L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
LA TRAVIATA
Melodramma in tre atti
Musica: Giuseppe Verdi
Libretto: Francesco Maria Piave
Prima rappresentazione:
Venezia, Teatro La Fenice
6 marzo 1853
IN BIBLIOTECA
SPIGOLATURE
TRAMA
L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
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LA TRAVIATA
Oltre al libretto vi proponiamo alcune letture di approfondimento disponibili presso la Biblioteca del CRAL o reperibili pres so altre
biblioteche:
SULL’OPERA:
SUL COMPOSITORE:
- Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera, 2011, pagg.
513-517
- Giorgio Pestelli, Gli immortali, 2004, pag. 27
- Alain Duault, Verdi. La musica e il dramma, 1995, pagg. 53-54
- Mauro Mariani, Giuseppe Verdi, 1994, pagg. 98-103
- Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, 1991,
pagg. 315-317
- Claudio Casini, Verdi, 1982, pagg. 160-165; 428-429
- Gino Roncaglia, L’ascensione creatrice di Giuseppe Verdi, 1940,
pagg. 209-230
- A. D’Angeli, Giuseppe Verdi, 1924, pagg. 47-49
- Riccardo Muti, Verdi l’italiano. Ovvero, in musica, le
nostre radici, 2012 nuovo acquisto
- Alain Duault, Verdi. La musica e il dramma, 1995
- Mauro Mariani, Giuseppe Verdi, 1994
- Alberto Basso (diretto da), Dizionario enciclopedico
universale della musica e dei musicisti, Le biografie, vol.
VIII, 1988, pagg. 194-209
- Claudio Casini, Verdi, 1982
- Gustavo Marchesi, Verdi, 1974
- René Leibowitz, Conoscete Verdi? in Storia dell’opera,
1966, pagg. 199-233
- Carlo Graziani (a cura di) – Giuseppe Verdi.
Autobiografia dalle lettere, 1941
- Gino Roncaglia, L’ascensione creatrice di Giuseppe Verdi,
1940
- Annibale Alberti (raccolto e annotato da), Verdi intimo
(1861-1886), 1931
- A. D’Angeli, Giuseppe Verdi, 1924
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SULLE FONTI DEL LIBRETTO:
NARRATIVA E DINTORNI:
- Alexandre Dumas (Fils), La Dame aux camélias, 1983
- Leonetta Bentivoglio (interviste di ), Il mio Verdi. Dodici
opere di Verdi raccontate dai più grandi interpreti del
nostro tempo, 2000
- Marcello Conati, Verdi. Interviste e incontri, 2000
- Gaia Servadio, Traviata: vita di Giuseppina Strepponi,
1994
- Alexandre Dumas (Fils), La signora delle camelie, Diverse
edizioni
- Antonino Titone, Giuseppe Verdi: Rigoletto, Il Trovatore, La
Traviata, 2010, pagg. 333-357
http://bct.comperio.it
http://sbam.erasmo.it
- Piero Rattalino, Memoriale di “Pura Siccome”. La storia
di Violetta la traviata raccontata dalla sorella nubile di
Alfredo, 2000
http://bct.comperio.it
NUOVI ACQUISTI
Riccardo Muti, Verdi l’italiano. Ovvero, in musica, le nostre radici
Il maestro Riccardo Muti dedica a Verdi questo libro che è insieme un omaggio appassionato al compositore e un viaggio nelle
sue opere. Ed è anche un tentativo di fargli riconoscere nella storia della musica l'importanza che merita. Se infatti Mozart o
Wagner sono indiscutibilmente considerati giganti nei loro Paesi d'origine e nel mondo intero, da noi Verdi è spesso stato
presentato come il compositore dei motivetti facili e orecchiabili ed è stato in molti casi eseguito senza rispetto filologico, come
se le sue partiture potessero essere modificate e adattate a piacimento. Ma Verdi - argomenta Muti - è un genio assoluto, è il
patriarca della musica italiana e, se pure mette in scena le grandi passioni umane, lo fa sempre nella cornice di una
straordinaria raffinatezza e nobiltà delle espressioni. Nelle pagine di "Verdi, l'italiano", i lettori vengono quindi accompagnati a
scoprire il vero fascino di questo musicista, scandagliando il perfetto accordo tra parole e note che fa di ogni sua opera un
capolavoro di teatro.
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1/9
Il giudizio di Marcel Proust
“«La traviata va all'anima» scrisse Marcel Proust che verosimilmente la sentì in una di quelle cattive interpretazioni così
frequenti in Francia. «Verdi ha dato alla Signora delle camelie lo stile che le mancava.» Non è il giudizio di un tecnico ma ne vale
mille; e mostra una sicurezza nel distinguere fra stilizzazione e stile che vorremmo augurare a molti musicologi di
professione.”(1)
Il personaggio di Violetta
“[…] La traviata non è uno di quei drammi musicali che nascono coi personaggi già inizialmente calati in un moule, in uno
stampo; né tanto meno un'opera scritta per determinati interpreti.[…] Non è secondario, per un autore di teatro, sapere in
partenza di quali strumenti potrà disporre. Componendo La traviata Verdi creava invece figure a lui stesso alquanto
sconosciute. Violetta gli cresceva tra le mani in modo esorbitante, i suoi connotati mutavano di scena in scena. Non si potrà
dimostrarlo ma siamo certi che Violetta, a un certo punto, prese la mano al suo autore.
L’opera era finita e la sua maggior figura presentava ancora aspetti enigmatici. Quale primadonna avrebbe potuto incarnarla?
[…] Non sono pochi i sondaggi da lui compiuti, le informazioni chieste agli amici. Il 22 dicembre del '53 scrivendo da Parigi a un
amico gli chiede informazioni sulla De Rossi che cantava Trovatore a Roma, e gli pone addirittura un questionario: « 1) Ha avuto
successo o no? grande o piccolo? 2) Ha una bella persona in scena? 3) Canta bene? il suo canto è di passione o di agilità?
4) Agisce bene? ha anima o è fredda? che cos'è? 5) Qual è il pezzo che dice meglio nel Trovatore?». Si trattava di trovare
l'interprete per la rivincita veneziana del 6 maggio '54, e poi la scelta cadde sulla Spezia [Maria Spezia-Aldighieri, soprano,
Villafranca di Verona 1828 – Colognola ai Colli 1907, ndr]. Ma si sa che per la Salvini Donatelli, prima interprete, Verdi aveva
scritto alcuni vocalizzi. Violetta esisteva dunque sulla carta: la sua ultima raffigurazione era ancora immersa nell'ombra.” (1)
_____
(1) Eugenio Montale, Il secondo mestiere. Arte, musica, società. (a cura di Giorgio Zampa), Arnoldo Mondadori Editore, 1996
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La prima interprete di Violetta
“ La Fenice aveva scritturato Fanny Salvini Donzelli [sic], un soprano di buona voce ma di scarso temperamento e di
modestissima presenza scenica; Verdi invece aveva in mente per Violetta una cantante «di una figura elegante, giovane e che
canti con passione» e, quando si accorse che il teatro non l'avrebbe accontentato, giocò l'ultima carta: «Non so se la mia
indisposizione mi permetterà di finir l'opera, ed in questa incertezza è inutile che l'impresa scritturi altri artisti». Ma dovette
cedere quando la direzione del teatro gli ricordò severamente i suoi impegni contrattuali.” (1)
Le tre Violette
La “Traviata [è stata] l'opera forse più amata ed eseguita in tutto il mondo pur nella reiterata assenza di una interprete ideale,
destinata a legarsi al nome di Violetta e all'altezza di affrontare una tessitura che impone agilità ed estensione nel colorito
finale del primo atto quanto alternanza di slanci drammatici e di levigate tenerezze negli atti successivi. Di qui la leggenda delle
famose "tre voci" di Violetta […].
Ma tutto ormai era predisposto per I'avvento di quella Violetta che avrebbe smentito le antiche ‘impossibilità’ e avrebbe reso
più tranquillo il riposo eterno di Giuseppe Verdi: Maria Callas. La Callas […] aveva già trionfato in diverse edizioni di Traviata
nelle quali emergevano, però, solo gli splendori della sua voce, le intenzioni dei suoi accenti tragici ma vagamente dispersi nella
convenzionalità di produzioni di ‘routine’: fu la sera del 28 maggio 1955 che, alla Scala, sotto la regia di Visconti, nel clima
memorabile delle scene di Lila De Nobili, con i costumi stupendi di Piero Tosi, avvenne il miracolo. Sotto la bacchetta fedele e
illuminata di Giulini la Callas (per parafrasare Berlioz) nel primo atto seppe giocare con le note come nessun giocoliere con le
sue sfere d'oro e, poi, seppe cantare «la grande musica immortale nel modo in cui i grandi musicisti sognano qualche volta di
sentirla» . E, in un gioco scenico nato in sintonia perfetta con Visconti, seppe sfoggiare ‘le tre voci’ di Violetta: quella della gioia,
quella del dolore, quella della morte.” (2)
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(1) Mauro Mariani, Giuseppe Verdi, Giunti & Lisciani, 1994
(2) Franco Soprano, Le Violette sono tre in Il Romanzo della musica – L’opera – Rossini, Verdi, Wagner, Supplemento al n. 130 de “la
Repubblica” del 3.6.1987
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Violetta dipende dall’ “uomo”
“Tratto caratteristico di Violetta è la dipendenza dall’uomo. Dipende da Alfredo, in quanto ne subisce il fascino amoroso;
dipende da Germont padre, in quanto è soggetta al disprezzo borghese, che costui impersona, verso il demi-monde. […]
La condizione di reietta genera l'insicurezza. Per questo Verdi non creò Violetta con quella personalità decisa che ogni
protagonista di melodramma possiede fin dall'inizio, ma ne ricavò l'immagine dalle sue relazioni con il mondo che la circonda e
con i personaggi che contano, Alfredo e Germont; è l'accurato studio di una personalità che si definisce a contatto con gli altri;
un contatto che si interrompe soltanto nei due monologhi, collocati simmetricamente dopo l'inizio e verso la fine dell'opera,
dove I'antieroina è sola con se stessa.
Sta in questo intrico di relazioni la delicatezza della fisionomia di Violetta, che emerge sempre più fragile ma più definita,
mentre aumenta la violenza nei suoi confronti […]. Tuttavia, la violenza non fa che porre in risalto la fragilità innata di Violetta,
secondo uno stato morale che è anche fisico, e che la conduce a morire di consunzione, così come la ha indotta a subire i ricatti
di Germont e di Alfredo. “ (1)
Una nuova tirannia: l’opinione pubblica.
Ne La Traviata “- pur entrando in completa liquidazione la vecchia tematica patriottica di nazioni oppresse anelanti a libertà - la
tensione drammatica trova modo d'assestarsi sui dislivelli d'altre ingiustizie, sociali questa volta, e sulla critica delle ipocrisie che
proprio il nuovo costume borghese portava con sé. “
E allora ci si domanda “se La traviata sia da intendersi essenzialmente come un poema amoroso o ancora come un' ennesima
battaglia verdiana contro i soprusi dei nuovi potenti - non più principi e duchi come in Luisa Miller, ma i ricchi, la gente bene,
schiava e ministra di quella tirannia spietata ch' è l'opinione pubblica.” (2)
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(1) Claudio Casini, Verdi, Rusconi, 1982
(2) Massimo Mila, I costumi della Traviata, Edizioni Studio Tesi, 1984
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SI’ al libretto, ma NO ai costumi contemporanei.
“Il libretto fu inaspettatamente approvato senza obiezioni dalla censura austriaca, che aveva imparato con Rigoletto che non
era facile piegare Verdi e che non ignorava che proibire un'opera di un autore così popolare in Italia e all'estero sarebbe stata
una mossa controproducente: si accontentò di richiedere il cambiamento del titolo da Amore e morte a La Traviata, che, a dire
il vero, dovrebbe essere molto peggiore del primo agli occhi d'un censore. Invece questa volta l'opera ebbe seri problemi con la
direzione della Fenice, che era spaventata dall'ambientazione contemporanea e volle assolutamente retrodatarla.
Inutilmente Verdi […] fece perorare la sua causa da un suo conoscente veneziano […]. L’opera venne retrodatata al secolo
precedente e Violetta avrebbe continuato a indossare costumi settecenteschi fino al 1884, quando Gemma Bellincioni
[soprano, Monza 1864 – Roccabelvedere/Napoli 1950, ndr], ebbe per prima l'audacia di presentarsi davanti al pubblico in abiti
contemporanei. “ (1)
“Tutto l'intreccio e i meccanismi emotivi della Dame aux camélias presuppongono l'ambiente e la mentalità della borghesia
ottocentesca, dove la reputazione era fondata soprattutto su rapporti di denaro. Nella Francia del settecento, quando le amanti
del re - le Maintenon, le Montespan, le Pompadour e le Lavallière - godevano di rango e potenza superiori a quelli delle regine
legittime, l'idea che una ragazza di buona famiglia non potesse sposare un buon partito per il fatto che suo fratello aveva una
mantenuta di lusso (che poi, tra l'altro, era lei a mantenerlo) non poteva nemmeno essere concepita. […]
Si è perfino tentati di attribuire l'insuccesso della Fenice non già alla supposta anomalia dei costumi contemporanei, ma al
contrario alla perdita di credibilità prodotta dai costumi settecenteschi. Alfredo che canta: «Di quell'amor ch'è palpito» con la
spada al fianco! Purtroppo non è così. Un anno dopo La traviata trionfava al San Benedetto coi medesimi costumi. […]
E i costumi settecenteschi non impedirono alla Traviata di furoreggiare in Italia e altrove durante la seconda metà del secolo,
ad eccezione dell'infortunio napoletano. Ce n'è forse abbastanza per chiedersi quale peso reale abbia la messa in scena di
un'opera, quando questa possegga i requisiti essenziali per vivere nella musica e nel dramma.” (2)
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(1) Mauro Mariani, Giuseppe Verdi, Giunti & Lisciani, 1994
(2) Massimo Mila, I costumi della Traviata, Edizioni Studio Tesi, 1984
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5/9
Recensione della prima della Traviata
“Da ‘La Gazzetta di Venezia’
7 marzo 1853
«La Salvini-Donatelli cantò quei passi di agilità, che molti per lei scrisse il Maestro, con una perizia e perfezione da non dirsi: ella
rapì il teatro, che alla lettera la subissò di applausi. Questo atto ottenne il maggior successo al Maestro; si cominciò a chiamarlo
prima ancora che si alzasse la tela per una soavissima armonia di violini che preludia allo spartito; poi al brindisi, poi al duetto,
poi non so quante altre volte, e solo e con la donna, alla fine dell'atto.
Nel secondo mutò fronte, ahimè! la fortuna. Tre cose nell'arte della musica si domanda: voce, voce, voce. E nel vero, un
Maestro ha un bell'inventare se non ha chi sappia o possa eseguire ciò che egli crea. Al Verdi toccò la sventura di non trovare,
ieri sera, le sopra dette tre cose se non da un lato solo; onde tutti i pezzi che non furono cantati dalla Salvini-Donatelli
andarono, per dirla fuor di figura, a precipizio. Nessuno degli altri cantanti trovavasi in piena sanità e sicurezza di gola,
quantunque ognuno renda giustizia alla rispettabile loro bravura.
Laonde, pur concedendo che la musica fu magnificamente dall'orchestra suonata, a non mettere il piede in sbaglio,
aspetteremo a giudicare il rimanente dell'opera che ella sia meglio cantata.»
Tommaso Locatelli” (1)
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(1) Alain Duault, Verdi. La musica e il dramma, Electa/Gallimard, 1995
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Fiasco della prima della Traviata alla Fenice di Venezia
“L'opera cadde clamorosamente, e Verdi ne riconobbe la caduta con tre laconiche lettere.
La prima a Muzio [Emanuele Muzio, direttore d’orchestra, maestro di canto e compositore, Zibello/Parma 1825 – Parigi 1890,
ndr]: «La traviata, ieri sera, fiasco. La colpa è mia o dei cantanti? ... Il tempo giudicherà ». La seconda a Ricordi [Tito Ricordi,
editore musicale, 1811-1888, ndr]: «Sono dolente doverti dare una triste notizia, ma non posso nasconderti la verità. La
traviata ha fatto fiasco. Non indaghiamo le cause. La storia è così ».
La terza ad Angelo Mariani, un direttore d'orchestra che avrebbe avuto in futuro molta parte nella vita di Verdi: « La traviata ha
fatto un fiascone e peggio, hanno riso ... ».
Nacque alla prima rappresentazione quell'elemento di pericolo che esiste sempre nella Traviata, e che consiste
nell'impossibilità per una cantante troppo florida di interpretare la parte di colei cui la tisi non lascia che poche ore di vita.” (1)
La prova d’appello della “Traviata”: un «successo senza esempio ».
“Nei giorni del soggiorno lagunare Verdi amava intrattenersi nel negozio di musica di Toni Gallo in piazza San Marco con Piave,
con Antonio Somma, futuro librettista di Un ballo in maschera, con Cesare Vigna [psichiatra e musicologo, 1819-1892, ndr] e
con qualche frequentatore della libreria. E sarà la passione di questo gruppo e segnatamente quella del Gallo, violinista ed
impresario del Teatro di San Benedetto, ad imporre la correzione di giudizio sulla Traviata andata in scena la sera del 6 maggio
1854, quattordici mesi dopo il fiasco della Fenice, ed accolta con un «successo senza esempio ». Ma la rappresentazione del San
Benedetto non fu che la prima correzione di un giudizio arricchitosi criticamente in oltre un secolo e che, superata la distinzione
fra il momento morale e quello formale dell'opera, ha posto la Traviata al vertice dei valori musicali verdiani.” (2)
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(1) Claudio Casini, Verdi, Rusconi, 1982
(2) Duilio Courir, La Traviata, in Gioacchino Lanza Tomasi (a cura di), Guida all’opera, Volume secondo, Mondadori, 1971
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7/9
Insuccesso al San Carlo di Napoli
“«Questa povera peccatrice così sfortunata a Venezia!» scriverà a De Sanctis [Cesare De Sanctis, amico napoletano di Verdi,
ndr] «Cercherò bene di metterla all'onore del mondo. A Napoli no, ché i vostri preti ed i vostri frati avrebbero paura di vedere
sulle scene quelle certe cose che essi fanno bene all'oscuro; e che sarebbe ben meglio farle al chiaro del sole in pubblica piazza
ad uso Diogene». E quando, nel '55, la Traviata si prese un'altra smentita proprio a Napoli, Verdi coglie lo spunto per far sapere
a De Sanctis che la colpa dell'insuccesso è ancora da attribuirsi a cause esterne al valore dell'opera. Le prove che egli porta a
difesa della Traviata e i punti di forza individuati con sicura consapevolezza (il cosidetto «realismo» e l'ardita struttura formale)
sono da riprodurre: «La Traviata ha fatto fiasco! Lo sapeva ... Con quella Direzione? Con un pubblico che fa sempre lo
schizzinoso ogni volta le si presenta qualche cosa di diverso? ... Perché sul vostro S. Carlo non si potrà rappresentare
indifferentemente una Regina od una paesana, una donna virtuosa od una p ... ? Perché non un medico che tasta il polso, non
dei balli mascherati ecc. ecc.? Non è degno!! Perché? Se si può morire di veleno o di spada, perché non si può morire di tisi o di
peste!! Tutto ciò non succede forse nella vita comune?... “ (1)
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(1) Gustavo Marchesi, Verdi, UTET, 1974
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8/9
Da un’intervista a Liliana Cavani
“Nel segno di Verdi s'infiamma Liliana Cavani, regista, nell'89, di una fortunatissima Traviata diretta da Riccardo Muti alla Scala,
a più riprese rimontata dal teatro milanese. […]
«[…] Il lavoro d'interpretazione su Verdi consiste soprattutto in un lavoro di chiarimento e svelamento di una prospettiva già
implicitamente esistente nell'opera, senza sovrapposizioni inutili o, peggio, trasposizioni demenziali.
[…] Immagino Verdi per questo lavoro talmente presente al proprio tempo che non mi verrebbe mai in mente di fare, che so,
una Traviata in metropolitana. […] È un discorso che vale soprattutto per le opere che traggono ispirazione dalla cronaca del
tempo, le quali, tra molte altre cose, hanno il pregio di introdurci alla conoscenza dello spirito di un certo momento storico.[…]
Violetta vive al centro dello sviluppo della grande borghesia del denaro e Verdi è un grande raccontatore dell'emergente classe
borghese, proprio come Balzac, la cui lettura mi servì moltissimo per mettere in scena La Traviata: le atmosfere sono le stesse.
[…]
Ho visto versioni della Traviata dove la protagonista cammina su e giù per poi morire in un minuto. lo invece ho preferito non
farla muovere affatto, forse perché lavoro nel cinema, dov' è fondamentale la fissità del primo piano. lo credo, anzi, al primo
piano anche in teatro: se si vuole essere intensi è meglio non muoversi troppo sulla scena. Si può benissimo star fermi quando
la drammaturgia lo richiede.»” (1)
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(1) Leonetta Bentivoglio (interviste di), Il mio Verdi. Dodici opere di Verdi raccontate dai più grandi interpreti del nostro tempo,
Edizioni Socrates, 2000
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9/9
Da un’intervista a Zubin Mehta
Dice di Violetta:
“Magnifica. Realmente esistita, si chiamava Marie Alphonsine Duplessis. Morì a 23 anni. Raffinata e colta, era una lettrice
vorace di Voltaire. Ebbe un affair con Dumas, l'autore de La Dame aux camélias, a cui si ispira La Traviata. Verdi ama Violetta,
musicalmente ce la descrive pura come un fiore. È a lei che regala i momenti migliori. Come Amami Alfredo, il suo addio
all'amore. Quando dirigo questo passaggio la commozione è irresistibile, ogni volta è come se mi spaccasse il cuore. C'è una
sincerità, una devozione al sentimento ... È il punto emozionalmente e musicalmente più alto dell'opera.”
Quello di Violetta “è un ruolo terribilmente complesso, perché sembra scritto non per una, ma per tre cantanti. Nel primo atto
per un soprano di coloratura, nel secondo per un soprano lirico, nel terzo per un soprano drammatico. È difficilissimo trovare
un'interprete che abbia tutte queste qualità. “
Dice di Alfredo:
“Verdi scrive per lui De' miei bollenti spiriti, un' aria eroica, dove si percepisce l'influsso del Trovatore. È un ruolo vocalmente
molto bello, ma Verdi non dà mai ad Alfredo le arie stupende che regala a Violetta.”
Dice di Germont:
“Non è crudele. […] È un padre come tanti, che pensa al benessere della famiglia. È un signore con una figlia da far sposare,
vuole che trovi un buon marito, non gli è gradito che il figlio stia con una donna della reputazione di Violetta. Quanti padri,
anche oggi, penserebbero nello stesso modo? D'altra parte Verdi scrive per Germont una cabaletta borghese, quasi senza
gusto. Il che dimostra che non gli piace troppo il personaggio. Però basta ascoltare l'aria Di Provenza il mar, il suol, per capire
che Verdi non vedeva Germont come un cattivo, ma come un padre qualsiasi, che dice al figlio: pensa a me, al tuo vecchio
genitore.” (1)
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(1) Leonetta Bentivoglio (interviste di), Il mio Verdi. Dodici opere di Verdi raccontate dai più grandi interpreti del nostro tempo,
Edizioni Socrates, 2000
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TRAMA
1/2
Parigi, alla metà dell'Ottocento.
Atto primo.
C'è una gran festa nella casa di Violetta Valéry, una mondana famosa: è un modo per soffocare l'angoscia che la tormenta,
perché ella sa che la sua salute è gravemente minata. Un nobile, Gastone, presenta alla padrona di casa il suo amico Alfredo,
che l'ammira sinceramente. L'attenzione che Violetta dimostra per la nuova conoscenza non sfugge a Duphol, il suo amante
abituale. Mentre Violetta e Alfredo danzano, il giovane le dichiara tutto il suo amore e Violetta gli regala un fiore, una camelia:
rivedrà Alfredo solo quando sarà appassita. Alla fine della festa, Violetta deve ammettere di essersi innamorata per davvero,
per la prima volta.
Atto secondo.
Alfredo e Violetta Valéry hanno abbandonato, insieme, la metropoli e vivono felici in una villa. Quando l'uomo viene a sapere,
attraverso una confessione della cameriera Annina, che Violetta sta vendendo i suoi gioielli perché è rimasta senza denaro, si
precipita a Parigi per procurarsene. L'amica di Violetta, Flora, l'invita a una festa; ma la ragazza non ha voglia di andarvi e
rimane in casa, dove riceve la visita inattesa del padre di Alfredo, Giorgio Germont. Costui l'accusa di condurre suo figlio alla
miseria; ma Violetta contesta le sue affermazioni, gli fa vedere che, al contrario, è stata lei a vendere i suoi preziosi e afferma di
non aver mai chiesto nulla ad Alfredo. Giorgio sembra convinto, ma non rinuncia al suo proposito di separare Alfredo da
Violetta: infatti, quel legame dà scandalo e finché dura egli non potrà far sposare un'altra figlia. La donna deve scegliere, e fa
quello che crede essere il bene del suo innamorato. Abbandona Alfredo, che è colto da gelosia. Violetta riappare a una festa,
accompagnata nuovamente da Duphol; Alfredo è tra gli invitati, ma finge di non vederla. Preoccupata per la reazione di Duphol,
che vorrebbe sfidare a duello il giovane Germont, Violetta lo implora di lasciare la casa; se ne andrà - dice lui - solo se lei lo
seguirà. La ragazza allora gli rivela di aver giurato di non incontrarlo e lascia credere di aver fatto questo giuramento a Duphol,
per non raccontare ad Alfredo il colloquio che ebbe con suo padre, a proposito di sua sorella. Alfredo s'indigna, la tratta da
prostituta. Arriva Giorgio, che lo rimprovera per questo comportamento; ma non gli svela la verità.
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TRAMA
2/2
Atto terzo.
Il male che da tempo mina la salute di Violetta si è molto aggravato. La donna non può più alzarsi dal suo letto. Le giunge una
lettera di Germont: finalmente, ha deciso di spiegare tutto a suo figlio. Alfredo si è commosso e sta arrivando. Violetta è
incredibilmente contenta, ma per lei non c'è più nulla da fare; teme, anzi, di non sopravvivere fino al suo arrivo. Ma, infine,
Alfredo è lì, al suo capezzale; e vi è anche suo padre, profondamente pentito. La tisi uccide Violetta davanti a loro, in un clima di
acuto dolore, addolcito però dalla delicatezza e dalla purezza dei sentimenti.
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da: Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, Arnoldo Mondadori Editore, 1991
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