Cessione di azienda 1 CESSIONE DI AZIENDA Fonti normative: Artt. 2555-2560 e 2112 c.c. - Art. 47, l. 29.12.1990, n. 428 A) INQUADRAMENTO SISTEMATICO: 1. Nozione, qualificazione giuridica ed elementi principali del contratto - 2. Disciplina normativa - 3. Diritti ed obblighi delle parti - 4. Articolazioni della fattispecie tipica - 5. Disciplina tributaria. 1. Nozione, qualificazione giuridica ed elementi principali del contratto 1 L’esplicita presenza di una disciplina normativa codicistica e di una fitta rete di disposizioni complementari (specie di stampo giuslavoristico) finalizzate a regolare aspetti particolari della fattispecie contrattuale sono la dimostrazione dell’importanza assunta nell’ordinamento giuridico vigente dal tipo “cessione di azienda”. In presenza di una fattispecie tipizzata non vi è, dunque, il problema di inquadrare la fattispecie allo scopo di ricavare la regolamentazione dell’istituto. L’esplicito riconoscimento normativo consente di evitare di soffermarsi sulla persistente rilevanza di siffatto fenomeno circolatorio sotto il profilo pre-giuridico [FRANCESCHI (19)]: la tipicità legale del contratto, insomma, permette di dare per acquisiti una serie di condizioni preliminari (sulle quali, al contrario, occorre soffermarsi per inquadrare l’omnicomprensiva e limitrofa figura dell’outsourcing), traghettando il discorso sugli interessanti elementi in relazione ai quali la prassi contrattuale e le pronunce della giurisprudenza suggeriscono l’esigenza di individuare la disciplina applicabile a taluni aspetti del contratto. 2 Prima di analizzare la disciplina prevista dal legislatore per regolare la cessione di azienda, occorre soffermarsi brevemente ad identificare le nozioni di cessione e di azienda. Partendo da quest’ultima e date per acquisite le note (e, talune, persistenti) traversie che hanno accompagnato l’identificazione del significato giuridico del termine, la definizione codicistica consegnata nell’art. 2555 c.c. («l’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa») comporta una chiara opzione teleologica: l’ordinamento inquadra (e disciplina) unitariamente un complesso di beni eterogenei allorquando gli stessi trovino la loro unità nell’organizzazione creata dall’imprenditore e nella loro finalizzazione all’esercizio di un’intrapresa economica [C 3.12.2009, n. 25403, Gdir 2010, 2 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO 4, 37]. Questa “qualità” consustanziale dell’azienda è confermata dall’ulteriore bene facente parte del patrimonio aziendale (anzi, prodotto dal coordinamento imprenditoriale dei beni costituenti l’azienda), l’avviamento. Sul punto, è opportuno precisare che la destinazione economica unitaria del complesso dei beni aziendali non rileva esclusivamente sotto un profilo ‘soggettivistico’: non è cioè sufficiente che l’alienante reputi organizzati in maniera funzionalmente autonoma un complesso di beni affinché possa dirsi configurata l’azienda. Quest’ultima tal’è quando - in caso di contestazione (per la verità più frequente in riferimento alla cessione di ramo di azienda: v. infra) - sia obiettivamente riscontrabile (e, in ultima analisi, quando l’autorità giudiziaria arrivi ad accertare) l’autonomia organizzativa funzionale di un complesso di beni che, anziché un’accozzaglia di utilità materiali e immateriali, sia dotato di una destinazione economica giudicata dall’ordinamento meritevole di conservazione economica e disciplina giuridica unitaria. Sotto il profilo del sintagma “cessione”, invece, è opportuno operare un maggior numero di rilievi, poiché la finitima nozione di “trasferimento” (utilizzata per esempio, all’art. 2112 c.c.) potrebbe indurre a confusioni terminologiche non prive di potenziali conseguenze sotto il profilo dell’individuazione della disciplina applicabile. In senso restrittivo, per “cessione di azienda” s’intende esclusivamente il trasferimento definitivo della titolarità giuridica di un’impresa a seguito dell’avvenuto sub-ingresso nella proprietà del patrimonio aziendale: è questa l’alienazione dell’azienda assunta a prototipo disciplinare dagli artt. 2555 ss. c.c. Diverso è, invece, il concetto di “trasferimento”, che evita di soffermare l’indagine sul tipo di ‘negozio’ utilizzato per produrre l’effetto circolatorio, guardando esclusivamente a ciò che un determinato atto giuridico produce, il mutamento della titolarità giuridica della soggettività economica. Se questo è vero, è “trasferimento d’azienda” (non invece “cessione di azienda”) l’affitto dell’azienda ovvero l’usufrutto della stessa. Con la conseguenza di dover parametrare l’applicazione delle disposizioni dettate dal codice in materia di cessione alle ipotesi in cui non vi sia trasferimento della proprietà dell’azienda; e, al contrario, di constatare fattispecie pur diverse (si v. ancora l’art. 2112 c.c. e, più in generale, le norme che si interessano di regolamentare aspetti relativi alle modificazioni soggettive del contratto di lavoro subordinato) ma assoggettate ad una medesima, unica regolamentazione giuridica [cfr. amplius DUI (16), 75 ss.]. Peraltro, se in riferimento a ciò che l’autonomia privata produce la posizione della giurisprudenza è di sostanziale estensione delle regole dettate per la “cessione” a negozi che non comportano un trasferimento definitivo della proprietà, diverso si presenta il discorso allorquando il mutamento di titolarità giuridica del soggetto economico imprenditoriale avvenga a seguito di provvedimenti autoritativi della P.A. Cessione di azienda 3 oppure come conseguenza di fattispecie in cui comunque vi è l’intervento del soggetto pubblico. 3 Pochi cenni sugli elementi del contratto per ribadire la natura negoziale della “cessione di azienda” in senso stretto e, dunque, sottolineare la circostanza che il tipo legale trovi fondamento nell’autonomia privata riconosciuta all’art. 1322 c.c. Sotto il profilo della causa, la funzione social-tipica del contratto è ictu oculi evidente: consentire - verso il pagamento di un corrispettivo economico che, oltre ad essere immediatamente identificabile in un prezzo versato in danaro, può essere pure stabilito in altro bene equivalente suscettibile di valutazione economica (si richiamano gli esempi della fusione, incorporazione societaria ovvero del conferimento di azienda in società) - il trasferimento della proprietà di un’azienda affinché l’acquirente possa continuare (in senso giuridico e non necessariamente economico) l’attività imprenditoriale fin lì condotta dal cedente. Sinteticamente, può individuarsi nell’azienda come tipizzata dall’art. 2555 c.c. (o un suo ramo) l’oggetto pregnante del contratto de quo. In via analitica, comunque, è opportuno precisare che in sede di contratto, pur non essendo necessario - dal punto di vista giuridico e ai fini del perfezionamento del negozio - individuare esattamente i beni oggetto di cessione (poiché, alla luce dell’unità teleologica dell’intera operazione, essi sono identificabili mediante la loro inerenza all’organizzazione apprestata dall’imprenditore per l’esercizio della propria attività economica), la prassi ha correttamente proceduto ad utilizzare un apposito inventario (sovente allegato e facente parte integrante del contratto) al fine di identificare esattamente (non tanto) i beni (rientranti nel trasferimento, quanto quelli) che si intende escludere dall’oggetto del contratto. Per quelli inclusi, inoltre, è opportuno, ancora, fissare la data in cui s’intenderà avvenuto il trasferimento del possesso, fermo restando che, trattandosi di cessione, il cedente è tenuto (‘in positivo’, oltre all’eventuale e ulteriore garanzia convenzionale; ‘in negativo’, escluse le ipotesi di pattuizioni difformi dal disposto legale) a garantire il cessionario della proprietà dei beni alienati, dovendo pure prestare l’ordinaria garanzia per vizi. Insieme all’azienda, la cessione comporta pure il trasferimento degli altri segni distintivi (ditta e insegna) che andranno a far parte della sfera giuridica del nuovo imprenditore (e di cui quest’ultimo potrà liberamente disporre). Sul punto, è necessario precisare che con l’abrogazione della disposizione di cui all’art. 15, r.d. n. 929/1942 - che vincolava il trasferimento del marchio alla cessione dell’azienda (o di un ramo di essa) al fine di evitare che venisse delusa la legittima aspettativa del consumatore sulla continuità del rapporto marchio-impresa - e l’attuale vigenza del d.lgs. n. 30/2005, si è 4 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO profondamente inciso sulla disciplina della circolazione del marchio, stabilendo che esso può essere trasferito o concesso in licenza (anche non esclusiva) autonomamente, così superando il precedente collegamento fra circolazione dell’azienda e circolazione del marchio (che risulta, dunque, cedibile indipendentemente dall’azienda ex art. 2573, comma 1, c.c., salva l’ipotesi in cui esso sia costituito da un segno figurativo, da una denominazione di fantasia o da una ditta derivata, ove si presume che il diritto al suo uso esclusivo si trasferisca insieme con l’azienda, ai sensi dell’art. 2573, comma 2, c.c.). Resta ferma, invece, la regola che presume che il diritto all’uso esclusivo del marchio non costituito dalla ditta originaria sia trasferito insieme con l’azienda. Dall’altro lato, il cessionario si obbliga al pagamento del prezzo (con eventuali particolari modalità consensualmente stabilite) ovvero alla corresponsione di altra utilità suscettibile di valutazione economica (nell’ipotesi in cui l’operazione possa essere ascritta ad una cessione “in senso estensivo”): rilevanza principale riveste l’individuazione del prezzo dell’avviamento. 2. Disciplina normativa 1 La cessione di azienda è un contratto tipizzato e disciplinato dal legislatore sia nel codice civile che nella legislazione complementare. Procedendo con ordine, la normativa codicistica, oltre a regolare gli effetti del contratto e le varie situazioni giuridiche soggettive attive e passive delle parti, si cura di precisare alcuni aspetti di un altro elemento essenziale del contratto, la “forma”. Diversa a seconda delle varie ipotesi astrattamente configurabili, infatti, è la cosiddetta legge di circolazione dell’azienda. Sotto la rubrica «Imprese soggette a registrazione», l’art. 2556 c.c. detta una norma chiaramente destinata ad integrare lo “statuto dell’imprenditore commerciale”, nel momento in cui dispone che per «le imprese soggette a registrazione, i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà … devono essere provati per iscritto, salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto». Il comma 2 aggiunge un ulteriore adempimento a fini pubblicitari, prevedendo che i predetti contratti «in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, devono essere depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante». Dal chiaro tenore letterale della disposizione codicistica si desume che la forma scritta è richiesta ad probationem; in combinato disposto col comma successivo si comprende la finalità del complesso della norma: rendere opponibile anche nei confronti dei terzi Cessione di azienda 5 l’operazione giuridico-economica avvenuta, già valida ed efficace fra le parti col solo scambio dei consensi legittimamente manifestati [per tutte, cfr. C 28.3.2007, n. 7652, FI 2008, 3, 903]. A quanto appena detto occorre aggiungere un corollario: se fanno parte del patrimonio aziendale ceduto beni o diritti compresi nell’elenco di cui all’art. 1350 c.c., è necessario una particolare forma scritta, l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata: l’inosservanza di quest’ultima norma cagiona la conseguenza della nullità che però - in conformità all’interpretazione sistematica delle disposizioni e in ossequio al principio di conservazione che sovrintende il complesso della materia de qua - non si estende all’intero contratto di cessione di azienda, essendo limitata al singolo negozio traslativo del bene immobile o del diritto immobiliare per il quale non è stata rispettata la forma richiesta. È fatta salva, comunque, l’ipotesi che il vizio concerna beni determinanti e caratterizzanti l’azienda stessa o (il che poco muta i termini della precisazione) il caso in cui si rilevi che le parti non avrebbero stipulato il contratto in assenza di quei beni: in queste ultime ipotesi, l’inosservanza della norma vitiatur et vitiat. Agli artt. 2557-2560 c.c., poi, sono dettagliatamente disciplinate le conseguenze e il complesso di diritti e obblighi scaturenti in capo alle parti a seguito della conclusione del negozio. 2 Accanto alla disciplina codicistica generale e in relazione a rilevanti aspetti del fenomeno contrattuale considerato, la legislazione ordinaria si cura di regolare in maniera speciale gli effetti del contratto avuto riguardo ai rapporti di lavoro in essere. In relazione al lato lavoristico dell’operazione economica, infatti, il legislatore pone delle norme che sovente derogano alle comuni regole che disciplinano la sorte del complesso delle situazioni giuridiche soggettive oggetto di trasferimento tra cedente e cessionario. La rilevanza della materia suggerisce di soffermarsi su (come l’ordinamento disciplina) le conseguenze che si verificano sui rapporti di lavoro, premettendo sin da subito che queste ultime non riguardano esclusivamente (la gestione de)i singoli contratti individuali di lavoro subordinato, ma rilevano anche sotto un profilo per così dire collettivo, poiché l’interesse perseguito dal complesso della disciplina normativa non è solo quello di agevolare la conclusione di un’operazione economica finalizzata a realizzare interessi individuali (del cedente, del cessionario, del lavoratore interessato, etc.), dovendosi questi ultimi contemperare con l’interesse collettivo identificato nel gruppo di lavoratori oggetto di “transito”, che sollecita il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali all’interno della complessa fase che conduce al perfezionamento della fattispecie contrattuale. Sugli artt. 2112 c.c. e 47, l. 428/1990, v. infra. 6 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO 3 Occorre accennare, sotto un profilo più generale, alla non infrequente ipotesi in cui le parti interessate all’operazione economica facciano precedere la conclusione del contratto definitivo dalla stipula di un “preliminare”, talvolta accompagnato da clausole che - lungi dall’essere considerate meramente accessorie nel complesso del negozio - assumono rilevanza essenziale se guardate alla luce degli effetti finali perseguiti dai contraenti (per es., la prassi insegna che spesso, contestualmente al preliminare di cessione, le parti stipulino un contratto di affitto dell’azienda, con durata limitata nel tempo, allo scopo di consentire all’affittuario promittente cessionario di valutare la possibilità di acquisire a titolo definitivo l’azienda utilizzando magari un apposita clausola di opzione di acquisto). Evitando di soffermarsi sugli elementi essenziali del contratto preliminare di cessione di azienda [che, com’è noto, segue la disciplina formale e sostanziale prevista dal codice in relazione alla figura generale del contratto preliminare: v. MOGOVICH (25), 9 ss.], oltre all’evidente esigenza di anticipare determinati obblighi che la legge pone in capo alle parti dopo la conclusione del definitivo (per es., anticipando il divieto di svolgere attività in concorrenza, previsto dall’art. 2557 c.c.), è opportuno mettere in evidenza due particolarità di rilievo. Sovente, infatti, all’interno del preliminare le parti stabiliscono che la conclusione del definitivo contratto di cessione avverrà senza subingresso della parte promittente cessionaria nei contratti stipulati anteriormente all’atto definitivo, così pianificando - soprattutto a livello di gestione economica dell’operazione in fieri - quali e quanti debbano essere crediti, debiti e contratti ceduti. Per converso, è pure possibile che le parti escludano il subingresso del futuro titolare dell’azienda nei contratti in essere al momento della stipula del preliminare, in maniera tale da onerare (magari obbligare con specifica clausola) il promittente cedente ad estinguere quelli esistenti, nell’ottica di modificare in nuce gli operatori economici con cui la futura impresa (rectius, il nuovo titolare dell’azienda) avrà a che fare. Inoltre, è ben possibile che le stesse parti, all’atto della firma del preliminare, decidano di inserire una clausola contrattuale in cui si precisa che la cessione definitiva dell’azienda non comporterà il trasferimento a parte promittente cessionaria del personale dipendente in quanto nessun rapporto di lavoro subordinato sarà in corso alla data della stipula dell’atto di cessione, così pianificando pure la ‘liberazione’ dei costi dei rapporti di lavoro subordinato attraverso la programmazione di una serie licenziamenti (individuali e/o collettivi) al fine di permettere al subentrante di organizzare e gestire anche il personale della ‘nuova’ azienda. Su quest’ultimo profilo, però - in presenza di una disciplina legale che consente alle organizzazioni sindacali di intervenire anche in sede di Cessione di azienda 7 conclusione del preliminare (ai sensi dell’art. 47, comma 1, l. n. 428/1990) - è necessario sottolineare che nell’ipotesi in cui l’autorità giudiziaria desuma un manifesto intento fraudolento da parte dei contraenti (ex art. 1344 c.c.), volto ad aggirare lo statuto protettivo del lavoro subordinato, vi sarà la concreta possibilità che venga messa a rischio l’intera operazione economica. 3. Diritti e obblighi delle parti 1 Anziché individuare preliminarmente diritti e obblighi che la legge fa scaturire dalla conclusione del contratto di cessione di azienda, il codice si preoccupa di prevedere e disciplinare in primis il divieto di concorrenza, per poi solo dall’articolo successivo disciplinare la sorte del complesso delle situazioni giuridiche oggetto di passaggio dal cedente al cessionario. Attenendoci, quindi, all’ordine posto dal codice, è necessario prendere l’avvio dalla disposizione contenuta nell’art. 2557 c.c. che, in materia di “divieto di concorrenza”, stabilisce in maniera laconica che il cedente «deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta». Postò, però, al comma 1 questo vincolo limitativo della libertà d’intrapresa economica, l’art. 2557 prosegue stabilendo che è possibile, attraverso uno specifico patto inserito nel contratto, restringere ovvero ampliare (fino ad un massimo «di cinque anni dal trasferimento») i limiti legali, purché non venga completamente impedita «ogni attività professionale dell’alienante», contemperando, dunque, il precetto contenuto nell’art. 41 Cost. Con riferimento a tale obbligo imposto in capo all’alienante, in giurisprudenza si constata un anomalo contrasto fra giudici di merito e Corte di legittimità. Se, infatti, è possibile definire questo obbligo derogabile fino al punto di escluderne pattiziamente la sussistenza, in relazione al carattere “non eccezionale” della norma (e, quindi, suscettibile di interpretazione estensiva e di applicazione analogica) vi sono difformi pronunce [LUONI (22)]. Mentre la Cassazione considera da tempo applicabile il disposto in esame utilizzando una nozione “estensiva” del tipo “contratto di cessione di azienda” - tale da farvi ricomprendere l’ipotesi di cessione di quota di partecipazione societaria, dell’intero pacchetto azionario o di cessione dell’azienda operata dal curatore fallimentare [C 16.2.1998, n. 1643, RFI 1998, 613; C 17.4.2003, n. 6169, GI 2003, 2091]. Si esclude, invece, dal raggio di applicazione della norma il soggetto che aliena un’azienda subito dopo averla acquistata a mero scopo di speculazione, il soggetto che si limita a vendere l’azienda ricevuta in eredità o in legato prima di averla gestita e al fallito che ritorni a svolgere attività imprenditoriale dopo che la sua azienda 8 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO sia stata ceduta nell’ambito della procedura concorsuale - il divieto di concorrenza non è ritenuto suscettibile di applicazione analogica da diverse pronunce di merito [cfr.: T Milano 12.3.2002, RFI 2003, 665; C App. Cagliari 26.1.1998, RGSarda 1999, 405; C App. Milano 16.6.1981, RFI 1982, 249; C App. Milano 11.3.1977, ivi, 1980, 242; C App. Roma 31.10.1977, ivi, 1980, 241]. Premesso che per giurisprudenza unanime la violazione del predetto divieto non richiede il verificarsi di un danno effettivo (eventualità che dà invece diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non) o di una effettiva concorrenza, essendo sufficiente un danno potenziale per conseguire la risoluzione del contratto o l’inibitoria, la dottrina più accreditata ritiene realizzata la violazione contrattuale anche a mezzo di prestanome [AULETTA (3), 1223 ss.]. 2 A mente dell’art. 2558 c.c., posta la regola che «l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa», la successione del cessionario all’alienante nei rapporti contrattuali esistenti all’atto della cessione è disciplinata in maniera tale da garantire alle parti (anche prima della conclusione del contratto definitivo, per es. con la sottoscrizione del preliminare: v. supra) margini di manovra in merito all’individuazione (di ciò che entra a far parte e di ciò che non rientra nell’ambito) dell’oggetto del contratto [cfr. LONGO (21); NARDELLI (26)]. Con l’ulteriore specificazione che non vengono trasferiti automaticamente con l’avvenuta cessione dell’azienda i contratti che «abbiano carattere personale», in relazione ai quali è necessaria un’apposita disposizione pattizia finalizzata al subingresso del cessionario e nei cui confronti, comunque, l’ordinamento attribuisce particolare rilevanza all’intuitus personae, tanto da porre una disciplina differenziata (per es., per i contratti di lavoro subordinato). La disposizione è completata dall’ovvia possibilità, riconosciuta in capo al terzo contraente che vede modificarsi la controparte contrattuale (in esplicita deroga a quanto previsto in via generale dagli artt. 1406 ss. c.c.) di recedere dal contratto «entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell’alienante». Ciò posto a livello generale, bisogna precisare che alla luce della ratio dell’intera operazione economica, le parti non possono stipulare una cessione di azienda prevedendo contestualmente di escludere alcuni determinati contratti dall’oggetto della cessione; per i cosiddetti “contratti indispensabili per l’esercizio dell’impresa” (come licenze e autorizzazioni varie essenziali per l’esercizio dell’impresa, contratti di somministrazione, contratti di agenzia, etc.) l’eventuale esclusione potrebbe apparire l’indice di una volontà fraudolenta delle parti (se, ovviamente, non supportata da Cessione di azienda 9 adeguata giustificazione logico-razionale), anche perché è su tali contratti che si fonda il (plus)valore costituito dall’avviamento. Inoltre, la successione si verifica anche rispetto a quei contratti di cui il cessionario non conosce l’esistenza [C 19.6.1996, n. 5636, MGC 1996, 884]. 3 Ispirata ad una speciale istanza di protezione del contraente-lavoratore è la disciplina relativa alla cessione dei contratti individuali di lavoro subordinato che, fuori dal gruppo delle norme generali (artt. 2556-2560) è contenuta nell’attuale formulazione dell’art. 2112 c.c. (più volte modificato, specie su ‘sollecitazione’ della regolamentazione comunitaria, rispettivamente dagli artt. 47, comma 3, l. n. 428/1990, 1, d.lgs. n. 18/2001, 32, d.lgs. n. 276/2003 e 9, d.lgs. n. 251/2004). Occorre nuovamente ribadire che la disciplina lavoristica non trova applicazione alla sola ipotesi di “cessione di azienda”, ma alla fattispecie “trasferimento di azienda”, nella nozione normativamente posta dal comma 5, ove si prevede che ai soli fini della predetta norma «si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda». Ebbene, in tutte queste ipotesi, «il rapporto di lavoro continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano» (c. 1) e il «cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario» (c. 3). Premesso che il trasferimento non costituisce in sé motivo di licenziamento, in assonanza alla disposizione di cui all’art. 2558 c.c. si stabilisce che il «lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, può rassegnare le proprie dimissioni» per giusta causa. Questa disciplina trova applicazione in presenza dei presupposti tipizzati all’art. 2112 c.c. non richiedendosi, ai fini del mutamento della figura del datore di lavoro, il consenso del contraentelavoratore ceduto; consenso, invece, necessario in tutte quelle ipotesi in cui la segmentazione dell’attività produttiva non porti a configurare un’ipotesi di trasferimento di azienda ma solo una forma di outsourcing (ma su questi aspetti v. la parte dedicata all’apposito contratto e la sezione sulla cessione di “ramo” di azienda, infra). Poiché - come si è in parte accennato - la cessione di azienda può mascherare un’operazione finalizzata a ‘liberarsi’ di personale 10 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO eccedentario ovvero (fuori dalle ipotesi in cui possa desumersi un intento elusivo della normativa inderogabile a tutela del lavoro subordinato) comportare peggioramenti nella posizione soggettiva dei lavoratori subordinati interessati dall’operazione traslativa (a tal proposito è bene rilevare come l’art. 32, comma 4, lett. c) della l. n. 183/2010, il c.d. “Collegato Lavoro”, abbia introdotto un doppio termine di decadenza per far valere eventuali vizi relativi alla cessione del contratto di lavoro, fissato il primo in sessanta giorni dalla data del trasferimento, termine entro il quale il lavoratore interessato deve impugnare stragiudizialmente il negozio, e il secondo - a seguito delle modifiche introdotte dalla l. n. 92/2012 all’art. 2, comma 2 della l. n. 604/1966 in materia d’impugnazione del licenziamento individuale applicabile in virtù dell’esplicito richiamo contenuto all’art. 32, comma 1, l. n. 183/2010 - di centoottanta giorni per il successivo deposito del ricorso in giudizio ovvero per la richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato; nel qual caso decorrerà un ulteriore termine di sessanta giorni dal fallimento del tentativo per il ricorso al giudice), il legislatore nazionale sempre in attuazione di obblighi assunti nei confronti della Comunità Europea - ha emanato una disciplina finalizzata a coinvolgere le rappresentanze sindacali nella complessa procedura traslativa, al fine di ‘controllare’ effetti eventualmente negativi nei confronti dei lavoratori conseguenti a cessioni aziendali. L’art. 47, l. n. 428/1990 prevede infatti una dettagliata procedura da seguire qualora l’azienda abbia un organico minimo di sedici dipendenti che le parti devono necessariamente osservare al fine di evitare di incorrere in sanzioni civili (l’art. 47, comma 3, infatti, tipizza come condotta antisindacale ex art. 28, l. n. 300/1970 - Stat. lav. - il mancato rispetto delle formalità prescritte). Sotto il profilo procedurale è necessario che cedente e cessionario diano «comunicazione per iscritto almeno venticinque giorni prima che sia perfezionato l’atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta un’intesa vincolante tra le parti [leggi: preliminare], se precedente, alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie, ovvero alle rappresentanze sindacali aziendali costituite, a norma dell’art. 19 della l. 20.5.1970, 300, nelle unità produttive interessate, nonché ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, resta fermo l’obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi e può essere assolto dal cedente e dal cessionario per il tramite dell’associazione sindacale alla quale aderiscono o conferiscono mandato». L’obbligo di informazione (che oltre ad essere imposto per legge potrebbe trovare ulteriore od alternativa - a volte ben più analitica - fonte nei contratti collettivi di lavoro) deve riguardare: «a) la data o la data proposta del trasferimento; b) i motivi del programmato trasferimento Cessione di azienda 11 d’azienda; c) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori; d) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi». I destinatari della comunicazione possono poi richiedere un «esame congiunto» e in questo caso «il cedente e il cessionario sono tenuti ad avviare, entro sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti», che può eventualmente sfociare in un accordo [DE ANGELIS (14), 289]. 4 «La cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante»: questa la disciplina generale relativamente alla successione dei crediti aziendali posta dall’art. 2559 c.c., con una regolamentazione che deroga palesemente alle norme generali previste agli artt. 1260, 1264 e 1265 c.c., che individuano nell’accettazione del debitore ceduto o nell’avvenuta notifica nei suoi confronti il momento a partire dal quale può reputarsi perfezionata la cessione del credito. Per evidenti ragioni determinate dalla necessità di disciplinare unitariamente un fenomeno che (ancorché composito) si presenta giuridicamente unitario, l’adempimento della forma di pubblicità costituisce il dies a partire dal quale individuare il nuovo creditore, salva ovviamente l’ipotesi in cui il debito sia stato in buona fede onorato nelle mani del cedente. È possibile che le parti includano od escludano dal novero creditorio determinati cespiti attivi così come è in facoltà delle parti stabilire se le cessioni (e quali) avvengano pro soluto ovvero pro solvendo; in assenza di particolari regole contrattuali fissate dall’autonomia privata s’intenderanno trasferiti tutti i crediti “aziendali”, effetto automatico del contratto che non necessita di una specifica indicazione nell’atto di trasferimento” [TAR Marche Ancona, s. I, 11.4. 2007, n. 489, FAmm TAR 2007, 4, 1319]. La regola che esclude le situazioni giuridiche soggettive personali è prevista in relazione ai contratti e non trova applicazione anche ai crediti; del che deve necessariamente desumersi che «l’ostacolo al trasferimento dei crediti può derivare dalla contraria volontà manifestata dalle parti del contratto di cessione e non dal carattere personale del rapporto» [C 13.6.2006, n. 13676, MGC 2006, 6]. Inutile aggiungere che nella prassi queste ambiguità sono risolte a monte dell’operazione economica, quando sono in genere le stesse parti contraenti a regolare gli aspetti contabili del trasferimento anche dei crediti con l’ausilio delle scritture contabili cui attingere per valutare i crediti e, in definitiva, determinare il prezzo della cessione. 5 12 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO Calibrata alla luce dei diversi operatori economici che possono utilizzare l’istituto esaminato (oltreché di ulteriori variabili circostanze di fatto) è la disciplina della successione nei debiti inerenti all’azienda. L’art. 2560 c.c. dispone che l’alienante «non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito». Dunque, saranno le parti a regolare la sorte dei debiti dell’azienda, potendo individuare quali restano esclusivamente in capo al cedente. In relazione alle passività aziendali, il ruolo del terzo creditore - a differenza della cessione dei crediti - non è completamente irrilevante: essendo necessaria l’adesione del creditore ceduto, poiché per questi può non essere indifferente l’essere creditore del cedente o del cessionario, s’impone la necessità di notificare al creditore l’operazione affinché lo stesso aderisca (così liberando il cedente dall’obbligo del pagamento, ormai costituito in capo al cessionario); nell’ipotesi in cui venga opposto un rifiuto da parte del creditore, si realizzerà un’obbligazione solidale. Queste regole devono però armonizzarsi con quanto dispone il comma 2 dell’art. 2560 c.c.: quando ed essere trasferita sia un’azienda commerciale entrambi i soggetti interessati alla cessione rispondono dei debiti aziendali, «se essi risultano dai libri contabili obbligatori». Se per la particolare natura dell’attività oggetto dell’impresa il cedente non era tenuto al rispetto delle formalità contabili, questa disposizione non troverà applicazione, essendo considerata dalla giurisprudenza norma eccezionale insuscettibile di applicazione analogica [in generale, sulla cessione delle ‘piccole aziende’, v. RESTINO (28), 1034 ss.]. Inoltre, neanche nell’ipotesi in cui si riesca a provare la conoscenza da parte del cessionario della presenza di un determinato debito aziendale sorge in capo a quest’ultimo l’obbligo di pagare il relativo debito: così il diritto vivente esclude in capo al cessionario (lasciandola esclusivamente sul cedente) la responsabilità per i debiti ‘fuori bilancio’ (perché mancano del tutto le scritture contabili o perché il debito non è all’interno iscritto). 6 Diverge da quanto appena tratteggiato la disciplina in materia di debiti che trovano il loro fondamento in un intercorso (o ancora in essere) rapporto di lavoro [DUI (16)]. Fra le altre garanzie previste dall’art. 2112 c.c. nell’ipotesi di trasferimento di azienda, si prevede che cedente e cessionario siano obbligati «in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento». Viene stabilita, quindi, una responsabilità debitoria solidale che prescinde da ulteriori accertamenti fattuali e che si contraddistingue per la sua natura inderogabile: non è cioè possibile che le parti possano regolare in senso difforme la materia. Il legislatore, comunque, consente al lavoratore di liberare il cedente da tale responsabilità, prevedendo una particolare Cessione di azienda 13 procedura (è la tecnica dell’autonomia individuale assistita, utilizzata in altri campi della disciplina speciale; cfr., per es., l’art. 2113 c.c.) che contempla l’intervento di un soggetto abilitato (la Direzione Territoriale del Lavoro ovvero un’organizzazione sindacale cui il lavoratore aderisca o conferisca esplicito mandato) che assiste il lavoratore nella scelta di privarsi di uno dei suoi debitori (il cedente appunto) e, quindi, di una potenziale fonte di soddisfazione del proprio credito. Se sul piano degli effetti, dunque, la disposizione appena richiamata è accomunabile alla disciplina generale prevista nell’art. 2560 c.c. (liberare il cedente dalla responsabilità debitoria), sotto il profilo degli strumenti, la mera volontà manifestata dal lavoratore di escludere l’alienante dal ‘parco’ dei propri debitori è giuridicamente irrilevante (a differenza della disciplina generale); per raggiungere quell’effetto è necessario che la volontà venga sottoposta ad uno strumento di ‘validazione’, al fine di verificarne la genuinità. 4. Articolazioni della fattispecie tipica 1 Nel complesso, la disciplina sin qui delineata trova applicazione all’ipotesi in cui ad essere oggetto di cessione non sia l’intera azienda, ma solo un suo ramo. L’esame dedicato all’individuazione degli elementi principali del contratto, alla disciplina posta dagli artt. 2555-2560 c.c., al complesso di diritti e obblighi nascenti in capo alle parti e all’eventuale stipula di un contratto preliminare si possono benissimo richiamare, con gli opportuni adattamenti conseguenti alla circostanza che non si tratta di cessione totale dell’azienda, ma di cessione “parziale” (non sarà, per es., applicabile integralmente il divieto di concorrenza come previsto dall’art. 2557 c.c., poiché il cedente continua a svolgere attività imprenditoriale: in presenza di una cessione di ramo di azienda l’eventuale limitazione dovrà essere contrattualmente fissata). Si appalesa l’opportunità di operare alcune considerazioni specifiche in riferimento al “ramo” d’azienda poiché dottrina e giurisprudenza (specie le sezioni lavoro) si sono spesso soffermate a delineare i contorni della nozione, al fine di verificare (l’assenza de)i presupposti per l’applicazione degli artt. 2112 c.c. e 47, l. n. 428/1990. Rilevanti, infatti, sono le conseguenze sotto il profilo normativo nell’ipotesi in cui l’interprete neghi la sussistenza di (una cessione avente ad oggetto) un ramo aziendale. Il criterio discretivo è sempre indicato nell’art. 2112 c.c., a cominciare dalla parte relativa all’identificazione della nozione di trasferimento d’azienda, ove si legge che «Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività 14 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda»), quanto nella parte in cui si prescrive che questa disciplina si applica «altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento». L’ultima parte dell’inciso è stata introdotta dalla cosiddetta “legge Biagi” - l. n. 30/2003 e d.lgs. n. 276/2003 - al fine di valorizzare il momento volitivo dell’autonomia individuale espressa da cedente e cessionario nell’atto di stipula del negozio traslativo; ma la stessa parte è stata successivamente svalorizzata da dottrina e giurisprudenza con la conseguenza di ritenere ramo aziendale esclusivamente un’articolazione funzionalmente autonoma dell’azienda, tale non in virtù di (presunta) qualificazione delle parti, ma alla luce della circostanza che la ‘parte’ di azienda trasferita sia in grado di funzionare in maniera autonoma perché tale era prima del trasferimento. Non è, insomma, un ramo aziendale autonomo un complesso di lavoratori che vengono considerati da cedente e cessionario in questo modo ma non abbiano la capacità di svolgere con l’organizzazione aziendale parziale una funzione dell’attività produttiva. Conseguentemente: se si sarà in presenza di un vero e proprio ramo aziendale, troveranno applicazione tutte le norme in questo capitolo esaminate; nell’ipotesi contraria, il fenomeno economico sarà regolato in maniera differente, dal momento che (anziché sotto la figura della “cessione di [ramo di] azienda”) si è in presenza di una delle forme in cui può attualizzarsi il negozio di outsourcing (v.). Sotto il profilo lavoristico, non sarà dunque applicabile l’art. 2112 c.c., con la conseguenza che non troveranno applicazione le tutele individuali e collettive (art. 47, l. n. 428/1990) previste dalla legge, perché i singoli lavoratori non transiteranno automaticamente alle dipendenze del (presunto) cessionario, dovendo necessariamente acquisirsi il consenso individuale degli stessi: a tal proposito, sotto il profilo dei rimedi a disposizione dei lavoratori, si rinvia pure alla disciplina delle decadenze come introdotta dall’art. 32, l. n. 183/2010 [T Monza 11.11.2009, LG 2010, 2, 205; C 10.1.2004, n. 206, MGC 2004, 1; C 4.12.2002, n. 17201, FI 2003, I, 103; C 25.10.2002, n. 15105, DL 2002, 905; SPEZIALE (32), 539-540; BAVARO (5), 246-249]. 2 Prescindendo dalla normativa fiscale e dalle vicende circolatorie dell’azienda successive all’avvio di procedure concorsuali, è opportuno aggiungere, in ordine ad altre disposizioni complementari, che l’art. 768 bis c.c., dettato in Cessione di azienda 15 materia di patto di famiglia, consente all’imprenditore di trasferire, in tutto o in parte, l’azienda ovvero al titolare di partecipazioni azionarie le proprie quote ad uno o più discendenti. Trattasi di un negozio che (a mente degli artt. 768 ter ss. c.c.) dev’essere redatto per atto pubblico a pena di nullità e che prevede, nel procedimento di formazione contrattuale, il necessario intervento del coniuge e dei legittimari. Inoltre, l’assegnatario è tenuto a liquidare gli altri legittimari in danaro o con altri beni - a meno che gli stessi non intendano rinunziare alla loro quota. Completano il quadro delle norme di dettaglio due disposizioni particolari: la prima, contenuta nell’art. 132, l. n. 633/1941, che non consente all’editore di trasferire a soggetti terzi diritti d’autore senza il consenso di quest’ultimo salva l’ipotesi di patto contrario e di cessione dell’azienda da parte dell’editore (è comunque precluso il trasferimento dei diritti d’autore a terzi senza il consenso di quest’ultimo qualora possa esservi pregiudizio alla reputazione o alla diffusione dell’opera); la seconda, contenuta nell’art. 36, l. n. 392/1978, che consente al conduttore di sublocare o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore (essendo sufficiente una mera comunicazione a mezzo raccomandata a/r, ma il locatore può comunque opporti entro trenta giorni in presenza di “gravi motivi”) purché vi sia cessione ovvero locazione dell’azienda. 5. Disciplina tributaria 1 Ai fini delle imposte indirette, le cessioni (ed i conferimenti) che hanno per oggetto l’azienda o rami aziendali sono escluse da IVA (art. 2, comma 3, lett. b), d.P.R. 26.10.1972, n. 633) in quanto considerate fuori dall’ambito del tributo in ragione della loro sostanziale estraneità con la gestione dell’impresa [sul tema si veda Corte di Giustizia, sentenza del 30.5.2013, causa C-651/11; Corte di Giustizia, sentenza 27.11.2003, causa C-497/01]. In altri termini, sia ai conferimenti che alle cessioni di aziende sembrerebbe riconosciuto il carattere di atto organizzativo, funzionale alla logica dei contratti di associazione e non anche atto di scambio in quanto, per definizione, non rivolto ai consumatori finali (sul tema, tra i tanti, si vedano TASSANI (33), 740; FICARI (18), 933; CARINCI (7), 1173 ss.; LA ROSA (20), 307; FEDELE (17), 345). Il contratto di cessione di azienda soggiace quindi ad imposizione di registro in termine fisso con aliquota proporzionale del 3% se l’azienda non comprende beni immobili (ex art. 2 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. 26.4.1986, n. 131), oppure all’applicazione della diversa aliquota prevista per i beni immobili e i diritti reali dall’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al suddetto d.P.R. n. 131 (in ordine alla quale si vedano le 16 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO rilevanti modifiche decorrenti dall’1.1.2014 e apportate dall’art. 10 del d.lgs. 14.3.2011, n. 23, modificato dall’art. 26, comma 1, del d.l. 12.9.2013, n. 104, convertito dalla l. 8.11.2013, n. 128; in argomento si veda AA.VV. (1); MASTROIACOVO (24), 187). Infatti, ai fini dell’imposta di registro, soccorrono le disposizioni contenute nel primo e nel quarto comma dell’art. 23 t.u.r. (d.P.R. n. 131/1986): il dato normativo sembra conferire risalto alla natura e al valore dei singoli beni o diritti che compongono l’azienda, per permettere ai contribuenti di evitare una tassazione onerosa (con aliquota più elevata), pattuendo corrispettivi distinti per la cessione dei medesimi beni o diritti. In particolare, al primo comma è previsto che “se una disposizione ha per oggetto più beni o diritti, per i quali sono previste aliquote diverse, si applica l’aliquota più elevata, salvo che per i singoli beni o diritti siano stati pattuiti corrispettivi distinti”. Il successivo quarto comma specifica inoltre che “nelle cessioni di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa, ai fini dell’applicazione delle diverse aliquote, le passività si imputano ai diversi beni sia mobili che immobili in proporzione del loro rispettivo valore” [cfr. MAESIANO (23), 191; ARNAO (2), 138; BASILAVECCHIA-NASTRI-PAPPA MONTEFORTE (4), 503]. A questo proposito, con la circ. n. 6/E del 6.2.2007, par. 1.4, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che “pur essendo l’azienda una universitas rerum, cioè un’entità funzionalmente organizzata in un complesso unitario, è legittimo considerare, ai fini della determinazione dell’imposta di registro, la cessione dei beni immobili distintamente da quella degli altri beni, onde applicare le aliquote differenziate previste dalla Tariffa, Parte Prima, TUR, nonché per imputare le passività in proporzione al valore dei vari beni aziendali. (…) la cessione di un’azienda non è considerata unitariamente, in quanto ai diversi beni, sia mobili che immobili, facenti parte del patrimonio aziendale sono applicabili le aliquote stabilite per gli atti portanti trasferimento dei beni medesimi, sempreché per essi siano stati indicati distinti corrispettivi (diversamente, all’intero valore dell’atto si applica l’aliquota del bene con tassazione più elevata)”. La base imponibile è data dal valore venale in comune commercio dell’azienda (art. 51, comma 4, d.P.R. n. 131/1986) che si determina con riferimento al valore complessivo dei beni, compreso l’avviamento, e dedotte le passività che, ai fini dell’applicazione delle diverse aliquote, si imputano ai diversi beni in proporzione del loro valore sulla base di quanto disposto dall’art. 23, comma 4, citato). Nel caso in cui il compendio aziendale sia costituito anche da beni immobili, appaiono ormai superate parte delle problematiche che erano sorte in relazione all’applicazione delle imposte ipotecarie e catastali. Fino al 2103, infatti, queste erano applicate con aliquota proporzionale nella misura, rispettivamente, del 2 e 1% (art. 1, Tariffa, Parte Prima, allegata al d.lgs. 31.10.1990, n. 347, art. 10 del medesimo decreto). Cessione di azienda 17 Problemi rilevanti sorgevano tuttavia con riferimento alle regole di determinazione della base imponibile dei singoli beni immobili in quanto, nonostante l’espresso richiamo alle regole previste per l’imposta di registro e per l’imposta sulle successioni e donazioni contenuto negli artt. 2 e 10, d.lgs. 31.10.1990, n. 347, l’orientamento della prassi amministrativa e della giurisprudenza era consolidato nel ritenere che la base imponibile dovesse essere determinata tenendo conto del valore degli immobili in sé considerati senza valutare le passività relative all’azienda in cui erano compresi [cfr. C 29.11.1995, n. 12406; C 4.3.1999, n. 9478; C 16.5.2002, n. 7169; 5.6.2002, n. 15046; C 9.7.2003, n. 10751; cfr. Ris. n. 145/E del 5.10.2005, ove l’Amm. Fin. ha precisato che “l’imponibile di un immobile facente parte dei beni aziendali, ai fini delle imposte ipotecaria e catastale, è costituito dal valore venale al lordo di eventuali oneri o passività esistenti”. Nello stesso senso, da ultimo, anche circ. n. 18/E del 29.5.2013, par. 6.57. In dottrina, sul tema si vedano TURCHI (34), 812 ss.; PORCARO (27), 869 ss.). Dall’1.1.2014 e a seguito delle già citate modifiche apportate dall’art. 10, d.lgs. n. 23/2011, modificato dall’art. 26, comma 1, d.l. n. 104/2013, convertito dalla l. n. 128/2013, per tutti gli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso soggetti ad imposta di registro, le imposte ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa (di cinquanta €) e a prescindere dalle diverse previsioni contenute nel d.lgs. n. 347/1990 [cfr. AA.VV. (1); MASTROIACOVO (24)]. Per completezza, si evidenzia che ovviamente, fino al 2013, nel caso in cui l’immobile facente parte del compendio aziendale fosse stato strumentale per natura ai sensi dell’art. 10, n. 8 ter, d.P.R. n. 633/1972, l’imposta ipotecaria non sarebbe stata comunque applicata nella maggiore misura del 3% e ciò per l’evidente ragione che la tassazione “maggiorata” prevista dall’art. 1 bis della Tariffa allegata al d.lgs. n. 347/1990 è disposta solo per le cessioni di fabbricati strumentali per natura rientranti nel campo di applicazione dell’IVA mentre la cessione di azienda, come detto all’inizio, è operazione esclusa dal campo di applicazione dell’IVA [cfr. ZANETTI (35), 1-1760 ss.]. Infine, un problema di grande attualità che non è possibile trattare in questa sede è quello di verificare se gli uffici, nell’esercizio della propria attività accertativa, possano o meno “riqualificare” (come unitaria cessione di azienda) i contratti aventi a oggetto singoli asset aziendali e stipulati in via autonoma, in un unico contesto temporale ovvero in un arco temporale più o meno ampio [sul tema si vedano, oltre gli Autori citati in precedenza, anche BUSANI (6), 591; CORASANITI (12), 2197; CERRATO (9), 379]. B) FORMULE 18 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO F052 CONTRATTO DI CESSIONE DI AZIENDA OGGETTO DEL CONTRATTO La cessione comprende tutti i beni mobili che arredano e corredano l’azienda, tra cui i mobili d’ufficio, gli attrezzi, i macchinari, gli utensili, le materie prime, nonché le merci e quant’altro risulta dall’elenco descritto formato di comune accordo tra le parti e che, dalle stesse sottoscritto, si allega al presente atto. Entra a far parte del complesso oggetto di trasferimento col presente contratto di cessione di azienda la ditta costituita dalla sigla ........ e l’insegna aziendale costituita da ........ Il cessionario potrà quindi conservare l’insegna che contraddistingue attualmente l’azienda compravenduta ........ e potrà successivamente modificarla, sopprimerla o cederla a terzi. Il cedente si obbliga a non utilizzare più tale insegna in nessun modo, nemmeno se avvierà una nuova azienda in altra località del territorio nazionale. Il cedente garantisce la piena proprietà, libertà e disponibilità dei beni dedotti in contratto e l’immunità degli stessi da pesi, privilegi, sequestri e pignoramenti. Il cessionario viene immesso nel possesso dell’azienda ceduta col giorno ........ e dichiara di avere ricevuto tutti i documenti, i libri contabili, le fatture, la documentazione relativa al personale dipendente, etc. OBBLIGHI DEL CEDENTE La parte venditrice si rende disponibile, sin da oggi, a rinunciare a favore della parte acquirente a tutte le autorizzazioni e licenze amministrative necessarie per l’esercizio dell’attività d’impresa e si impegna a svolgere tutte quelle attività idonee a favorire la voltura delle predette autorizzazioni e licenze, prestando, se del caso, il proprio incondizionato assenso, ove richiesto dalla normativa vigente, al subingresso della parte acquirente. La parte venditrice, in particolare, dichiara che nella cessione oggetto del presente contratto è compresa la licenza per l’esercizio di ........ rilasciata da ........ col n. ........ L’efficacia del presente contratto è condizionata alla concessione del rinnovo delle licenze e autorizzazioni prescritte per l’esercizio dell’attività oggetto della cessione, con la conseguenza che, nel caso in cui detta condizione non si avverasse per cause non imputabili alle parti, la Cessione di azienda 19 presente scrittura dovrà intendersi priva di ogni effetto senza che alcuno dei suoi sottoscrittori possa vantare alcun diritto o pretesa nei confronti dell’altro per titolo o causale di sorta. Il venditore si obbliga, altresì, a portare a conoscenza di clienti, fornitori, creditori e di quanti altri abbiano concluso contratti con l’impresa l’avvenuta cessione dell’azienda, entro ........ giorni dalla conclusione del contratto definitivo di cessione d’azienda. OBBLIGHI DEL CESSIONARIO Il cessionario assume in proprio la continuazione dei contratti di lavoro in essere (di cui all’elenco che si allega) ai sensi dell’art. 2112 c.c. In particolare il cessionario si obbliga a conservare al personale trasferito alle sue dipendenze la medesima anzianità di servizio, nonché la qualifica e il trattamento attualmente in atto presso il cedente e ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali vigenti alla data del trasferimento, sino alla scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi di pari livello. Le parti si adopereranno al fine di ottenere conforme liberatoria nei riguardi del cedente da tutti i lavoratori interessati, nelle forme di cui agli artt. 410-411 c.p.c. DETERMINAZIONE DEL CORRISPETTIVO Il prezzo convenuto e accettato della cessione è concordato dalle parti in complessivi € ........, stabilito sulla base della situazione patrimoniale dell’azienda, stimata al dì ........, che si rileva dall’elenco analitico delle attività e passività allegato al presente atto. Vengono inoltre allegati il dettaglio dei beni e il dettaglio del magazzino. Il valore dell’avviamento è concordemente stabilito nella somma di € ........ OBBLIGO DI NON CONCORRENZA Il cedente si obbliga per la durata di ........ anni a decorrere da oggi a non aprire in questa città altra azienda dello stesso genere o di genere affine, né in nome proprio, né a mezzo di interposte persone, e ad astenersi comunque da ogni attività nell’ambito del comune che sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta. Il venditore si impegna, inoltre, a non accettare la carica di amministratore in imprese concorrenti e a non assumere la posizione di socio illimitatamente responsabile in società concorrenti. SUBINGRESSO NEI CONTRATTI L’acquirente subentrerà solo nei contratti indicati nell’elenco allegato alla 20 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO presente scrittura, in quanto necessari all’esercizio dell’impresa; sarà dato avviso, entro ........ giorni dalla data di efficacia della cessione, ai contraenti ceduti (con raccomandata con ricevuta di ritorno a firma dei legali rappresentanti di entrambe le parti) dell’avvenuta cessione d’azienda. DISCIPLINA IN MATERIA DI CREDITI E DEBITI AZIENDALI (S’intendono esclusi dalla cessione i crediti e i debiti aziendali, i quali resteranno rispettivamente a favore e a carico del cedente, con la conseguenza che l’azienda passa all’acquirente al netto di essi, con l’obbligo assunto dal cedente di rifondere al cessionario quanto lo stesso fosse tenuto a sborsare nei confronti dei creditori dell’azienda per effetto dell’articolo 2560 c.c.) oppure (L’acquirente si rende cessionario dei debiti, dei crediti e dei fondi relativi ai rapporti suddetti, così come specificati nella situazione patrimoniale aggiornata al ........, nonché quelli maturati successivamente sino alla data di efficacia della presente cessione. Il cessionario si obbliga a tenere indenne il cedente per tutti i pagamenti che dovesse fare per debiti inerenti all’azienda ceduta. Il cedente, a sua volta, si obbliga a versare al cessionario l’importo di quei crediti inerenti all’azienda ceduta che gli venissero pagati). Luogo, ........; data, ........ Firme ........ Allegati: - Situazione patrimoniale F053 CONTRATTO DI AFFITTO DI RAMO DI AZIENDA CON OPZIONE DI ACQUISTO Cessione di azienda 21 PREMESSE FACENTI PARTE DEL CONTRATTO Premesso che la Società ........ intende concedere in affitto il ramo come appresso descritto, concedendo alla conduttrice il diritto di opzione sulla vendita, da esercitarsi entro la fine del secondo anno a partire dalla data di esecuzione del presente contratto e che la Società ........ intende prendere in affitto il sopradescritto ramo d’azienda di proprietà della Società ........ nell’intento, al termine di una ragionata sperimentazione, di rilevarne la proprietà. OPZIONE DI ACQUISTO Le parti, di comune accordo, stabiliscono e convengono quanto segue: la Società … concede alla Società ......... opzione per l’acquisto del ramo di azienda affittato al prezzo di € ........ L’esercizio del diritto di opzione viene a scadere al dì ........ e, salvo diversi accordi, l’atto di cessione dovrà essere stipulato entro il ........ Fino a quel momento i rapporti tra le parti saranno regolati dal contratto di affitto di azienda. Il pagamento del prezzo per la compravendita dell’azienda dovrà essere effettuato in unica soluzione. In caso di acquisto dell’azienda entro il primo anno, il 75% dei canoni di affitto pagati verranno imputati in conto prezzo. In caso di acquisto entro il secondo anno, verrà imputato in conto prezzo il 66% dei canoni d’affitto corrisposti e maturati fin dall’inizio. Luogo, ........; data, ........ Firme ........ C) GIURISPRUDENZA: 1. Individuazione della fattispecie - 2. Effetti - 3. Forma e formalità - 4. Invalidità - 5. Divieto di concorrenza - 6. Successione nei contratti - 7. Debiti e crediti - 8. Art. 2112 c.c. 1. Individuazione della fattispecie 1 Si ha cessione di azienda quando le parti non abbiano inteso trasferire una semplice somma di cespiti, ma un complesso organico di beni unitariamente considerato, dotato di potenzialità produttiva tale da farne emergere ex ante la complessiva attitudine anche solo potenziale all’esercizio di un’impresa, senza che rilevi, per la qualificazione di una vicenda traslativa 22 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO come cessione di azienda, che le singole parti che la compongono siano state cedute globalmente o con più atti separati, decisiva essendo unicamente la causa reale del negozio e la regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti dai contraenti, causa e regolamentazione che possono essere desunte esclusivamente dalla lettura delle conferenti disposizioni negoziali intervenute tra i paciscenti [C 3.12.2009, n. 25403, Gdir 2010, 4, 37]. 2 Deve intendersi come cessione di azienda il trasferimento di una entità economica organizzata in maniera stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità e consenta l’esercizio di una attività economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo. Al fine di un simile accertamento occorre la valutazione complessiva di una pluralità di elementi, tra loro in rapporto di interdipendenza in relazione al tipo di impresa, consistenti nell’eventuale trasferimento di elementi materiali o immateriali e del loro valore, nella avvenuta riassunzione in fatto della maggior parte del personale da parte della nuova impresa, nell’eventuale trasferimento della clientela, nonché nel grado di analogia tra le attività esercitate prima e dopo la cessione. In particolare se non è necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente costituiscono l’azienda, deve tuttavia appurarsi che nel complesso di quelli ceduti permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri la loro attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pur mediante la successiva integrazione da parte del cessionario [C 9.10.2009, n. 21481, Gdir 2010, 2, 66]. 3 Va ravvisata una cessione d’azienda tutte le volte in cui la relativa convenzione negoziale abbia avuto ad oggetto il trasferimento di beni organizzati in un contesto produttivo (anche solo potenziale) dall’imprenditore per l’attività d’impresa [C 30.1.2007, n. 1913, Ctrib 2007, 1061]. 4 Si configura trasferimento d’azienda in tutti i casi in cui muti il titolare dell’impresa, indipendentemente dalla sussistenza di rapporti contrattuali diretti tra cedente e cessionario (nella specie, si è ravvisato trasferimento d’azienda in un’ipotesi di successione nell’appalto di servizi con passaggio di beni di non trascurabile entità) [C 13.1.2005, FI 2005, I, 690]. Cessione di azienda 23 2. Effetti 1 Nella cessione di azienda, il prodursi dell’effetto successorio determina il subentro ipso iure del cessionario anche nella clausola compromissoria contenuta in un contratto stipulato dal cedente per l’esercizio dell’azienda medesima, senza che sia necessario un apposito patto di cessione e senza che sia pertanto richiesta la forma scritta ad substantiam [C 28.3.2007, n. 7652, FI 2008, 3, 903]. 3. Forma e formalità 1 La forma scritta imposta per il contratto di cessione d’azienda attiene alla prova e non alla validità [T Venezia 31.1.2000, FP 2001, I, 255]. 2 La cessione dell’azienda relativa all’impresa familiare di cui all’art. 230 bis c.c. deve essere necessariamente notificata per iscritto ai singoli partecipanti, per consentire a ciascuno di essi l’eventuale esercizio del diritto di prelazione loro spettante [T Milano 11.8.2003, Gmil 2004, 373]. 4. Invalidità 1 È nullo il contratto di cessione d’azienda ove determinato dal motivo illecito comune alle parti contraenti di eludere l’applicabilità presso la cedente della normativa sui licenziamenti collettivi, Cig e mobilità trasferendo i lavoratori presso la società acquirente. Deve ritenersi corretto in tema di prova della natura fraudolenta del negozio e dell’illiceità del motivo comune determinante dei contraenti il ricorso alla presunzione, costituendo il comportamento delle parti elemento rilevante [C App. Napoli 23.3.2001, RGL 2002, II, 283]. 5. Divieto di concorrenza 1 Non viola il divieto di concorrenza posto dall’art. 2557, comma 1, c.c. l’apertura, per di più a distanza di tre anni dalla cessione di azienda, da parte di uno dei soci della società cedente di un’attività di gelateria effettivamente analoga a quella svolta dal cessionario e certamente diretta alla 24 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO commercializzazione di prodotti rientranti nella stessa tabella merceologica in un luogo distante, secondo nozioni di fatto note, circa un chilometro e mezzo rispetto al luogo in cui si trova l’azienda ceduta, collocandosi le due imprese, entrambe situate lungo la immediata prossimità del mare, caratterizzati da alta densità demografica e da un’elevatissima concentrazione di attività commerciali, di cui varie decine destinate proprio all’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande, nella forma di bar, caffè, pasticcerie, gelaterie e simili [T Salerno I, 9.3.2010, inedita]. 2 In tema di divieto di concorrenza, la disposizione contenuta nell’art. 2557 c.c., la quale stabilisce che chi aliena l’azienda deve astenersi, per un periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta, appropriandosi nuovamente dell’avviamento, non ha il carattere dell’eccezionalità, in quanto con essa il legislatore non ha posto una norma derogativa del principio di libera concorrenza, ma ha inteso disciplinare nel modo più congruo la portata di quegli effetti connaturali al rapporto contrattuale posto in essere dalle parti. Pertanto, non è esclusa l’estensione analogica del citato art. 2557 c.c. all’ipotesi di cessione di quote di partecipazione in una società di capitali, ove il giudice del merito, con un’indagine che tenga conto di tutte le circostanze e le peculiarità del caso concreto, accerti che tale cessione abbia realizzato un «caso simile» all’alienazione d’azienda, producendo sostanzialmente la sostituzione di un soggetto ad un altro nell’azienda [C 19.11.2009, n. 27505, RDInd. 2009, 4-5, 470]. 3 In tema di cessione d’azienda, il divieto di concorrenza, posto a carico dell’alienante dall’art. 2557, comma 1, c.c., non persegue un interesse pubblico, trattandosi di una norma di natura dispositiva che, prima dell’entrata in vigore della l. 12.8.1993, n. 310, con la quale è stato imposto l’obbligo della forma scritta ad probationem ai contratti di trasferimento della proprietà o del godimento dell’azienda, poteva essere derogata anche mediante un patto tacito, desumibile per facta concludentia dalla condotta delle parti [C 16.4.2008, RDInd. 2008, 6, 582]. 4 L’art. 2557 c.c. non ha carattere di eccezionalità ed è quindi suscettibile di applicazione analogica a tutte le ipotesi in cui si realizzi la sostituzione di un soggetto ad un altro nella gestione dell’impresa, compreso il caso in cui la cessione dell’azienda sia realizzata nell’ambito di una procedura concorsuale Cessione di azienda 25 promossa nei confronti del titolare dell’azienda [T Torino 14.7.2006, GI 2007, 11, 2520]. 5 Il divieto di concorrenza sancito a carico dell’alienante dell’azienda commerciale dall’art. 2557 c.c. è applicabile anche nel caso in cui l’alienante dia vita ad una nuova impresa indirettamente, per esempio operando a mezzo di prestanome o anche per conto altrui [T Torino 30.6.2006, GM 2006, 12, 2657]. 6 Il divieto di concorrenza sancito a carico dell’alienante dell’azienda commerciale dall’art. 2557 c.c. è estensibile ad ogni caso in cui si verifichi sostanzialmente la sostituzione di un soggetto ad un altro nell’azienda ed è quindi applicabile anche in caso di cessione dell’azienda a seguito di fallimento [T Torino 30.6.2006, GM 2006, 12, 2657]. 7 Il divieto di concorrenza di cui al comma 1 dell’art. 2557 c.c., essendo volto a salvaguardare l’azienda nella sua funzione economico-sociale di complesso di beni organizzato per l’esercizio dell’impresa, è applicabile non solo all’ipotesi, espressamente prevista, di alienazione dell’azienda da parte del proprietario, ma a tutti i casi di circolazione dell’azienda medesima, inclusa quella di restituzione dell’azienda al proprietario da parte dell’affittuario [C App. Milano 5.4.2006, Gcomm. 2007, 4, 800]. 8 In tema di divieto di concorrenza, la disposizione contenuta nell’art. 2557 c.c., la quale stabilisce che chi aliena l’azienda deve astenersi, per un periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze, sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta, non ha il carattere dell’eccezionalità, in quanto essa non deroga ad un principio di libertà, esprimendo, al contrario, un principio generale di libertà giuridica. Pertanto, non è esclusa l’applicabilità in via analogica del citato art. 2557 c.c. all’ipotesi di cessione di quote di partecipazione societaria, ove detto trasferimento realizzi il presupposto di un pericolo concorrenziale analogo a quello conseguente alla cessione di azienda vera e propria, in quanto attraverso la forma della cessione di quote si pervenga, in realtà, a cedere una precipua attività di impresa. Spetta al giudice di merito di accertare, caso per caso, se il predetto pericolo concorrenziale si sia realizzato anche nel caso di cessione di quote di partecipazione [C 26 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO 24.7.2000, n. 9682, C 2001, 179]. 9 Il divieto di concorrenza nella cessione d’azienda è da ritenersi norma eccezionale e come tale insuscettibile di applicazione analogica al trasferimento d’azienda attuato attraverso la cessione di quote sociali [C App. Cagliari 26.1.1998, RGSarda 1999, 405]. 6. Successione nei contratti 1 Nell’ipotesi di cessione di azienda, anche la cessione del contratto di locazione deve ritenersi ipso facto perfezionata alla sola condizione che sia ceduta anche l’azienda, con la semplice comunicazione del trasferimento al locatore ceduto e senza che sia pertanto necessario il consenso di quest’ultimo [C App. Milano 24.9.2008, inedita]. 2 Per effetto dell’art. 2558 c.c. - a norma del quale, salvo patto contrario, la cessione di azienda determina il trasferimento dei contratti stipulati per l’esercizio della medesima che non abbiano carattere personale - l’acquirente di essa subentra non soltanto nei contratti aventi ad oggetto il godimento dei beni aziendali non di proprietà dell’imprenditore e da lui acquisiti per lo svolgimento della sua attività, ma anche nei contratti di impresa, aventi ad oggetto rapporti concernenti l’organizzazione di questa, tra i quali rientrano i contratti con i fornitori, di assicurazione, di appalto, di concessione in uso di spazi pubblicitari. Pertanto è necessario che la deroga a detta regola generale emerga dal tenore letterale complessivo del contratto di cessione, da interpretare secondo le regole ermeneutiche della volontà delle parti stabilite dagli artt. 1362 ss. c.c., tra cui il loro comportamento successivo alla conclusione del contratto, che però non può indurre il giudice di merito a desumere una volontà modificativa o innovativa di quella risultante dal contesto dell’atto negoziale [C 22.7.2004, n. 13651, MGC 2004, 7-8]. 3 In tema di cessione di azienda, il regime fissato dall’art. 2560, comma 2, c.c., con riferimento ai debiti relativi all’azienda ceduta, secondo cui dei debiti suddetti risponde anche l’acquirente dell’azienda allorché essi risultino dai libri contabili obbligatori, è destinato a trovare applicazione quando si tratti di debiti in sé soli considerati, e non anche quando, viceversa, essi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario Cessione di azienda 27 sia subentrato a norma del precedente art. 2558 c.c. E infatti, in tal caso, la responsabilità si inserirà nell’ambito della più generale sorte del contratto (purché, beninteso, non già del tutto esaurito), anche se in fase contenziosa al tempo della cessione dell’azienda [C 16.6.2004, n. 11318, MGC 2004, 6]. 4 In tema di cessione di azienda, la mancata comunicazione dell’esistenza di un dato contratto da parte del cedente al cessionario, e la conseguente ignoranza dello stesso da parte di quest’ultimo, non ostano, di per sé, al verificarsi della successione del cessionario medesimo nei rapporti derivanti dal contratto ignorato e, nel mancato esercizio da parte del terzo contraente della facoltà di recesso riconosciutagli dall’art. 2558, comma 2, c.c., della liberazione del cedente dagli obblighi correlativi [C 19.6.1996, n. 5636, MGC 1996, 884]. 7. Debiti e crediti 1 Secondo gli artt. 2558 e 2559 c.c. il trasferimento di azienda comporta la cessione dei debiti e dei crediti relativi e la successione nei contratti già stipulati dal cedente, i quali non abbiano carattere personale, in ragione dell’unificazione funzionale di tutti gli elementi necessari all’esercizio dell’impresa; in caso di cessione di azienda, inoltre, ogni credito aziendale si trasferisce al cessionario, al pari di ogni altro elemento della universitas, essendone parte integrante, senza la necessità di una sua specifica indicazione nell’atto di trasferimento [TAR Marche, Ancona, I, 11.4.2007, n. 489, Famm TAR 2007, 4, 1319]. 2 La cessione dell’azienda, a norma dell’art. 2559 c.c., ha carattere unitario e importa il trasferimento al cessionario, insieme a tutti gli elementi costituenti l’universitas e senza necessità di una specifica pattuizione nell’atto di trasferimento, di tutti i crediti inerenti alla gestione dell’azienda ceduta. L’ostacolo al trasferimento dei crediti può derivare dalla contraria volontà manifestata dalle parti del contratto di cessione, e non dal carattere personale del rapporto, menzionato, invece, dall’art. 2558 c.c., che disciplina la sorte dei contratti, mentre l’inerenza del credito alla gestione dell’impresa non è esclusa dalla sua natura extracontrattuale, se il fatto illecito sia stata commesso ai danni dell’azienda [C 13.6.2006, n. 13676, MGC 2006, 6]. 3 A norma dell’art. 2560 c.c. in caso di trasferimento di azienda l’acquirente 28 CONTRATTI-FORMULARIO COMMENTATO risponde dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta se essi risultano dai libri contabili obbligatori. Si tratta di un elemento costitutivo della fattispecie che è onere del creditore provare, a nulla rilevando la conoscenza che il cessionario abbia avuto conoscenza aliunde dei debiti del cedente. La domanda proposta ex art. 2560 c.c. deve, pertanto, essere rigettata qualora dell’esistenza di tale elemento non sia fornita idonea dimostrazione [T Benevento 17.1.2008, Gdir 2008, 15, 74]. 4 In tema di cessione d’azienda, l’inesistenza dei libri contabili, dovuta a qualsiasi ragione, compresa la loro non obbligatorietà per lo specifico tipo di impresa, rende inconfigurabile l’elemento costitutivo della responsabilità del cessionario per i debiti relativi all’azienda e conseguentemente preclude il sorgere della medesima responsabilità [C 9.3.2006, n. 5123, MGC 2006, 3]. 5 In tema di cessione d’azienda, a norma dell’art. 2560 c.c. l’acquirente risponde solo dei debiti inerenti all’azienda che risultino dal libri contabili; l’iscrizione nei libri contabili si configura, pertanto, come elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente in relazione al suddetti debiti, senza che essa possa essere surrogata da altre forme di conoscenza della situazione debitoria dell’azienda eventualmente a disposizione dell’acquirente, atteso che il citato art. 2560 c.c. è norma a carattere eccezionale e perciò insuscettibile di interpretazione analogica [T Roma 6.10.2004, LG 2005, 495]. 8. Art. 2112 c.c. 1 Il trasferimento di un ramo di azienda che costituisca, prima del trasferimento, un’entità dotata di autonomia e unitaria organizzazione è configurabile come trasferimento aziendale ai sensi dell’art. 2112 c.c., mentre non è riconducibile alla nozione di cessione di azienda il contratto con il quale viene realizzata la c.d. esternalizzazione dei servizi, ove questi non integrino un ramo o parte di azienda nei sensi ora indicati. Ne consegue che, mentre nell’ipotesi della cessione di ramo di azienda si realizza la successione legale nel rapporto di lavoro del cessionario senza bisogno di consenso dei contraenti ceduti, nel caso della mera esternalizzazione di servizi ricorre la fattispecie della cessione dei contratti di lavoro, che richiede per il suo perfezionamento il consenso dei lavoratori ceduti [C 8.8.2007, n. 17434, MGC 2007, 7-8]. 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