ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO XCIV STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO fondata da Pietro Marzani (1889-1974) Presidente Luisa Canal Vice Presidente Giancarlo Piombino Direttore artistico Mariano Andreolli Consiglieri Francesca Aste Barbara Broz Barbara De Boni Renato Filippi Flavio Martinelli Giuseppe Mocatti Organizzazione generale Bianca Gaifas Revisori dei conti Anna Gianmoena Carlo Guarinoni Maurizio Setti Segreteria Bianca Gaifas 38068 Rovereto (TN) - Italia - Corso Rosmini, 78 - tel. e fax 0464·435255 [email protected] - www.filarmonicarovereto.it 4 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO CALENDARIO DEI CONCERTI STAGIONE 2015-2016 2015 lunedì 19 ottobre Teatro Zandonai Steven Osborne pianoforte musiche di: F. Schubert, M. Musorgskij sabato 31 ottobre Teatro Zandonai I SOLISTI DEL TEATRO MARIINSKIJ di San Pietroburgo Larissa Gergieva pianoforte Grigory Chernetsov baritono Yulia Matochkina mezzosoprano Natalia Pavlova soprano Ilya Selivanov tenore SERATA DI GALA Lieder e arie d’opera musiche di: F. Händel, G. Verdi, G. Bizet, M. P. Musorgskij, M. Ravel, N. A. Rimskij-Korsakov mercoledì 4 novembre Sala Filarmonica QUARTETTO PRAŽÁC Jana Vonaskova-Novakova violino Vlastimil Holek violino Josef Kluson viola Michal Kanka violoncello musiche di: W. A. Mozart, D. Šostakovič, B. Smetana STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 5 martedì 24 novembre Sala Filarmonica ARS TRIO DI ROMA Laura Pietrocini pianoforte Marco Fiorentini violino Valeriano Taddeo violoncello musiche di: A. Dvořák, F. Schubert, J. Brahms sabato 5 dicembre Sala Filarmonica Francesca Temporin violino Kim Fabbri pianoforte musiche di: W. A. Mozart, L. van Beethoven, E. Grieg 2016 mercoledì 13 gennaio Sala Filarmonica Stefania Neonato fortepiano musiche di: G. G. Ferrari, L. v. Beethoven martedì 19 gennaio Sala Filarmonica Michail Lifits pianoforte musiche di: F. Schubert, R. Schumann lunedì 25 gennaio Sala Filarmonica FONTANAMIX ENSEMBLE Francesco La Licata direttore Monica Bacelli voce musiche di: B. Bartók, L. Berio 6 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO venerdì 5 febbraio Sala Filarmonica TRIO GASPARD Jonian Ilias Kadesha violino Vashti Hunter violoncello Nicholas Rimmer pianoforte musiche di: L. v. Beethoven, A. Schönberg giovedì 18 febbraio Sala Filarmonica Clara Novák flauto Dora Novák pianoforte L’incanto del flauto musiche di: J. Novák, B. Martinů martedì 1 marzo Sala Filarmonica AdM SOUNDSCAPE Giovanni Paganelli direttore Giulia Baracani flauto Cosimo Linoci clarinetto Stefano Delle Donne violino Eugenia Lentini violino Erica Alberti viola Alessio Tedeschi violoncello Paolo Grillenzoni percussioni Federico Nicoletta pianoforte musiche di: J. S. Bach, R. Schumann, C. Debussy, F. Donatoni, R. Conz, N. Straffelini, Straffelini/Conz martedì 8 marzo Julian Steckel violoncello Paul Rivinius pianoforte Sala Filarmonica musiche di: L. v. Beethoven, R. Schumann, C. Debussy, A. Webern, J. Brahms STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 7 giovedì 17 marzo Sala Filarmonica Evgenij Sudbin pianoforte musiche di: D. Scarlatti, L. v. Beethoven, C. Debussy, M. P. Musorgskij martedì 5 aprile Sala Filarmonica Valerij Sokolov violino Evgenij Izotov pianoforte musiche di: C. Debussy, M. Ravel, G. Enescu, P. de Sarasate giovedì 21 aprile Sala Filarmonica QUARTETTO NOÛS Tiziano Baviera violino Alberto Franchin violino Sara Dambruoso viola Tommaso Tesini violoncello musiche di: F. Schubert, L. v. Beethoven, B. Bartók giovedì 28 aprile Sala Filarmonica Francesca Tirale arpa Jessica Dalsant flauto musiche di: C. Saint Saëns, J. M. Damase, R. Shankar, A. Piazzolla 8 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Attraverso un’offerta che si è voluta il più possibile ricca e diversificata, la novantaquattresima stagione concertistica dell’Associazione Filarmonica di Rovereto si presenta all’appuntamento annuale riconfermando i suoi abituali intendimenti, che sono quelli di proporre all’ascolto i repertori classici fondamentali, aprendosi al contempo ad esperienze più moderne o meno comuni ma pur sempre garantite dalla stretta ed esclusiva appartenenza colta, ossia nel segno della preservazione dello stile e della proprietà filologica. Nel fissare in tal modo i propri confini, la Filarmonica si riconferma come il più autorevole presidio cittadino per la conservazione e la divulgazione dell’arte musicale prodotta nelle varie epoche storiche. Gli esecutori che si alterneranno sul palco di Corso Rosmini o del Teatro Comunale sono per lo più giovani, e tutti già con curricula didattici e artistici più che prestigiosi. In qualche caso si tratta di artisti già ospitati dalla nostra associazione, di cui forse il pubblico serberà ancora il ricordo. La distribuzione per organici si mantiene nei criteri soliti, al fine di soddisfare le aspettative della maggior parte degli abbonati. Avremo così tre pianisti, due quartetti d’archi, due trii, due formazioni violino-pianoforte, una ciascuna per violoncello-pianoforte, flauto-pianoforte, flauto-arpa; e ancora due complessi variamente formati per una proposta più originale. Infine spicca un recital per fortepiano con repertori del Sette-Ottocento e un gala vocale-strumentale offerto dai solisti del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo che si inserisce come sorpresa, ci auguriamo gradita, nella prima parte della stagione. Si segnala ancora lo spazio doverosamente riservato ai giovani talenti locali e la serata dedicata a Jan Novák, l’indimenticato protagonista della vita musicale roveretana in anni lontani, la cui memoria non ha mai smesso di mantenersi viva e riconoscente in chi lo ha conosciuto ed apprezzato. Associazione Filarmonica di Rovereto STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 9 I CONCERTI TEATRO ZANDONAI LUNEDÌ 19 OTTOBRE 2015 STEVEN OSBORNE pianoforte FRANZ SCHUBERT (1797-1828) Moment musical D 780 N. 2 in lab magg. 4 Impromptus D 935 MODEST MUSORGSKIJ (1839-1881) Kartinki s vïstavski (Quadri di un’esposizione) STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 13 14 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Nato in Scozia nel 1971, Steven Osborne ha studiato con Richard Beauchamp alla St. Mary’s Music School di Edimburgo e con Renna Kellaway al Royal Northern College of Music di Manchester. È attualmente uno dei più importanti artisti britannici, apprezzato per il suo approccio idiomatico a un ampio repertorio che va dai pezzi classici di Mozart, Beethoven e Brahms alle atmosfere rarefatte di Messiaen, Tippett e Britten. Ha vinto molti premi e riconoscimenti tra i quali il Gramophone Award 2009 con l’incisione delle opere di Britten per pianoforte e orchestra e il primo premio ai Concorsi Naumburg (New York) e Clara Haskil. Steven Osborne si esibisce con le orchestre di tutto il mondo, tra cui la Berlin Symphony, la Deutsches Sinfonieorchester Berlin, la Salzburg Mozarteum, Finnish Radio Symphony, la Bergen Philharmonic, Residentie Orkest, collaborando con grandi direttori quali Christoph von Dohnányi, Vladimir Aškenazij, Leif Segerstam, Andrew Litton, Vladimir Jurowski e Jukka-Pekka Saraste. Osborne ha partecipato nove volte ai Proms, l’ultima a luglio 2011 con Noches en los jardines de España di de Falla. Tra i suoi partner per la musica da camera vi sono il violoncellista Alban Gerhardt e la violinista Alina Ibragimova. I più rilevanti impegni orchestrali recenti riguardano i concerti con la London Philharmonic/Jurowski (Prokofiev), la Vienna Symphony Orchestra/Adam Fischer (Stravinsky), la Royal Flemish Philharmonic/de Waart (Britten), l’Orquesta Sinfonica de Castilla y Leon /Morlot (Messiaen), l’Oregon Symphony Orchestra/Kalmar (Britten) e la BBC National Orchestra of Wales/Fischer (Ravel). Nel 2013 è stato insignito del premio “strumentista dell’anno” dalla Royal Philarmonic Society e nel Settembre dello stesso anno ha ricevuto il suo secondo Gramophone Award. NOTE AL PROGRAMMA Nel suo ultimo anno di vita Schubert compose otto brani sotto il titolo di Impromptus, quattro pubblicati subito in una prima serie (op. 90, D 899) e quattro pubblicati dopo la sua morte (op. 142, D 935). Queste pagine estrose ebbero una diffusa popolarità soprattutto come genere prediletto dai dilettanti di pianoforte e proprio per scopi evidentemente commerciali furono editi anche singolarmente. Si suppone però che le due raccolte avessero in realtà ciascuna una propria integrità, avallata dal carattere stilistico e dai legami armonici. Nella raccolta presentata questa sera si potrebbe dunque leggere nel primo Improvviso (un rondò anche visto come forma-sonata senza sviluppo), nel secondo (un minuetto) e nel quarto (ancora un rondò) i singoli movimenti di un’intera sonata. Invece il terzo, quel Tema e Variazioni bistrattato dalle critiche di Schumann ma in realtà apprezzato esempio di raffinatezza Biedermeier, risplenderebbe di luce propria. Sempre nel 1828 il compositore viennese vide la pubblicazione dei Moments musicaux. Scritte in diversi momenti della sua vita, queste sei brevi pagine anticipano il pezzo romantico per antonomasia, ossia il pezzo caratteristico per pianoforte: breve, dettato dall’ispirazione del musicista e luogo privilegiato per l’espressione delle emozioni. STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 15 Per l’Andantino, il secondo della raccolta, Schubert sceglie la tenerezza della tonalità di la bemolle maggiore, regalandoci una cullante melodia che risuona nell’intimità di una stanza privata, solo furtivamente attraversata da un velo di malinconia. Sommo esempio di musica ispirata ad un’occasione extra-musicale, i Quadri di un’esposizione di Musorgskij rappresentano uno tra i capolavori più suggestivi del repertorio pianistico. In soli venti giorni, nell’estate del 1874, il compositore russo creò questo originale ciclo di quindici pezzi dalla scrittura scarna, dai timbri percussivi e dai contrasti sonori abbacinanti, ispirato da una mostra di acquerelli e disegni dell’amico artista ed architetto Viktor Hartmann, organizzata nello stesso anno presso l’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo per ricordarne la scomparsa. I diversi brani della grandiosa opera di Musorgskij altro non sarebbero che i quadri dell’amico defunto, intervallati dalle passeggiate (Promenade) del musicista attraverso le sale dell’esposizione ossia quattro variazioni di quello stesso squillante tema pentatonico che da inizio all’opera. In essa troviamo le atmosfere più cupe, dal desolato canto medievale de Il vecchio castello alle vibrazioni spettrali di Catacombae, accanto a quelle più frenetiche e vivaci, dal Balletto dei pulcini nei loro gusci alle risa dei bambini ai giardini delle Tuileries sino al vivace trambusto del Mercato di Limoges. I quadri più interessanti dipinti da Musorgskij sono quelli dove palpita il cuore popolare russo, dal realismo dei due ebrei Samuel Goldenberg e Schmuyle, quello ricco opulento e quello povero questuante, alla fatica disumana del carro polacco in Bydlo, dalla grottesca andatura di Gnomus fino alla violenza di Baba Yaga, la terrificante “nonna del diavolo” delle fiabe russe. Il ciclo termina con la grandiosità de La porta di Kiev, nell’ambivalente interpretazione di un’uscita dalla mostra di Hartmann come di un trionfale ingresso in una nuova musica legata alle radici del popolo russo. Monique Ciola 16 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO TEATRO ZANDONAI SABATO 31 OTTOBRE 2015 I SOLISTI DEL TEATRO MARIINSKIJ Larisa Gerg’eva pianoforte Grigory Chernetsov baritono Yulia Matochkina mezzosoprano Natalia Pavlova soprano Ilya Selivanov tenore Programma di gala con brani da opere liriche, arie e Lieder della scuola italiana, russa ed internazionale Musiche di G. Verdi M. Musorgskij M. Ravel G. Bizet G.F. Händel N. Rimskij-Korsakov STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 17 Larisa Abisalovna Gerg’eva è direttrice artistica dell’Accademia Mariinsky per giovani cantanti e del Teatro dell’opera e Teatro Mariinskij di San Pietroburgo 18 balletto della Repubblica del Nord-Alanija (Vladikavkaz). È stata per molto tempo un’importante figura culturale nell’ambito vocale internazionale; ma si esprime anche nel campo organizzativo. È considerata a livello internazionale una delle più accreditate pianiste accompagnatrici per i cantanti. Fa parte della giuria in numerosi concorsi internazionali di canto. Nel corso della sua carriera artistica ha preparato un centinaio di pianisti che poi sono risultati vincitori nelle principali competizioni nazionali e internazionali. Il suo repertorio comprende oltre un centinaio di opere eseguite presso i teatri più famosi del mondo. Durante gli anni trascorsi presso il Teatro Mariinskij, ha curato la produzione di opere francesi (Les Contes d’Hoffmann, Don Quichotte, Salammbô), italiane (Il viaggio a Reims, Falstaff, Il barbiere di Siviglia), tedesche (Ariadne auf Naxos, Die Zauberflöte) e russe (Il Gallo d’oro, La fanciulla di neve, La favola dello zar Saltan, L’amore delle tre ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO melarance, Notte di maggio, Evgenij Onegin, La Fiera di Sorocinskij) e inoltre Rusalka e My fair Lady. Presso l’Accademia Mariinskij per giovani cantanti lirici, artisti di talento hanno l’opportunità unica di combinare l’attività di studio con la partecipazione ad opere di quel prestigioso Teatro. Larisa Gerg’eva è artista in residenza sia presso il Teatro Mariinskij di S. Pietroburgo, che presso la Repubblica Ucraina e la Repubblica del Nord-Alanija. Le è stato assegnato da parte del ministero della cultura della Federazione russa il “Premio alla cultura”. È insignita dell’Ordine di Sant’Anna dalla chiesa ortodossa ucraina. In Ossezia ha ricevuto la medaglia al valore per le sue attività culturali. I Solisti del Teatro Mariinskij sono riconosciuti come uno dei più rinomati ensembles vocali del panorama musicale internazionale. Assieme a Larisa Gerg’eva, direttrice dell’Accademia musicale di S. Pietroburgo e loro accompagnatrice al pianoforte, rappresentano alcuni tra i migliori solisti di canto della loro generazione. Abitualmente attivi con l’Orchestra del Mariinskij sotto la direzione di Valerij Gerg’ev, essi sono anche ospitati da sedi dell’importanza del Teatro dell’Opera di Ginevra, del Théâtre du Capitol de Toulouse, della Wigmore Hall di Londra, del Teatro dell’Opera di Bordeaux, del Prinzregentheater di Monaco, del Landestheater di Linz, del Conservatorio “Verdi” di Milano. Nelle ultime tre stagioni sono stati invitati dalle istituzioni concertistiche e cameristiche più importanti d’Europa. I Solisti del Mariinskij includono elementi stabili che possono variare a seconda delle esigenze di produzione e di organico. STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 19 SALA FILARMONICA MERCOLEDÌ 4 NOVEMBRE 2015 QUARTETTO PRAŽÁC Jana Vonaskova violino Vlastimil Holek violino Josef Kluson viola Michal Kanka violoncello WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756-1791) Quartetto in re magg. KV 499 Allegretto Menuetto Adagio Molto allegro DMITRIJ ŠOSTAKOVIČ (1906-1975) Quartetto n. 14 in fa# magg. op. 142 Allegretto Adagio Allegretto BEDŘICH SMETANA (1824-1884) Quartetto n. 1 in mi min. (“Dalla mia vita”) Allegro vivo appassionato Allegro moderato alla polka Largo sostenuto Vivace 20 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO A più di trent’anni dalla sua fondazione, il Quartetto Pražác continua ad essere ospite richiestissimo dei più importanti festival e stagioni concertistiche di tutto il mondo. Costituito nel 1972 da studenti del Conservatorio di Praga, il Quartetto si è oggi attestato come la più importante formazione della tradizione cameristica ceca. Da oltre 30 anni, il Quartetto Pražác è di casa sulle scene musicali di tutto il mondo. È invitato regolarmente nelle maggiori capitali europee come Praga, Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Milano, Madrid, Londra, Berlino e Monaco di Baviera, e viene invitato anche a partecipare a numerosi festival internazionali, collaborando con artisti come Menahem Pressler, Jon Nakamatsu, Cynthia Phelps, Roberto Diaz, Josef Suk, and Sharon Kam. Nell’America del Nord il Quartetto Prazak si è esibito a New York (Carnegie Hall, Lincoln Center, 92nd St. Y), Los Angeles, San Francisco, Dallas, Houston, Washington, Philadelphia, Miami, St. Louis, New Orleans, Berkeley, Cleveland, Tucson, Denver, Buffalo, Vancouver, Toronto, and Montreal e nella Tournee del 2010/11 li ha portatati a 20 città appunto dell’America del Nord. Il Quartetto Pražác ha registrato oltre 30 CD, spesso premiati. STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 21 NOTE AL PROGRAMMA MOZART – Ventidue sono i quartetti per archi scritti da Mozart, e tra questi restano particolarmente memorabili i sei dedicati ad Haydn scritti nel triennio 1782-1785. Il K 499 (1786), che ascolteremo stasera, si pone in posizione defilata rispetto a quella fortunata raccolta: ne costituisce sicuramente una coda logica ma di fatto non ne fa parte, e questo lo fa brillare di luce propria. Il brano è talora identificato come «Hoffmeister», dal nome dell’editore viennese che lo aveva commissionato a Mozart. La reputazione critica di cui gode è assai buona, essendo visto come opera di consolidamento delle tecniche e dei modi quartettistici recentemente acquisiti, che si possono compendiare nella formula ‘costruzione solida-discorsività sciolta-bel garbo-sapiente governo di tutte le componenti tecnico-espressive’: una specie di quintessenza, insomma, della musica viennese del tempo basata sulla forma-sonata. Di una certa duplicità di sentimento parla concordemente più di un commento critico, intravedendo la sua caratteristica peculiare nella combinazione sottile di serenità e tristezza che fa pensare al prossimo Schubert; al tempo stesso l’esibita eccellenza in ciò che concerne l’elaborazione contrappuntistica lo rimanda al grande Barocco di Bach e Händel, che proprio in quegli anni egli stava approfondendo con autentica passione. Ad interessare qualcuno è stata la parte che dovrebbe essere la più convenzionale ossia il Minuetto, che qui prende un aspetto di assoluta novità tanto da far parlare per la sua sezione centrale in abilissimo contrappunto di «una vera stregoneria musicale». A denotare il pezzo come non routinario, altri hanno notato un sapiente e disinvolto uso della dissonanza, senza beninteso che questo provochi all’orecchio sensibile non più che un piacevole diversivo. ŠOSTAKOVIČ – Una pratica musicologica molto comune è quella di leggere qualsiasi opera di Šostakovič in diretta connessione con le vicende politiche del suo Paese, delle quali quelle opere rifletterebbero puntualmente i soprassalti e le contraddizioni. Tale obbligato e talora esclusivo aggancio alle contingenze esterne (che non si vede perché non possa essere applicato indistintamente a tutti gli autori) ha il singolare effetto di sminuire l’attività creativa di un artista poiché attenua in essa quel libero svolgersi della fantasia che è la fondamentale ragion d’essere di ogni opera d’arte. Secondo questa logica, si individuerebbe nei lavori del tardo periodo šostakoviano una ritrovata e pur relativa serenità che si vorrebbe giustificare con l’avvento dell’era brezneviana. Lasciando volentieri ad altri la discussione di tali importanti problematiche, notiamo nel suo linguaggio di quegli anni Sessanta-Settanta una natura più astratta e dunque il ricorso a linee melodiche conformantisi a tracciati ambigui e a una maggiore indistinzione del senso tonale: questo è tutto per quanto riguarda il contributo di Šostakovič alla modernità novecentesca, che è assai più compreso ed accettato oggi che non qualche decennio fa. Se poi poniamo questa musica a confronto con tante esperienze decostruttive in atto 22 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO nel resto del mondo, notiamo nel tardo Šostakovič una confermata fiducia nella costruzione del pezzo e nella sottesa capacità di comunicazione, beninteso attenuando ogni spinta pletorica e dichiaratoria e volgendola talora nel tratto dubbioso, allusivo, finanche enigmatico. A definire questo autore è la stessa consistenza del suo catalogo, che assomma 15 sinfonie, 15 quartetti, 5 sonate, 6 concerti, varia musica pianistica e molto altro, la qual cosa lo distingue dalle tante coeve avanguardie occidentali, che proprio per questo guardavano a lui con sospetto e dispetto. Il retaggio classico è confermato nel quattordicesimo Quartetto del 1973 dall’insolita tonalità di fa diesis maggiore, cui si riconosce la misura discreta, l’uso prevalente delle mezze tinte, un’equilibrata compresenza di diatonismo e cromatismo e finanche l’allure a tratti ‘leggera’, intendendo con questo non più il sarcasmo aggressivo degli anni giovanili che torna a serpeggiare solo in pochi punti, ma un certo abbandono che non esclude nel fondo il senso di morte: quello stesso che negli ultimi anni lo opprimeva in modo costante e che qui si rende particolarmente presente nel tempo lento. Anche per questa consapevolezza dell’animo le accese tavolozze di un tempo si traducono ora in un persistente e seppur non uniforme colore grigio quale scelta stilistica di contenimento dei sentimenti e delle emozioni. Di tale natura pensosa e ‘affettuosa’ è soprattutto sostanziata la parte finale nelle sue ultime battute. SMETANA – Le opere di Smetana rivelano talora già dai titoli la volontà di esprimere un’istanza profonda di appartenenza, anche in senso più propriamente autobiografico. È, quest’ultimo, il caso del Quartetto in mi minore “Dalla mia vita” che romanticamente si propone si ‘raccontare’ attraverso i suoni un’esperienza umana spesa per l’affermazione di una personalità artistica non meno che per il sostegno al processo di identità nazionale. Come e più di Dvořák, Smetana figura tra gli eminenti rappresentanti del risveglio musicale della Boemia, Paese peraltro già integrato nella cultura europea ma che, come altre nazioni ‘periferiche’ d’Europa, ambiva in quell’epoca ad affrancarsene per trovare una propria strada di originalità e indipendenza. Per questo era necessario scendere fino alle radici dell’idioma nativo, dove il popolo potesse facilmente riconoscersi. Fu in età matura che Smetana compose i suoi due Quartetti, quasi a volervi sintetizzare tutto intero il proprio pensiero musicale. Il primo di essi è anche il suo lavoro cameristico più celebrato. Conosciamo da una lettera che l’autore lo aveva concepito secondo un programma esplicativo del contenuto autobiografico. Il primo tempo (Allegro vivo appassionato) illustrerebbe così la giovanile passione musicale dell’autore; il secondo (Allegro moderato à la Polka) il suo interesse per la danza popolare; il terzo (Largo sostenuto) la tenera memoria del primo amore e l’ultimo (Vivace) l’acceso sentimento nazionalistico. Diego R. Cescotti STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 23 SALA FILARMONICA MARTEDÌ 24 NOVEMBRE 2015 ARS TRIO DI ROMA Laura Pietrocini pianoforte Marco Fiorentini violino Valeriano Taddeo violoncello 24 ANTONÍN DVOŘÁK (1841-1904) Trio n. 4 in mi min. per pianoforte e archi op. 90 (“Dumky” ) Lento maestoso (Dumka I) Poco adagio (Dumka II) Andante (Dumka III) Andante moderato (Dumka IV) Allegro (Dumka V) Lento maestoso (Dumka VI) FRANZ SCHUBERT (1797-1828) Notturno in mib magg. D 9897 JOHANNES BRAHMS (1833-1897) Trio in si magg. op. 8 Allegro con brio Scherzo (Allegro molto) Adagio ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 25 Fin dal suo esordio nel 2001, l’Ars Trio di Roma si è imposto come una delle giovani formazioni più interessanti del panorama italiano ed internazionale. Perfezionatosi sotto la guida del Trio di Trieste presso l’Accademia Musicale Chigiana di Siena, ha conseguito il 1° Premio assoluto al prestigioso Concorso Internazionale «Premio Trio di Trieste». Da allora l’Ars Trio è stato ospite di importanti associazioni concertistiche italiane ed estere: significative in questo senso le tournées in vari paesi del Sud America, a Praga, Kiev, Graz, ecc. Ha partecipando anche ad importanti festival in Germania quali il Scharwenka Festival di Lubecca ed il Bachfest di Lipsia. Interprete di un vastissimo repertorio che spazia dal classico al moderno, l’Ars Trio è da sempre molto attento alla musica contemporanea, mettendo regolarmente in programma autori come Copland, Ščedrin, Kagel e Henze. Nel 2006, la rivista Amadeus ha dedicato la propria copertina all’Ars Trio di Roma, interprete dell’incisione dell’integrale delle opere per trio di Šostakovič pubblicata dal mensile. Dal 2005 l’Ars Trio di Roma è coinvolto nella promozione e diffusione musicale anche come direzione artistica di «Musica in Ateneo - dal Barocco a oggi», rassegna espressamente rivolta al mondo giovanile per una fruizione gratuita e di qualità della musica classica e contemporanea negli spazi dell’Università. 26 NOTE AL PROGRAMMA DVOŘÁK – Nelle culture slave il termine Dumka rimanda a una forma di poesia epica che celebra gli eroi della patria e in particolare le imprese dei cosacchi, ma che in accezione più comune si può intendere nel senso di pensiero, riflessione. Trapiantato come tale in ambito musicale, il concetto acquista tutta una sua connotazione espressiva caratteristicamente spaziante tra gli estremi del malinconico e del gioioso, motivando un’estrema variabilità della struttura generale che poco deve ormai alla normatività del sonatismo mitteleuropeo e alla sua classica logica elaborativa. Nelle sei parti di cui si compone, il Trio Dumky di Dvořák (1891) lascia cogliere l’estesa gamma di atteggiamenti messa in campo dal piano generale, che ogni volta organizza la materia in modo binario, con una prima parte di natura pensieroso-nostalgica e una seconda sprigionante umori più festosi e popolari, seppur con frequenti ritorni variati delle parti nel corso di ciascun brano. L’architettura originale di questo Trio è funzionale al progetto, sì che tutto si snoda quasi come in una narrazione. L’elemento folklorico che Dvořák, da uomo del suo tempo, usa ancora come innesto caratteristico nel contesto colto senza porsi il problema di un utilizzo critico, accresce il fascino e l’attrattiva di queste pagine e le rende espressive dell’anima slava, sempre in bilico tra la naturale malinconia e la genuinità popolare che invoglia alla danza. SCHUBERT – A fianco dei due grandi Trii lasciatici da Schubert, è presente, per questa stessa formazione, una pagina isolata appartenente al suo ultimo periodo produttivo, che va ad aggiungersi ad altri materiali spesso frammentari e di dubbia collocazione o privi di agganci riconoscibili che accompagnano una creatività eccezionalmente abbondante e polimorfa. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Nel novero di questi reperti si pone il cosiddetto Notturno (il titolo fu posto successivamente da altri), che, secondo l’ipotesi più accreditata, era stato creato da Schubert come tempo lento per il Trio in si bemolle D 898, poi scartato per ragioni di equilibrio interno e sostituito con l’attuale Andante un poco mosso. Il Notturno, rimasto come pezzo a sé stante, fu stampato solo una ventina d’anni dopo da Diabelli e si assicurò un qualche posto nei programmi cameristici. Tripartito nella struttura, si svolge per la prima parte come dolce e nostalgica melopea con il canto affidato agli archi che procede per terze e il pianoforte che accompagna con accordi arpeggiati: situazione subito dopo rovesciata con il pianoforte che emerge e gli archi che lo sostengono in pizzicato. Tipicamente schubertiano è il passaggio centrale alla tonalità lontana di mi maggiore che instaura un clima del tuto diverso per sonorità e qualità drammatica. Infine si ritorna alla situazione iniziale variata nel trattamento, che prevede un ulteriore cospicuo ritorno della parte ‘agitata’. Il pezzo si configura nel suo insieme come una fantasia dal tratto piuttosto libero: in esso ritroviamo la compresenza, abituale in Schubert, di dolce e di irruente e quella acuta sensibilità cantabile che cela sempre nella sua apparenza la traccia di un qualche turbamento dell’animo. Mettere in rapporto questa breve pagina con la compiutezza artistica dei due grandi Trii sarebbe improprio, ma non saremmo nemmeno più disposti a seguire la linea interpretativa di studiosi autorevoli come Alfred Einstein che la deprezzava completamente considerandola vacua e priva d’interesse. BRAHMS – Una singolare vicenda è legata a questo Trio, che qualche dilemma può ancora porre a studiosi ed esecutori, ed è il fatto che di esso ne esistono due versioni alternative, diverse tra loro quanto può esserlo una visione artistica concepita da un autore ventenne nel pieno della sua irruente giovinezza e quella rimeditata da un autore di fama giunto alla sua serena maturità. Il Trio in si maggiore (1854) fu la prima opera da camera ad essere inclusa da Brahms nel proprio catalogo ufficiale, e ciò prova la buona considerazione in cui egli la teneva. Come tale fu pubblicata nel 1854 da Breitkopf. L’ideazione dell’opera si colloca negli anni della prima affermazione dell’autore amburghese, segnati dall’amichevole sostegno di Schumann e dai significativi successi in campo pianistico e liederistico: per questo presenta un forte carattere dimostrativo nel senso dell’impegno, dell’ambizione, dell’energia, con idee fresche in misura sovrabbondante, espresse con quella prolissità per voglia di dire tutto che il momento e l’età giustificavano pienamente. Brahms non avrebbe ripreso in mano questo suo pezzo se, quasi un quarantennio dopo, l’editore Simrock non si fosse fatto avanti per reclamarne una revisione. Così il compositore, fors’anche compiaciuto intimamente per l’occasione che gli veniva data di rivalutare da vicino un prodotto della sua giovinezza lontana, si lasciò convincere ad adattarlo a criteri più consoni all’età, ai tempi e ai gusti, dandogli, come egli sottolineò ironicamente, una sistemata ai capelli arruffati, senza per questo mettergli la parrucca. STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 27 Nella sostanza il lavoro di revisione si dimostrò piuttosto radicale, tanto per il rifacimento di svariati passaggi quanto soprattutto per la riduzione delle molte ridondanze a una misura più opportuna, che fu ottenuta a prezzo del sacrificio di ben cinquecento battute. Di fatto la versione riveduta non sostituì tout-court la prima, poiché Brahms, pur dicendosi convinto della migliore resa offerta dalla versione sfrondata, non si volle staccare del tutto da quella scapigliata, e autorizzò l’editore a conservarla e, se del caso, a ristamparla. Va detto peraltro che la prassi invalsa è ormai quella di eseguire la seconda versione del 1891, anche se non è mai mancata una tenace parte di sostenitori pronti a giurare sulla bontà e autenticità della prima. L’iniziale Allegro con brio ha la forma-sonata come modello di riferimento, ma è giocato con notevole libertà di decorso: in esso acquista particolare risalto il primo tema che s’impone con autorevolezza fin da subito e domina l’intero movimento attraverso i suoi vari passaggi elaborativi. Lo Scherzo che segue ha carattere fantastico e una simpatica (o sfrontata, secondo alcuni) connotazione popolare nel valzer presentato un po’ a sorpresa nella più mossa sezione centrale. L’Adagio in forma liederistica si mantiene fedele alla tradizionale funzione di oasi meditativa ed ha momenti di vero incanto sonoro e d’invenzione. L’ultimo Allegro, in forma di rondò-sonata, è quello che più ha risentito delle forbici del censore, avendone modificato il profilo di molti disegni e soprattutto l’umore di fondo, che vede attenuata gran parte dell’agitazione romantica per una visione più rasserenata non priva di gioia di vivere e di spirito positivo. Diego R. Cescotti 28 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA SABATO 5 DICEMBRE 2015 FRANCESCA TEMPORIN violino KIM FABBRI pianoforte WOLFGANG AMADEUS MOZART (1756-1791) Sonata in sib magg. K 454 Largo-Allegro Andante Allegretto LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770-1827) Sonata n. 1 in re magg. op. 12 n. 1 Allegro con brio Tema con variazioni: Andante con moto Rondò. Allegro EDVARD GRIEG (1843-1907) Sonata n. 3 in do min. op. 45 Allegro molto ed appassionato Allegretto espressivo alla Romanza Allegro animato STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 29 Francesca Temporin (Rovereto 1997) è diplomanda presso il Conservatorio “B. Maderna” di Cesena. Segue i corsi di alto perfezionamento di Rudens Turku in Austria e all’Accademia “Perosi” di Biella dopo aver frequentato i corsi di moti altri docenti tra cui Mariana Sirbu e Uto Ughi. Ha partecipato a vari concorsi musicali come solista e in formazioni cameristiche vincendo 27 primi premi (di cui 11 assoluti), borse di studio e premi speciali. Nel 2010 ha vinto il primo premio alla Rassegna nazionale d’archi di Vittorio Veneto. Ha all’attivo più di 200 concerti, in Italia ed all’estero, sia come solista che in formazioni cameristiche. Ha tenuto concerti a Palazzo Valperga a Torino, al Castello Sforzesco di Milano, al Palacongressi di Stresa, nella Basilica di Bergamo per i concerti di Natale 2013 e 2014 con l’Orchestra da Camera Giovanile di Domodossola. Si è esibita per Rai 3 a Torino e per la Radio Vaticana in concerto. Dal 2011 collabora con la pianista Kim Fabbri insieme alla quale ha tenuto concerti a Ravenna, Bertinoro, Rovereto, Trieste, Udine, Domodossola e Brescia. Nel 2012 ha ricevuto il premio “Totem per la musica” assegnatole dalla rivista di arte e cultura Totemblueart. 30 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Kim Fabbri è nata nel 1991 a Cesena, dove si è diplomata con lode e menzione ed ha ottenuto la laurea specialistica di II livello avendo studiato sotto la guida di Luigi Tanganelli. Ha partecipato a masterclass con maestri quali Oksana Jablonskaja, Leonid Margarius, Piernarciso Masi e Benedetto Lupo. Ha ottenuto primi premi in diversi concorsi come il “Città di Ravenna”, l’“Antonio Salieri” di Legnago e l’“Amilcare Zanella” di Piacenza. Ha collaborato come pianista accompagnatrice al Concorso nazionale di esecuzione per clarinetto “Omaggio a Ciro Scarponi” di Assisi esibendsi con artisti di fama mondiale. Ha tenuto concerti sia da solista che in formazioni cameristiche per diversi festival e associazioni come il “JCE Network Festival” (Bertinoro), il Festival “Suona francese”, l’Associazione “Angelo Mariani” (Ravenna), l’Associazione “Mozart” di Rovereto e Trieste, l’Associazione Filarmonica di Rovereto, la rassegna “Domenica in musica” di Cesena e e il Festival “Franco Margola” di Brescia. STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 31 NOTE AL PROGRAMMA MOZART – Della quarantina di Sonate per violino scritte da Mozart, quella in si bemolle maggiore K 454 (1784) è tra le più segnalabili per importanza e autorevolezza. Mozart era a quell’epoca stabilmente insediato a Vienna, impegnato su più fronti ma con un occhio particolare al concerto per pianoforte ed orchestra, genere ancora nuovo e molto richiesto, dal quale ambiva procurarsi una certa sicurezza economica. Ed è proprio tra un concerto e l’altro che trovò il modo di dedicarsi a quell’altra commissione la cui importanza non gli era sfuggita poiché ad esibirsi nel suo pezzo sarebbe stata una rinomata violinista mantovana che bisognava mettere nelle condizioni di figurare al meglio della sua fama. Senonché, arrivato il giorno del concerto, le parti non erano state ancora completate, e ciò costrinse la violinista Strinasacchi a suonare quasi a prima vista e Mozart ad accompagnarla improvvisando lì per lì: un’altra delle sorprendenti vicende (o leggende) che circondano di un alone di magia il nome del genio salisburghese. Un segno di distinzione proviene alla Sonata dall’ampio e solenne Largo iniziale che crea un’adeguata introduzione all’abituale Allegro, così come spesso già avveniva in campo concertistico e ancor più sinfonico. Il resto è tutto sotto il segno della perfezione e dell’infallibilità delle scelte, evidenziandosi soprattutto nell’ideale fusione dei due strumenti dialoganti in pura logica concertante. La contiguità della Sonata con i concerti per pianoforte determina anche il carattere ‘esibito’ e non intimo del pezzo, nonché la ricchezza delle idee e dei materiali impiegati, l’estensione delle zone cantabili, le richieste virtuosistiche e le stesse dimensioni del componimento. BEETHOVEN – Poiché l’apprezzamento ‘colto’ di un brano di musica non può mai prescindere del tutto dalle ragioni storiche, si tende, per comune abito mentale, ad adottare un parametro valutativo più favorevole nei confronti dei brani che mostrano di saper interpretare il presente o addirittura prefigurare il futuro, mentre si guarda con cautela se non con sospetto a quelli la cui concezione appare più resistente alle spinte in atto. Ciò avviene anche all’interno della produzione di uno stesso autore, come appunto è il caso di Beethoven e delle sue Sonate, dove il pianoforte solo, per ragioni storiche e sociali sottese all’evoluzione delle forme e delle pratiche, risulta sempre in evidente vantaggio su qualsiasi altra combinazione compresa quella in duo con il violino, cui a quei tempi si tendeva ancora ad affidare un ruolo poco più che di riempitivo ‘ad libitum’ entro i confortevoli ambiti del genere classico-galante. In mezzo c’era stata però la fondamentale lezione di Mozart ad indicare come si dovesse mirare a un diverso equilibrio all’interno della compagine cameristica, così da ottenere una ideale paritarietà quale si conviene allo stile concertante. E appunto fu da Mozart che Beethoven partì, non più giovanissimo, per questa sua prima incursione nel campo del sonatismo violinistico che in capo a pochi anni seppe condurre al pieno riscatto con la cosiddetta Sonata “Kreutzer”, tramite la quale il sonatismo violinistico entrò d’un colpo nell’età moderna. 32 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO La prima sonata dell’op. 12, che l’autore volle dedicare ad Antonio Salieri, si mantiene ancora in più tranquilli climi. Ciò che in essa rimane di spirito ancien-régime è il bel garbo, lo stile di conversazione, il tono di piacevolezza, il carattere di naturalezza e confidenzialità, quale si avverte in particolare nell’affettuoso Andante centrale che si sviluppa nella formula di tema con quattro variazioni. Non manca, beninteso, in altre parti il segno della personalità beethoveniana con le sue richieste di maggiore irruenza e franchezza. Il Finale è un Rondò che conferma l’adesione agli schemi tradizionali e si fa notare per il tono brillante e l’impulso ritmico, che è un connotato di tutta la Sonata. GRIEG – I commenti critici sulla produzione di autori come Grieg, che sono al tempo stesso continuatori della grande stagione romantica tedesca e portatori di una diversa sensibilità per via della peculiare appartenenza etnica, tendono invariabilmente a rimarcare le deviazioni più o meno cospicue che essi evidenziano nei confronti dei canoni formali consolidati, particolarmente in quanto ha a che fare con l’elaborazione tematica. Per questo non conviene insistere troppo sugli schematismi accademici e cercare altrove i valori di cui le loro opere sono portatrici. Così al norvegese Grieg si riconosce volentieri una natura di sottile miniaturista, di impareggiabile bozzettista, di felice acquarellista, e si riconosce ai suoi pezzi una spontanea qualità melodica, un efficace uso di sfumate colorature armoniche, una solida innervatura ritmica, e in generale tutte quelle componenti linguistiche ed espressive che riconducono a quel suo mondo scandinavo di cui sapeva rievocare poeticamente le tipicità proprie del canto corale e della danza popolare. E se pure qualche situazione pre-impressionista si può scorgere in talune sue pagine di carattere più evocativo, non va disconosciuta nella sua scrittura la capacità di costruire un tessuto di stringente dialettica ove lo richieda il tipo d’impegno e il genere di riferimento. È appunto il caso della Sonata per violino in do minore (1887) – ultima delle tre da lui scritte –, la quale si annuncia già nelle prime battute con un drammatico e tortuoso tema che ricorrerà in tutto il primo movimento alternandosi con un secondo gruppo tematico di serena discorsività. Plaghe di lirismo intimistico a volte screziate di malinconia si insinuano nel decorso successivo, in regolare alternanza con i momenti più intensi e vigorosi. Molto efficace anche il secondo movimento di carattere elegiaco-meditativo, ma con una ritmica sezione centrale di contrasto che ha tutto il sapore di una danza popolare. Spunti naturalistici e immaginifici esprime il movimento finale che procede mosso e leggero come in una danza di elfi, costruendosi su una sommatoria di invenzioni diverse e affrancate dall’obbligo di una successiva elaborazione. Diego R. Cescotti STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 33 34 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA MERCOLEDÌ 13 GENNAIO 2016 STEFANIA NEONATO GIACOMO GOTIFREDO FERRARI (1763-1842) fortepiano Caprice op. 8 in do min. Sonata op. 10/1 in do magg. Allegro spiritoso Andantino con espressione Scherzando LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770-1827) Sonata op. 27/2 in do# min. “Quasi una Fantasia” Adagio sostenuto Allegretto Presto agitato LUDWIG VAN BEETHOVEN Sonata op. 2/3 in do magg. Allegro con brio Adagio Scherzo: Allegro Allegro assai STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 35 36 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Naata t a Tre r nt nto, o, St Stef efan ania ia Neo eona nato to si è diipl plom omat om a a in pia iano nofoort rtee al Con onse serv rvat ator orio io della suua ci c ttà laureaand ndos osii an anch chee in Lin in-gue e Lettter erat a ure Strani n er ere. e Si è pe perf rfez ezio io-nata con Aleexa x nder Lon nqu quic ich, h, Ric icca card rdoo Zadra e Leonid id d Margarius. Ha ott tten enut utoo il Master in Forte tepi te p an a o al all’ l’Ac Acca cade demi miaa Internazionale di Im I olaa co conn St Stef efan anoo Fiuzzi e il “Doctor off Mus usic ical al Art rts” s” in “Historical Performancee Pr Prac acti tice ce”” co conn Malcolm Bilson alla Cornel elll Un el Univ iver ersi sity ty di New York, dove è stata assi sist si sten ente te di pianoforte dal 2006 al 2008. Dal 20113 è docente di pianoforte storico alla Musikhochschule di Stoccarda. Nel 2007 ha vinto il Concorso Internazionale per Fortepiano “Musica Antiqua” di Bruges; da allora è ospite regolare di importanti Festival europei e nordamericani (Van Vlaanderen a Bruges, Styriarte a Graz, Festival Mozart a Rovereto, Kl KlaraFestival Kl a Bruxelles, Festival Alte Muu si s k Knechtsteden, Boston-Early Musicc Festival, Kölner Fest für alte Musik, Reg e ensburg-Tage der Alten Musik) si k) e all ll’i ’iinterno dii im impo portanti stagioni conc ncer erti tist stic iche he (Mü Müns nste terr-Er E bd b rostenhof, Bolo Bo logn gna-Ac A cademi miaa Fi Fila larm rmonica, Brescia sc ia-T -Tea eatr t o Gran ande,, Fi Fire renz n e-Ac A cademiaa Barttol Ba olom omeo eo Crist stof ofori, Ami m ci delllaa Musica si c di Pa Pado dova, Ma M drid-Fun u dación Juan March, Ma h, Cornell l Conce c rt Series, BostonTuft Tu fts Un Univ iver e sii ty, Ro R ma-O O ratorio del Gonf Go nfalone, Viennaa-Musikv k errein)). Unit Un itam amen e te all’atttività in campo po mus usiicologico, porta avanti un’ n’in n’ inte in t ns te nsaa at atti tivi ti vità t didattica con seminari e mas aste terc rcclass di fortepiano e pianoforte sttor oric icoo in n Ita taliia e all’estero È stata membr broo di giuria iu u al Primo Co Concorso Internazi z on onal alee pe perr Fortep an pi no “G “G. G. G Fer erra rari” a Ro Rove vere reto to (2012). STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 37 NOTE AL PROGRAMMA Ferrari, Beethoven e l’Europa pianistica fra Settecento e Ottocento Per chi non conoscesse l’opera pianistica di Giacomo Gotifredo Ferrari (Rovereto 1763 Londra 1842), l’ascolto dei suoi brani potrebbe creare una certa confusione. Stilisticamente infatti, essi presentano una sintesi delle correnti estetiche circolanti in Europa - quella continentale e l’Inghilterra - fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. La passione del musicista roveretano per W. A. Mozart e per un classicismo formale non ancora peraltro completamente declinato, ma comunque quasi interamente aproblematico, si colora del particolare gusto melodico dello stile galante e operistico mediterraneo e soprattutto si anima delle novità più squisitamente tecniche del repertorio pianistico. Accanto alla sua cospicua produzione operistica, Ferrari coltiva assiduamente la composizione di Sonate per cembalo o pianoforte (con altri strumenti ad libitum o obbligati) e di altri generi piuttosto comuni e diffusi fra i musicisti dilettanti della nobiltà terriera e dell’alta borghesia commerciale. Nel 1801 Muzio Clementi pubblica il suo Metodo pel pianoforte e, proprio a cavallo dei due secoli arriva – forse per primo – a coniare un nuovo linguaggio pianistico, un idioma nettamente più “muscolare” e istrionico dello stile tardo-barocco e del primo Classicismo per tastiera, uno stile che Beethoven accoglierà preparando il terreno ai primi virtuosi dell’era romantica. Pur esaltando Mozart e criticando lo stile pieno di prolissità e stravaganze di Beethoven, Ferrari accoglie nei suoi brani pianistici - soprattutto nelle Sonate per pianoforte solo - il primo idioma clementino che aggiungeva a un impianto classico elementi spiccatamente virtuosistici (anche spesso desunti dalla letteratura clavicembalistica italiana) come scale, arpeggi, ottave, terze e tutto ciò che poteva rendere l’esecuzione pianistica estroversa e avventurosa. Questi aspetti risaltano indubbiamente nelle Sonate Op. 10 dedicate a M.me Pauline de Meternich, pubblicate a Londra attorno al 1795 ma possibilmente più tarde. Il Capriccio Op. 8 – che mostra numero d’opera incerto (Op. 7 nel RISM) e anno di composizione non pervenuto – pur esibendo la doppia destinazione pour le clavecin ou le pianoforte sembra alludere alla potenza e varietà dinamiche del pianoforte. L’introduzione a carattere grave e con note lunghe necessita indubbiamente del sostegno sonoro dello strumento a corde percosse mentre la parte seguente, più libera e “a capriccio” richiede la ricchezza dell’effetto del pedale di risonanza per rendere al meglio i cambi di colore armonico. Il finale sospeso sulla dominante Sol rientra nello stile usuale di brani “a fantasia” o “a capriccio,” spesso semplicemente “canovacci improvvisativi” da usare come introduzione a brani maggiormente strutturati. In questo caso si farà seguire a questo Capriccio introduttivo la Sonata in Do maggiore Op. 10/1 (1795), in modo da creare un effetto di “preludio” a una Sonata. Il brano in questione rappresenta lo stile pianistico maturo di Ferrari, impensabile senza la familiarità con lo stile inglese e con i compositori Haydn e Clementi, attivi a Londra in quegli anni. La pienezza degli accordi e degli accompagnamenti – con veri e propri effetti 38 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO orchestrali – risponde all’evoluzione dello strumento e soprattutto alla diversa concezione costruttiva della scuola inglese: suono pieno, più lungo e meno “penetrante” del suono dei pianoforti viennesi; più cantabile e potente, adatto ai sempre più diffusi e ampi spazi dei concerti pubblici. Il cantabile ispirato a Clementi si dispiega nell’Andantino con espressione, dove le pause e la gestione drammatica dei diversi caratteri musicali danno l’idea di una vera e propria “scena teatrale,” come nelle Sonate mature del compositore romano, naturalizzato inglese. Il Rondo finale Scherzando riporta a una certa leggera brillantezza le vette espressive toccate nei primi due movimenti. In dialogo con la Sonata Op. 10/1 di Ferrari, la Sonata in Do maggiore Op. 2/3 presenta uno stile spiccatamente virtuosistico, a testimonianza della necessità di Beethoven di affermarsi nei suoi primi anni a Vienna come pianista prima ancora che come compositore. Ispirata chiaramente allo stile “atletico” di Clementi, questo brano, con le altre due Sonate della stessa opera, è dedicato a Joseph Haydn, modello indiscusso per la struttura formale e per il gesto retorico classico. I primi tre movimenti della Sonata presentano contrasti spiccati, come se nel primo stile di Beethoven fossero già presenti in sintesi tutti gli elementi di sviluppo verso l’estetica pianistica più tarda. Nell’Allegro con brio forti contrasti si susseguono fra il primo tema maggiore, agile e staccato e il secondo tema minore, cantabile e legato, e ancora fra il primo tema e il vicino ponte modulante, a ottave spezzate e a carattere orchestrale. In generale, il contrasto fra zone più sobrie e “asciutte” e quelle più ricche di sonorità o comunque più piene e cantabili è una cifra ricorrente nell’Allegro iniziale, nell’Adagio, fra tema maggiore e sezione in minore, fra lo Scherzo e il Trio. Questa tensione fra scritture diverse – da un lato quella retorica più articolata di matrice haydniana e dall’altro quella densa e orchestrale inaugurata da Clementi e dalla scuola inglese – e in un’epoca in cui Beethoven ancora non specificava un particolare uso degli smorzatori suggerisce all’interprete “storicamente informato” un uso mirato ma ampio del pedale di risonanza, come un vero e proprio “registro” a effetto (su questo strumento ancora come leva “a ginocchio”). L’uso prolungato della risonanza dello strumento sembra ormai irrinunciabile anche per il primo tempo della “Sonata Quasi una Fantasia”, altrimenti nota come “Chiaro di luna” (1801). In questo spettrale Adagio a terzine, apparentemente ispirato all’Andante della morte del Commendatore dal Don Giovanni mozartiano e forse a sua volta modello per il Capriccio di Ferrari, la melodia emerge più come effetto che come frase compiuta. Beethoven raccomanda Sempre pianissimo e senza sordino, dove sordino sta per smorzatori e l’indicazione sempre pianissimo suggerisce probabilmente l’uso del registro di moderatore, un panno di lana che, frapposto fra le corde e i martelli crea una sonorità molto attutita, quasi immateriale. In questa sede, con una sala non troppo grande e uno strumento adatto, è forte la tentazione di interpretare questa indicazione come il consiglio di mantenere la barra degli smorzatori sollevata per tutta la durata dell’Adagio, espediente che aiuta a cogliere la novità del mondo sonoro ed estetico di Beethoven e l’unicità di questo brano. Il carattere “di fantasia” di questa Sonata si concentra indubbiamente nell’originale STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 39 Adagio, quasi un’introduzione ai successivi Allegretto e Presto agitato, da eseguirsi senza interruzioni. Beethoven sperimenta qui con il genere e il contenuto nella direzione di una forma nuova che, dalla tradizionale struttura di sonata in tre o quattro tempi, sembra voglia arrivare a un discorso più flessibile e continuo. L’elemento improvvisativo, sempre caratterizzante lo stile pianistico beethoveniano – si noti ad esempio la cadenza scritta nell’Allegro con brio della Sonata Op. 2/3 (1795) – e tuttavia ancora inglobato in una forma netta, diventerà la norma nelle sonate a partire dal 1800, arrivando a coniare lo stile di “sonata-fantasia” dell’ultima stagione del compositore di Bonn. Lo strumento utilizzato per questo concerto è la copia di un pianoforte di scuola viennese firmato da Anton Walter del 1804 e realizzata da Paul McNulty nel 2008. L’estensione della tastiera è di cinque ottave e mezza e sono presenti tre registri “a ginocchiera”: smorzatori, moderatore e una corda. Stefania Neonato 40 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA MARTEDÌ 19 GENNAIO 2016 MICHAIL LIFITS pianoforte FRANZ SCHUBERT (1797-1828) Sonata n. 18 in sol magg. D 894 Molto moderato e cantabile Andante Menuetto; Allegro moderato Allegretto ROBERT SCHUMANN (1810-1856) Waldszenen op. 82 ROBERT SCHUMANN Sonata n. 2 in sol min. op. 22 Vivacissimo Andantino Scherzo Rondò STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 41 Nato nel 1982 a Taškent (Uzbekistan), Michail Lifits sin da giovane ha catturato l’attenzione del pubblico, presentando all’età di tredici anni il Concerto n. 2 di Rachmaninov. Ha studiato con Karl-Heinz Kammerling e Bernd Goetzke presso la University for Music and Drama di Hannover e con Boris Petrušanskij all’Accademia di Imola. All’inizio del 2014 è stato nominato Steinway Artist. Vincitore del Concorso Busoni nel 2009, ha iniziato una brillante carriera che l’ha portato nelle principali sale del mondo tra cui la Weill Recital Hall-Carnegie Hall e il Lincoln Center (New York), la Wigmore Hall (Londra), l’Auditorium du Louvre (Parigi), la Tonhalle (Zurigo), la NCPA (Pechino), l’Herkulessaal (Monaco), la Sala Verdi (Milano). Partecipa regolarmente ai maggiori Festival quali quelli di Verbier, Gstaad (Menhuin), Auvers-sur-l‘Oise, i BBC Proms e altri ancora. Tra i suoi partner della musica da camera spiccano Vilde Frang, Steven Isserlis, Nicolas Alstaedt e Sergej Krylov. Fra gli impegni della stagione figurano concerti al Kissinger Sommer Festival, al Festival di Brescia e Bergamo, ai Festival di Verbier, Schwetzingen e Salisburgo. Con Vilde Frang sarà in tournée a New York, Washington, Vancouver, Londra, Amsterdam, Milano e Zurigo. Lifits ha suonato con varie orchestre quali la Deutsche Symphonie-Orchester Berlin (DSO), la Filarmonica di Heidelberg, l’Orchestra del Carlo Felice di Genova, la Residentie Orkest Den Haag e i Solisti di Mosca diretto da Jurij Bašmet. 42 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 43 NOTE AL PROGRAMMA Il programma di questa sera unisce due autori che hanno fatto dell’introspezione psicologica l’humus della loro arte compositiva. Entrambi hanno raccontato, in modo differente, lo spaesamento dell’inquietudine: Schubert attraverso l’arrendevolezza di una «poetica della volontà e della rinuncia» (S. Sablich), Schumann con la concitazione di un iperattivismo mentale al limite della malattia. Questo si intuisce facilmente nell’andamento ritmico ed armonico delle loro composizioni laddove il compositore austriaco si muove in circolo, tornando sempre sui suoi passi, dilungandosi in eterne lunghezze che in realtà non portano da nessuna parte, mentre il compositore tedesco cavalca infinite distanze, con repentini cambi di direzione, disperdendosi in ogni meta. Un’affinità, la loro, suggellata dai tragici eventi che colpirono Robert Schumann nel 1854. Fu infatti l’anima di Schubert quel Geist apparsogli in sogno che suggerì a Schumann la sua ultima composizione pianistica, il Tema e Variazioni WoO 24, durante la scrittura della quale il musicista tentò il suicidio nelle acque del Reno. La Sonata in sol maggiore D894, considerata da Schubert l’ultima “grande sonata” di un ciclo di quattro composte tra il 1825 ed il 1827, venne pubblicata con il nome di Fantasia per scopi puramente commerciali, probabilmente per giustificare la lunghezza del brano e la sua eterogeneità rispetto alla classica forma-sonata del primo movimento. Pur presentando nei vari movimenti alcune sezioni contrastanti, dove il canto ed il ritmo si increspano, è la staticità a pervadere l’intera Sonata, dalle prime note, dove il tema sembra apparire con cauta timidezza, sino alle ultime, che terminano in pianissimo. Dal sol maggiore della sonata di Schubert si passa al sol minore di quella di Schumann, dall’inizio Molto moderato della D894 si cede alla frenesia de Il più velocemente possibile – più veloce – ancora più veloce dell’op. 22. Scritta tra il 1833 ed il 1838, l’opera è intrisa delle due fondamentali personalità schumanniane: da una parte quella battagliera e maschile di Florestano, nella concitazione virtuosistica che pervade tre dei quattro movimenti, dall’altra quella intima e femminile di Eusebio nell’Andantino, che in realtà sarebbe un suo Lied del 1828 trascritto dallo stesso autore per pianoforte solo e quivi inserito. Esempio dell’universo di fantasia dello stile di Schumann sono le Waldszenen, ciclo maturo di nove brevi pezzi caratteristici composti durante il Capodanno del 1849 dove la natura, tema caro al movimento romantico, ne è protagonista. Monique Ciola 44 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA LUNEDÌ 25 GENNAIO 2016 FontanaMIXensemble Francesco La Licata direttore Monica Bacelli voce LUCIANO BERIO (1925-2003) O’ King per voce e cinque strumenti BÉLA BARTÓK (1881-1945) Contrasts per clarinetto, violino e pianoforte LUCIANO BERIO Folksongs per voce e sette strumenti Black is the colour I wonder as I wander... Loosin Yelav Rossignolet du bois A la femminisca La donna ideale Ballo Motettu de tristura Malurous qu’o uno fenno La Fiolairé Azerbaijan Love Song STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 45 46 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 47 NOTE AL PROGRAMMA BERIO – Figura tra le più interessanti fra quante hanno animato la scena musicale del secondo Novecento, Luciano Berio ha trovato il modo di coniugare la ricerca più avanzata nel campo della sintassi musicale con la comunicazione rivolta ad un pubblico tutto da formare ma ritenuto pronto ad essere catturato da proposte e suggestioni in linea con i tempi mutati. Già negli anni Sessanta il suo procedere era spesso quello del métissage linguistico e stilistico, ottenuto anche attraverso originali arrangiamenti di musiche preesistenti, sia colte che di matrice popolare. È il caso dei Folksongs (1964) che non hanno stentato ad affermarsi come lavoro di grande attrattiva, rimasto probabilmente il più popolare del suo ampio catalogo. Undici brani di provenienze geografiche diverse sono stati da lui assemblati a formare un caleidoscopio di temi, espressioni, linguaggi e modalità esecutivo-espressive tali da richiedere alla cantante una particolare capacità metamorfica. I sette strumenti di accompagnamento si mettono pure in luce per la realizzazione di un sound sempre molto appropriato alle diverse situazioni nonché abbastanza tipico di quegli anni. O King (1968) è invece un brano scaturito da un dramma umanitario quale fu l’assassinio a Memphis di Martin Luther King. In tal senso il componimento è, per motivazione e natura, del tutto proprio allo spirito dell’anno in cui è stato scritto. Il procedimento adottato da Berio per questo suo tributo è quello di operare una scomposizione dei fonemi che costituiscono il nome della vittima e di ricostruirli poco alla volta nel corso del processo elaborativo fino ad essere ricomposti nella loro interezza. BARTÓK – Venne da Benny Goodman e da József Szigeti l’invito a Bartók di scrivere per loro uso un pezzo da camera per trio con clarinetto. Era il 1938, e Bartók si trovava nel periodo più fecondo della sua attività. I valori del canto popolare ungherese, da sempre nerbo e cuore della sua musica, non avevano più bisogno di alcuna chiarificazione: essi erano ormai completamente messi a punto e assunti come indicazioni d’un procedere artistico che forniva le coordinate ad un personalissimo e inconfondibile idioma. Contrasts si differenzia dalle altre opere cameristiche bartókiane per l’impiego in organico di uno strumento a fiato e per l’utilizzo, nel primo tempo, di una forma non propriamente popolare ma mutuata da pratiche urbane di tradizione relativamente recente, un tempo rigettate dall’autore come artificiali. Questa forma è il Verbunkos, ovvero una danza di arruolamento in due parti lento-veloce, che qui si offre fin dall’attacco come esempio della capacità di disegnare in modo estremamente plastico le linee melodiche e di giocare al meglio con le caratteristiche idiomatiche dei componenti, specie quando i due strumenti melodici si impegnano nello scambio reciproco di frasi. Sembra di percepire che il concetto di ‘contrasto’ evocato dal titolo stia non tanto nell’opposizione di idee quanto nel modo di rendere più soggettivo e differenziato possibile il trattamento strumentale. Il magistero bartókiano non rinuncia a un linguaggio armonico sofisticato e a un’elaborazione motivica altamente evoluta nell’intreccio contrappuntistico, creando un ulteriore motivo di conflitto con il carattere spesso gioviale della sonorità popolare; ma tutto è ottenuto con ammirevole economia di mezzi. Il movimento lento, contravvenendo al suo titolo (Pihenö) che significa rilassamento, apporta un addensamento di tensione, che solo il rapido Sebes finale riesce brillantemente a dissipare. Qui si può osservare, come ultima immagine sonora rilevante, l’espediente di un violino scordato nelle due corde estreme, a imitazione simpatica di un suonare contadino un po’ maldestro. Diego R. Cescotti 48 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA VENERDÌ 5 FEBBRAIO 2016 TRIO GASPARD Jonian Ilias Kadesha violino Vashti Hunter violoncello Nicholas Rimmer pianoforte LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770-1827) Trio in si bemolle maggiore op. 97 «L’arciduca» Allegro moderato Scherzo: Allegro Andante cantabile, ma però con moto Allegro moderato - Presto ARNOLD SCHÖNBERG (1874-1951) Verklärte Nacht op.4 (arr. Steuermann) STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 49 Il Trio Gaspard, i cui membri sono di nazionalità greca, inglese e tedesca, lavorano regolarmente presso l’Accademia Europea di Musica da Camera con uno dei fondatori del Quartetto Alban Berg, Hatto Beyerle, il quale ha dichiarato che la formazione è la migliore da lui ascoltata nel corso della sua attività artistica e didattica. Costituitosi nel 2010, il Trio, è oggi uno dei complessi cameristici più rappresentativi, essendosi aggiudicato tre fra i maggiori concorsi internazionali: quello di Illzach, lo Joachim di Weimar e l’Haydn di Vienna, ed essendosi esibito, tra gli altri, alla Wigmore Hall di Londra, allo Schlosstheater di Schönbrunn a Vienna e alla Salle Molière di Lione. Il Trio è ospite di importanti istituzioni 50 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO musicali in Germania, Francia, Inghilterra, Austria. I tre membri del Trio continuano a coltivare una loro propria attività solistica, con esibizioni in Europa, Asia e Stati Uniti e in sale quali la Megaron Music Hall di Atene, la Salle Garnier a Montecarlo, il Teatro Verdi di Firenze, il Musikverein di Vienna, la Rudolfnium Hall di Praga, la Royal Festival Hall e la Barbican Hall di Londra e vincendo importanti concorsi internazionali quali la Primavera di Praga, il Leopolod Mozart, il «Deutscher Musik Wettbewerb», il Park House Award di Londra, esibendosi spesso con artisti di primo livello come Steven Isserlis, Gidon Kremer, Kim Kashkashian, Bruno Giuranna, Tanja Tetzlaff, Pekka Kuusisto, Kit Armstrong, Nils Mönkemeyer e il Quartetto di Cremona. STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 51 NOTE AL PROGRAMMA BEETHOVEN – Tra i non pochi brani composti da Beethoven per la formazione pianoforteviolino-violoncello, il Trio in si bemolle maggiore op. 97 (1811) dedicato all’arciduca Rodolfo d’Asburgo rimane il più memorabile per pregi di inventiva ed equilibrio che sono rivelatori di un sommo esercizio di stile e insieme riflesso di una contingenza creativa particolarmente felice per serena disposizione della mente e dello spirito. Tutto ciò si riflette nella scrittura che scorre salda ma fluente, eloquente ma semplice, e con quell’elemento di immediata comunicabilità che ognuno avverte fin dalle battute d’attacco scaturenti in maniera assolutamente spontanea. Questo tema profondamente cantabile ci rivela un Beethoven rappacificato e per una volta non interessato a forzare i materiali tematici e a farli scontrare violentemente tra loro, come avviene in tanti altri suoi lavori dal carattere più sperimentale o mossi da un’urgenza più cogente di messaggio; ma che viceversa è intento a perseguire un ideale discorsivo in cui le idee si susseguano con freschezza e siano perfettamente dominate dal buon gusto, dall’esattezza delle proporzioni e degli scambi e da una distensione ampia e agevole delle forme, sì da consentirne un decorso improntato a calma dignità. Così, secondo la sua stessa indicazione, il primo movimento (Allegro moderato) doveva ispirare nient’altro che «felicità e contentezza». Lo stesso registro si mantiene nel tempo successivo (Scherzo-Allegro), tutto intessuto di grazia e semplicità e giocato con sottile alternanza di colori sonori, non turbato da alcunché di aspro o drammatico se non nella sezione centrale, che oppone un disegno cromatico dalle screziature più scure e meditative. Il vertice della composizione è posto nell’Andante cantabile in forma di variazioni, che segue al terzo posto: pagina incantevole per espressione nonché abilissima nella concezione formale per il trattamento integrale cui le variazioni sottopongono il tema espresso all’inizio. Una coda sublime sospende il tempo in quello che è un istante di magia sonora assoluta, dopodiché attacca l’ultimo Allegro, che nel suo tono di leggero disimpegno si incarica di far scendere la temperatura emotiva e portare a conclusione il brano su più rassicuranti e concreti elementi di convenzionalità. SCHÖNBERG – Poche composizioni più della Notte trasfigurata (1899) possono essere assunte a paradigma del passaggio tra Otto e Novecento per la loro capacità di tracciare un bilancio del secolo tramontante e insieme di proporre una coraggiosa apertura al nuovo. Un’opera squisitamente di transizione, dunque, che è tale anche in rapporto alla peripezia artistica del suo autore, da un lato influenzato come tutti dall’onda lunga della sublimità tristaniana e dall’altro già presago della nuova sensibilità fatta di arditezze ed asperità armonico-timbriche. Ma soprattutto, come egli stesso si preoccupò di specificare, la struttura interiore del brano era debitrice al rigore formale di Brahms, dovendo semmai a Wagner la sola fascinazione del suono. Ad onta delle prime superficiali riserve critiche, Notte trasfigurata è da ritenersi non tanto un lavoro epigonico quanto l’opera di un giovane e sensibile musicista che rivela una 52 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO particolare propensione per le sintesi storiche e non teme di appropriarsi di un concetto impegnativo (la trasfigurazione, appunto) già appartenuto alla piena sensibilità romantica e ancora utilizzato da Strauss per un suo recente poema sinfonico. Tale concetto, pur restando nel componimento di Schönberg sostanzialmente confinato al modulo letterario, tende ad espandersi e ad investire con i suoi inquietanti bagliori tutta l’opera: dalla trasfigurazione romantica all’allucinazione espressionista il passo è breve. Il brano si può ritenere un poema sinfonico in piena regola, avendo come testo letterario di riferimento una lirica del poeta Richard Dehmel tratta da una collana di liriche intitolata Weib und Welt. In realtà, più che di una base programmatica si era trattato per Schönberg di un pretesto per esprimere, attraverso la suggestione offerta dai versi poetici, un’atmosfera notturna ora corrusca ora iridescente, solcata da improvvise trasparenze lunari attraverso cui si lascia immaginare l’emergere di due silhouettes umane diafane e irreali. Dell’ambiguo rapporto erotico che lega i due protagonisti e che sostanzia la narrazione poetica di Dehmel nulla rimane nella partitura musicale se non l’atmosfera generale fatta di turbamento ed elevazione all’interno di quel mistero notturno sul quale il grande romanticismo si era lungamente esercitato e di cui l’autore viennese può ritenersi uno degli ultimi rappresentanti. Un’opera, questa del giovane Schönberg, rimasta emblematica per la qualità coloristica, l’audacia di un’armonia evoluta seppur ancora dentro la logica tonale, e l’espansione del continuum sonoro ad una struttura di grandi proporzioni. Curiosa la vicenda delle versioni che il pezzo ha conosciuto nel tempo: nato come sestetto d’archi, era stato più tardi trascritto dall’autore per piena orchestra; la versione che si ascolterà stasera è frutto di un recente adattamento che limita l’organico a tre soli strumenti e come tale appare come una sorpresa e una novità per il pubblico delle sale da concerto. Diego R. Cescotti STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 53 º 00 55.0 ia c so “Diventando socia ho fatto centro! Convinta al 100%. Credo nella mia banca.” Petra Zublasing, Campionessa mondiale di tiro a segno, Appiano www.bancapopolare.it 54 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA GIOVEDÌ 18 FEBBRAIO 2016 CLARA NOVÁK flauto DORA NOVÁK pianoforte JAN NOVÁK (1921-1984) Choreæ vernales Con libertà - Allegretto Andante - Agitato - Tempo primo Lento - Allegro Preludio e Fuga in do per flauto solo Sonata super Hoson zes Allegro moderato Andante Vivace BOHUSLAV MARTINŮ (1890-1959) Polka in D Pastorale Polka in A Étude in F per pianoforte Prima Sonata per flauto e pianoforte Allegro moderato Adagio Allegro poco moderato STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 55 Clara Novakova (flauto) è nata a Brno da una famiglia di musicisti, figlia minore del compositore Jan Novák. È vissuta per anni in Danimarca e in Italia, per poi frequentare l’“Hochschule für Musik” di Stoccarda con Klaus Schochow. Più tardi si è trasferita a Parigi dove ha proseguito gli studi presso il Conservatoire National Supérieur de Musique de Paris con Michel Debost. È vincitrice di numerosi premi in concorsi internazionali (Palmi, Ancona, Stresa), e quelli presso il Rotary-Preis di Stoccarda, lo Stipendiumpreis di Darmstadt e il Pro Musicis Award. Tra il 1988 e il 2006 è stata flauto principale presso l’Ensemble Orchestral de Paris. Ha fatto regolari apparizioni come solista ai più importanti festival suonando alla Salle Pleyel e al Théâtre des Champs Elysées di Parigi, alla Carnegie Hall di New York, al City Hall Theatre di Hong Kong e in molte altre prestigiose sale. Molto viva anche la sua attività all’interno di formazioni cameristiche e dedite alla musica contemporanea. Tra le molte registrazioni si ricorda un CD dedicato alla musica di Camille Saint-Saëns premiato dal “Diapason d’Or”. Ha svolto attività di insegnamento in Francia e Spagna ed ha tenuto master classes in Europa, America centro-meridionale e Asia. Attualmente è docente associata di flauto alla Soochow University di Suzhou (Cina). 56 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Dora Novák - Wilmington (pianoforte) ha frequentato il Conservatorio Claudio Monteverdi di Riva del Garda, prima di completare gli studi di pianoforte alla Hochschule für Musik di Friburgo essendo allieva del pianista russo Vitalij Margulis. Ha proseguito gli studi alla Juilliard School di New York con Rudolf Firkusny per il pianoforte e Felix Galimir per la musica da camera. Dopo il diploma è rimasta alla Juilliard School come insegnante, ritornando in seguito in Germania come pianista e insegnante alla Hochschule für Musik und Theater di Monaco di Baviera. Ha svolto attività concertistica in vari paesi d´Europa, negli USA e in Giappone, partecipando a festival internazionali come la Primavera di Praga e Concentus Moraviae. Ha tenuto corsi di perfezionamento a Oomuta (Giappone), Rovereto e Brno. Si dedica al pubblico giovanile nell´ambito di progetti didattici a Monaco e a Gilching. STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 57 NOTE AL PROGRAMMA L’incanto del flauto La flautista Clara Novakova e Dora Novak-Wilmington al pianoforte interpreteranno brani di due dei maggiori compositori cechi del XX secolo: Bohuslav Martinů e Jan Novák, il loro padre. Suoneranno insieme le Choreaæ vernales, la Sonata super Hoson Zes di Novák e la Prima Sonata di Martinů. Il Preludio e Fuga in do per flauto solo di Novák e una scelta da Études et Polkas di Martinů completeranno il programma. Bohuslav Martinů nacque nel 1890 nella città morava Policka. La sua prima abitazione si trovò sulla torre campanaria della città: le sue prime impressioni del mondo si svolsero dunque, nel vero senso della parola, dall’alto. Le sue eccezionali doti musicali si manifestarono in tenera età, studiando il violino. Le prime composizioni seguirono. La prima città di importanti incontri musicali fu per lui Praga, seguita nel 1923 da Parigi, dove rimase fino all´inizio della seconda guerra mondiale. Qui cominciò a studiare con Albert Roussel, il quale riconobbe la grande personalità di Martinů e lo trattò più come giovane collega che come studente. A Parigi Martinů venne a conoscere i più importanti compositori, musicisti e coreografi del suo tempo. Fra i compositori, furono specialmente Arthur Honegger e Igor Stravinsky a suscitare il suo più vivo interesse. Nel 1940, dopo alcuni passaggi intermedi, abitò ad Aix-en-Provence, a Marseille e a Lisbona e infine, da compositore ormai noto, a New York negli Stati Uniti, dove trovò un’accoglienza cordiale ed ebbe numerose commissioni. Mantenne sempre vivo il contatto con la sua patria, e fu con grande dolore che nel 1942 scrisse il brano sinfonico Lidice in commemorazione della distruzione della città da parte dalle truppe tedesche. Le composizioni di Martinů conquistarono i palcoscenici dei maggiori festival americani ed europei; egli però non smise di sperare in un ritorno in patria, speranza che non fu appagata: morì infatti esule a Liestal in Svizzera nel 1959. Martinů insegnò fra l´altro al Berkshire Music Centre, al Mannes College, alla Princeton University e all’American Academy di Roma. Molte delle sue opere sono per l’orchestra (fra queste sei sinfonie), ma vi sono anche opere teatrali, balletti, composizioni per pianoforte, musica da camera, musica vocale e composizioni per insiemi vari. Le sue Études et Polkas furono originate a Cape Code in South Orleans nel 1945. «Dalle Études et Polkas possiamo capire perché Martinů trova un´accoglienza così positiva presso il pubblico e gli interpreti stranieri. Accanto alla sua grande fantasia, sostenuta da una musicalità verace e spontanea, che crea una forma convincente e adeguata a ciascuna di queste minuscole composizioni, è notevole l’immediatezza dello stile tecnico e strumentale, che non appesantisce la forma di alcunché di superfluo, [...] ma dona alle composizioni una sonorità piena e nello stesso tempo fresca...» (Frantisek Bartos). La Sonata per flauto e pianoforte nacque nello stesso anno. Charlotte Martinů, così ricorda: «Una volta (sul Cape Code) trovammo un uccellino ferito.... gli medicammo l’ala e più tardi B. gli insegnò a volare; più tardi l’uccellino veniva a cantare di fronte alle nostre finestre, ed è così che nella Sonata di B. per flauto e pianoforte si ripete sempre il suo tema». Secondo Jaroslav Mihule, «... la Sonata per flauto e pianoforte si distingue per l’uso versatile delle 58 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO possibilità sia del flauto che del pianoforte, che qui assume un ruolo dignitoso. Ciascuna delle parti ha un carattere suo proprio... La Sonata per flauto e pianoforte è una delle opere migliori non solo del Martinů ‘americano’, ma anche della letteratura per flauto in generale». Compatriota più giovane di Martinů fu Jan Novák, nato a Nova Rise nel 1921. I suoi primi studi musicali si svolsero sul violino, poi sul pianoforte; ed anche per lui, già durante l’adolescenza, l’interesse musicale più forte fu per la composizione. Studiò pianoforte e composizione prima al conservatorio di Brno, poi all’accademia di Praga. I suoi studi furono drammaticamente interrotti da due anni e mezzo da lavori forzati passati in Germania. Nel dopoguerra vinse una borsa di studio annuale negli gli Stati Uniti. Qui studiò con Aaron Copland ai corsi di Tanglewood, poi a New York con Bohuslav Martinů, il quale rimase per Novák il maestro più importante, caro e stimato; dal rapporto maestro-studente si sviluppò negli anni successivi un’amicizia calorosa. Se è lecito un parallelo sul piano letterario, si può dire che ciò che Virgilio fu per Dante, così Martinů fu per Novák. Educato nelle lingue antiche, Novák si dedicò nell’età adulta al latino, i cui testi, soprattutto classici ma talora anche sacri, egli usò nelle sue composizioni vocali; oltre a questo, i metri classici formarono lo sfondo ritmico delle sue composizioni strumentali. Novák parlava fluentemente il latino e lo usava anche nella vita quotidiana, considerandolo la vera ‘lingua europea’. La letteratura classica, la musica ed il suo umore caratteristico gli servirono anche come arma efficace per la sopravvivenza spirituale nei tempi difficili attraversati dal sul paese. Alcuni titoli di poesie latine provengono pure dalla sua penna. Nel 1968, data la delicata situazione politica, Novák emigrò con la famiglia dapprima in Danimarca e quindi in Italia, che fu il suo domicilio per molti anni. Jan Novák morì a Neu-Ulm nel 1984. Il suo stile musicale si distingue per la chiarezza formale e la trasparenza della strumentazione. La sua linea melodica si svolge nell´ambito della tonalità libera, vivificata dalla vivacità ritmica e dal suo caratteristico senso umoristico. Le Choreæ vernales, ossia danze primaverili, furono create nel 1977, dapprima per flauto e chitarra, in seguito per flauto e pianoforte ed anche per flauto, orchestra di archi, celesta e arpa. L´ispirazione del primo brano si può trovare nel verso oraziano «Diffugere nives, redeunt iam gramina campis, arboribusque comæ», la cui metrica ritroviamo nelle battute iniziali dell’Allegretto. L´atmosfera primaverile e danzante viene mantenuta anche nelle parti seguenti, alternando melodie bucoliche e danze bacchiche, forse alludendo allo spirare del vento, al rumoreggiare dei ruscelli, ai giochi di luce e ombra. La Sonata super Hoson Zes fu composta nel 1981 su una famosa melodia di Seikilos rinvenuta in Asia Minore, composta fra il 200 a.C. e il 100 d.C. Si tratta del più antico documento che contenga intatti sia il testo che la notazione musicale, e i suoi versi invitano a godere la vita e a non contristarsi per le piccole angustie della vita. Anche questa composizione novakiana fu concepita originariamente per uno strumento diverso (il violino), dedicandola a Jiři Trnka, un violinista suo amico. Nello stesso tempo però Novák pensò ad una versione con il flauto, ispirata dalla propria figlia Clara. La composizione è svolta classicamente in tre tempi a sé stanti. L’arcaica melodia forma sia l´inizio che il grandioso finale della composizione, confermando l´atteggiamento gioioso verso la vita di Novák. Dora e Clara Novák STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 59 SALA FILARMONICA MARTEDÌ 1 MARZO 2016 ADM SOUNDSCAPE Giovanni Paganelli direttore Giulia Baracani flauto Cosimo Linoci clarinetto Stefano Delle Donne, Eugenia Lentini violini Erica Alberti viola Alessio Tedeschi violoncello Paolo Grillenzoni percussioni Federico Nicoletta pianoforte FRANCO DONATONI (1927-2000) Arpège (1986) per flauto, clarinetto, violino, violoncello, vibrafono e pianoforte ROBERT SCHUMANN (1810-1856) Nachtstück op. 23 n. 1 (1839) per pianoforte solo JOHANN SEBASTIAN BACH (1685-1750) Kleine Präludien (1720) [trascr.N. Straffelini] NICOLA STRAFFELINI (1965) Labyrinth song (2015) per ottavino, clarinetto basso, violino violoncello, percussioni e pianoforte CLAUDE DEBUSSY (1862-1918) Étude pour les arpèges composées (1915) per pianoforte solo JOHANN SEBASTIAN BACH Estratti da Variazioni Goldberg (1741) [trascr. C. Rastelli] ROBERTO CONZ (1955) B.E.A.C.H. 2 (2012) per quartetto d’archi STRAFFELINI/CONZ Arpège 2.0 (un divertissement) (2016) per flauto, clarinetto, quartetto d’archi, percussioni, pianoforte 60 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO L’ensemble AdM Soundscape, creato da Claudio Rastelli, è formato da giovani e selezionati musicisti già avviati alla carriera concertistica, vincitori di concorsi, borse di studio e già collaboratori di orchestre (Filarmonica della Scala, Giovanile Cherubini, Teatro Regio di Parma, Regionale Toscana, Sinfonica dell’Emilia Romagna A.Toscanini, C.E.I.Youth Orchestra, Accademia Mozart…) e ensemble professionali (Nextime Ensemble, Flame Ensemble, Ensemble ‘900 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia…). Nato come “lo strumento musicale” delle attività di formazione musicale degli Amici della Musica di Modena (nell’ultimo anno circa 4000 bambini e ragazzi hanno assistito alle lezioni-concerto), AdM Soundscape tiene anche concerti per altri tipi di pubblico. I programmi, ricchi e originali, creano percorsi attraverso la storia e la società e si muovono tra epoche, stili e organici differenti, utilizzano anche trascrizioni realizzate appositamente da compositori contemporanei. STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 61 NOTE AL PROGRAMMA Arpège è un profumo. E per Franco Donatoni è stato ispirazione. Ma in musica arpège significa arpeggio. È una figura musicale che dispone in successione le note di un accordo (nel caso del brano di Donatoni, si tratta delle note di una serie di accordi perfetti maggiori e minori), una figura di transizione (diagonale) tra l’armonia (verticale) e il canto (orizzontale). P. Gerhardt, J. Crüger O Haupt voll Blut und Wunden, utilizzato da J. S. Bach in Matthäuspassion L’orizzontalità in questo concerto viene espressa in due modalità: quella contrappuntistica (come nelle Goldberg bachiane, o in B.E.A.C.H. 2) e quella in cui un soggetto emerge fra le pieghe del tessuto accordale, (quindi verticale, come in Nachtstück). Nelle composizioni più recenti presentate questa sera l’utilizzo di un materiale che può apparire obsoleto, come gli accordi maggiori e minori, porta invece a esiti molto vari: da una parte alle sfumature timbriche di Pour les arpèges composées e di Labyrinth song, dall’altra ai fantasiosi tableaux vivants di Arpège. F. Donatoni, Arpège I due travestimenti di Rastelli e Straffelini sono “affettuose rivisitazioni”, omaggi che si sommano a quelli fatti a Donatoni e Bartók nel lavoro di Conz, a Monteverdi e Berio da Straffelini e a un’intera letteratura musicale nel divertissement finale. Nicola Straffelini 62 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA MARTEDÌ 8 MARZO 2016 JULIAN STECKEL violoncello PAUL RIVINIUS pianoforte LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770-1827) 7 Variazioni sul tema “Bei Männern welche Liebe Fühlen” (da Die Zauberflöte di W. A. Mozart), WoO46 ROBERT SCHUMANN (1810-1856) Fantasiestücke op. 73 Zart und mit Ausdruck Lebhaft, liecht Rasch und mit Feuer CLAUDE DEBUSSY (1862-1918) Sonata per violoncello e pianoforte Prologue Sérénade Finale ANTON WEBERN (1883-1945) Drei kleine Stücke op. 11 Mäßige Achtel Sehr bewegt Äußerst ruhig JOHANNES BRAHMS (1833-1897) Sonata in fa magg. op. 99 Allegro vivace Adagio affettuoso Allegro passionato Allegro molto STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 63 Julian Steckel è nato nel 1982 da una famiglia di musicisti. Premiato ai Concorsi Rostropovich, Feuermann e Pablo Casals a Kronberg, gli è stato conferito nel 2012 il premio Echo Classic per il suo CD con la Rheinischen Philharmonie Koblenz e la direzione di Daniel Raiskin, dedicato alla musica ebraica del XX secolo con autori quali Bloch, Korngold e Goldschmidt. Dopo aver vinto il primo premio al Concorso ARD di Monaco (2012), si è affermato come uno dei violoncellisti più richiesti ed apprezzati della scena internazionale. Moltissime le sue esibizioni come solista accompagnato da importanti orchestre (Bavarian Radio Symphony Orchestra, Royal Philharmonic Orchestra, Radio Symphony Orchestra di Berlino, Stoccarda, Saarbrucken, Copenhagen e Varsavia, Orchestra di Parigi, Kremerata Baltica, Orchestra Filarmonica di S. Pietroburgo, Orchestra da Camera Franz Liszt di Budapest, e altre ancora) in sale prestigiose quali la Filarmonia e la Konzerthaus di Berlino, l’Herkulessaal di Monaco, il Teatro Nazionale di Gasteig, la Laieszhalle di Amburgo, la Cadogan Hall di Londra, la Salle Pleyel e il Théâtre du Chatelet di Parigi, il Concertgebouw di Amsterdam, la Konzerthaus di Vienna, la Tonhalle di Zurigo). Julian Steckel ha una forte predilezione per la musica da camera, che coltiva assieme a importanti solisti e complessi. Dal 2011 Steckel insegna Violoncello presso l’Università della Musica di Rostock. Paul Rivinius ha studiato pianoforte a Monaco e Saarbrücken e corno a Francoforte. Nel 1994 Rivinius è entrato nel corso avanzato di Gerhard Oppitz a Monaco e si è diplomato con lode nel 1998. Per molti anni è stato un elemento dell’Orchestra Federale Giovanile Tedesca e dell’Orchestra Giovanile Gustav Mahler sotto la direzione di Claudio Abbado. Si è inoltre prodotto con successo all’interno del “Clemente Trio”, formazione che ha vinto il concorso ARD di Monaco nel 1998 ed è stata poi scelta come “Rising Star” con conseguenti ingaggi nelle dieci sale da musica più importanti al mondo quali la Carnegie Hall di New York e la Wigmore Hall di Londra. Paul Rivinius suona anche nel Rivinius Piano Quartet e nel Mozart Piano Quartet, con il quale ha compiuto tournée in Europa e nelle Americhe. Ha insegnato per molti anni musica da camera all’Accademia Musicale Hanns Eisler di Berlino ed ora vive a Monaco come pianista freelance. 64 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO NOTE AL PROGRAMMA BEETHOVEN - Rispetto alle Sonate, le Variazioni rivestono un ruolo sociale più accomodante, legato al rapporto con l’editoria e il pubblico delle sale pubbliche: una produzione commerciale, potremmo dire, cui nessun autore ha mai potuto sfuggire ma che talora non sono prive di interesse nello sviluppo tecnico e di valori musicali autentici. Nel caso di Beethoven, le tre raccolte rimasteci sono significative del processo di acquisizione tecnica e di ricerca formale e stilistica che egli portava avanti per applicarle poi ai lavori più degni. La serie del 1802 è costituita da 7 Variazioni ispirate a un celebre passaggio dal I atto del Flauto magico, l’opera che Vienna aveva rappresentato solo un anno prima e a cui il giovane Beethoven aveva assistito con entusiasmo. Il confidente motivo popolare intonato in duo da Pamina e Papageno sulle parole “Bei Männern welche Liebe Fühlen” si presta molto bene ad essere variato e Beethoven ne trae tutto il profitto. SCHUMANN – I Fantasiestücke op. 73(1849) appartengono propriamente al repertorio clarinettistico, o, in alternativa, violinistico. L’ulteriore adattamento per violoncello conferma la sostanziale non-idiomaticità del pezzo, ossia il suo non avere come suo scopo quello di cogliere e sviluppare precise caratteristiche sonore o tecniche di uno specifico strumento ma tutt’al più di creare un colore romantico adatto all’effusione di un canto dall’eloquio caldo e convincente; il che porta forse un ulteriore elemento di conferma a chi ritiene che Schumann, quando componeva, pensava sempre e solo alla tastiera del pianoforte. Il brano si snoda in tre tempi: moderato il primo e incentrato su un nobile e arioso fraseggio del violoncello che il pianoforte provvede a contrappuntare in modo perfettamente integrato; mosso e appassionato il secondo, sostenuto da un movimento incessante di terzine e articolato in tre parti più una coda più tranquilla; veloce e focoso il terzo, anch’esso tripartito, che un insieme di cromatismi melodici, sincopi e accentuazioni marcate rendono più drammatico e che una coda più veloce porta al parossismo. DEBUSSY – Nel 1915, in piena guerra, Debussy diede corpo al proprio personale bisogno di sicurezza accreditando rinnovata fiducia alla scrittura strumentale da lui intesa come “anestetico spirituale”. Le tre Sonate composte in quel periodo sulle sei inizialmente progettate dichiarano la volontà del musicista di ancorarsi alla tradizione illustre, quella appunto sonatistica, che però, nella fattispecie, non è riferita al periodo classico viennese bensì al GrandSiècle di Couperin e di Rameau, dal che deriva loro la forma più sciolta e concisa. Nessun ossequio o soggezione alle regole canoniche, dunque, in queste tarde pagine debussyane, ma libera associazione di spunti e motivi sceltissimi che definiscono di volta in volta la loro forma. Una successione di mobili figurazioni motiviche cangianti si nota nell’iniziale Prologue della Sonata per violoncello (1915), prima che una cadenza dello strumento ad arco riporti al tema di testa. Caleidoscopica ma straordinariamente asciutta ai limiti dell’aforistico è la successiva Serenade, giocata timbricamente sull’alternanza tra pizzicato del violoncello e staccato del pianoforte, con inframmezzati ulteriori spunti melodici tra cui, immancabili, gli echeggiamenti spagnoleggianti. Anche nel Finale, che attacca senza soluzione di continuità, si riproduce una stilizzazione di chitarra andalusa, con risonanze malinconicamente sensuali di danza, fino a sfociare in una lenta cadenza che precede la conclusione sfolgorante su accordi decisi e secchi. STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 65 WEBERN – Gli studiosi annettono in genere molta importanza al gruppo di composizioni weberniane nate tra il 1913 e il 1914, nelle quali il maestro viennese precisò in modo consapevole i connotati di un percorso artistico che, nel suo ossequio assoluto alla logica formale, si sostanzia in processi costruttivi di qualità sempre più stilizzata e tersa, rispecchiantisi nel rigore di un’autodisciplina ferrea al limite dell’ascetismo. È una musica, questa, che conviene esperire nell’atto del puro ascolto, ché ogni commento vòlto a giustificarla o illustrarla è inevitabilmente destinato a superare di molto la sua stessa durata cronometrica. Arte astratta quant’altre mai, è stata per talune analogie d’impostazione paragonata alle esperienze pittoriche di Paul Klee, il quale si diceva anch’egli convinto che «per diventare più precisi bisogna impoverire», e attraverso questa estrema scarnificazione del materiale, mirare alla massima interiorizzazione dei linguaggi. In musica ciò significa sconfinare continuamente nel silenzio. Ogni evento sonoro all’interno di queste miniature è ormai ridotto ai termini minimi, quasi a voler fissare, e con ciò dare singolare importanza, a ciascun attimo vissuto, in una coscienza sospesa del tempo. Sonorità sempre più depurate e dinamicamente diversificate negli effetti richiesti creano un frammentismo pregno di lacerti significativi. Un vero linguaggio dell’interiorità. BRAHMS – Dopo aver conclusa la parentesi sinfonica che tanti dubbi e tormenti gli era costata, Brahms tornò volentieri al campo a lui più familiare della musica da camera, producendo in un breve volgere di anni un gran numero di lavori che rimangono le testimonianze più nobili del suo tardo stile. Tra esse le sonate per violino op. 100 e 108, il Trio op. 101, il Quartetto op. 111 e i pezzi con clarinetto: tutti lavori in cui giunge a completa e definitiva chiarificazione la scelta di una poetica innervata profondamente nella grande tradizione classica ma riempita di contenuti espressivi in linea con il sentire del tardo-romanticismo. La Sonata in Fa maggiore op. 99 (1886), che si specifica essere “per pianoforte e violoncello” onde evidenziare il ruolo paritario e dialogante dello strumento a tastiera nel rapporto con quello a corda, riflette, di Brahms, non tanto il carattere austero e controllato, che pure è un dato connotativo spesso presente in lui, quanto il piglio vigoroso e giovanile, con momenti di autentica passione espressiva. L’inizio del primo movimento (Allegro vivace) avviene così su un memorabile gesto imperioso e vitalistico a note puntate del violoncello che, con la sola eccezione di un episodio centrale più disteso, si conserva per l’intera pagina costituendone l’impulso ritmico di sostegno. Qui e altrove, il ricorso al tremolo, sia al pianoforte che al violoncello, mantiene viva la tensione che troverà risoluzione solo nel movimento finale. Una tripartizione della struttura conoscerà anche il successivo Adagio affettuoso, che vede in apertura una frase meditativa in Fa diesis maggiore affidata al pianoforte e accompagnata dai pizzicati del cello, la quale è seguita da una sezione in fa minore screziata da inquietudini e turbamenti, per poi tornare al clima più estatico di prima. L’Allegro passionato ha la funzione dello scherzo ma non il carattere. Il piglio è incisivo e robusto, con qualcosa di arcaico nel tono; all’opposto, il ‘trio’ centrale si adegua ad un’intima ed affettuosa espansione melodica di stampo schumanniano. Viene infine l’Allegro molto, una breve pagina in forma di rondò, che conclude festosamente il pezzo mantenendosi perfettamente equilibrata tra una sezione più spiccatamente ritmica, quasi di danza popolare, e un’altra più appassionatamente melodica in cui vien dato sfogo al canto spiegato. Diego R. Cescotti 66 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA GIOVEDÌ 17 MARZO 2016 EVGENIJ SUDBIN pianoforte DOMENICO SCARLATTI (1685-1757) Sonata in fa min. K 466 Sonata in sol magg. K 427 LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770-1827) Bagatelle op. 126 CLAUDE DEBUSSY (1862-1918) L’Isle joyeuse MODEST MUSORGSKIJ (1839-1881) Kartinki s vïstavski (Quadri di un’esposizione) STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 67 Nato a San Pietroburgo nel 1980, Evgenij Sudbin ha iniziato a 5 anni gli studi musicali con Lyubov Pevsner al Conservatorio di San Pietroburgo. Nel 1990 è emigrato con la famiglia in Germania, dove ha continuato i suoi studi alla Hanns Eisler Musikhochschule con Galina Ivanzova; nel 1997 si trasferisce poi a Londra per studiare alla Purcell School e, successivamente, alla Royal Academy of Music, dove ha conseguito il Bachelor e Master con Christopher Elton. Negli studi è stato sostenuto dalla The Wall Trust e dalle Fondazioni Hattori e Pulvermacher; nel 2010, Evgenij ha vinto una prestigiosa borsa di studio dalla Royal Academy of Music di Londra, dove ora è un Visiting Professor. Sudbin si esibisce regolarmente, sia da solo che con orchestra, in festival e concorsi, in tutto il mondo: Aspen, La Roque d’Antheron, Mostly Mozart e Verbier; Tonhalle di Zurigo; Royal Festival Hall, Queen Elizabeth Hall (International Piano Series) e Wigmore Hall (Londra Pianoforte Series) a Londra; Concertgebouw (Meesterpianisten), Amsterdam; Avery Fisher Hall (New York) e Davies Symphony Hall (San Francisco). Collabora con orchestre come la Nuova Zelanda Symphony, Gewandhausorchester di Lipsia, Sinfonica di Lucerna, Filarmonica di Varsavia, Czech Philharmonic, la London Philharmonic, la BBC Philharmonic e Royal Liverpool Philharmonic. Evgenij ha suonato con grandi direttori come Charles Dutoit, Vladimir Ashkenazy, Hannu Lintu, Vassilij Sinaisky, Philippe Herreweghe, Petr Altrichter, Andrew Litton. L’ amore per la musica da camera l’ha fatto incontrare con musicisti tra cui Alexander Chaushian, Ilya Gringolts, Hilary Hahn, Julia Fischer, il Quartetto Chilingirian. The Telegraph lo considera come ‘potenzialmente uno dei più grandi pianisti del 21 secolo’ e gli ha assegnatoli “CD of the Year” per la sua registrazione di Scriabin; le 14 registrazioni con BIS Records sono state nominate come CD del Mese dal BBC Music Magazine e Editor Choice di Gramophone; la registrazione di Rachmaninov lo conferma come uno dei più importanti talenti pianistici; ha ricevuto il MIDEM Classical Award come miglior strumentista solista al Festival di Cannes. Tra 2009 e 2014 Evgenij ha registrato il ciclo completo dei concerti di Beethoven con l’Orchestra del Minnesota e Tapiola Sinfonietta con Osmo Vänskä. Nel suo centenario nel 2013, il Critics Circle per il Circle Music Award, gli ha assegnato il premio eccezionale giovani talenti nella categoria Strumentista. 68 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 69 NOTE AL PROGRAMMA Se un capolavoro unico nel suo genere come i Quadri di un’esposizione di Musorgskij trova difficilmente spazio nelle stagioni concertistiche a causa della sua monumentale durata e per la difficoltà di accostarlo stilisticamente a qualsiasi altra composizione, a Rovereto lo possiamo ascoltare ben due volte mettendo così a confronto l’interpretazione britannica di Steven Osborne, inglese di nascita e formazione, con l’esecuzione del giovane Evgenij Sudbin, nelle cui vene scorre sangue russo. A causa del suo originale linguaggio pianistico, così lontano dal gusto del secondo Ottocento, l’opera di Musorgskij non venne subito apprezzata, anzi. Entrò a pieno titolo nei gusti del pubblico solamente grazie ai rimaneggiamenti operati sulla partitura nei decenni a venire, modifiche che regalavano ai Quadri un suono più rotondo grazie soprattutto all’esigenza di una tecnica di peso e ad una pedalizzazione più generosa. Solo nella seconda metà del Novecento ne è stata recuperata la scrittura originaria, restituendo all’opera il suo linguaggio autentico. Una rosa di brevi pezzi, stilisticamente distanti tra loro ma ugualmente accomunati dalla luminosità e da un timbro cristallino, compensano le sonorità concrete del capolavoro di Musorgskij: dalla coppia di Sonate seicentesche di Scarlatti, nel consueto abbinamento di una veloce con una lenta, ad una scelta di Bagatelle beethoveniane, piacevoli miniature che l’autore scrisse copiosamente all’inizio dell’800 in diversi “Ciclus von Kleinigkeiten”, per finire con l’Isle Joyeuse di Debussy, brano del 1904 che si nutre di simbolismo, ispirato dal quadro L’imbarco per Citera del pittore francese Jean-Antoine Watteau. Un momento particolare della vita del compositore francese è legata alla nascita di quest’opera, una tra le pagine definite di impressionismo musicale che determinarono il vero successo di Debussy assieme ad Estampes (1903), Masques (1904) e le due serie di Images (1905-1908). L’ispirazione nasce durante una fuga d’amore del nostro a Dieppe assieme al soprano Emma Bardac, già musa ispiratrice dell’innamorato Gabriel Fauré (che alla figlia di lei dedicò la suite Dolly per pianoforte a quattro mani) e futura seconda moglie di Debussy. Nel cuore palpitante del compositore le spiagge della Normandia hanno le fattezze di quell’Isola di Venere disegnata da Watteau e non possono che ispirare una composizione che celebra la lucentezza e la grazia, l’amore e la speranza. Monique Ciola 70 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA MARTEDÌ 5 APRILE 2016 VALERIJ SOKOLOV violino EVGENIJ IZOTOV pianoforte CLAUDE DEBUSSY (1862-1918) Sonata in sol min. Allegro vivo Intermède Finale (Très animé) MAURICE RAVEL (1875-1937) Sonata in sol magg. Allegretto Blues (Moderato) Perpetuum mobile (Allegro) GEORGES ENESCU (1881-1955) Sonata in la min. n. 3 op. 25 “dans le caractère populaire Roumain” Moderato malinconico Andante sostenuto e misterioso Allegro con brio, ma non troppo mosso PABLO DE SARASATE (1844-1908) Fantaisie de concert sur des motifs de l’Opéra Carmen op. 25 Introduction: Allegro moderato Moderato Lento assai Allegro moderato Moderato, Più Allegro STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 71 Valerij Sokolov è uno dei più interessanti violinisti della sua generazione. Nato nel 1986 a Kharkov (Ucraina), si è aggiudicato lo Study Grant Prize al Concorso internazionale Pablo Sarasate di Pamplona (1999) e il Grand Prix al Concorso Internazionale George Enescu (2005). Sokolov è generosamente sostenuto dall’Accenture Foundation nell’ambito di un progetto dedicato ai giovani musicisti. Le sue apparizioni recenti includono concerti con la Philharmonia Orchestra, l’Orchestre National de France, la Chamber Orchestra of Europe e altre ancora. Tra i maggiori successi conseguiti si ricordano i recital tenuti al Teatro Mariinskij e ai Festival di Verbier e Colmar. Sokolov ha lavorato con eminenti direttori d’orchestra quali Vladimir Aškenazij, Ivor Bolton, Hubert Soudant e Yan Pascal Tortelier, esibendosi con orchestre di primi livello: la Rotterdam Philharmonic Orchestra, la Tokyo Symphony Orchestra, la Mozarteumsorchester, la Deutsche Kammerphilharmonie Bremen, la Cleveland Orchestra. Alla Carnegie Hall ha eseguito per la prima volta negli Stati Uniti il Concerto di Boris Tičenko. Valerij Sokolov si esibisce regolarmente in recital al Théâtre du Châtelet di Parigi ed è spesso invitato all’Auditorium de Lyon per la serie “Grands Interprètes” nonché alla Wigmore Hall di Londra. Molti i festival ai quali ha partecipato, da quelli di Aspen, St Denis e Gstaad a quelli di Ravenna e MecklenburgVorpommern. Di recente si è esibito per la prima volta al Lincoln Center, al Festspielhaus di Baden-Baden, e ancora a Essen, Vancouver e Hong Kong. Come interprete della musica da camera, collabora regolarmente con i pianisti Kathryn Stott, Evgenij Izotov e Igor Levit, e con i violoncellisti Leonid Gorokhov e Maximilian Hornung. 72 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Evgenij Izotov è fra i più personali e brillanti giovani pianisti di San Pietroburgo. Ha iniziato giovanissimo gli studi alla Scuola Centrale di Musica della sua città e successivamente al Conservatorio di San Pietroburgo e alla Scuola Normale di Musica di Parigi con Nina Seregina e Marian Rybicki. È stato ospite della Wigmore Hall, della Hong Kong City Hall, del Festpielhaus di Baden Baden, della Filarmonia di Essen, e delle migliori sale da concerto in Corea del Sud, Giappone e Sud Africa. Si è inoltre esibito con le orchestre di San Pietroburgo, con la Filarmonica di Petrozavodsk, con l’Orchestra del Festival di Curitiba (Brasile), con la Pusan Philarmonic Orchestra e con l’Academic Chapel Orchestra. L’artista ha vinto numerosi primi premi in vari Festival di musica da camera internazionali, fra i quali si ricordano il Khumo Festival in Finlandia e il Festival Chopin in Karelia. È stato membro dei Virtuosi di San Pietroburgo per 5 anni e collabora spesso con il violinista Valerij Sokolov e l’Atrium Quartet. Izotov è stato premiato in vari concorsi. STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 73 NOTE AL PROGRAMMA DEBUSSY – L’ultima opera lasciata da un artista merita sempre grande rispetto e attenzione poiché racchiude inevitabilmente un messaggio particolare per chiunque lo sappia cogliere: anche quando l’autore in questione sia poco propenso all’enfasi dei grandi gesti e si rifugi piuttosto nei canoni di una sottile, pudica ironia o addirittura svii progettualmente la tragicità del momento nelle parvenze di una gaia, turbinosa affermazione di vitalità. Tale è il caso della Sonata in sol minore (1917) di Debussy, nata sotto il segno di un indubbio squilibrio emotivo a causa della malattia, ormai in stato avanzato, congiunta agli eventi bellici sullo sfondo; ma tutt’altro che opera funerea o autocompassionevole. «Per una contraddizione del tutto umana, essa sprigiona movimento e allegria», dirà Debussy: e difatti la visione da lui espressa è quella di un uomo che guarda ormai al mondo col privilegio di un assoluto disincanto, trovando la forza morale di scherzarci sopra. La sua Sonata scorre su binari di leggerezza, di sapida umoralità, e se accenti di tragicità vi sono contenuti, essi vanno scoperti in particolari minimi, in dettagli di scrittura che non s’impongono mai con il peso dell’evidenza. Caratteri di ironia sono stati individuati nell’Allegro vivo iniziale che attacca con apparenza di tempo lento e che nella coda introduce a sorpresa una sequenza di accordi di ieraticità quasi spagnolesca sopra un cadenzare altrettanto solenne del violino. Il secondo movimento poi si diverte a mettere insieme una certa rigorosità di stile con le evoluzioni capricciose del violino, quasi come nelle antiche forme preludianti a una fuga. Il Finale attacca con la citazione del tema iniziale e si sviluppa poi sulle movenze di una giga piuttosto sfrenata che «attraversa le più curiose deformazioni per giungere al gioco molto semplice di un’idea che gira su se stessa come il serpente che si morde la coda». Non mancano, nella parte centrale, sospensioni di carattere più intensamente lirico e vibrante. Con tutto il distacco critico di cui era capace, Debussy riassunse lo spirito del suo lavoro d’addio con la seguente formula: «Questa Sonata potrà avere un certo interesse sotto il profilo documentario, e come esempio di ciò che un uomo malato può scrivere durante una guerra». RAVEL – La produzione cameristica di Ravel, per quanto abbastanza limitata nel numero, è costituita da opere di assoluto pregio sia sotto il profilo formale che espressivo: in esse si fanno apprezzare in pari misura le doti di solidità ed equilibrio della struttura e le risorse della fantasia, con in più quell’elemento di buon gusto e finezza che è il contrassegno di un autore puntiglioso e perfezionista. La Sonata per violino (1927) – ultima della serie – è un lavoro che dimostra la possibilità storica di far convivere le istanze di una modernità marcata e anche spregiudicata con la richiesta di gradevolezza e di comunicativa. Per ammissione dell’autore, non gli interessava qui la fusione tra i due strumenti ma al contrario l’evidenziazione, e anzi l’esasperazione, della loro inevitabile incompatibilità enfatizzando l’indipendenza delle parti. Di fatto, la rispettata idiomaticità di entrambi va a vantaggio di una combinazione del tutto soddisfacente sul piano sonoro. 74 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO La Sonata vive di situazioni svariate ed eterogenee che la rendono sapida e imprevedibile, pur risultando nel suo insieme perfettamente equilibrata. Tutto il primo movimento (Allegretto) scorre fluido, quasi danzante, senza rubati o indugi, su un tono discreto che il pianoforte, con le sue sonorità incorporee contribuisce a calare in una dimensione astratta e quasi fiabesca, denunciando la lontana parentela con le atmosfere di Ma mère l’Oye. Un certo carattere misterioso e arcano si respira nelle melodie che si susseguono nel violino con la massima naturalezza e senza alcun appello al pathos. Ciò rende inopportuna, al secondo posto, la tradizionale romanza cantabile o la plaga riflessiva, e così al posto di queste prende vita un accattivante blues che dà modo all’autore di svolgere con la leggerezza ironica di cui era capace un tessuto di succosi rimandi a un mondo sonoro (il jazz) che all’epoca furoreggiava in Europa affascinando più di un musicista di area colta. La natura della scelta stilistica induce e favorisce la capacità metamorfica del violino, che nelle sezioni pizzicate, nel fraseggiare languido e in altre situazioni inedite si fa rispettivamente banjo saxofono e chitarra hawayana, uscendo con disinvoltura dal ruolo classico assegnatogli dalla storia. La contaminazione con gli stilemi jazzistici avviene in modo precipuo nelle soluzioni ritmiche sincopate che ammiccano al ragtime, senza che mai venga meno il fondo di squisita sensibilità di marca segnatamente francese. Infine un autentico tour-de-résistence ha luogo nell’ultimo tempo, con il violino lanciato in una corsa sfrenata e inarrestabile, come preda di un dionisiaco vitalismo, fino all’incandescente finale che, come spesso in Ravel, si costruisce attraverso un graduale crescendo di parossismo sonoro e di mobilità che non manca mai di cogliere il bersaglio. ENESCU – Uno sguardo al catalogo delle opere del romeno George Enescu ci svela come questo contemporaneo di Stravinskij, Bartók e di altri grandi nomi della musica moderna abbia tenuto onorevolmente il campo proponendo, assieme ai pezzi caratteristici ispirati alla sua terra d’origine e al suo strumento di riferimento, il violino, pagine più ambiziose e stilisticamente innovative rientranti nei generi cameristico e sinfonico, senza contare la grande opera Oedipe, che si staglia come uno straordinario esempio di audace e intelligente eclettismo. Gli studi a Parigi con Massenet e Fauré gli avevano offerto la possibilità di corrispondere all’interesse, proveniente dai settori meno accademici, per le esperienze folkloriche rumene e moldave, di cui all’epoca si era ancora in buona parte ignari. La lunga e ambiziosa Terza Sonata per violino e pianoforte (1926) è in questo senso esemplare. Essa si esprime con un linguaggio evoluto e di tutta originalità che l’innesto con i tratti tipici del folklore rumeno, da lui ricreate, rende massimamente suggestivo e inconfondibile. All’esito, tutti i parametri sono coinvolti, da quello armonico a quello fraseologico, da quello timbrico a quello più complessivamente espressivo: poiché è evidente che una buona esecuzione di questo pezzo non può prescindere da un’ottima conoscenza delle modalità necessarie a dar valore al gesto improvvisativo, meditativo o tziganeggiante da essa richieste. Questi caratteri sono esibiti già nel primo movimento, che pone al centro una parte danzante. Il secondo tempo presenta un’eterea melopea che utilizza lungamente gli incorporei suoni armonici, creando una situazione timbrica del tutto peculiare; a contrasto, la parte centrale propone una mossa ed intensa situazione ricca di tensione. STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 75 Il terzo e ultimo tempo conosce momenti spiccatamente danzanti colorandosi nel finale di un gesto di tragicità. SARASATE – Pablo Martín Melitón de Sarasate y Navascuéz ha costituito una di quelle tipiche icone di virtuosi giramondo il cui destino è di portare ai pubblici più lontani e diversi l’espressione di un’arte forse un po’ superficiale, ma di cui pure si ha bisogno ogni tanto per sollevarsi dal peso e dall’impegno della cultura seria. Brillante e piacevole sempre, infallibile nella ricerca degli effetti più mirabolanti, Sarasate ha un tipo di scrittura che sa unire le ragioni di una nobilissima tradizione di cantabilità violinistica alle solleticazioni più epidermiche di uno stile virtuosistico di immediata presa. Dei molti pezzi caratteristici composti da questo mago dell’archetto, la fantasia sulla Carmen è tra le più amate e riuscite. Com’è noto, Bizet aveva compiuto il miracolo di creare a suo uso un folclore spagnolo che è totalmente inventato e al contempo assolutamente convincente. Le sequenze di danze ispaniche e i tratti di color locale di cui è costellata l’immortale partitura bizetiana sono ripresi da Sarasate che li sviluppa da par suo costruendo una suite di alto potere suggestivo. Diego R. Cescotti 76 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA GIOVEDÌ 21 APRILE 2016 QUARTETTO NOÛS Tiziano Baviera violino Alberto Franchin violino Sara Dambruoso viola Tommaso Tesini violoncello FRANZ SCHUBERT (1797-1828) Quartettsatz in do min. D. 703 LUDWIG VAN BEETHOVEN (1770-1827) Quartetto in sib magg. op. 18 n. 6 Allegro con brio Adagio ma non troppo Scherzo: Allegro Adagio (“La Malinconia”) Allegretto quasi Allegro BÉLA BARTÓK (1881-1945) Quartetto n. 5 Allegro Adagio molto Scherzo alla bulgarese Andante Finale: Allegro vivace STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 77 Il Quartetto Noûs si è formato nel 2011 all’interno del Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano, frequentando i corsi dell’Accademia “Walter Stauffer” di Cremona e della Musik Akademie di Basilea e perfezionandosi con Aldo Campagnari (Quartetto Prometeo) e Hatto Beyerle (Alban Berg Quartett). Frequenta attualmente la Musikhochschule di Lubecca nella classe di Heime Müller (Artemis Quartett). È risultato vincitore del primo premio in concorsi (il “Luigi Nono” di Venaria Reale, l’ Anemos” di Roma) e gli è stato conferito dal Teatro La Fenice di Venezia l’importante Premio “Arthur Rubinstein - Una Vita nella Musica”. Infine si è aggiudicato il Premio “Piero Farulli” (2015) come migliore formazione cameristica emergente nell’anno in corso. Si è esibito per importanti istituzioni musicali nazionali, quali la Società del Quartetto di Milano, il Bologna Festival, i Concerti del Quirinale a Roma e altri ancora. All’estero è stato invitato ad esibirsi in Germania, Svizzera e Inghilterra; dopo essere stato selezionato tra 74 gruppi provenienti da tutto il mondo, ha avuto modo di partecipare all’edizione 2013 del “Monteleón Chamber Music Festival” di Leòn in Spagna. Nel 2013 è stato quartetto ‘in residence’ al “Festival Ticino Musica” di Lugano. «Noûs» è un antico termine greco il cui significato è mente e dunque razionalità, ma anche ispirazione e capacità creativa. 78 NOTE AL PROGRAMMA SCHUBERT – Il Quartettsatz in do min. D 703 (1820) è il primo tempo di un quartetto mai completato ma sopravvissuto in repertorio e frequentemente eseguito per la sua impronta fortemente personale caratterizzata da piglio gagliardo e umore inquieto, come per necessità di esprimere un’esigenza spirituale insopprimibile. Inutile ricercare nelle biografie schubertiane indizi che tentino di ricostruirne l’iter ideativo, anche perché non se ne conoscono committenti o dedicatarî: il Quartettsatz rimarrà per sempre un mistero proprio come lo è la più famosa delle Sinfonie di Schubert, la cosiddetta «Incompiuta», sulla quale si è costruita gran parte della popolarità di questo autore. Si sa di un tentativo di tempo lento (un Andante) che avrebbe dovuto seguire a questo Allegro, ma le poche decine di battute rimaste, per quanto intensamente sentite e tragiche, non sono sufficienti a farcene un’idea precisa. Né è possibile intuire le ragioni dell’abbandono, se non quelle di natura puramente artistica che avrebbero riconosciuto al troncone un valore autonomo e pertanto non bisognoso di aggiungerci dell’altro; ma esistono anche ipotesi che ritengono più esterne e contingenti le ragioni dell’incompiutezza. Un elemento di enigmaticità sta anche nel fatto di essere una pagina molto distanziata dagli altri quartetti precedenti e successivi: anche per questo il Quartettsatz si staglia con una evidenza particolare nel catalogo cameristico schubertiano. Del tutto pretestuoso risulta anche il tentativo di trovare un collegamento con il Quartetto op. 18 n. 4 di Beethoven sulla base della comune tonalità poiché è lo spirito, qui, ad essere diverso: nessun patetismo nel do minore di Schubert ma piuttosto un tono livido che va ad assecondare la prevalente qualità visionaria della concezione. ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 79 Il movimento è in forma-sonata, con un pacato secondo tema in la bemolle contrastante in modo accentuato con la frenesia del primo. E tuttavia, ultimata la sezione di sviluppo, non si ha la canonica ripresa della prima parte: questa si affaccia solo in conclusione quasi per voler ricondurre il pezzo all’originario spirito turbato. BEETHOVEN – Per un autore come Beethoven sempre così coinvolto nell’evoluzione stilistico-formale dei generi musicali, i Quartetti del secondo e terzo periodo produttivo sono guardati con particolare favore appunto per le caratteristiche innovative in essi contenute, mentre alla prima serie dell’op. 18, realizzata ancora in clima settecentesco, si riserva di norma un occhio meno benevolo trovandoli meno stimolanti, ad esempio, delle sonate per pianoforte o degli stessi trii composti nello stesso periodo giovanile. Tradizionale è il fatto esteriore di essere stati concepiti e editi in un blocco di 6 come era prassi comune dell’‘artigianato’ musicale settecentesco riguardo a sonate, sinfonie e generi cameristici, e non intesi come brani ognuno a sé stante, creati sotto l’impulso libero da ogni convenzione e commissione, che è già una componente romantica. Resta inteso che se Beethoven voleva qui mettere a frutto le sue conoscenze in campo quartettistico appresegli dagli esempi di Haydn e di Mozart, ha sicuramente colto nel segno, dando prova di estrema sicurezza nel trattamento formale nonché disponibilità a mettere in campo tratti personali interessanti e fantasiosi. Quello a cui si riserva il migliore giudizio critico è il sesto e ultimo in si bemolle maggiore (1799), non forse nella sua interezza ma specificamente nella seconda parte, con quell’originale Scherzo giocato sulla compresenza di due ritmiche diverse e ancor più nel movimento finale da lui definito “La malinconia” che introduce, in quello che dovrebbe essere il movimento più convenzionale e sbrigativo, un elemento psicologico-narrativo non privo di oscurità e sottolineature enigmatiche, prima che si risolva in un Allegro vivace dal carattere danzante. Col che si potrebbe individuare nella struttura di questo Quartetto una voluta caduta di peso proprio sulla seconda parte a scapito della prima, con lo scopo di affidare al componimento un più profondo messaggio da trasmettere all’ascoltatore. BARTÓK – I sei Quartetti di Bartók godono della massima reputazione nel panorama della musica d’inizio Novecento, venendo talora eseguiti anche in forma integrale in due serate come a voler sottolineare la natura coerente che li lega nell’interpretare le più profonde istanze interiori dell’autore lungo un arco produttivo trentennale, senza che per questo non siano da vedere anche come dei compiuti capolavori in se stessi. Come per altri compositori del periodo, il modello di riferimento per quanto attiene il trattamento dei generi strumentali classici è il Beethoven del terzo stile, quello cioè che al modello tradizionale basato sul confronto dei temi in opposizione dialettica aveva sostituito il principio dello sviluppo organico di cellule embrionali ossia il procedimento per variazione libera. A livello di struttura generale Bartók usava poi applicare un’originale impalcatura pentapartita in base alla quale il movimento centrale (il terzo) viene a fungere da pernio intorno al quale si distribuiscono con logica simmetrica gli altri quattro movimenti così da creare un singolare equilibrio nell’insieme. 80 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Il contrappunto, ormai smaliziatissimo nei suoi decorsi complessi, si pone a garanzia di una solidità di struttura a tutta prova, consentendo al gioco dell’invenzione di svolgersi in modo quanto mai ricco e continuamente autorigenerantesi. A spiccare sono le qualità di robustezza e variabilità della componente ritmica, mentre il timbro, ugualmente cangiante, si serve con disinvoltura di trattamenti di tipo materico per ampliare le potenzialità espressive. Di queste caratteristiche è portatore il Quartetto n. 5 (1934), perfetta prova di intelligenza e acutezza rivelante un’indiscussa audacia intellettuale, così che il suo vigore e il suo inquieto procedere esprimono al meglio la visione di un Novecento evoluto e problematico. Solo chi insiste nel misurare il grado di modernità di un pezzo sulla quantità di diatonismo e di cromatismo presenti nella sua scrittura può reputare il n. 5 più ‘pacificato’ rispetto, ad esempio, al n. 4, che ha sempre costituito il riferimento paradigmatico all’interno del gruppo. Se questo vuol significare una concessione maggiore all’aspetto comunicativo, può anche essere, e ne è un esempio l’inattesa comparsa, proprio verso la fine, di un motivetto popolare decontestualizzato e presto deformato dalle dissonanze che vale come lacerto mnemonico e sentimentale emerso dal niente e tosto riassorbito nel magma generale. Diego R. Cescotti º 00 55.0 ia c so “Diventando socia ho fatto centro! Convinta al 100%. Credo nella mia banca.” Petra Zublasing, Campionessa mondiale di tiro a segno, Appiano www.bancapopolare.it STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 81 82 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO SALA FILARMONICA GIOVEDÌ 28 APRILE 2016 FRANCESCA TIRALE arpa JESSICA DALSANT flauto CAMILLE SAINT-SAËNS (1835-1921) Fantaisie op. 124 JEAN-MICHEL DAMASE (1928-2013) Sonata per flauto e arpa RAVI SHANKAR (1920-2012) L’aube enchantée sur le raga Todi ASTOR PIAZZOLLA (1921-1992) Histoire du Tango Bordel Café Nightclub Concert d’aujourd’hui STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 83 Francesca Tirale (arpa) si è laureata a pieni voti come solista al Conservatorio “Luca Marenzio” di Brescia sotto la guida di Anna Loro; si è quindi perfezionata frequentando il corso triennale di Elizabeth Fontan-Binoche presso il Conservatoire De Musique et Art Drammatique di Antibes e in seguito con Marie-Claire Jamet e seguendo stages internazionali con arpisti di chiara fama quali Catherine Michel, David Watkins, Frédérique Cambreling, Ayako Shinozaki, Judith Liber e per la musica da camera con Jean Mouiller. Ha tenuto concerti per varie associazioni e società musicali italiane ed europee sia come solista che in ensemble cameristici. Dal 2000 suona in quartetto con Anna Loro, Mara Galassi e Elena Spotti, producendosi in un repertorio di musica antica su arpe Erard originali. Con tali strumenti ha effettuato numerose tournée. Dal 2011 suona in duo di arpe con Elizabeth Fontan-Binoche. Collabora con vari ensemble e con importanti orchestre in Italia e all’estero: tra queste l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, i Virtuosi Italiani, l’Orchestra di Padova e del Veneto e l’Orchestra della Svizzera Italiana, sotto la direzione di Frübeck De Burgos, Inbal, Tate, Noseda, Sinajskij, Skrowaczewski, Saraste, Rofè, Petrenko, Chung. Ha suonato anche da solista con i Solisti Aquilani, i Filarmonici di Verona e con l’orchestra giapponese Amadeus. Ha all’attivo numerose prime esecuzioni assolute, tra cui la Fantasia per arpa di Camillo Togni, e composizioni solistiche e da camera di altri autori tra cui A. Giacometti, G. Facchinetti, Akane Tsuji, C. Galante, N. Castiglioni e M. Montalbetti, di cui ha eseguito un pezzo a lei dedicato in prima esecuzione assoluta a Tokio nel 2010. Da tempo affianca l’attività concertistica 84 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO con l’insegnamento: attualmente ricopre il ruolo di docente di arpa presso la Civica Scuola Musicale Zandonai di Rovereto. Jessica Dalsant (flauto), diplomatasi al Conservatorio “Bonporti” di Trento nel 1990, deve la sua successiva formazione musicale principalmente a Giampaolo Pretto. Significativi anche gli incontri con Jànos Bàlint, Glauco Cambursano. Aurèle Nicolet, Emmanuel Pahud e Jacques Zoon. Ha fatto parte dell’Orchestra Giovanile Italiana e della Giovane Sinfonietta Italiana; successivamente ha collaborato come primo flauto con le orchestre del Teatro “La Fenice” Venezia, dell’OSER, del Teatro Regio, della Filarmonica Toscanini di Parma, del Maggio Musicale di Firenze, del Teatro dell’Opera di Roma, dell’Orchestra Haydn di Bolzano. Per una stagione ha ricoperto il ruolo di PrincipalAsistente nell’Orquesta Sinfonica de Galicia e l’anno successivo ha collaborato presso l’Orquesta Sinfonica de Tenerife. È stata anche I° Flauto nell’Orchestra Sinfonica dello Stato di Saõ Paolo, con cui si è esibita in sale come il Concertgebouw di Amsterdam, la Kölner Philharmonie, l’Auditório Nacional de Musica de Madrid, l’Alte Oper Frankfurt, il Théâtre du Châtelet Parigi, la Filarmonica Nazionale Varsavia, il Teatro Lisinski di Zagabria, la Festspielhaus di Salisburgo, il Musikverein di Vienna, Royal l’Albert Hall di Londra. Attualmente collabora nello stesso ruolo con la Camerata Accademica Salzburg e con l’Orchestra Sinfonica di Catalunya. Svolge anche attività cameristica in differenti formazioni ed è stata premiata in concorsi nazionali ed internazionali sia in formazioni da camera, sia come solista. STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 85 NOTE AL PROGRAMMA È un filo sottile ma tenacissimo quello che lega i quattro autori che compongono il programma di questo concerto. Pur se in modi e tempi diversi, tutti i compositori hanno vissuto e lavorato a Parigi. Hanno quindi condiviso il clima culturale di quella che è stata la capitale della cultura musicale mondiale dalla seconda metà dell’Ottocento a una gran parte del ventesimo secolo. CAMILLE SAINT-SAËNS (1835-1921) compone la Fantaisie op. 124 (originariamente per violino e arpa) nel 1907. La composizione, in ossequio al suo titolo, è priva di una gabbia formale vincolante e alterna agogiche via via diverse anche se è presente un richiamo conclusivo all’idea tematica iniziale. Il trattamento dei due strumenti lascia all’arpa il compito di seguire e accompagnare il percorso spesso arditamente virtuosistico del flauto. Ben diverso è il ruolo che i due strumenti, in modo assolutamente paritario, giocano nella Sonata di JEAN-MICHEL DAMASE (1928-2013). Il virtuoso e precocissimo compositore (vince un Prix de Rome per la composizione a soli 19 anni) articola la composizione sui quattro tempi della sonata classica e tratta da virtuosi entrambi gli strumenti. Si evidenzia bene, fin dal brioso attacco iniziale, l’altro elemento comune a tutti i brani scelti per questo concerto: la vicinanza e il richiamo alla danza. Esplicito in Piazzolla e Shankar, adombrato in talune parti centrali della Fantaisie di Saint-Saëns, nella Sonata di Damase attraversa sotterraneamente tutti e quattro i tempi della composizione compreso l’Andante con moto, con il suo melodizzare quasi canzonettistico. ASTOR PANTALEÓN PIAZZOLLA (1921-1992) riesce nella sua Histoire du Tango, composta originariamente per flauto e chitarra nel 1986, a cristallizzare in quattro momenti tutta la storia del tango e in qualche modo anche della grammatica musicale novecentesca, passando dalla vena esplicitamente melodica quasi “alla Gardel” di Bordel 1900 alla arditezza armonica del Concert d’Aujourd’hui. E forse proprio in quest’ultimo movimento è dato riconoscere più che altrove l’influenza del lavoro compositivo che Piazzolla condusse per diverso tempo a Parigi sotto la guida della grande didatta Nadia Boulanger. RAVI SHANKAR (Robindro Shaunkor Chowdhury, 1920-2012) deve la sua fama alla ‘scoperta’ che ne fecero negli anni ’60 dello scorso secolo musicisti come il violinista Yehudi Menuhin e il beatle George Harrison. La formazione di Shankar come musicista è tutta nell’alveo della musica classica indiana e la sua attività di esecutore di sitar si svolse, inizialmente, a seguito della compagnia di danza del fratello. Il Raga può, approssimativamente, assimilarsi al concetto di scala della musica occidentale, e detta la composizione dei gradi e anche gli intervalli melodici permessi e proibiti. Il Raga “Todi” in uso nel brano in programma ha come fondamentale la nota Re e costruisce su questa una scala (con abbassamento del II, III e VI grado e innalzamento del IV), non assimilabile ad alcuna scala occidentale. La scrittura, intesa nei nostri termini, non fa parte della tradizione musicale indiana, tutta legata all’improvvisazione pur ristretta all’interno di canoni estremamente rigorosi. La partitura del L’Aube Enchantée risulta quindi essere il tentativo di blindare all’interno dei metri occidentali un percorso musicale non assimilabile a questi, quasi una traduzione poetica che miri a conservare il più possibile il contenuto di assonanze che si affievoliscono fatalmente nel mutare di lingua. La scrittura diventa allora difficilissima per gli esecutori e li impegna in un gesto esecutivo che deve conservare la libertà dell’improvvisazione pur partendo dal rigore della pagina scritta. Francesca Tirale 86 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO ALTRE INIZIATIVE STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 87 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO ASSESSORATO ALLA CULTURA - COMUNE DI ROVERETO BIBLIOTECA CIVICA “G. TARTAROTTI” - COMUNE DI ROVERETO CIVICA SCUOLA MUSICALE “R. ZANDONAI” - ROVERETO SCUOLA MUSICALE “J. NOVÁK” - VILLA LAGARINA SCUOLA MUSICALE DEI QUATTRO VICARIATI “OPERAPRIMA” - ALA BIBLIOTECA CIVICA “G. TARTAROTTI” - ROVERETO NOVEMBRE 2015 - APRILE 2016 MUSICA IN BIBLIOTECA Momenti musicali con insegnanti ed allievi VENERDÌ 27 NOVEMBRE 2015 Scuola Musicale dei 4 Vicariati Opera Prima VENERDÌ 12 FEBBRAIO 2016 Scuola Musicale Jan Novák VENERDÌ 26 FEBBRAIO 2016 Scuola Musicale dei 4 Vicariati Opera Prima VENERDÌ 18 MARZO 2016 Civica Scuola Musicale Riccardo Zandonai VENERDÌ 22 APRILE 2016 Civica Scuola Musicale Riccardo Zandonai e Scuola Musicale Jan Novák INIZIO ORE 18.00 - INGRESSO LIBERO R A S S E G N A O R G A N I Z Z ATA I N C O L L A B O R A Z I O N E C O N CONCERTI PE Quattro concerti riservati a tutte le Scuole Primarie e Secondarie di primo grado di Rovereto, con programmi e guide all’ascolto “su misura” preparate da esperti. Gli insegnanti potranno scegliere uno o più concerti proposti dall’Associazione Filarmonica di Rovereto, inserendoli, a seconda della loro programmazione, nel MARTEDÌ 26 GENNAIO 2016 SALA FILARMONICA, CORSO ROSMINI - ROVERETO ORE 10.00 PRIMO TURNO - ORE 11.00 SECONDO TURNO per le Scuole Primarie ORCHESTRA DELLE SCUOLE MUSICALI R. ZANDONAI E J. NOVÁK IN PROGRAMMA Hans Krása, Brundibár - il suonatore di organetto opera per soli, coro di ragazzi e strumenti Concerto per la “Giornata della Memoria” MERCOLEDÌ 24 FEBBRAIO 2016 SALA FILARMONICA, CORSO ROSMINI - ROVERETO - ORE 11.15 ORCHESTRA HAYDN DI TRENTO E BOLZANO IN PROGRAMMA Musica&Fiaba Cinque ottoni e una voce nella fiaba “Hänsel e Gretel” R LE SCUOLE a cura di Francesca Aste calendario delle uscite scolastiche: sarà uno stimolo per attivare percorsi didattici di educazione musicale e non solo, che si concretizzeranno nel concerto dal vivo, perchè nulla come l’esperienza dal vivo della musica stimola la curiosità e l’apprendimento del sapere musicale. VENERDÌ 15 APRILE 2016 SALA FILARMONICA, CORSO ROSMINI - ROVERETO ORE 10.00 PRIMO TURNO - ORE 11.00 SECONDO TURNO per le Scuole Secondarie di primo grado ORCHESTRA DELLE SCUOLE MUSICALI R. ZANDONAI E J. NOVÁK IN PROGRAMMA Come si legge con le orecchie Alla scoperta dell’ascolto MERCOLEDÌ 25 MAGGIO 2016 TEATRO ZANDONAI, CORSO BETTINI - ROVERETO - ORE 10.45 ORCHESTRA HAYDN DI TRENTO E BOLZANO IN PROGRAMMA Musica&Natura con “Le quattro stagioni di Antonio Vivaldi” Inizio concerti: ore 17.00 Ingresso libero Domenica 31 gennaio 2016 Rovereto, Sala Filarmonica EMANUELE GROSSI chitarra Conservatorio F. A. Bonporti di Trento Sezione di Riva del Garda Domenica 28 febbraio 2016 Rovereto, Sala Filarmonica ROMINA FONTI pianoforte Conservatorio F. A. Bonporti di Trento 6 1 0 2 Domenica 13 marzo 2016 Rovereto, Sala Palazzo Alberti ANNA BALDESSARINI flauto FRANCESCO MARIA MONCHER pianoforte Scuola Musicale Jan Novák Domenica 10 aprile 2016 Rovereto, Sala Filarmonica DANIELE LASTA pianoforte Scuola Musicale Riccardo Zandonai a cura di Francesca Aste Incontri con compositori e interpreti organizzato dall’Associazione Filarmonica di Rovereto in collaborazione con il Centro Servizi Santa Chiara di Trento, in concomitanza con i concerti della Stagione dei Concerti e il ciclo di concerti di musica contemporanea presso l’Auditorium Melotti. Momenti Musicali si ripropone come un’occasione di incontro per il pubblico con i protagonisti dei concerti: musicisti, compositori, direttori, editori. MARTEDÌ 17 NOVEMBRE 2015 Foyer dell’Auditorium Melotti, ore 18.00 IL SUONO MOLTEPLICE: Le 1000 anime della musica contemporanea Incontro con Marco Angius e Daniele Spini MARTEDÌ 1 DICEMBRE 2015 Foyer dell’Auditorium Melotti, ore 18.00 Qualche riflessione sul gesto vocale di Luciano Berio «…il modo migliore per parlare di se stessi è parlare degli altri» (Berio, 2000) Incontro con Marco Uvietta, Università di Trento MARTEDÌ 12 GENNAIO 2016 Bar del Teatro Zandonai, ore 18.00 Aneddoti di vita: Ferrari e il fortepiano Incontro con Stefania Neonato, pianista L’incontro precede il concerto di Stefania Neonato di mercoledì 13 gennaio 2016, inserito nella Stagione dei Concerti 2015/16 dell’Associazione Filarmonica di Rovereto MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Bar del Teatro Zandonai, ore 18.00 ALLEGRIA DI NAUFRAGI Moderna, l’antico e il futuro Presentazione dell’ultimo disco di FontanaMIX / Accroche Note Saranno presenti: Francesco La Licata, direttore dell’ensemble FontanaMIX, Marco Dalpane, produttore dell’etichetta discografica A Simple Lunch, Federica Fortunato, docente del Conservatorio “Bonporti” di Trento. L’incontro precede il concerto di FontanaMIX di lunedì 25 gennaio 2016 inserito nella Stagione dei Concerti 2015/16 dell’Associazione Filarmonica di Rovereto VENERDÌ 29 GENNAIO 2016 Foyer dell’Auditorium Melotti, ore 18.00 ACUSTICA di Mauricio Kagel Incontro con Francesco Giomi, compositore Direttore di Tempo Reale, Centro di Ricerca per la musica elettronica fondato da Luciano Berio. Francesco Giomi racconterà la nuova drammaturgia di Acustica, opera divertente e irriverente, il capolavoro e il testamento musicale di Kagel, scomparso nel 2008. LUNEDÌ 8 FEBBRAIO 2016 Foyer dell’Auditorium Melotti, ore 22.00 ca., dopo il concerto con musiche di David Lang LA SCUOLA DI NEW YORK: DAVID LANG Incontro con Francesco Dillon MERCOLEDÌ 9 MARZO Civica Scuola Musicale “R. Zandonai”, ore 18.00 Lenti acustiche Incontro con Fabio Cifariello Ciardi, compositore (Conservatorio “F. A. Bonporti” di Trento) “Siamo circondati da diversi eventi che non hanno legami evidenti con la musica o con il suono, ma pure nascondono dimensioni di fatto ‘musicali’. Cerco di esplorarle con delle ‘lenti acustiche’. Quando mi pare di intravedere un qualche colore inaspettato da poter aggiungere alla mia visione del mondo, mi emoziono”. (FCC) SCUOLA MUSICALE “JAN NOVÁK” - VILLA LAGARINA APERITIVI IN MUSICA 2015 DOMENICA 15 NOVEMBRE 2015 Filippo Pedrotti violino Benedetta Baravelli violoncello Daniele Lasta pianoforte PROGRAMMA: Ludwig van Beethoven Trio op.1 n.1 Concerto a cura di Klaus Manfrini DOMENICA 22 NOVEMBRE 2015 Labirinti Armonici PROGRAMMA: La sonata rappresentativa: bizzarrie barocche. Concerto a cura di Andrea Ferroni DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015 Veronica Pederzolli con After8 (ottetto misto vocale) PROGRAMMA: Adriano Banchieri Il Festino nella sera del giovedì grasso avanti cena Concerto a cura di Veronica Pederzolli I concerti si terranno a Villa Lagarina - Palazzo Libera - ore 11.00 in collaborazione con il Comune di Villa Lagarina Ingresso: Euro 5,00 Prenotazione obbligatoria entro il giovedì precedente al concerto presso la segreteria della Scuola Musicale (tel. 0464 411893) MUSICA A PALAZZO FEBBRAIO - GIUGNO 2016 | XV edizione Concerti nei palazzi storici (ma non solo) dei Quattro Vicariati ALA - AVIO - BRENTONICO - MORI Eventi e Spettacoli della Scuola Musicale dei Quattro Vicariati per il Territorio 12 dicembre 2015 BRENTONICO Concerto per Stella Concerto di Natale • 16 aprile 2016 AVIO “A noi ci piace” il ritmo Spettacolo dei bambini del Ciclo 1 • 21 maggio 2016 ALA Tutti insieme appassionatamente Spettacolo finale delle formazioni orchestrali • 11 giugno 2016 MORI OperaPrima Live 2016 Concerto Pop - Rock & Jazz INFORMAZIONI OperaPrima - Scuola Musicale dei Quattro Vicariati Via R. Zandonai, 1 – 38061 Pilcante di Ala (TN) Tel. 0464 680000 - 349 0542909 - E-mail: [email protected] - www.operaprima.org 98 ASSOCIAZIONE FILARMONICA DI ROVERETO Tutti i concerti della Stagione avranno inizio alle ore 20.45 Gli abbonati sono tenuti a prendere possesso dei loro posti entro le ore 20.40 trascorso questo termine i posti potranno essere messi in vendita. L’Associazione Filarmonica di Rovereto si riserva la facoltà di apportare modifiche al calendario della Stagione Concertistica per motivi di forza maggiore. *** Si ringraziano i redattori delle note ai concerti: Diego R. Cescotti Monique Ciola Stefania Neonato Dora e Clara Novàk Nicola Straffelini Francesca Tirale STAGIONE DEI CONCERTI 2015-2016 99 Il libretto è consultabile sul sito internet della Associazione Filarmonica di Rovereto www.filarmonicarovereto.it Realizzato e stampato in Italia, nel mese di ottobre 2015, dall’Azienda di Arti Grafiche moschini advcom 38068 Rovereto (TN) - Via G. Tartarotti, 62 - www.moschiniadv.com Stampato su carta ecologica sbiancata senza cloro.