SOMMARIO Cenerentola vien qua, Cenerentola va’ là ...................................................pag. 3 Gioachino Rossini e la sua epoca .................................................................pag. 4 La Cenerentola di Rossini, presentazione e trama .................................pag. 11 Le mille e una Cenerentola............................................................................pag. 14 Proposte di studio interdisciplinare...........................................................pag. 19 Lo spettacolo. Cenerentola, ovvero Angelina e la magia del cuore Presentazione .............................................................................................pag. 21 Libretto .......................................................................................................pag. 25 Il disco .........................................................................................................pag. 37 Gli spartiti ...................................................................................................pag. 39 Proposte operative Giochiamo con “La Cenerentola”.............................................................pag. 59 Giochi musicali............................................................................................pag. 71 Giochi con la voce ......................................................................................pag. 80 Giochi con la scenografia .........................................................................pag. 83 La caccia al tesoro musicale ...................................................................pag. 91 Il castello di Don Ramiro .........................................................................pag. 93 E infine… a teatro! .....................................................................................pag. 94 1 2 CENERENTOLA VIEN QUA, CENERENTOLA VA’ LÀ… Sapevate che la fiaba di Cenerentola è probabilmente la più diffusa al mondo? La storia della povera e maltrattata fanciulla che, a dispetto delle invidiose sorellastre e della perfida matrigna, si riscatta sposando un bellissimo principe con cui vivrà “felice e contenta”, è presente in tutte le culture del mondo a partire da epoche molto remote: si può cominciare da Yeh-shen, l’antica Cenerentola cinese, o da Tam, la sua gemella vietnamita, per arrivare alla moderna Cinderella disneyana passando attraverso le infinite denominazioni nazionali e regionali del personaggio (conoscete la veneziana Conza-senare o la sarda Chiginera…?). Le versioni più importanti, però, sono quelle raccontate da alcuni specialisti della fiaba, come il francese Charles Perrault, che nel 1697 raccontò la classica Cendrillon, oppure i tedeschi fratelli Grimm, che la ripresero con diverse varianti in Aschenputtel (1812), senza dimenticare il meno conosciuto Giovan Battista Basile che nella raccolta Lo cunto de li cunti del 1634 (sottotitolo: Lo trattenemiento de’ peccerille, scritto nella gustosa lingua napoletana) inserì la sua Zezolla, o La gatta Cenerentola, in cui la protagonista appare un po’ meno angelica del solito. Il nostro personaggio è davvero una star! Come mai? Forse avete imparato che le fiabe hanno un significato simbolico: raccontano infatti in forma Gustave Dorè (1832-1883), La prova della scarpetdivertente e attraverso eventi prodigiosi alcuni ta , illustrazione per la fiaba Cendrillon di Charles dei principali aspetti della vita umana, legati alla Perrault, tratta da Il libro delle fate, Tipografia sfera affettiva o alla crescita fisica e psicologica Editrice Lombarda, 1880. della persona. La nostra Cenerentola, allora, non descrive altro che l’importante svolta che avviene nella ragazza alla fine dell’adolescenza, quando, lasciate le spoglie della sua vita infantile (rappresentate dalla cenere), diventa una donna in grado di sposarsi; per dirla con un’altra fiaba famosa, il Brutto Anatroccolo si trasforma finalmente in un Bel Cigno. Nella fiaba di Cenerentola possiamo riconoscere anche altri simbolismi: – la figura materna sdoppiata in matrigna e fata. Non è forse vero che a volte durante l’adolescenza pare difficile sentirsi compresi dagli adulti? Però, senza il loro aiuto, è impossibile superare le difficoltà. – Le sorellastre: perfino i nostri amici e fratelli ci possono apparire come ingombranti ostacoli alla nostra crescita. – Il principe azzurro: quando si scopre l’amore, tutto appare perfetto, anche il più normale degli esseri umani diventa per noi stupendo, un vero principe! Con una simile diva a disposizione, c’era da aspettarsi che il mondo del teatro, del cinema e del balletto se ne impossessassero volentieri! Una delle principali versioni teatrali della fiaba è sicuramente quella di Gioachino Rossini: La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo, rappresentata la prima volta presso il Teatro Valle di Roma nel gennaio 1817. Prima di parlare dell’opera rossiniana, però, vogliamo sapere qualcosa di più del suo autore. 3 GIOACHINO ROSSINI E LA SUA EPOCA Introduzione storica di Elisabetta Lipeti Il contesto culturale La vita di Gioachino Rossini si svolse in un arco di tempo piuttosto lungo e ricco di radicali trasformazioni nella società e nella cultura italiane ed europee: il grande compositore nacque alla fine del XVIII secolo mentre la Francia rivoluzionaria proclamava con la Repubblica la morte dell’ancien régime, e visse fino al 1868; fu quindi contemporaneo delle guerre napoleoniche, della restaurazione, dell’epopea risorgimentale fino all’unificazione e alla nascita del Regno d’Italia (1861), mentre in Francia in una vorticosa successione di colpi di scena si erano avvicendati un nuovo regime monarchico con conseguente rivoluzione, la Seconda Repubblica e il Secondo Impero. Un periodo di tempo così ampio e movimentato fu ovviamente caratterizzato anche da importanti rivolgimenti culturali: tramontata l’età d’oro dell’Illuminismo e del Razionalismo settecenteschi, si affacciava al panorama europeo il Romanticismo, che si sarebbe sviluppato e avrebbe dato i suoi frutti migliori nella prima parte del secolo XIX, per cominciare ad “appassire” verso metà Ottocento. Bisogna però ricordare che tale processo di trasformazione avvenne in Italia con qualche decennio di ritardo rispetto all’Europa del Nord. I principi ispiratori della corrente culturale e artistica dell’Illuminismo erano: - la fede nella ragione umana, “lume” in grado di guidare l’umanità verso il progresso spirituale e sociale, liberandola dalle tenebre delle ingiustizie e della superstizione; - l’esaltazione degli ideali di libertà, uguaglianza, tolleranza; - il rifiuto del dogmatismo religioso; - l’interesse per la cultura dell’età classica (antica Grecia e antica Roma), come modello nelle arti e nella società. Al contrario il Romanticismo promuoveva: - la negazione della ragione a favore dell’irrazionalità, del sogno, del mistero; - l’esaltazione dell’individuo come soggetto unico dotato di una visione del mondo del tutto personale e, su scala più ampia; - l’unicità di ogni popolo, con le sue tradizioni culturali, rispetto ad ogni altro (nazionalismo); - il recupero del sentimento religioso e la tensione verso l’infinito; - lo studio del Medioevo come modello di libertà formale nelle arti. In realtà la produzione teatrale di Rossini si sviluppò in un periodo molto limitato rispetto all’esteso arco della sua vita: i diciannove anni compresi tra il 1810 e il 1829 videro nascere, in una folgorante carriera, la successione stupefacente dei suoi numerosi e celeberrimi capolavori. Poi, un lungo silenzio durato quasi quarant’anni, interrotto solamente da deliziose pagine vocali e pianistiche e da due mirabili composizioni sacre: quasi un rompicapo per gli storici, che si sono sempre interrogati sui motivi di una decisione all’apparenza tanto contraddittoria, presa da Rossini proprio mentre si trovava incontrastato all’apice della celebrità in tutta Europa. 4 La musica Il Settecento musicale europeo era stato dominato dalla diffusione dell’opera italiana, che furoreggiava in tutte le principali città da Monaco a San Pietroburgo, da Vienna a Londra e Parigi (dove, peraltro, si era discusso non poco tra i sostenitori della tradizione francese e quelli della fazione italiana). Verso la metà del secolo XVIII i compositori, i librettisti, i cantanti, i ballerini (e gli impresari!) italiani erano contesi dai principali teatri internazionali, nei quali un pubblico adorante, formato soprattutto dalla nobiltà, era sempre pronto ad applaudire i suoi beniamini. Spesso si parla di opera o melodramma; ma cos’è esattamente? L’opera lirica o melodramma è un genere teatrale nato a Firenze alla fine del Cinquecento; in esso gli attori si esprimono col recitar cantando, una speciale tecnica artistica che unisce azione (gestualità, movimento) e musica (canto accompagnato). Ma nell’opera c’è molto di più: magnifiche scenografie, splendidi costumi, un testo poetico e talvolta danza. L’unione di tutti questi preziosi ingredienti crea uno spettacolo meraviglioso e davvero emozionante! Scendendo più nel dettaglio, com’è fatta un’opera? Quali sono le parti della sua struttura? Il testo poetico utilizzato nell’opera si chiama libretto; questo è composto da atti, a loro volta suddivisi in scene. La struttura musicale, oltre a seguire l’articolazione in atti e scene, utilizza altri elementi, che cambiano molto a seconda del periodo storico. All’epoca di Rossini sono: – la sinfonia d’opera, un brano solo orchestrale che precede l’apertura del sipario; – l’aria, un brano vocale solistico nel quale solitamente il personaggio esprime uno stato d’animo, un sentimento, un proposito; – il recitativo, parte determinante per il susseguirsi degli avvenimenti, ma in cui il canto è molto semplificato; può essere recitativo secco, quando è sostenuto dal solo clavicembalo, o accompagnato, quando interviene anche l’orchestra; – i pezzi d’assieme (duetto, terzetto, ecc.), o concertati, lunghi brani in cui più personaggi cantano insieme, a volte accompagnati dal coro; le parole non si comprendono perfettamente, ma la bellezza dell’intreccio di voci e il carattere generale del pezzo favoriscono la comprensione; – i cori, nei quali il personaggio collettivo della folla agisce o commenta lo sviluppo della vicenda. Nel Settecento il genere dell’opera si suddivideva in due tipi ben distinti di spettacolo: opera seria e opera comica. Le loro caratteristiche si possono così riassumere: Opera seria – ambientazione nell’antichità classica, talvolta in un oriente immaginario; – linguaggio poetico elevato; – canto tecnicamente difficile o perfino virtuosistico (bel canto); – recitazione poco vivace; – parti principali affidate a evirati o a voci femminili; – lunghi recitativi; – molte arie e pochissime parti d’assieme; – lieto fine. Opera comica – ambientazione contemporanea, quotidiana, borghese o popolare; – linguaggio poetico simile al parlare comune; – canto tecnicamente più semplice; – recitazione vivace; – parti importanti affidate anche a voci gravi; - molte parti d’assieme e concertati; – lieto fine. 5 Tra il Sette e l’Ottocento i compositori cominciarono a mescolare aspetti relativi ai due generi: nell’opera seria vennero inseriti diversi i pezzi d’assieme, mentre la condotta vocale dell’opera comica accantonò le linee semplici a favore di un canto fiorito e spesso molto virtuosistico. Nel frattempo scomparvero quasi del tutto gli evirati; al loro posto le voci tenorili cominciarono a essere sempre più apprezzate. Durante lo stesso periodo nacque in Francia e si diffuse in Italia il nuovo genere ibrido dell’Opera semiseria, basata sulle vicende di una protagonista di carattere delicato o patetico, inserita in un contesto comico. La tradizione strumentale, ormai, era quasi del tutto trascurata dagli autori e dal pubblico italiani, ma ampiamente coltivata nel resto d’Europa; a Vienna, in particolare, tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, fioriva la mirabile stagione denominata Classicismo Viennese. La stupefacente triade Haydn-Mozart-Beethoven creò capolavori sinfonici, concertistici, di musica da camera… che divennero modelli perfetti per tutte le generazioni successive. All’inizio dell’Ottocento il panorama musicale stava dunque rapidamente cambiando: l’opera italiana godeva ancora dell’ammirazione incontrastata del pubblico, ma veniva osservata in modo piuttosto polemico dai colleghi stranieri, che la ritenevano una specie di sottoprodotto artistico, un rudere antiquato rispetto alle innovazioni della grande arte nordica. L’Italia stava diventando fanalino di coda nel mondo musicale europeo? Il Teatro Valle di Roma dove andò in scena per la prima volta La Cenerentola di Rossini. È questa la situazione in cui Rossini cominciò a operare. La vita di Rossini Gioachino Rossini nasce a Pesaro il 29 febbraio 1792 in una famiglia di musicisti poco più che dilettanti: il padre Giuseppe, detto “il Vivazza” per le sue abitudini goderecce, è pubblico “trombetta” (cioè banditore) e suona il corno in piccoli teatri; la madre Anna svolge per qualche tempo la carriera di cantante d’opera. Dopo l’arrivo delle armate napoleoniche a Pesaro, subito seguito dal ritorno del governo pontificio, Giuseppe viene arrestato con l’accusa di nutrire forti simpatie rivoluzionarie, ma la vittoria di Napoleone a Marengo ne causa presto la scarcerazione. Frattanto il piccolo Gioachino, che manifesta eccezionali doti musicali, comincia a frequentare la scuola di musica di Lugo di Romagna e poi il Conservatorio di Bologna, dove impara ad amare i capolavori di Mozart e Haydn, tanto da meritare il soprannome di “tedeschino”. Il ragazzo è dotato di una voce bellissima, ma suona anche il clavicembalo e il violino. Durante una vacanza a Ravenna, Rossini compone sei quartetti per archi da eseguirsi come passatempo assieme a tre giovani amici durante le sere d’estate. Le Sei sonate a quattro, in seguito giudicate molto severamente dallo stesso compositore, sono in realtà pagine piacevolissime in cui ammiriamo la precocità del maestrino; corre l’anno 1804 e Rossini ha solo 12 anni. 6 Ancora adolescente Rossini compone la sua prima opera, Demetrio e Polibio, che sarà rappresentata a Roma nel 1812; il vero esordio teatrale avviene nel 1810, quando il Teatro San Moisé di Venezia allestisce La cambiale di matrimonio, seguita, l’anno dopo, da L’equivoco stravagante (dato a Bologna); ma sarà il 1812 l’anno del “miracolo” e dell’esplosione creativa: sono ben sei le prime rossiniane, tra cui una (La pietra di paragone) al Teatro alla Scala di Milano, decreterà il successo del ventenne compositore. Successo consolidato e affidato per sempre alla Storia grazie alla creazione, nel 1813, dei capolavori Tancredi e L’italiana in Algeri con i quali la fama di Rossini varca i confini italiani e si proietta su scala europea. Nel 1815 un impresario napoletano (Domenico Barbaja) riesce ad accaparrarsi l’astro nascente dei teatri italiani e a portarlo con sé al San Carlo, dove gli verranno assegnate le mansioni di direttore artistico e compositore. Nella bella città mediterranea la regina delle scene è la cantante spagnola Isabella Colbran; tra i due artisti nasce una grande affinità sentimentale e professionale: si sposeranno nel 1822. Frattanto Rossini sfodera una serie di diciannove opere, non tutte per i teatri napoletani, tra le quali brillano titoli immortali appartenenti sia al genere serio che a quello comico: Il barbiere di Siviglia, Otello (1815), La gazza ladra (‘17), Mosè in Egitto (‘18), Maometto II (‘20) e naturalmente la nostra Cenerentola, scritta per il Teatro Valle di Roma tra il dicembre del 1816 e il gennaio successivo. Il 1822 è l’anno del primo viaggio in una grande capitale europea: Vienna! La città musicalmente più importante d’Europa è dominata dalla figura di Ludwig van Beethoven, considerato il più grande Pietro Folo (1790-1867), Ritratto di Gioachino Rossini, incompositore del mondo. Pensiamo allo cisione, s.d. Pesaro, Casa Rossini. stupore e forse anche al dispetto provato dall’autorevole personaggio quando si accorgerà che il pubblico viennese, disertando un po’ i suoi concerti, corre a frotte ad osannare le opere del giovane Rossini…! Soggiogato dal carisma del più anziano collega, il cui brutto carattere è reso ancor più ombroso dalla sordità, Rossini lo va a visitare umilmente e riceve da lui garbati apprezzamenti insieme ad un consiglio: «Fate molta opera buffa!» Rossini se la prenderà un po’ per queste parole, che significano pressappoco: «Fate cosette leggere, e lasciate ad altri le cose serie!» Il giudizio di Beethoven, cortese ma severo, ferisce la suscettibilità di Rossini, che dopo molti anni racconterà l’episodio ad un celebre collega, un altro “gigante” della musica, Richard Wagner. Rossini è ormai al culmine della celebrità; nel 1823 propone al pubblico del Teatro La Fenice di Venezia la monumentale Semiramide, opera di carattere fortemente tragico; sarà l’ultima opera rossiniana scritta per le scene italiane: alla fine dello stesso anno il compositore inizia una tournée a Londra (dove trionfa anche come cantante!) e a Parigi, città in cui decide di stabilirsi nel luglio del ‘24, in veste di direttore del Théâtre Italien. Il soggiorno parigino, interrotto da alcuni viaggi e da periodi trascorsi in Italia, diventerà definitivo nel 1855. Contemporaneamente la produzione teatrale subisce un 7 brusco rallentamento, causato anche dalle instabili condizioni di salute di Rossini. Il suo umore, infatti, oscilla tra momenti di estroversa gioia di vivere (proverbiale, tra l’altro, la sua raffinata passione per il cibo!) e profondi crolli depressivi, acuiti certamente dalle difficoltà familiari che sfociano nella separazione dalla Colbran e nella nuova relazione con Olympe Pélissier, che Rossini sposerà nel 1846. Anche il nuovo ambiente musicale parigino, già pervaso dal clima del Romanticismo, impone all’autore nuovi ritmi creativi e la necessità di adattamento ad un gusto diverso da quello italiano; nascono così la cantata scenica Il viaggio a Reims (‘25), per l’incoronazione di Carlo X, i rifacimenti Le Siège de Corinthe (da Maometto II) e Moïse et Pharaon (da Mosè in Egitto) e infine gli ultimi capolavori, Le Comte Ory (‘28), esilarante e raffinatissima commedia di ambientazione medioevale, e Guillaume Tell (‘29), opera già di gusto romantico, permeata di patriottismo, sensibilità per la natura, passione amorosa. Il moderno clima culturale, però, non fa per lui e, giunto all’apice del successo, il compositore decide di lasciare le scene. Morirà molti anni dopo, nel 1868, e verrà sepolto inizialmente a Parigi; la salma verrà poi trasferita a Firenze, in Santa Croce, nel 1887. Durante i quarant’anni di silenzio teatrale Rossini in realtà non smette di comporre: due mirabili pagine sacre, lo Stabat Mater e la Petite messe solennelle testimoniano la grandezza della sua vena creativa, tutt’altro che esaurita. Su un piano quasi intimo e personale, invece, si trovano le raccolte di arie e duetti da camera Soirées musicales e i brani pianistici detti ironicamente Péchés de vieillesse (Peccati di vecchiaia), una specie di diario musicale ora buffo ora venato di malinconia, scritto da un genio che si sente estraneo alla sua epoca. La musica di Rossini Passato alla storia come autore di opere comiche, Rossini in realtà fu anche eccelso compositore di opere serie, come testimoniano ad esempio Otello, Tancredi, Guillaume Tell… Le generazioni successive considerarono inizialmente la produzione rossiniana come un modello stilistico perfetto, ma ben presto il suo mitico nome, ufficialmente onorato come quello di un dio dell’olimpo musicale (ci fu anche chi lo definì “Giove-Rossini”!), fu poi semplicemente rispettato come si fa con un vecchio nonno dai gusti ormai superati. Nel corso dell’Ottocento la maggior parte delle opere rossiniane scomparve quindi dalla programmazione dei teatri e si dovette attendere il Novecento per giungere ad uno studio accurato della figura del grande compositore e alla cosiddetta “Rossini-renaissance”. Recentemente si sono anche studiati gli aspetti particolari e moderni dei suoi capolavori, aspetti che in parte precorrevano troppo i tempi per poter essere compresi e apprezzati durante il XIX secolo. Un tema ricorrente nelle sue pagine comiche, ad esempio, è la rassegnata ironia sui limiti della ragione umana e sull’incapacità che talvolta tutti noi sperimentiamo nel comprendere le circostanze o perfino noi stessi. Le buffe crisi d’identità dei personaggi rossiniani, come vedrai anche in Cenerentola, ricordano molte analoghe situazioni descritte dalla letteratura e dal teatro del Novecento. Accade anche nel primo atto della Cenerentola, quando, su una musica ondeggiante che esprime stupore, quasi una scena di cinema al rallentatore, i personaggi cantano: «Nel volto estatico di questo e quello si vede il vortice del lor cervello, che ondeggia e dubita e incerto sta». 8 Le principali opere di Rossini Opere serie – Tancredi, libretto di G. Rossi, Venezia, Teatro La Fenice, 1813 – Elisabetta regina d’Inghilterra, libretto di G. Schmidt, Napoli, Teatro San Carlo, 1815 – Otello, ossia il Moro di Venezia, libretto di F. Berio di Salsa, da Shakespeare, Napoli, Teatro del Fondo, 1816 – Mosè in Egitto, libretto di A. L. Tottola, Napoli, Teatro San Carlo, 1818 – La donna del lago, libretto di A. L. Tottola, da W. Scott, Napoli,Teatro San Carlo, 1819 – Maometto II, libretto di C. della Valle, da Voltaire, Napoli, Teatro San Carlo, 1820 – Semiramide, libretto di G. Rossi, da Voltaire, Venezia, Teatro La Fenice, 1823 Opere comiche o semiserie – L’italiana in Algeri, libretto di A. Anelli, Venezia, Teatro San Benedetto, 1813 – Il turco in Italia, libretto di F. Romani, Milano, Teatro alla Scala, 1814 – Il barbiere di Siviglia, libretto di C. Sterbini, da Beaumarchais, Roma, Teatro Argentina, 1816 – La Cenerentola, libretto di A. Ferretti, Roma, Teatro Valle, 1817 – La gazza ladra, libretto di G. Gherardini, Milano, Teatro alla Scala, 1817 Opere francesi – Il viaggio a Reims, cantata scenica, libretto di L. Balocchi, Parigi, Théâtre des Italiens, 1825 – Le Siège de Corinthe (da Maometto II), libretto di L. Balocchi e A. Soumet, Parigi, Opéra, 1826 – Moïse et Pharaon (da Mosè in Egitto), libretto di E. de Jouy e L. Balocchi, Parigi, Opéra, 1827 – Le Comte Ory, libretto di E. Scribe e M. Delestre Poirson, Parigi, Opéra, 1828 – Guillaume Tell, libretto di E. de Jouy e H. Bis, Parigi, Opéra, 1829 Altre composizioni – Soirées musicales, per voce e pianoforte, 1830-35 – Péchés de vieillesse, 14 fascicoli, per diversi organici – Stabat Mater, per voci e orchestra, 1841 – Petite messe solennelle, per dodici voci, due pianoforti e armonium, 1863 Piccola antologia di ascolti rossiniani – da Tancredi, «Di tanti palpiti» (Tancredi), atto I – da Mosè in Egitto, «Dal Tuo stellato soglio», preghiera di Mosè (Anaide, Maria, Elisero, Mosè e Coro), atto IV – da Semiramide, «Serbami ognor sì fido» (Semiramide e Arsace), atto I – da L’italiana in Algeri, «Nella testa ho un campanel», finale atto I – da Il barbiere di Siviglia, «Largo al factotum» (Figaro), «Una voce poco fa» (Rosina), atto I – da La gazza ladra, sinfonia – da Guillaume Tell, ouverture inoltre: – Franz Liszt, Canzone (da Canzone del gondoliere, Otello), per pianoforte; da Années de pèlerinage, Venezia e Napoli – Ottorino Respighi, La bottega fantastica, balletto; da Péchés de vieillesse 9 10 LA CENERENTOLA DI ROSSINI Presentazione Sera dell’antivigilia di Natale del 1816: il Teatro Valle di Roma ha commissionato a Rossini una nuova opera comica per il Carnevale imminente; il tempo stringe, ma ancora l’opera non c’è, anzi, non è stato nemmeno deciso l’argomento! In compagnia dell’amico Jacopo Ferretti, librettista, il compositore esamina e scarta una miriade di soggetti: troppo lunghi, troppo noiosi, troppo costosi… Sfiduciato e mezzo addormentato Ferretti suggerisce infine sbadigliando: «Cendrillon…?». Rossini, che si è sdraiato nel letto per concentrarsi meglio (!), subito si rizza a sedere, accetta entusiasta e ordina al povero librettista una traccia completa dell’intreccio per l’indomani mattina. L’opera andrà in scena il 25 gennaio 1817 e sarà inizialmente un mezzo fiasco; nel corso delle repliche successive, però, il giudizio unanime diventerà sempre più lusinghiero e La Cenerentola potrà essere consegnata alla fama inossidabile che le spetta. Il soggetto, ovviamente, è quello celeberrimo; Rossini, però, non trovandosi a suo agio in mezzo a magie e prodigi vari, ne vuole fare una storia edificante, basata sulle doti morali della protagonista piuttosto che sull’incantevole scenografia di zucche trasformate in carrozze, topolini che diventano cavalli, scarpette di cristallo, cenci laceri mutati in vestiti d’oro e d’argento. Scompare quindi la fata e al suo posto compare il filosofo e maestro Alidoro; eliminata d’altronde anche la matrigna in favore di un patrigno, Don Magnifico, altrettanto malvagio benché ridicolo e goffo. Restano le sorellastre e naturalmente il meraviglioso principe, aiutato però dal cameriere Dandini, che è il vero buffo della situazione. Anonimo, Ritratto di Jacopo Ferretti. Inutile dire che musicalmente l’opera è splendida, divertente, frizzante; l’Autore caratterizza ogni personaggio grazie ad uno stile di canto tutto suo: bisbetiche e petulanti le sorellastre, rozzo e stupido Don Magnifico, nei suoi tentativi di indossare i panni del nobile d’alto lignaggio; solenne e degno di rispetto il maestro Alidoro, gentile e veramente nobile il principe Don Ramiro, comicissimo e simpatico Dandini, cui è concesso per un giorno di indossare i panni del principe e di poter toccare con mano le debolezze e le bassezze umane della cosiddetta alta società. Ma la stella di prima grandezza è lei, Cenerentola, il cui animo regale è presente sin dall’inizio e brilla lucente anche sotto la cenere del camino; paragoniamo la sua sognante cantilena iniziale «Una volta c’era un re», talmente semplice da poter essere facilmente fischiettata, con il “pirotecnico” finale «Non più mesta accanto al fuoco»: non si tratta di trasformazione del canto, ma piuttosto di liberazione e innalzamento verso il massimo virtuosismo. Virtù canora e virtù morale allora coincidono: davvero possiamo festeggiare la «bontà in trionfo»! 11 La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo Melodramma giocoso in due atti Libretto di Jacopo Ferretti Musica di Gioachino Rossini Prima rappresentazione: Roma, Teatro Valle, 25 gennaio 1817 Personaggi Angelina, sotto nome di Cenerentola, figliastra di Don Magnifico (Contralto) Don Magnifico, barone di Montefiascone (Basso) Clorinda, figlia di Don Magnifico (Soprano) Tisbe, figlia di Don Magnifico (Mezzosoprano) Don Ramiro, principe di Salerno (Tenore) Dandini, suo cameriere (Basso) Alidoro, filosofo, maestro di Don Ramiro (Basso) I cortigiani del Principe (Coro) Trama Atto I «Una volta c’era un re, che a star solo s’annoiò»… La povera Angelina-Cenerentola, figliastra del barone Don Magnifico e costretta ai lavori più umili, si consola cantando e sognando a occhi aperti, come tutte le ragazze della sua età. Incurante delle due perfide sorellastre, Cenerentola continua: «Cerca, cerca, ritrovò, ma il volean sposar in tre. Cosa fa? Sprezza il fasto e la beltà e alla fin sceglie per sé l’innocenza e la bontà. La la la… li li li». Lei non lo sa ancora, ma più che una bella fiaba la sua è una profezia o forse un programma di vita. I litigi quotidiani vengono interrotti dall’arrivo di un mendicante che viene immediatamente maltrattato da Clorinda e Tisbe, mentre Angelina gli porge amorevole soccorso. In realtà si tratta del filosofo Alidoro, in cerca di una sposa virtuosa per il suo allievo, il principe Don Ramiro. Poco dopo un gruppo di cavalieri giunge ad annunciare l’arrivo del principe, che verrà ad invitare ad un gran ballo tutti i nobili del paese; le sorellastre non stanno più nella pelle e corrono a prepararsi. La scena resta vuota; giunge Don Ramiro, travestito da scudiero per poter osservare da vicino le ragazze, visto che Alidoro lo ha avvisato che in quel del libretto della prima rappresentazione palazzo decrepito è presente una fanciulla Frontespizio assoluta della Cenerentola di Gioachino Rossini al Teatro buona e bella. Casualmente si imbatte in Valle di Roma il 25 gennaio 1817. 12 Cenerentola e tra i due scocca il colpo di fulmine: «Un soave non so che in quegli occhi scintillò… Io vorrei saper perché il mio cor mi palpitò…». L’incanto è rotto dal pomposo arrivo del servo Dandini, nelle vesti del principe, subito circuito dalle discutibili grazie delle due bisbetiche. Mentre il gruppo fa per avviarsi alla festa Cenerentola implora il patrigno di poter partecipare, ma implacabile e malvagio Don Magnifico la umilia e la respinge. La piangente fanciulla viene consolata da Alidoro in persona: il ballo la aspetta, un vestito e una carrozza sono pronti per lei. A palazzo c’è un gran fermento: le sorellastre si danno da fare per sedurre il “principe” (in realtà Dandini), disprezzando il suo scudiero. Annunciata dai cortigiani entra una meravigliosa dama velata, stranamente somigliante a Cenerentola; Don Ramiro ne è incantato, ma lei ammonisce: «M’offra chi mi vuol sposa rispetto, amor, bontà». Atto II L’arrivo della bellissima e misteriosa dama preoccupa molto Clorinda e Tisbe, ma non Don Magnifico, certo che una delle due figlie riuscirà a diventare principessa. Nel frattempo la Sconosciuta confessa al finto principe di amare in realtà il suo scudiero; Ramiro sente tutto, le chiede di sposarlo, ma lei vuole che prima lui scopra la sua vera identità: gli lascia allora un braccialetto, identico ad un altro da lei indossato, poi svanisce. Si avvicina intanto il momento della verità per Don Magnifico: Dandini, sollecitato a fare la sua scelta, gli rivela con feroce derisione di non essere il principe, ma un suo cameriere; a nulla valgono le lamentele del tronfio barone, che assieme alle figlie torna a casa affranto e molto, molto arrabbiato. La notte stessa, durante un temporale, la carrozza di Don Ramiro si guasta proprio davanti al palazzo di Don Magnifico (ma in realtà è Alidoro ad architettare l’incidente). Tutti finalmente si riconoscono nei propri panni: è lo sbigottimento generale («Che sarà!… Questo è un nodo avviluppato…»), tra l’esta- Gino Carlo Sensani, bozzetto per il secondo atto de La Cenerentola di si amorosa dei due giovani e la di- Rossini per il Teatro alla Scala di Milano, Stagione 1946-47. sperazione dei tre “cattivi”. Il giorno delle nozze, nella sala del trono, la corte omaggia la giovane principessa; regale nell’aspetto e nell’animo, Angelina esprime immensa magnanimità: perdona il patrigno e le sorellastre e inneggia alla felicità ottenuta grazie al trionfo della bontà. 13 LE MILLE E UNA CENERENTOLA A cura di Luciana Pasino e Pompeo Vagliani - Fondazione Tancredi di Barolo La popolarità Cenerentola è probabilmente la più popolare di tutte le fiabe. La si trova in raccolte provenienti da ogni parte d’Europa, in Asia, in nord Africa, in Australia, nell’America del nord e del sud. Uno sguardo sommario alle indagini di cui è stata oggetto ce ne rivela oltre settecento versioni, che aumentano ancora se comprendiamo sotto questo titolo le fiabe affini di Pelle d’asino e Bene come il sale, che nel loro insieme costituiscono un vero e proprio “Ciclo di Cenerentola o della fanciulla perseguitata”, e se teniamo conto delle versioni al maschile, quelle che hanno per protagonista un Cenerentolo o un Ceneraccio disprezzato dal padre e dai fratelli maggiori e uso trascorrere le sue giornate tra le ceneri del focolare (almeno tre nella sola raccolta norvegese di Peter Asbjørnsen). Oltre che la più raccontata, Cenerentola sembra essere anche la più studiata e riscritta delle novelline popolari. A farne oggetto di studio sono stati, fin dall’Ottocento, etnologi e indologi, psicanalisti e sociologi, semiologi e naturalmente folcloristi, o meglio folcloriste perché i maggiori studiosi di Cenerentola – l’inglese Marian Roalfe Cox e la svedese Anna Birgitta Rooth – sono guarda caso donne. A rileggerla e a riscriverla ci hanno pensato il teatro, il cinema e la letteratura, un numero di volte pressoché infinito (in un solo anno, molto vicino a quello della Cenerentola rossiniana, un catalogo francese delle composizioni teatrali più o meno integralmente ispirate al racconto ne registra ben dodici!). Ma è nell’ambito della letteratura per l’infanzia che la fiaba è diventata un mito, consacrato dal cartone disneyano, che ha esercitato e continua ad esercitare il suo fascino su generazioni di giovani lettori. Un fascino a livello conscio, perché parla di desideri che si avverano, di umili che vengono esaltati, di virtù ricompensata e di malvagità punita, ma anche un fascino a livello inconscio perché, come ci ha insegnato Bettelheim, questa fiaba rappresenta tensioni legate ai rapporti familiari e risveglia nel bambino le emozioni connesse con il senso di colpa edipico e con i sentimenti di rivalità fraterna ma nello stesso tempo lo aiuta ad accettarli come un fatto abbastanza comune e quindi a vincerli e a superarli. Una trama con tante varianti Nella quasi totalità dei casi, la Cenerentola proposta al pubblico infantile adotta, oppure adatta, una delle due versioni classiche della fiaba (Perrault, Grimm) che valorizzano motivi della trama diversamente presenti nella tradizione orale e scritta. 14 La situazione base è quella dell’orfana perseguitata. Cenerentola, figlia di un nobile o di un mercante rimasto vedovo, è maltrattata dalla matrigna e dalle sorellastre che la costringono ai lavori più umili, come lascia intendere il suo nome, spesso collegato con la cenere per indicare la bassa condizione in cui è tenuta nella casa paterna: Culincenere, Cendrillon, Aschenputtel, Aschenbroedel, Cinderella, ma anche Conza-sénare a Venezia, Scindrin-Scindrun a Milano, Cenerognola nel Casentino, Cenerientola a Roma, Chiginera in Sardegna e così via. L’orfanella riceve un aiuto soprannaturale dalla madre morta o da qualche magico intermediario, un albero (dattero, nocciolo) piantato sulla tomba della madre, un animale protettore (pesce, serpe, uccello), una vecchina oppure una fatamadrina, che magicamente le forniscono splendidi abiti, calzature e talvolta carrozza per partecipare in incognito a una festa, un banchetto o un ballo. Qui incontra il futuro sposo, principe, reuccio o figlio di re, che si innamora di lei a prima vista o per oggetto interposto. La fanciulla sfugge ripetutamente finché, nonostante gli imbrogli delle sorellastre che in qualche caso non esitano a mutilarsi i piedi per calzare la scarpetta, viene riconosciuta grazie a un oggetto (scarpetta perduta, anello) e convola a nozze principesche con o senza punizione esemplare dei persecutori. Pur presentandosi con le varianti di motivi cui abbiamo accennato, l’intreccio, classificato nel fondamentale indice di Stith Thompson come tipo 510A, ricalca lo schema individuato da Propp nelle fiabe di magia: è facile riconoscervi il danneggiamento o mancanza iniziale (la morte della madre); il divieto (la proibizione alla figliastra di partecipare al ballo del principe); la fornitura degli strumenti magici (vestito e scarpette); il superamento del divieto; l’arrivo in incognito alla festa; le pretese infondate avanzate dal falso eroe (i tentativi delle sorellastre di sostituirsi a lei); il riconoscimento dell’eroina, l’unica fanciulla che riesce a calzare la scarpetta; lo smascheramento delle antagoniste e le nozze conclusive. Un po’ di storia e un po’ di preistoria Da dove viene la novellina della Cenerentola? Probabilmente da molto lontano, tanto che, come per ogni intreccio fiabesco, il residuo di miti e riti e il continuo andirivieni tra oralità e scrittura, tra racconto popolare che diventa documento letterario e versione letteraria che ritorna nella corrente della tradizione orale, rendono difficilissimo se non impossibile ricostruirne la storia. Una teoria affascinante, che ha sedotto molti studiosi a partire dai seguaci della scuola mitologica, la suppone derivata da un mito solare dove la fanciulla è figura dell’aurora, la cenere il suo travestimento notturno, i tre abiti immagini del suo potere luminoso e il principe metafora dell’astro nascente che si leva e si fonde con lei. Altre ipotesi vengono dalle Radici storiche dei racconti di fate di Propp, testo cardine degli studi novecenteschi sulla fiaba, dove sono rintracciabili connessioni tra l’aiutante magico dell’orfana e alcuni riti tribali del “ciclo dell’oltretomba”; o da un più recente saggio sulla decifrazione del Sabba stregonesco dove, proprio nell’analisi della fiaba in questione, si rileva l’affinità profonda che lega tra loro miti e riti provenienti dai contesti più disparati, dalla zoppia di Edipo alla scarpetta della nostra eroina. Quanto alla storia scritta, la prima versione della Cenerentola sarebbe secondo alcuni una leggenda egizia, riferita in età augustea dal geografo greco Strabone (Geografia, XVII, I, 33) e narrata due secoli dopo dal retore romano Eliano in una delle sue Storie varie (XIII, 33), dove una scarpetta accidentalmente perduta diventa oggetto di innamoramento a distanza. Vi si racconta infatti come durante il bagno un’aquila rubi alla cortigiana Rodopi il suo sandalo e lo porti al faraone il quale, immaginando la bellezza della donna dalle armoniose proporzioni del piede, si innamora di lei, la fa ricercare e la sposa. 15 Ma la più antica versione scritta fino ad oggi conosciuta viene dall’Oriente e risale al IX secolo d.C. A riportarla fu un dotto funzionario cinese, Tuang Ch’eng-Shih, che l’aveva ascoltata da uno dei suoi servi. In questa antichissima storia, dove non è difficile intravedere un legame tra la piccolezza del piede su cui si impernia l’intreccio della fiaba e l’antica consuetudine delle classi elevate cinese di fasciare strettamente dall’infanzia i piedi femminili per impedirne la crescita, compaiono i più noti ingredienti della fiaba: matrigna e sorellastra, protettore sovrannaturale, vesti ottenute per magia, festa lasciata in anticipo e scarpetta perduta. Racconta infatti come la povera Sheh-Hsien, che non si chiama ancora Cenerentola ma è già orfana e perseguitata, dalle lische di un pesce miracoloso uccisole a tradimento dalla matrigna ottenga un paio di scarpe d’oro e un abito per recarsi alla festa della grotta ma, affrettandosi sulla via del ritorno, perda una delle calzature. La scarpetta viene in possesso del re di un’isola vicina che, affascinato dalla sua dimensione («era più corta di un pollice») ne fa ricercare ovunque la proprietaria, la trova e la proclama sua consorte. In Occidente, la prima Cenerentola a stampa sembra essere la novella di Pernette, contenuta in una raccolta francese del XVI secolo (Bonaventure Des Perriers, Contes ou Nouvelles Récréations et Joyeux Devis, CXXIX), dove si narra l’avventura a lieto fine di una fanciulla maltrattata dalla madre e dalle sorelle che, non volendo consentire alle sue nozze, la sottopongono a una serie di prove umilianti tra cui indossare una pelle d’asino e raccogliere con la lingua uno staio di grani d’orzo disseminati per terra. Certamente più nota è però la novella napoletana di Giovan Battista Basile La gatta Cenerentola (Pentamerone, 1636, I, 6) dove finalmente la protagonista, di nome Zezolla, riceve il soprannome di Cenerentola, perché costretta a vivere in cucina tra le ceneri del focolare. Qui si racconta come la figlia di un principe rimasto vedovo sia odiata dalla malvagia matrigna e se ne lamenti con l’istitutrice, affermando che avrebbe preferito lei come sposa del padre. La storia è un po’ anomala per la duplicazione dei persecutori, sei sorellastre e due matrigne, e soprattutto per il comportamento della protagonista, che su istigazione della seconda matrigna ammazza la prima spezzandole il collo con il coperchio di una cassapanca. E tuttavia ricalca la traccia ben nota: degradazione e persecuzione dell’orfanella, aiuto sovrannaturale, dono degli abiti e delle pianelle, partecipazione alla festa, fuga, riconoscimento e nozze. Cendrillon o Aschenputtel? Ma la Cenerentola destinata ad eclissare tutte le altre e a diventare, complice Walt Disney, la versione privilegiata per l’infanzia è senza dubbio la Cendrillon di Charles Perrault (1697). Perrault depura la fiaba dai particolari truculenti e crudeli presenti sia in Basile (uccisione della prima matrigna) sia nella tradizione orale (amputazione dei piedi per la prova della scarpetta o accecamento delle sorellastre per punizione ) e inventa nuovi particolari, che ci sono diventati così familiari da sembrare inscindibili dalla fiaba: la madrina fatata, la zucca trasformata in cocchio, il ritorno a casa allo scoccare della mezzanotte, la scarpina di vetro, il perdono finale. E invece alcuni di essi, come la raffinata e brillante calzatura di vetro, sono sconosciuti al di fuori della versione di Perrault e di quelle da essa derivate, tanto che per giustificarla si è addirittura pensato ad un errore accidentale degli stampatori, che per ragioni di omofonia avrebbero confuso la parole verre (vetro) con vair (pelliccia), piuttosto che all’intenzione del letterato di assecondare il gusto della corte dove andavano di moda i vetri soffiati veneziani. Deliberata invenzione o confusione linguistica, la scarpetta di vetro, nonostante la sua fragilità, è sopravvissuta con successo alle rielaborazioni successive; destino contrario è toccato invece alle due 16 “morali” in versi che concludevano la fiaba nell’edizione originale, progressivamente ridotte, modificate o scomparse: la prima inneggiava alla grazia femminile che vince sulla bellezza, la seconda, più maliziosamente, all’aiuto di padrini e madrine che vince ogni talento. Il secondo posto nella hit parade delle Cenerentole spetta ad Aschenputtel, trascrizione ottocentesca dei fratelli Grimm (Kinder und Hausmärchen, 1812, I, 21), dove compaiono alcuni particolari assenti in Perrault ma presenti nella tradizione orale, e dove la fiaba trova la sua versione più complessa e completa e forse per questo più arcaica e “barbarica”. Nell’introduzione assistiamo per la prima volta alla morte della madre, che promette protezione dal cielo, e alle frequenti visite della tomba da parte dell’orfanella. Seguono le nozze del padre, la degradazione della povera figliastra, i dispetti delle sorellastre e, particolare importante, la richiesta al padre di un ramo in dono. Piantato sulla tomba della madre, il ramo diventa una pianta e sui suoi rami si posa un uccellino che getta a Cenerentola qualunque cosa lei chieda. Così, quando il re invita tutte le ragazze del paese a una festa di tre giorni e la matrigna accorda il suo permesso alla figliastra solo patto che superi una prova, prima verranno ad aiutarla due colombe bianche, poi dai rami dell’albero cadrà ogni sera un sontuoso abito completo di scarpette. Le prime due sere la bella sconosciuta, di cui il principe subito si innamora, riesce a fuggire senza lasciare traccia ma la terza volta perde la sua scarpetta tutta d’oro. Per diventare regine le sorellastre non esitano a mutilarsi i piedi con un coltello ma l’intervento delle colombe che rivelano al principe la presenza di sangue nelle loro scarpe porta allo smascheramento delle antagoniste e al riconoscimento dell’eroina. La fiaba si conclude con le nozze e con la punizione esemplare dei colpevoli eseguita dalle colombe protettrici che, impietosamente e con teutonica sistematicità, accecano le due perfide sorelle: «mentre gli sposi andavano in chiesa, la maggiore era a destra e la minore a sinistra di Cenerentola; e le colombe cavarono un occhio a ciascuna. Poi all’uscita, la maggiore era a sinistra, la minore a destra; e le colombe cavarono a ciascuna l’altro occhio». Il successo iconografico nell’editoria per l’infanzia La diffusione della fiaba, in particolare nell’ambito dell’editoria per l’infanzia a partire dall’Ottocento, porta con sé la rigogliosa fioritura di un ricco e variegato repertorio iconografico, emblematico non solo per la lettura visiva dei motivi dominanti della storia, ma anche come pretesto per esprimere mutamenti stilistici e di gusto. Dopo una fase di affermazione nell’editoria popolare (incisioni e silografie anonime, Imagerie d’Épinal), a illustrare la fiaba in tutto il mondo si accostano artisti di primo piano, dall’ inglese Arthur Rackham, al francese Gustave Doré. 17 In Italia, la versione perraultiana si affaccia iconograficamente nella seconda metà dell’Ottocento, proprio attraverso le immagini di Doré, nel celeberrimo I racconti delle Fate che privilegia scene di ambiente, di costume, con divertenti toni di umorismo, mentre nella originale e personalissima riscrittura di Collodi uscita a Firenze nel 1876, la fiaba non è illustrata. Le versioni di matrice tedesca penetrano in Italia nelle numerose riedizioni di fiabe dei fratelli Grimm di fine Ottocento che ripropongono in squillanti cromolitografie i tipi, i motivi e le varianti tematiche specifiche: la presenza degli uccellini “aiutanti”, la tomba della madre, ecc. Nel periodo Liberty e Deco il contesto iconografico prevalente è un Settecento rivisitato da un raffinato decorativismo mentre negli anni ‘40 si diffonde una pletora di immagini non sempre di qualità, fino all’episodio disneyano del 1950 che condizionerà le successive interpretazioni. Contemporaneamente le scene clou della fiaba (il camino, le sorellastre e la matrigna, la fata madrina, la carrozza e le trasformazioni, il ballo, la perdita della scarpina, la prova, il trionfo finale) si diffondono nell’ambito dei libri animati e dei libri gioco, nei teatrini di carta, in figurine, cartoline e calendarietti, contribuendo ad affermare il mito. Una fiaba multiculturale La varietà di lingue in cui è raccontata, dall’idioma degli appalachi allo zulu, e di paesi in cui è ambientata, dalla Bosnia all’Iraq al Vietnam, fanno di Cenerentola una fiaba naturalmente multiculturale. In una scuola con allievi stranieri in continuo incremento, fiabe come Cenerentola possono diventare uno strumento prezioso per scoprire analogie e differenze tra universi fiabeschi lontani, conoscere culture differenti e attraversare il tempo dal passato al presente, cogliendo indizi che da spazi e tempi lontani ci riportino alla nostra attuale società multietnica. Esperienze e proposte non mancano. In un prezioso volumetto curato dal referente del MIUR sui temi dell’intercultura, è citata ad esempio una ricerca su alcune versioni della fiaba condotta in un corso di formazione multiculturale per insegnanti, a partire da una variante portata a scuola da una bambina macedone. E a scaffali multiculturali delle biblioteche per ragazzi e scolastiche è destinata la più antica delle cenerentole in un libro bilingue, italiano e cinese, edito nel 2003 a cura di Yang Xiaping, una mediatrice culturale di grande competenza. Suggerimenti e supporti vengono anche dalla rete: sul tema Cinderella, la American Library Association fornisce un corposo elenco di edizioni illustrate in numerose lingue; la Maryland Technology Academy propone Cinderella: a mirror of a culture, attività didattiche in chiave multiculturale rivolte soprattutto ad allievi di scuola media superiore; l’Università canadese di Calgary insieme con la Children’s Literature Web Guide offre dettagliate informazioni bibliografiche relative a risorse internet, saggi, articoli, varianti in lingue diverse e raccolte di fiabe popolari in cui la fiaba compare; l’University of Southern Mississippi presenta infine The Cinderella Projet, un archivio di trascrizioni e immagini cui ha lavorato un gruppo di studenti del corso di Bibliografia e Metodi di Ricerca. Insomma spunti e materiali non mancano. Dunque buona Cenerentola e buon lavoro! 18 PROPOSTE DI STUDIO INTERDISCIPLINARE Parte generale – Cos’è e come si allestisce un’opera lirica – Breve storia dell’opera Il contesto storico-culturale – Italia ed Europa tra Sette e Ottocento: la Rivoluzione Francese, L’epopea napoleonica, il Congresso di Vienna, la Restaurazione – Classicismo e Romanticismo La fonte letteraria – Charles Perrault, Contes de ma mère l’Oye, 1697 – Il genere letterario della fiaba Il compositore – Gioachino Rossini (1792 – 1868) e il melodramma italiano dell’Ottocento Il librettista – Jacopo Ferretti ( 1784 –1852) L’opera – – – – – – – L’intreccio La struttura del libretto, il lessico La struttura musicale: sinfonia, atti, recitativi, arie, pezzi d’assieme Il sistema dei personaggi e la loro connotazione musicale Stili musicali a confronto: stile popolare, buffo, serio Travestimenti drammaturgici e musicali L’orchestrazione Per approfondire – – – – – Una, mille Cenerentola nella tradizione popolare, nella fiaba, nel teatro, nel cinema Incontro di generi e stili: fiaba, farsa, commedia sentimentale, comicità surreale Immagini femminili a confronto nel teatro, in letteratura, nel cinema L’arte e la censura www.rossinioperafestival.it - www.fondazionerossini.org - www.operaitaliana.com Rielaborare il testo – – – – Lettura drammatizzata Intervista impossibile ai personaggi e agli autori Ricerca iconografica Dizionario dell’opera 19 20 LA CENERENTOLA, OVVERO ANGELINA E LA MAGIA DEL CUORE a cura di Roberta Cortese Presentazione C’era una volta una ragazza di nome Angelina, nata figlia di baroni. Sua madre era rimasta vedova e si era risposata con tale Don Magnifico, da cui aveva avuto altre due figlie, Clorinda e Tisbe; era poi morta però anche lei, lasciando così Angelina sola col patrigno e le sorellastre, che la trattavano come una serva. Un bel giorno bussano alla porta di Don Magnifico tre mendicanti in cerca carità: Clorinda e Tisbe vogliono cacciarli via, ma Angelina riesce a dar loro di nascosto un po’ di colazione. Dalla strada intanto i cavalieri annunciano un ballo a palazzo: il Principe Ramiro sceglierà la sua sposa. Clorinda e Tisbe a furia di strilli svegliano Don Magnifico, interrompendo un suo sogno strampalato; Don Magnifico infine raccomanda alle figlie di fare di tutto per conquistare il principe e queste corrono a prepararsi. Ed ecco che arriva Ramiro in persona, che ha scambiato i suoi abiti con quelli del suo cameriere Dandini per osservare più da vicino la situazione: i suoi tre saggi maestri, Alfonso, Donato e Rodolfo, gli hanno infatti rivelato che in quella casa c’è una virtù nascosta. Manco a dirlo si scontra subito con Angelina... ed è amore a prima vista! Intanto arrivano i cavalieri ad annunciare l’arrivo del principe (Dandini travestito), che invita le ragazze al ballo. Angelina supplica Don Magnifico di lasciare andare anche lei, ma lui rifiuta decisamente, quando sopraggiungono i tre maestri di Ramiro miro a chiedere della terza figlia di Don Magnifico; o; nella confusione generale, i tre (che hanno riconosciuto conosciuto la sua bontà travestiti da mendicanti) ti) conducono via Angelina promettendole aiuto per andare al ballo. Nel palazzo di Ramiro, mentre Clorinda rinda e Tisbe trattano in malo modo Ramiro credendo dendo che sia solo uno scudiero, fa la sua comparsa a una bellezza sconosciuta: tutti restano sbalorditi diti nel notare la somiglianza con Angelina. Anche e Dandini ne è affascinato, ma Angelina rifiuta le e sue offerte e gli confessa di essere innamorata rata del suo scudiero. Ramiro allora dichiara a sua volta il proprio amore, ma Angelina fugge e lasciandogli in pegno uno dei suoi due braccialetti, ccialetti, con l’invito a cercarla. Ramiro e Dandini ni riprendono i propri ruoli: Ramiro raduna i suoi per partire in cerca della sconosciuta, mentre a Dandini tocca rivelare tutto a Don Magnifico e cacciarlo via dal palazzo. renTornati tutti a casa, Angelina riprende i suoi lavori, quando bussa alla porta proprio Ramiro, in cerca di aiuto perché gli si è rove- 21 sciata la carrozza: riconosce Angelina e le chiede di sposarlo. Le sorellastre e Don Magnifico ridono della sorella, facendo arrabbiare il principe, ma Angelina richiama tutti alla pace: questo giorno per lei è talmente felice che non vuole lasciarselo rovinare da rancori, ma condividerlo con quella che considera comunque la sua famiglia. Di fronte a tanto cuore perfino Clorinda, Tisbe e Don Magnifico sono costretti a cede cedere, lasciandosi trascinare in un unico grande ab abbraccio finale. Quella di Cenerentola è tra le favole più coCene nosciute della tradizione popolare, fa parte senz’altro dei ricordi infantili di tutti e, inutile negarlo, non per ultimo grazie al ne cartone animato di Walt Disney. La favola ani che conosciamo noi, in realtà, è però solconosc tanto la più diffusa delle tante versioni della storia e deriva dalla Cendrillon st scritta da Charles Perrault nel 1697, sua volta prendeva spunto da La che a su Ce di Giambattista Bagatta Cenerentola sile (del 1634); anche i fratelli Grimm, nell’800, nell’80 ne scrissero un’altra vers sione (un po’ più macabra...) dal titolo Aschenputtel. Ma la storia di questa eroina perseguitata ha origini molto più antiche, tanto che si ttrovano perfino una Rodophis greca del I sec. a.C. e una Yen-Shen cinese del I IX sec. (che spiega, fra l’altro, il perché della scarpetta risolutrice, vista l’imsc portanza data dalla cultura antica cinese al piede minuto come rappresentativo di vi virtù). Cenerentola nel corso dei secoli ha poi subito numero numerose ulteriori metamorfosi ed è diventata soggetto principa principale di forme artistiche diverse, come il balletto, il film e natu naturalmente anche l’opera. Rossini, si sa, compone La Cenerentola nel 1817 (in 24 giorni!), musicando un libretto scritto da Jacopo Ferretti (in 22 giorni!) che era ispirato all’opera di un altro librettista francese, a sua volta partito da Perrault: e qui torniamo ad un nome e ad una versione della storia che dovrebbero esserci familiare... Eppure ci si scontra subito con alcune novità molto interessanti. Innanzi tutto scopriamo presto che la matrigna si è trasformata in patrigno: e un patrigno certamente meglio si prestava a diventare il personaggio comico di un’opera buffa. Ma la novità sostanziale è un’altra: Ferretti, infatti, decide di abolire totalmente la magia! Niente fata madrina, niente zucca o cetriolo che si trasforma in carrozza e niente topi che diventano cavalli. E se la matrigna ora è un patrigno, la madrina diventa una sorta di ‘padrino’: Alidoro, un saggio filosofo che nella “nostra” versione dell’opera di Rossini è sostituito da Alfonso, Donato e Rodolfo, i tre saggi maestri del principe Ramiro. Questi sanno subito riconoscere la bontà di Cenerentola ed apprezzarne il valore, senza lasciarsi ingannare dalle apparenze, e dimostrando uno spirito d’iniziativa in grado di trasformare gli eventi al meglio: saranno proprio loro a creare il tramite più forte tra palcoscenico e 22 platea, rendendo così anche il pubblico in sala artefice della felicità di Angelina e di tutti quelli che vivranno felici e contenti insieme a lei. Altra novità rispetto alla favola classica è il personaggio di Dandini, che si finge il principe perché questo nel frattempo, travestito da servitore, possa curiosare indisturbato in casa di Don Magnifico... Eppure il gioco dello scambio di ruoli è antichissimo, e sicuramente i suoi risvolti comici sono molto utili in un’opera buffa. Ma veniamo ora a Cenerentola, o meglio Angelina. E arriviamoci passando per la famosa e già citata frase “... e vissero per sempre felici e contenti”. Chi vive felice e contento, alla fine di questa favola? Senz’altro Cenerentola e il principe, a cui si possono aggiungere al limite la fata madrina (o Alidoro, o i tre maestri) e sottintendere magari eventuali parenti e amici del principe... Però è inutile negare che il finale della favola tradizionale riesce a procurarci una certa soddisfazione per la sconfitta totale delle perfide sorellastre e della matrigna; in Basile fuggono via, in Perrault implorano la grazia divina, nei fratelli Grimm vengono crudelmente puniti e nella versione Disney restano comunque sconfitti. Ma qui, no. Qui, come dice il sottotitolo originale dell’opera, si tratta del “trionfo della bontà”, e felici e contenti vivranno proprio tutti, perché la bontà di Angelina abbraccia tutti quanti fin dall’inizio. È proprio questa la vera nuova magia che si diffonde nell’opera: la profonda e convinta bontà di Angelina. Che a volte può forse passare per ingenua (e questo è sicuramente un aspetto sfruttato per i suoi risvolti comici), ma che colpisce per la sua convinzione profonda che in tutti, perfino in quei tre mostri che costituiscono la sua famiglia, ci sia qualcosa di buono in attesa di manifestarsi - e il finale le darà ragione in un trionfo non solo di bontà, ma anche di lacrime e abbracci. Il punto è che la bontà di Angelina è non soltanto convincente, ma anche ‘contagiosa’; Rossini l’ha magistralmente espressa nei toni vagamente malinconici che avvolgono la linea melodica della protagonista fin dalla sua prima comparsa in scena. “Una volta c’era un re” ci fa subito capire con chi abbiamo a che fare: Angelina rallenta i tempi, ci culla nella sua melodia in 6/8 e ci apre il suo cuore. Impossibile resisterle, e infatti il principe cipe non appena la vede non solo s’innamora, ma nel duetto uetto “Un soave non so che” utilizza lo stesso ritmo della canzone di Angelina. Alla melodia cullante si alternano poi naturalmente le agilità tipiche rossiniane, che però non sono in contrasto con la calma di prima; perché Angelina sarà dolce e buona, si, ma non si limita a subire, quando è necessario fa sentire la sua determinazione e, al momento giusto, sa cogliere l’occasione per diventare felice. La magia delle fate si è trasformata in magia del cuore, una magia molto più umana e alla portata di tutti, ma ugualmente in grado di compie-re inaspettate trasformazioni.. 23 24 La Cenerentola ovvero Angelina e la magia del cuore Musica di Gioachino Rossini Libretto di Jacopo Ferretti dal racconto Cendrillon, ou la petit pantoufle (1697) di Charles Perrault Prima rappresentazione: Roma, Teatro Valle, 25 gennaio 1817 Riduzione ad atto unico a cura di Roberta Cortese Adattamento musicale di Carlo Pavese Personaggi Don Magnifico, barone di Montefiascone (basso) Clorinda e Tisbe, figlie di Don Magnifico (soprano) Angelina, figliastra di Don Magnifico, da tutti chiamata Cenerentola (contralto) Don Ramiro, principe di Salerno (tenore) Dandini, suo cameriere (baritono) Alfonso, Donato e Rodolfo, nipoti di Don Ramiro (trio di voci bianche) Coro di cortigiani del Principe L’azione si svolge nel palazzo di Don Magnifico, nel casino di delizie e nel palazzo del Principe. Antica sala terrena nel castello del Barone Clorinda No no no: non v’è, non v’è Chi trinciar sappia così Leggerissimo sciassé. Clorinda e Tisbe Cenerentola, finiscila Con la solita canzone. Angelina Presso al fuoco in un cantone Via lasciatemi cantar. Una volta c’era un re Una volta… Tisbe Sì sì sì: va bene lì. Meglio lì; no, meglio qui. Risaltar di più mi fa. Clorinda e Tisbe A quest’arte, a tal beltà Sdrucciolare ognun dovrà. Clorinda e Tisbe E due, e tre. La finisci sì o no? Se non taci ti darò. Angelina (con tono flemmatico) Una volta c’era un re, Che a star solo s’annoiò: Cerca, cerca, ritrovò; Ma il volean sposare in tre. Cosa fa? Sprezza il fasto e la beltà. E alla fin sceglie per sé L’innocenza e la bontà. La la là Li li lì La la là. Angelina Una volta... (S’ode picchiare. Angelina apre, ed entrano Alfonso, Donato e Rodolfo travestiti da mendicanti) Clorinda, Tisbe e Angelina Chi sarà? Alfonso, Donato e Rodolfo Un tantin di carità. Clorinda e Tisbe Accattoni! Via di qua. 25 Angelina Zitti, zitti: su prendete Questo po’ di colazione. (Versa tazze di caffè, e le dà con un pane ai tre coprendoli dalle sorelle) Chi alla festa, chi al sollazzo Ed io resto qui a soffiar. Alfonso, Donato e Rodolfo Nel cervello una fucina Sta le pazze a martellar. Ma già pronta è la ruina. Voglio ridere a schiattar. Alfonso, Donato e Rodolfo Forse il Cielo il guiderdone Pria di notte vi darà. Coro Già nel capo una fucina Sta le donne a martellar; Il cimento si avvicina Il gran punto di trionfar. Clorinda e Tisbe Ma che vedo! Ancora lì! Anche un pane? anche il caffè? (scagliandosi contro Angelina) Prendi, prendi, questo a te. Tisbe Cenerentola, presto Prepara i nastri, i manti. Angelina Ah! soccorso chi mi dà! Alfonso, Donato e Rodolfo (frapponendosi inutilmente) Vi fermate, per pietà. (Si picchia fortemente; Angelina corre ad aprire, ed entrano i cavalieri) Clorinda Gli unguenti, le pomate. Tisbe I miei diamanti. Angelina Uditemi, sorelle... Coro e coro del pubblico O figlie amabili di Don Magnifico Ramiro il Principe or or verrà, Al suo palagio vi condurrà. Si canterà si danzerà: Poi la bellissima fra l’altre femmine Sposa carissima per lui sarà. Clorinda (altera) Che sorelle! Non profanarci con sì fatto nome. Tisbe (minacciandola) E guai per te se t’uscirà di bocca. Clorinda e Tisbe Ma dunque il Principe? Coro Or or verrà. Angelina (Sempre nuove pazzie soffrir mi tocca.) (si ritira) Clorinda e Tisbe E la bellissima? Tisbe Non v’è da perder tempo. Coro Si sceglierà. Clorinda Nostro padre Avvisarne convien. (Questionando fra loro, ed opponendosi a vicenda d’entrare) Clorinda e Tisbe Cenerentola vien qua. Le mie scarpe, il mio bonné. Cenerentola vien qua. Le mie penne, il mio collié. Nel cervello ho una fucina; Son più bella e vo’ trionfar. A un sorriso, a un’occhiatina Don Ramiro ha da cascar. Tisbe Esser la prima Voglio a darne la nuova. Clorinda Oh! mi perdoni. Io sono la maggiore. Angelina Cenerentola vien qua. Cenerentola va’ là. Cenerentola va’ su. Cenerentola va’ giù. Questo è proprio uno strapazzo! Mi volete far crepar? Tisbe No no, gliel vo’ dir io. (Crescendo nella rabbia fra loro) Clorinda È questo il dover mio. Io svegliare lo vuo’. Venite appresso. 26 Tisbe Oh! non la vincerai. Clorinda E la scelta La più bella sarà... Clorinda (osservando fra le scene) Ecco egli stesso. Don Magnifico (in aria di stupore ed importanza) Figlie, che dite! Quel principon! Quantunque io nol conosco... Sceglierà!.. v’invitò... Sposa... più bella! Io cado in svenimento. Cenerentola, presto. Portami il mio caffè. Viscere mie. Metà del mio palazzo è già crollata, E l’altra è in agonia. Fatevi onore. Mettiamoci un puntello. (andando e tornando, e riprendendo le figlie, che stanno per entrare) Figlie state in cervello. Parlate in punto e virgola. Per carità: pensate ad abbigliarvi; Si tratta niente men che imprinciparvi. (Entra nelle sue stanze, Clorinda e Tisbe nella loro) Don Magnifico, bieco in volto, esce in berretta da notte e veste da camera, e detti; indi Angelina Don Magnifico Miei rampolli femminini, Vi ripudio; mi vergogno! Un magnifico mio sogno Mi veniste a sconcertar. (ricusando di dar loro a baciar la mano. Clorinda e Tisbe ridono quando non le guarda) (da sé, osservandole) Come son mortificate! Degne figlie d’un Barone! Via: silenzio ed attenzione. State il sogno a meditar. Mi sognai fra il fosco e il chiaro Un bellissimo somaro. Un somaro, ma solenne. Quando a un tratto, oh che portento! Su le spalle a cento a cento Gli spuntavano le penne Ed in alto, fsct, volò! Ed in cima a un campanile Come in trono si fermò. Si sentiano per di sotto Le campane sdindonar. Col cì cì, ciù ciù di botto Mi faceste risvegliar. (Interrompendosi e strappandosi Don Magnifico) Don Ramiro e Angelina. Don Ramiro vestito da scudiero; guarda intorno e si avanza a poco a poco Ramiro Tutto è deserto. Amici? Nessun risponde. In questa Simulata sembianza Le belle osserverò. Né viene alcuno? Eppur mi dièn speranza I miei sapienti maestri Che qui, saggia e vezzosa, Degna di me trovar saprò la sposa. Sposarsi... e non amar! Legge tiranna, Che nel fior de’ miei giorni Alla difficil scelta mi condanna. Cerchiam, vediamo. Clorinda Sappiate che fra poco... Tisbe Il Principe Ramiro... Angelina cantando fra’ denti con sottocoppa e tazza da caffè, entra spensierata nella stanza, e si trova a faccia a faccia con Ramiro; le cade tutto di mano, e si ritira in un angolo Clorinda Che son tre dì che nella deliziosa... Tisbe Vicina mezzo miglio Venuto è ad abitar... Clorinda Sceglie una sposa... Angelina Una volta c’era... Ah! è fatta Tisbe Ci mandò ad invitar... Ramiro Cos’è? Clorinda E fra momenti... Angelina Che batticuore! Tisbe Arriverà per prenderci... Ramiro Forse un mostro son io! 27 Convien che m’avvicini. Qual fragor!.. non m’inganno. Ecco Dandini. Angelina (prima astratta poi correggendosi con naturalezza) Sì... no, signore. Cavalieri, Dandini e detto; indi Clorinda e Tisbe Ramiro Un soave non so che In quegl’occhi scintillò! Coro e coro del pubblico Scegli la sposa, affrettati: S’invola via l’età. La principesca linea Se no s’estinguerà. Cenerentola Io vorrei saper perché Il mio cor mi palpitò? Ramiro Le direi... ma non ardisco. Dandini Come un’ape ne’ giorni d’aprile Va volando leggiera e scherzosa; Corre al giglio, poi salta alla rosa, Dolce un fiore a cercare per sé; Fra le belle m’aggiro e rimiro; Ne ho vedute già tante e poi tante Ma non trovo un giudizio, un sembiante, Un boccone squisito per me. Angelina Parlar voglio, e taccio intanto. Angelina e Ramiro Una grazia, un certo incanto Par che brilli su quel viso! Quanto caro è quel sorriso. Scende all’alma e fa sperar. (Clorinda e Tisbe escono, e sono presentate a Dandini da Don Magnifico in gala) Ramiro Non so che dir. Come in sì rozze spoglie Sì bel volto e gentil! Ma Don Magnifico Non apparisce ancor? Nunziar vorrei del mascherato Principe l’arrivo. Fortunato consiglio! Da semplice scudiero Il core delle femmine Meglio svelar saprò. Dandini intanto Recitando da Principe... Clorinda Prence! Tisbe Sire... Clorinda e Tisbe Ma quanti favori! Don Magnifico Che diluvio! che abisso di onori! Don Magnifico Domando Un milion di perdoni. Dica: e Sua Altezza il Prence? Dandini Nulla, nulla; (con espressione or all’una ora all’altra) Vezzosa; graziosa! (accostandosi a Ramiro) (Dico bene?) Son tutte papà. (Ma al finir della nostra commedia Che tragedia qui nascer dovrà.) Ramiro Arriva. Don Magnifico E quando? Ramiro Tra tre minuti. Clorinda e Tisbe (ognuna da sé) (Ei mi guarda. Sospira, delira Non v’è dubbio: è mio schiavo di già.) Don Magnifico (in agitazione) Tre minuti! ah figlie! Sbrigatevi: che serve? Le vado ad affrettar. Scusi; per queste Ragazze benedette, Un secolo è un momento alla toelette. (entra dalle figlie) Ramiro (sempre osservando con interesse se torna Angelina) (Ah! perché qui non viene colei, Con quell’aria di grazia e bontà?) Ramiro Che buffone! Eppure i miei maestri Sostengon che in queste mura Sta la bontà più pura! Basta basta, vedrem. Alle sue figlie Don Magnifico (da sé osservando con compiacenza Dandini, che sembra innamorato) (E già cotto, stracotto, spolpato L’Eccellenza si cangia in Maestà.) 28 Coro Scegli la sposa affrettati S’invola via l’età. (ora a Dandini ora ad Angelina) Ma vattene. - Altezzissima! Servaccia ignorantissima! Dandini Belle ragazze, Se vi degnate inciambellare il braccio Ai nostri cavalieri, il legno è pronto. Ramiro e Dandini Serva? Angelina Cioè... Clorinda (servita dai cavalieri) Andiamo. Don Magnifico (mettendole una mano sulla bocca e interrompendola) Vilissima D’un’estrazion bassissima, Vuol far la sufficiente, La cara, l’avvenente, E non è buona a niente. (minacciando e trascinando) Va’ in camera, va’ in camera La polvere a spazzar. Tisbe Papà, non tardate a venir. (escono) Don Magnifico (ad Angelina, voltandosi) Che fai tu qui? Il cappello e il bastone. Dandini (opponendosi con autorità) Ma caro Don Magnifico Via, non la strapazzar. Angelina Signor, una parola: In casa di quel Principe Un’ora, un’ora sola Portatemi a ballar. Ramiro (fra sé, con sdegno represso) Or ora la mia collera Non posso più frenar. Don Magnifico Ih! Ih! La bella Venere! Vezzosa! Pomposetta! Sguaiata! Cova-cenere! Lasciami, deggio andar. Angelina (con tono d’ingenuità) Ah! sempre fra la cenere Sempre dovrò restar? Dandini (tornando indietro, ed osservando Ramiro immobile) Cos’è? qui fa la statua? (Sottovoce fra loro in tempo del solo di Don Magnifico) (Nel momento che Don Magnifico staccasi da Angelina ed è tratto via da Dandini, entrano i tre maestri con taccuini aperti) Alfonso e Donato Nel nostro codice Delle zitelle Con Don Magnifico Stan tre sorelle. (a Don Magnifico con autorità) Or che va il Principe La sposa a scegliere, La terza figlia Si va cercando. Ramiro Silenzio, ed osserviamo. Dandini Ma andiamo o non andiamo? Ramiro Mi sento lacerar. Angelina Ma una mezz’ora... un quarto. Don Magnifico (confuso ed alterato) Che terza figlia Mi va figliando? Don Magnifico (alzando minaccioso il bastone) Ma lasciami o ti stritolo. Ramiro e Dandini (accorrendo a trattenerlo) Fermate. Rodolfo Terza sorella... Don Magnifico (atterrito) Ella... morì... Don Magnifico (sorpreso, curvandosi rispettoso a Dandini) Serenissima! 29 Dandini Io sono un Principe, O sono un cavolo? Vi mando al diavolo: Venite qua. (Dandini strappa Angelina da Don Magnifico e lo conduce via, seguito da Ramiro) Rodolfo Eppur nel codice Non v’è così. Angelina (Ah! di me parlano.) (ponendosi in mezzo con ingenuità) No, non morì. Alfonso Angelina. Vieni con noi. Don Magnifico Sta’ zitta lì. Angelina E dove? Rodolfo Guardate qui! Alfonso Or ora un cocchio S’appresserà. Del Principe Andremo al festino. Don Magnifico (balzando Angelina in un cantone) Se tu respiri, Ti scanno qui. Angelina (guardandolo e accennandogli gli abiti) Con questi stracci? Come Paris e Vienna? oh che bel gruppo. (Nel momento che si volgono, Alfonso, Donato e Rodolfo gettano il manto) Ramiro e Dandini Ella morì? Don Magnifico (sempre tremante) Altezza morì. (Momento di silenzio) Rodolfo Osserva. Silenzio. Abiti, gioie, Tutto avrai tu da noi. Fasto, ricchezza Non t’abbaglino il cor. Tutti (guardandosi scambievolmente) Nel volto estatico Di questo e quello Si legge il vortice Del lor cervello, Che ondeggia e dubita E incerto sta. Donato Dama sarai; Scoprirti non dovrai. Amor soltanto Tutto t’insegnerà. Don Magnifico (fra’ denti, trascinando Angelina) Se tu più mormori Solo una sillaba Un cimiterio Qui si farà. Angelina Ma questa è storia Oppure una commedia? Coro del pubblico Angelina, L’allegrezza e la pena Son commedia e tragedia, e il mondo è scena. Angelina (con passione) Deh soccorretemi, Deh non lasciatemi, Ah! di me, misera Che mai sarà? (Aprono la porta; vedesi una carrozza. Angelina vi monta. Alfonso, Donato e Rodolfo chiudono la porta e sentesi la partenza della carrozza) Ramiro Via consolatevi. Signor lasciatela. (strappandola da Don Magnifico) (Già la mia furia Crescendo va.) Alfonso, Donato e Rodolfo Vasto teatro è il mondo, Siam tutti commedianti. Si può fra brevi istanti Carattere cangiar. Quel ch’oggi è un Arlecchino Battuto dal padrone, Domani è un signorone, Un uomo d’alto affar. Fra misteriose nuvole Che l’occhio uman non penetra Sta scritto quel carattere Alfonso, Donato e Rodolfo (frapponendosi) Via meno strepito: Fate silenzio. O qualche scandalo Qui nascerà. 30 Che devi recitar. (S’ode avvicinare una carrozza) Odo del cocchio crescere Il prossimo fragore... Vieni, t’insegni il core, Colui che devi amar. (escono) Sarò docile, amoroso, Tenerissimo di cuore. Clorinda e Tisbe (guardandolo con disprezzo) Un scudiero! No signore. Un scudiero! questo no. Clorinda Con un’anima pleba! Gabinetto nel casino di Don Ramiro. Dandini e Don Ramiro correndo sul davanti del palco, osservando per ogni parte. Tisbe Con un’aria dozzinale! Ramiro (sotto voce) Zitto zitto, piano piano; Senza strepito e rumore: Delle due qual è l’umore? Esattezza e verità. Clorinda e Tisbe (con affettazione) Mi fa male, mi fa male Solamente a immaginar. Ramiro e Dandini (fra loro ridono) La scenetta è originale Veramente da contar. Dandini Sotto voce a mezzo tono; In estrema confidenza: Sono un misto d’insolenza, Di capriccio e vanità. Coro di cavalieri dentro le scene, indi Alfonso, Donato e Rodolfo. (Clorinda, accorrendo da una parte, e Tisbe dall’altra) Coro Venga, inoltri, avanzi il piè. Anticamera non v’è. Clorinda (di dentro) Principino dove siete? Ramiro e Dandini Sapientissimi nipoti, Questo strepito cos’è? (Angelina avanzasi velata) Tisbe Principino dove state? Clorinda e Tisbe Ah! perché mi abbandonate? Mi farete disperar. Alfonso, Donato e Rodolfo Dama incognita qui vien. Sopra il volto un velo tien. Clorinda Io vi voglio... Clorinda e Tisbe Una dama! Tisbe Vi vogl’io... Alfonso, Donato e Rodolfo Signor sì. Dandini Ma non diamo in bagattelle. Maritarsi a due sorelle Tutte insieme non si può! Una sposo. Clorinda, Tisbe, Ramiro e Dandini Ma chi è? Alfonso, Donato e Rodolfo Nol palesò. Clorinda e Tisbe (con interesse di smania) E l’altra…? Clorinda e Tisbe Sarà bella? Dandini E l’altra... (accennando Ramiro) All’amico la darò. Alfonso, Donato e Rodolfo Sì e no. Ramiro e Dandini Chi sarà? Clorinda e Tisbe No no no no no, Un scudiero! oibò oibò! Alfonso, Donato e Rodolfo Ma non si sa. Ramiro (ponendosi loro in mezzo con dolcezza) Clorinda Non parlò? 31 Alfonso, Donato e Rodolfo Signora no. Ramiro (Mi guarda, e par che palpiti.) Tisbe E qui vien? Dandini Ma non facciam le statue. Patisce l’individuo: Andiamo presto in tavola. Poi balleremo il Taice, E quindi la bellissima... Con me s’ha da sposar. Alfonso, Donato e Rodolfo Chi sa perché? Tutti Chi sarà? chi è? perché? Non si sa. Si vedrà. Clorinda e Tisbe (Gelosia già già mi lacera, Già il cervel più in me non è.) Tutti (meno Dandini) Andiamo, andiamo a tavola. Si voli a giubilar. Alfonso, Donato e Rodolfo (Gelosia già già le rosica, Più il cervello in lor non è.) Dandini Oggi che fo da Principe Per quattro io vo’ mangiar. Ramiro (Un ignoto arcano palpito Ora m’agita, perché?) Giardino di delizie. Tutti e Coro del pubblico Mi par d’essere sognando Fra giardini e fra boschetti; I ruscelli sussurrando, Gorgheggiando gli augelletti, In un mare di delizie Fanno l’anima nuotar. Dandini (Diventato son di zucchero: Quante mosche intorno a me.) Angelina svelasi. Momento di sorpresa, di riconoscimento, d’incertezza) Tutti Ah! (Ciascuno da sé guardando Angelina, e Angelina sogguardando Ramiro) Ramiro e Angelina (Parlar - pensar - vorrei. Parlar - pensar - non so. Questo è un inganno/è un incanto, o dei! Quel volto mi atterrò.) (Don Magnifico accorrendo, e detti) Don Magnifico Signora Altezza, in tavola Che... co... chi... sì... che bestia! Quando si dice i simili! Non sembra Cenerentola? Clorinda e Tisbe Pareva ancora a noi, Ma a riguardarla poi... La nostra è goffa e attratta, Questa è un po’ più ben fatta; Ma poi non è una Venere Da farci spaventar. Don Magnifico Quella sta nella cenere; Ha stracci sol per abiti. Angelina (Il vecchio guarda e dubita.) Tutti Ma ho timor che sotto terra Piano piano a poco a poco Si sviluppi un certo foco. E improvviso a tutti ignoto Balzi fuori un terremoto, Che crollando, strepitando Fracassando, sconquassando Poi mi venga a risvegliar. E ho paura che il mio sogno Vada in fumo a dileguar. Gabinetto nel palazzo di Don Ramiro. Angelina fuggendo da Dandini, indi Ramiro. Dandini Ma non fuggir, per bacco! quattro volte Mi hai fatto misurar la galleria. Angelina O mutate linguaggio, o vado via. Dandini Ma che? Il parlar d’amore È forse una stoccata! Angelina Ma io d’un altro sono innamorata! Dandini E me lo dici in faccia? 32 Angelina Ah! mio signore, Deh! non andate in collera Col mio labbro sincero. Dandini Ed ami? Angelina Scusi... Dandini Ed ami? Angelina Il suo scudiero. Ramiro (palesandosi) Oh gioia! anima mia! Alfonso, Donato e Rodolfo (mostrando il loro contento) (Va a meraviglia!) Ramiro Dunque saresti mia? Angelina (gli dà un smaniglio) Tieni. Cercami; e alla mia destra Il compagno vedrai. E allor... Se non ti spiaccio... allor m’avrai. (parte) Dandini (passeggiando) Ma dunque io sono un ex? Dal tutto al niente Precipito in un tratto? Veramente ci ho fatto Una bella figura! Don Magnifico (entra premuroso) Scusi la mia premura... Ma quelle due ragazze Stan con la febbre a freddo. Si potrebbe Sollecitar la scelta? Dandini È fatta, amico. Don Magnifico (con sorpresa, in ginocchio) È fatta! e quale? Clorindina o Tisbetta? Presto, per carità. Dandini Voi sentirete Un caso assai bizzarro. Don Magnifico (Che volesse Maritarsi con me!) Dandini Mi raccomando. Ramiro Dandini, che ne dici? Don Magnifico (con smania che cresce) Ma si lasci servir. Dandini Eh! dico che da Principe Sono passato a far da testimonio. Dandini Sia sigillato Quanto ora udrete dalla bocca mia. Ramiro (a Dandini) Principe più non sei: di tante sciocche Si vuoti il mio palazzo. (chiamando i seguaci che entrano) Olà miei fidi Sia pronto il nostro cocchio, e fra momenti... Così potessi aver l’ali dei venti. Sì, ritrovarla io giuro. Amore, amor mi muove: Se fosse in grembo a Giove, Io la ritroverò. Don Magnifico Io tengo in corpo una segreteria. Ramiro e Coro Noi voleremo, - Domanderemo, Ricercheremo, - Ritroveremo. Dolce speranza, - Freddo timore Dentro al mio/suo cuore - Stanno a pugnar. Amore, amore - M’hai/L’hai da guidar. (parte con i seguaci) Dandini; indi Don Magnifico. Dandini Un segreto d’importanza, Un arcano interessante Io vi devo palesar. Don Magnifico Senza battere le ciglia, Senza manco trarre il fiato Io mi pongo ad ascoltar. Dandini Uomo saggio e stagionato Sempre meglio ci consiglia. Se sposassi una sua figlia, come mai l’ho da trattar? Don Magnifico (Consiglier son già stampato.) Ma che eccesso di clemenza! Mi stia dunque sua Eccellenza... 33 Bestia!.. Altezza ad ascoltar. Abbia sempre pronti in sala Trenta servi in piena gala, Cento sedici cavalli, Duchi, Conti, Marescialli A dozzine i convitati, Pranzi sempre coi gelati, Poi carrozze, poi bombè. Dandini Vi rispondo senza arcani... Coro del pubblico Che qui siamo assai lontani. Lui non usa far dei pranzi, Mangia sempre degli avanzi, Non s’accosta a gran signori, Tratta sempre servitori, Se ne va poi sempre a piè. Don Magnifico Mi corbella? Dandini Giel prometto. Don Magnifico Questo dunque? Dandini È un romanzetto. È una burla il principato, Sono un uomo mascherato. Ma venuto è il vero Principe M’ha strappata alfin la maschera. Io ritorno al mio mestiere: Son Dandini il cameriere. Rifar letti, spazzar abiti Far la barba e pettinar. Don Magnifico Ci rivedremo Ci parleremo. Dandini Ci rivedremo Ci parleremo. Don Magnifico Non partirò. Dandini Lei partirà. Don Magnifico Da cima a fondo, Poter del mondo! Che scivolata, Che gran cascata! Eccolo eccolo Tutti diranno Mi burleranno Per la città. Dandini Vostr’Eccellenza Abbia prudenza. Se vuol rasoio, Sapone e pettine Saprò arricciarla, Sbarbificarla. Ah ah! guardatelo, L’allocco è là. (Partono) Sala terrena con camino in casa di Don Magnifico. Angelina nel solito abito accanto al fuoco. Angelina e coro del pubblico Una volta c’era un Re, Che a star solo s’annoiò: Cerca, cerca, ritrovò; Ma il volean sposare in tre. Cosa fa? Sprezza il fasto e la beltà. E alla fin sceglie per sé L’innocenza e la bontà. La la là Li li lì La la là. Don Magnifico Di quest’ingiuria, Di quest’affronto Il vero Principe Mi renda conto. Dandini Oh non s’incomodi Non farà niente. Ma parta subito Immantinente. Don Magnifico Non partirò. Dandini Lei partirà. Don Magnifico Sono un Barone. Dandini Pronto è il bastone. (s’ode bussare fortemente, Angelina apre) Clorinda (entrando, accennando Cenerentola) (Ma! ve l’avevo detto...) Don Magnifico (Ma cospetto! cospetto! Similissime sono affatto affatto. Quella è l’original, questa è il ritratto.) Hai fatto tutto? 34 Angelina Tutto. Perché quel ceffo brutto Voi mi fate così? Don Magnifico Perché, perché... Per una certa strega Che rassomiglia a te... Clorinda Su le tue spalle Quasi mi sfogherei. Angelina Povere spalle mie! Cosa c’hanno che far? (Cominciano lampi e tuoni, indi si sente il rovesciarsi di una carrozza. Entra Dandini, indi Don Ramiro) Dandini Scusate, amici. La carrozza del Principe Ribaltò... ma chi vedo? (riconoscendo Don Magnifico) Angelina Son qui. Don Magnifico Dalla al Principe, bestia, eccolo lì. Angelina Questo! Ah che vedo! Principe! (sorpresa riconoscendo per Principe Don Ramiro; si pone le mani sul volto e vuol fuggire) Ramiro T’arresta. Che! Lo smaniglio!... è lei! che gioia è questa! Siete voi? Angelina (osservando il vestito del Principe) Voi Prence siete? Clorinda e Tisbe (fra loro, attonite) Qual sorpresa! Dandini Il caso è bello! Don Magnifico Uh! Siete voi! Ma il Principe dov’è? Don Magnifico (volendo interrompere Ramiro) Ma... Dandini (accennando Ramiro) Lo conoscete! Ramiro Tacete. Don Magnifico (rimanendo sorpreso) Lo scudiero? Oh! guardate. Ramiro Signore perdonate Se una combinazione... Don Magnifico Che dice! Si figuri! mio padrone. (alle figlie) (Eh, non senza perché venuto è qua. La sposa, figlie mie, fra voi sarà.) Ehi, presto, Cenerentola, Porta la sedia nobile. Ramiro No, no: pochi minuti. Altra carrozza Pronta ritornerà. Don Magnifico Ma che! gli pare! Clorinda (con premura verso le quinte) Ti sbriga, Cenerentola. (Angelina recando una sedia nobile a Dandini, che crede il Principe) Don Magnifico Addio cervello. (prende a sé Ramiro e Dandini) Se... Ramiro e Dandini Silenzio. Clorinda, Tisbe, Angelina, Ramiro, Dandini, Don Magnifico Che sarà! Coro del pubblico Questo è un nodo avviluppato, Questo è un gruppo rintrecciato. Clorinda, Tisbe, Angelina, Ramiro, Dandini, Don Magnifico Chi sviluppa più inviluppa, Chi più sgruppa, più raggruppa; Ed intanto la mia testa Vola, vola e poi s’arresta; Vo tenton per l’aria oscura, E comincio a delirar. Don Magnifico Ma in somma delle somme, Altezza, cosa vuole? 35 Ramiro Piano: non più parole. (prende per mano Angelina) Questa sarà mia sposa. GLOSSARIO Allocco: sciocco Alma: anima Astratta: con la testa nelle nuvole, immersa nei suoi pensieri Atterrò: dal verbo ‘atterrare’: gettare a terra, abbattere Attratta: qui significa ‘contratta’, ‘storpia’ Avanzasi: viene avanti Bagattelle: sciocchezze Baleno: bagliore, lampo Bieco: minaccioso Bombé: carrozza dalla forma arrotondata Bonné: dal francese bonnet, cappellino Cantone: angolo Casino: residenza nobile di campagna Ceffo: faccia brutta Collié: dal francese collier, collana Contar: qui significa ‘raccontare’ Corbella: prende in giro, canzona Cospetto!: esclamazione che indica meraviglia Deggio: devo Deliziosa: residenza nobile di campagna Dièn: diedero Grado: sottinteso ‘di nobiltà’ Guiderdone: ricompensa Imprinciparvi: (neologismo) diventare principesse sposando un principe Inciambellare: (neologismo) mettere il braccio attorno a quello dei cavalieri Legno: qui significa ‘carrozza’ Nuova: notizia Palagio: palazzo Pomposetta: vanagloriosa, che si dà arie Prence: principe Pria: prima Pugnar: combattere Questionando: discutendo Rampolli: discendenti, figli Ricusando: rifiutando Ruina: rovina Sciassé: dal francese chassé; indica un particolare passo di danza Sdindonar: parola onomatopeica inventata, che ricorda il suono delle campane Serto: ghirlanda, corona Smaniglio: braccialetto Sogguardando: guardando di nascosto Sprezza: disprezza Stoccata: colpo, bastonata Stupida: stupita Taice: dal tedesco Deutsche, danza popolare da cui ha avuto origine il valzer Tergete: asciugate Tuono: qui significa ‘tono’ Vezzosa: bella Clorinda, Tisbe e Don Magnifico Ah! ah! dirà per ridere. (ad Angelina) Non vedi che ti burlano? Ramiro Lo giuro: mia sarà. (scuotendo Angelina) Sposa... Angelina (stupida per la gioia) Signor, perdona La tenera incertezza Che mi confonde ancor. Poc’anzi, il sai, Fra la cenere immonda... Ed or sul trono... e un serto mi circonda. Don Magnifico (corre in ginocchio) Altezza... a voi si prostra. Angelina Né mai m’udrò chiamar la figlia vostra? Ramiro (accennando le sorelle) Quelle orgogliose... Angelina Ah Prence, Io cado ai vostri piè. Le antiche ingiurie Mi svanir dalla mente. Sul trono io salgo, e voglio Starvi maggior del trono. E sarà mia vendetta il lor perdono. Nacqui all’affanno, al pianto. Soffrì tacendo il core; Ma per soave incanto, Dell’età mia nel fiore, Come un baleno rapido La sorte mia cangiò. (a Don Magnifico e sorelle) No no; - tergete il ciglio; Perché tremar, perché? A questo sen volate. (abbracciandole) Non più mesta accanto al fuoco Starò sola a gorgheggiar. Ah fu un lampo, un sogno, un gioco Il mio lungo palpitar. Coro e coro del pubblico Tutto cangia a poco a poco Cessa alfin di sospirar. 36 Il disco Selezione da La Cenerentola di Gioachino Rossini Traccia n. 1 «Una volta c’era un re» - Cenerentola, Clorinda e Tisbe Traccia n. 2 «O figlie amabili» - coro Traccia n. 3 «Un soave non so che» - Don Ramiro, Cenerentola Traccia n. 4 «Scegli la sposa… Come un’ape nei giorni d’aprile» - coro e Dandini Traccia n. 5 «Qui nel mio codice… Nel volto estatico» - Alidoro e tutti Traccia n. 6 «Ah, se velata ancor… Sprezzo quei don» - coro e Cenerentola Traccia n. 7 «Mi par d’essere sognando» - Finale I, tutti Traccia n. 8 «Un segreto d’importanza» - Dandini, Don Magnifico Traccia n. 9 «Siete voi?… Questo è un nodo avviluppato» - Don Ramiro, Cenerentola, Dandini, Don Magnifico, Clorinda, Tisbe Traccia n. 10 «Non più mesta… Tutto cangia a poco a poco» - Cenerentola, coro Esercizi per i cori del pubblico Basi musicali cantate Traccia n. 11 «O figlie amabili» Traccia n. 12 «Scegli la sposa» Traccia n. 13 «Il mondo è scena» Traccia n. 14 «Vi rispondo senza arcani» Traccia n. 15 «Una volta c’era un re» Traccia n. 16 «Questo è un nodo avviluppato» Traccia n. 17 «Tutto cangia a poco a poco» Basi strumentali Traccia n. 18 «O figlie amabili» Traccia n. 19 «Scegli la sposa» Traccia n. 20 «Il mondo è scena» Traccia n. 21 «Vi rispondo senza arcani» Traccia n. 22 «Una volta c’era un re» Traccia n. 23 «Questo è un nodo avviluppato» Traccia n. 24 «Tutto cangia a poco a poco» 37 38 39 O figlie amabili Coro del Pubblico # 3 & 4 Œ p ‰ r œj . œr œj . œr œj . r œj . œr œj . œr œj . r œj . œr œ œ œ O fi - glieIa - ma - bi - li # & 43 ‰ r œ. œ œ ‰. œ p p œ œ. œ œ. œ œ œ. œ œ. ? # 3 œ . œœ œœ .. œœ œœ .. œœ œ . œœ œœ .. œœ œœ .. œœ œ . œœ œœ .. 4 œ. œ. œ. 5 & Coro 5 & r ‰ œ œj .œr œ Prin -ci- pe or or ver - rà. Al suo pa - la - gio vi con- dur - rà. Si can - te - rà, j œ Coro & # œ . œ œ . œ œ . œ œœ œ. œ œ. œ œ. œ f œœœ .. œœœ œœœ .. œœœ œœœ .. œœœ œœ . . . œ. œ œ Œ Œ ƒ œ rà: poi # œ Œ Œ & 10 œ ? # œœ Œ Œ œœ .. œ. œ œ la œœ .. œœ .. ‰. œ œ R p œœ œ bel œœ œœ .. œœ œœ .. - œœ œœœ .. œœ œ .. œœœ œ ƒ œ. œ œ. œ œ. œ œ. œ œ. œ œ. œ œ. œ œ. œ œ. œ œ. œ œ. œ œ. œ œ. œ œ. œ 3 3 ‰ œ œj . œR R si dan - ze- œœœ œœ œ œœ œ j œ 3 œ œ. #œ 3 3 œœœ ... œœœ œ œœ œœ .. œœ œ . œ œ . œ œ . œ œœ .. œ œ œ . œ œœ .. œ œœ .. œœ œœ .. œœ œœ .. . œ œ. œ. œœœ j K œ ..œr œ Œ œ lis - si-ma fra œœ .... œœ .... œ œ Œ œœ œœ œœ œ œ œ œ œ œ œ œ .. œ œ Œ œœ œœ œ œ .. 3 œ ‰ . 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Si can - te - rà, # œœ .. œ œœ .. œ & 26 œ œ. œ œ œ. œ Al suo pa - la - gio vi con -dur- ‰ ?# œ. œ . œ œ . œ œ . œœ œœ œ. œ œ. œ œ. f œœœ .. œœœ œœœ .. œœœ œœœ .. œœœ œœ . . . œ. œ œ œ. œ œ. œ œ. œ œ. ‰ Rœ œ . œ œ . œ œ . œ œ . p œœ .. œœ # œœ œœœ œœœ ... œœœ œ. œ œ. œ. œ. œ œj . R Œ œ R œ si dan - œ œœœ œœ . œœ œœ . œ .. œ .. œœœ œœœ .. . 41 œœœ œœœœ .... œœ œœ œ œ. œ œ ‰ . œœ œœ .. œœ œœ Œ Œ œœ œ œœ œ ƒ œ. œ œ œ . ‰ R œ. œ œ Œ Œ 3 3 Œ ze - rà. œ œ œ œ œ œ œ œ œ j 3 œœœ œœœ .. . œœ Prin -ci- pe or or ver - rà. œœœ .. œœ œœ . œœ . . # & œ 26 p œ œ. œ œ. œ œ . œœ œœ .. œœ œœ .. œœ œ . œ. œ. œ p r ‰ Rœ œJ . œ œ . œ Jœ . œ œ . œ R J R j œ ‰ œR œ . œ œ œ. œ œ. œ œ ? # œ . œœ œœ .. œœ œœ .. œœ œ . œœ œ. œ. ‰ rœ . œ p œœœ œœœ .. œœ œœ . . . Œ f j r j œr œ . œ œ œ .œ œ . J R # j r j r j rj r & œ . œ œ . œr œj . œ œ .œ œ . œr œj . œ ma - bi - li O fi - glieIa- 3 3 21 Coro Œ rà. U 3 p ‰ rœj . œr œ œ œ œœ Scegli la sposa Coro del pubblico & b 12 8 Allegro Moderato œ œœ œœ œœ œœ. œœ. œœ. 12 œœœœ Œ ‰ Œ ‰ b œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ & 8 œœ œ œ œ œœœœœ œ œœ œ œ œ œ ‰œ œ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œœ œœ œ œ œ œ œ œ œ. œ œ .. ƒ ? 12 Œ ‰ Œ ‰ œ œ œ. œ ‰ b 8 œ. œ. . . œ. œ 4 Coro &b Œ ‰Œ ƒ jj j j j œ œ œ œ œ œ .œrœj Œ ‰Œ ‰ œ œ œ. œ ‰ œ. œ. . . œ. œ Œ‰ Sce- gli la spo-sa,Iaf - fret -ta-ti, 4 7 Coro U œ œ. œ.# œ. œ. œ. œ. n œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ œœœœ Œ ‰ b œœ œ œ œ œ & . . # œ. . . . n œ. œ.# œ œ. œ. œ. œ . . ? Œ b œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ.# œ. œ. œ. œ. n œ. . . . œ. . U œ# œ œ œ œ . Œ ‰ ‰ & b œ‰ Œ ‰ œj œj œj œ tà. 7 La Prin - ci - pe - sca li - j œ œ ne - a, œœ. œœ. œœ. œœ œœ œœ œœ J se no, j œ œ j œ j œ j œ j j œ œ œ Œ j œ œ s'in - vo - la via l'e- œ j œ œ ‰ j œ œ siIe-stin - gue - rà, Œ‰ œ œ œ. œ œ. œ. . . œ. j j œ œ œj œ œ siIe-stin - gue - rà, œœœ ..œœ œœ œ ..œœ œœ œ œœ ..œœ œœ œœ ..œœ œœ siIe-stin - gue - œœœ ..œœœ œœ œ ..œ œœ U j œ ‰ Ó. ‰ Œ ‰ Ó. 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A - bi - ti, &c ww w ww w ?c w w w w r j r r r j œ œr œr œ œ œ ‰ œJ b œ œ œ œR œ œ ‰ œj œj œ R R r r ‰ j r bœ œ œ r r r j & œ œ œ œ œ œ œ œ RR R noi. Fa - sto, ric - chez-ze Tut - toIa-vrai tu da gio - ie, j r r œr œr œ œ œ Non t'ab - ba-gli-noIil cor. Da - ma sa - ra - i; Sco - prir-ti non do - vra - i. A - mor sol - 3 & ww w ww ww ? w w w w w w 6 & Cen. ‰ œj œj b œ J Ó Ma que - staIè j j ‰ œ œ œ j j bœ œ & œ J J J œ œ Al. Do. Ro. tan - to 6 Tut - to Œ j b œ œj ‰ œj œ b œj œ œ J J J sto - ria Ó t'in - se - gne - rà. & ww b ww bw b ww bw ? w w w w w w 43 Op - pu - reIu - na com - 9 & œ Cen. œ Ó j j j j j j œ œ ‰ œ œ œ b œ b œJ b œ b œj ‰ œj œj œj œj œj J me - dia? CORO DEL PUBBLICO & Ó Coro Œ bœ œ J J An - ge - li - na, L'al - le - grez - za,Ie la pe - na 9 & b ww bw w b b ww w b b ww ? bw bw bw bw w w œ j œ dia,Ie il 12 Coro & œ ge - j œ j œ b Jœ mon - do bœ è sce 12 œ - Ó na. & ww w Œ œ œ b˙ b ˙˙ ? bw bw Œ œ œ b˙ b˙ 44 Son com - me - diaIe tra - Mi par d'essere sognando c U # & # c U 1 & TUTTI Coro del pubblico ## Vivace p j >˙ j œ œ œœ j œ œ œœ œ ˙ j j Œ œ œ #œ œ œ ‰ œœ ‰ J‰˙ œ. . >˙ œœ. ‰ Œ œœ. ‰ Œ ˙ Œ Œ Œ J J # & # c ˙ S ? ## c ˙ ˙ 5 sottovoce ## Œ f œ œ œ œ œ œ œ œ ˙ & J J J J J J J Mi par d'es- ser, mi par d'es - se - re sottovoce ## Œ f œ œJ Jœ œJ Jœ œ œ œ ˙ & J J J 1 TUTTI Pubblico Mi 5 9 TUTTI Œ œœ. ‰ Œ J # œœœ. ‰ Œ J j j j œ œj œ œ œj œj œ œj œj j œj œj œj j j j J œ œ œ œ so - gnan - do fra giar - di - ni, fra giar - di - ni, fra giar - di - ni,Ie fra bo j œ œ œj œ œj œj j œj œj œj j œj œj j j j j œ œ J J œ œ œ œ œ J d'es - ser, mi par d'es - se - re so - gnan - do fra giar - di - ni, fra giar - di - ni, fra giar - di - ni,Ie fra œ ? ## œ Œ Ó # & # œ œ Ó ## œ œ # & # Ó ? ## bo - schet - ti. schet - ti. 9 j œ œ #œ œ œ œ . œ œ œ # œ œ œ. œ‰ œ‰ J J j œ # # œœ Œ Ó & œ & Pubblico par j œ Ó p j >˙ j œ œ œœ j œ œ œ œ œ j j ‰ ˙˙ Œ œ œ #œ œ œ ‰ œœ ‰ J œ. . >˙ œœ. œœ. ˙ Œ ‰ Œ ‰ Œ J J 45 j œ j œ œ #œ œ œ œ . œ œ œ # œ œ œ. œ ‰ œ ‰ J J j œ Œ œœ. J ‰ Œ # œœœ. ‰ Œ J TUTTI f ## Œ ˙ & Pubblico ## Œ f ˙ & jj jjjj j œ j j œ œ j j j œ J J Jœ Jœ œ œ œ œ œ j œ œ œ j œ œ j j œ j j j j j j jœ œœ # œœ œœ œœ œœ œœ œ œ JJ JJ œ J œ œ œ œ œœœœ œœœœ ru - scel-li sus-sur-rando, - sus-sur - ran-do; gorgheggiando, - - gor-gheg - giando, - gor-gheggian -do gliIaugel - - let- ti: in un ma - re di desottovoce j j j œ œJ œJ Jœ Jœ œ œ œ œ œ j œ œ œj j œ œj j j œj j j j j j j jŒ Ó œœ œ œ JJ JJ œ J œ œ œ œ œœ Clorinda, Tisbe, Cenerentola sottovoce 13 I - sus-sur - ran-do; gorgheggiando, - - gor-gheg - giando, - gor-gheggian -do gliIaugel - - let- ti: ru - scel-li sus-sur-rando, I # # œœ Œ Ó & œ œ ? ## œ Œ Ó œ. . . Œ œ ‰ # œœ ‰ œœ ‰ J J J œ. œ. œ. Œ J‰ J‰J‰ 13 TUTTI Ramiro, Dandini, Magnifico œœ j j j j j j j # # œ œ œ œ œ œ j j œ ? œœ œœ # œœœ œœœ œœ œœ # œœœ œœœ œœœ œœœ œœœ œœœ œœœ œœœ œ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœj œœjœœjœœjœœj œœj œœj & œ œ œ œ œœ œœ # œœœ œœœ œ & œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œ #œ œ œ œ li - zia fan-no l'a - ni - ma nuo - tar, in un ma-re di de - li-zia fan-no l'ani - - ma nuo - tar, sus-sur-ran-do, sus-sur - ran-do fan-no l'a - ni - ma nuo## & 18 TUTTI Pubblico œœ. œ. . ‰ J ‰ # œ ‰ œœ. ‰ œœ ‰ # œœ ‰ œœ. ‰ J . J J . ‰ œ. œ. ‰ n œ. . . ? # # # œ ‰ œ ‰ œ. ‰ œ. ‰ œ ‰ ‰ # . & # œœ ‰ 18 & ## & ## 23 TUTTI Pubblico œœ. bassa j j pianissimo œ œ Œ # b œœ œœœœ bœ œ ww # www b w tar, j œœœœ œ j œœœœ œ sus - sur - ran - do, Œ Œ Ó # œ. ‰ œ. ‰ œ. ‰ œ. ‰ œ Œ Ó j œœœœ œ j j j œœœœ b œœœœ œœœœ # œ bœ œ sus - sur - sus - sur ran - do j œœœœ œ j œœœœ œ j œœœœ œ fan - no j œœœœ œ l'a - ni - ma - ran - do fan - no l'a - ni - ma 23 46 j œœœœ œ j nU œ œœœ ˙˙˙˙ œ ˙ Ó nuo - tar. j j j j j j j j œ œ œ œ œ œ œ œ j j j j j j œ œ œ œ œ œ sus - sur - ran - do, # ww & # # w f w ? ## b w œ. . œœ ‰ œœ. ‰ œ ‰# œœ ‰ œœ J J . ˙ Ó nuo - tar. U n ˙˙ U ˙˙ Ó Ó Allegro Vi rispondo senza arcani MAGNIFICO ? # 44 Œ Jœ Jœ Jœ Jœ œJ œJ Ab- bia 7 œœœ. œœœ. œœœ. ? # œJ Jœ Jœ Jœ œ 7 # J ‰ & f ? # # œœ œœ. œ œ ?# - œœœ. œœœ. sem - pre coi œ. ‰ R #œ œœ. œ œœ. œ œœœ. œœœ. p œœ. œ ge œœ. œ - œœ. œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ car - roz - ze, œœ. œ œœ. œ f # œœœ Œ Ó poi bom - bè. œ œ . œœ . œœ . œœ . œ œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ p œ œ. Vi ri - spon - do . # œ. n œ. œ œ. œ. b œ. œ. œ. n b b œ & p œœ. œ œœ. œ œœ. œ n œ œ. œ b œ œ œ # œ œ œ # œ n œ. . œœ ‰ Œ Ó J DEL PUBBLICO j j j j j j j j CORO interrompendo œ œ œ œ œ œ œ œ & j j j j j j œ œ œ œ œ œ nbb Œ pœ. b n b b n œœ œœ. œ . œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ ‰ p .œ œ. œ. œ. œ. œ. œœ œœ œœ œœ œœ œœ DANDINI 10 ?# œœ. œ la - ti, Poi . # œœœ A doz - zi - neIi con - vi - Ma - re - scial - li œ œ œ œ œ œ œ œ J J J J J J J J p œ œ œ œ J J J J p œ œ œ œ œ œ œ œ J J J J J J J J . œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. # œ œ ‰ . œ. œ # œ œœ. œ j œ ser - viIin pie - na val - li, Du - chi, Con - ti, . œ # œœ œ œ œ œ J J J J ta - ti, Pran - zi 10 ca œ. œ œ . œ œ . œ œ . œ œ . œ œ # & #œ ? # œœœ. se - di - ci œœ œ œ œœœ œ JJ J J JJJ J ga-la, Cen-to se - di - ci ca œ . . .œ œ. # œ. œ. œ œ. œ. œ. œ œ. œ. œ. . œ ‰. R #œ ‰ f p p .œ œ. œœ. œ. œ. œ. œœ œœ. œ. œ. œœ. œ. œ. œ. œœ œœ œ œœ œœ œœ œ œ œœ œœ œ œœ œœ œœ sa - la Tren - ta p œ œ œj œ œ J J J J ? # œJ œJ Jœ Jœ Jœ œJ œJ Jœ val - li, Cen - to 4 sem - pre pron - tiIin . . . . . . œ œ. œ. # œ. œ œ œ œ. œ œ œ J ‰ f .œ œœ. œ. œ. œ. œœ œœ. œœ œ œœ œœ œœ œ œ # 4 & 4œ ‰ p ? # 44 œœœ. œœœ. œœœ. 4 œœ œ œ œ œ œ œ JJ J J J J J J œœ. œ sen - zaIar - ca - ni . . . . œ. œ. . . œ. œ. œJ ‰ œ œ nœ œ œ œ ‰ f œœ. œœ. œœ. œœ. œœ. œœ. œœ œœ. œ œ œ œ œ œ œ œ 47 Che ‰ qui sia - moIas - sai lon - . . . . . . œ. œ. n œ. œ œ œ œ. œ œ œ p œœ. œœ. œ œ œœ. œ œœ. œœ. œœ. œ œ œ b & b œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj œj ta - ni. Che qui . sia-moIas-sai lon . - ta - ni. Lui non u - sa far dei pran -zi, Man-gia sem - pre de - gliIa œ œ . œ œ . . œ œ . . œ 13 œ‰ œ œ œ œ œ. œ œ œ œ bb . œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. R œ ‰ ‰ & 13 f œœ ? bb œ œœ. œ p œœ. œœ. œ œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ b j j j j j j j & b œj œ œ œ œ œ œ œ 16 van - zi, Non s'ac - co - staIa gran 16 & œ bb œœf ? bb œ œœ. œ b &b ˙ œœ. œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ pœ. œœ œœ. œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ j j j j j j j j j j j j j j j j œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ si - gno - ri, Trat - ta . œ. œ. œ. œ. œ. œ . . . œ œ . œ œ ‰ œ œœ. pœœ. œœ. œœ. œœ. œœ. œœf œ œ œ œ œ œ œ 19 piè. œœ. œ ‰ œœ. œ œœ. œ sem- pre œ. R nœ œœ. p œœ. œœ. œ œ œ Ó () 19 b . &b œ œœ œœ œœ .. œœ .. œœ œœ œœ œœ Œ ? bb ‰ œ œ. œœœ œœœ ... R œœ œœ œœ œœ Œ 48 ser - vi - to - ri, Se . œ. ‰ œ n œ œœ. œ œœ. œ œœ. œ ne va poi sem - preIa œ. œ œ . œ œ . œ œ . œ œ . œ œœ. œœ œœ œœ œœ œœ œœ œ œ œ œ œ œ œ Una volta c'era un re Andantino & b 68 Œ Cenerentola Coro del Pubblico ‰ ‰ j œj œ œ U - na & b 68 œœ œ. p ? b 68 œ. 4 Cen. Coro j &b œ > so 4 lo CheIa star ? b #œ . 7 Cen. Coro j œ. œ. œ. J J & b œ. vò; 7 Ma il j œœ œœ . . œœ. œ. J œ & b œœ. . œ ?b œ 10 Cen. Coro so j œœ œ. j œ. & b œœ œ. &b Œ ‰ - j œœ œœ œ. œ. j œœ œ. œœ œ. j œœ œ. œœ œ. j œœ œ. œœ œ. j œœ œ. œ. J œ. œ. J œ. J œ. œ. J œ. œ. J œ. œ. J œ. œ. œ J ‰ ‰ & b œœ. œœ . œœ . j œœ ‰ ‰ œ. ‰ œœœœ sa œ œ œ Rœ - ‰ ‰ fa? ? # œœ ‰ Œ ‰ œ œ ‰ Œ ‰ 49 - j œ &œ il tro - j œœ . œ. œ J ‰ œ œ œ 3 fa œœ . œœ. 3 j œ œœ œ œœœ œ j œ œ œ. œ œ. œ œ za ri Œ f - ca, œ œ œ œœ .. œ œ p œ Sprez - œœ ‰ œœ œœ œœ. . œœœ. œœ. œ. J œ ‰ tre. j œœ . œœ. J œœ . œœ. œ re in cer j œ j œ œ œ œœœ. J 3 3 - j j œ œ ‰ n œœœœ .... p . œ # œœ n œœœ. J œ. spo ‰ CheIa star Cer - ca, # œœ. j œœ . œ. œ J j j œ œ j œ œJ ‰ Re, j œœ . œœ . œ. œ ‰ raIun s'an - no - iò: œ J œ c'e lo œ J j œ ta œœ œ. œ. b & - œ . Kr R œ œ Co - sa 10 vol j œ vo - le - an j œœ . œ. œ J ‰ œœ œ. œ. œ. J r r j œ œ œ > j œ - j œœ œ. j œ œ - stoIe la j œœ œœ . . œœ. œœ. J j œ bel - j œœ . œ. œ J j œ Jœ 13 Cen. Coro & b œ. tà. 13 EIal - la fin j œœ œœ . . j œœ . ? b œœ. œœ. J œœ. 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GIOCHIAMO CON “LA CENERENTOLA” A cura di Sabrina Saccomani 1.a Per la scuola dell’infanzia e il primo biennio della scuola elementare Ritaglia le sagome di Don Ramiro, Dandini e Cenerentola e quelle dei loro vestiti che troverai in queste pagine. Divertiti a trasformarli come accade nella fiaba applicando le sagome degli abiti a quelle dei personaggi: Don Ramiro che si traveste da Dandini e viceversa, Cenerentola che diventa, da ragazza vestita di stracci, stupenda principessa. DON RAMIRO 59 60 DANDINI 61 62 CENERENTOLA 63 64 1.b Per la scuola elementare Se ti piace l’enigmistica, e hai letto con attenzione il libretto della versione proposta dal Teatro Regio, puoi provare a inserire nei riquadri che seguono le definizioni richieste e scoprire così il nome di un personaggio dell’opera rossiniana. Scrivi le parole corrispondenti alle definizioni nelle rispettive griglie. Se avrai inserito le parole corrette, utilizzando le lettere contenute nei quadrati colorati, comparirà il nome di un personaggio dell’opera 1. Quanti sono i mendicanti che bussano alla porta di Don Magnifico? 2. Come si chiama in realtà Cenerentola? 3. Quale animale è il protagonista del sogno di Don Magnifico? 4. Nella prima parte dell’opera, chi indossa gli abiti del Principe ? 5. Quale oggetto Cenerentola consegna al Principe in pegno del suo amore? 6. Qual è la virtù dimostrata da Cenerentola nel corso della storia? Il personaggio da scoprire è… SOLUZIONI Tre, Angelina, Somaro, Dandini, Braccialetto, Bontà Ramiro 65 1.c Per la scuola elementare e la scuola media Come hai potuto leggere nelle pagine precedenti, la fiaba di Cenerentola ha origini antiche e conobbe nel corso dei secoli numerose versioni fino ad arrivare a quella più famosa, scritta da Charles Perrault (Parigi, 1628-1703). Ispirandosi proprio al testo di Perrault, Jacopo Ferretti trasse il libretto dell’opera di Rossini. Tra la versione del letterato francese e il libretto dell’opera vi sono però alcune importanti differenze, sia per quanto riguarda i personaggi, sia per quanto riguarda la vicenda vera e propria. La versione proposta dal Teatro Regio presenta inoltre ulteriori cambiamenti rispetto all’originale di Rossini. Dopo aver letto con attenzione la fiaba (che trovi qui di seguito nella traduzione di Elena Giolitti, tratta da Charles Perrault, Fiabe classiche. I racconti di Mamma Oca, Mondadori, Milano 2001), la trama della Cenerentola di Rossini e il libretto della versione proposta dal Teatro Regio, prova a confrontare tra loro i tre testi. Che differenze ci sono tra i vari personaggi della storia e il loro ruolo all’interno della vicenda? Gli oggetti citati sono gli stessi o no? La magia, ad esempio, è sempre presente? Cenerentola di Charles Perrault C’era una volta un gentiluomo, il quale aveva sposato in seconde nozze la donna più altezzosa e arrogante che mai si fosse vista. Ella aveva due figlie del suo stesso carattere, che le rassomigliavano in ogni cosa. Anche il marito aveva una figlia, ma di una dolcezza e di una bontà da non farsene un’idea; e in questo aveva preso dalla mamma, che era stata la creatura più buona del mondo. Le nozze erano appena state celebrate che la matrigna diede subito prova della sua cattiveria: non poteva sopportare tutte le buone qualità della giovinetta, le quali, per contrasto, rendevano le sue figliuole ancora più antipatiche. Cominciò così ad addossarle le più umili faccende di casa: era lei a lavare i piatti, a pulire le scale, a spazzare la camera della signora e delle signorine sue figlie; ella dormiva in una soffitta, proprio sotto i tetti, su un vecchio pagliericcio, nel mentre che le due sorelle avevano belle camere col pavimento in legno, letti all’ultima moda, e certi specchi nei quali potevano rimirarsi da capo a piedi; la povera ragazza sopportava ogni cosa con pazienza, e non osava lagnarsene col padre perché l’avrebbe sgridata: sua moglie faceva di lui tutto quello che voleva. Quando aveva finito le sue faccende, ella andava a rifugiarsi in un cantuccio del focolare, e si metteva a sedere nella cenere; cosa che, in famiglia, le aveva guadagnato il soprannome di Culincenere; però la minore delle due sorelle, ch’era un po’ meno sguaiata dell’altra, la chiamava Cenerentola. Cenerentola, coi suoi poveri abitucci, non mancava tuttavia d’essere cento volte più bella delle sorelle, riccamente vestite com’erano. Accadde che il figlio del Re desse una festa da ballo e invitasse a parteciparvi tutta la gente importante; anche le nostre due damigelle furono invitate, perché erano persone molto in vista nel paese. Eccole dunque tutte contente e tutte affaccendate a scegliere vestiti e acconciature, che le facessero figurare di più; nuova fatica per Cenerentola, giacché toccava a lei stirare la biancheria delle sorelle e inamidare i loro polsini ricamati. In casa non si parlava d’altro che del modo in cui si sarebbero vestite per andare alla festa. «Io», diceva la maggiore, «mi metterò l’abito di velluto rosso, con le guarnizioni di ricamo inglese.» «Io», interveniva 66 la minore, «non avrò che la solita gonna; ma, in compenso, vi metterò sopra il mantello a fiori d’oro e la collana di diamanti, che non è certo una cosa qualunque.» Mandarono a chiamare la più brava pettinatrice, per farsi far ben due file di riccioli, e fecero comprare i più bei nèi dalla migliore merciaia; chiamarono poi Cenerentola perché dicesse il suo parere, sapendo che aveva buon gusto. Cenerentola le consigliò come meglio poté, anzi, si offrì di pettinarle, cosa che venne accettata volentieri. Mentre le pettinava le sorelle dicevano: «Cenerentola, ti piacerebbe andare al ballo?...» . «Ah, signorine, volete burlarvi di me! Cose simili non son pane pei miei denti.» «Dici bene: chissà quante risate nel vedere un Culincenere a una festa da ballo!». Un’altra, invece di Cenerentola, avrebbe fatto apposta a pettinarle male; ma lei era buona, e le aggiustò a perfezione. Erano state quasi due giorni senza mangiare, tant’erano stordite dalla contentezza. E a forza di stringerle nel busto per render loro la vita più sottile, si ruppero più di dodici stringhe. Tutta la giornata la passavano a guardarsi nello specchio. Finalmente il gran giorno arrivò; le due sorelle partirono alla volta del palazzo reale e Cenerentola le seguì con gli occhi più a lungo che poté: poi, quando non le vide più, scoppiò a piangere. La sua madrina, venutola a trovare la vide in un mare di lagrime e le domandò cos’avesse: «Io vorrei... vorrei...» Piangeva così forte, che non poteva continuare. La madrina, che era una fata, le disse: «Vorresti andare al ballo, non è vero?». «Ahimè, sì» disse Cenerentola con un sospiro. «Ebbene, mi prometti d’aver giudizio?», disse la madrina. «Quand’è così ti ci farò andare.» La conducesse nella sua camera e le disse: «Corri in giardino e portami una zucca». Cenerentola corse immediatamente a raccogliere la più bella zucca che poté trovare e la portò alla madrina, senza riuscire a indovinare in qual modo quella zucca potesse servire a farla andare al ballo. La madrina, dopo averla ben svuotata, non lasciandone che la scorza, vi batté con la sua bacchetta magica, e la zucca fu subito cambiata in una splendida carrozza tutta dorata. Poi andò a guardare in una trappola, ove trovò sei sorci, tutti vivi; disse allora a Cenerentola di alzare un pochino lo sportello della trappola: ogni sorcio che ne usciva fuori, lei lo toccava con la bacchetta e subito il sorcio si cambiava in un bellissimo cavallo; così mise insieme uno splendido tiro a sei di cavalli pomellati, d’un bellissimo color grigio-topo. Poiché sembrava preoccupata sul come procurarsi un cocchiere: «Aspettate un momento» disse Cenerentola «vado a vedere in un’altra trappola, se per caso non ci fosse qualche grosso topo: ne potremmo fare un cocchiere». «Buona idea!» disse la madrina «Corri un po’ a vedere.» Cenerentola le portò una trappola dov’erano caduti tre grossi topi. La fata scelse, fra tutti e tre, quello che aveva i baffi più lunghi, e quando l’ebbe toccato, il topo diventò un bel pezzo di cocchiere, provvisto del più bel paio di baffi che mai si sia veduto. Le disse poi: «Scendi in giardino, dietro all’annaffiatoio troverai sei lucertole. Portamele qui.» Appena Cenerentola l’ebbe portate, la madrina le cambiò in sei lacchè, i quali d’un balzo salirono dietro alla carrozza, con le loro livree gallonate, e sapevano tenervisi attaccati così bene, come se non avessero mai fatto altro in vita loro. La fata disse allora a Cenerentola: «Eccoti qui tutto l’occorrente per andare al ballo, non sei contenta?». «Sì, ci devo andare in questo modo, col mio brutto abituccio?» Bastò che la madrina la toccasse con la bacchetta, e i suoi abiti si mutarono in vestiti di broccato d’oro e di argento, tutti ricamati con pietre preziose; le diede poi un paio di scarpette di vetro, che erano una meraviglia. Così vestita, salì in carrozza; ma la madrina le raccomandò sopra ogni cosa di non lasciar passare la mezzanotte, avvertendola che se lei fosse rimasta al ballo anche un momento di più, la sua carrozza sarebbe ridiventata una zucca, i cavalli sorcetti, i suoi lacchè lucertole, e i vecchi vestiti avrebbero ripreso l’aspetto di prima. Ella promise alla madrina che sarebbe venuta via dal ballo prima di mezzanotte. E partì, non stando più in sé dalla gioia. Il figlio del Re, a cui fu annunciato l’arrivo di una splendida Principessa, che nessuno conosceva, le corse incontro a riceverla; l’aiutò a scendere 67 dalla carrozza, e la condusse nella sala dov’erano gli invitati. Si fece allora un gran silenzio: tutti smisero di ballare e i violini non suonarono più tant’era l’attenzione generale nel contemplare la grande bellezza della sconosciuta. Non si sentiva che un mormorio confuso. «Com’è bella!...». Perfino il Re, vecchio com’era, non si stancava di guardarla e di dire sottovoce alla Regina che da gran tempo non gli era dato di vedere una donna così bella e graziosa. Tutte le dame erano intente a studiare i suoi vestiti e la sua acconciatura, per averne di simili il giorno dopo, sempre che avessero potuto trovare delle stoffe altrettanto belle e modiste abbastanza capaci. Il figlio del Re la mise al posto d’onore: e poi andò a prenderla per farla ballare. Ella ballò con tanta grazia, che tutti l’ammirarono ancora di più. Fu servito uno splendido rinfresco ma il giovane Principe non l’assaggiò neppure, tanto era assorto nel contemplarla. Ella andò a sedersi accanto alle sue sorelle, le trattò con la massima cortesia e le invitò a servirsi di arance e limoni che il Principe le aveva regalato; questo le stupì assai, perché a loro sembrava di non conoscerla affatto. Nel mentre che conversavano insieme, Cenerentola sentì suonare le undici e tre quarti, fece una profonda riverenza e se ne andò più lesta che poté. Appena fu arrivata a casa, corse dalla madrina e, dopo averla ringraziata, le disse che avrebbe avuto gran piacere di tornare alla festa anche il giorno seguente, perché il figlio del Re l’aveva tanto pregata. Mentre stava narrando alla madrina tutti i particolari della festa, le due sorelle bussarono alla porta: Cenerentola andò ad aprire. «Come siete tornate tardi!» disse sbadigliando, stropicciandosi gli occhi e stiracchiandosi come se si fosse svegliata in quel momento. Eppure, non aveva avuto davvero voglia di dormire, da quando si erano lasciate. «Se tu fossi venuta alla festa», le disse una delle sorelle «non ti saresti certamente annoiata: è venuta una bellissima Principessa, ma la più bella che si possa vedere; ci ha anche fatto mille cortesie, offrendoci aranci e limoni.» Cenerentola non stava più in sé dalla gioia; chiese il nome della Principessa; ma quelle risposero che nessuno la conosceva, anzi, il figlio del Re si struggeva del- la voglia di sapere chi fosse, e avrebbe dato per questo tutto l’oro del mondo! Cenerentola sorrise, e disse : «Doveva essere bella davvero! Dio mio! come siete fortunate voi altre! E io, come potrei fare per vederla? Signorina Giulietta, siate buona, prestatemi per una volta il vostro abito giallo, quello di tutti i giorni...». «Perché no?» disse la signorina Giulietta. «Ecco un’idea! Far indossare il mio vestito a un brutto Culincenere come te! Dovrei proprio essere pazza!» Cenerentola si aspettava un simile rifiuto e ne fu assai contenta giacché si sarebbe trovata nei guai, se la sorella avesse acconsentito a prestarle l’abito giallo. Il dì seguente le due sorelle tornarono al ballo e Cenerentola pure; ma vestita anche più sfarzosamente della sera prima. Il figlio del Re non si staccò mai da lei e non fece che dirle cose tenere e galanti. La nostra giovinetta non s’annoiava davvero e dimenticò quel che la madrina le aveva tanto raccomandato; così sentì suonare il primo tocco della mezzanotte quando credeva che non fossero ancora le undici; allora si alzò e fuggì via con leggerezza di una cerbiatta. Il Principe le corse dietro, ma non poté raggiungerla. Fuggendo, ella perdette una delle sue scarpine di vetro, e il Principe la raccolse con grandissima cura. Cenerentola arrivò a casa tutta scalmanata, senza più carrozza, né lacchè e vestita dei suoi poveri abitucci; di tutte le sue magnificenze non le era restato che una delle scarpette, la compagna di quella che aveva perduta per strada. Fu chiesto ai guardaportoni del palazzo reale, se per caso non avessero visto uscire una Principessa; risposero di non aver visto uscire nessuno, salvo una ragazzetta assai mal messa, e che all’aspetto, sembrava piuttosto una contadina che una signora. Quando le due sorelle tornarono dalla festa, Cenerentola chiese loro se si erano divertite e se la bella signora vi era andata anche lei: loro risposero di si, ma che era scappata allo scoccare della mezzanotte, e così in fretta, che aveva lasciato cadere una delle sue scarpine di vetro, la scarpetta più carina del mondo: il figlio del Re l’aveva raccolta, e non aveva fatto che guardarla per tutto il resto della festa; certamente 68 doveva essere innamorato pazzo della bella signora, alla quale apparteneva la scarpina. Dissero il vero; infatti pochi giorni dopo, il figlio del Re fece proclamare a suon di tromba ch’egli avrebbe sposato colei, a cui la scarpina avesse calzato perfettamente al piede. Si cominciò a provarla alle Principesse, poi alle Duchesse e a tutte le dame della corte, ma fu tempo perso. La portarono anche dalle due sorelle, che fecero tutto il possibile per farsi entrare al piede quella scarpa, ma non vi riuscirono. Cenerentola che le guardava, e riconobbe la sua scarpetta, disse come per scherzo: «Vediamo un po’ se alle volte non mi stesse bene!». Le sorelle si misero a ridere e a canzonarla. Il gentiluomo che era incaricato di provare la scarpa, aveva guardato attentamente Cenerentola e, avendola trovata molto bella, disse che la cosa era giustissima, e lui aveva ricevuto ordine di provarla a tutte le ragazze. Fece sedere Cenerentola, e accostando la scarpetta al piedino di lei, vide che esso vi entrava senza fatica e la calzava come un guanto. Lo stupore delle due sorelle fu grande, ma si fece ancora più grande quando Cenerentola tirò fuori di tasca la seconda scarpetta e se mise al piede. A questo punto arrivò la madrina che, dopo aver toccato con la bacchetta i vestiti di Cenerentola, li fece diventare ancora più sfarzosi di tutti gli altri. Fu qui che le due sorelle riconobbero in lei la bella signora veduta al ballo. Si gettarono ai suoi piedi e le chiesero perdono di tutti i maltrattamenti che le avevano fatto subire. Cenerentola le fece alzare, e disse, abbracciandole, che le perdonava di tutto cuore, e le pregava di volerle sempre bene. Poi, vestita com’era, fu condotta dal giovane Principe. Egli la trovò più bella che mai e pochi giorni dopo la sposò. Cenerentola, buona quanto bella, invitò le due sorelle presso di sé al palazzo e il giorno stesso le sposò a due gentiluomini della corte. 69 1.d Per la scuola media Quando il librettista Jacopo Ferretti scrisse il libretto per la Cenerentola di Rossini propose una versione meno “fiabesca” e più attuale della famosa favola di Perrault, eliminando ad esempio l’aspetto magico dalla vicenda. Prova ad immaginare e a scrivere anche tu una versione moderna della favola. Il titolo per esempio potrebbe essere: E se Cenerentola vivesse nel XXI secolo? 70 2. GIOCHI MUSICALI A cura di Elena Ricca Il mondo che ci circonda è come un’immensa orchestra musicale dalle molteplici sfumature sonore, diretta da un maestro misterioso che può utilizzare suoni secchi e risonanti, acuti e gravi, confusi e distinti. Possiamo quindi analizzare con i nostri allievi la presenza dei suoni nella vita quotidiana (i suoni che sentono quando si svegliano, i suoni durante l’intervallo, i suoni in auto ecc.), cercare gli oggetti che emettono un suono nella nostra classe e analizzare le caratteristiche del loro suono. Suonare è sicuramente un’attività molto divertente per i nostri alunni. Curiosi di conoscere, ma soprattutto di sperimentare le possibilità ritmiche e timbriche del materiale sonoro, possono inventare o giocare o manipolare i suoni piegandoli ai loro gusti e desideri. Le attività qui proposte sono chiamate “gioco” proprio per sottolineare che alla base di ogni esperienza creativa occorre una piacevole ed invitante motivazione. 2.a Gioco di esplorazione e composizione Questa attività è relativamente semplice, ma molto interessante e ricca di spunti. Sistemiamo per terra gli strumenti e diamo la possibilità di toccare, sperimentare, far suonare i vari strumenti. Dopo un po’ di confusione facciamo scegliere uno strumento e mettiamo un bambino-direttore che dovrà scegliere due gesti, meglio se contrastanti tra loro (alzare il braccio verticalmente e poi orizzontalmente oppure camminare e poi correre) per indicare il suono e il silenzio. Guidiamoli inizialmente verso movimenti molto evidenti, poi verso movimenti più contenuti come, per esempio, aprire le mani per indicare il suono e chiuderle per il silenzio. In seguito potremmo dividere la classe in due facendo parlare prima gli strumenti a suono determinato e poi quelli a suono indeterminato, oppure quelli di metallo e poi quelli di legno; oppure quelli che emettono suoni lunghi e poi quelli che emettono suoni corti. Con un pizzico di fantasia si inizierà così un’interessante “composizione” che potrà essere registrata con supporti audio o con videoriprese per far sì che il gruppo si auto-corregga e apprezzi la propria crescita. 2.b Gioco del baule Possiamo iniziare chiedendo agli alunni quali sono, secondo loro, i suoni o rumori fastidiosi, cioè quelli che non sopportano, per fare una prima distinzione sul carattere del suono. Dopo aver raccontato che possiamo utilizzare il baule di Cenerentola per riporre e chiudere i suoni più insopportabili: mostreremo loro il disegno di un baule su di un foglio verde e lo stesso disegno su di un foglio rosso. Quando alzeremo il cartello verde i bambini potranno suonare, quando alzeremo il cartello rosso faranno silenzio. 71 Questo serve a dare una rappresentazione grafica del suono e del suo opposto, il silenzio. Proviamo ora ad eseguire la partitura del BALLO; abbiamo sonorizzato il momento delle danze, le coppie che volteggiano, l’orchestra che suona, i camerieri che stappano lo champagne, gli invitati che brindano e che chiacchierano. 2.d Gioco del rebus musicale (per i più esperti) Se conoscete già la scrittura delle note potrete cimentarvi in uno di questi rebus, sostituendo le parole alle note avrete una frase. 72 2.e Il gioco degli incroci misteriosi In questo gioco ci sono molte parole chiave della storia di Cenerentola, ma sono scritte alla rinfusa. Sarete capaci di trovarle tutte? Attenzione: sono scritte da sinistra a destra, ma anche da destra verso sinistra o dal basso verso l’alto. In bocca al lupo! Le parole da cercare sono: Rossini, Ferretti, Don Magnifico, Clorinda, Tisbe, Ramiro, ballo, Alidoro, Dandini, Cavalieri, Barone, cameriere, segreto, Angelina, Parigi, opera, braccialetto, scudiero, trono. C A V A L A L E I E R I A S E G R E A D R O T F I O R I T L A U M O A S T L O E T L E B S T I R D A R R A M I R O L E O N I I N E R I R R M N A N O C R O P I S T D E D O D C E I E T O F R T R O I E T T S P Q U A N P B A R R N A C R P I R R L U I R A I C R A P U P T D I I A L M T I S I S U N R R S A O G A T R O C O O M D O N M A G N I F A O R A I N T R C A M I B R A C C M T D O M E D A R A N I L E G N A B E R E N T O L A U R U Q M O E E A T R A V E I R T O T E M I S O E I A Q U I E N E I E C O P A B I U Q U O M O R C I A L E F E T T O C O D U Z 2.f Suoniamo “La Cenerentola” Troverete ora delle vere partiture tratte dalla musica del grande Rossini, naturalmente saranno riduzioni che potrete suonare in classe con i flauti o le tastiere. Buon divertimento! 73 74 75 76 77 2.g Gli strumenti dell’orchestra Quando verrete allo spettacolo potrete vedere gli strumenti che suonano dal vivo. Chissà se li conoscevate già? Leggete attentamente le schede successive, per poterli riconoscere a teatro. Il violino è la voce più acuta della famiglia dei moderni strumenti ad arco occidentali. Ha 4 corde intonate per quinte (mi-la-re-sol), tese su un manico d’ebano che termina a riccio, mediante piroli infissi nel cavigliere. Le corde partono dal capotasto e passano sulla tavola armonica, nella quale si trovano i due tagli ad effe, poggiano su di un ponticello che trasmette alla cassa le vibrazioni attraverso l’anima, costituita da un cilindretto di legno movibile posto vicino al piede destro del ponticello. Le corde sono fissate alla tavola stessa mediante una cordiera d’ebano. Storicamente lo strumento assunse intorno al 1600 un ruolo predominante nell’ambito della musica strumentale, contribuendo alla nascita delle più importanti strutture formali barocche come la sonata, il concerto, la sinfonia. Il violoncello nasce in Italia nella seconda metà del XVI secolo dallo sviluppo della viola da gamba. Le sue dimensioni gli permettono di produrre dei suoni gravi. Si suona appoggiandolo tra le ginocchia ed usando un archetto. Nella base dello strumento è inserito un puntale in legno o in metallo che serve ad appoggiarlo in terra. L’accordatura delle 4 corde è basata sulle stesse note della viola trasportate, però, un’ottava sotto (lare-sol-do). Nel 1700 entrò a far parte stabilmente dell’orchestra. Il clarinetto ha un’imboccatura detta ad ancia semplice (l’ancia è una sottilissima linguetta di legno che viene inserita nel bocchino dello strumento e fatta vibrare dall’aria soffiata dal musicista). È formato da un tubo cilindrico di legno 78 terminante in un padiglione svasato nel quale sono stati praticati dei fori, che vengono chiusi sia dalle dita che da alcune chiavi. Derivato dallo strumento popolare chalumeau, fu soltanto dopo il XVII secolo che assunse la foggia che conosciamo oggi. Il fagotto è costituito da un lungo tubo di legno (circa 2 metri e 50 centimetri) ripiegato su sé stesso a forma di U e terminante con un padiglione; lungo il tubo si trovano dei fori chiusi da un complesso sistema di chiavi. L’imboccatura ad ancia doppia è inserita in un tubetto metallico ripiegato e collegato allo strumento. Ha un timbro grave e pastoso, utilizzato nelle orchestre sinfoniche e d’opera. La fisarmonica è uno strumento musicale aerofono a mantice; è stata per lunghi anni uno strumento folcloristico legato alla tradizione della danza popolare. Ha due bottoniere: una corrispondente alla mano sinistra, l’accompagnamento, l’altra corrispondente alla mano destra che esegue il canto. La fisarmonica più conosciuta è quella che ha la tastiera della mano destra come quella del pianoforte. Il bandoneón, chiamato anche bandonion dal suo inventore, il tedesco Heinrich Band, è simile alla fisarmonica, ma ha entrambe le tastiere a bottoni; è uno strumento fondamentale nelle orchestre di tango argentine. Il sintetizzatore, anche chiamato synth, è uno strumento musicale che appartiene alla famiglia degli elettrofoni. È un apparato in grado di imitare altri strumenti reali o creare suoni non esistenti in natura. È generalmente controllato per mezzo di una tastiera. 79 3. GIOCHI CON LA VOCE A cura di Nausicaa Bosio Per la scuola primaria e secondaria Assistendo al nostro spettacolo vi accorgerete, o forse lo sapete già, che i personaggi dell’opera cantano utilizzando una tecnica particolare: i cantanti d’opera cantano con VOCE IMPOSTATA. Si tratta di una tecnica vocale che permette di potenziare molto il VOLUME e l’ESTENSIONE della VOCE NATURALE. Un po’ di storia Fino al Cinquecento i cantanti cantavano con timbro naturale. Dal Seicento, con la nascita del Melodramma, spettacolo in cui si mette in scena una storia cantando, accompagnati dall’orchestra, i cantanti devono sviluppare capacità tecniche e canore sempre maggiori, per rendere la voce bella e potente, così da poter essere sentiti nei grandi teatri con facilità: si cantano senza microfono (!) arie molto difficili. 3.a Don Ramiro e Cenerentola: chi è il tenore e chi il contralto? C’è sempre un po’ di confusione nella CLASSIFICAZIONE DELLE VOCI Le voci femminili, dalla più acuta alla più grave, sono: SOPRANO, MEZZOSOPRANO, CONTRALTO Le voci maschili, dalla più acuta alla più grave, sono: TENORE, BARITONO, BASSO. 3.b Tutti critici musicali Provate a trasformarvi in CRITICI MUSICALI, ascoltando con attenzione lo spettacolo ed esprimendo il vostro giudizio. Non abbiate timore di sbagliare: non c’è una risposta giusta; semplicemente divertitevi ad ASCOLTARE, cercando di capire se e quanto la musica possa arricchire e completare la storia. Ad esempio: la voce del contralto Cenerentola ha un timbro chiaro/scuro debole/potente cristallino delicato/aggressivo sottile caldo brillante .................................... .................................... .................................... .................................... Trovatene altri voi! 80 Nella Cenerentola Rossini affida il ruolo della protagonista al CONTRALTO. Di solito la protagonista dell’opera è il soprano: perchè Rossini avrà fatto questa particolare scelta? Ascoltando l’opera prova a osservare le caratteristiche della voce di Cenerentola; con quali aggettivi si può qualificare? Ti sembra tradurre bene musicalmente il carattere e la storia di Angelina? Le sorellastre, Clorinda e Tisbe, sono rispettivamente un SOPRANO e un MEZZOSOPRANO. Quali sono le caratteristiche delle loro voci? La musica aggiunge qualcosa ai personaggi? E come? Per quanto riguarda i personaggi maschili abbiamo un TENORE, il Principe Don Ramiro, un BASSO, il cameriere Dandini e un BASSO BUFFO, il patrigno Don Magnifico. Sarà stata una scelta casuale? Quale effetto si otterrebbe se Don Ramiro fosse un BASSO BUFFO e Dandini un TENORE? La storia avrebbe lo stesso significato? Buon lavoro! 3.c Librettisti e Compositori Facciamo finta che Ferretti e Rossini non abbiano terminato il loro lavoro, immaginiamo che siano stati interrotti sul più bello ... Entriamo nel loro studio, diamo un’occhiata ai loro appunti... e trasformiamoci in librettisti completando la scena e poi in compositori inventando la musica (con l’aiuto dell’insegnante!). Magari non se ne accorge nessuno!... Ecco alcuni spunti di lavoro: Siamo all’inizio dell’opera. Clorinda e Tisbe si pavoneggiano davanti allo specchio; Cenerentola prepara la colazione e canta l’aria «Una volta c’era un re», infastidendo le sorellastre… si sente bussare: chi sarà? Tisbe Cenerentola finiscila con la solita canzone. Clorinda Cenerentola finiscila con la solita canzone. Cenerentola Presso al fuoco, in un cantone, via lasciatemi cantar. Una volta c’era un re, una volta... Clorinda e Tisbe E due, e tre! Clorinda La finisci? Sì o no? Clorinda e Tisbe Se non taci ti darò! Cenerentola Una volta... (si ode picchiare) Clorinda, Tisbe e Cenerentola Chi sarà? Chi sarà? Indovina chi è alla porta e inventa una filastrocca sul personaggio misterioso. Poi trasformati in Rossini e componi la melodia! Arrivano i cavalieri del Principe Ramiro ad invitare le figlie di Don Magnifico al ballo. Clorinda e Tisbe, agitatissime, si lanciano nei preparativi subissando la povera Cenerentola con mille richieste, quindi litigano fra loro per decidere chi delle due abbia il diritto di avvisare il padre, Don Magnifico. 81 Tisbe Non v’è tempo da perdere Clorinda Nostro padre avvisarne conviene Tisbe Esser la prima voglio a darne la nuova Clorinda Oh, mi perdoni, io sono la maggiore Tisbe No, no, gliel vo’ dir io Clorinda È questo il dover mio. Io svegliare lo vo’. Venite appresso. Tisbe Oh! Non la vincerai. Clorinda Ecco egli stesso. Arriva Don Magnifico: che cosa potrebbe dire per presentarsi? Inventa una filastrocca divertente con cui Don Magnifico entri in scena, suscitando l’ilarità del pubblico...poi componi una musica buffa che caratterizzi ancor meglio il personaggio (facendoti sempre aiutare dagli insegnanti!). Clorinda, Tisbe e Don Magnifico sono finalmente al ballo. Le due sorelle cercano di conquistare il Principe, che in realtà è il cameriere Dandini travestito. Don Magnifico ha bevuto così tanto vino che è nominato “cantiniere”; circondato e incitato dai cavalieri… straparla! Don Magnifico Intendente! Direttor! Presidente! Cantinier! Grazie, grazie, che piacer! Che girandola ho nel cor! Si venga a scrivere quel che dettiamo. Seimila copie poi ne vogliamo. Cavalieri Già pronti a scrivere Tutti siam qui. Che cosa detterà Don Magnifico? Quale regola bizzarra si inventerà? Prendi il posto del librettista e del compositore e divertiti a comporre una filastrocca nonsense! Buon lavoro! 82 4. GIOCHI CON LA SCENOGRAFIA A cura di Lucia Carella 4.a L’ABC dei luoghi segreti del palcoscenico Come è fatto un TEATRO? Chi è lo SCENOGRAFO? La primissima cosa che si consiglia quando si vuole intraprendere la carriera dello scenografo è la conoscenza dei luoghi segreti del teatro, in particolare del PALCOSCENICO, la zona in cui si muovono gli attori, visibile dal pubblico in sala. Il palcoscenico può essere di tipo meccanico, ossia: – Suddiviso in quadrati o rettangoli in legno chiamati BOTOLE, attraverso le quali appaiono e scompaiono personaggi o elementi di scena. – MOBILE su ascensore meccanico, cioè diviso in piattaforme che si alzano e si abbassano, favorendo i cambi di scena. – Fornito di ROTAIE sulle quali scorrono orizzontalmente le pareti scenografiche. Molto importante è anche la parte che sovrasta il palcoscenico detta TORRE DI SCENA, nella quale si appendono e si muovono verticalmente le scenografie. Qui gli elementi di fondamentale importanza sono: – La GRATICCIA: ha le dimensioni del sottostante palcoscenico ed è una sorta di soffittatura costituita da travi di legno o di metallo posti ad una distanza di circa 8 cm. l’una dall’altra. Tra le fessure scorrono i cavi d’acciaio che sorreggono gli elementi scenici. Sulla graticcia lavorano macchinisti specializzati. – I TIRI: sono i cavi d’acciaio ai quali sono appese le scenografie e soprattutto i fondali; possono essere manuali o meccanici, ma sempre utilizzati sfruttando il principio del contrappeso. – I BALLATOI: presenti in maniera differente a seconda dei teatri, sono dei veri balconi a più piani che percorrono interamente il perimetro del palcoscenico, a cui vengono fissati i contrappesi dei tiri manuali. – I PONTI LUCE costituiti da particolari travi d’acciaio soprannominate AMERICANE, sulle quali si fissano i proiettori. Naturalmente tutti questi elementi variano di misura a seconda dei teatri, quindi è fondamentale conoscere perfettamente le caratteristiche tecniche e le potenzialità del palcoscenico entro il quale si svolgerà la nostra rappresentazione teatrale; infatti la scenografia sarà progettata e costruita in base alle misure e alle possibilità che il palco offre. Certo, la spiegazione orale o scritta non è sufficiente, perché solo visitando questi luoghi si potranno ammirare gli spazi immensi, assaporarne gli odori e viverne le emozioni. Si consiglia quindi una visita guidata alle strutture di un teatro e se possibile anche ai laboratori di scenografia, per apprendere al meglio le tecniche e gli strumenti usati dallo scenografo. Lo scenografo è colui che progetta e realizza la SCENOGRAFIA, ossia l’ambiente entro il quale vivono i personaggi della nostra storia. Come farà a costruire con calce e mattoni il palazzo reale del Principe? 83 No, niente paura... è uno scenografo, non un muratore, quindi sarà tutto finto, come in un gioco. Ogni cosa a teatro è costruita con materiali leggerissimi come il legno, la gommapiuma, il polistirolo, oppure è semplicemente dipinta su un grande telone di stoffa, chiamato FONDALE, appeso poi al fondo del palcoscenico. Così si potrà rappresentare la cucina dove lavora Cenerentola, la sala da ballo, il palazzo del Principe, ecc... Più fondali si dipingeranno e più saranno i luoghi in cui vivranno i nostri eroi. Ovviamente è molto importante usare l’immaginazione! Ma tutto questo lavoro viene eseguito sul palcoscenico? No, le scenografie vengono realizzate nei grandi laboratori di scenografia e una volta terminate vengono portate in teatro e montate sul magico palcoscenico. Ma noi non conosciamo uno scenografo! Allora mettiamoci tutti al lavoro. Ed eccoci trasformati come per magia in tanti piccoli scenografi! 4.b La conoscenza della STORIA dell’evoluzione del teatro In un momento in cui tutto si trasforma rapidamente, è opportuno fare un passo indietro e ricostruire la storia dei teatri passati, per capire che tutto ciò che noi oggi diamo quasi per scontato è in realtà frutto di una lunga evoluzione. Per questo consigliamo una ricerca sulla storia del teatro dalle prime colossali strutture greche e romane, in cui lo spettacolo si svolgeva all’aperto sfruttando la luce naturale fino all’ultimo raggio di sole. Le rappresentazioni duravano ininterrottamente per giorni senza mai annoiare il pubblico, anzi entusiasmando anche il più semplice cittadino... Tutto questo ai giorni nostri suonerebbe incredibile; come reagirebbe un adolescente del 2000? La seconda tappa storica è il Medioevo, periodo in cui scompare il repertorio classico e quasi l’idea stessa di teatro. La Chiesa, infatti, condannando gli eccessi di violenza e lascivia tipici del teatro di età imperiale, elimina del tutto le rappresentazioni, ad eccezione di quelle a carattere religioso che si diffondono a partire dall’età carolingia. Durante questo periodo, però, gli attori di teatro popolare vengono vessati in molti modi; ad esempio non viene loro concesso di essere seppelliti in luogo consacrato. La situazione si fa per loro specialmente difficile durante i giorni della Quaresima e da qui nascerà la superstizione del colore viola in teatro. Paragoniamo tutto ciò al divismo dell’attore di oggi, che vive accompagnato dalle guardie del corpo ed è presente su tutte le cronache scandalistiche. Un terzo tema interessante è quello del galateo a teatro: ad esempio nel teatro barocco era consuetudine mangiare, bere, fumare, giocare a carte, discutere di politica o attualità durante le rappresentazioni. Tutto ciò non era considerato un atteggiamento maleducato, ma anzi un modo di intendere il teatro come luogo di aggregazione e socializzazione. E oggi come si comportano i ragazzi a teatro? 84 4.c Le fasi di realizzazione di una scenografia 1. Conoscenza dell’opera e delle intenzioni del regista Generalmente ogni rappresentazione teatrale, oltre a raccontare una storia, vuole trasmettere un messaggio. Anche la scenografia con i suoi colori e le sue forme deve aiutare a ottenere diverse sensazioni. Ad esempio: Scena scura e opprimente: situazione drammatica Scena chiara e ordinata: situazione serena 2. Lettura e analisi del libretto con individuazione degli ambienti e degli oggetti citati. Le scene principali della nostra storia sono: – cucina del castello del barone Don Magnifico – sala del castello del barone Don Magnifico – sala da ballo del palazzo del Principe Don Ramiro 3. Progettazione e realizzazione grafica di un bozzetto scenografico. Ogni rappresentazione teatrale può avere più scene intercambiabili o un’unica scena fissa: ciò dipenderà dal numero degli ambienti previsti nel libretto o dalla scelta registica. Per ogni scena occorrerà realizzare un BOZZETTO e, se sono previsti elementi tridimensionali, anche gli ‘sviluppi’, ossia i disegni tecnici delle singole parti con relative misure. Naturalmente non può mancare la fondamentale ‘pianta in scala’. Prima di incominciare a disegnare il bozzetto scenografico è opportuno porre la nostra attenzione alle regole prospettiche. Per coloro che non hanno particolare dimestichezza con il disegno prospettico proponiamo un semplice percorso esplorativo. Definizione della parola PROSPETTIVA: disegno geometrico che ci permette di rappresentare su un foglio da disegno forme e oggetti facendoli apparire reali, come se uscissero dal foglio (effetto tridimensionale). Ricordiamo che le cose più sono vicine più sembrano grandi e, al contrario, più sono lontane più si rimpiccioliscono. Esistono vari tipi di prospettiva: frontale, accidentale, aerea. Il tipo di prospettiva più comunemente usata in teatro è la prospettiva frontale a punto di vista centrale. Esempio. Consideriamo tre modelli di stanze: 1. UN MURO FRONTALE. 2. DUE MURI AD ANGOLO E PARTE DEL PAVIMENTO. 85 3. TRE PARETI DELLA STANZA E IL PAVIMENTO. Osserviamo il disegno n. 3: il pavimento della stanza non è diritto, ma tende a restringersi assumendo la forma di un trapezio. I due muri laterali ci possono sembrare storti, ma in realtà così disegnati definiscono la profondità. Il pavimento più si allontana dal nostro sguardo più si rimpicciolisce. Le linee laterali del pavimento e tutte le fughe delle piastrelle convergono in un unico punto immaginario chiamato PUNTO DI FUGA. Esempio. Disegno prospettico con relativa costruzione: LINEA DI TERRA LE LINEE CHE DEFINISCONO LE PARTI FRONTALI SONO PARALLELE ALLA LINEA DI TERRA ...ECCO LA SPIAGGIA! Naturalmente per una costruzione geometrica più precisa occorrerà un ulteriore approfondimento. È molto importante ricordarsi che all’interno dei bozzetti non si devono disegnare persone e animali, perché non sono ambienti, ma personaggi. Inoltre si può decidere di non disegnare tavoli, sedie, divani, ecc. in quanto oggetti di arredo fruibili dagli attori, quindi mobili reali aggiunti sulla scena. 4. Realizzazione di una scenografia Come già anticipato nel paragrafo precedente, la scenografia può essere composta da uno o più fondali oppure da elementi costruiti. Naturalmente per realizzare questi lavori è fondamentale allestire in uno spazio piuttosto grande il LABORATORIO DI SCENOGRAFIA, fornito di una pavimentazione in legno facilmente sostituibile con una serie di grandi plance di legno appoggiate sul pavimento. Realizziamo quindi un fondale, che viene dipinto su una grande tela che sarà stesa a terra (su superficie di legno) e sarà BROCCHETTATA, cioè inchiodata lungo l’intero perimetro con chiodi di particolare forma di nome ‘brocchette’, piantati uno accanto all’altro ad un intervallo di circa 10 centimetri, con lo scopo di tendere e fermare la tela. Prima della pittura la tela viene ‘imprimita’, altro termine tecnico che vuol dire ‘preparata per la pittura, in modo tale che il colore rimanga ben fermo evitando lo sgradevole effetto di macchia che si espande’. L’imprimitura consiste in una miscela di 12 parti di acqua, 1 parte di colla vinilica e pigmento bianco quanto basta per ottenere un colore coprente. Quando la tela sarà completamente dipinta di bianco si lascerà asciugare e solo dopo s’inizierà il disegno e la pittura. 86 QUESTO È IL PARTICOLARE CHIODO CHIAMATO BROCCHETTA! QUESTO È IL TELO IMPRIMITO E BROCCHETTATO A TERRA SUL QUALE DIPINGEREMO LA NOSTRA SCENOGRAFIA! Esecuzione del disegno Il disegno che realizzeremo sulla tela sarà la precisa copia del disegno che abbiamo fatto sul bozzetto, naturalmente ingrandito. Il sistema utilizzato per ingrandire il bozzetto è l’antica tecnica della ‘quadrettatura’: sul bozzetto si traccerà una griglia di 20 quadretti per 30, il cui lato misura 1 centimetro, mentre sulla tela si ridisegnerà la griglia di 20 x 30 quadretti, ma con il lato che misura 1 metro o 50 centimetri. Basterà ridisegnare tutto ciò che contiene ogni quadretto e il disegno è pronto! Preparazione degli strumenti necessari per l’esecuzione Tutto il lavoro viene eseguito in piedi, per agevolare l’ampiezza del cono della nostra percezione visiva. Data la distanza tra noi e la tela da dipingere occorrerà costruirsi delle prolunghe per i pennelli. Per DISEGNARE: costruiamo la ‘canna’, una bacchetta lunga 1 metro con il fondo fissato con del nastro adesivo ad un carboncino da disegno, che sostituirà la matita. Per CANCELLARE: ritagliamo alcune strisce di tela e applichiamole al fondo di una bacchetta, ottenendo uno strano strumento simile ad un ‘mocio’ per il lavaggio dei pavimenti: sbattuto sulla linea da cancellare porterà via il carboncino fino ad annullarlo completamente. Il nome tecnico di questa strana gomma e ‘gatto a nove code’. Il RIGHELLO: utilizzeremo semplicemente una lunga bacchetta di legno o una corda tesa da parte a parte. 87 CURVE E CERCHI: utilizziamo semplicemente il compasso per la lavagna o usiamo un cordino: un estremo si ferma alla tela con un chiodo, l’altro si fa ruotare fissando alla distanza desiderata un carboncino o una matita. Preparazione dell’imprimitura e dei colori I colori che si utilizzano sono ottenuti miscelando una parte di colla vinilica con 12 parti di acqua, cui si aggiungono i pigmenti (ossia ossidi e terre naturali). La quantità varia a seconda dell’effetto desiderato, più coprente o più acquerellato. Naturalmente è più semplice usare i colori acrilici! Realizzazione degli elementi scenografici ‘costruiti’ La scenografia naturalmente deve essere leggera, perché ogni elemento sul palcoscenico deve spostarsi con facilità. È molto importante scegliere materiali leggeri e malleabili. Nella scenografia barocca i materiali principalmente usati erano il legno e la cartapesta, mentre oggi si usano anche materiali sintetici più resistenti e spesso innovativi. Attualmente i materiali più usati sono: il legno, usato come supporto portante, il polistirolo, la gommapiuma, il poliuretano, la plastica, ecc. Naturalmente questi materiali non si usano grezzi, ma lavorati in modo tale da trasformarli in ‘pietra, corteccia, intonaco, marmo’, ecc. Per prima cosa bisogna renderli solidi, e per questo si usa la tecnica della GARZATURA, cioè una copertura di strati di garza, che un tempo veniva incollata con la colla vinilica, oggi con la gomma liquida o il plastico. Terminata la garzatura occorrerà trasformare la superficie in materia, per ottenere un effetto simile al materiale desiderato. La superficie va allora PAPPONATA, cioè ricoperta con il ‘pappone’, una miscela di colore, segatura, sabbia, trucioli, ecc. La ricetta varia a seconda della granulosità che si vuole ottenere. A questo punto la superficie è pronta per essere dipinta. Quando si realizza una scenografia è importante considerare il punto di vista del pubblico: non ci devono essere SFORI, cioè punti bucati. Inoltre tutto ciò che non sarà mai visto dalla platea non verrà né costruito né dipinto: sarebbe uno spreco di materiale, di tempo e di energia! 4.d Giochiamo con il teatrino dei burattini e delle marionette Gli scenografi prima di iniziare la costruzione dell’intero impianto scenico realizzano un modellino del proprio progetto in scala ridotta. Questo può diventare un gioco da proporre ai ragazzi con l’obiettivo di mostrare la collocazione effettiva del loro elaborato. Se poi vogliamo divertirci ancora di più possiamo trasformare il modellino in teatrino dei burattini. I burattini possono essere realizzati con varie tecniche, interamente in stoffa con la testa modellata in cartapesta o in das, oppure più semplicemente decorando una pallina da ping-pong. L’importante è che rappresentino i personaggi della storia: per questo possono essere caratterizzati e decorati con fili di lana o residui di pelliccia per realizzare i capelli o la barba e i baffi, ma non mancheranno cappelli, colletti, ecc. Anche il teatrino può essere realizzato con varie tecniche e materiali, come legno, cartone o stoffa. 88 Ecco lo schema per realizzare il vostro teatrino dei burattini: 150 50 40 150 TAGLIA VIA IL BOCCASCENA 75 DECORA SECONDO LA TUA FANTASIA CON I CARTONCINI COLORATI E AGGIUNGI LE TENDINE... IL TEATRINO È PRONTO! PER MUOVERLO DOVRAI INFILARE LA MANO NEL VESTITO, INFILARE IL DITO INDICE NELLA TESTA E IL POLLICE E IL MEDIO NELLE DUE MANI! QUESTO È UN BURATTINO! In alternativa si può realizzare un teatro di marionette a filo, infatti appendendo un telo su un filo teso da parte a parte che fungerà da fondale, si potranno manovrare le marionette dall’alto verso il basso salendo su un tavolo nascosto dietro la tela. Non è difficile costruire semplicissime marionette alte 70-100 centimetri; la parte più impegnativa è la realizzazione della testa, che può essere fatta di cartapesta o più semplicemente decorando una palla di polistirolo su cui si dipingerà il volto e si incolleranno cappelli di cartone e parrucche di lana. Il corpo può essere realizzato in stoffa imbottita, con mani e piedi di legno o di un qualsiasi altro materiale più pesante. Importante è il vestito, che può essere realizzato con un semplice pezzo di stoffa indossato come una tunica o un poncho... I fili partiranno da testa, mani, gambe, schiena e si fisseranno su un bilancino di legno a croce. 4.e Realizziamo i costumi di scena Per completare la messa in scena dell’opera occorrerà preoccuparsi dei costumi che indosseranno i personaggi. I personaggi principali della nostra storia sono: – La bella Cenerentola – Le antipatiche sorellastre Clorinda e Tisbe – Il barone Don Magnifico, il perfido patrigno – Il principe Don Ramiro – Dandini, il cameriere del principe – Alfonso, Donato e Rodolfo, maestri del Principe Anche per i costumi occorrerà analizzare il testo, cercando gli elementi che descrivono i personaggi nel loro aspetto fisico e caratteriale. Il carattere si 89 evidenzierà con la forma dell’abito e soprattutto con il colore: ad esempio una donna passionale sarà vestita di rosso, il cattivo di nero, una fanciulla spensierata di rosa, ecc. In seguito all’analisi dei personaggi si prepareranno i figurini dei costumi che serviranno da traccia per la loro realizzazione. A questo punto si possono intraprendere due strade: – - il TROVAROBATO: cioè cercare abiti dismessi e riadattarli la SARTORIA: cucire gli abiti. Per tutti coloro che hanno voglia di giocare, si propone un sistema semplice e divertente per creare abiti-pittura, evitando le difficoltà delle tecniche tradizionali di sartoria. Anche in questo caso occorrerà utilzzare il laboratorio di scenografia precedentemente allestito. La tecnica per la realizzazione di questi particolari costumi è la seguente: recuperiamo vecchie lenzuola dimenticate da tempo nei bauli, e pieghiamole a metà, tendiamole a terra, corichiamoci sopra con le braccia aperte e facciamoci tracciare la sagoma del corpo. Poi disegniamo il costume seguendo la nostra fantasia, lo coloriamo e infine lo ritagliamo lungo i contorni, tenendo unito il lato delle braccia. Cuciamo tanti laccetti lungo i lati della tela, in modo da tenere la sagoma ben aderente al nostro corpo, e completiamo con l’aggiunta di mantelli, cappelli, accessori. QUESTO È IL VECCHIO LENZUOLO LO PIEGHIAMO A METÀ E LO TENDIAMO PER TERRA CI STENDIAMO SOPRA LASCIANDO TESTA MANI E PIEDI FUORI... E TRACCIAMO IL CONTORNO DEL CORPO. MI RACCOMANDO! LA TESTA VÀ DAL LATO DELLA PIEGA. ...ALZIAMOCI... E LA SAGOMA È PRONTA PER ESSERE DISEGNATA E DIPINTA SEGUENDO LA TUA FANTASIA! Il costume è pronto! 90 5. LA CACCIA AL TESORO MUSICALE A cura di Giovanna Piga Al termine delle attività di lavoro su Cenerentola vi suggeriamo un gioco divertente e utile per ripassare in allegria quello che è stato appreso durante l’anno nelle varie fasi di lavoro. Si tratta di una semplice “caccia al tesoro” realizzata in chiave musicale, cioè con alcuni quesiti da risolvere che riguardano, appunto, Cenerentola. L’organizzazione del gioco è affidata agli insegnanti. Luogo: si può organizzare il gioco sia in uno spazio chiuso (l’aula della classe o gli altri locali della scuola) che all’aperto (in cortile o in giardino), magari come festa di fine anno. Materiale occorrente: carta, pennarelli, strisce di stoffa colorata (rossa, blu ecc), cd audio di Cenerentola fornito dal Teatro Regio, registratore con lettore cd. Non dimentichiamo un piccolo premio da destinare ai vincitori…! Regole del gioco: dividere la classe in due o tre gruppi, stabilendo un “capo” per ognuno; abbinare a ciascuna squadra un colore corrispondente alle diverse strisce di stoffa che costituiscono gli indizi da cercare (ad es. la squadra dei rossi, dei blu ecc). Ogni squadra dovrà avere in dotazione una mappa del luogo prescelto per lo svolgimento della caccia, nel quale gli insegnanti avranno nascosto precedentemente gli indizi; sulla mappa dovrà essere indicata con una X il punto in cui sarà situata la prima striscia. Ogni volta che una squadra individuerà un indizio dovrà andare dall’insegnante per rispondere ad un quesito: rispondendo correttamente verrà segnata una nuova X sulla mappa in corrispondenza del nuovo indizio e così via fino al termine del gioco. Il numero di quesiti da porre è a discrezione degli organizzatori. Vince la squadra che termina per prima. Organizzazione del gioco: a) realizzare delle mappe del luogo prescelto per la caccia al tesoro, una per ciascuna squadra, più una per l’insegnante che coordinerà il gioco. b) Nascondere le strisce di stoffa (gli indizi), ricordandosi di segnare sulla mappa dell’insegnante tutti i punti in cui essi verranno celati, mentre su quella delle squadre andrà indicato solo il luogo del primo indizio. c) Preparare le domande da porre alle squadre. Si potrà realizzare un percorso uguale per ogni squadra oppure pensare di creare dei percorsi diversi: in questo caso il carico di lavoro sarà indubbiamente maggiore. Qui di seguito proponiamo una serie di domande-tipo da esporre ai ragazzi, la cui difficoltà può variare in relazione all’età. Come si chiamavano il compositore e il librettista di Cenerentola? Come si chiamano le sorelle di Cenerentola? Qual è il vero nome di Cenerentola? Come vengono definite le figlie di Don Magnifico? – adorabili; – amabili; – piacevoli. 5. Come definiresti il brano Una volta c’era un re? – allegro; – triste; – malinconico. 6. Quali sono i personaggi che cantano il brano Questo è un nodo? 1. 2. 3. 4. 91 7. Come si definisce un brano in cui 4 personaggi cantano contemporaneamente? 8. Quali sono le attività che si svolgono al palazzo del principe? – mangiare e bere; – recitare e dipingere; – danzare e cantare. 9. Nel brano Il mondo è scena intervengono Alfonso, Donato e Rodolfo: qual è la loro funzione nella storia? 10. Il brano Scegli la sposa inizia direttamente con il canto o con un’introduzione strumentale? Soluzioni: 1. Gioachino Rossini e Jacopo Ferretti; 2. Clorinda e Tisbe; 3. Angelina; 4. amabili; 5. malinconico; 6. Cenerentola, Dandini, Ramiro e Don Magnifico; 7. quartetto; 8. danzare e cantare; 9. sono coloro che aiuteranno Cenerentola; 10. inizia con un’introduzione. Si possono formulare anche quesiti più difficili come rebus ed indovinelli, in base alla fantasia degli organizzatori della caccia al tesoro. 92 6. IL CASTELLO DI DON RAMIRO A cura di Roberta Cortese Il modello in alto è una riproduzione del castello valdostano di Fénis secondo un’antica tecnica giapponese di intaglio e piegatura della carta: il KIRIGAMI. Ingrandisci l’immagine al 200%, poi taglia lungo le linne continue (prima quelle curve, poi le oblique, poi le longitudinali e poi le trasversali). Infine procedi con la piegatura a 90°, cominciando da quella centrale. Ricordati che le linee tratteggiate sono pieghe a valle e quelle puntinate sono pieghe a monte. La foto qui a fianco ti dà un’idea del suggestivo risultato finale! 93 7. E INFINE… A TEATRO! A cura di Roberta Cortese Ecco le istruzioni per realizzare alcuni cappellini che ti serviranno durante lo spettacolo. 7.a Per le dame Ingrandisci al 200%, incolla su un cartoncino, colora e taglia lungo i bordi. Con un nodo, fissa ai due fori interni un elastico, che poi farai passare dietro la testa. Se vuoi, dai fori laterali puoi far passare due nastri leggeri da legare sotto il mento. Questo è il cappellino che ha fatto da modello. Stampe d’epoca di moda francese d’inizio ‘800. 94 7.b Per i cavalieri Agli inizi dell’800 nella moda maschile troviamo copricapo molto diversi. Il BICORNO ha origini settecentesche, ma ora lo si porta con le punte rivolte ai lati (prima si portava con una punta sulla fronte e una sulla nuca). Il CILINDRO invece è la novità del secolo e infatti Ramiro, da buon principe, segue l’ultima moda. Per lo spettacolo divertiti a costruire il tuo bicorno, magari utilizzando questo modello. Ingrandisci la figura al 400% (dovrebbe diventare circa 40 X 18 cm.), personalizzala colorandone il bordo e magari applicando una coccarda; poi con del cartoncino nero ritaglia una copia della stessa sagoma e con del nastro adesivo incolla le due ‘mezze lune’ lungo il bordo superiore. Infine ritaglia anche una striscia di cartoncino della tua circonferenza testa e fissala internamente al bordo inferiore del tuo bicorno. La riproduzione di un bicorno e una caricatura francese della moda dell’epoca. 95 7.c Per tutti Queste sono le fiamme del camino di Angelina! Ingrandisci le sagome riportate qui sotto del 200% e riproducile su cartoncini colorati, magari rosso per le fiamme più grandi e giallo per quelle più piccole. Poi incolla le fiamme gialle su quelle rosse ed entrambe su una fascia di cartondino alta circa 5 centimetri e lunga almeno 5 centimetri più della tua circonferenza testa, da chiudere con nastro adesivo o meglio ancora con graffette. Eccoti trasformato nell’amico più caro di Angelina, quello a cui canta sempre la sua canzone. 96