TECNICHE DI COLTIVAZIONE DELL`OLIVO A INIZIO ANNATA

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IASMA Notizie
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EU Ecolabel: AT/11/001
OLIVICOLTURA
Notiziario tecnico del Centro Trasferimento Tecnologico della
Fondazione Edmund Mach - Istituto Agrario di S. Michele all’Adige
21 marzo 2014
n.
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IASMA Notizie n. 5 - Anno XIII - Taxe payée/Tassa riscossa - TN-CPO - Direttore responsabile: Michele Pontalti - San Michele all’Adige, Via E. Mach 1 - Autorizzazione Tribunale di Trento n. 1114 del 19.02.2002 - Stampa: Litotipografia Alcione, Lavis (TN)
TECNICHE DI COLTIVAZIONE
DELL’OLIVO
A INIZIO ANNATA
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CONSIDERAZIONI SULL’ANNATA
SCORSA E POSSIBILI RIFLESSI
SULLA PROSSIMA
La produzione di olive nell’Alto Garda si è stabilizzata
da alcuni anni al di sopra dei 16.000 q. In particolare,
la piovosità delle ultime due annate ha ulteriormente
influenzato i quantitativi di olive, raggiungendo anche i 16.000 q, ma determinando una certa riduzione
della resa in olio.
La raccolta di olive 2013 ha confermato che la ricerca
della elevata resa in olio da parte dell’olivicoltore è un
obiettivo fuorviante ai fini di massimizzare la qualità
dell’olio, infatti l’olio prodotto nell’ultima annata ha il
contenuto in polifenoli più alto delle ultime quattro
annate (di cui si dispone di dati); in particolare quello ottenuto da olive raccolte a fine ottobre e frante
subito, che è particolarmente apprezzato per le sue
caratteristiche organolettiche.
Abbiamo inoltre avuto conferma che i test di maturazione rivolti a quantificare l’accumulo di olio nelle
drupe sono più attendibili e funzionali al miglioramento qualitativo dell’olio rispetto all’osservazione
della colorazione delle olive e alla loro resa in olio.
Dal punto di vista fitosanitario nel 2013 si sono riscontrati consistenti problemi di mosca solo nei cen-
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tri abitati (Riva in particolare) dove si sono registrati
livelli di bacato dannoso fino al 60-80%, laddove non è
stato fatto nessun tipo di intervento.
Buoni risultati si sono avuti in questi ambiti mediante
la ripetuta distribuzione di esche proteiche su piccole
porzioni di pianta, nonostante la piovosità e la pressione di infestazione della mosca.
Nelle olivaie non si sono avuti problemi di mosca, sia
per l’efficacia della cattura massale con le trappole, integrata a fine stagione con l’applicazione delle esche
proteiche, sia per effetto della breve ma intensa siccità estiva, che ha in parte debilitato la mosca in quegli
ambienti.
È da riscontrare un aumento del problema mosca nelle
zone più a nord della valle (da Pietramurata in su) dove
è bene considerare con maggiore attenzione la dannosità di questo insetto.
La mitezza delle temperature invernali e di inizio marzo, nonché la buona dotazione idrica dei terreni fanno
ritenere che vi sia una buona preparazione delle gemme con buoni presupposti per la fioritura.
CONCIMAZIONE E PRODUZIONE
I buoni livelli produttivi riscontrati nelle scorse annate
sono ulteriormente migliorabili, ed in questo la concimazione, in particolare quella azotata (e la corretta potatura), può avere un ruolo importante specie laddove
essa è trascurata o fatta in maniera insufficiente.
Nella fisiologia della pianta l’azoto assimilato nella giusta
quantità svolge una preziosa azione di amplificazione
della attività vegetativa e produttiva della pianta. Da osservazioni fatte nel nostro territorio si è riscontrato che le
piante di olivo adulte che non sono mai concimate producono mediamente intorno ai 5 kg di olive per pianta.
L’apporto di azoto mediante concimi organici o chimici, corrispondente a circa 400-500 g di azoto per pianta
adulta, fa mediamente triplicare la produzione. Questi
quantitativi possono essere abbassati in terreni fertili ed
in presenza di piante vigorose e ricche di succhioni.
Il letame rimane il principe dei concimi anche per l’apporto di sostanza organica ed il miglioramento della
fertilità e vitalità del terreno. L’apporto di 70-80 kg per
pianta adulta di letame maturo a fine inverno soddisfa
le esigenze annuali, non solo per l’azoto, ma anche per
gli altri elementi nutritivi.
In alternativa al letame sono utilizzabili concimi organici derivanti da sottoprodotti di origine animale
o vegetale purché contengano parte dell’azoto in forma prontamente disponibile, ad esempio proveniente da sangue animale, stallatici o pollina. Data l’estrema variabilità nel titolo dei vari elementi nutritivi in
questi prodotti non è possibile fornire dosi precise,
tuttavia, a titolo orientativo possiamo indicare quantitativi di ammendante di circa 15-20 kg per pianta
adulta per quelli che contengono 2-3 % di azoto, oppure di 5-7 kg per pianta per i prodotti che contengono il 6-8 % di azoto.
Per alcuni prodotti va verificata la necessità di integrare l’apporto di potassio, utilizzando, nel caso, solfato
potassico-magnesiaco (0-0-30-10) in ragione di 1-1,5
kg per pianta adulta.
Queste indicazioni valgono per chi pratica il metodo di
produzione biologica, ricordando che è ammesso l’impiego del letame maturo proveniente da allevamenti
estensivi e di concimi e ammendanti che riportino in
etichetta la possibilità di uso in agricoltura biologica.
In ogni caso è consigliabile verificare presso il proprio
ente certificatore l’ammissibilità del prodotto che si intende utilizzare.
Le indicazioni sopra riportate valgono anche per
chi non certifica la propria produzione.
In alternativa ai concimi organici è possibile l’uso di un
concime complesso del tipo 12-6-18+2, 12-12-17+2 o
similari alla dose di circa 3-3,5 kg per pianta.
Sono da preferire i concimi complessi che apportino
una seppure minima quantità di boro.
La distribuzione dei concimi sia organici che chimici va
fatta a fine inverno o inizio primavera su tutta la superficie o quantomeno sotto la proiezione della chioma
della pianta.
POTATURA
Ormai da decenni la linea operativa proposta per la potatura delle piante tradizionali di olivo è basata su due
aspetti fondamentali: salvaguardare il vecchio ceppo
delle piante per motivi paesaggistici e conformare la
chioma secondo criteri di razionalità, in accordo con la
fisiologia della pianta, l’economicità e la sicurezza per
l’olivicoltore nella gestione dell’oliveto.
La forma che da anni si propone e che meglio risponde
a tutte queste esigenze è il vaso policonico, i cui caratteri principali sono:
• semplicità della struttura scheletrica della pianta che deve essere costituita da 3-4, al massimo 5,
branche legnose principali che si divaricano obli-
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quamente lungo un unico asse verso l’alto, in regolare opposizione l’una dell’altra;
• creazione di una zona vuota al centro della pianta che permetta l’arrivo della luce diretta del sole
fin nelle parti basse e interne della chioma;
• rivestimento delle branche legnose principali
con vegetazione minuta e produttiva dal portamento pendulo, più abbondante ed espansa in
basso, e più affusolata in cima.
Chi si accinge a potare una pianta dovrebbe operare
secondo la seguente sequenza:
• valutazione della situazione scheletrica della pianta
per decidere l’eventuale asportazione di rami al fine
di semplificare la struttura e creare più luminosità
in basso;
• eliminazione di succhioni o altre strutture rameali
troppo verticali nella zona centrale della pianta. Se
la ricchezza di succhioni è eccessiva significa che la
pianta richiede una dimensione maggiore e/o un
minore sfoltimento;
• sfoltimento della vegetazione minuta con pochi tagli di rami esauriti ed in ombra. Lo sfoltimento non
deve essere intenso altrimenti si limita troppo la capacità produttiva della pianta.
DIFESA FITOSANITARIA
ALLA RIPRESA VEGETATIVA
Il decorso piovoso delle ultime due annate (oltre 1.200
mm) ha fatto aumentare le problematiche relative alle
malattie fungine, in particolare dell’occhio di pavone,
che si sviluppa nei prolungati periodi piovosi in cui le
temperature sono superiori ai 5-10 °C.
Uno dei classici momenti di intervento per la prevenzione da questa malattia è al germogliamento.
L’intervento con prodotti a base di rame in quel momento ha la funzione di abbassare l’inoculo della malattia in pianta, facendo cadere le foglie infette e di
proteggere la nuova vegetazione che si sta formando.
Data la generale diffusione della malattia l’intervento
con sali di Rame è consigliato in maniera generalizzata
in tutti gli oliveti nel momento opportuno che sarà segnalato con appositi avvisi (non con circolare).
L’uso di prodotti rameici può avere anche un effetto
frenante verso la rogna (Pseudomonas savastanoi),
una malattia batterica in espansione specie laddove vi
sono stati fenomeni grandinigeni estivi o dove si usano gli abbacchiatori per la raccolta delle olive.
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Si fa presente che la prevenzione della diffusione della
rogna si basa sulla tempestiva disinfezione (entro uno
due giorni) della pianta a seguito di eventi che provocano ferite sui rami come appunto possono essere una
grandinata o le abrasioni degli abbacchiatori.
È da segnalare anche l’aumento in alcuni oliveti della
presenza di cocciniglia cotonosa (Philippia oleae); per
contenere la produzione di melata e l’insorgenza di
fumaggini, in queste situazioni, è opportuna l’aggiunta ai prodotti rameici di olio di paraffina (bianco), pur
sapendo che questo intervento precoce non è risolutivo e che la difesa dalla cocciniglia andrà ripresa nel
periodo estivo.
REALIZZAZIONE DI NUOVI IMPIANTI
DI OLIVO
Per varie ragioni la coltivazione dell’olivo si sta estendendo sia in zone mitigate dal lago di Garda sia in altre
zone come la Vallagarina. Si ritiene quindi utile dare alcune indicazioni basilari per una corretta realizzazione
dei nuovi impianti.
Ambiente climatico
L’evidente cambio di clima cui si assiste, con minore rigidità delle temperature invernali, invoglia tante
persone a realizzare impianti di olivo in zone non tradizionali. Va precisato che in generale la coltivazione
dell’olivo in Trentino è a rischio per danni da freddo.
Ne sono meno interessati gli ambienti che beneficiano dell’azione mitigatrice del lago di Garda, specie le
aree di versante a quote fino a 300 m slm. Al di fuori
di questi ambiti il rischio di danni a parti o all’intera
pianta di olivo a seguito dei freddi invernali è molto concreto ed è bene che chi si accinge a realizzare
un oliveto ne sia consapevole.
Tuttavia si riscontra che gli impianti di olivo realizzati
nell’ultimo decennio in Vallagarina o in zone della bassa valle del Sarca al di sopra dei 300 m di quota non
hanno avuto particolari problemi di sopravvivenza. Si
consiglia a chi decidesse comunque di realizzare un
oliveto in questi ambienti di preferire terreni di versante non soggetti a gelate per irraggiamento notturno,
ben esposti al sole dove la temperatura diurna vada
velocemente sopra zero, a quote inferiori ai 300 m slm
in Vallagarina e 400 m slm in valle del Sarca.
Varietà
Nei nuovi impianti di olivo sono da preferire le varietà
Casaliva e Frantoio (molto simili, praticamente identi-
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che) in quanto garantiscono continuità della tradizione, produttività, qualità e tipicità dell’olio. L’adozione di
altre varietà può essere di interesse come impollinanti
(2-4%) benché Casaliva e Frantoio siano autofertili. Per
l’adozione di altre varietà (consentite dal disciplinare
DOP entro il 20 %), oppure più resistenti al freddo si
rimanda alla consultazione con un tecnico della unità
viticoltura.
Distanze di impianto e forma di allevamento
Utilizzando piante da talea (consigliate) o anche innestate su semenzale, è da preferire una forma di allevamento espansa come il vaso policonico, la quale
richiede distanze di impianto piuttosto larghe variabili tra 5x5 e 6x6 m. Le distanze più strette si possono
adottare nei terreni più magri e in pendenza dove l’illuminazione tra le piante è migliore.
Sostegni
Nei primi anni di vita dell’olivo è fondamentale garantire la stabilità e la posizione eretta del fusto. Occorre
quindi adottare dei pali tutori in legno sufficientemen-
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te robusti (diametro non meno di 6-8 cm) e lunghi (almeno 2,5 m) che andranno conficcati nel terreno per
50-60 cm.
Preparazione del terreno
Il terreno va preparato come per qualsiasi specie da
frutto, provvedendo anche alla concimazione di fondo
con letame. Nella buca di impianto non vanno utilizzati terricci o concimi che casomai si possono distribuire
frazionati in superficie dopo il germogliamento (2030 g di azoto complessivi per pianta).
Potatura alla posa a dimora
Il pane di terra va interrato fino a 5 cm sottoterra. Nel
caso si mettessero a dimora piante già impalcate a 3-4
branchette intorno al metro di altezza, si mantiene la
struttura già in essere.
Se invece si hanno piante allevate a tutta cima, si
mantiene tutto il fusto. Si elimineranno le ramificazioni laterali che hanno un diametro all’inserzione
superiore alla metà del diametro del fusto. Il fusto va
legato in tutta la sua lunghezza in maniera lasca al
palo tutore.
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