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Positive Digital Marketing
Positive Digital Marketing: l'uso di notizie positive su
dispositivi digitali come strumento di brand management
di Jacopo Bagni 1, Silvio Malvolti 2, e Giuseppe Riva 3
1
Marketing Specialist,
[email protected]
Web
Product
Marketing
presso
WebAds
Italia,
Milano
–
2
Fondatore e Amministratore Unico di Buone Notizie Communication Farm Srl, Milano –
[email protected]
3
Professore Associato di Psicologia della Comunicazione. Dipartimento di Psicologia, Università
Cattolica del Sacro Cuore, Milano – [email protected]
Abstract
Narrazione ed esperienza giocano un ruolo centrale nelle politiche di advertising e brand
management. Attraverso la creazione di narrazioni/esperienze coerenti con i propri valori e prodotti
i brand cercano di caratterizzarsi e di distinguersi dai concorrenti. Una particolare forma di
narrazione che è in grado di produrre effetti emotivi e di emulazione è la "buona notizia": una
narrazione i cui personaggi si caratterizzano per atti di eccellenza, coraggio o positività. Dopo aver
introdotto e definito il concetto di "Positive Marketing" l'articolo analizza il potenziale delle "buone
notizie" come strumento di brand management, in particolare quando integrate e associate a
contenuti digitali in grado di rafforzarne la dimensione esperienziale (Positive Digital Marketing).
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1. Introduzione
“Gli esseri umani desiderano le storie e la pubblicità ha sempre fatto del suo meglio per utilizzare il
business dei racconti per costruire un brand” (Simon Bond, CMO BBDO).
Sappiamo tutti che fin dalle origini del genere umano la narrazione ha avuto un ruolo centrale nella
diffusione della cultura. Le entità tribali e poi le società si sono formate e hanno creato identità ,
comunanza e condivisione di tratti valoriali comuni intorno alle storie tramandate di generazione in
generazione per dare una radice anche dove le radici erano relativamente incerte o vergini.
Oggi come ieri tutti nel quotidiano relazionarci raccontiamo storie per trasmettere informazioni,
emozioni e sentimenti, creando un legame con chi ci ascolta. La storia diventa il medium della
comunicazione che travalica la mera vicenda raccontata e diventa espressione per creare comunanza
di stato ed elemento di empatia e per sentirci più vicini gli uni agli altri.
Un iter che è partito con nascita in Usa delle Soap Opera passando in Italia dal Carosello per
arrivare agli spot di alcuni big spender dell’Advertising che hanno fatto dello Storytelling il vero
concept pubblicitario delle proprie comunicazioni. Ricordiamo tra gli altri Barilla, Telecom Italia,
Enel Energia e Calzedonia.
Ma come la narrazione può diventare uno strumento di brand management? Dopo aver analizzato il
ruolo giocato dalla struttura e dal contesto della narrazione all’interno delle strategie di marketing
proveremo a sostenere che esiste una particolare forma di narrazione, la buona notizia, che ha un
potenziale elevato di coinvolgimento del consumatore, in particolare se integrata e associata a
contenuti digitali in grado di rafforzarne la dimensione esperienziale.
Tali riflessioni confluiranno nella formulazione di una nuova strategia di marketing - il Positive
Digital Marketing – basata sulla creazione di prodotti editoriali digitali che uniscano l’impatto
positivo delle buone notizie con la dimensione esperienziale resa possibile dalla multimedialità e
dall’interazione per migliorare l’immagine di un brand.
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2. La narrazione efficace nel marketing: struttura e contesto
All’interno delle strategie di marketing la pubblicità ha un ruolo centrale. La pubblicità può essere
definita come un particolare messaggio comunicativo che mira a promuovere un determinato
servizio o prodotto. Infatti lo scopo del messaggio pubblicitario è duplice: da una parte informare il
consumatore sull’esistenza e sulle principali caratteristiche del prodotto; dall’altra convincere il
consumatore all’acquisto. Per questo motivo, il messaggio pubblicitario non è mai solo informativo:
obiettivo critico per l’efficacia del messaggio è quello di ottenere una risposta da parte del
consumatore in termini di coinvolgimento, attenzione e motivazione.
In questo paragrafo
cercheremo di descrivere i due elementi che permettono di raggiungere tale obiettivo: una struttura
corretta e un contesto adeguato.
2.1 La struttura di una narrazione efficace
Perché una struttura narrativa è in grado di coinvolgere il consumatore? A che cosa servono le
narrazioni?
Un’area emergente della psicologia, la narrative psychology (psicologia narrativa) ritiene che una
parte significativa della conoscenza di sé venga organizzata all'interno di schemi narrativi (Bruner,
1996; Grazzani, 1995) con cui l'individuo interpreta la realtà e le attribuisce significato (Crossley,
2000; Rollo, 2007). Hutto (2008), che con la sua «Ipotesi della Pratica Narrativa» (Narrative
Practice Hypothesis) è uno degli esponenti più rilevanti di questa posizione, definisce le narrative
che ci permettono di interpretare efficacemente quanto accade intorno a noi come le «narrative del
senso comune» (folk psychology narratives): narrative che permettono all’ascoltatore o al lettore di
comprendere i pensieri, azioni e sentimenti dei personaggi presenti e di prendere posizione rispetto
ad essi. Tali narrative sono strutturate non come regole, ma come la descrizione di soggetti che
agiscono in base a precisi obiettivi e le cui azioni producono modificazioni nei propri stati emotivi e
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nel rapporto con il mondo. In particolare, le più significative di queste narrazioni sono quelle in cui
i soggetti agiscono in modo estremo, sia positivamente che negativamente. Da una parte i
comportamenti e le vite di assassini, serial killer e criminali hanno sempre attratto la curiosità degli
ascoltatori come evidenziato dal successo di biografie, romanzi e film che ne raccontano le opere.
Lo stesso vale per eroi, atleti, scienziati e personaggi famosi. La possibilità di riconoscere nei loro
atti una passione, una motivazione, un talento unico coinvolge il lettore e lo spettatore
“trasportandolo” all’interno della narrazione. Infatti il principale effetto psicologico di queste storie
è il “trasporto narrativo” (narrative transportation): l’esperienza di trasporto e presenza all’interno
della storia, prodotto del coinvolgimento in essa (Green & Brock, 2000; Green, Garst, & Brock,
2004).
In pratica, come sottolineato da Gilbert e colleghi (Gilbert, 1991; Gilbert, Tafarodi, & Malone,
1993) il principale effetto del “trasporto narrativo” è un coinvolgimento attivo nella storia che porta
il soggetto non solo a non metterne in discussione i contenuti ma anche a cercare di farli propri
collocandoli all’interno della propria struttura valoriale e intenzionale.
In quest’ottica gli effetti del “trasporto narrativo” possono essere utilizzati con finalità persuasiva
all’interno di una strategia di marketing (Green & Brock, 2000) per rafforzare il contenuto di un
messaggio pubblicitario. Per esempio, Wang e Calder hanno dimostrato che se un messaggio
pubblicitario viene presentato alla fine di una storia che ha indotto “trasporto narrativo” esiste una
correlazione diretta tra il livello di trasporto e la positività dell’atteggiamento verso il prodotto:
maggiore è il livello di trasporto narrativo sperimentato, maggiore è l’atteggiamento positivo nei
confronti di quanto pubblicizzato (Wang & Calder, 2006).
2.2 Il contesto di una narrazione efficace
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Accanto alla struttura della narrazione, anche il contesto in cui questa viene presentata –
caratterizzato da una forte concorrenza e un elevato rumore di fondo - sta incominciando ad avere
un ruolo fondamentale sull’efficacia del messaggio trasmesso.
Gli stessi utenti hanno soglie di attenzione molto più basse e, iperstimolati, hanno sviluppato da una
parte la perdita di concentrazione e dall’altra una maggiore difficoltà nella memorabilità del
messaggio.
In questa corsa alla conquista dell’attenzione dell’utente si stanno sviluppando soluzioni narrative
che sono più legate alla parte quantitativa e statistica che alla valorizzazione del Brand, della Brand
Awareness e della Brand Value. Con il risultato paradossale che il fuoco su click, interazioni,
conversioni ha fatto dimenticare quello che è il principale obiettivo di un messaggio pubblicitario:
associare significati positivi ad un brand.
E’ possibile che la visualizzazione o il click su un messaggio abbiano invece un effetto opposto?
Le riflessioni della semantica, quella parte della linguistica che studia il significato delle parole e
dei loro insiemi, sostiene di si: una narrazione se inserita in un contesto sbagliato può trasmettere
significati non voluti.
Alla base di questa affermazione c’è il concetto di “campo associativo” (Bally, 1940) introdotto da
Charles Bally a partire dalle teorizzazioni di Ferdinand de Saussure, autore del celebre Corso di
Linguistica Generale (De Saussure, 1916/2009). Secondo il concetto di “campo associativo”, infatti,
una parte dei significati di una lingua vengono creati in base alla forma e alle modalità con cui
vengono aggregati i segni linguistici. Vocaboli ed espressioni perdono identità e diventano campi
associativi portatori di sensazioni, emozioni oltre che di concetti.
In quest’ottica, accanto ai contenuti di una narrazione, un ruolo fondamentale per il processo di
brand management è giocato dalle associazioni create dal contesto in cui è inserito. Quante volte
abbiamo visto comunicazioni che hanno perso efficacia e anzi hanno danneggiato l’immagine del
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cliente perché inseriti in contesti editoriali insieme a contenuti non edificanti o con un messaggi
negativi?
Bastano pochi minuti di ricerca sulle principali testate italiane per trovare diversi esempi di
associazioni poco efficaci (vedi le due immagini sotto)
Figura 1. L’accostamento di Dior alla Tragedia del Giglio
Figura 2. A chi verrebbe voglia di investire negli ETF sui titoli di stato italiani pensando al dramma
della Grecia?
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Ecco che quindi l’investitore deve essere tutelato nel momento in cui espone il proprio Brand e non
può rischiare che le emozioni negative generate dal contesto in cui è inserito il suo messaggio ne
modifichino la Brand Awareness o il Brand Value.
Per questo il Brand deve essere associato a significati che mettano il consumatore in una fase di
predisposizione nella percezione dello stesso e nel caso all’acquisto. La predisposizione si
raggiunge nel momento in cui il media scelto crea empatia con il Brand o proponendo contenuti di
interesse o un coinvolgimento emotivo emozionale, che poi è il cardine della comunicazione. Nel
primo caso il Brand assume il ruolo di “mecenate” che con il proprio investimento permette alla
testata di offrire contenuti di qualità. Nel secondo caso, e su questo ci concentreremo, il Brand va a
sollecitare e presidiare il proprio target portando valori positivi, esperienze positive e rinforzando
gli aspirazionali progetti di vita degli utenti.
3. Positive Marketing e Positive Digital Marketing
In base a quanto abbiamo visto, creare un ponte tra Brand e consumatori differenziandosi dai
competitor e creando elevazione e immedesimazione aspirazionale è possibile solo se il contesto di
fondo in cui si appare è positivo. E’ a partire da queste considerazioni che si è sviluppato il
“Positive Marketing”, una particolare forma di marketing esperienziale il cui principale obiettivo è
realizzare esperienze positive e multisensoriali, capaci di coinvolgere contemporaneamente i sensi,
l’emotività e il pensiero razionale, e associarle ad uno specifico brand (Kaltcheva, Patino, Pitta, &
Winsor, 2011). In particolare uno degli strumenti a disposizione del Positive Marketing sono le
“buone notizie”: una narrazione i cui personaggi si caratterizzano per atti di eccellenza, coraggio o
positività.
3.1 L’uso delle buone notizie nel marketing
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Le Buone Notizie fanno bene? Una serie di ricerche realizzate all’interno delle Scienze Cognitive
dicono di sì. Per esempio, un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista americana “Journal
of Personality and Social Psychology” sottolinea come le buone notizie siano in grado di suscitare
emozioni positive (Aquino, McFerran, & Laven, 2011). Questo effetto, che gli psicologi
definiscono “elevazione morale”, oltre a produrre nell’individuo specifiche reazioni fisiche, quali –
ad esempio - un diffuso senso di calore e una sensazione di “nodo alla gola”, può provocare
cambiamenti comportamentali e predisporci all’empatia e all’interazione sociale.
Ma le buone notizie possono fare bene anche a un brand. Come sottolineato recentemente dal brand
strategist Valerio Franco, la relazione brand-consumatore sta cambiando e un fattore critico della
strategia di comunicazione e di relazione dei brand sarà il fattore “engagement” (Valerio, 2011):
“Oggi questa nuova opportunità di identificazione e intesa si chiama Engagement e rappresenta un
campo di gioco dai confini mobili, estensibili a seconda dell’interazione che brand e consumatore,
in maniera complice, riescono a costruire e mantenere. Un ambito di relazione che va oltre
emozionalità e funzionalità, radicandosi in maniera più profonda e autentica attraverso
l’introduzione di una forte componente esperienziale e interattiva” (p. 287). In quest’ottica, l’ipotesi
principale del positive marketing è che le buone notizie, producendo emozioni positive e
coinvolgimento possano giocare un ruolo centrale nelle future strategie di brand management
attraverso la creazione di un patto fiduciario con il consumatore, fondato sullo scambio tra valori e
fedeltà.
3.2 Dalle sponsorizzazioni al positive marketing
In realtà il collegamento diretto tra buone notizie e brand non è una novità nel mondo del
marketing: è attraverso le sponsorizzazioni i brand cercano di migliorare la propria immagine
associandola a personaggi famosi, atleti o squadre in grado di raggiungere positivi e unici. Come
sottolineano Nelli e Bensi (Nelli & Bensi, 2011): “ La sponsorizzazione si configura come una
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relazione di scambio nella quale un'impresa fornisce un supporto finanziario e/o in natura a una
persona, a un gruppo o a un'organizzazione, al fine di permettere a questi di svolgere le loro attività
e allo stesso tempo di ottenere una serie di controprestazioni definite in anticipo, in modo da
favorire direttamente o indirettamente il perseguimento dei propri obiettivi di marketing e di
comunicazione” (p. 3). Detto in altre parole, l’obiettivo delle sponsorizzazioni è quello di
coinvolgere il consumatore raccontandogli delle storie positive e associando direttamente a tali
storie il nome del brand: l’atleta/personaggio X è riuscito a raggiungere il risultato
positivo/significativo/unico attraverso l’aiuto economico/il prodotto/il servizio offertogli dal brand.
Secondo gli ultimi dati disponibili le sponsorizzazioni sono in Italia il secondo strumento di
marketing più utilizzato dalle aziende, subito dopo la pubblicità (StageUp, 2012): nel 2011 nel
mercato delle sponsorizzazioni in Italia si è chiuso a 1.400 milioni di euro mentre il mercato
pubblicitario italiano nel suo insieme è arrivato a circa 8.600 milioni di euro, di cui il 50% è andato
alla pubblicità televisiva.
Gli studi più recenti delle Scienze Cognitive mostrano che anche l’associazione indiretta tra buone
notizie e brand – ossia la presentazione di buone notizie non direttamente collegate al brand,
insieme al brand stesso – consente di ottenere lo stesso obiettivo di coinvolgimento del consumatore
- con un costo significativamente inferiore a quello di una sponsorizzazione tradizionale. Il Positive
Marketing permette infatti di connettere la narrazione positiva e tutte le sue conseguenze al Brand
attraverso tre processi: la Persuasione, l’Orientamento agli Altri e l’Empatia.
In primo luogo, grazie alla capacità di indurre trasporto narrativo, il consumatore è meno a spinto a
mettere in discussione razionalmente i contenuti del messaggi pubblicitari associati alle buone
notizie (Algoe & Haidt, 2009). In secondo luogo, gli studi di Ho e Dempsey (Ho & Dempsey,
2010) e poi di Berger e Milkman (Berger & Milkman, in press) hanno messo in evidenza l’esistenza
di un forte legame tra la positività e la tendenza a condividere contenuti (word-of-mouth): da una
parte i soggetti altruistici tendono maggiormente a condividere contenuti online, dall’altra i
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contenuti positivi sono più virali di quelli negativi. In questo “gioco di elevazione” la condivisione
e il Buzz di Notizie Positive è un’azione che le coscienze ricercano quasi fosse un’esigenza
alienabile di ribadire cosa sia giusto.
Infine, l’effetto positivo indotto dalle buone notizie non produce effetti solo nel soggetto che le
legge ma anche nella rete sociale intorno a lui. Come dimostrato da Christakis and Fowler
(Christakis & Fowler, 2008) se un amico che vive vicino a me (entro un miglio di distanza)
sperimenta emozioni positive ciò aumenta del 25% la mia probabilità di sentirmi felice.
3.3 Dal Positive Marketing al Positive Digital Marketing
Se il Positive Marketing si concentra sulla buona notizia come contesto al cui interno inserire il
brand e i suoi messaggi, il Positive Digital Marketing cerca di aumentare l’impatto della buona
notizia cercando di renderla il più possibile simile a un’esperienza.
Se fino a qualche anno fa il cuore del Positive Digital Marketing era il mondo web, ora l’attenzione
si sta rivolgendo al mondo dell’editoria digitale la cui crescente diffusione è legata al grande
successo dei device mobili.
L’impatto dei device mobili, la nuova rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo, è infatti una
rivoluzione che sta producendo un significativo cambiamento nella relazione tra utente e tecnologia.
All’interno di questo processo il rapporto tra utente e tecnologia diventa di un’intimità mai
sviluppata da nessun “oggetto” - bene di massa o lusso – nella storia dell’uomo. I device mobili,
smartphone e tablet, si stanno infatti trasformando da semplici tecnologie a vero e proprio
prolungamento della propria identità e socialità, nonché riferimento operativo (e talvolta dispersivo)
di funzionalità sintetizzate nelle App.
In questo contesto gli smartphone prima e i tablet poi, sono in grado di trasmettere messaggi con
una capacità persuasiva superiore a quella di qualunque altra piattaforma, se gestiti in modo non
invasivo e associati a contenuti di tipo funzionale e/o emozionale.
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In sintesi l’obiettivo del Positive Digital Marketing è la realizzazione di prodotti editoriali digitali
che uniscano l’impatto positivo delle buone notizie con la dimensione esperienziale intima resa
possibile dalla multimedialità e dall’interazione con i device mobili per migliorare l’immagine di un
brand.
4. Positive Marketing e Positive Digital Marketing in pratica
4.1 La comunicazione positiva di Coca Cola e Illy Caffè
Due campagne con respiro internazionale che hanno lavorato sulla positività legando il proprio
brand all’emozione di Felicità sono Coca Cola con “Happiness Factory” e Illy Caffè con Live
HappIlly”. La multinazionale americana nel 2006 sull’onda della teorizzazione dei LoveMarks di
Kevin Roberts, Ceo di Saatchi & Saatchi, ha modificato il proprio posizionamento pubblicitario
(Roberts, 2007). In particolare ha abbandonando la veste più vintage e tradizionale per sottolineare
le dimensioni di ottimismo e positività, marchio di fabbrica della propria comunicazione. Il
risultato è l’esaltazione della gioia di vivere narrata rendendo il distributore di Coca Cola come il
cancello di accesso alla Happiness Factory, un mondo fatto di immaginarie creature colorate e
gioiose che producono la Coca Cola. In questo approccio ritroviamo la strategia del trasporto
narrativo: l’esperienza di trasporto e presenza all’interno della storia, prodotto del coinvolgimento
in essa (Green & Brock, 2000; Green, et al., 2004) è il principale strumento per trasmettere la brand
experience.
Un’altra campagna internazionale di rilevo che sottolinea l’importanza delle emozioni positive nella
creazione della brand experience è quella lanciata nel 2011 da Saatchi & Saatchi per Illy Caffè, il
brand italiano che produce miscele da caffè e le vende in 140 paesi nel mondo.
La campagna “LIVE HAPPIlly” è stata l’occasione per lanciare il nuovo posizionamento della
marca attraverso il racconto di come i piccoli gesti quotidiani possano trasformarsi in istanti di pura
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rivelazione, dove tutto ciò che accade intorno all’improvviso appare straordinario, dando vita a
momenti di felicità. All’interno della narrazione degustare una tazzina di buon caffè e lasciarsi
andare al piacere dei sensi si fonde con il piacere intellettuale ed estetico.
4.2 Il Positive Digital Marketing di TED
Un
esempio
particolarmente
efficace
di
Positive
Digital
Marketing
viene
da
TED
(http://www.ted.com), un’organizzazione non-profit che cerca di sostenere e diffondere le ‘idee che
meritano di essere diffuse’- ‘ideas worth spreading’.
TED è stato fondato nel 1984 e si svolge con cadenza annuale dal 1990. L'evento adesso è curato da
Chris Anderson e gestito dalla sua fondazione non-profit, The Sapling Foundation, che cerca di
"attivare il potere delle idee di cambiare il mondo". Nel 2006 la partecipazione costava 4.400 $ ed
era solo su invito. Nel gennaio del 2007 la modalità di associazione è stata trasformata in quota
annuale di 6.000 $, che comprendono partecipazione alla conferenza, comunicazioni postali del
club, strumenti di network e DVD delle conferenze.
Nata come una conferenza 25 anni fa, TED ha progressivamente integrato nella propria strategia
comunicativa l’utilizzo degli strumenti digitali. La strategia è molto semplice: nella Conferenza
annuale di TED gli scienziati (vedi Figura 3), ricercatori e/o imprenditori che si caratterizzano per
una particolare attività o visione vengono invitati a raccontare le loro idee in presentazioni di circa
dieci minuti. Le conferenze sono affidate a speaker provenienti da comunità e discipline diverse. In
ottemperanza a questo spirito multidisciplinare, gli interventi abbracciano un'ampia gamma di temi
che, spesso travalicandone i confini, spaziano negli ambiti di scienza, arte, ambiente, economia,
politica, temi globali, architettura, musica, ecc.
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Figura 3. Un momento della conferenza di TED
Al TED Conference si è aggiunto il TED Global, che si svolge in varie località, da poco anche in
Italia.
Tra i tantissimi speaker, vi sono stati l'ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, il Premio Nobel
James Dewey Watson, il produttore televisivo e attivista politico Norman Lear, il fisico Murray
Gell-Mann, il co-fondatore di Wikipedia Jimmy Wales e i co-fondatori di Google Sergey Brin e
Larry Page.
Le presentazioni vengono poi videoregistrate, sottotitolate in una ventina di linguaggi differenti e
distribuite gratuitamente sul web. Il claim di TED è infatti proprio questo: diffondere idee con
l’obiettivo di rendere migliori le cose
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La grande diffusione delle conferenze in rete a livello globale ha richiamato investitori spingendo
grandi aziende a sponsorizzare le iniziativa di Ted per condividerne la vision ed entrare in
quell’aurea di empatia che il progetto ha creato intorno a sé.
4.3 Il Positive Digital Marketing di BuoneNotizie.it
BuoneNotizie Communication Farm srl è un provider di notizie positive su media digitali.
Il progetto Buone Notizie nasce infatti con lo scopo di promovere un modello di informazione fatto
di notizie positive in grado di diffondere in ciascuno di noi fiducia nel futuro e nel mondo che ci
circonda. La linea editoriale è neutra: non segue e non promuove alcuna idea o movimento politico
o religioso, ma si propone di creare un modello di informazione sostenibile, che si accorga dei fatti
che non sempre riescono a trovare il meritato spazio sui mezzi di informazione. I redattori
selezionano argomenti di attualità offrendo un’informazione libera, raccontando gli eventi da un
punto di vista diverso, senza allarmismo e senza scadere nel buonismo: un modello decisamente
diverso da quello offerto oggi dai mass-media. In sintesi i principali obiettivi del progetto
BuoneNotizie sono:
-
raccontare buone notizie in grado di rappresentare i reali progressi dell’uomo, della società e
della qualità della vita per trasmettere fiducia in un futuro migliore;
-
aumentare l’impatto delle buone notizie attraverso la multimedialità e l’interazione in modo
da trasformarle in vere e proprie esperienze narrative;
-
organizzare le buone notizie secondo uno specifico campo associativo in modo da trasferire
il valore positivo delle notizie sul marchio o prodotto dell’inserzionista .
Per raggiungere questi obiettivi BuoneNotizie ha lanciato una propria rivista digitale per iPad
(http://itunes.apple.com/it/app/buonenotizie/id502840668), che al momento è l’unica rivista gratuita
presente nell’Edicola del tablet più venduto in Italia (vedi Figura 4). La scelta del tablet, che
affianca il sito (http://www.buonenotizie.it), come principale strumento di diffusione dei contenuti
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editoriali ha come obiettivo il raggiungimento della leadership in un settore ancora tendenzialmente
vergine che conta attualmente in Italia un milione di utenti ma che nel corso dei prossimi tre anni
potrebbe superare i cinque milioni di lettori.
Figura 4. La copertina della rivista BuoneNotizie per iPad
La rivista racconta ogni mese i fatti positivi che accadono in Italia e nel mondo, organizzando le
buone notizie in base alle caratteristiche dello sponsor di riferimento e integrandole con contenuti
multimediali interattivi.
Alla linea redazionale unica si affianca quindi una sostenibilità economica dovuta al fatto di
trasmettere al Brand sponsorizzante un valore e una superiore rispetto a quello tipico di altre realtà
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Positive Digital Marketing
editoriali: l’empatia e la fiducia nella positività delle notizie viene trasmessa anche sui Brand
presenti.
Conclusioni
Il “Positive Marketing”, è una forma emergente di marketing esperienziale il cui principale
obiettivo
è
realizzare
esperienze
positive
e
multisensoriali,
capaci
di
coinvolgere
contemporaneamente i sensi, l’emotività e il pensiero razionale, e associarle ad uno specifico brand
(Kaltcheva, et al., 2011). Tra i diversi strumenti a disposizione del Positive Marketing quello
discusso all’interno dell’articolo sono le “buone notizie”: una narrazione i cui personaggi si
caratterizzano per atti di eccellenza, coraggio o positività. L’articolo ha infatti analizzato il
potenziale delle "buone notizie" come strumento di brand management. I meccanismi a
disposizione delle strategie di marketing sono tre:
-
la capacità delle buone notizie di indurre trasporto narrativo spinge il consumatore a non
mettere in discussione razionalmente i contenuti del messaggi pubblicitari associati alle
buone notizie.
-
esiste un legame diretto tra la positività e la tendenza a condividere contenuti: da una parte i
soggetti altruistici tendono maggiormente a condividere contenuti online, dall’altra i
contenuti positivi sono più virali di quelli negativi.
-
l’effetto positivo indotto dalle buone notizie non produce effetti solo nel soggetto che le
legge ma anche nella rete sociale intorno a lui. Come dimostrato da Christakis and Fowler
(Christakis & Fowler, 2008) se un amico che vive vicino a me (entro un miglio di distanza)
sperimenta emozioni positive ciò aumenta del 25% la mia probabilità di sentirmi felice.
Tra le diverse campagne che hanno cercato di legare la dimensione di positività e l’emozione di
felicità ai significati del brand l’articolo ha presentato quelle di Coca Cola (Happiness Factory) e
Illy Caffè (LIVE HAPPIlly).
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Se il Positive Marketing si concentra sulla buona notizia come contesto al cui interno inserire il
brand e i suoi messaggi, il Positive Digital Marketing cerca di aumentare l’impatto della buona
notizia cercando di renderla il più possibile simile a un’esperienza. Se fino a qualche anno fa il
cuore del Positive Digital Marketing era il mondo web, ora l’attenzione si sta rivolgendo al mondo
dell’editoria digitale la cui crescente diffusione è legata al grande successo dei device mobili, in
particolare smartphone e tablet.
In conclusione, l’obiettivo del Positive Digital Marketing è la realizzazione di prodotti editoriali
digitali – come quelli realizzati da TED e BuoneNotizie, i due casi discussi nell’articolo - che
uniscano l’impatto positivo delle buone notizie con la dimensione esperienziale intima resa
possibile dalla multimedialità e dall’interazione con i device mobili per migliorare l’immagine di un
brand.
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