Saltamartino n° 3/2011 - Parco del Rio Vallone

annuncio pubblicitario
n. 03 / anno 2011
Estate 2011
Direttore responsabile: Pietro Anello - Editore: Bergamo Grafiche Editoriali srl - ROC
18921 (Suplemento della testata l’EDITORIALE) - Tipografia: MIOLAGRAFICHE srl (MI)
Tiratura: 5.000 copie - Carta utilizzata con marchio FSC (forest stewardship council)
Alieni
NEL PARCO
(
Potrebbe sembrare la radiocronaca
di una invasione di esseri provenienti
da un altro pianeta…. ma non lo è.
Stiamo parlando invece delle specie
specie esotiche o alloctone
(talvolta definite “aliene”), cioé
originarie di un altro territorio, e, per
vari motivi, arrivate fino a noi grazie
all’azione dell’uomo, volontaria o
involontaria; in seguito diffusesi
spontaneamente in natura, talvolta
senza creare particolari problemi,
talvolta diffondendosi a macchia
d’olio e togliendo spazi vitali alle
nostre specie.
In questo numero del Saltamartino
ci concentreremo specificatamente
sulle specie esotiche vegetali, in
quanto il Parco sta per attuare una
serie di misure di contenimento
su una specie arborea di origine
nordamericana piuttosto “cattivella”
(vedi box). Inoltre, più del 50%
delle specie invasive in Europa sono
piante, contro il 30% di invertebrati;
solo il 5% sono vertebrati.
Sono ormai più di 1000, circa il 15%
della flora italiana, le specie vegetali
esotiche (dalle “erbe” fino agli alberi)
presenti spontaneamente in natura
in tutta Italia. La Lombardia sembra
farla, tristemente, da padrona, con
619 specie, pari a quasi al 20% della
flora regionale.
Purtoppo i danni provocati dalle
SALTAMARTINO n02- 09-2011.indd 1
“Vengono da posti lontani…… arrivati per vie misteriose, attraverso aerei,
treni, strade…. qualche
volta introdotte perché
bellissime o simpatiche,
ignorando il loro reale
e terribile potenziale di
pericolosità….
SONO OVUNQUE!!!....”
esotiche, soprattutto le invasive, sono
numerosi e di varia natura.
Per quanto riguarda gli aspetti
economico e sanitario il riscontro è
immediato e di rilevanza sociale, in
quanto relativo a erbe infestanti (che
riducono la produttività e aumentano
i costi di gestione di seminativi,
pascoli, vivai, serre, impianti da legno
e di piscicoltura), danni a manufatti
antropici (edifici, infrastrutture,
monumenti e siti archeologici),
intossicazione di animali domestici
o da compagnia e danni alla salute
umana (piante allergeniche, velenose
e causa di dermatiti). Tra le specie
maggiormente impattanti presenti
anche nel Parco ricordiamo l’ailanto
(Alianthus altissima) e l’ambrosia
(Ambrosia
artemisiifolia).
Ma
anche i danni ambientali possono
essere notevoli, comprendendo la
competizione con le specie autoctone
(raramente sino all’estinzione di
elementi locali) con conseguente
diminuzione della biodiversità (anche
animale), l’inquinamento genetico e
le modificazioni delle caratteristiche
fisico-chimiche dei suoli e dei corpid’acqua. Sempre per stare nel Parco
ricordiamo, ad esempio, l’americana
forbicina
peduncolata
(Bidens
)
frondosus), che ha determinato
la scomparsa quasi completa
dell’autoctona Bidens tripartitus; il
ciliegio tardivo (Prunus serotina),
che si sostituisce completamente ai
boschi di latifoglie dell’alta pianura,
modificando anche la chimica del
suolo; il sicio (Sycios angulatus),
che invade le aree golenali e i
boschi di ripa; la vite del Canada
(Parthenocissus quinquefolia), le
viti americane (Vitis spp.), il luppolo
giapponese (Humulus japonicus) e
la pioggia d’oro maggiore (Solidago
gigantea),
che
colonizzano
i
boschetti di pianura; le pesti d’acqua
(Elodea canadensis, E. nuttalii) che
si sostituiscono alle nostre piante
acquatiche.
Che fare? Innanzitutto pensare di
iniziare una battaglia che porterà
effetti su larga scala solo se
continuata nel tempo. In quest’ottica
conoscere il “nemico” è presupposto
fondamentale
per
sconfiggerlo:
questo sia a livello tecnico/scientifico
che come presa di coscienza diffusa,
nella prospettiva di modificare alcuni
comportamenti quotidiani (l’acquisto
di determinate specie di piante o
animali domestici) oltre a quella di
spingere con più consapevolezza i
nostri legislatori ad adottare il banale
concetto che prevenire è meglio che
curare: basti pensare che l’impatto
monetario stimato per le effetto
1
16/09/11 11:13
INFO
delle specie esotiche la sola Europa
è di 10 bilioni di euro all’anno (fonte
European Commission, Toward an
EU Strategy on Invasive Species.
COM [ 2008] 789, EC, Brussels
2008). Anche in Lombardia,
sebbene ci sia una legge regionale
all’avanguardia rispetto al quadro
nazionale (l.r. 10/2008) è tuttavia
necessario intervenire direttamente
Prunus serotina, o...
(
2
sul mercato florovivaistico e sui
protocolli di gestione del territorio e
dei cantieri (Galasso & Banfi, 2010,
La flora esotica lombarda. Regione
Lombardia e Museo di Storia
Naturale di Milano).
ciliegio tardivo
E’ una pianta di origine nord americana importata in Europa all’inizio del 17° secolo come pianta ornamentale per parchi e giardini.
Questa pianta cresce bene ai margini dei boschi e nelle radure, ma ha anche una grande resistenza all’ombra. Questo le permette di
instaurarsi e crescere anche all’interno di boschi già formati allargando di anno in anno la superficie colonizzata, sottraendo spazio e
risorse nutritive ad altre specie meno competitive, soffocando il sottobosco erbaceo ed arbustivo e soprattutto la rinnovazione delle
piante autoctone (cioè indigene). Il ciliegio tardivo, inoltre, produce un abbondante numero di frutti nel periodo estivo. Questi sono
molto appetiti dai volatili, che contribuiscono a disseminare, anche a distanza di chilometri, i semi attraverso le loro feci. La lotta a
questa pianta alloctona è resa ancora più difficile dalla sua capacità di generare nuovi fusti (detti polloni) una volta tagliata. Infatti è in
grado di produrre, dopo il taglio, nuovi getti dalle gemme che si trovano alla base del fusto, oppure dai punti in cui le radici affiorano
dal terreno. Per evitare la perdita di biodiversità e di habitat originali della zona, il Parco stà mettendo in atto una serie d’interventi
per eliminare il Prunus serotina dal Boscone di Ornago, già fittamente infestato. I lavori, che interesseranno circa 6 ettari di superficie
e prenderanno il via alla fine dell’inverno 2011/12, consisteranno nel taglio della vegetazione aliena e nel contenere la capacità
rigenerativa del Prunus con interventi puntuali per almeno 3 anni dopo il taglio della pianta madre. Inoltre verranno messe a dimora
delle nuove piantine di specie autoctone (quercia, ciliegio, molto arbusti frutticosi), circa 1500 piantine, per cercare di contenere la
diffusione dei semi del Prunus offrendo agli uccelli della alternative alimentari.
Il progetto, dal costo complessivo di circa € 50.000,00, cofinanziato dal parco e dalla provincia di Monza e della Brianza settore
Territorio.
ROBINIA:
TIPICA O NO?
E’ormai talmente comune e diffusa
delle nostre zone da essere ritenuta
nell’immaginario
collettivo
una
pianta autoctona. Ma la ROBINIA,
o meglio “Robinia pseudoacacia”, ha
origini tutt’altro che locali. Nativa
dell’America de Nord questa pianta,
che può assumere comportamento sia
arboreo sia arbustivo, fu importata
espressamente in Europa nel 1601 dal
botanico del re di Francia, tale Jean
Robin, dal quale prende il nome. E’ un
albero dalla tipica corteccia marrone
scura e profondamente fessurata
e caratterizzato da gradevole e
profumata infiorescenza pendula,
SALTAMARTINO n02- 09-2011.indd 2
costituita da fiorellini bianchi che
attirano molto le api. Introdotta
come curiosità esotica da giardino,
resta esclusiva di collezionisti fino
all’ultimo ventennio dell’ottocento,
quando se ne scoprono le utilissime
qualità. E’ dotata d’impressionante
adattabilità e resistenza a gran parte
dei parassiti: per questa ragione, oltre
che alla facilità di riproduzione (è una
pianta eliofila) è spesso considerata
un infestante a causa della velocità
di crescita e diffusione. In realtà le
doti della robinia sono numerose:
intanto già dall’ottocento deve gran
parte della propria diffusione proprio
perché impiegata lungo ferrovie e
scarpate per rafforzare per mezzo
delle ramificate radici il terreno,
impedendo così le frane e i cedimenti;
inoltre è un ottimo combustibile e
viene usato per lavori di falegnameria
pesante, per mobili da esterno e per
parquet.
I suoi fiori sono ottimi melliferi, sono
commestibili anche per l’uomo e in
alcune zone d’Italia sono utilizzati
castellati e fritti. Il resto della pianta
invece, foglie e fusti, contiene una
sostanza tossica per l’uomo…ma sono
una leccornia per capre che ne sono
ghiotte!
16/09/11 11:13
(
COSA BRILLA
NEL GIARDINO?
CONOSCIUTA COL NOME
DI LUCCIOLA,
questo strano insetto ci aveva in
passato abituato alla sua presenza
durante le sere estive: il suo
brilluccichio ha incantato generazioni
di grandi e piccini, dando il tocco di
poesia a passeggiate rinfrescanti tra
le frasche dopo una giornata di sole.
LAMPIRIDI: è questo il vero nome
della famiglia della lucciola, piccoli
coleotteri (8/10 mm) diffusi in tutto
il mondo con più di 2000 specie
diverse. Il maschio e la femmina sono
molto diversi tra loro (dimorfismo
sessuale): il primo è un buon volatore
e possiede ali membranose coperte
da ali più coriacee; al contrario la
femmina, dall’aspetto larvale, non
vola affatto.
In estate la femmina depone le uova
tra le fessure dei sassi o tra e foglie,
dalle quali in autunno sgusceranno
le larve, ed è proprio questo stadio
ad occupare gran parte della vita
della lucciola. La larva è cacciatrice
agguerritissima e vorace: carnivora,
si nutre di gasteropodi polmonati
(lumache) e posteriormente possiede
una specie di piede che permette di
aderire al guscio delle prede delle
quali segue la scia e che paralizza con
morsi velenosi. Per due estati la larva
resta tale, seppur costantemente
in crescita e in continuo cambio
di pelle, finché finalmente avviene
la trasformazione, a seguito della
quale la vita della lucciola adulta
è breve (qualche giorno) e volta
esclusivamente alla riproduzione,
infatti non si nutre ma vive delle
scorte immagazzinate durante lo
stadio larvale.
Ciò che rende questo insetto speciale
è indubbiamente il fenomeno della
BIOLUMINESCENZA: è una reazione
chimica che genera luce fredda nella
parte inferiore dell’addome. La loro
rarità negli ultimi anni è dovuta,
ancora una volta, all’impatto del
cemento: vivendo di gasteropodi
risentono della scomparsa delle zone
agricole nonché dell’ampio uso di
lumachicidi e pesticidi in generale
e del crescente inquinamento;
inoltre nelle zone industrializzate
e abitate la troppa luce rende
impossibile “l’incontro luminoso” e
di conseguenza l’accoppiamento.
ricetta
FRITTELLE DI FIORI DI ROBINIA
Ingredienti:
fiori di robinia gr. 500
1 dl di cognac, zucchero a velo, 6 uova, 6 cucchiai di zucchero, un pizzico di
sale, farina bianca 00, latte, lievito per dolci, scorza di limone grattugiata
(se si vuole)
Pulire i fiori (staccarli dal raspo) e metterli a macerare nel cognac, con un
po’ di zucchero a velo, per due o tre ore.
Preparare la pastella sbattendo le uova con lo zucchero e il sale, fino a farle
gonfiare, aggiungere la farina per addensare un po’ il composto e diluire con
il latte, fino alla giusta densità.
Alla fine aggiungere 2 cucchiaini di lievito setacciato. Versare i fiori scolati
nella pastella e friggere il composto a cucchiaiate nell’ olio bollente.
Servire le frittelle calde cosparse di zucchero a velo.
Volendo si possono tuffare direttamente nella pastella senza macerazione.
SALTAMARTINO n02- 09-2011.indd 3
3
16/09/11 11:13
Il parco del Rio Vallone è casa di
diversi animali molti dei quali sono
uccelli. L’AVIFAUNA del parco
(cioè tutte le specie di volatili) è
diversa secondo le differenti zone
e quindi caratteristiche ambientali.
Le AREE AGRICOLE, cioè quelle
coltivate, ospitano specie tipiche
come il fagiano, la civetta, l’allodola,
la rondine, la gazza, la cornacchia
grigia. Sicuramente le avrai avvistate
tutte più volte…hai mai provato a
riconoscerle?
Dove invece è presente un bosco,
uccelli
come
il
pettirosso, la cinciarella
e la cinciallegra trovano
habitat
adatto
per
costruirci il nido e farne
così la propria dimora. Il Boscone di
Ornago, dove c’è il Santuario, è la zona
ideale dove divertirsi nella ricerca di
queste specie: se ti apposti in silenzio,
con pazienza e con attenzione,
sicuramente udirai il ticchettio del
picchio che scava il tronco di qualche
albero in cerca d’insetti….saresti così
bravo da localizzarlo?
Nelle zone umide invece, cioè dove
vi è presenza costante di acqua,
sicuramente la gallinella d’acqua fa
da padrona, assieme all’usignolo di
fiume. BIRDWATCHING… ne hai
mai sentito parlare? È una divertente
e pacifica “caccia” agli uccelli nella
quale però nessuno si fa male,
perché è una caccia intelligente: il
“cacciatore” infatti è armato solo di
Nuovo quesito di questo numero:
(
(
pazienza e macchina fotografica, con
le quali attento aspetta il momento
opportuno per colpire e portare a casa
da mostrare come trofeo, lo scatto di
qualche atterraggio, o un nido con
delle uova schiuse. Prova anche tu
ad appostarti in silenzio…potresti
scoprire che proprio il sentiero del
Parco vicino a casa tua è abitato da
qualche amico pennuto e potresti
seguirne e documentarne le giornate.
E se scattassi una bella foto, inviacela
all’indirizzo email del parco, saremo
felici di pubblicarla!
SA L’È CUSÉE???
A chi appartiene il particolare ingrandito riportato qui sopra?
A tutti coloro che invieranno tramite mail la risposta esatta entro il 30 novembre 2011 e che sono iscritti alla newsletter
del Parco, sarà inviato in omaggio una cartina del Parco o un gadget a scelta. Può essere data una sola risposta e
inviata un’unica mail per ogni quiz. Nel prossimo numero la risposta esatta con un breve approfondimento sull’
”oggetto misterioso”!!!
RISPOSTA AL PRECEDENTE:
4
SA L’È CUSÉE???
Ebbene sì, avete indovinato: quello riportato nell’ultimo numero del Saltamartino è un particolare di un’ala di Vanessa
io (Inachis io), detta anche Occhio di pavone, così chiamata per via dei vistosi e colorati disegni sull’ala che simulano
appunto dei grossi occhi (con la funzione di spaventare eventuali predatori). Il nome specifico fa riferimento a Io,
sacerdotessa di Giunone dalla leggendaria bellezza. Questa farfalla, comune nel Parco, sverna in letargo prima di
deporre gruppi di oltre 500 uova alla volta, ad inizio primavera. I bruchi nascono dopo circa una settimana e si
nutrono di ortioche e luppolo. Lo sfarfallamento avviene tra giugno e luglio. Gli esemplari adulti succhiano il nettare
da una vasta varietà di piante fiorite quali buddleja salici, tarassaco, maggiorana selvatica, sambuco, canapa acquatica
e trifoglio; non disdegna la linfa degli alberi e la frutta marcia (www.wikipedia.com).
SALTAMARTINO n02- 09-2011.indd 4
16/09/11 11:13
Scarica