DOMANDE ESAME Domanda I pag. 1 A) Per sapere se, contemporaneamente all’aumento del PIL, si ha un miglioramento o un peggioramento della bilancia dei beni, occorre sapere come contemporaneamente si muove un altro aggregato della contabilità nazionale. Quale? B) È più probabile che quest’altro aggregato aumenti di più o di meno del PIL e che quindi il saldo della bilancia dei beni con l’estero peggiori o migliori? La bilancia dei beni scaturisce dalla differenza tra esportazioni e importazioni → Sappiamo che le grandezze comprese nel CERI sono le seguenti: X–Z PIL = CFI + IFL + VS + OVA + (X – Z) Quindi per rispondere alla domanda, occorre conoscere l’aggregato della contabilità nazionale conosciuto come con la denominazione di “Impieghi lordi interni”, dato dalla somma di CFI + IFL. Perciò il PIL è legato alle esportazioni (X) e alle importazioni (Z) passando dagli impieghi lordi interni (CFI + IFL). In conclusione quando le esportazioni aumentano, aumenta anche il PIL e di conseguenza miglioreranno le importazioni e viceversa. Domanda II pag. 2 Se si aggregano i conti economici di tutte le imprese e di tutte le amministrazioni pubbliche di un paese e si elidono gli elementi che si possono elidere una volta effettuata l’aggregazione (in quanto compaiono con ugual valore in entrambi i membri dell’identità aggregata ottenuta), si ottiene la struttura di un conto della contabilità nazionale. Dimostrare quale. I valori ottenuti con detta aggregazione sono proprio identici (ad esempio, riportano lo stesso valore per gli investimenti) a quelli che sono riportati nel predetto conto? L’aggregazione dei conti economici delle imprese, delle AP e delle ISP danno vita al conto economico delle risorse e degli impieghi (CERI); sia perciò: - per le imprese: R + ABIN + ABIE + VALIM = CFPRI + ABZ + OVA + BIM + BINVIM + BIAP + BINVAP + BIS + BINVIS + VS + VE - per le AP (ignorando la valutazione delle scorte): ABIN + ABIE + VALAP = CPA - per le ISP (ignorando le variazioni delle scorte e indicando con CIS i consumi da esse erogati): ABIN + ABIE + VALIS = CIS Aggregando, cioè sommando membro a membro, le identità dei conti economici di tutte le imprese, di tutte le AP e di tutte le ISP operanti in una nazione, si ha: ABIE + VALIM + VALAP + VALIS = CFPRI + CPA + CIS + ABZ + OVA + BINVIM + BINVAP + BINVIS + VS + VE semplificando nel modo seguente: Z + VAL = CFPRI + CFC + IFL + VS + OVA + X 1 I valori ottenuti con questa aggregazione non sono identici a quelli riportati nel CERI, infatti: - - Nel CERI non troviamo il VAL aggregato ma il PIL, cioè il VAL ai prezzi di mercato + imposte indirette sulle importazioni (che sono quindi escluse dalle importazioni). - Le importazioni (Z) comprendono anche i consumi finali fatti all’estero dai residenti nazionali (CFNE), i beni di consumo finale acquisiti direttamente dalle famiglie all’estero e consumati all’interno, i beni d’investimento e oggetti di valore acquisiti all’estero direttamente dalle famiglie e dalle unità produttive che li utilizzano. - I CFPRI comprendo anche i consumi finali fatti all’estero dai residenti nazionali e i beni di consumo finale acquisiti direttamente dalle famiglie all’estero e consumati all’interno, al netto dei consumi fatti all’interno dai non residenti. - Gli IFL comprendono anche i beni d’investimento fisso acquisiti all’estero direttamente dalle unità produttive che li utilizzano. - Le esportazioni (X) comprendono anche i consumi finali fatti all’interno dai non residenti (CFSI). CFN = CFI + CFNE – CFSI Domanda II pag. 4 – V pag. 26 – II pag. 28 Se il tasso di cambio nominale tra due monete seguisse d’appresso il principio della parità dei poteri d’acquisto delle monete (PPA), quale valore tenderebbe ad avere il tasso di cambio reale? [A livello aggregato, il tasso di cambio sarebbe dato dal rapporto fra la media dei prezzi dei beni importati e importabili e la media dei prezzi interni dei beni esportati e esportabili. Questa semplice spiegazione di ciò che determina il tasso di cambio è nota come principio della parità dei poteri di acquisto delle monete (PPA)]. Il principio della parità dei poteri d’acquisto delle monete (PPA) afferma che il tasso di cambio tende a situarsi al livello dei prezzi relativi , ché altrimenti vi sarebbe un sistematico squilibrio di segno positivo o negativo nella bilancia dei beni (X – Z), quindi un sistematico squilibrio fra domanda e offerta nei mercati dei cambi, quindi instabilità del tasso di cambio. Se il tasso di cambio nominale seguisse d’appresso tale principio, si avrebbe: E*P =1 P cioè il cambio di tasso reale tenderebbe a essere pari a all’unità. Domanda II pag. 5 Facendo esplicito riferimento al CERI, che cosa avreste da obiettare ad un economista che giustificasse una forte e duratura eccedenza delle esportazioni sulle importazioni del suo paese col fatto che la domanda interna è satura e che gli incrementi di produttività che si realizzano portano a surplus di beni che, se non venduti all’estro, resterebbero invenduti? Esiste una differenza tra la produzione e la disponibilità dei beni. Se l’obiettivo è quello di produrre tanti beni, allora l’affermazione è giusta; ma se l’obiettivo è quello di avere disponibilità di beni, allora non è vera. 2 Domanda II pag. 6 “Se cade un ponti siamo più ricchi o più poveri ?” chiese un comico. Gli risposero: “Più poveri”. Ma il comico dichiarò: “Siamo più poveri, ma la ricostruzione di quel ponte farà aumentare il PIL, facendoci credere di essere più ricchi”. In questo colloquio una parte è corretta e un’altra no. Quale parte è corretta e quale è errata? La ricchezza è uno “stock” e consiste nella disponibilità di beni, di moneta e di crediti. È vero che se il ponte crolla saremo più poveri, poiché viene toccata la nostra ricchezza; cioè avevamo a disposizione un bene che arrecava utilità e dopo il suo crollo non l’avremo più. Ma il PIL è solo un indicatore di potenzialità di ricchezza e di benessere, non la ricchezza e il benessere in sé; quindi se alla potenzialità non segue la realtà di consumo, la ricchezza/benessere non si realizza. Possiamo quindi dire che la produzione del ponte da sola non basterà per aumentare la ricchezza, a questa dovrà seguire il consumo, da cui scaturirà la percezione di benessere. Un migliore indicatore del benessere di quanto possa essere il PIL, è il reddito nazionale; esso non include i redditi prodotti all’interno da fattori produttivi esteri e rimessi all’estero, ma include invece i redditi prodotti da fattori nazionali all’estero e rimessi all’interno. Domanda I pag. 7 A) Esportazioni e importazioni dipendono da 2 effetti, quali sono questi 2 effetti ? 1. Effetto assorbimento 2. Effetto competitività B) Uno dei due effetti può essere colto utilizzando o il tasso di cambio reale (ER) o la ragione di scambio (RS). Completare indicando quando è più appropriato il tasso di cambio reale e quando lo è l’altra grandezza. Premettiamo che in ogni paese i beni presenti possono essere classificati così: - Beni esportati / importati (A) - Beni non esportati / importati, ma esportabili / importabili (B) - Beni non esportabili / non importabili per loro natura (C) Un indicatore adeguato dovrebbe prendere in considerazione solamente i beni della categoria A e B poiché, per entrambe, variazioni dei prezzi relativi possono avere effetto sugli scambi internazionali. Ma la ragione di scambio si presenta come un’approssimazione per difetto (ignora la categoria B), mentre il tasso di cambio reale si presenta come un’approssimazione per eccesso (comprende anche la categoria C dei beni non interessati dagli scambi internazionali). Quindi in presenza di errori, si tratta di assumere il caso in cui l’errore di approssimazione è minore. Se la parte dei beni non esportati / importati, ma esportabili / importabili, è minoritaria (maggioritaria) rispetto alla parte di beni non esportabili / non importabili, la ragione di scambio (RS) porta a errori di approssimazione minori (maggiori) di quanto comporterebbe l’uso del tasso di cambio reale. Domanda I pag. 13 “Un saldo positivo nella differenza fra esportazioni e importazioni è ‘cosa buona’, sotto un certo punto di vista, ma non è ‘cosa buona’ sotto un altro punto di vista”. Quali sono i due punti di vista coinvolti nell’affermazione precedente. In un’economia aperta: SNL = IL + ECE in cui ECE = (X – Z) + (CFSI – CFNE) (prescindendo da RNE e TNE) ECE indica l’eccedenza dei beni impiegati dal resto del mondo o da cittadini stranieri, rispetto a quelli entranti dal resto del mondo. 3 Se riduciamo ECE a: ECE = X – Z e quindi SNL = IL + (X – Z) possiamo dire che: - Se ECE > 0, il risparmio nazionale (SNL) supera gli investimenti (IL); quindi il PIL non consumato (cioè il risparmio) non ha trovato contropartita in un egual ammontare di investimenti interni, bensì in un ammontare di investimenti inferiori e la differenza è andata all’estero. L’aspetto negativo di un saldo positivo di (X – Z) quindi, consiste in un minor impiego all’interno (a favore dei cittadini nazionali) rispetto a quanto sarebbe stato possibile rispetto alle risorse prodotte all’interno del paese. → (la differenza infatti va all’estero) - Se ECE < 0, il paese consuma più beni di quanti ne produce (investe più di quanto risparmia) e quindi si arricchisce in termini di beni impiegati all’interno; l’investimento interno inoltre è in parte sostenuto dal risparmio nazionale e in parte dal risparmio del resto del mondo. Domanda I pag. 14 A) Spiegare come sia possibile che, in un’economia chiusa, il risparmio nazionale eguagli gli investimenti totali anche quando il risparmio sia tesaurizzato. B) In economia aperta, quale contropartita si avrà a fronte del risparmio tesaurizzato? In un economia chiusa in cui SNL = IL , il risparmio tesaurizzato è destinato a tradursi in risparmio abortivo, in quanto, mancando di trasformarsi in risparmio sociale a disposizione dell’intero sistema economico, rimane un fatto puramente individuale. Il tesaurizzatore pertanto, realizza solo un rinvio nel tempo del consumo dei beni e servizi risparmiati e altri, cioè gli agenti che hanno deciso di non risparmiare per via dei prezzi diminuiti, possono consumare lasciando inalterate le dimensioni del capitale a disposizione del sistema economico. In economia aperta a fronte del risparmio tesaurizzato avremo da considerare anche l’eccedenza corrente con il resto del mondo (ECE). Domanda I pag. 15 Partendo dal Conto economico delle risorse e degli impieghi, pervenire effettuando le opportune rimodulazioni e integrazioni, al conto della formazione del capitale. RNDL = PIL + RNE + TNE SNL = RNDL – (CFPRI + CFC + CFNE – CFSI) PIL = CFPRI + CFC + IFL + VS + OVA + X – Z SNL = CFPRI + CFC + IFL + VS + OVA + X – Z + RNE + TNE – CFPRI – CFC – CFNE + CFSI SNL = IFL + VS + OVA + (X – Z + RNE + TNE – CFNE + CFSI) SNL = IL + ECE Si perviene al Conto della formazione del capitale aggiungendo ad ambo i lati, i trasferimenti unilaterali netti in con capitale con l’estero (TCAEN) e l’acquisizione netta di attività non prodotte e non finanziarie (ANANP). SNL + TCAEA – TCAEP + ANANP = IL + ECE + TCAEA – TCAEP + ANANP SNL + TCAEA = IL + TCAEP + ANANP + (ECE + TCAEA – TCAEP – ANANP) ECE + TCAEA – TCAEP – ANANP → variazione dell’accreditamento / indebitamento del paese nei confronti del resto del mondo. 4 CONTO della FORMAZIONE del CAPITALE Entrate Uscite Risparmio nazionale lordo Trasferimenti in conto capitale provenienti dal resto del mondo Investimenti fissi lordi Variazione scorte Acquisizione netta di oggetti di valore Acquisti netti di terreni e beni immateriali Trasferimenti in conto capitale al resto del mondo Accreditamento (+)/Indebitamento (-) del paese Domanda I pag. 19 È possibile che il risparmio nazionale lordo di un’economia chiusa sia negativo? E quello di un’economia aperta? SNL = RNDL – (CFPRI + CFC + CFNE – CFSI) In un economia chiusa abbiamo: SNL = IL → in quanto il risparmio è pari al reddito non consumato, quindi al prodotto non impiegato in consumi finali. Si è possibile → per esempio disinvestendo le scorte, i CFN possono superare il PIL. In un economia aperta abbiamo: SNL = IL + ECE Si è possibile → se ECE (in valore negativo, cioè se le importazioni superano le esportazioni) è superiore a IL, allora SNL sarà minore di 0. Domanda IV pag. 19 Presentare e discutere come funziona un mercato dei cambi: a) con tasso di cambio flessibile b) con tasso di cambio completamente fisso c) con tasso di cambio calmierato entro una fascia di oscillazione prefissata a) In un sistema di cambi flessibili, questi possono variare liberamente secondo l’andamento della domanda e dell’offerta di una valuta nei confronti di ciascun altra, senza che vi siano interventi da parte dei governi. Ciò non significa necessariamente che i tassi di cambio abbiano un andamento oscillante nel tempo; non lo hanno se le bilance dei pagamenti sono equilibrate. b) In un sistema di cambi fissi (da dopo la II GM) è prevista una oscillabilità limitata dei tassi di cambio; quindi una fissità non assoluta, ma relativa. L’oscillabilità limitata è attuata fissando una parità centrale (tasso di cambio di riferimento) fra le valute e una fascia di oscillazione ammessa (da cui il tasso di cambio di mercato non dovrebbe uscire). Un regime di cambi fissi può funzionare se le bilance dei pagamenti dei paesi aderenti sono equilibrate fra loro: se un paese ha persistenti e rilevanti deficit nella bilancia dei pagamenti con l’estero, la sua valuta si deprezza ed è possibile che il tasso di cambio tenda ad uscire superiormente dalla fascia di oscillazione concessa. Per evitare ciò la banca centrale del paese considerato è obbligata a intervenire vendendo la valuta del paese estero, la cui scarsità sul mercato (+ pagamenti da fare che incassi) ha creato il suo apprezzamento. In un regime a cambi fissi si possono avere fluttuazioni dei cambi: entro le fasce di oscillazione sono denominate apprezzamenti o deprezzamenti; quelle dovute a riallineamenti delle parità centrali e delle fasce sono rivalutazioni o svalutazioni. 5 c) In un mercato calmierato dei cambi, la stabilità o calmieramento delle oscillazioni del tasso di cambio sono ottenuti con interventi da parte della banca centrale. Supponiamo che la fascia di oscillazione ammessa sia quella indicata con i tassi di cambio 1/E2 e 1/E1. Se la domanda e l’offerta di valuta s’incontrano all’interno della fascia in H, non c’è bisogno di alcun intervento. Se invece la domanda si sposta in D2, la quale di incontra con S1 in Z fuori della fascia ammessa, occorre intervenire vendendo valuta estera in modo tale da impedire che 1/E ecceda 1/E2. Al contrario, uno spostamento della curva di offerta in S3, porterebbe a una fuoriuscita dalla banda dal lato inferiore; per evitare ciò la banca centrale deve comprare valuta estera e la curva della domanda diventa la D1. Domanda I pag. 22 A fronte di un aumento del risparmio nazionale lordo, a parità di investimenti totali lordi, si ha un aumento delle importazioni o delle importazioni di beni? Sappiamo che il risparmio è dato da: SNL = IL + ECE A fronte di un aumento di SNL, nel caso in cui la grandezza IL rimanga invariata, si avrà un aumento delle esportazioni di beni (o una diminuzione delle importazioni); infatti: ECE = (X – Z) + (CFSI – CFNE) SNL = IL + (X – Z) Domanda I pag. 25 A) Se un paese ha un reddito nazionale disponibile lordo pari a 100.000 e un risparmio nazionale lordo pari a 30.000, la differenza di 70.000 sarà data da ……….. (completare la frase spiegando). B) A fronte del predetto valore del risparmio nazionale lordo, quale altra grandezza o quali altre grandezze macroeconomiche risulteranno coinvolte ? A) SNL = RNDL – CFN – CFNE + CFSI Quindi la differenza di 70.000 sarà data dai consumi finali nazionali. B) SNL = IL + ECE per cui: IL = IFL + VS + OVA e ECE = X – Z + CFSI – CFNE + RNE + TNE Cioè le grandezze macroeconomiche che formano il Conto della formazione del capitale. Domanda I pag. 26 Si risparmia per esportare o per importare? Nella risposta distinguere – se del caso – ‘per’ inteso come ‘al fine di’ e ‘per’ inteso quale ‘a causa di’. Si risparmia per (inteso come ‘al fine di’) esportare, perché se si risparmia vuol dire che si hanno dei beni che non vengono consumati all’interno e che quindi si possono cedere all’estero. Domanda V pag. 27 Che cosa si intende per “tasso di cambio nominale”, che cosa si intende per “tasso di cambio reale” e che cosa si intende per “ragione di scambio con l’estero”? Quale dei tre predetti rapporti misura meglio il livello di competitività con l’estero in termini di prezzo? E = P /P → tasso di cambio nominale, cioè il prezzo di una valuta in termini di un’altra. 6 ER = (P * E) / P → tasso di cambio reale, cioè tasso di cambio nominale (E) corretto per il rapporto fra i prezzi interni e quelli esteri. Rapporto fra l’indice dei prezzi di un paniere di beni rappresentativo della globalità dei beni prodotti nel paese considerato (P) e l’indice dei prezzi di un paniere di beni rappresentativo della globalità dei beni prodotti del mondo intero (P ). RS = (P * E) / P → ragione di scambio con l’estero, indica il rapporto tra l’indice dei prezzi dei beni esportati e l’indice dei prezzi dei beni importati dal paese stesso (indica il rapporto tra il valore medio per unità di output e il valore medio per unità di input di un qualsiasi operatore). Sia l’aumento di ER che di RS, esprime che i beni del paese considerato perdono in competitività, poiché i prezzi dei propri beni aumentano di più (o diminuiscono di meno) dei prezzi dei beni esteri. Escluso il tasso di cambio nominale, in presenza di errori non eliminabili (dovuti alle categorie di beni presi in considerazione da ER e RS), occorre prendere in considerazione il caso in cui l’errore di approssimazione è relativamente minore. Se la parte dei beni non esportati/non importati, ma esportabili/importabili è minoritaria (maggioritaria) rispetto alla parte dei beni non esportabili e non importabili, la ragione di scambio RS porta a errori di approssimazione minori (maggiori) di quanto comporterebbe l’uso del tasso di cambio reale ER. Domanda I pag. 28 Se si registra un aumento del risparmio nazionale lordo di 10.000, a parità delle altre grandezze, aumenteranno di 10.000 le esportazioni o le importazioni? Sappiamo che: SNL = IL + ECE e che: ECE = X – Z + CFSI – CFNE Quindi se SNL aumenta di 10.000, aumenteranno di 10.000 le esportazioni, a parità delle altre grandezze. SNL = IL + ECE Domanda I pag. 29 Leggendo il Conto economico delle risorse e degli impieghi, è possibile sapere se il saldo globale della bilancia dei pagamenti con l’estero è positivo o negativo? È possibile sapere qual è il saldo delle operazioni correnti con il resto del mondo ? No, è possibile conoscere solo una parte della bilancia dei pagamenti perché mancano alcuni dati, come i redditi netti verso l’estero (RNE) e i trasferimenti unilaterali correnti (TNE) e in conto capitale con l’estero (TCAEN), l’acquisizione netta all’estero di attività non prodotte e non finanziarie (ANANP). Mentre per conoscere il saldo delle operazioni correnti con l’estero, nel CERI mancano i dati riguardanti i redditi netti verso l’estero (RNE) e i trasferimenti unilaterali correnti (TNE). Domanda I pag. 31 A) Mostrare qual è la differenza fra il livello “reddito di piena occupazione”, il livello della “capacità produttiva del capitale” e il livello del “potenziale produttivo” di un paese. B) Sono i primi due totalmente indipendenti fra di loro o esistono fra di essi delle interazioni ? Il “reddito di piena occupazione” (Y ) rappresenta il massimo PIL ottenibile impiegando tutto il fattore produttivo lavoro, ed è dato da: Y = F*H* = L* = F* 7 La “capacità produttiva del capitale” (Y produttività di pieno utilizzo ( ): ) è data dalla quantità esistente di capitale (K) e dalla sua Y =K * Il “potenziale produttivo” o “reddito potenziale” (YP) è determinato da lavoro e capitale e costituisce il valore della massima produzione realizzabile, la quale dipende dai fattori produttivi e dalla loro produttività; i quali danno origine a due tetti separati. Il massimo producibile sarà dato dal livello del tetto più basso: YP = min {Y ,Y } Sovente si sostituisce Y con un valore leggermente inferiore: Y * = F (1 – u ) * =N* = Y (1 – u )<Y Lavoro e capitale vengono utilizzati dalle unità produttive in base alle scelte da esse operate, che determinano così l’ ”offerta nozionale”; cioè l’offerta desiderata dalle unità produttive in quanto ottimale alla luce della funzione obiettivo prescelta. Domanda II pag. 14 Spiegare che cosa si intende per “effetto J”, mettendo in evidenza qual è il fenomeno di fondo che lo provoca. L’effetto J è utilizzato per spiegare l'andamento nel tempo degli effetti di una politica monetaria nei confronti della bilancia dei pagamenti. La curva J analizza l'effetto di una svalutazione del tasso di cambio sulla bilancia dei pagamenti, per evidenziare l'ordine in cui si manifestano gli effetti positivi e negativi nel breve e nel medio periodo. A seguito della svalutazione si presenta un peggioramento della bilancia dei pagamenti nel breve periodo e soltanto nel medio periodo il miglioramento; ciò è dovuto alla differenza di elasticità della domanda rispetto al prezzo nel breve e nel lungo periodo. La curva J parte da una situazione iniziale (zero); sull'asse delle ascisse è posto il tempo e su quello delle ordinate il saldo della bilancia dei pagamenti con l'estero. Effetti svalutazione nel breve periodo → nel breve periodo (fino a t1), il saldo della bilancia dei pagamenti con l'estero peggiora poiché la svalutazione rende più costosi i beni e i servizi importati dall'estero. Nel breve periodo la domanda è poco elastica alle variazioni di prezzo, i consumatori non modificano istantaneamente le proprie abitudini e le imprese non hanno modo di modificare il piano di produzione. Questa fase è rappresentata nel grafico della curva J con il tratto iniziale discendente della curva. 8 Effetti svalutazione nel medio-lungo periodo → nel medio-lungo periodo l'elasticità della domanda al prezzo è maggiore e cominciano a manifestarsi gli effetti positivi della svalutazione. La svalutazione rende più convenienti le merci nazionali sul mercato internazionale e penalizza il consumo delle merci straniere a favore di quelle nazionali all'interno del paese. I consumatori modificano le proprie preferenze riducendo il consumo dei beni di importazione a favore di quelli nazionali. Le imprese nazionali beneficiano di un aumento della domanda dall'estero ed avviano una fase di espansione della produzione. Ciò si traduce in un aumento delle esportazioni e in una riduzione delle importazioni con conseguente miglioramento della bilancia dei pagamenti. Questa fase è rappresentata nel grafico della curva J a partire dall'istante t2, fino a giungere ad un miglioramento della situazione economica generale nell'istante t3. Domanda 6 pag. 1 È possibile che un’economia, che abbia uguali consumo finali nazionali e reddito nazionale disponibile lordo, abbia anche un’eccedenza corrente con l’estero positiva ? Sappiamo che: RNDL = PIL + RNE + TNE SNL = IL + ECE e che: ed : SNL = RNDL – CFN – CFNE + CFSI ECE = X – Z + RNE + TNE + CFSI – CFNE Quindi si è possibile, perché l’eccedenza corrente con l’estero può comunque essere positiva nel caso in cui i consumi finali fatti all’interno dai non residenti (CFSI) siano superiori dei consumi finali fatti all’estero dai residenti nazionali (CFNE). Cioè CFSI > CFNE. Domanda 4 pag. 11 “La ragione di scambio con l’estero ha un duplice significato cosicché, quando aumenta il suo valore si può dire che, per un verso, migliora la posizione del paese e, allo stesso tempo, per altro verso, la posizione del paese peggiora”. Spiegare l’affermazione precedente. L’aumento della ragione di scambio (RS → indica il rapporto tra l’indice dei prezzi dei beni esportati e l’indice dei prezzi dei beni importati dal paese stesso), esprime che i beni del paese considerato perdono in competitività, poiché i prezzi dei propri beni aumentano di più (o diminuiscono di meno) dei prezzi dei beni esteri. Perciò la posizione del paese in termini di competitività peggiora. Ma contemporaneamente, un aumento della ragione di scambio, dà al paese maggior potere d’acquisto sui mercati internazionali (viceversa una diminuzione di RS lo impoverirebbe sotto questo aspetto). 9 Domanda IV pag. 23 – IV pag. 26 Si accoppino in modo appropriato le seguenti specificazioni riguardanti i diversi tipi di inoccupazione (una lettera e un numero per ogni coppia): a) Keynesiana 1) da carenza di fattori produttivi b) Neoclassica complementari rispetto al lavoro c) Classica 2) da carenza di domanda d) Sintesi neoclassica 3) da eccessivo costo del lavoro 4) da carenza di domanda e da eccessivo costo del lavoro A) Si spieghi quindi quali sono le azioni di politica economica volte a ridurre una delle tipologie d’inoccupazione (scelta a piacimento). B) Si spieghino quindi che ruolo possono svolgere, nei confronti dei livelli di occupazione, le variazioni dei salari (specificando se nominali o reali), secondo l’approccio neoclassico e secondo l’approccio keynesiano. A) a) Keynesiana → da carenza di domanda → un aumento della domanda di beni è condizione necessaria e sufficiente per far diminuire l’inoccupazione. b) Neoclassica → da eccessivo costo del lavoro → la sola causa dell’inoccupazione è l’eccesso del salario reale rispetto alla posizione di equilibrio (sia nel mercato del lavoro sia nel mercato dei beni): variazioni del salario reale dovrebbero portare all’eliminazione dello squilibrio esistente. c) Classica → da carenza di fattori produttivi complementari rispetto al lavoro d) Sintesi neoclassica → da carenza di domanda e da eccessivo costo del lavoro → il rimedio all’inoccupazione consiste sia nell’aumento della domanda aggregata di beni (condizione necessaria ma non sufficiente), sia la contemporanea diminuzione del salario reale; quest’ultima farebbe aumentare la domanda di lavoro e l’offerta di beni. B) Nell’approccio keynesiano il mercato del lavoro svolge un ruolo passivo: il salario nominale viene contrattato dalle associazioni sindacali e tende ad essere rigido verso il basso; l’inoccupazione dipende principalmente dalla domanda aggregata. Nell’approccio neoclassico invece, il mercato del lavoro svolge un ruolo attivo attraverso le risposte (in termini di variabili endogene presenti) che si hanno in caso di squilibrio. Una riduzione dei salari reali (verificantesi in presenza di diminuzione e dei salari nominali e dei prezzi) dovrebbe servire a far aumentare la domanda di lavoro e l’offerta di beni, e di conseguenza portare all’equilibrio nel mercato del lavoro. Domanda IV pag. 13 – III pag. 27 In presenza di inoccupazione, che ruolo possono svolgere le variazioni salariali, secondo l’approccio neoclassico e secondo l’approccio keynesiano? Nell’approccio keynesiano il mercato del lavoro svolge un ruolo passivo: il salario nominale viene contrattato dalle associazioni sindacali e tende ad essere rigido verso il basso; l’inoccupazione dipende principalmente dalla domanda aggregata. Il comportamento ottimizzante delle imprese porta a far variare il prezzo in modo che il salario reale tenda a coincidere con il valore della produttività marginale del lavoro, che dipende dalla stessa occupazione. Il mercato del lavoro non è quindi in grado di svolgere il ruolo di meccanismo atto a generare l’equilibrio economico generale. Nel caso di inoccupazione keynesiana un aumento della domanda di beni è condizione necessaria e sufficiente per far diminuire l’inoccupazione. Nell’approccio neoclassico invece, il mercato del lavoro svolge un ruolo attivo attraverso le risposte (in termini di variabili endogene presenti) che si hanno in caso di squilibrio. Una riduzione dei salari reali (verificantesi in presenza di diminuzione e dei salari nominali e dei prezzi) dovrebbe servire a far aumentare la domanda di lavoro e l’offerta di beni, e di conseguenza portare all’equilibrio nel mercato del lavoro. 10 Secondo il modello neoclassico la situazione di inoccupazione (eccesso di offerta di lavoro rispetto alla domanda) è causato da un salario reale superiore a quello di equilibrio, fatto che determina anche una situazione di scarsità di offerta di beni rispetto alla domanda. Per cui un abbassamento del salario reale agisce in senso equilibratore (> domanda di lavoro e offerta di beni; < offerta di lavoro e domanda di beni). Nel modello keynesiano l’eccesso di offerta di lavoro è dovuto a una scarsità di domanda di beni che non permette alle imprese di vendere quanto loro converrebbe. In questa situazione, un abbassamento del salario reale non avrebbe effetti di riduzione dell’inoccupazione, perché non farebbe aumentare la domanda di lavoro, a meno che non sia in grado di stimolare la domanda di beni (cosa poco probabile). Quindi nel modello keynesiano gli aggiustamenti avvengono principalmente in termini di quantità in presenza di prezzi non di equilibrio; nel modello neoclassico gli aggiustamenti avvengono principalmente in termini di prezzi (cui seguono quelli di quantità). Domanda III pag. 18 In economia aperta, che cosa s’intende per politica di sterilizzazione degli effetti monetari derivanti dagli squilibri nella bilancia dei pagamenti con l’estero? Nel modello IS-LM-BP in regime di cambi fissi, la banca centrale non ha potere di controllo sull’offerta di moneta (M=variabile endogena), la quale dovrà seguire le condizioni di equilibrio stabilite dall’incontro IS-BP. Questo vale però solo per la condizione di equilibrio di lungo periodo; nulla vieta alla banca centrale di controllare effettivamente l’offerta di moneta attraverso operazioni di mercato aperto: la quantità di base monetaria ritirata (creata) per via del canale estero in presenza di un saldo negativo (positivo) della bilancia dei pagamenti, viene reimmessa (ritirata) attraverso operazioni di acquisto (vendita) di titoli. Ciò corrisponde ad opporsi ad uno slittamento indotto della LM e quindi a ragionare nell’economia aperta come in un’economia chiusa (cioè senza effetti di ritorno dall’estero). Queste operazioni di sterilizzazione, volte a evitare effetti monetari interni derivanti dagli squilibri della bilancia dei pagamenti, non riescono però a modificare il punto di equilibrio finale, bensì a rallentare il raggiungimento del punto stesso. Domanda III pag. 14 Si definisca cosa s’intende per: a) Politica fiscale b) Politica monetaria c) Politica valutaria Scegliendo una fra le tre, si mostri come un dato intervento della tipologia di politica scelta possa incidere e sulla domanda aggregata e sull’offerta aggregata. a) Politica fiscale → si avvale della spesa pubblica e/o della imposizione fiscale allo scopo di influenzare la domanda aggregata. Una politica fiscale espansiva consiste in un aumento della spesa pubblica o in una riduzione delle imposte. Questo aumenta la domanda aggregata e dà luogo a un aumento più che proporzionale del reddito nazionale. Una politica fiscale restrittiva consiste in una riduzione della spesa pubblica e/o in un aumento delle imposte. b) Politica monetaria → è l'insieme degli strumenti, degli obiettivi e degli interventi adottati per modificare e orientare la moneta, il credito e la finanza, al fine di raggiungere obiettivi prefissati di politica economica (prezzi, occupazione, sviluppo). La politica monetaria si occupa di raggiungere uno o più di tali obiettivi manovrando le variabili monetarie (tasso d'interesse o quantità di moneta). c) Politica valutaria → si intende una variazione in X – Z , che può essere provocata da agevolazioni alle esportazioni (finanziamenti e assicurazioni a tassi agevolati per i crediti agi esportatori, sgravi fiscali) o da ostacoli alle importazioni (dazi doganali, contingentamenti sulle importazioni) o dalla svalutazione dell’unità monetaria (che stimola le esportazioni e frena le importazioni). 11 I governanti possono influenzare la domanda aggregata attraverso la politica monetaria. Un aumento dell’offerta di moneta riduce il tasso di interesse di equilibrio per ogni dato livello dei prezzi; un tasso di interesse inferiore stimola la spesa per investimento e la curva di domanda aggregata si sposta verso destra. Una riduzione dell’offerta di moneta, invece, fa aumentare il tasso di interesse di equilibrio per ogni dato livello dei prezzi e fa spostare verso sinistra la curva di domanda aggregata. 12