la fisica a fumetti

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LA FISICA A FUMETTI
PHYSICS 4 COMICS
La fisica sbarca, o meglio, si teletrasporta, nel mondo dei comics! Ho il piacere di seguire,
perché mi hanno nominato loro faculty advisor, il gruppo di studenti di fisica PONYS - Physics
& Optics Naples Young Students che, dopo aver stupito i 130.000 visitatori di Futuro Remoto
(ottobre 2015 a piazza Plebiscito, Napoli) con esperimenti di fisica da tavolo, ora si propone
di avvicinare gli appassionati di fumetti alla fisica, che solo nei fumetti e nella fantascienza
riesce ad amplificare, oltre i limiti della realtà, il suo campo d’azione. In questo numero vedrete
come funziona il martello di Thor, il teletrasporto di Star Trek, la spada laser di Star Wars, il
mantello dell’invisibilità di Harry Potter, il cervello positronico immaginato da Asimov, e come
Spiderman riesce a camminare sui muri. O meglio, come potrebbero funzionare tutte queste
cose se riuscissimo a forzare un po’ le leggi della fisica per fare quello che più ci piace. Se avete
voglia di approfondire il discorso, sempre restando in ambito divulgativo, potete continuare
leggendo la fisica di Star Trek di Lawrence M. Krauss (2009) o la fisica dei supereroi di James
Kakalios (2014).
Ma in fisica ci sono anche supereroi che vivono e lavorano tra noi tutti i giorni, fuori e dentro
le loro batcaverne. Oltre a scovare il bosone di Higgs e le onde gravitazionali, alcuni ricercatori,
in Italia, usano fasci di particelle, simili a quelli del CERN di Ginevra, per distruggere tumori
che non potrebbero altrimenti essere curati. E in tutti i laboratori e centri di ricerca italiani
giovani ricercatori affrontano, con i superpoteri della loro passione, le scarse opportunità di
trovare lavoro, in Italia, nel campo della ricerca, continuando comunque a produrre risultati
di altissimo livello. Speriamo che il mondo della ricerca italiana in futuro non diventi come
Gotham City e che i governi ci riservino più finanziamenti e opportunità, invece di finti sorrisi
alla Joker.
Luca Lista
Sezione di Napoli
SOGGETTO
PONYS
Dipartimento di
Fisica E. Pancini
Università
Federico II
SCENEGGIATURA
Anna KOROBOVA
DISEGNI e COLORI
Maria Giada DEL VECCHIO
2
Buongiorno. Ho
chiamato per Victoria
Turner.
Certamente. Lei
è il signor Sam
Ends, suppongo.
Mi segua.
Non ci faccia troppo
caso. Lo dico per la sua
incolumità.
Però devo
avvisarla: i
nostri pazienti
sono un po’…
fuori dal
comune.
3
L’INVISIBILITÀ
Nel romanzo del 1881, L’uomo invisibile, lo scrittore inglese Herbert George Wells raccontava
di uno scienziato che dedicò l’intera vita alla ricerca in ottica al punto tale da riuscire a
sviluppare un procedimento che permettesse di rendere invisibile qualsiasi cosa.
Wells non fu il primo a scrivere sull’invisibilità ma, grazie alla sua immaginazione e alla
sua particolare capacità di descrivere in modo dettagliato e chiaro i fenomeni ottici di cui
raccontava, è riuscito ad affascinare clamorosamente scrittori, registi e scienziati.
Era il 1998 quando la scrittrice britannica J. K. Rowling pubblicò Harry Potter e la Pietra
Filosofale facendoci innamorare di un piccolo Harry Potter alle prese con un mantello che
donasse l’invisibilità. Chi non si è mai divertito a immaginare di avvolgersi in un mantello e
osservare il mondo circostante senza essere visti?
La smodata passione degli uomini di controllare e manipolare la luce è sicuramente più
vecchia di ogni produzione artistica sull’invisibilità, ma ha permesso a diversi scienziati,
grazie all’impiego delle moderne tecnologie, di realizzare il desiderio di Wells e di ogni altro
sognatore: l’invisibilità!
Va sottolineato che l’invisibilità sviluppata nei laboratori ed impiegata nella ricerca (come nelle
opere citate) non ha alcuna connotazione magica: gli oggetti non scompaiono mai, piuttosto
sono opportunamente “nascosti” ai dispositivi di rivelazione. È possibile rendere invisibile
all’occhio umano un oggetto senza renderlo intangibile.
Le più recenti scoperte in campo tecnologico hanno permesso lo sviluppo di nuovi materiali
ingegnerizzati, detti metamateriali, in grado di deflettere, far propagare e assorbire la
radiazione luminosa in modi non ancora osservati in natura. Con l’impiego di metamateriali,
ad esempio, è possibile guidare il flusso della radiazione elettromagnetica (la luce) in modo che
questa oltrepassi un ostacolo senza essere né riflessa né diffusa così da ottenere l’invisibilità.
Tuttavia nel 2014 J. Choi e J. Howell, dell’università di Rochester, sono riusciti a ricreare
l’invisibilità con materiale meno costoso, in grado di superare alcune limitazioni imposte dai
metamateriali oltreché di facile reperibilità: le lenti. Hanno, infatti, realizzato un sistema di
lenti capace di deviare il percorso dei raggi luminosi e rendere invisibile una regione che viene
semplicemente “evitata” dalla luce. Un sistema del genere sarebbe certamente meno pratico da
indossare rispetto al mantello di Harry Potter.
Daniele Cozzolino
4
ATTENZIONE!
Simon ha perso otto
chili da quando lavora
al reparto Celebrità
Tramontate.
Ma non è possibile!
Bisognerebbe sovvertire
l’essenza stessa della fisica
per ottenere quell’effetto.
Magia. Sì sì, lo so,
lo dite tutti. Ma per
quanto mi riguarda è
solo un gioco di luce.
Qualcosa di
molto simile a
m-magia.
5
Per questo nostro
ospite, ad esempio,
tentare la fuga ogni
giorno è una sorta di
rituale.
IL CERVELLO POSITRONICO
“Il cervello positronico fu una delle scoperte più straordinarie dell’umanità.
L’invenzione all’origine della mente ormai impazzita del robot guasto arrivò
verso la fine del XX secolo dallo scienziato Lawrence Robertson, stravolgendo le
leggi della cibernetica e portando a sostituire i pesanti calcolatori dell’epoca
fatti di relais e cellule fotoelettriche con un globo spugnoso in platiniridio
delle dimensioni di un cervello umano.”
Il platino e l’iridio furono scelti senz’altro per essere due metalli fra i più resistenti alla
corrosione: in lega, forniscono un materiale a coefficiente termico nullo –cioè che dà sempre le
stesse prestazioni, anche a temperatura molto elevata– usato in meccanica, come nelle candele
dell’automobile o del motorino.
Quello che appare più straordinario a noi, ultimi cibernetici del XXI secolo, non è la corrente
di positroni che alimenta i circuiti del cervello robotico, bensì la facilità con la quale queste
macchine di fantasia realizzino compiti fuori dalla nostra attuale portata.
Da un lato, nemmeno noi abbiamo più i computer fatti di valvole che negli anni ’50 occupavano
intere stanze e si chiamavano mainframe: ora i circuiti integrati fatti di silicio sono così leggeri
ed efficienti che abbiamo la potenza di un mainframe in uno smartphone. Non possiamo
neanche dire che i nostri programmi non apprendano dall’esperienza, visto che i motori di
ricerca di Google o Amazon imparano a fornire risposte plasmate sui gusti dei loro utenticlienti. Stupisce, dei robot nati dalla geniale mente di Asimov, la presa di coscienza, la consapevolezza
di esistere e il comportarsi di conseguenza. Tutto nasce con la macchina universale di Turing:
una serie di comandi molto semplici che compongono un programma che ne legge un altro (I
nostri PC sono macchine universali: hardware che esegue software). Però un tale programma
può anche leggere il suo stesso codice costitutivo e quindi realizzare, in una certa maniera,
l’osservazione, quindi la consapevolezza, della propria esistenza. Questo è il punto di partenza
della capacità di introspezione che hanno i robot positronici, i cui schemi celebrali, nelle opere
di Asimov, vennero perfezionati dalla psico-matematica Susan Calvin per tararli sulle famose
tre leggi della robotica. I computer di oggi sono ben poco coscienti di sé, anche se la moderna intelligenza artificiale ha
prodotto macchine capaci di ragionamenti criptici e complessi, dove le risposte non sono tutte
predefinite, bensì emergono dall’elaborazione elettronica, offrendoci un’imitazione di pensiero
capace anche di simulare emozioni.
Alexandre Albore
6
È la sua coperta di Linus, e dopotutto lo
copre bene. Ha visto com’è piccolo? Una
volta ce lo ritrovammo in sala comandi, a
fare ricerca immagini su Google.
E cosa
cercava?
Foto di Emma
Watson.
E quel
mantello?
Comunque, non è il
solo cervello fuso
che vantiamo.
Guardi questo, per
esempio. Ogni giorno è
convinto di essere un
famoso diverso. E oggi è
Dalì.
L’unica differenza
tra me e un folle
è che io non sono
folle.*
È inusuale per un
androide del genere
guastarsi così.
Nessuno dei nostri
tecnici è riuscito a
riparare il cervello
positronico di
questo folle.
Il problema non è
positronico. È quantistico.
I cervelli positronici non
si producono più,
Scandalo dei furti delle
leghe di platino-iridio del
Wisconsin, 2154.
Io c’ero, grande
annata. Diciassette
anni, e tutto da
conquistare.
Il mio amico
Rajtowskij ne rubò
così tanti da comprarsi
una casa in Toscana.
Non ci andò mai, aveva
paura di prendere
l’aereo.
* Salvador Dalì
7
MJÖLLNIR, IL MARTELLO
SUPERCONDUTTORE DI THOR
Un martello in grado di generare fulmini deve essere in grado di generare una grande
differenza di potenziale, basti pensare al meccanismo con cui i fulmini si formano durante i
temporali: un grande accumulo di carica negativa genera una scarica elettrica nell’atmosfera
sottoposta a forze molto elevate. Sebbene esistano modi più semplici per ottenere dei piccoli
fulmini fatti in casa, a noi piace pensare che Thor, il Dio del Tuono della fredda Scandinavia, si
serva di un particolare circuito a base di superconduttori.
I superconduttori sono materiali dalle incredibili proprietà, per esempio possono trasportare
grosse correnti senza alcuna dispersione, perché hanno resistenza elettrica nulla, e sono in
grado di schermare completamente i campi magnetici. Queste proprietà macroscopiche hanno
tutte la stessa origine microscopica: al di sotto di una certa temperatura (detta temperatura
critica), gli elettroni smettono di essere delle particelle “isolate” e formano delle coppie, dette
“coppie di Cooper”, che dal punto di vista della meccanica quantistica hanno caratteristiche
totalmente diverse da quelle dei singoli elettroni, tali da consentire il trasporto senza
dissipazione di correnti elettriche e la schermatura completa dei campi magnetici.
L’esistenza delle coppie di Cooper ci ha dato l’idea per una realizzazione del martello di Thor:
un materiale in cui gli elettroni circolano senza incontrare resistenza, e per di più a coppie
anziché singolarmente, ci sembra un candidato perfetto per dar luogo all’accumulo di cariche
necessario alla creazione di un fulmine paragonabile a quelli che vediamo durante in temporali
in un volume ridotto come quello di un martello. Circuiti a superconduttore in cui si verifica
un accumulo di coppie di Cooper in una certa zona dello spazio esistono, e si chiamano Cooper
pair boxes, ma anziché essere usati per produrre fulmini come noi immaginiamo vengono usati
come mattoni fondamentali (q-bit) nella computazione quantistica.
Ma allora perché Thor è l’unico in grado di maneggiare Mjöllnir?
Oltre al fatto che un comune mortale non riuscirebbe a controllare la generazione di un
fulmine, i materiali superconduttori, per essere tali, devono essere raffreddati a temperature
bassissime, almeno -200°C, troppo basse perché chiunque, a parte un dio norreno, possa
subirle senza gravi conseguenze.
Roberta Caruso
8
E ieri,
l’androdalì…
chi era?
Kim Jong-un.
Ha inseguito gli
inservienti con un
rasoio cercando di
fargli i capelli tutti
uguali.
L’idiota è
convinto che
tutti i quadri
elettrici della
clinica siano
rotti.
Sempre tra i piedi,
ogni dannato giorno, a
strattonare qualche
dannato filo. Hey, Thor!
Cosa si è sfasciato,
oggi?
Questo
non se lo
perda.
Il quadro
elettrico, lo
diresti mai?
Non è un po’
come chiuderli,
quando non c’è
luce?
Forgia un martello
magico con il molibdeno,
dicevano.
è a norma e
più sicuro
del tecnezio,
dicevano.
Cos’ha che non
va il tuo dannato
martello?
9
PERCHÉ LE SPADE NON POSSONO
ESSERE LASER
Non so, avete mai provato a simulare un incontro di scherma con i simpaticissimi laser cinesi
venduti in quasi tutti i mercatini della domenica? No? Io vi dico che potrete limitarvi a far
impazzire il gatto del vicino o ad accecare lo spettatore seduto di fronte a voi allo stadio. Questo
perché il più grande errore di traduzione della celeberrima saga Star Wars ha creato in tutti
noi l’idea che ci si potesse davvero scontrare a suon di luce. Ho l’ingrato compito di spiegarvi
il perché non sia possibile e ammetto che al momento mi sento come il fratello maggiore che
deve spiegare ai cugini più piccoli che il Babbo Natale, che hanno visto la sera del 24 dicembre,
non è altro che il nonno travestito.
Cominciamo dal principio, ovvero con la parola “Lightsaber”, nome con il quale gli anglofoni
chiamano quelle che per noi sono le spade laser: essa significa letteralmente sciabola
luminosa e non spada di luce come ci hanno portato a pensare. E sarebbe impensabile
usarla in combattimento, poiché tra tutti gli oggetti studiati dalla fisica, la luce (o onde
elettromagnetiche) tende molto raramente a interagire con se stessa.
Due fasci di luce che si scontrano si sovrappongono senza collidere e in alcune condizioni
si sommano, andando al più a illuminare meglio i contendenti; tra le altre cose, è proprio la
caratteristica più sorprendente della luce e si chiama principio di sovrapposizione. Provate
ora a muovere il laser cinese nell’aria. Riuscite a sentire quei pneu pneu che sentite nei film?
Niente? Vi posso assicurare che la luce non emette alcun suono: nonostante con la luce si
possano muovere gli oggetti (vedi optomeccanica) tale effetto non riuscirebbe a muovere un
quantitativo di molecole tale da generare un qualsiasi tipo di onda sonora.
Nella realtà un combattimento Jedi si ridurrebbe soltanto a due tizi, vestiti da francescani, che
volteggiano e svolazzano in giro brandendo laser senza che emettano il caratteristico suono e
senza la possibilità di scontrare le lame. Bello, vero?
Lorenzo Colaizzi
10
Siamo quasi
arrivati.
Victoria Turner è
da questa parte.
Ragazza adorabile.
Vedesse la
composizione floreale
che ha fatto alla
barba di Rajesh la
settimana scorsa.
Sì, ho
dimestichezza
con le abilità
compositive
Solo un
maestro del
male.
ma...
basta!
Quando ti ho
lasciato non ero
che un discepolo.
Ora sono io il
maestro!
Trovo insopportabile
la vostra mancanza di
conoscenze scientifiche!
La luce non si può
confinare!
No, non di
nuovo!
11
SPIDERMAN, QUANDO LA FANTASIA
ISPIRA LA SCIENZA!
I ragni fanno paura a molte persone e sono certamente tra i meno amati del regno animale,
tuttavia al mondo sono pochi coloro che rinuncerebbero a poter essere almeno per un giorno
Spiderman, l’Uomo Ragno. La sua capacità di camminare agilmente su qualsiasi tipo di parete,
di saltare da un palazzo all’altro lanciando velocissime ragnatele, talmente forti da poter
frenare un treno in corsa stracolmo di gente, fanno di lui uno dei supereroi più amati dei
fumetti.
Tutte queste straordinarie abilità, che un essere umano può acquisire solo se morso da
un ragno radioattivo, almeno nei fumetti, sono invece proprie di molte specie in natura e
questo ha portato recentemente molti fisici a interrogarsi sulla possibilità di replicare questi
superpoteri avvalendosi delle moderne tecnologie a nostra disposizione. Esiste un campo
della scienza chiamato biomimetica che studia la natura come fonte di ispirazione per il
miglioramento delle attività e tecnologie umane. Così i ricercatori studiano la capacità dei
ragni di aderire alle pareti, o delle loro ragnatele di sopportare immensi sforzi, nel tentativo di
rendere queste abilità accessibili anche ai più aracnofobici.
Gli animali arrampicatori, come i ragni o le lucertole, presentano dei particolari cuscinetti
adesivi sulle loro estremità che agiscono con forze di natura elettrica tra molecole dette forze
di Van Der Waals. La superficie di questi cuscinetti dipende dalla grandezza dell’animale.
All’aumentare delle dimensioni dell’animale aumenta anche la superficie adesiva necessaria
per reggere un peso sempre maggiore. Ma l’aumento di peso, negli animali, non corrisponde
necessariamente a un aumento proporzionale della superficie corporea. L’uomo avrebbe
bisogno di cuscinetti adesivi sparsi nel 40% del corpo per potersi arrampicare sui muri. Questo
valore raggiunge addirittura l’80% se consideriamo solo la parte frontale del nostro corpo
nell’atto di arrampicarsi su un grattacielo. Secondo gli studi fatti da un gruppo di Cambridge,
un presunto Spiderman dovrebbe indossare scarpe di misura 145 per riuscirci, taglia che
indica una tale sproporzione rispetto alla corporatura umana da non essere evolutivamente
concepibile!
Non ci resta che aspettare quindi che gli scienziati trovino il modo di trasformare in supereroe
il Peter Parker che è in ognuno di noi se vogliamo stupire la nostra Mary Jane con un bel bacio
a testa in giù!
Antigone Marino
12
il signorino deve
far pesare a tutto
l’istituto di essere un
fisico!
Ed ecco che lo rifà! Ma cosa le fa
pensare che sia giusto rovinare le
storie degli altri?
Procede tutto
liscio, abbiamo
tutto sotto
controllo, ma
no!
Prenda le sue medicine, per
una buona volta! Vuole
mica ridursi come il nostro
amico Spidey, lì?
Guardi, quell’uomo mi
inquieta, coi suoi versacci
e l’espressione assente.
In realtà, è la
cosa più logica
cui abbia assistito
oggi. Tensione
superficiale.
Perché la gente
quando impazzisce non
crede mai di essere
un coniglietto o un
gattino o, non so…
una farfalla?
Ma voglio solo
farvelo pesare, non
è vero? Il matto
sono io, a pensare di
poter portare un po’
di logica in questo
posto!
13
ENTERPRISE, SIAMO PRONTI AL
TRASPORTO… ENERGIA!
Queste parole pronunciate all’ufficiale ingegnere capo Montgomery Scott, addetto alla
soluzione dei problemi tecnicamente più ostici sulla nave stellare Enterprise, hanno il potere,
nell’universo di Star Trek, di avviare quello che è noto ai più come teletrasporto. Sin dagli anni
60 i nostri Spock o Kirk di turno ci hanno abituato a scomparse in grande stile: immersi in
una nuvola di dati i nostri eroi possono riapparire in luoghi completamente diversi a seconda
delle intergalattiche esigenze del momento. Il teletrasporto nella visionaria realtà di Star
Trek è tutt’altro che semplice: il compensatore di Heisenberg crea una mappa del corpo da
teletrasportare, registrando in un computer la posizione di tutti i quark ed elettroni presenti
nel soggetto e solo dopo la creazione della mappa il corpo può essere smaterializzato nel luogo
di partenza e riassemblato a destinazione utilizzando la mappa come schema di montaggio.
Questa complessa e affascinante tecnologia tornerebbe utile pressoché a tutti coloro che
abbiano avuto la sfortuna di salire su un autobus all’ora di punta almeno una volta nella vita e
pertanto la domanda sorge spontanea: siamo davvero così lontani dal teletrasporto?
In realtà il teletrasporto in fisica esiste già. Si tratta di una raffinatissima tecnica messa a
punto nell’ambito degli esperimenti sulla meccanica quantistica che consente di riprodurre
una copia esatta di uno stato quantistico, in un punto distante anche migliaia di km, sfruttando
il fenomeno dell’entanglement. Gli esperimenti di teletrasporto messi a punto fino ad ora
presentano delle somiglianze con quello che si vede nella saga di Star Trek, ad esempio un
ipotetico Capitano Kirk che volesse teletrasportarsi su Tarsus IV dovrebbe necessariamente
essere distrutto nel luogo di origine: in sostanza, non potrebbero coesistere due Capitani Kirk.
Tuttavia ci sono svariati limiti che al momento impedisce al teletrasporto di essere il nostro
mezzo di trasporto preferito. Quello forse sostanziale è che si tratta di trasporto d’informazione
e non di materia. Questo implica che il supporto fisico su cui s’intende teletrasportare un dato
stato quantistico deve essere già presente nel luogo di arrivo. Non basta quindi distruggere
un Capitano Kirk sulla terra per averne uno su Tarsus IV se ivi non è già presente una copia
biologicamente indistinguibile dello stesso.
Tutto ciò porta a credere poco nella possibilità di un futuro di viaggi velocissimi, ma mai
dire mai! Forse un giorno lo sviluppo delle tecnologie ci consentirà, stavolta per davvero, di
approfittare delle meravigliose e sconfinate potenzialità della meccanica quantistica!
Lunga vita e prosperità.
Michela Florinda Picardi
Si può sapere come
diavolo fai?
È la quarta volta in
due settimane, Sam!
Ed è l’istituto
più sicuro di
Manhattan!
Be’, immagino
che sia tutto
relativo.
Beam me up,
Scotty!
15
LA FISICA A FUMETTI
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