CASO N° 20
Uomo Di 65aa con ittero, all’esame radiografico evidenza di lesione della testa del pancreas,
fortemente sospetto per carcinoma. Esegue FNAB che conferma il tumore:
Presenza di emazie e di cell epiteliali cilindriche atipiche. Quadro indicativo per adenocarcinoma.
1-Discutere la scelta dello FNAB come prima indagine diagnostica nel caso in questione:
Gli esami di laboratorio sono spesso normali. Se sono presenti metastasi epatiche o un'ostruzione
della via biliare, si può avere un aumento della fosfatasi alcalina e della bilirubinemia. Nel 25-50%
dei pazienti si ha un'iperglicemia. Questa è in genere secondaria al cancro del pancreas, ma c'è
un'aumentata incidenza di questo tumore nei pazienti affetti da diabete mellito di vecchia data,
specialmente se donne. Gli antigeni pancreas-associati, inclusi gli anticorpi monoclonali Ca 19-9,
CA 50, DU-PAN-2, SPAN-1, PCAA, l'antigene carcinoembrionario e l'antigene pancreatico
oncofetale, non sono attendibili: spesso non sono elevati nel cancro del pancreas localizzato, non
metastatico, mentre possono essere elevati in pazienti con cancri non pancreatici. Alcune volte,
possono aiutare a confermare la diagnosi di cancro del pancreas, a distinguere tra malattia
pancreatica benigna e maligna e nel trattamento dei pazienti con cancro, poiché un loro aumento
ingravescente durante il decorso della neoplasia diagnosticata, ne indica la progressione. La
procedura diagnostica più accurata e più efficace dal punto di vista dei costi è la TC che permette
anche la stadiazione del tumore. Se la TC dimostra una malattia non resecabile o metastatica, si
esegue un agoaspirato, per via percutanea, per ottenere la diagnosi istologica. Se la TC mostra un
tumore resecabile o non evidenzia alcun tumore, si esegue un'ecografia endoscopica (non sempre
disponibile) per stadiare la malattia o identificare i piccoli tumori non visibili alla TC. Gli altri
esami più comunemente usati sono l'ecografia e la pancreatografia retrograda endoscopica. La
RMN non è più accurata della TC. L'arteriografia (per definire la resecabilità) e i test di funzionalità
pancreatica sono raramente eseguiti. In situazioni insolite, ci può essere l'indicazione a una
laparotomia esplorativa.
Diagnosi:
Esami di laboratorio
1)Marcatori tumorali (CA 19-9, CA 50)
2) Altri metodi di biologia molecolare:
 Attività telomerasica
 K-ras
 geni soppressori p16, p53 (sperimentali
Diagnostica per immagini
1)Ecografia; il primo esame da eseguire in pazienti con ittero ostruttivo in quanto molto sensibile
ed efficace per identificare calcoli biliari nel coledoco; in tal modo facilita la diagnosi
differenziale tra processo ostruttivo di origine tumorale o non tumorale.
2)Spiral-TAC: La Tac èesame di scelta per identificare una lesione tumorale del pancreas
offrendo migliori e piu’ complete informazioni riguardo ai rapporti della lesione con le strutture
circostanti, permettendo spesso una accurata stadiazione preoperatoria (vedi figura); cioe’ questo
esame permette sia di stabilire le dimensioni del tumore del pancreas sia di individuare la presenza
di lesioni secondarie a carico del fegato o altri organi vicini. Mediante Angio-TAC è inoltre
possibile individuare la presenza di infiltrazione del tumore a carico dei vasi sanguigni.
3) Risonanza Magnetica (MRI): Di recente questa metodica si è affermata in quanto presenta una
sensibilità maggiore della TC relativamente alla visualizzazione delle vie biliari e del dotto
pancreatico (Wirsung). In particolare offre vantaggi significativi rispetto alla TAC nello stabilire
la natura delle lesioni cistiche pancreatiche e nell’identificare eventuale infiltrazione neoplastica di
vasi sanguigni peripancreatici.
4) ERCP (Colangiopancreatografia retrograda endoscopica): Nel recente passato era l’esame
diagnostico standard per i tumori del pancreas. Pur avendo una alta attendibilità diagnostica (vedi
figura) per (la sensibilità della metodica è del 95% circa) il suo impiego deve essere selettivo a
causa della invasività della procedura. Quando i reperti della Spiral TAC o Colango RNM sono
dubbi, quando i tumori sono piccoli (<2 cm) o quando c'è incertezza di diagnosi differenziale è
opportuna la CPRE con eventuale esame Citologico (+ attività telomerasica) del succo
pancreatico. Nei pazienti itterici la CPRE deve essere associata a drenaggio della via biliare se il
paziente non è resecabile o se non può essere operato subito (entro 24-72 ore). Nei pazienti itterici
resecabili è preferibile procedere all'intervento chirurgico senza CPRE preoperatoria ed in
particolare senza alcun drenaggio. Diversi studi hanno dimostrato una aumentata morbidità
associata al drenaggio preoperatorio.
5) BIOPSIA: FNAC (Fine Needle Aspiration Citology) Non indicata se il paziente è candidato
alla stadiazione laparoscopico/loparotormica o se è resecabile a causa del rischio di
disseminazione di cellule tumorali lungo il tragitto dell' ago. Può essere utile nei pazienti con
tumore avanzato, non resecabile o nei casi rari in cui si sospetti un linfoma (la terapia del linfoma
è medica) anche nell’ipotesi di una eventuale chemioterapia. La specificità per esiti positivi del
FNAC è vicina al 100% mentre il valore predittivo di esiti negativi è molto basso.
Esame su pezzo chirurgico:
MACRO:
1-cuneo di tex epatico ocraceo.
2-colecisti con pareti ispessite e mucosa ulcerata.
3-tratto di stomaco senza alterazioni patologiche; duodeno comprendente papilla e testa del
pancreas del diametro di 7,5cm. Nella testa del pancreas vi è una nodosità a margini sfumati,
dura, del diametro di 2cm. Linfonodi retropancreatici ingranditi.
MICRO:
1- fegato con marcata stasi biliare e quadri di colangite acuta.
2- Colecistite cronica sclerosante acutizzata con infiltrato polimorfonucleato ed ulcerazioni
della mucosa .
3- A) parete di antro gastrico con gastrite cronica e metaplasia intestinale. La ricerca
dell’Helicobacter pilori è risultata negativa.
B) Adenocarcinoma moderatamente differenziato del pancreas. Si segnala un’estesa
infiltrazione neoplastica perineurale.
.
C) parenchima pancreatico con focolai di steatonecrosi.
D) parete duodenale e margine distale indenni da neoplasia.
E) metastasi linfonodale. Tessuti perilinfonodali indenni.
3-Discutere i rapporti fra localizzazione del carcinoma del pancreas e discutere il rapporto con la
prognosi:
Sede di insorgenza
- Testa 70 %
- Corpo-coda 30%
Adenocarcinoma che origina dall’epitelio dei dotti pancreatici e a seconda della sede di insorgenza
si divide in tumori di testa, corpo e coda. I due terzi originano nella testa e l’ un terzo nella coda e
nel corpo.
SINTOMI e SEGNI
Le caratteristiche cliniche del cancro del pancreas spesso dipendono dalla localizzazione delle
lesioni. I pazienti con lesioni della testa del pancreas spesso si presentano con ittero, senza dolore,
con feci acoliche, dovuti all’ostruzione del coledoco, o con nausea e vomito, dovuti all’ostruzione
dello svuotamento gastrico. Il prurito si può associare all’ittero. L’esordio dei sintomi nei pazienti
con lesioni del corpo e della coda del pancreas è più insidioso, con un modesto calo ponderale e un
vago dolore addominale o alla schiena. I sintomi precedono la diagnosi di circa 3-6 mesi. Nel 7080% dei pazienti con adenocarcinoma a cellule duttali, già al momento della diagnosi la malattia è
in stadio avanzato con invasione locoregionale o diffusione metastatica.
Altri reperti comprendono depressione, fenomeni tromboembolici, sanguinamento GI da varici
gastriche secondarie alla trombosi della vena splenica, poliartrite e diarrea causata dall’insufficienza
pancreatica esocrina. L’esordio del diabete mellito o il peggioramento di un diabete preesistente
giustificano gli esami per la ricerca di un cancro del pancreas.
Allo stadio iniziale della malattia non sono presenti segni obiettivi. In un secondo tempo, si possono
notare una tumefazione epigastrica, una linfoadenopatia sopraclavicolare, un’epatomegalia o una
colecisti ingrandita e palpabile. L’ittero senza dolore e una colecisti palpabile (segno di
Courvoisier), associati a feci acoliche, sono altamente indicativi di un cancro del pancreas.
Circa il 95% dei tumori del pancreas ha origine nel pancreas esocrino.
I fattori di rischio sono:




fumo
lunga storia di diabete
pancreatite cronica
alcune malattie ereditarie, quali pancreatite ereditaria, neoplasia endocrina multipla di tipo 1,
carcinoma del colon ereditario non associato a poliposi (HNPCC, sindrome di Lynch),
sindrome di von Hippel-Lindau, atassia telangiectasia (sindrome di Louis-Bar) e melanoma
familiare (sindrome FAMMM).
Nella localizzazione cefalica la diagnosi viene posta più precocemente, di norma quando il tumore è
ancora di piccole dimensioni, ma sufficientemente espanso da provocare turbe della canalizzazione
biliare con ittero o ulcerazione ed emorragie per infiltrazione del canale alimentare
Nelle localizzazioni a carico del corpo e della coda la neoplasia è identificata più tardivamente ,
quando ha raggiunto dimensioni riguardevoli ( fino a 15cm di diametro) , in seguito alla comparsa
di metastasi epatiche o di una sintomatologia dolorosa per infiltrazione del plesso nervoso solare.
La disseminazione metastatica e la diffusione a organi vicini sono più estese e frequenti nei
carcinomi del corpo e della coda, in quanto le localizzazioni cefaliche la neoplasia porta a morte il
pz in un tempo breve che limita le possibilità di espansione extrapancreatica. Talora la scoperta di
una mts costituisce il primo indizio del carcinoma,che poi viene identificato (carcinoma occulto) La
prognosi in ogni caso è sfavorevole .
Il reperto macroscopico è vario e largamente indipendente dalla localizzazione. La neoplasia può
manifestarsi come una nodosità con margini sfumati nel circostante parenchima, di consistenza
duro-fibrosa (ove prevalgono le modificazioni scirrose dello stroma ), più molle ed elastica (ove sia
abbondante la produzione di muco), più pastosa (nei campi di necrosi).
Altre volte l’evidenza della proliferazione neoplastica è scarsa all’esame esterno. Il quadro
macroscopico non è affatto patognomonico e può dare dei problemi alla diagnosi differenziale
all’esame laparoscopico o all’atto operatorio soprattutto nei confronti della pancreatite cronica.
(Ancora di più quando le due malattie sono associate!). Diagnostiche pre-operatorie: esame
citologico del succo pancreatico-duodenale e sopratt la biopsia per aspirazione con ago sottile sotto
la guida di una sonda ultrasonica (sensibilità superiore all’ 80%).Diagnostiche post-operatorie:
esame estemporaneo intraoperatorio, su materiale congelato, che in mani esperte risulta risolutivo.
4-Identificare i vari istotipi del carcinoma pancreatico e discutere in rapporto con la prognosi.
Le neoplasie della parte esocrina sono le piu’ frequenti.
I tumori benigni sono rari e rappresentano circa il 6-10% della patologia neoplastica del pancreas. I
piu’ frequenti sono rappresentati da
1. Tumore a cellule acinari
2. Cistoadenoma sieroso
3. Cistoadenoma mucinoso
Gli ultimi due presentano un aspetto “cistico” che, particolarmente in pazienti con pancreatite
pregressa, rendono necessaria la diagnosi differenziale con le cisti pancreatiche. In particolare è
molto importante definire la diagnosi il Cistoadenoma mucinoso, in quanto tale neoplasia
rappresenta una forma di passaggio da una forma benigna ad una forma maligna. Altri tumori
benigni molto rari sono gli emangiolinfomi e gli schwannomi.
I tumori maligni rappresentano la maggioranza delle neoplasie pancreatiche. Sono malattie a
decorso molto aggressivo e rappresentano attualmente la 4/5° causa di mortalità correlata a tumore
nel mondo occidentale. Il cancro pancreatico colpisce maggiormente il sesso maschile (2,3/1);
inoltre è una malattia che colpisce prevalentemente la popolazione anziana. Negli ultimi decenni
l’incidenza del cancro pancreatico è sensibilmente aumentata, sia in seguito al miglioramento delle
tecniche diagnostiche, sia per un aumento generalizzato della aspettativa di vita.
L’adenocarcinoma duttale rappresenta il 90% circa delle neoplasie del pancreas; le altre varianti
tumorali maligne sono meno frequenti, ma la prognosi rimane sempre severa:
1. adenocarcinoma mucinoso
2. carcinoma a cellule acinari
3. adenocarcinoma squamoso
4. carcinoma anaplastico
MOTTURA:
1-Adenocarcinoma: caratterizzato dagli aspetti ghiandolariformi della proliferazione epiteliale e
dalla produzione di muco. Lo stroma è assai abbondante con frequente trasformazione sclero-ialina
Comuni sono gli aspetti di permeazione dei linfatici perineurali da parte delle cell neoplastiche.
(varianti: Adenocarcinoma mucoso , il carcinoma a cell ad anello con castone, e carcinoma
adenosquamoso , costituito dalla concomitanza di elementi cilindrici e pavimentosi)
2-Carcinoma epidermide : lamine di cell pavimentose che producono cheratina.
3- Cistoadenocarcinoma
4- Carcinoma a cell acinose che forma strutture le quali ricordano, per i caratteri strutturali e
citologici, gli acini pancreatici.
5-Carcinoma indifferenziato O Anaplastico.
La diffusione metastatica e agli organi limitrofi è soprattutto condizionata dalla sede primitiva
della neoplasia. In generale, l’estensione può avvenire per via endocanalicolare con diffusione
lungo il dotto di Wirsung e i dotti pancreatici di maggior calibro, per via linfatica praticamente
attraverso la permeazione dei capillari perineurali e per via venosa.
L’invasione della vena porta è più comune nei carcinomi della testa, quella della vena splenica
nelle neoplasie del corpo e della coda. L’invasione dei vasi venosi comporta la diffusione
metastatica al fegato e, quando interessi i grossi vasi e si complichi con una flebotrombosi , causa
ipertensione portale pre-epatica. L’insediamento epatico di elemementi neoplastici rappresenta il
presupposto per ulteriori disseminazioni metastatiche in vari organi . Fra queste è nota la
localizzazione polmonare che in caso di ca pancreatico clinicamente silente, può simulare una
neoplasia primitiva. La localizzazione cefalica comporta l’interessamento del coledoco e
dell’ampolla con stasi biliare , ittero ingravescente , e distensione della cistifellea, ovvero
l’infiltrazione della parete duodenale con formazione di un ulcera neoplastica o di fungosità carnose
aggettanti nel lume.
I ca del corpo e coda più facilmente si propagano al colon, allo stomaco, o nel connettivo
retroperitoneale.
I linfonodi regionali sono colonizzati dagli elementi neoplastici secondo modalità diverse in
rapporto con la localizzazione della neoplasia . Nei tumori della testa prevale la permeazione diretta
dei linfonodi peri-pancreatici, mentre in quelli del corpo e della coda è in causa il meccanismo degli
emboli linfatici. Se la malattia dura sufficientemente a lungo, oltre all’interessamento dei linf
peripancreatici, seguita quello dei linf retroperitoneali, mesenterici,perigastrici, e dell’ilo epatico e
talora anche di stazioni mediastiniche o sopraclaveari.
Infine va ricordata la carcinosi della sierosa peritoneale per diffusione linfatica, per propagazione
diretta, o per innesto. È abituale anche la comparsa di ascite a impronta emorragica.
Occasionalmente si può verificare la carcinosi pleurica per propagazione linfatica
transdiaframmatica.
Lesioni associate al ca pancreatico: alcune si trovano nel pancreas stesso come l’infiltrazione
flogistica con sclerosi e atrofia parenchimale, dilatazioni duttali da ritenzione che possono
configurare nel quadro della pancreatite cronica ostruttiva. Si possono riscontrare lesioni epiteliali
di vario genere quali la metaplasia pavimentosa o ghiandolare pilorica dei dotti, l’ipertrofia di cell
mucipare. Fra queste è frequente in sedi distanti dal tumore l’iperplasia atipica dell’epitelio duttale
che può configurare in un quadro di ca in situ.
Nel caso di localizzazione cefalica, le più comuni sono infiammazioni della cistifellea, e
intraepatiche, con quadri di colangite e colestasi.. in rari casi la colangite cronica (se il pz
sopravviva molto a lungo) può dareluogo a una cirrosi biliare secondaria.
Le trombosi venose osservate all’autopsia hanno un riscontro clinico nella tromboflebite migrante .
Degli adenocarcinomi pancreatici, che rappresentano più del 90% di tutti i tumori del pancreas, solo
il 4-16% sono resecabili al momento della diagnosi, ed il tasso di sopravvivenza a 5 anni è inferiore
all'1%.ciò si aggiunge che, in questi casi, la sopravvivenza a 5 anni non equivale all'eradicazione
del tumore, dato che il tasso di sopravvivenza continua a diminuire anche dopo questo termine.
Altra classificazione:
NEOPLASIE CISTICHE
Le neoplasie cistiche del pancreas non sono frequenti, pur tuttavia costituiscono un problema per la
diagnosi differenziale con le pseudocisti. La diagnosi definitiva è spesso possibile quando le lesioni
presentato caratteristiche radiologiche tipiche, ma in alcuni casi, specie nei casi di piccole lesioni,
con la sola diagnostica per immagine la caratterizzazione non è possibile.
A) CISTOADENOMA SIEROSO (ADENOMA MICROCISTICO)
Più tipico per il sesso femminile e per età superiore a 60 anni, è spesso riscontro occasionale in
assenza di sintomatologia o accompagnato da dolore addominale e/o perdita di peso.
Esso è costituito da numerose cisti con diametro 0,2 –2,0 cm con diametro complessivo da 1,4 a 27
cm. E’ spesso presente una cicatrice centrale stellata, caratteristica tipica per la lesione.
Ha un aspetto complessivo definito “a nido d’ape”.
Il cistoadenoma sieroso non richiede escissione chirurgica, poiché è raramente maligna.
Esistono forme macro o oligocistiche, difficili da differenziare dai cistoadenomi mucinosi.
Tuttavia la localizzazione nella testa pancreatica, i contorni lobulati e la mancanza di enhancement
di parete sono considerati caratteristiche specifiche del cistoadenoma sieroso.
B) NEOPLASIE CISTICHE MUCINOSE
Sono le più frequenti forme di neoplasie cistiche del pancreas.
Esse possono essere uni o multiloculati, con parete delimitata da cellule che producono mucina.
I segni caratteristici radiologici sono rappresentati da setti vascolarizzati e noduli solidi intramurali.
Nel 10 – 25 % dei casi sono presenti calcificazioni periferiche (d.d. con cistoadenoma sieroso).
I tumori cistici mucinosi dovrebbero essere sempre resecati perché potenzialmente maligni.
Quando sono piccoli, l’agoaspirato della lesione è di aiuto diagnostico.
Con l’utilizzo di TC multidetettori e l’acquisizione a strato sottile ha consentito una migliore
identificazione dei setti e dei noduli, riducendo così il numero di false pseudocisti.
C) IPMT
Il tumore è caratterizzato dalla proliferazione papillare dell’epitelio del dotto pancreatico, con
produzione di mucina.
E’ caratterizzato da dilatazione cistica del dotto pancreatico principale, dei dotti secondari o da
entrambi, contenenti secrezione mucoide.
La sede tipica (processo uncinato), l’aspetto tipico e la comunicazione con il dotto pancreatico
consente alla ERCP di differenziare questo tumore dalle altre lesioni.
L’ERCP è stata considerata la metodica diagnostica di scelta per la diagnosi di IPMT, ma il suo
ruolo, con l’uso della MDCT a strato sottile e della colangioRM associata alla EUS è
progressivamente cambiato, con un ruolo diagnostico elettivo nei casi non chiariti da queste
tecniche diagnostiche.
D) TUMORE EPITELIALE SOLIDO E PAPILLARE (SPEN)
E’ un tumore a bassa malignità, con prognosi favorevole, più frequente in donne giovani, asiatiche
e/o di colore.
La lesione tende ad essere una larga massa, ben circoscritta e a lenta crescita.
Al suo interno sono presenti diverse componenti da cistiche a completamente solide, ma comunque
delimitate da una parete ben definita.
L’aspetto dell’architettura interna dipende dal grado di emorragia e di necrosi.
Infine ci sono i tumori endocrini del pancreas:
È un tumore raro, per lo più benigno, che può comportare la produzione eccessiva di alcuni ormoni
(in particolare insulina o gastrina). In questi casi i tumori sono spesso molto piccoli e difficili da
individuare e la sintomatologia riguarda principalmente l’ambito endocrino.
Altre volte questi tumori non producono alcun ormone e vengono definiti “non-secernenti”: in
questi casi possono diventare anche molto voluminosi.
Sono compresi in questo gruppo i tumori pancreatici secernenti ormoni e sono principalmente
rappresentatati da:
Insulinomi (70%)
Gastrinomi (20 – 25 %)
Glucagonomi (1%)
Vipomi (3 - 5 %)
Più rari sono i somatostinomi e le neoplasie che producono ormoni ectopici: ACTH e calcitonina e
le sindromi combinate: Zolliger - Ellison e Sindrome di Cushing.
Insulinoma
Gli adenomi sono le forme più comuni. Si tratta di noduli singoli nel 90% dei casi, localizzati nella
testa 3%, corpo 30% o coda 34%. Sono nell'85% dei casi benigni, nel 5% associati alla sindrome
MEN-I. Possono dare metastasi a linfonodi e fegato.
4- Il pancreas può presentare malattie neoplastiche diverse dal carcinoma primitivo?
Il pancreas è raramente sede di secondarismi neoplastici, possono però verificarsi delle infiltrazioni
per contiguità da parte di ca di fegato, vie biliari e cistifellea e da parte di carcinomi gastrici. Mentre
possono verificarsi delle metastasi da tumori neuroendocrini e da parte di microcitoma.
STUDIARE MEN
6-Approfondire il concetto di neoplasia dell’area pancreatico-duodenale.
La distribuzione della neoplasia nelle varie parti dell’organo appare disomogenea (2/3 sono
localizzati nella testa, 1/3 nel corpo e coda), ed è opinione diffusa che la prevalenza della
localizzazione cefalica sia in parte sostenuta dall’inclusione in questo gruppo di carcinomi che
prendono origine dal coledoco o dall’ampolla di Vater ma che, per caratteristiche macroscopiche e
microscopiche, possono confondersi con quelli primitivi del pancreas. Proprio la difficoltà di
identificare la possibile diversa istogenesi e le strette somiglianze anatomo-cliniche, con relativa
comunanza di problemi chirurgici, hanno portato a introdurre per questi tumori il concetto unitario
di carcinomi dell’area pancreatico-duodenale. Infatti per quanto riguarda i carcinomi dei dotti
biliari extraepatici, le sedi più comuni sono: l’ampolla di Vater, il tratto distale del coledoco, la
confluenza tra il dotto epatico comune e il cistico, il dotto epatico e il dotto citico. Nel caso di
carcinomi coinvolgenti l’ampolla, la parete duodenale e i circostanti tessuti pancreatici,può essere
impossibile l’identificazione certa dell’origine del tumore. Pertanto anche in considerazione del
comportamento comune di tali neoplasie è diffusa soprattutto tra i chirurghi l’abitudine di
denominarle come carcinomi dell’area pancreatico-duodenale.
2-Discutere il motivo del danno epatico riscontrato ed identificare altri contesti clinici che possono
causare simili reperti.
MICRO:
1- fegato con marcata stasi biliare e quadri di colangite acuta.
2- Colecistite cronica sclerosante acutizzata con infiltrato polimorfonucleato ed ulcerazioni
della mucosa .
3- A) parete di antro gastrico con gastrite cronica e metaplasia intestinale. La ricerca
dell’Helicobacter pilori è risultata negativa.
B) Adenocarcinoma moderatamente differenziato del pancreas. Si segnala un’estesa
infiltrazione neoplastica perineurale.
.
C) parenchima pancreatico con focolai di steatonecrosi.
D) parete duodenale e margine distale indenni da neoplasia.
E) metastasi linfonodale. Tessuti perilinfonodali indenni.
La colestasi epatica, si intende come una alterazione del deflusso della bile, per ostacoli o difficoltà
incontrate alla sua progressione in sede intraepatica o extraepatica. In questo caso si tratta di una
colestasi da ostacolo extraepatico dovuto all’ostruzione delle vie biliari da parte del tumore della
testa del pancreas. Anche i tumori delle vie biliari o della papille del Vater (area pancreaticoduodenale) possono comportarsi allo stesso modo ostruendo il coledoco, le vie biliari e impedendo
il corretto deflusso della bile. I quadri microscopici della colestasi sono piuttosto caratteristici:
1- ritenzione del pigmento biliare,nel citoplasma sia degli epatociti che delle cell di Kupffer., e
nel caso sia marcata il citoplasma degli epatociti può assumere un aspetto chiaro, come
sfilacciato detto anche degenerazione piumosa (per la presenza di vacuoli irregolari). Al ME
i vacuoli risultano contenere ammassi di materiale membranoso costituito probabilmente da
cristalli liquidi di acidi biliari e fosfolipidi.
2- Alterazioni ultrastrutturali del polo biliare degli epatociti (cioè lesioni sia dei microvilli, sia
in disorganizzazione dei microfilamenti di astina)
3- I cosiddetti trombi biliari, costituiti dall’accumulo di bile addensata in capillari biliari
dilatati , soprattutto in corrispondenza delle aree centrolobulari. Come laghi biliari si
intendono stravasi di bile in punti (periferia del lobulo) in cui la pressione intracanalicolare
crea lesioni nella continuità delle pareti epatocitarie dei capillari biliari. Gli infarti biliari
sono rappresentati da necrosi epatocellulare (in realtà non ischemica, ma riferibile al danno
citotossico esercitato dalla bile) in corrispondenza degli stravasi biliari.
NB: cuneo ti tessuto epatico ocraceo: dovuto forse ai laghi biliari, cioè agli stravasi di bile?
Nelle forme croniche si associano alterazioni morfologiche tipiche dell’ostruzione dei dotti
extraepatici come le dilatazioni duttali : il coledoco e il dotto epatico possono talora raggiungere un
calibro non dissimile da quello dell’intestino tenue. Oltre a dilatarsi i dotti tendono ad ispessirsi, sia
per l’ipertrofia della muscolatura liscia in conseguenza al cronico aumento delle resistenze al
deflusso della bile , sia per la tumefazione flogistica della mucosa.
Per colangite acuta si intende un’infiammazione acuta delle vie biliari , e comprende
l’interessamento dei duttili e del connettivo degli spazi porto-biliari. Quando l’infiammazione
interessa direttamente le pareti delle vie biliari, il quadro istopatologico è caratterizzato da
infiltrazione delle stesse,spesso con alterazione dell’epitelio, da elementi infiammatori quali
granulociti e l’essudato può essere presente all’interno dei lumi, spesso è associato edema del
connettivo degli spazi porto biliari (pericolangite). Gli agenti patologici delle colangiti sono spesso
infettivi per via discendente (ematogena con passaggio di microrganismi) o ascendente (cioè
dall’intestino o dalla colecisti) la colestasi favorisce l’impianto di microrganismi , è quindi un
importante fattore predisponente all’infezione, ma è a sua volta una conseguenza di questa: cioè nel
nostro caso, quando la colangite è associata con un ostacolo extraepatico al deflusso biliare.
La biopsia epatica è molto utile nei casi dubbi e può orientare a favore della colangite
(differenziandola da forme epatiche) per il coinvolgimento delle pareti duttulari, la povertà delle
lesioni intralobulari ,l’impronta granulocitaria dell’infiltrato infiammatorio.
La colestasi si presenta spesso con : ittero, iperbilirubinemia diretta e indiretta, ristagno e passaggio
in circolo di altri componenti della bile(acidi e Sali biliari e colesterolo), feci ipocoliche o acoliche,
urine pigmentate. Le cause si possono suddividere in:
1-Colestasi da ostacolo extraepatico, dovuta alla difficoltà o arresto del flusso della bile a causa:
- calcoli nel dotto epatico o nel coledoco.
- tumori delle vie biliari, della papilla e testa del pancreas.
- pancreatici croniche.
- stenosi infiammatorie e/o cicatriziali dei dotti maggiori.
- compressione dei dotti da parte di masse estrinseche.
- parassitosi da parte di vermi nei lumi dei dotti biliari.
- atresia dei dotti biliari.
2- Colestasi da cause intraepatiche “pura”, cioè non associata a lesioni epatocellulari primitive.
- da farmaci come testosterone, steroidi anabolizzanti, estrogeni e contraccettivi orali.
- ittero ricorrente nella gravidanza, da riferire a idiosincrasia ad elevati livelli di estrogeni.
- stadi iniziali di cirrosi biliare primitiva.
3- Colestasi da cause intraepatiche associata a danni epatocellulari:
- epatiti virali.
- epatopatie tossiche, alcoliche o da farmaci.
La colecisti ha pareti ispessite e mucosa ulcerata, ma l’esame micro evidenzia colecistite cronica
sclerosante acutizzata con infiltrato polimorfonucleato ed ulcerazioni della mucosa.
La colecistite cronica sclerosante,può essere una sequela di colecistiti acute,spesso la colecisti è
sede di infiammazione cronica è rimpicciolita, con parete sottile per sclerosi e per atrofia della
mucosa, l’infiltrato infiammatorio non è molto pronunciato (colecisti a porcellana: colecisti
ispessita e sclerotica, esito di colecistite cronica con depositi di Sali di calcio). Nelle forme
produttive la colecisti è ispessita ,fino ad >1cm,dovuto a neoformazione di connettivo fibroso.
L’infiltrazione cell è rappresentata da:linfociti, plasmacellule,granulociti per lo più eosinofili, i
polimorfonucleati neutrofili sono di solito poco abbondanti, ma possono aumentare durante fasi di
riacutizzazione.
Cirrosi biliare da colangite sclerosante primaria
Può essere considerata tra le cirrosi biliari secondarie, in quanto segue un’altra affezione delle vie
biliari, oppure tra la cirrosi biliari primitive, in quanto lo sviluppo di una lesione anch’essa primitiva
e di oscura eziopatogenesi.
MACRO: lieve aumento di volume nelle fasi iniziali (cui può seguire in fesi più tardive una lieve
retrazione) con superficie per lo più micronodulare e frequente intensa pigmentazione biliare dovuta
alla colestasi , la consistenza è aumentata..
MICRO: fibrosi periportale (inizialmente senza vistose alterazioni dell’organizzazione strutturale
parenchimale) circonda i lobuli connettendo gli spazi portobiliari. Nelle fasi avanzate il connettivo
può essere molto abbondante. Un’infiltrazione infiammatoria cronica è piuttosto frequente in
corrispondenza di questi setti fibrosi. La presenza di COLESTASI è caratteristica comune di tutte le
cirrosi biliari. Nelle forme secondarie si associano i quadri propri della colestasi da ostacolo extraepatico ( i laghi biliari, gli infarti biliari, le infiltrazioni infiammatorie, prevalentemente
granulocitarie, colangitiche e pericolangitiche. Nelle forme primitive sono comuni le lesioni
necrotizzanti dei duttili interlobulari in corrispondenza delle quali si si formano spesso accumuli
granulomatosi di linfociti plasmacellule e macrofagi ; talora si notano nel connettivo fibroso
cronicamente infiammato accumuli linfoidi nodulari con centro istiocitario.
I sintomi sono quelli tipici dell’ittero colestatico e sono comuni le manifestazioni legate
all’ipercolesterolemia, tanto che viene descritta una forma di cirrosi biliare xantomatosa con
abbondante formazione di xantelasmi , talora si può sviluppare aterosclerosi grave. Rara
l’insorgenza di ipertensione portale.
PARETE DI ANTRO GASTRICO CON GASTRITE CRONICA E METAPLASIA
INTESTINALE LA RICERCA DELL’ H.P è NEGATIVA.
Gastrite da H. Pilori:
La metaplasia intestinale (IM) è caratterizzata dalla sostituzione delle cellule epiteliali gastriche di
tipo ghiandolare e di superficie con cellule simili a quelle della mucosa intestinale.La sua frequenza
aumenta con l’età ed interessa sopratutto la regione antrale e pilorica, mentre si presenta in forma
molto grave a livello del fondo nei portatori di anemia perniciosa.Le caratteristiche istologiche
principali consistono nella presenza di abbondanti cellule mucinosecernenti e cellule di Paneth. La
struttura delle cripte è conservata e le cellule colonnari mostrano microvilli sul margine libero,
espressione tipica dell’epitelio intestinale.La metaplasia intestinale viene oggi suddivisa in due
sottotipi: completa (o di tipo I) se sono presenti tutti gli enzimi contenuti normalmente nella mucosa
intestinale, incompleta (di tipo II), se è presente soltanto una limitata quantità dei medesimi enzimi.
Nella metaplasia intestinale di tipo I le cellule metaplastiche hanno forte rassomiglianza con quelle
della mucosa del tenue, con villi più corti e arrotondati e con la permenenza in alcune zone delle
ghiandole gastriche; sono di frequente riconoscibili le cellule di Paneth. La sequenza di cellule
cilindriche nonmucosecernenti è interrotta dalla presenza di cellule caliciformi, secernenti
sialomucine del tipo Nacetilato o Oacetilato, raramente solfomucine.
La metaplasia intestinale di tipo II (incompleta) è caratterizzata dalla presenza di cellule caliciformi
e cellule colonnari, e presenta a sua volta due varianti:
-il tipo IIA, nel quale le cellule caliciformi secernono esclusivamente Nacetilsialomucinee mucine
neutre. Le solfomucine sono quasi completamente assenti;
-il tipo IIB (o metaplasia colica) nel quale le cellule colonnari secernono grandi quantità di
solfomucine.
In questo ultimo tipo di metaplasia si riscontrano frequenti irregolarità architetturali della mucosa
(cripte allungate, tortuose, ramificate, formazioni papillari e atipie cellulari): l’associazione con il
carcinoma gastrico di tipo intestinale è frequente e significativa. Le atipie citologiche e le
distorsioni dell’architettura della mucosa presenti in questo tipo di metaplasia soddisfano
pienamente i criteri della displasia lieve, confermando la sequenza gastrite cronica => metaplasia
intestinale => displasia => adenocarcinoma gastrico di tipo intestinale.
La MI puo’ essere pertanto considerata uno dei diversi steps di alterazioni a carico della mucosa
gastrica che, in ultima analisi, portano alla trasformazione neoplastica della stessa ed è strettamente
correlata all’infezione da HP. Un aspetto molto importante è rappresentato dalla possibile
reversibilità della metaplasia intestinale gastrica dopo l’eradicatione dell’HP, soprattutto in
considerazione del possibile ruolo di lesione preneoplastica svolto da quest’ultima. Diversi studi
hanno mostrato solo una parziale riduzione della metaplasia intestinale dopo l’eradicatione dell’HP
(5,6), mentre l’eradicazione dell’HP determinerebbe un rallentamento della progressione della MI
in adenocarcinoma gastrico di tipo intestinale (7).
Macroscopicamente la mucosa si presenta in genere arrossata e mostra una trama più più
grossolana rispetto alla mucosa normale. Possono osservarsi appiattimenti della mucosa.
Alternativamente la mucosa può assumare un aspetto rugoso con pliche inspessita che
simulano una lesioen infiltrativa precoce. Nelle forma piu severe la mucosa appare più
appiattita e assottigliata. Al microscopio è presente un infiltrato infiammatorio di linfociti e
plasmacellule all'interno della lamina propria. L'infiammazione "attiva" è caratterizzata
dalla presenza di neutrofili a livelloo dello strato epiteliale superficiale ghiandolare; essa può
essere prominente o assente.
Nella gastrite cronica da H. Pylori, il microrganismo può essere presente nello strato
superficiale del muco e tra i microvilli della cellule epiteliali. La distribuzione dei
microorganismi può essere focale ed irregolare HP tuttavia non invade mai la mucosa. Le
metodiche di impregnazione argentica sono quelle dimostrano meglio la presenza del
microorganismo, tuttavia può essere individuato anche con EE e Giemsa. Anche negli stomaci
colonizzati massivamente HP è assente nelle aree di metaplasia intestinale. Può essere
presente in foci di metaplasia gastrica in corso di esofago di Barrett e nel duodeno.
Helicobacter pylori: gastrite cronica ed ulcere, come e perchè.
Questo sconosciuto, è un batterio a forma di spirale, Gram - Negativo, con larghezza di 0,5 micron
e lunghezza di 2 e 6,5 micron. E’ dotato di un rivestimento multiplo e di un flagello unipolare e di
una potente attività ureasica (su cui si basa il test al’ureasi quando si preleva un campione bioptico
gastrico che si immerge nel sistema reattivo colorimetrico); Sia la forma che il flagello consentono
al batterio di indovarsi nella mucosa gastrica e la sua attività ureasica gli consente di crearsi una
barriera di ammonio e di ione bicarbonato, essenziale per la sua colonizzazione. L’H.P. ha una
diffusione correlata con lo sviluppo socioeconomico, tant’è che nei paesi sottosviluppati l’infezione
è presente nel 80-90% dei soggetti ed aumenta, da noi, con l’età fino al 50-60% dopo i 70 anni.
L’H.P. vive nello stomaco e si lega ai recettori delle cellule epiteliali del tipo gastrico, ma talora
anche ai recettori dell’epitelio gastrico ectopico del tratto intestinale, dell’esofago di Barrett, nei
diverticoli di Meckel e nelle placche eterotopiche della mucosa gastrica del retto. Durante
l’indagine gastroscopica, si può rilevare attraverso a) la coltura di un frammento di tessuto gastrico
bioptico; b) test all’ureasi su una biopsia gastrica; metodo alternativ non invasivi sono c) il test
sierologico che mira a ricercare anticorpi IgG o IgA diretti verso i vari antigeni batterici per mezzo
dell’ELISA e d) il test del respiro con urea marcata: il paziente ingerisce una compressa di urea
marcata e, se il batterio è presente, libera CO2 marcato che viene raccolto in un campione di aria
espirata e, successivamente, analizzato. Perchè è importante conoscere la presenza dell’H.P.??
Perchè l’H.P. si associa alla gastrite cronica antrale e, successivamente, i soggetti affetti da tale
patologia possono avere recidive ulcerose; perchè l’H.P. può aumentare i livelli di gastrina e,
quindi, la produzione di acido cloridrico, forse attraverso anche una inibizione della somatostatina
prodotta dalle cellule D antrali che esercita inibizione sulle cellule G che podruno gastrina.
L’infezione, infine, può portare nel tempo ad un’eccessiva produzione di acido e, di conseguenza, al
danneggiamento della mucosa duodenale, che in ultimo da luogo ad una trasformazione in
metaplasia gastrica intestinale (cioè isole di mucosa gastrica in duodeno, dove non ce ne debbono
stare). Da qui la duodenite ed un’ eventuale ulcera duodenale, curabile con i metodi classici.
L’ulcera duodenale, inoltre, può dipendere da altre cause, per esempio dall’impiego di farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS), di cui il capostipite è l’aspirina, per la loro azione dannosa di
blocco sulle prostaglandine mucosali; si può determinare nella sindrome di Zollinger-Ellison o a
insolite manifestazioni come nel morbo di Crohn.
Tutti gli individui infettati da H.P. hanno un quadro istologico caratteristico della gastrite cronica
attiva, (infiammazione nella metà superiore della mucosa gastrica, con atrofia lieve ed attività
massima all’antro dove è indovato l’H.P.) ma solo una minoranza di essi, tuttavia, svilupperà la
malattia ulcerosa, o per predisposizione immunitaria o genetica o per ceppi più virulenti di H.P.
I sintomi delle gastriti in genere si caratterizzano per digestione lenta, laboriosa, dolore o bruciore
epigastrico, senso di ripienezza ed emorragia (specie nella forma acuta); nel caso dell’ulcera
gastrica il dolore è esacerbato dall’ingestione degli alimenti; nell’ulcera duodenale è, invece,
calmato dall’ingrestione dei cibi, perchè si chiude il piloro e non fluisce più acido nel duodeno.
1-Definire la placca pleurica e discuterne il significato di esposizione aal’asbesto
2-Identificare altre indagini morfologiche idonee a stabilire l’esposizione all’asbesto.
PLACCHE PLEURICHE Le placche pleuriche, insieme all’ispessimento pleurico diffuso e alle
atelettasie rotonde, rappresentano le cosiddette pleuropatie benigne da amianto (2), per lo più
asintomatiche. Le placche pleuriche (pleural plaques) interessano esclusivamente la pleura
parietale (diaframmatica compresa), sono di norma multiple, bilaterali, talvolta simmetriche, hanno
estensione e spessore variabili, risparmiano apici e seni costofrenici e possono calcificare. La
diagnosi differenziale va fatta nei confronti dei depositi di grasso negli obesi, degli esiti di traumi e
degli altri esiti di flogosi pleuriche. La loro bilateralità e la tendenza alla simmetria sono fattori
importanti in favore della origine asbestosica.Le placche pleuriche sono nettamente demarcate e
hanno superficie liscia o irregolare e di colorito bianco-perlaceo.Microscopicamente, le placche
sono ialine, avascolari e quasi acellulari. I fasci di collagene ialino hanno una caratteristica struttura
che è spesso a tessuto intrecciato. La calcificazione è comune. Il mesotelio che le ricopre è, di
regola, intatto.L’ispessimento pleurico diffuso (diffuse pleural tickening) interessa invece la pleura
viscerale e rappresenta l’esito di pregressi versamenti non febbrili a risoluzione spontanea. E’ di
norma monolaterale e oblitera il seno costo-frenico.
L’ispessimento delle sole scissure interlobari è stato descritto come manifestazione isolata di
pleuropatia viscerale da amianto.
Le placche pleuriche riscontrate sono state suddivise, a seconda della loro grandezza, in tre
classi. La 1a classe comprende le placche che misurano da 1-4 cm nel loro diametro
maggiore; la 3a classe corrisponde ai casi in cui grandi placche coinvolgono la maggior parte
di un emitorace; la 2a classe comprende le condizioni intermedie. Se le due cavità pleuriche
sono interessate in grado diverso, la classificazione si basa osservando il lato maggiormente
compromesso.Le placche sono state riscontrate nel 70.9% dei soggetti di sesso maschile e nel
24.0% di quelli di sesso femminile.Sono stati riscontrati 92 casi di mesotelioma (82 tra i
maschi e 10 tra le femmine).L’analisi statistica dei dati ottenuti ha permesso di stabilire una
alta prevalenza dei mesoteliomi nei casi con le placche (in particolare con quelle di 2a e di 3a
classe) rispetto alla comparazione fatta con i controlli.Tale risultato si accorda, pertanto, con
l’idea che la placca pleurica possa essere un indicatore di rischio per il mesotelioma maligno
della pleura (la cui incidenza è in aumento e la cui percentuale dei casi attribuibile all’asbesto
varia, a seconda degli studi, tra il 90 e il 100%).Circa la prevalenza delle placche pleuriche,
nella popolazione generale, va detto che questa assume valori inseribili in un ventaglio
piuttosto ampio. Tale fatto dipende innanzitutto dal metodo usato (radiografia standard del
torace, tomografia computerizzata, pleuroscopia, toracotomia, esame autoptico) e dalla area
geografica presa in esame.
Possiamo certamente affermare che le placche pleuriche rappresentano degli indicatori di pregressa
esposizione alle fibre di asbesto, risultando i soggetti esposti in gran parte suscettibili all’azione
sclerogena delle fibre stesse; hanno un tempo di latenza (calcolato dall’inizio della esposizione,
come è noto) di circa 10-20 anni; vi sarebbe per esse una correlazione dose/effetto; rivestirebbero
anche il suggestivo ruolo di indicatori di rischio per il mesotelioma pleurico e per il carcinoma
polmonare ma altre conferme dovrebbero pervenire in questo senso.Valorizzando a dovere i
suggerimenti che ne possono derivare, unitamente a ogni ulteriore criterio, anche la presenza della
placca pleurica può assumere un ruolo importante per le valutazioni medico-legali che, come
appare intuibile, per la prevenzione delle neoplasie asbesto-correlate.
Cercare come sono i corpuscoli dell’asbesto.
Polmone da shock
Nello stato di shock conclamato si aggiunge inoltre un elemento aggravante
l’ipoperfusione periferica: l’attivazione della cascata coagulativa sottoforma di
Coagulazione Intravascolare Disseminata (CID). La CID si verifica a carico di tutti gli
organi, ma la microischemia che si produce a livello dei vasi intestinali costituisce,
probabilmente, una complicazione ulteriore dello scompenso circolatorio. Infatti, la rottura
della barriera della mucosa favorirebbe, in base all’ipotesi più comunemente accettata, il
passaggio di batteri e di tossine batteriche all’interno del torrente ematico.
Cambiamenti simili si avrebbero a carico della rete capillare dei polmoni dove la comparsa
di un edema interstiziale ed alveolare prelude ad una riduzione del passaggio dei gas
(ARDS, Adult Distress Respiratory Syndrome). Poiché le sostanze batteriche sono dei
potenti agenti vasodilatatori i meccanismi vasocostrittori, nonostante l’intensa attività
simpatica, potrebbero essere inibiti e non essere in grado di sostenere ulteriormente la
PA.
Polmoni. Sono fra gli organi più colpiti. Fino a pochi anni fa il rapporto fra shock è polmone era
ignorato. In anni recenti questo rapporto è stato chiarito e si è cominciato a parlare di "polmone da
shock", o "ARDS", sebbene il cosiddetto polmone da shock sia soltanto un aspetto dell'ARDS
(adult
respiratory distress sindrome o "insufficienza respiratoria acuta dell'adulto"). Le alterazioni dei
capillari polmonari determinano edema alveolare ed interstiziale (edema polmonare non
cardiogeno),
alterazioni degli scambi gassosi (turbe del rapporto ventilazione-perfusione), estese atelectasie
probabilmente dovute a ridotta produzione di suractant, fino allo sviluppo del quadro conclamato
dell'ARDS (che è uno stato caratterizzato da grave ipossia con diminuzione della compliance
toracopolmonare e della capacità funzionale residua). Anche in questo caso è evidente il circolo
vizioso: ipossia parenchima polmonare - implica diminuita ossigenazione del sangue arterioso implica accentuazione dell'ipossia generalizzata e quindi anche polmonare.
A questo va aggiunto che vengono meno anche altre funzioni del polmone: la funzione filtro di
aggregati e detriti cellulari; la funzione metabolica di inattivazione di catecolamine, prostaglandine,
serotonina; la funzione di difesa da fattori aggressivi provenienti dall'esterno o endogeni generatisi
da processi innescati dallo shock (es. attivazione del complemento).
Vasi impiegabili per i by-pass e valutare le complicazioni post-intervento.
Coronarie: Durante la sistole, i vasi coronarici subendocardiali (quelli che entrano in profondità
nel miocardio) sono compressi a causa delle alte pressioni intraventricolari. Invece i vasi coronarici
epicardiali (che scorrono sulla superficie del cuore) non sono soggetti a queste pressioni. A causa di
ciò il flusso subendocardiale si ferma, la maggior parte della perfusione del muscolo cardiaco
avviene durante la diastole, in cui il cuore è rilassato.
L’aorta scendente è contenuta nel sacco fibroso del pericardio nel quale è avvolta insieme all’arteria
polmonare; fornisce due rami collaterali, le coronarie.
L’ ARTERIA CORONARIA DI DESTRA origina in corrispondenza del seno aortico dx e percorre
il solco coronario fino al margine dx del cuore. Si porta quindi sulla faccia diaframmatica e giunta a
incrociare il solco interventricolare posteriore si divide in due rami terminali. Il più grosso è il
RAMO INTERVENTRICOLARE POSTERIORE che discende nel solco interventricolare e irrora
la faccia posteriore dei ventricoli e il terzo posteriore del setto interventricolare. Il ramo più esile si
anastomizza col RAMO CIRCONFLESSO DELL’ART. COR. DI SX. L’arteria coronaria di dx
fornisce collaterali per l’atrio dx, irrorando inoltre il nodo seno striale.
L’ ARTERIA CORONARIA DI SINISTRAorigina in corrispondenza del seno aortico di sx, sopra
la valvola semilunare di sinistra. Raggiunge il solco interventricolare anteriore passando dietro al
tronco polmonare e quindi si divide in un RAMO CIRCONFLESSO e in un RAMO
INTERVENTRICOLARE ANTERIORE. Il ramo circonflesso decorre nella porzione sinistra del
solco coronario, fornendo rami all’atrio sinistro, alla base del ventricolo sinistro e un ramo
collaterale detto RAMO DEL MARGINE OTTUSO. Il ramo interventricolare anteriore discende
nel solco omonimo e fornisce rami per la faccia anteriore dei due ventricoli e per i 2/3 anteriori del
setto interventricolare. Questi rami irrorano anche il nodo atrioventricolare e il fascio di His.
Le localizzazioni delle stenosi coronariche responsabili di infarto miocardio ha questa distribuzione
percentuale:
50% a.c.sx + 20% a.circonflessa= le occlusioni dell’art.c. sx sono responsabili del 70% degli
episodi di infarto miocardio.
L’occlusione della coronaria dx determina infarti miocardio solo nel 30%. Infine rari casi di infarto
sono da attribuire all’occlusione del ramo interventricolare posteriore, associata all’occlusione
dell’a. circonflessa e della parte anteriore della a.c.sx.
Vene cardiache: Tutte tre sfociano nel seno coronario, sulla faccia inferiore del cuore, nel solco
coronario, a sinistra della croce del cuore. Il seno coronario poi si apre direttamente nell'atrio destro,
tramite la valvola del Tebesio.La grande vena cardiaca corre lungo il solco longitudinale anteriore e
lo percorre interamente; giunta a livello del solco coronario piega a sinistra e lo segue nella sua
parte sinistra fino al seno coronario. Raccoglie il sangue della parte antero-superiore del setto
interventricolare, del margine ottuso del cuore e dell'atrio sinistro.La vena cardiaca media ha
decorso rettilineo: corre sulla faccia inferiore del cuore, lungo il solco longitudinale posteriore, che
percorre interamente fino al seno coronario. Drena il sangue della parte infero-posteriore del setto
interventricolare e delle parti più mediali della faccia inferiore del cuore, più a destra che a
sinistra.La piccola vena cardiaca corre nel solco coronario di destra e lo percorre fino al seno
coronario. Drena il sangue dell'atrio e di parte del ventricolo destro.
By pass aorto-coronarico: L'intervento di bypass aortocoronarico ha lo scopo di 'bypassare' le
stenosi o le occlusioni delle arterie coronarie. Durante un intervento di BPAC il chirurgo apre le
arterie coronarie con una piccola incisione a valle dell'ostruzione e vi sutura segmento di vena
safena o di arteria mammaria. La estremita' prossimale della vena safena viene poi suturata all'aorta
ascendente, cosi' che il sangue da essa, attraverso la vena, raggiunge di nuovo l'arteria coronaria. Se
invece viene usata l'arteria mammaria, la sua estremita' prossimale e' gia' naturalmente collegata al
sistema arterioso (all'arteria succlavia).Nella maggior parte dei casi, per eseguire l'intervento il
cuore viene fermato con particolari tecniche, e la sua funzione viene eseguita momentaneamente dal
circuito della circolazione extracorporea, che mantiene il paziente in vita fino a quando l'attivita' del
cuore viene ripristinata. I vasi usati per gli innesti sono ridondanti, il corpo è in grado di
compensarne la perdita. Più frequentemente l’intervento prevede l’impianto di un numero di bypass
che va da 3 a 5.
Vantaggi e svantaggi chir a cuore battente: La chirurgia a cuore battente ha dei vantaggi che
sono rappresentati dalla possibilità di operare pazienti a rischio per circolazione extracorporea,
evitando le sue complicanze, dalla maggiore stabilità cardiaca postoperatoria, dal minore
sanguinamento postoperatorio e, quindi, la minore richiesta di trasfusioni di sangue, dalle minori
complicanze polmonari e renali, dalla riduzione del tempo medio di degenza ospedaliera
postoperatoria. Gli svantaggi sono rappresentati dalla minore perfezione nella tecnica di
confezionamento delle anastomosi in certe situazioni anatomiche dei vasi coronarici e di instabilità
emodinamica, dalla necessità di un’ esperienza dell’operatore e dalla possibile rivascolarizzazione
incompleta in particolari condizioni anatomo-cliniche.
Vi e' una serie di rischi potenziali la cui probabilita' dipende da una serie di fattori legati allo stato
generale di salute del paziente. I rischi piu' comuni comprendono il sanguinamento postoperatorio,
le infezioni, l'ictus, l'infarto miocardico perioperatorio, l'insufficienza renale e respiratoria e la
morte. I fattori legati al paziente che piu' influenzano la percentuale di rischio sono rappresentati
dall'eta', dalla funzione ventricolare sinistra, dallo stato di salute generale e dalla presenza di
patologie associate (in particolare vasculopatia periferica, diabete mellito, insufficienza renale e/o
respiratoria).
I rischi potenziali sono essenzialmente condizionati da fattori legati allo stato generale di salute del
paziente e riguardano un 5% dei pazienti trattati.
Da un punto di vista statistico, inoltre, si è potuto calcolare che in un paziente con funzione
ventricolare sinistra conservata, in buone condizioni generali e senza gravi malattie, il rischio
operatorio è compreso tra l'1 e il 2 %.Vi sono delle condizioni che aumentano sicuramente il rischio
dell'intervento, sia in termini di mortalità sia di possibili complicanze.
Esse sono: l'esecuzione dell'intervento in emergenza, la grave insufficienza cardiaca e respiratoria,
l'insufficienza renale, il diabete. L'età avanzata non è più considerata una controindicazione
assoluta, ed oggi sono molti gli ottuagenari che sono operati con successo; tuttavia, la mortalità è
più elevata, anche se accettabile, e la ripresa del periodo post-operatorio è più lenta e complicata; da
rilevare che in questa fase sono frequenti, a qualsiasi età reazioni psicologiche di tipo depressivo,
che possono durare anche a lungo.
Sono le infezioni ciò che rende le donne più suscettibili alla morte nei 100 giorni che seguono un
intervento di bypass coronarico. È quanto dimostrato in un’indagine su 9216 pazienti che nell’arco
di 15 mesi hanno subito il medesimo intervento di bypass coronarico. I risultati dello studio sono
stati resi noti sugli Archives of Internal Medicine.
L'analisi e' stata condotta secondo la metodica dell'"intenzione a trattare".
Il 93% dei pazienti selezionati per il CABG ed il 96% di quelli scelti per una PTCA hanno eseguito
l'intervento programmato. A distanza di 1 anno, erano deceduti 14 (2,7%) pazienti avviati al CABG
e 21 (3,9%) pazienti in cui era stata eseguita una PTCA (p=0,29). La presenza di angina
clinicamente significativa ad 1 anno dall'intervento e' risultata inferiore nei pazienti trattati con
CABG rispetto a quelli sottoposti a PTCA = (10% vs 14%, p=0,012). Sebbene questa tendenza si
sia riscontrata in entrambi i sessi, la differenza e' risultata statisticamente significativa solamente
nelle donne. La percentuale di pazienti che non ha avuto bisogno di un nuovo intervento di
rivascolarizzazione dopo 1 anno e' stata del 94% nel gruppo inviato al CABG, e del 66% in quello
sottoposto a PTCA (p<0,001). Durante il primo anno di follow-up, infine, la necessita' di assumere
farmaci antianginosi e' risultata inferiore nel gruppo trattato con CABG rispetto a quello con PTCA
(p<0,001).
Conclusioni: A distanza di un anno si e' osservato un minore numero di casi di angina clinicamente
significativa, di reinterventi e di necessita' di utilizzazione di terapia antianginosa nei pazienti
trattati con CABG rispetto a quelli del gruppo con PTCA. La mortalita', seppur in maniera non
statisticamente significativa, e' risultata maggiore nel gruppo trattato con angioplastica.
Vantaggi
Svantaggi
Angioplastica
Chirurgia
By-pass
Intervento minore
Tempi di degenza più
brevi
Bassi rischi di
complicanze postoperatorie
Il flusso è ristabilito in
modo più completo
Meno frequente ripresa
d’angina
Minor necessità di
ricorso ad intervento
successivo
(angioplastica o bypass)
Il flusso non è
completamente ristabilito
Potenziale necessità di
intervento successivo
(angioplastica o by-pass)
Più frequente ripresa
d’angina
Intervento più complesso
Rispetto all’angioplastica,
possibili superiori rischi di
complicanze postoperatorie
Tempi di degenza più
lunghi
La testa del pancreas è situata nell'ansa formata dal duodeno, quindi a destra della L2, per poi salire
obliquamente verso sinistra fino all'altezza della 7° costa (o della L1) dove si trova la coda. Il
pancreas consta di una parte a secrezione interna o endocrina ("isole del Langerhans") e una parte a
secrezione esterna o esocrina la quale, tramite due "dotti escretori", "principale" e "accessorio",
riversa il suo secreto all'interno del duodeno. Misura circa 20 cm di lunghezza, 4 cm di altezza e 2
cm di spessore, ha consistenza friabile e colorito roseo, o grigiastro quando è in fase di intensa
attività secretiva. Si trova anteriormente ai corpi delle prime due vertebre lombari e consta di tre
parti:
una testa, accolta nella concavità dell'ansa duodenale, di dimensioni 6x3x2 cm,. La testa presenta
un prolungamento in corrispondenza dell'"estremo inferomediale", detto "processo uncinato" e che
risulta in contatto posteriore:
con il tratto terminale del "dotto coledoco", che vi lascia una profonda impronta
con la "lamina di Treitz"
con la vena cava inferiore
con i corpi delle L2 e L3
con il pilastro destro del diaframma
con il peduncolo renale
con l'origine dell'arteria genitale destra
un corpo (separato della testa da una parte ristretta, ("istmo") avvolto dal "peritoneo parietale
posteriore", che si trova in rapporto anteriore con la faccia posteriore dello stomaco
una coda, che presenta forma ed estensione piuttosto variabili, potendo presentarsi come allungata e
assottigliata o come tozza e ingrossata e si trova in rapporto:
laterale con la milza e con l'arteria lienale
posteriore con il rene sinistro.
Il pancreas è mantenuto stabile nella sua posizione dal duodeno, che ne accoglie la testa, dal
peritoneo parietale posteriore, che lo riveste, e dal "legamento pacreaticolienale", che ne fissa la
coda all'"ilo" della milza. La parte esocrina del pancreas ha il compito di produrre il succo
pancreatico, indispensabile per la digestione, il quale risulta composto da:
enzimi proteolitici (tripsina e chimotripsina)
enzimi gliocolitici (amilasi)
enzimi lipolitici (lipasi)
acidi nucleici (ribonucleasi e desossiribonucleasi).
Collocazione del pancreas
La struttura risulta simile a quella della ghiandola parotide, cioè "acinosa" composta a secrezione
"sierosa"; risulta suddivisa in "lobuli" da esili "sepimenti connettivali" che prendono origine dalla
capsula che avvolge l'organo.
Il secreto si trova sotto forma di granuli di zimogeno all'interno delle cellule pancreatiche, e viene
poi secreto per esocitosi nel "lume dell'acino"; dai "condottini intralobulari" il secreto si getta nei
"condotti interlobulari" che, a loro volta, sboccano nei due grossi dotti pancreatici, il dotto
pancreatico "principale" (dotto di Wirsung) e il dotto pancreatico "accessorio" (di Santorini).
L'azione secernente del pancreas è continua, ma si svolge a un livello modesto; essa aumenta però
considerevolmente sotto lo stimolo neuroendocrino della "secretina" e della "pancreozimina",
prodotti nel duodeno che raggiungono il pancreas per via ematica.
Vasi e nervi
Le arterie del pancreas provengono dall'arteria epatica, dall'arteria lienale e dall'arteria
mesenterica superiore. Le vene sono tributarie della vena porta.
I vasi linfatici sono tributari dei linfonodi "pancreatico-duodenali anteriori", delle "catene
linfonodali" dell'arteria lienale e dell'arteria mesenterica superiore, e infine dei linfonodi posti all'
"ilo" della milza. L’innervazione deriva dal "plesso celiaco".
Intervento di duodenocefalopancreasectomia e resezione antrale con gastroenteroanastomosi ed
abboccamento sull’ansa intestinale delle vie biliari.
Complicanze:
-fistola dell’anastomosi.
-deescenza della ferita chirurgica
-emorraggia da sanguinamento dell’anastomosi ulcerata
-peritonite da perforazione o fuoriuscita di materiale nel peritoneo o retroperitoneo.
Fegato da shock:
Il fegato si danneggia nello shock ipovolemico (anemia per riduzione effettiva della massa
sanguigna), nello shock cardiogeno, nello shock settico (riduzione del flusso, sia nell’arteria epatica
che nella vena porta per insufficienza circolatoria). Disomogeneità dell’alterazione forse per la
frequente presenza di trombi da CID che causano ischemia localizzata.
MACRO: statosi, talora più evidenti in aree con base alla superficie e apice verso l’ilo e infarti
adiposi.
MICRO: aree centrolobulari di necrosi più infiltrazioni infiammatorie a ponte.
Fegato. È profondamente interessato dalle turbe perfusionali dello stato di shock. La sofferenza
cellulare si traduce in deficit di funzione ed in immissione in circolo di idrolasi, che aggravano lo
stato di shock. L'ipossia ipoperfusiva porta a:
- depressione del sistema reticolo-istiocitario (SRI);
- diminuita inattivazione di amine biogene (catecolamine, serotonina);
- tendenza al metabolismo anaerobio da parte dei mitocondri con incapacità di utilizzazione dei
lattati e diminuzione del pH;
- depressione delle protidosintesi (sintesi del fibrinogeno e di altri fattori della coagulazione, delle
immunoglobuline, del collageno ecc.).
Queste turbe della funzione epatica si prolungano nel tempo anche in casi di superamento dello
stato di shock (cosiddetta "epatite ischemica") e sono causa di complicanze di decorso (ritardo di
guarigione di ferite, suscettibilità alle infezioni, scarsa tolleranza ai farmaci ecc.).
Milza da shock
Condizioni di anemia o oligoemia generale acuta determina mobilizzazione del deposito splenico e
quindi deplezione della milza. Questo accade dopo profuse emorragie, in caso di grave
prosciugamento dell’organismo e in caso di shock.
MACRO: milza piccola molle, come svuotata, con perisplenio raggrinzito. Superficie di sezione
pallida e asciutta (milza esangue).
Nello shock: polpa disomogenea con settori congesti e molli e campi asciutti,pallidi e di maggiore
consistenza.
Cistite emorragica:Forma particolare di cistite carattarizzata da ematuria. Costituisce il 10% dei casi
di cistite.Può essere conseguenza di un danno da radiazioni o da terapia antiblastica (
ciclofosfamide e busulfan) che si accompagna spesso ad atipie epiteliali. E' frequente il riscontro di
tale patologia anche in paziente immunocompromessi.Anche le infezioni di adenovirus e
citomegalovirus possono causare cistite emorragica.Il quadro è rappresentativo di un'infiammazione
aspecifica della parete vescicale che coinvolge anche i capillari dell'epitelio, macroscopicamente si
osserva iperemia della mucosa, talora associata ad essudato.
Alcuni autori considerano la cistite emnorragica come un'ecoluzione di pregressi quadri di cistite
acuta recidivante.
Tutte le forme di cistite sono caratterizzate da una triade sintomatologica: pollachiura (anche ogni
15-20 min), dolore nella ragione addominale inferiore, disuria alle quali, nel nostro caso va aggiunta
la presenza di ematuria. A questi si posso associare segni di infiammazione quali febbre, brividi,
malessere. Nel decorso tipico , tuttavia, l'infezione non crea tali sintomi generali.(I sintomi locali
possono disturbare il pz, ma l'elemento più importante è tali infezioni possono essere il primo passo
verso la pielonefrite. La cistite può essere però anche espressione secondaria di altre patologie come
ingrandimento prostatico, cistocele, litiasi e neoplasie).
Mottura: L’infiammazione della vescica è assai comune in ogni età e sesso. L’infiammazione delle
vie escretrici riconosce nella maggioranza dei casi una causa infettiva, ma sono note anche cause
fisiche,in particolare le radiazioni ,fc come ciclofosfamide e causa immunologiche. Nel caso di
infezioni la via più comune è quella ascendente a partire dall’uretra. ( Le donne sono più a rischio a
causa della brevità dell’uretra, soprattutto in occasione della gravidanza o del puerperio). Le
infezioni sono poi favorite dal ristagno urinario, soprattutto nei maschi anziani affetti da ipertrofia
prostratica e diventano poi la regola in occasione di cateterismi. Batteri chiamati in causa: E.Coli,
Proteus, Klebsiella, Enterobacter, Pseudomonas Aeurginosa, Streptococcus fecalis, e stafilococchi.
Nelle forme più lievi la mucosa è diffusamente arrossata e ha aspetto tumido, il quadro isto è
dominato da congestione dei capillari ed edema della tonaca propria. Alla componente iperemica
può aggiungersi l’emorragia sotto forma di petecchie, chiazze o soffusioni Cistite emorragica.
L’infiammazione a carattere emorragico è di norma diffusa in occasione di cistiti virali, da farmaci,
mentre è localizzata nei pz portatori di catetere a permanenza.
Cisti ruinosa:
Molto frequente nel pz anziano e non si confondono con il rene policistico, perché sono di solito
singole al max 2-3, con profilo più netto e rotondeggiante. Si tratta di cisti da ritenzione urinaria
semplice : da fibrosi avanzata per l’età di solito sono di spiccate dimensioni. A volte possono
addirittura deformare il rene e una volta tolte nel pz anziano con malattia vasculopatica il rene può
addirittura apparire di piccole dimensioni.
Lesione molto comune nel pz dopo i 50 anni .Viene anche detta cisti corticale o solitaria, può in
realtà essere multipla e localizzata alla midollare. Non da di norma sintomi, ameno che non si
complichi con un’emorragia o una sovrainfezione,o per la disposizione al polo inferiore (questa è la
sede più comune) provochi compressione ureterale. Le dimensioni variano da pochi millimetri a
parecchi cm;le cisti di maggior ampiezza , sporgendo al di sotto della capsula deformano il profilo
del viscere. La parete è sottile e semitrasparente e o di aspetto pergamenaceo, delimita una cavità
uniloculare contenete liquido limpido e citrino. Le caratteristiche del liquido si modificano in
seguito ad emorragia o suppurazione. A seguito di queste complicazioni, la parete si ispessisce,
diventa fibrosa e può incrostarsi di concrezioni calcaree. All’esame istologico la superficie interna è
tappezzata da epitelio appiattito e la parete è formata da connettivo fibroso che può essere infiltrato
da elementi dell’infiammazione (mononucleati e macrofagi zeppi di emosiderina) . la loro
patogenesi non è chiara Ipotesi: è che si tratti della dilatazione di tubuli in seguito ad ostruzione
distale o che le cisti rappresentino una specie di diverticoli di origine tubulare formatisi per aumento
della pressione endoluminale da cause endo o extra-renali (es:iperplasia prostatica)
Arteria polare anomala
Arteria che origina o dall’arteria renale o direttamente dall’aorta (forse iliaca) e che si inserisce in
uno dei poli renali, più frequentemente al polo inferiore e potrebbe interferire col decorso
dell’uretere causando, stasi urinaria,reflussi, infezioni ricorrenti, pielonefriti e
idronefrosi…calcolosi. Mentre se si inserisce al polo superiore generalmente è asintomatica.