metodo della caduta di potenziale

Capitolo 3
METODO DELLA CADUTA DI POTENZIALE
Fig.3.1 - Circuito elettrico
3.1 Generalita’
IL metodo della caduta di potenziale,viene utilizzato per la misura di una
resistenze,di piccolo valore,in quanto consente di eliminare gli effetti della forza
elettromotrici di contatto e della resistenza di contatto. Il metodo è di tipo voltamperometrico,ma invece di utilizzare un amperometro si eseguono due misure
voltmetriche per migliorare l’incertezza sulla misura. Dalla legge di Ohm si ha
(vedi figura):
Rx =
Vx
I
(1)
Per risalire alla misura della corrente I, si misura la tensione
Vc = R c * I
ai capi della resistenza campione di conseguenza
I=
Vc
Ic
(2)
46
Capitolo 3
quindi
Rx =
(3)
Vx
* Rc
Vc
La resistenza campione viene scelta dello stesso ordine di grandezza della
resistenza incognita al fine di ridurre l’incertezza sul risultato finale. Quando in un
circuito è richiesta una resistenza campione “bassa” si utilizzano particolari
resistori a quattro morsetti come da figura
Fig.3. 2 Resistenza a 4 morsetti
–
A e A’ vengono definiti morsetti amperometrici
–
V e V’ vengono definiti morsetti voltmetrici
I morsetti voltmetrici devono essere sufficientemente distanti dagli amperometrici
in modo da non distorcere la distribuzione della corrente nei rami amperometrici.
I morsetti amperometrici sono grandi ed esterni in quando per diminuire la
resistenza di contatto è necessario realizzare dei morsetti di contatto grandi,questo
in base alla legge
l
R = ρ* .
s
Con tali morsetti risulta difficile definire il valore esatto della resistenza dato che la
lunghezza effettiva del resistore è determinata con una elevata incertezza. I
morsetti voltmetrici sono interni di sezione piccola così la lunghezza del resistore
risulterà ben determinata. A causa della loro dimensione i morsetti voltmetrici V e
V’ presentano una resistenza di contatto più grande rispetto a quella
amperometrici ma ciò non crea problemi in quanto risulteranno in serie
all’impedenza dello strumento di misura che sarà elevata quindi non vengono
attraversare dalla corrente. Infatti il circuito equivalente della resistenza a quattro
morsetti è quello di figura
47
Capitolo 3
Fig.3.3 - Schema equivalente del resistore come doppio bipolo
La connessione di due materiali diversi fa sorgere forze elettromotrici di contatto il
cui valore dipende dal materiali e dalla temperatura alla quale si trova la
giunzione. Consideriamo il circuito volumetrico
Fig.3.4 – Schematizzazione delle f.e.m di contatto
In corrispondenza di ogni giunzione (cavo,morsetti voltmetrici) si hanno delle forze
elettromotrici che sono rappresentate la somma di tali forze elettromotrici.Si
presentano diverse f.e.m. nella maglia uno la cui somma potrebbe essere diversa
da zero perché le diverse giunzioni possono assumere diverse temperature (ad
esempio a causa di un possibile serraggio differente dei contatti amperometrici,e
quindi di una differenza di riscaldamento dei contatti). Di conseguenza la relazione
sulla maglia è:
Vm = Vx + ∑ e i
48
Capitolo 3
Per eliminare tale effetto sistematico nella misura di tensione si possono effettuare
diverse misure con la corrente prima in un verso e poi in un altro. Poiché le forze
elettromotrici come prima accennato non dipendono dal verso della corrente si ha:
Vm = RI + ∑ e i
(4)
Vm' = − RI + ∑ e i
(5)
Di conseguenza effettuando la differenza tra le due equazioni si ha:
Vm − Vm' = 2RI
VR = RI =
Vm − Vm'
2
(6)
49
Capitolo 3
3.2 Procedura di misura
La tensioni presenti ai capi delle due resistenze vengono misurate con lo stesso
multimetro, per ridurre l’incertezza come sarà dimostrato nel prossimo paragrafo.
Inoltre per eliminare gli effetti delle forze elettromotrici come visto si eseguono le
misure con la corrente che circola nei due versi. Di conseguenza la procedura di
misura risulta piuttosto articolata. Sono necessarie infatti quattro misurazioni
successivamente con lo stesso voltmetro. Occorre quindi stabilizzare la corrente nel
circuito in modo che non vari altrimenti la relazione (3;6) non sono più valide. A
tale fine viene utilizzato un alimentatore stabilizzato in corrente. La corrente
imposta è di solito di valore elevato per ridurre l’incertezza nelle misure di
tensione essendo la R di valore basso. Quindi la resistenza campione R c viene
scelta in modo da sopportare correnti elevate senza alterare le proprie
caratteristiche. Però può succedere che il valore della resistenza incognita R x vari
per effetto termico è quindi è necessario eseguire le misurazioni in un intervallo di
tempo breve. Per ridurre i tempi per la misurazione e quindi per minimizzare gli
effetti termici le quattro misure vengono eseguite nel seguente ordine:
1) Vx
2) Vc
3) − Vc
4) − Vx
In questo modo sono ridotte le operazioni da eseguire in ogni misura per passare
da 1 a 2 infatti basta spostare i piolini del voltmetro, per passare da 2 a 3 invertire
il verso della corrente ecc.. Malgrado tali precauzioni che consentono di eseguire le
misure in un tempo limitato occorre verificare che non ci siano stati effetti termici
su R x a tale si esegue una misura di Vx , di conseguenza le misure diventano
cinque. Questa ultima misura viene confrontata, con la prima se esse risultano
50
Capitolo 3
compatibili l’effetto termico è trascurabile altrimenti la misurazione risulta non
valida. Poiché all’aumentare della corrente gli effetti termici aumentano ma
l’incertezza diminuisce si effettuano diverse prove per valori di corrente crescenti
considerando i valori misurati dalla massima corrente per la quali effetti termici
sono trascurabili. Si effettuano tre misure aggiungendo un ulteriore misura di Vx
che permette di valutare la presenza di derive termiche. Quindi
Vx = R x * I
Vc = R c * I
Vx' = R x * I
51
Capitolo 3
3.3 Valutazione incertezza
Seguendo la procedura prima descritta si ottengono quattro misure di tensione
V x' , V x'' , Vc' , e Vc'' da questi otteniamo:
V xm
V x' − V x''
=
2
(9)
Vcm
Vc' − Vc''
=
2
(10)
quindi
R x = Rc *
V xm
.
Vcm
Nel seguito si utilizzeranno genericamente V x e Vc considerandole risultato di una
singola misura per non appesantire la trattazione senza ledere la generalità dei
risultati ottenuti in quanto l’equazione 9) e 10), rappresentiamo delle semplici
operazioni di mediee e quindi la trattazione potrebbe essere condotta alo stesso
modo considerando le quattro misure. Quindi si ponga
Rx =
Vx
* Rc
Vc
Applicando la legge di propagazione per produttorie si ha che l’incertezza relativa
su R x
u Rx è data da:
.
u 2Rx = u 2Rc + u 2Vx
(
Vc
)
La u Rc può essere ottenuta dalle imperfezione fornite dal costruttore ad esempio
considerando l’accuracy ed ipotizzando una distribuzione rettangolare si ha:
u Rx =
u Rx Accuracy (Rx )
.
=
Rx
Rx
52
Capitolo 3
Viceversa per ottenere u  Vx  bisogna tener conto della correlazione in quanto è


 Vc 
stato impiegato un solo multimetro. Tale correlazione si può evidenziare
considerando che le due R hanno valori molto vicini tra loro di conseguenza le
tensioni misurate sono molto prossime. In questo caso si può affermare di
utilizzare per due misure ( Vx e Vc ) il voltmetro nelle stesse condizioni operative
quindi al fine di eliminare gli effetti sistematici si prestano con lo stesso valore
nelle misure. Gli effetti sistematici possono essere corretti detta ∆ la correzione si
ha:
∧
(11)
∧
(12)
Vx = V x + ∆
Vc = V c + ∆
∧
∧
dove V x e Vc rappresentano le misure corrette di Vx e Vc .
Il rapporto
Vx
può essere riscritto come:
Vc
(13)
Vx
V̂ + ∆
=
Vc V̂c + ∆
ne segue
(14)
u  Vx  = u  V̂x+ ∆ 


 Vc 


 V̂c + ∆ 


In questo caso le misure di V̂x , V̂c e
∆ sono scorrelate ed affette solo da
componenti di incertezza di tipo aleatorio quindi si può applicare la legge di
propagazione dell’incertezza per grandezze scorrelate dalla relazioni 14)
53
Capitolo 3
(15)
2
  ∧

 

 ∂  Vx+ ∆  
  ∧

  V+ ∆  
u 2 V̂x + ∆  =   ∧   * u 2Vx + u 2∆ =


 ∂ Vx 
 V̂c + ∆ 










2
1
=
* u 2∧
Vx
∧
(V c + ∆)
2
 ∧

2


 V̂x + ∆ − V̂c − ∆ 
V
x
+
∆
2


 * u ∆2
* u V̂c + 
+

 ( V̂ + ∆ ) 2
 ∧

c


 (V c + ∆ ) 2 


Ricordando che :
(16)
V̂x + ∆ = Vx
e
(17)
V̂c + ∆ = Vc
si ha
u 2 V̂x + ∆  =


 V̂c + ∆ 


Vx2
( Vc − Vx ) 2
1
2
2
*
u
*
u
* u 2∆ =
+
+
4
4
2
V̂c
V̂x
Vc
Vc
Vc
2
2
2
2
2
  Vx   u 2V̂x u 2V̂c 
 Vx   u V̂x u V̂c ( Vc − Vx )
2
 *  2 + 2 
* u ∆  ≅ 

 * 2 + 2 +
Vc
Vc2 * Vx2
Vc 
 Vc   Vx
  Vc   Vx
Questa approssimazione è lecita in quanto come detto R x ≅ R c ⇒ Vx ≅ Vc inoltre
u ∆ << u Vx in quanto è l’incertezza della correzione.
u 2 Vx  =


 Vc 
u 2V̂x
Vx2
+
u 2V̂c
Vc2
54
Capitolo 3
dove u V̂c può essere valutata per via sperimentale a partire da misure ripetute
effettuate su R C . Quindi in correlazione si può scrivere:

u
u2 
u 2Rx = R 2x * u 2Rx = R 2x * u 2Rc + V̂2x + V̂2c  .
Vx
Vc 

In particolare:
u V̂c = u V̂x = σ =
1
(Vci − Vc )2
∑
N −1
55
Capitolo 3
Compatibilita’ delle misure
In questo caso per valutare l’incertezza delle singole misure è possibile eseguire N
misure sulla resistenza campione e quindi:
u=σ=
1
2
* ∑ (x − µ )
N −1
56
Capitolo 3
3.4 Alimentatori stabilizzati
Quasi tutti gli strumenti, i circuiti, i singoli dispositivi elettronici, richiedono
alimentazione in continua per poter funzionare. La funzione degli alimentatori
stabilizzati è, quindi, quella di convertire l’energia elettrica sinusoidale a 50 Hz
proveniente dalla rete, in energia, ancora elettrica, ma con caratteristiche diverse,
ossia in energia continua. Essi, inoltre, garantiscono che tale energia elettrica,
erogata sotto forma di tensione o di corrente continua, resti costante in un certo
range al variare sia del carico che della tensione di rete (da qui il nome di
alimentatori stabilizzati). Quest’ultima, infatti, ha valore efficace nominale di
220V, ma varia continuamente durante il giorno, ed inoltre tale valore efficace
dipende dal carico applicato alla rete.
Il tipo di alimentatore più semplice è quello di figura:
Fig.3.5 –Schema a blocchi di un alimentatore.nel quale si compiono sulla tensione di rete le seguenti operazioni: prima ne viene
variato il livello con un trasformatore per ottenere l’ampiezza desiderata, poi viene
raddrizzata (ad esempio, utilizzando un raddrizzatore a doppia semionda) e quindi
spianata con un filtro passa basso. Tuttavia, la tensione che si preleva in uscita non
può ancora ritenersi continua, perché al livello di uscita resta sempre sovrapposta
una componente variabile, contenente armoniche della frequenza di rete, cui si dà
il nome di ondulazione residua o ronzio (RIPPLE). L’entità di tale ripple dipende
dall’efficienza del filtro, ossia dalla sua capacità di filtrare le armoniche della
frequenza di rete. Inoltre, anche il livello di continua subisce delle variazioni, a
57
Capitolo 3
causa della scarsa regolazione della tensione di rete, delle variazioni del carico,
della temperatura e, genericamente, del passare del tempo.
Un alimentatore semplice come quello di figura (3.5) presenta prestazioni modeste
e può utilizzarsi solo per applicazioni di bassa qualità. Un alimentatore stabilizzato
che si comporti in modo ideale, è approssimabile ad un generatore ideale di
tensione. Lo schema analizzato, invece, si comporta come un generatore reale di
tensione, presentando, quindi, una resistenza di uscita Rout non nulla.
Fig.3.6 –Schema equivalente reale di un alimentatore.-
Ciò fà dipendere l’ampiezza della tensione applicata al carico dal valore del carico
stesso. Infatti, la tensione sul carico R L è data dal rapporto di partizione
V RL =
RL
* V g , per cui, al variare del carico RL applicato, si avrà una
ROUT + R L
variazione della tensione V RL ad esso fornita. Nel caso ideale, invece, essendo
ROUT = 0 si ha:
Fig.3.7 –Schema equivalente ideale di un alimentatore.-
58
Capitolo 3
pur variando R L , la tensione V RL rimane inalterata, in quanto V RL = V g , e cioè la
caratteristica del circuito ideale è una retta orizzontale di equazione V = V g come
da figura:
Fig.3.8 –Caratteristica V=f(I) di un alimentatore ideale.-
Si noti come al variare del carico, un generatore ideale di tensione fornisca sempre
la stessa tensione V g ; in particolare, esso fornirà valori minori di corrente al
crescere R L . La caratteristica V = f(I) di un alimentatore stabilizzato è detta curva
di regolazione: Nella pratica, la curva di regolazione di un alimentatore
stabilizzato a tensione costante risulta solo con buona approssimazione simile ad
una retta orizzontale (non si riesce, cioè, mai ad avere R OUT = 0 , ma al più si
riescono ad avere resistenze di uscita dell’ordine dei mΩ
Ω). Per ottenere una
stabilizzazione della tensione sul carico, si può utilizzare il metodo della
regolazione serie.
59
Capitolo 3
Regolazione
serie
Uno dei metodi più diffusi è quello di aggiungere, allo schema visto, un organo di
regolazione che può essere inserito in serie o in parallelo al carico. La prima di
queste due disposizioni è quella che viene generalmente preferita per la sua
efficacia. In figura:
Fig.3.9 –Shema di un alimentatore con organo di regolazione serie.-
e riportato lo schema di principio di un alimentatore con regolatore serie. In esso,
in serie al carico, viene inserito 1’organo di regolazione che si comporta come un
resistore variabili e la sua resistenza viene fatta variare con continuità da appositi
circuiti in modo che la tensione Vu o la corrente I u varino il meno possibile per le
cause sopra elencate. Infatti, ritenendo la tensione V in uscita dal filtro costante, è
chiaro come una variazione del carico R L si ripercuota in una variazione della
tensione Vu ad esso applicata:
Vu =
RL
*V =
RL + R
1
R
1+
RL
*V
in particolare, se R L aumenta ad un valore R L' > R L ⇒
R
R
per cui la nuova
<
'
RL R L
tensione sul carico sarà:
V u' =
1
R
1+ '
RL
*V >
1
R
1+
RL
* V = Vu
60
Capitolo 3
ovvero sarà aumentata. Quindi, per riportare tale Vu' al valore Vu precedente,
basta aumentare la resistenza R ad un valore R ' in maniera tale che
pari a
R'
diventi
R L'
R
, ristabilendo,quindi, lo stesso rapporto di partizione precedente. Un
RL
discorso del tutto analogo vale nel caso in cui R L diminuisca.
Se invece si vuole stabilizzare la corrente I u fornita al carico, essendo:
Iu =
V
R + RL
se il carico aumenta in modo che
R L' > R L
implica che
R + R L' > R + R L , segue che:
I u' =
V
V
<
= Iu
'
R + RL R + RL
ovvero la corrente sul carico è diminuita. Per aumentarla, occorre allora diminuire
la resistenza R ad un valore R’ tale che R’ + R L' sia uguale a R + R L e non più
maggiore, cosicché la I u' sia pari alla I u . Un discorso del tutto analogo vale nel
caso in cui R L diminuisca. Per la regolazione serie si hanno in genere due tipi di
funzionamento: quello nel quale lo scopo è di ridurre a! minimo le variazioni della
tensione V u ai capi del carico (alimentatore a tensione costante) e quello nel quale
si preferisce che sia la corrente I u nel carico a non variare (alimentatore a
corrente costante).
61
Capitolo 3
Alimentatore a tensione costante
Il procedimento di regolazione si basa su un amplificatore operazionale in
configurazione invertente come da figura:
Fig.3.10 –Configurazione invertente.-
Supponendo che esso abbia un comportamento ideale, la sua tensione d’uscita
sarà:
VU = −
Rp
Rs
* V REF
Per trasformare un amplificatore invertente in un alimentatore stabilizzato
diviene:
Fig. 3.11 –Schema di un alimentatore a tensione costante.-
è sufficiente applicarvi in ingresso una tensione di riferimento V REF quanto più
possibile costante e considerare estratto, dall’operazionale di fig.(3.11), il suo
stadio finale, costituito dal transistore regolatore serie e dal generatore VB
(batteria) che eroga una tensione VB continua, ma non stabilizzata.
62
Capitolo 3
L’amplificatore di confronto nello schema di fig.(3.11) paragona continuamente la
tensione di uscita VU con la tensione V P prodotta dalla caduta che la corrente
costante I provoca sulla resistenza R P . Infatti, avendo VU e V P il nodo comune A,
è evidente come ai morsetti dell’operazionale si abbia v + = VU e v − = V P .
Se per una causa qualunque queste due tensioni non sono uguali, l’amplificatore
invia un segnale di correzione tale da modificare lo stato di conduzione del
transistore regolatore serie. Ad esempio, possiamo considerare che in un primo
momento la tensione su un dato carico sia stabilizzata, in questo caso la tensione di
riferimento V P e la tensione VU coincidono, per cui in ingresso all’amplificatore c’è
un tensione nulla.Se si fa aumentare il valore della resistenza del carico, a parità di
corrente I L si avrà un aumento della tensione VU = R L * I L . La variazione di
VU comporta anche una variazione della tensione di ingresso al comparatore, che
in questo caso risulta essere di valore positivo in quanto VU > V P . Dato che
l’amplificatore è invertente, in uscita darà un segnale con segno negativo; questo
significa che la tensione di polarizzazione del transistore, V BE , subisce una
diminuzione rispetto al valore che aveva precedentemente. Questa nuova
situazione determina una conseguente diminuzione della corrente di base che
circola nel transistore e quindi, essendo I C = β * I B , una diminuzione di I C ciò
comporta una diminuzione di I L e quindi di VU .
Quindi se l’aumento di
R L determinava un aumento di VU , la retroazione vista
tende ad abbassare VU , in modo che il suo valore non vari con R L e considerazioni
fatte nel caso in cui si ha un innalzamento della tensione sul carico possono essere
ripetute, alla stessa maniera, nel caso in cui ci sia una diminuzione della tensione,
solo che stavolta il segnale in uscita dall’amplificatore ha valore positivo, in quanto
ai morsetti di ingresso si ha che VU < V P . e perciò, al posto di una diminuzione
della tensione V BE del transistore, se ne ha un aumento.
Oltre che a fornire una compensazione da eventuali variazioni del carico, il
circuito visto per mette anche di ottenere una stabilizzazione da fluttuazioni della
tensione di alimentazione I Stavolta, per spiegare la stabilizzazione, faremo
riferimento alla maglia di uscita del transistore, riportata in figura;
63
Capitolo 3
Fig.3.13- Maglia di uscita del transistore.-
dato che vale la relazione:
VU = V B − VCE
il comparatore vede la variazione di V B come una variazione di VU e, quindi, la
compensa nello stesso modo analizzato prima. Le tensioni in ingresso
all’amplificatore possono risultare diverse per due motivi:
1) perché una causa perturbatrice è intervenuta (variazione della rete, del carico,
della temperatura, ecc.);
2) perché l’operatore ha voluto variare la tensione VU agendo sull’apposito
comando R P . In ogni caso, dopo un breve transitorio il sistema si riporta a
regime (tensione nulla tra gli ingressi dell’amplificatore, che è indice di una
avvenuta stabilizzazione).
In parallelo ai morsetti di uscita, compare il condensatore Cu di elevata capacità:
esso serve ad impedire che per particolari valori del carico si inneschino
oscillazioni.La qualità dello strumento dipende da molti fattori e in gran parte
dalla banda e dal guadagno dell’amplificatore di confronto e del regolatore serie.
Inoltre, occorre che la sorgente di riferimento, le resistenze R P e Rs e
l’amplificatore di confronto siano a basso rumore e non siano sottoposti a
variazioni di temperatura; è necessario, quindi, che non si trovino in prossimità di
disturbi di natura elettromagnetica o di sorgenti di calore.Si raggiungono
normalmente delle stabilizzazioni nei confronti della rete e del carico dello 0.01 ÷
0.05%, mentre ripple e rumore hanno un valore efficace compreso tra 0.2
2mV.
In strumenti di particolare pregio, realizzati con grande accuratezza e nei quali gli
organi sensibili alla temperatura sono termostati, queste cifre sono migliori di un
ordine di grandezza.
64
Capitolo 3
Alimentatore a corrente costante
L’alimentatore a corrente costante mantiene nel tempo il valore di corrente
imposto, nono stante le variazioni della rete, del carico, della temperatura, ecc.
Sarà allora la tensione ai capi del carico a variare in modo che, idealmente, la
corrente sia insensibile a tali cause perturbatrici come da figura:
Fig.3.14 –Legame V=f(I) per un alimentatore a corrente costante.Da un punto di vista ideale, quindi, un alimentatore stabilizzato di corrente si
comporterà come un generatore ideale di corrente continua, offrendo una
resistenza d’uscita infinita.Nella pratica, invece, un alimentatore a corrente
costante presenta una resistenza di uscita non infinita, ma molto elevata (oltre il M
Ω)). In queste condizioni, non è allora consigliabile mettere un carico con valore
molto alto, come ad esempio un voltmetro (che ha elevata impedenza d’ingresso),
perché, in questo caso, la resistenza del carico è paragonabile alla resistenza
d’uscita dell’alimentatore e, dunque, si avranno dei fenomeni di perdita, con
conseguente peggioramento della stabilizzazione.Tra i vari schemi possibili, si
prenda ora in esame quello di figura.
Fig.3.15 –Schema di un alimentatore a corrente costante.65
Capitolo 3
La catena di reazione, in questo caso costituita dal regolatore serie,
dall’amplificatore di confronto e dalla resistenza R M , agisce in modo che, in
condizioni di equilibrio, la tensione tra gli ingressi dell’amplificatore sia nulla.
Se si prende come riferimento di massa il punto A, un ingresso dell’amplificatore
(v risulta a potenziale nullo, l’altro ad un potenziale approssimativamente uguale a
v − = R M * I M − RQ * I =(siccome il punto B a massa virtuale e siccome
l’amplificatore
non
assorbe
corrente
I=
VREF
V
) = R M * I M − R Q * REF
Rs
RS
≅
[l’idealità dell’amplificatore, v − = v + = 0 ≅ 0 ], da cui:
IM =
RQ
RM
*I =
RQ
RS * R M
* V REF
Appare chiaro che se si verificano le ipotesi di funzionamento ideale
dell’amplificatore operazionale e la R M ha un valore ohmico piuttosto contenuto,
la corrente nel carico risulta essere proporzionale al resistore RQ e, dunque,
agendo su questo, l’operatore ne può scegliere il valore. Se per una ragione
qualsiasi (causa perturbatrice o un intervento su RQ da parte dell’operatore), la
tensione tra i due ingressi dell’amplificatore dovesse risultare diversa da zero, tale
amplificatore interverrebbe istantaneamente con un segnale di correzione, in modo
da variare la conduzione del transistore regolatore serie, e in ultima analisi I M ,
finché la caduta su R M non torni ad essere uguale al potenziale della tensione di
riferimento. Per comprendere meglio l’effetto stabilizzante della retroazione,
facciamo un esempio. Supponiamo di avere un aumento della I U rispetto ad un
valore precedentemente stabilizzato; questa variazione comporta anche una
variazione di I C che è la corrente di collettore del transistore. Ad un aumento di
I c corrisponde un aumento di I E la quale si ripartisce in I e I M . Si noti che la
corrente i è sempre costante, in quanto la tensione su Rs è sempre uguale a VREF ;
questo significa che un aumento della I E comporta un aumento della sola I M . Se,
quindi, si valuta la tensione di ingresso al morsetto invertente si ottiene che:
v− = RM * IM − RQ * I ≠ 0
Dunque, si vede subito che al morsetto invertente, in queste condizioni, è applicata
una tensione diversa da zero che produce in uscita dall’amplificatore un segnale
che va a diminuire la tensione di polarizzazione del transistore e, quindi, la sua
66
Capitolo 3
corrente di base. Ciò si ripercuote in una diminuzione della I C e, in definitiva,
della I U . Il buon funzionamento dell’amplificatore di fig.(3.15) dipende dalla
stesse cause già indicate per l’alimentatore stabilizzato di tensione. Si noti che,
negli alimentatori a corrente costante, il condensatore C U , che come si è già detto
serve ad impedire che per particolari valori del carico si inneschino oscillazioni,
pone un problema non indifferente: infatti in questi alimentatori la tensione di
uscita deve poter variare con grande prontezza per consentire a I U di rima nere
costante, cosa cui si oppone C U che, essendo di valore elevato, aumenta la costante
di tempo di risposta del circuito. Negli alimentatori migliori si cerca, dunque, di
ridurne il valore, se non addirittura di eliminarlo.
67
Capitolo 3
Alimentatori a tensione e corrente costanti
I due tipi di alimentatori illustrati in precedenza hanno molti elementi in comune
ed infatti si diversificano solo per alcune parti, tra l’altro poco costose. Ciò ha
suggerito ai costruttori l’opportunità di riunirli in un solo schema, ottenendo
alimentatori a tensione e a corrente costanti come da figura:
Fig.3.16 –Schema di un alimentatore duale. -
Nello schema compaiono due amplificatori di confronto: quello indicato con V è
preposto alla regolazione della tensione, mentre quello contrassegnato con la I è
preposto alla regolazione della corrente. Ovviamente, suddetti amplificatori non
potranno funzionare mai contemporaneamente, ma a seconda del valore della
resistenza di carico R L funzionerà l’uno o l’altro, per un regime a tensione
costante o a corrente costante.
Il passaggio da una modalità di funzionamento all’altra avviene automaticamente,
e grazie ad un circuito di disaccoppiamento, quando la resistenza di carico R L
assume un valore critico RC pari al rapporto dei valori programmati della tensione
Vu e della corrente I U in uscita.
La curva di regolazione dell’alimentatore è riportata in figura:
68
Capitolo 3
Fig.3.17 –Caratteristica Vu - Iu di regolazione. -
Partendo con un carico R L = ∞ (punto A), la tensione VU è pari al valore
programmato dall’operatore tramite il controllo della R L . Riducendo via il carico,
la tensione resta costante (punto B), ma aumenta la corrente I U .Si giunge così al
punto C nel quale R L coincide con la resistenza critica RC che compete
all’alimentatore per le scelte fatte di R P e RQ ( RC cioè varia a seconda dei valori
di R P eR Q selezionati dall’utente). Da questo momento in poi, l’alimentatore passa
automaticamente
al
funzionamento
a
corrente
costante
e,
diminuendo
ulteriormente R L , mentre la tensione diminuisce, la corrente di uscita resta
costante al valore I programmato dall’operatore su RQ . Si giunge, così, ad avere
l’uscita in corto circuito (punto E in cui VU = 0 ), che corri sponde a R L = 0.
Se successivamente la R L torna ad aumentare gradualmente, fino ad avere
R L = ∞ , la caratteristica viene ripercorsa in senso inverso. Si noti che, agendo sui
comandi R P e RQ , è possibile spostare il punto C ovunque nel primo quadrante
del piano cartesiano, compatibilmente con i limiti del regolatore serie, e, quindi,
dare a R qualsiasi valore. Ricapitolando:
I) per R L > Rc il funzionamento è a tensione costante
2) per R L < Rc il funzionamento è a corrente costante.
Da quanto si è detto appare chiaro che questo alimentatore ha un funzionamento
completa mente protetto, perché non esiste alcun valore del carico che possa
portare il funzionamento dell’alimentatore fuori dalla curva di regolazione
69
Capitolo 3
considerata, sia che lavori come generatore di tensione che come generatore di
corrente. Questo tipo di alimentatore presenta delle buone doti stabilizzazione sia
di linea che di carico (0.001 ± 0.05%), piccoli disturbi della tensione di uscita
(ripple e rumore compresi tra 0.05 ÷ l mV) e ottima prontezza a reagire ai
transistori (<50 μs).
A queste ottime doti si contrappongono alcuni limiti:
1) Innanzitutto, un certa inadeguatezza a dare in uscita delle tensioni elevate (gli
alimentatori serie, infatti, arrivano a fornire tensioni dell’ordine dei 20, 40, 50 V) a
causa dei limiti sulla potenza dissipabile dal transistore.
2) Soprattutto, uno scarso rendimento energetico; infatti durante il funzionamento,
specialmente quando VU è piccola e I U è grande, una notevole quantità di potenza
viene dissipata nel transistore regolatore serie. Ciò è dovuto al fatto che
VU = V B − VCE , perciò quando la tensione in uscita VU ≅ 0 ⇒ VCE ≅ V B e cioè la
tensione dissipata sul transistore è quasi tutta quella fornita dall’alimentazione.
Ciò abbassa il rendimento dello strumento, che non può mai superare il 30-40%.
70
Capitolo 3
Preregolazione
I maggiori inconvenienti dell’amplificatore regolatore serie e cioè il fatto di non
poter superare certi limiti nella tensione di uscita e lo scarso rendimento, sono
entrambi legati all’eccessivo valore che in taluni casi può assumere la tensione VCE
ai capi del transistore regolatore serie. La preregolazione serve appunto per
limitare, in un normale alimentatore a regolazione serie, la tensione VCE ; ciò è
realizzato variando la tensione VB in uscita dal raddrizzatore in modo che non sia
mai molto diversa dalla VU ai capi del carico ad uno schema di alimentatore come
quello di fig.(3.16)è stato aggiunto un preregolatore a SCR.
Gli SCR sono dei particolari diodi che presentano un ulteriore morsetto. La
funzione di questo morsetto è quello di ricevere l’abilitazione a condurre, che viene
fornita con un impulso. Infatti, per poter condurre, gli SCR non basta che siano
polarizzati direttamente, ma deve verificarsi anche che siano abilitati. Grazie a
questa possibilità, si può ritardare l’istante in cui il diodo va in conduzione,
riducendo così, rispetto al caso in cui si utilizzano diodi normali, il valore medio
del segnale raddrizzato VB . In questo modo, al successivo integratore arriverà un
segnale continuo VB di ampiezza minore e, siccome VU = VB − VCE e la tensione
VL è costante ( infatti, è la tensione stabilizzata), VCE risulterà ridotta, risolvendo
così i problemi di dissipazione del transistore.Il circuito di comando degli SCR
serve a regolare l’intervallo di conduzione riducendolo proprio quando la tensione
ai capi del transistore regolatore inizia a crescere.Tutte le prestazioni generali
dell’alimentatore con regolazione serie restano praticamente invariate, tranne la
risposta ai transitori, che risulta un poco meno pronta e, naturalmente, essendo
minore la potenza dissipata sul regolatore, il rendimento cresce notevolmente
attestandosi su valori intorno al 70%.
71
Capitolo 3
Regolazione a scr
Negli alimentatori stabilizzati con regolazione serie, data la grossa potenza
dissipata sul transistore, occorrono grosse alette di raffreddamento ed occorre
usare componenti di qualità, con conseguente aumento di ingombro e costo dello
strumento.
Per molte applicazioni, dal punto di vista della stabilizzazione e dei disturbi , non
sono richieste delle prestazioni così spinte come quelle che si ottengono dalla
regolazione serie: è sufficiente che l’alimentatore sia economico non molto
ingombrante e di buon rendimento energetico.
Si ottengono questi obbiettivi con la regolazione a SCR, nella quale, rispetto allo
schema con preregolatore, viene omesso il regolatore serie, mentre gli amplificatori
di confronto agiscono sul circuito di comando degli SCR, regolandone l’intervallo
di conduzione. Se la tensione in uscita VU tende a diminuire, interviene
l’amplificatore di confronto della tensione che agisce sul circuito di comando degli
SCR aumentando l’intervallo di conduzione e quindi la tensione che perviene al
filtro di uscita. Le prestazioni generali possono riassumersi in una regolazione
compresa tra lo 0.05 e l’l% , ripple e rumore con valore efficace intorno ai 50 mV,
risposta ai transitori di (50 ± 200 ms), rendimento 70%.
72
Capitolo 3
Regolazione a commutazione
E’ una ulteriore tecnica, alternativa alle precedenti, e utilizzata per le medie e alte
potenze e quando sia richiesto un livello elevato della tensione di uscita.
Il principio su cui è basato non è recente, ma solo gli ultimi sviluppi tecnologici
hanno attirato su di esso l’interesse dei costruttori. Si allude soprattutto ai
transistori che reggono alcune centinaia di Volt e parecchi Ampere, con tempi di
commutazione minori del microsecondo, a diodi veloci, a materiali magnetici ad
alto rendimento in alta frequenza, a condensatori di buone prestazioni.
Vediamone gli aspetti essenziali:
Fig. 3.18- Schema a blocchi.-
La tensione di rete viene direttamente raddrizzata e spianata (senza che il suo
livello sia ridotto con un trasformatore, come invece accade nelle tecniche
precedentemente viste), e la tensione continua risultante VA chopperata ad alta
frequenza
(oltre
i
20kHz),
viene
trasformata
in
onda
rettangolare.
Successivamente, un trasformatore per alte frequenze ne porta l’ampiezza al
livello desiderato e a questo punto, raddrizzata e spianata, viene inviata ai morsetti
di uscita. La regolazione avviene anche in questo caso tramite reazione negativa: la
tensione di uscita VU viene prelevata e inviata ad un comparatore, insieme ad una
tensione di riferimento VREF . L’impulso di uscita del comparatore giunge al
73
Capitolo 3
circuito di comando dell’interruttore, così da definirne il rapporto tra l’intervallo
di tempo in cui è chiuso e quello in cui è aperto. Il funzionamento apparirà più
chiaro se si fa riferimento all’esempio mostrato in fig. 13, dove la tensione VB è la
tensione in uscita dal filtro. che, essendo affetta da ripple, è stata rappresentata
con andamento triangolare. L’interruttore viene chiuso, su comando del
comparatore, quando il valore della tensione VB si abbassa al di sotto del valore
della tensione di riferimento, mentre viene aperto su comando dell’oscillatore, che,
essendo a frequenza fissata, genera il segnale di apertura ad intervalli di tempo
regolari (nel caso di una frequenza a 20kHz, il segnale di apertura è mandato ogni
50μp avendo così un’apertura sincrona).
Supponiamo che intervenga una perturbazione che provoca, ad esempio, una
diminuzione della Vu; la rampa discendente della VB interseca il valore di
riferimento prima di quanto lo facesse nel caso precedente e, quindi, l’impulso del
comparatore chiude prima l’interruttore. La conseguenza è che aumenta il ciclo di
lavoro della e, dunque, la tensione di uscita (infatti, VU è pari proprio all’integrale
di VA Nella pratica, gli interruttori sono costruiti con un transistore per
commutazione. I vantaggi offerti da questa tecnica di regolazione sono molteplici.
Innanzitutto, non c’è più il trasformatore d’ingresso che, dovendo essere di
dimensioni rapportate alla potenza di bassa frequenza (50Hz) fornita dalla rete,
risulta voluminoso e pesante. Inoltre, il regolatore (che in tal caso è costituito
dall’interruttore) è ancora realizzato da transistori, però funzionanti o in
saturazione o in interdizione, cioè in condizioni di potenza dissipata quasi nulla:
questo con sente elevati rendimenti (fino all’80%) e un notevole risparmio di
dissipatori. La tensione raddrizzata è convertita in alta frequenza perché in questo
modo, a parità di prestazioni, si possono utilizzare dei trasformatori con
induttanze più piccole rispetto a quelle che si trovano nei trasformatori che
lavorano a frequenza di rete e, quindi, di ingombro minore. A fronte di questi
vantaggi ci sono anche alcuni svantaggi come, ad esempio, una circuiteria un pò
più complessa, una minore prontezza di risposta ai transitori (<3 ms) a causa della
presenza degli stadi filtranti , una minore regolazione e disturbi in uscita maggiori.
74
Capitolo 3
Funzionamento particolare con carico lontano
Se l’alimentatore si trova a funzionare con il carico lontano dai suoi morsetti di
uscita, tutte le sue prestazioni sono inevitabilmente peggiorate dalla necessità di
lunghi collegamenti; il deterioramento delle prestazioni è proporzionale al
rapporto
tra
l’impedenza
dei
collegamenti
e
l’impedenza
di
uscita
dell’alimentatore. Si possono introdurre delle disposizioni circuitali atte a ridurre
notevolmente l’effetto dei collegamenti, con la possibilità di punti di verifica
lontani (SENSE).
Un esempio di circuito che utilizza i sense è quello di figura:
Fig.3.18 – Schema rappresentativo con carico lontano.Quando si hanno dei carichi lontani, un’operazione di comparazione della tensione
sul carico con quella di riferimento sarebbe falsata, perché alla porta di uscita
dell’alimentatore la tensione che si preleva è la somma della tensione sul carico e
delle cadute di tensione sulla linea. Se dunque non si utilizzassero degli
accorgimenti, si tenderà a stabilizzare la tensione del circuito formato dalla serie
del carico e delle resistenze di dispersione, anziché la tensione sul solo carico.
I sense permettono appunto di svincolarsi dal contributo delle resistenze di
dispersione, in modo tale da prelevare solamente la tensione sul carico e poterne,
così, effettuare la conseguente stabilizzazione.
I morsetti di sense sono collegati al carico e all’amplificatore di comparazione
dell’alimentatore. Essi, quindi, sono percorsi da una corrente molta bassa, in
quanto l’impedenza che vedono in ingresso all’amplificatore è molto elevata.
75
Capitolo 3
Questo fa si che non vi siano cadute di tensione lungo la linea che li collega al
carico e, quindi, attraverso i morsetti di sense è possibile rilevare la sola caduta di
tensione sul carico, mentre i morsetti dell’alimentatore si occupano di portare la
corrente al carico stesso. Se, ad esempio, la tensione sul carico, in virtù delle
perdite lungo la linea, è minore di quella selezionata dall’operatore, il comparatore
preleva questa informazione e agisce incrementando il valore della corrente sulla
linea di alimentazione del carico, fin quando la tensione sul carico stesso non è
quella desiderata dall’utente.
Da ricordare che i morsetti di sense non devono mai essere scollegati dal carico
quando l’alimentatore è in funzione; infatti, se ciò accadesse, i morsetti di sense
sarebbero praticamente allo stesso potenziale e, siccome essi sono collegati al
comparatore, quest’ultimo rileverebbe tensione quasi nulla sul carico, anziché la
tensione selezionata dall’utente. La reazione del comparatore sarebbe, quindi,
quella di aumentare la corrente per portare la tensione sul carico al valore
selezionato. Questa ristabilizzazione, naturalmente, non sarà mai avvertita dai
sense, per cui la corrente aumenterà fino al danneggiamento del dispositivo.
76