore (Conservatorio “F. A. Bonporti” di Trento)
“Siamo circondati da diversi eventi che non hanno legami evidenti con la musica o con il suono, ma pure
nascondono dimensioni di fatto ‘musicali’. Cerco di esplorarle con delle ‘lenti acustiche’. Quando mi pare di
intravedere un qualche colore inaspettato da poter aggiungere alla mia visione del mondo, mi emoziono”. (FCC)
SCUOLA MUSICALE “JAN NOVÁK” - VILLA LAGARINA
APERITIVI IN MUSICA 2015
DOMENICA 15 NOVEMBRE 2015
Filippo Pedrotti violino
Benedetta Baravelli violoncello
Daniele Lasta pianoforte
PROGRAMMA:
Ludwig van Beethoven Trio op.1 n.1
Concerto a cura di Klaus Manfrini
DOMENICA 22 NOVEMBRE 2015
Labirinti Armonici
PROGRAMMA:
La sonata rappresentativa: bizzarrie barocche.
Concerto a cura di Andrea Ferroni
DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015
Veronica Pederzolli con After8 (ottetto misto vocale)
PROGRAMMA:
Adriano Banchieri Il Festino nella sera del giovedì grasso avanti cena
Concerto a cura di Veronica Pederzolli
I concerti si terranno a Villa Lagarina - Palazzo Libera - ore 11.00
in collaborazione con il Comune di Villa Lagarina
Ingresso: Euro 5,00
Prenotazione obbligatoria entro il giovedì precedente al concerto
presso la segreteria della Scuola Musicale (tel. 0464 411893)
MUSICA A PALAZZO
FEBBRAIO - GIUGNO 2016 | XV edizione
Concerti nei palazzi storici (ma non solo) dei Quattro Vicariati
ALA - AVIO - BRENTONICO - MORI
Eventi e Spettacoli della Scuola Musicale dei Quattro Vicariati per il Territorio
12 dicembre 2015
BRENTONICO
Concerto per Stella
Concerto di Natale
•
16 aprile 2016
AVIO
“A noi ci piace” il ritmo
Spettacolo dei bambini del Ciclo 1
•
21 maggio 2016
ALA
Tutti insieme appassionatamente
Spettacolo finale delle formazioni orchestrali
•
11 giugno 2016
MORI
OperaPrima Live 2016
Concerto Pop - Rock & Jazz
INFORMAZIONI
OperaPrima - Scuola Musicale dei Quattro Vicariati
Via R. Zandonai, 1 – 38061 Pilcante di Ala (TN)
Tel. 0464 680000 - 349 0542909 - E-mail: [email protected] - www.operaprima.org
98
ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO
Tutti i concerti della Stagione avranno inizio alle ore 20.45
Gli abbonati sono tenuti a prendere possesso dei loro posti entro le ore 20.40
trascorso questo termine i posti potranno essere messi in vendita.
L’Associazione Filarmonica di Rovereto si riserva la facoltà di apportare modifiche
al calendario della Stagione Concertistica per motivi di forza maggiore.
***
Si ringraziano i redattori delle note ai concerti:
Diego R. Cescotti
Monique Ciola
Stefania Neonato
Dora e Clara Novàk
Nicola Straffelini
Francesca Tirale
STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016
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Il libretto è consultabile sul sito internet della Associazione Filarmonica di Rovereto
www.filarmonicarovereto.it
Realizzato e stampato in Italia, nel mese di ottobre 2015, dall’Azienda di Arti Grafiche
moschini advcom
38068 Rovereto (TN) - Via G. Tartarotti, 62 - www.moschiniadv.com
Stampato su carta ecologica sbiancata senza cloro.
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