fascicolo didattico

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SOMMARIO
Cenerentola vien qua, Cenerentola va’ là ...................................................pag.
3
Gioachino Rossini e la sua epoca .................................................................pag.
4
La Cenerentola di Rossini, presentazione e trama .................................pag. 11
Le mille e una Cenerentola............................................................................pag. 14
Proposte di studio interdisciplinare...........................................................pag. 19
Lo spettacolo. Cenerentola, ovvero Angelina e la magia del cuore
Presentazione .............................................................................................pag. 21
Libretto .......................................................................................................pag. 25
Il disco .........................................................................................................pag. 37
Gli spartiti ...................................................................................................pag. 39
Proposte operative
Giochiamo con “La Cenerentola”.............................................................pag. 59
Giochi musicali............................................................................................pag. 71
Giochi con la voce ......................................................................................pag. 80
Giochi con la scenografia .........................................................................pag. 83
La caccia al tesoro musicale ...................................................................pag. 91
Il castello di Don Ramiro .........................................................................pag. 93
E infine… a teatro! .....................................................................................pag. 94
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CENERENTOLA VIEN QUA, CENERENTOLA VA’ LÀ…
Sapevate che la fiaba di Cenerentola è probabilmente la più diffusa al mondo? La storia
della povera e maltrattata fanciulla che, a dispetto delle invidiose sorellastre e della
perfida matrigna, si riscatta sposando un bellissimo principe con cui vivrà “felice e
contenta”, è presente in tutte le culture del mondo a partire da epoche molto remote: si può
cominciare da Yeh-shen, l’antica Cenerentola cinese, o da Tam, la sua gemella vietnamita,
per arrivare alla moderna Cinderella disneyana
passando attraverso le infinite denominazioni
nazionali e regionali del personaggio (conoscete la
veneziana Conza-senare o la sarda Chiginera…?).
Le versioni più importanti, però, sono quelle
raccontate da alcuni specialisti della fiaba, come il
francese Charles Perrault, che nel 1697 raccontò
la classica Cendrillon, oppure i tedeschi fratelli
Grimm, che la ripresero con diverse varianti in
Aschenputtel (1812), senza dimenticare il meno
conosciuto Giovan Battista Basile che nella
raccolta Lo cunto de li cunti del 1634 (sottotitolo:
Lo trattenemiento de’ peccerille, scritto nella
gustosa lingua napoletana) inserì la sua Zezolla,
o La gatta Cenerentola, in cui la protagonista
appare un po’ meno angelica del solito.
Il nostro personaggio è davvero una star! Come
mai? Forse avete imparato che le fiabe hanno un
significato simbolico: raccontano infatti in forma
Gustave Dorè (1832-1883), La prova della scarpetdivertente e attraverso eventi prodigiosi alcuni ta
, illustrazione per la fiaba Cendrillon di Charles
dei principali aspetti della vita umana, legati alla Perrault, tratta da Il libro delle fate, Tipografia
sfera affettiva o alla crescita fisica e psicologica Editrice Lombarda, 1880.
della persona. La nostra Cenerentola, allora, non
descrive altro che l’importante svolta che avviene nella ragazza alla fine dell’adolescenza,
quando, lasciate le spoglie della sua vita infantile (rappresentate dalla cenere), diventa
una donna in grado di sposarsi; per dirla con un’altra fiaba famosa, il Brutto Anatroccolo
si trasforma finalmente in un Bel Cigno.
Nella fiaba di Cenerentola possiamo riconoscere anche altri simbolismi:
–
la figura materna sdoppiata in matrigna e fata. Non è forse vero che a volte durante l’adolescenza
pare difficile sentirsi compresi dagli adulti? Però, senza il loro aiuto, è impossibile superare le
difficoltà.
–
Le sorellastre: perfino i nostri amici e fratelli ci possono apparire come ingombranti ostacoli alla
nostra crescita.
–
Il principe azzurro: quando si scopre l’amore, tutto appare perfetto, anche il più normale degli
esseri umani diventa per noi stupendo, un vero principe!
Con una simile diva a disposizione, c’era da aspettarsi che il mondo del teatro, del cinema
e del balletto se ne impossessassero volentieri! Una delle principali versioni teatrali della
fiaba è sicuramente quella di Gioachino Rossini: La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo,
rappresentata la prima volta presso il Teatro Valle di Roma nel gennaio 1817. Prima di
parlare dell’opera rossiniana, però, vogliamo sapere qualcosa di più del suo autore.
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GIOACHINO ROSSINI E LA SUA EPOCA
Introduzione storica di Elisabetta Lipeti
Il contesto culturale
La vita di Gioachino Rossini si svolse in un arco di tempo piuttosto lungo e ricco di radicali
trasformazioni nella società e nella cultura italiane ed europee: il grande compositore
nacque alla fine del XVIII secolo mentre la Francia rivoluzionaria proclamava con la
Repubblica la morte dell’ancien régime, e visse fino al 1868; fu quindi contemporaneo delle
guerre napoleoniche, della restaurazione, dell’epopea risorgimentale fino all’unificazione e
alla nascita del Regno d’Italia (1861), mentre in Francia in una vorticosa successione di colpi
di scena si erano avvicendati un nuovo regime monarchico con conseguente rivoluzione, la
Seconda Repubblica e il Secondo Impero.
Un periodo di tempo così ampio e movimentato fu ovviamente caratterizzato anche da
importanti rivolgimenti culturali: tramontata l’età d’oro dell’Illuminismo e del Razionalismo
settecenteschi, si affacciava al panorama europeo il Romanticismo, che si sarebbe
sviluppato e avrebbe dato i suoi frutti migliori nella prima parte del secolo XIX, per
cominciare ad “appassire” verso metà Ottocento. Bisogna però ricordare che tale processo
di trasformazione avvenne in Italia con qualche decennio di ritardo rispetto all’Europa del
Nord.
I principi ispiratori della corrente culturale e artistica dell’Illuminismo erano:
-
la fede nella ragione umana, “lume” in grado di guidare l’umanità verso il progresso spirituale e
sociale, liberandola dalle tenebre delle ingiustizie e della superstizione;
-
l’esaltazione degli ideali di libertà, uguaglianza, tolleranza;
-
il rifiuto del dogmatismo religioso;
-
l’interesse per la cultura dell’età classica (antica Grecia e antica Roma), come modello nelle arti e
nella società.
Al contrario il Romanticismo promuoveva:
-
la negazione della ragione a favore dell’irrazionalità, del sogno, del mistero;
-
l’esaltazione dell’individuo come soggetto unico dotato di una visione del mondo del tutto personale
e, su scala più ampia;
-
l’unicità di ogni popolo, con le sue tradizioni culturali, rispetto ad ogni altro (nazionalismo);
-
il recupero del sentimento religioso e la tensione verso l’infinito;
-
lo studio del Medioevo come modello di libertà formale nelle arti.
In realtà la produzione teatrale di Rossini si sviluppò in un periodo molto limitato rispetto
all’esteso arco della sua vita: i diciannove anni compresi tra il 1810 e il 1829 videro nascere,
in una folgorante carriera, la successione stupefacente dei suoi numerosi e celeberrimi
capolavori. Poi, un lungo silenzio durato quasi quarant’anni, interrotto solamente da deliziose
pagine vocali e pianistiche e da due mirabili composizioni sacre: quasi un rompicapo per
gli storici, che si sono sempre interrogati sui motivi di una decisione all’apparenza tanto
contraddittoria, presa da Rossini proprio mentre si trovava incontrastato all’apice della
celebrità in tutta Europa.
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La musica
Il Settecento musicale europeo era stato dominato dalla diffusione dell’opera italiana,
che furoreggiava in tutte le principali città da Monaco a San Pietroburgo, da Vienna a
Londra e Parigi (dove, peraltro, si era discusso non poco tra i sostenitori della tradizione
francese e quelli della fazione italiana). Verso la metà del secolo XVIII i compositori,
i librettisti, i cantanti, i ballerini (e gli impresari!) italiani erano contesi dai principali
teatri internazionali, nei quali un pubblico adorante, formato soprattutto dalla nobiltà,
era sempre pronto ad applaudire i suoi beniamini.
Spesso si parla di opera o melodramma; ma cos’è esattamente? L’opera lirica o melodramma è un
genere teatrale nato a Firenze alla fine del Cinquecento; in esso gli attori si esprimono col recitar
cantando, una speciale tecnica artistica che unisce azione (gestualità, movimento) e musica (canto
accompagnato). Ma nell’opera c’è molto di più: magnifiche scenografie, splendidi costumi, un testo
poetico e talvolta danza. L’unione di tutti questi preziosi ingredienti crea uno spettacolo meraviglioso
e davvero emozionante!
Scendendo più nel dettaglio, com’è fatta un’opera? Quali sono le parti della sua struttura?
Il testo poetico utilizzato nell’opera si chiama libretto; questo è composto da atti, a loro volta suddivisi
in scene.
La struttura musicale, oltre a seguire l’articolazione in atti e scene, utilizza altri elementi, che cambiano
molto a seconda del periodo storico. All’epoca di Rossini sono:
–
la sinfonia d’opera, un brano solo orchestrale che precede l’apertura del sipario;
–
l’aria, un brano vocale solistico nel quale solitamente il personaggio esprime uno stato d’animo, un
sentimento, un proposito;
–
il recitativo, parte determinante per il susseguirsi degli avvenimenti, ma in cui il canto è molto
semplificato; può essere recitativo secco, quando è sostenuto dal solo clavicembalo, o accompagnato,
quando interviene anche l’orchestra;
–
i pezzi d’assieme (duetto, terzetto, ecc.), o concertati, lunghi brani in cui più personaggi cantano
insieme, a volte accompagnati dal coro; le parole non si comprendono perfettamente, ma la bellezza
dell’intreccio di voci e il carattere generale del pezzo favoriscono la comprensione;
–
i cori, nei quali il personaggio collettivo della folla agisce o commenta lo sviluppo della vicenda.
Nel Settecento il genere dell’opera si suddivideva in due tipi ben distinti di spettacolo: opera seria e
opera comica. Le loro caratteristiche si possono così riassumere:
Opera seria
–
ambientazione nell’antichità classica, talvolta in un oriente immaginario;
–
linguaggio poetico elevato;
–
canto tecnicamente difficile o perfino virtuosistico (bel canto);
–
recitazione poco vivace;
–
parti principali affidate a evirati o a voci femminili;
–
lunghi recitativi;
–
molte arie e pochissime parti d’assieme;
–
lieto fine.
Opera comica
–
ambientazione contemporanea, quotidiana, borghese o popolare;
–
linguaggio poetico simile al parlare comune;
–
canto tecnicamente più semplice;
–
recitazione vivace;
–
parti importanti affidate anche a voci gravi;
-
molte parti d’assieme e concertati;
–
lieto fine.
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Tra il Sette e l’Ottocento i compositori cominciarono a mescolare aspetti relativi ai due generi:
nell’opera seria vennero inseriti diversi i pezzi d’assieme, mentre la condotta vocale dell’opera comica
accantonò le linee semplici a favore di un canto fiorito e spesso molto virtuosistico. Nel frattempo
scomparvero quasi del tutto gli evirati; al loro posto le voci tenorili cominciarono a essere sempre più
apprezzate.
Durante lo stesso periodo nacque in Francia e si diffuse in Italia il nuovo genere ibrido dell’Opera
semiseria, basata sulle vicende di una protagonista di carattere delicato o patetico, inserita in un
contesto comico.
La tradizione strumentale, ormai, era quasi del tutto trascurata dagli autori e dal pubblico italiani, ma ampiamente coltivata nel resto d’Europa; a Vienna, in particolare, tra
la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, fioriva la mirabile stagione denominata
Classicismo Viennese. La stupefacente triade Haydn-Mozart-Beethoven
creò capolavori sinfonici, concertistici, di musica da camera… che divennero modelli perfetti per tutte le
generazioni successive.
All’inizio dell’Ottocento il panorama
musicale stava dunque rapidamente
cambiando: l’opera italiana godeva
ancora dell’ammirazione incontrastata del pubblico, ma veniva osservata in modo piuttosto polemico dai
colleghi stranieri, che la ritenevano
una specie di sottoprodotto artistico, un rudere antiquato rispetto alle
innovazioni della grande arte nordica. L’Italia stava diventando fanalino
di coda nel mondo musicale europeo?
Il Teatro Valle di Roma dove andò in scena per la prima volta La
Cenerentola di Rossini.
È questa la situazione in cui Rossini cominciò a operare.
La vita di Rossini
Gioachino Rossini nasce a Pesaro il 29 febbraio 1792 in una famiglia di musicisti poco
più che dilettanti: il padre Giuseppe, detto “il Vivazza” per le sue abitudini goderecce,
è pubblico “trombetta” (cioè banditore) e suona il corno in piccoli teatri; la madre Anna
svolge per qualche tempo la carriera di cantante d’opera. Dopo l’arrivo delle armate
napoleoniche a Pesaro, subito seguito dal ritorno del governo pontificio, Giuseppe viene
arrestato con l’accusa di nutrire forti simpatie rivoluzionarie, ma la vittoria di Napoleone
a Marengo ne causa presto la scarcerazione. Frattanto il piccolo Gioachino, che manifesta
eccezionali doti musicali, comincia a frequentare la scuola di musica di Lugo di Romagna e
poi il Conservatorio di Bologna, dove impara ad amare i capolavori di Mozart e Haydn, tanto
da meritare il soprannome di “tedeschino”. Il ragazzo è dotato di una voce bellissima, ma
suona anche il clavicembalo e il violino.
Durante una vacanza a Ravenna, Rossini compone sei quartetti per archi da eseguirsi come passatempo
assieme a tre giovani amici durante le sere d’estate. Le Sei sonate a quattro, in seguito giudicate
molto severamente dallo stesso compositore, sono in realtà pagine piacevolissime in cui ammiriamo la
precocità del maestrino; corre l’anno 1804 e Rossini ha solo 12 anni.
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Ancora adolescente Rossini compone la sua prima opera, Demetrio e Polibio, che sarà
rappresentata a Roma nel 1812; il vero esordio teatrale avviene nel 1810, quando il Teatro
San Moisé di Venezia allestisce La cambiale di matrimonio, seguita, l’anno dopo, da L’equivoco
stravagante (dato a Bologna); ma sarà il 1812 l’anno del “miracolo” e dell’esplosione
creativa: sono ben sei le prime rossiniane, tra cui una (La pietra di paragone) al Teatro alla
Scala di Milano, decreterà il successo del ventenne compositore. Successo consolidato e
affidato per sempre alla Storia grazie alla creazione, nel 1813, dei capolavori Tancredi e
L’italiana in Algeri con i quali la fama di Rossini varca i confini italiani e si proietta su scala
europea.
Nel 1815 un impresario napoletano (Domenico Barbaja) riesce ad accaparrarsi l’astro
nascente dei teatri italiani e a portarlo con sé al San Carlo, dove gli verranno assegnate le
mansioni di direttore artistico e compositore.
Nella bella città mediterranea la regina
delle scene è la cantante spagnola Isabella
Colbran; tra i due artisti nasce una grande
affinità sentimentale e professionale: si
sposeranno nel 1822. Frattanto Rossini
sfodera una serie di diciannove opere, non
tutte per i teatri napoletani, tra le quali
brillano titoli immortali appartenenti sia al
genere serio che a quello comico: Il barbiere
di Siviglia, Otello (1815), La gazza ladra (‘17),
Mosè in Egitto (‘18), Maometto II (‘20) e
naturalmente la nostra Cenerentola, scritta
per il Teatro Valle di Roma tra il dicembre
del 1816 e il gennaio successivo.
Il 1822 è l’anno del primo viaggio in una
grande capitale europea: Vienna! La città
musicalmente più importante d’Europa
è dominata dalla figura di Ludwig van
Beethoven, considerato il più grande Pietro Folo (1790-1867), Ritratto di Gioachino Rossini, incompositore del mondo. Pensiamo allo cisione, s.d. Pesaro, Casa Rossini.
stupore e forse anche al dispetto provato
dall’autorevole personaggio quando si accorgerà che il pubblico viennese, disertando un po’
i suoi concerti, corre a frotte ad osannare le opere del giovane Rossini…!
Soggiogato dal carisma del più anziano collega, il cui brutto carattere è reso ancor più ombroso dalla
sordità, Rossini lo va a visitare umilmente e riceve da lui garbati apprezzamenti insieme ad un consiglio:
«Fate molta opera buffa!» Rossini se la prenderà un po’ per queste parole, che significano pressappoco:
«Fate cosette leggere, e lasciate ad altri le cose serie!» Il giudizio di Beethoven, cortese ma severo,
ferisce la suscettibilità di Rossini, che dopo molti anni racconterà l’episodio ad un celebre collega, un
altro “gigante” della musica, Richard Wagner.
Rossini è ormai al culmine della celebrità; nel 1823 propone al pubblico del Teatro La
Fenice di Venezia la monumentale Semiramide, opera di carattere fortemente tragico;
sarà l’ultima opera rossiniana scritta per le scene italiane: alla fine dello stesso anno
il compositore inizia una tournée a Londra (dove trionfa anche come cantante!) e a
Parigi, città in cui decide di stabilirsi nel luglio del ‘24, in veste di direttore del Théâtre
Italien. Il soggiorno parigino, interrotto da alcuni viaggi e da periodi trascorsi in Italia,
diventerà definitivo nel 1855. Contemporaneamente la produzione teatrale subisce un
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brusco rallentamento, causato anche dalle instabili condizioni di salute di Rossini. Il suo
umore, infatti, oscilla tra momenti di estroversa gioia di vivere (proverbiale, tra l’altro,
la sua raffinata passione per il cibo!) e profondi crolli depressivi, acuiti certamente dalle
difficoltà familiari che sfociano nella separazione dalla Colbran e nella nuova relazione con
Olympe Pélissier, che Rossini sposerà nel 1846.
Anche il nuovo ambiente musicale parigino, già pervaso dal clima del Romanticismo, impone
all’autore nuovi ritmi creativi e la necessità di adattamento ad un gusto diverso da quello
italiano; nascono così la cantata scenica Il viaggio a Reims (‘25), per l’incoronazione di
Carlo X, i rifacimenti Le Siège de Corinthe (da Maometto II) e Moïse et Pharaon (da Mosè
in Egitto) e infine gli ultimi capolavori, Le Comte Ory (‘28), esilarante e raffinatissima
commedia di ambientazione medioevale, e Guillaume Tell (‘29), opera già di gusto romantico,
permeata di patriottismo, sensibilità per la natura, passione amorosa. Il moderno clima
culturale, però, non fa per lui e, giunto all’apice del successo, il compositore decide di
lasciare le scene. Morirà molti anni dopo, nel 1868, e verrà sepolto inizialmente a Parigi;
la salma verrà poi trasferita a Firenze, in Santa Croce, nel 1887.
Durante i quarant’anni di silenzio teatrale Rossini in realtà non smette di comporre:
due mirabili pagine sacre, lo Stabat Mater e la Petite messe solennelle testimoniano
la grandezza della sua vena creativa, tutt’altro che esaurita. Su un piano quasi intimo e
personale, invece, si trovano le raccolte di arie e duetti da camera Soirées musicales e i
brani pianistici detti ironicamente Péchés de vieillesse (Peccati di vecchiaia), una specie
di diario musicale ora buffo ora venato di malinconia, scritto da un genio che si sente
estraneo alla sua epoca.
La musica di Rossini
Passato alla storia come autore di opere comiche, Rossini in realtà fu anche eccelso
compositore di opere serie, come testimoniano ad esempio Otello, Tancredi, Guillaume
Tell… Le generazioni successive considerarono inizialmente la produzione rossiniana come
un modello stilistico perfetto, ma ben presto il suo mitico nome, ufficialmente onorato
come quello di un dio dell’olimpo musicale (ci fu anche chi lo definì “Giove-Rossini”!), fu
poi semplicemente rispettato come si fa con un vecchio nonno dai gusti ormai superati.
Nel corso dell’Ottocento la maggior parte delle opere rossiniane scomparve quindi dalla
programmazione dei teatri e si dovette attendere il Novecento per giungere ad uno studio
accurato della figura del grande compositore e alla cosiddetta “Rossini-renaissance”.
Recentemente si sono anche studiati gli aspetti particolari e moderni dei suoi capolavori,
aspetti che in parte precorrevano troppo i tempi per poter essere compresi e apprezzati
durante il XIX secolo. Un tema ricorrente nelle sue pagine comiche, ad esempio, è la
rassegnata ironia sui limiti della ragione umana e sull’incapacità che talvolta tutti noi
sperimentiamo nel comprendere le circostanze o perfino noi stessi. Le buffe crisi d’identità
dei personaggi rossiniani, come vedrai anche in Cenerentola, ricordano molte analoghe
situazioni descritte dalla letteratura e dal teatro del Novecento. Accade anche nel primo
atto della Cenerentola, quando, su una musica ondeggiante che esprime stupore, quasi
una scena di cinema al rallentatore, i personaggi cantano: «Nel volto estatico di questo e
quello si vede il vortice del lor cervello, che ondeggia e dubita e incerto sta».
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Le principali opere di Rossini
Opere serie
– Tancredi, libretto di G. Rossi, Venezia, Teatro La Fenice, 1813
– Elisabetta regina d’Inghilterra, libretto di G. Schmidt, Napoli, Teatro San Carlo, 1815
– Otello, ossia il Moro di Venezia, libretto di F. Berio di Salsa, da Shakespeare, Napoli, Teatro
del Fondo, 1816
– Mosè in Egitto, libretto di A. L. Tottola, Napoli, Teatro San Carlo, 1818
– La donna del lago, libretto di A. L. Tottola, da W. Scott, Napoli,Teatro San Carlo, 1819
– Maometto II, libretto di C. della Valle, da Voltaire, Napoli, Teatro San Carlo, 1820
– Semiramide, libretto di G. Rossi, da Voltaire, Venezia, Teatro La Fenice, 1823
Opere comiche o semiserie
– L’italiana in Algeri, libretto di A. Anelli, Venezia, Teatro San Benedetto, 1813
– Il turco in Italia, libretto di F. Romani, Milano, Teatro alla Scala, 1814
– Il barbiere di Siviglia, libretto di C. Sterbini, da Beaumarchais, Roma, Teatro Argentina, 1816
– La Cenerentola, libretto di A. Ferretti, Roma, Teatro Valle, 1817
– La gazza ladra, libretto di G. Gherardini, Milano, Teatro alla Scala, 1817
Opere francesi
– Il viaggio a Reims, cantata scenica, libretto di L. Balocchi, Parigi, Théâtre des Italiens, 1825
– Le Siège de Corinthe (da Maometto II), libretto di L. Balocchi e A. Soumet, Parigi, Opéra, 1826
– Moïse et Pharaon (da Mosè in Egitto), libretto di E. de Jouy e L. Balocchi, Parigi, Opéra, 1827
– Le Comte Ory, libretto di E. Scribe e M. Delestre Poirson, Parigi, Opéra, 1828
– Guillaume Tell, libretto di E. de Jouy e H. Bis, Parigi, Opéra, 1829
Altre composizioni
– Soirées musicales, per voce e pianoforte, 1830-35
– Péchés de vieillesse, 14 fascicoli, per diversi organici
– Stabat Mater, per voci e orchestra, 1841
– Petite messe solennelle, per dodici voci, due pianoforti e armonium, 1863
Piccola antologia di ascolti rossiniani
– da Tancredi, «Di tanti palpiti» (Tancredi), atto I
– da Mosè in Egitto, «Dal Tuo stellato soglio», preghiera di Mosè (Anaide, Maria, Elisero, Mosè e
Coro), atto IV
– da Semiramide, «Serbami ognor sì fido» (Semiramide e Arsace), atto I
– da L’italiana in Algeri, «Nella testa ho un campanel», finale atto I
– da Il barbiere di Siviglia, «Largo al factotum» (Figaro), «Una voce poco fa» (Rosina), atto I
– da La gazza ladra, sinfonia
– da Guillaume Tell, ouverture
inoltre:
– Franz Liszt, Canzone (da Canzone del gondoliere, Otello), per pianoforte; da Années de
pèlerinage, Venezia e Napoli
– Ottorino Respighi, La bottega fantastica, balletto; da Péchés de vieillesse
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LA CENERENTOLA DI ROSSINI
Presentazione
Sera dell’antivigilia di Natale del 1816: il Teatro Valle di Roma ha commissionato a Rossini
una nuova opera comica per il Carnevale imminente; il tempo stringe, ma ancora l’opera non
c’è, anzi, non è stato nemmeno deciso l’argomento! In compagnia dell’amico Jacopo Ferretti,
librettista, il compositore esamina e scarta una miriade di soggetti: troppo lunghi, troppo
noiosi, troppo costosi… Sfiduciato e mezzo addormentato Ferretti suggerisce infine
sbadigliando: «Cendrillon…?». Rossini, che si è sdraiato nel letto per concentrarsi meglio
(!), subito si rizza a sedere, accetta entusiasta e ordina al povero librettista una traccia
completa dell’intreccio per l’indomani mattina. L’opera andrà in scena il 25 gennaio 1817 e
sarà inizialmente un mezzo fiasco; nel corso
delle repliche successive, però, il giudizio
unanime diventerà sempre più lusinghiero
e La Cenerentola potrà essere consegnata
alla fama inossidabile che le spetta.
Il soggetto, ovviamente, è quello celeberrimo; Rossini, però, non trovandosi a suo agio
in mezzo a magie e prodigi vari, ne vuole
fare una storia edificante, basata sulle doti
morali della protagonista piuttosto che sull’incantevole scenografia di zucche trasformate in carrozze, topolini che diventano
cavalli, scarpette di cristallo, cenci laceri
mutati in vestiti d’oro e d’argento. Scompare quindi la fata e al suo posto compare
il filosofo e maestro Alidoro; eliminata d’altronde anche la matrigna in favore di un patrigno, Don Magnifico, altrettanto malvagio
benché ridicolo e goffo. Restano le sorellastre e naturalmente il meraviglioso principe, aiutato però dal cameriere Dandini, che
è il vero buffo della situazione.
Anonimo, Ritratto di Jacopo Ferretti.
Inutile dire che musicalmente l’opera è splendida, divertente, frizzante; l’Autore
caratterizza ogni personaggio grazie ad uno stile di canto tutto suo: bisbetiche e
petulanti le sorellastre, rozzo e stupido Don Magnifico, nei suoi tentativi di indossare i
panni del nobile d’alto lignaggio; solenne e degno di rispetto il maestro Alidoro, gentile e
veramente nobile il principe Don Ramiro, comicissimo e simpatico Dandini, cui è concesso
per un giorno di indossare i panni del principe e di poter toccare con mano le debolezze
e le bassezze umane della cosiddetta alta società. Ma la stella di prima grandezza è lei,
Cenerentola, il cui animo regale è presente sin dall’inizio e brilla lucente anche sotto la
cenere del camino; paragoniamo la sua sognante cantilena iniziale «Una volta c’era un re»,
talmente semplice da poter essere facilmente fischiettata, con il “pirotecnico” finale
«Non più mesta accanto al fuoco»: non si tratta di trasformazione del canto, ma piuttosto
di liberazione e innalzamento verso il massimo virtuosismo. Virtù canora e virtù morale
allora coincidono: davvero possiamo festeggiare la «bontà in trionfo»!
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La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo
Melodramma giocoso in due atti
Libretto di Jacopo Ferretti
Musica di Gioachino Rossini
Prima rappresentazione: Roma, Teatro Valle, 25 gennaio 1817
Personaggi
Angelina, sotto nome di Cenerentola, figliastra di Don Magnifico
(Contralto)
Don Magnifico, barone di Montefiascone
(Basso)
Clorinda, figlia di Don Magnifico
(Soprano)
Tisbe, figlia di Don Magnifico
(Mezzosoprano)
Don Ramiro, principe di Salerno
(Tenore)
Dandini, suo cameriere
(Basso)
Alidoro, filosofo, maestro di Don Ramiro
(Basso)
I cortigiani del Principe
(Coro)
Trama
Atto I
«Una volta c’era un re, che a star solo s’annoiò»… La povera Angelina-Cenerentola, figliastra
del barone Don Magnifico e costretta ai lavori più umili, si consola cantando e sognando a
occhi aperti, come tutte le ragazze della sua età. Incurante delle due perfide sorellastre,
Cenerentola continua: «Cerca, cerca, ritrovò,
ma il volean sposar in tre. Cosa fa? Sprezza
il fasto e la beltà e alla fin sceglie per sé
l’innocenza e la bontà. La la la… li li li». Lei
non lo sa ancora, ma più che una bella fiaba
la sua è una profezia o forse un programma
di vita. I litigi quotidiani vengono interrotti
dall’arrivo di un mendicante che viene
immediatamente maltrattato da Clorinda e
Tisbe, mentre Angelina gli porge amorevole
soccorso. In realtà si tratta del filosofo
Alidoro, in cerca di una sposa virtuosa per il
suo allievo, il principe Don Ramiro. Poco dopo
un gruppo di cavalieri giunge ad annunciare
l’arrivo del principe, che verrà ad invitare
ad un gran ballo tutti i nobili del paese;
le sorellastre non stanno più nella pelle e
corrono a prepararsi. La scena resta vuota;
giunge Don Ramiro, travestito da scudiero
per poter osservare da vicino le ragazze,
visto che Alidoro lo ha avvisato che in quel
del libretto della prima rappresentazione
palazzo decrepito è presente una fanciulla Frontespizio
assoluta della Cenerentola di Gioachino Rossini al Teatro
buona e bella. Casualmente si imbatte in Valle di Roma il 25 gennaio 1817.
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Cenerentola e tra i due scocca il colpo di fulmine: «Un soave non so che in quegli occhi
scintillò… Io vorrei saper perché il mio cor mi palpitò…». L’incanto è rotto dal pomposo
arrivo del servo Dandini, nelle vesti del principe, subito circuito dalle discutibili grazie
delle due bisbetiche. Mentre il gruppo fa per avviarsi alla festa Cenerentola implora
il patrigno di poter partecipare, ma implacabile e malvagio Don Magnifico la umilia e la
respinge. La piangente fanciulla viene consolata da Alidoro in persona: il ballo la aspetta,
un vestito e una carrozza sono pronti per lei.
A palazzo c’è un gran fermento: le sorellastre si danno da fare per sedurre il “principe”
(in realtà Dandini), disprezzando il suo scudiero. Annunciata dai cortigiani entra una
meravigliosa dama velata, stranamente somigliante a Cenerentola; Don Ramiro ne è
incantato, ma lei ammonisce: «M’offra chi mi vuol sposa rispetto, amor, bontà».
Atto II
L’arrivo della bellissima e misteriosa dama preoccupa molto Clorinda e Tisbe, ma non Don
Magnifico, certo che una delle due figlie riuscirà a diventare principessa. Nel frattempo
la Sconosciuta confessa al finto principe di amare in realtà il suo scudiero; Ramiro sente
tutto, le chiede di sposarlo, ma lei vuole che prima lui scopra la sua vera identità: gli
lascia allora un braccialetto, identico ad un altro da lei indossato, poi svanisce. Si avvicina
intanto il momento della verità per
Don Magnifico: Dandini, sollecitato
a fare la sua scelta, gli rivela con
feroce derisione di non essere
il principe, ma un suo cameriere;
a nulla valgono le lamentele del
tronfio barone, che assieme alle
figlie torna a casa affranto e
molto, molto arrabbiato. La notte
stessa, durante un temporale, la
carrozza di Don Ramiro si guasta
proprio davanti al palazzo di Don
Magnifico (ma in realtà è Alidoro
ad architettare l’incidente).
Tutti finalmente si riconoscono
nei propri panni: è lo sbigottimento generale («Che sarà!… Questo è
un nodo avviluppato…»), tra l’esta- Gino Carlo Sensani, bozzetto per il secondo atto de La Cenerentola di
si amorosa dei due giovani e la di- Rossini per il Teatro alla Scala di Milano, Stagione 1946-47.
sperazione dei tre “cattivi”.
Il giorno delle nozze, nella sala del trono, la corte omaggia la giovane principessa; regale
nell’aspetto e nell’animo, Angelina esprime immensa magnanimità: perdona il patrigno e le
sorellastre e inneggia alla felicità ottenuta grazie al trionfo della bontà.
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LE MILLE E UNA CENERENTOLA
A cura di Luciana Pasino e Pompeo Vagliani - Fondazione Tancredi di Barolo
La popolarità
Cenerentola è probabilmente la più popolare di tutte le fiabe. La si trova in raccolte
provenienti da ogni parte d’Europa, in Asia, in nord Africa, in Australia, nell’America del
nord e del sud. Uno sguardo sommario alle indagini di cui è stata oggetto ce ne rivela
oltre settecento versioni, che aumentano ancora se comprendiamo sotto questo titolo le
fiabe affini di Pelle d’asino e Bene come il sale, che nel loro insieme costituiscono un vero
e proprio “Ciclo di Cenerentola o della fanciulla perseguitata”, e se teniamo conto delle
versioni al maschile, quelle che hanno per protagonista un Cenerentolo o un Ceneraccio
disprezzato dal padre e dai fratelli maggiori
e uso trascorrere le sue giornate tra le
ceneri del focolare (almeno tre nella sola
raccolta norvegese di Peter Asbjørnsen).
Oltre che la più raccontata, Cenerentola
sembra essere anche la più studiata e riscritta delle novelline popolari. A farne oggetto di studio sono stati, fin dall’Ottocento, etnologi e indologi, psicanalisti e sociologi, semiologi e naturalmente folcloristi,
o meglio folcloriste perché i maggiori studiosi di Cenerentola – l’inglese Marian Roalfe Cox e la svedese Anna Birgitta Rooth
– sono guarda caso donne. A rileggerla e a
riscriverla ci hanno pensato il teatro, il cinema e la letteratura, un numero di volte
pressoché infinito (in un solo anno, molto
vicino a quello della Cenerentola rossiniana, un catalogo francese delle composizioni
teatrali più o meno integralmente ispirate
al racconto ne registra ben dodici!). Ma è
nell’ambito della letteratura per l’infanzia
che la fiaba è diventata un mito, consacrato dal cartone disneyano, che ha esercitato
e continua ad esercitare il suo fascino su
generazioni di giovani lettori. Un fascino a
livello conscio, perché parla di desideri che si avverano, di umili che vengono esaltati, di
virtù ricompensata e di malvagità punita, ma anche un fascino a livello inconscio perché,
come ci ha insegnato Bettelheim, questa fiaba rappresenta tensioni legate ai rapporti
familiari e risveglia nel bambino le emozioni connesse con il senso di colpa edipico e con i
sentimenti di rivalità fraterna ma nello stesso tempo lo aiuta ad accettarli come un fatto
abbastanza comune e quindi a vincerli e a superarli.
Una trama con tante varianti
Nella quasi totalità dei casi, la Cenerentola proposta al pubblico infantile adotta, oppure
adatta, una delle due versioni classiche della fiaba (Perrault, Grimm) che valorizzano
motivi della trama diversamente presenti nella tradizione orale e scritta.
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La situazione base è quella dell’orfana perseguitata. Cenerentola, figlia di un nobile o
di un mercante rimasto vedovo, è maltrattata dalla matrigna e dalle sorellastre che la
costringono ai lavori più umili, come lascia intendere il suo nome, spesso collegato con la
cenere per indicare la bassa condizione in cui è tenuta nella casa paterna: Culincenere,
Cendrillon, Aschenputtel, Aschenbroedel, Cinderella, ma anche Conza-sénare a Venezia,
Scindrin-Scindrun a Milano, Cenerognola nel Casentino, Cenerientola a Roma, Chiginera
in Sardegna e così via. L’orfanella riceve un aiuto soprannaturale dalla madre morta o da
qualche magico intermediario, un albero (dattero, nocciolo) piantato sulla tomba della
madre, un animale protettore (pesce, serpe, uccello), una vecchina oppure una fatamadrina, che magicamente le forniscono splendidi abiti, calzature e talvolta carrozza per
partecipare in incognito a una festa, un banchetto o un ballo. Qui incontra il futuro sposo,
principe, reuccio o figlio di re, che si innamora di lei a prima vista o per oggetto interposto.
La fanciulla sfugge ripetutamente finché, nonostante gli imbrogli delle sorellastre che in
qualche caso non esitano a mutilarsi i piedi per calzare la scarpetta, viene riconosciuta
grazie a un oggetto (scarpetta perduta, anello) e convola a nozze principesche con o
senza punizione esemplare dei persecutori. Pur presentandosi con le varianti di motivi cui
abbiamo accennato, l’intreccio, classificato nel fondamentale indice di Stith Thompson
come tipo 510A, ricalca lo schema individuato da Propp nelle fiabe di magia: è facile
riconoscervi il danneggiamento o mancanza iniziale (la morte della madre); il divieto (la
proibizione alla figliastra di partecipare al ballo del principe); la fornitura degli strumenti
magici (vestito e scarpette); il superamento del divieto; l’arrivo in incognito alla festa;
le pretese infondate avanzate dal falso eroe (i tentativi delle sorellastre di sostituirsi
a lei); il riconoscimento dell’eroina, l’unica fanciulla che riesce a calzare la scarpetta; lo
smascheramento delle antagoniste e le nozze conclusive.
Un po’ di storia e un po’ di preistoria
Da dove viene la novellina della Cenerentola? Probabilmente da molto lontano, tanto che,
come per ogni intreccio fiabesco, il residuo di miti e riti e il continuo andirivieni tra oralità
e scrittura, tra racconto popolare che diventa documento letterario e versione letteraria
che ritorna nella corrente della tradizione orale, rendono difficilissimo se non impossibile
ricostruirne la storia.
Una teoria affascinante, che ha sedotto molti studiosi a partire dai seguaci della scuola
mitologica, la suppone derivata da un mito solare dove la fanciulla è figura dell’aurora,
la cenere il suo travestimento notturno, i tre abiti immagini del suo potere luminoso e il
principe metafora dell’astro nascente che si leva e si fonde con lei. Altre ipotesi vengono
dalle Radici storiche dei racconti di fate di Propp, testo cardine degli studi novecenteschi
sulla fiaba, dove sono rintracciabili connessioni tra l’aiutante magico dell’orfana e alcuni
riti tribali del “ciclo dell’oltretomba”; o da un più recente saggio sulla decifrazione del
Sabba stregonesco dove, proprio nell’analisi della fiaba in questione, si rileva l’affinità
profonda che lega tra loro miti e riti provenienti dai contesti più disparati, dalla zoppia di
Edipo alla scarpetta della nostra eroina.
Quanto alla storia scritta, la prima versione della Cenerentola sarebbe secondo alcuni una
leggenda egizia, riferita in età augustea dal geografo greco Strabone (Geografia, XVII, I,
33) e narrata due secoli dopo dal retore romano Eliano in una delle sue Storie varie (XIII,
33), dove una scarpetta accidentalmente perduta diventa oggetto di innamoramento a
distanza. Vi si racconta infatti come durante il bagno un’aquila rubi alla cortigiana Rodopi
il suo sandalo e lo porti al faraone il quale, immaginando la bellezza della donna dalle
armoniose proporzioni del piede, si innamora di lei, la fa ricercare e la sposa.
15
Ma la più antica versione scritta fino ad oggi conosciuta viene dall’Oriente e risale al
IX secolo d.C. A riportarla fu un dotto funzionario cinese, Tuang Ch’eng-Shih, che
l’aveva ascoltata da uno dei suoi servi. In questa antichissima storia, dove non è difficile
intravedere un legame tra la piccolezza del piede su cui si impernia l’intreccio della fiaba
e l’antica consuetudine delle classi elevate cinese di fasciare strettamente dall’infanzia
i piedi femminili per impedirne la crescita, compaiono i più noti ingredienti della fiaba:
matrigna e sorellastra, protettore sovrannaturale, vesti ottenute per magia, festa
lasciata in anticipo e scarpetta perduta. Racconta infatti come la povera Sheh-Hsien, che
non si chiama ancora Cenerentola ma è già orfana e perseguitata, dalle lische di un pesce
miracoloso uccisole a tradimento dalla matrigna ottenga un paio di scarpe d’oro e un abito
per recarsi alla festa della grotta ma, affrettandosi sulla via del ritorno, perda una delle
calzature. La scarpetta viene in possesso del re di un’isola vicina che, affascinato dalla
sua dimensione («era più corta di un pollice») ne fa ricercare ovunque la proprietaria, la
trova e la proclama sua consorte.
In Occidente, la prima Cenerentola a stampa sembra essere la novella di Pernette,
contenuta in una raccolta francese del XVI secolo (Bonaventure Des Perriers, Contes
ou Nouvelles Récréations et Joyeux Devis, CXXIX), dove si narra l’avventura a lieto
fine di una fanciulla maltrattata dalla madre e dalle sorelle che, non volendo consentire
alle sue nozze, la sottopongono a una serie di prove umilianti tra cui indossare una
pelle d’asino e raccogliere con la lingua uno staio di grani d’orzo disseminati per terra.
Certamente più nota è però la novella napoletana di Giovan Battista Basile La gatta
Cenerentola (Pentamerone, 1636, I, 6) dove finalmente la protagonista, di nome Zezolla,
riceve il soprannome di Cenerentola, perché costretta a vivere in cucina tra le ceneri
del focolare. Qui si racconta come la figlia di un principe rimasto vedovo sia odiata dalla
malvagia matrigna e se ne lamenti con l’istitutrice, affermando che avrebbe preferito lei
come sposa del padre. La storia è un po’ anomala per la duplicazione dei persecutori, sei
sorellastre e due matrigne, e soprattutto per il comportamento della protagonista, che su
istigazione della seconda matrigna ammazza la prima spezzandole il collo con il coperchio
di una cassapanca. E tuttavia ricalca la traccia ben nota: degradazione e persecuzione
dell’orfanella, aiuto sovrannaturale, dono degli abiti e delle pianelle, partecipazione alla
festa, fuga, riconoscimento e nozze.
Cendrillon o Aschenputtel?
Ma la Cenerentola destinata ad eclissare tutte le altre e a diventare, complice Walt
Disney, la versione privilegiata per l’infanzia è senza dubbio la Cendrillon di Charles
Perrault (1697). Perrault depura la fiaba dai particolari truculenti e crudeli presenti sia
in Basile (uccisione della prima matrigna) sia nella tradizione orale (amputazione dei piedi
per la prova della scarpetta o accecamento delle sorellastre per punizione ) e inventa
nuovi particolari, che ci sono diventati così familiari da sembrare inscindibili dalla fiaba:
la madrina fatata, la zucca trasformata in cocchio, il ritorno a casa allo scoccare della
mezzanotte, la scarpina di vetro, il perdono finale. E invece alcuni di essi, come la raffinata
e brillante calzatura di vetro, sono sconosciuti al di fuori della versione di Perrault e di
quelle da essa derivate, tanto che per giustificarla si è addirittura pensato ad un errore
accidentale degli stampatori, che per ragioni di omofonia avrebbero confuso la parole
verre (vetro) con vair (pelliccia), piuttosto che all’intenzione del letterato di assecondare
il gusto della corte dove andavano di moda i vetri soffiati veneziani. Deliberata invenzione
o confusione linguistica, la scarpetta di vetro, nonostante la sua fragilità, è sopravvissuta
con successo alle rielaborazioni successive; destino contrario è toccato invece alle due
16
“morali” in versi che concludevano la fiaba nell’edizione originale, progressivamente ridotte,
modificate o scomparse: la prima inneggiava alla grazia femminile che vince sulla bellezza,
la seconda, più maliziosamente, all’aiuto di padrini e madrine che vince ogni talento.
Il secondo posto nella hit parade delle Cenerentole spetta ad Aschenputtel, trascrizione
ottocentesca dei fratelli Grimm (Kinder und Hausmärchen, 1812, I, 21), dove compaiono
alcuni particolari assenti in Perrault ma presenti nella tradizione orale, e dove la
fiaba trova la sua versione più
complessa e completa e forse per
questo più arcaica e “barbarica”.
Nell’introduzione assistiamo per la
prima volta alla morte della madre,
che promette protezione dal cielo,
e alle frequenti visite della tomba
da parte dell’orfanella. Seguono le
nozze del padre, la degradazione
della povera figliastra, i dispetti delle
sorellastre e, particolare importante,
la richiesta al padre di un ramo in
dono. Piantato sulla tomba della
madre, il ramo diventa una pianta e
sui suoi rami si posa un uccellino che
getta a Cenerentola qualunque cosa lei
chieda. Così, quando il re invita tutte
le ragazze del paese a una festa di
tre giorni e la matrigna accorda il suo
permesso alla figliastra solo patto
che superi una prova, prima verranno
ad aiutarla due colombe bianche, poi
dai rami dell’albero cadrà ogni sera un sontuoso abito completo di scarpette. Le prime
due sere la bella sconosciuta, di cui il principe subito si innamora, riesce a fuggire senza
lasciare traccia ma la terza volta perde la sua scarpetta tutta d’oro. Per diventare regine
le sorellastre non esitano a mutilarsi i piedi con un coltello ma l’intervento delle colombe
che rivelano al principe la presenza di sangue nelle loro scarpe porta allo smascheramento
delle antagoniste e al riconoscimento dell’eroina. La fiaba si conclude con le nozze e con la
punizione esemplare dei colpevoli eseguita dalle colombe protettrici che, impietosamente
e con teutonica sistematicità, accecano le due perfide sorelle: «mentre gli sposi andavano
in chiesa, la maggiore era a destra e la minore a sinistra di Cenerentola; e le colombe
cavarono un occhio a ciascuna. Poi all’uscita, la maggiore era a sinistra, la minore a destra;
e le colombe cavarono a ciascuna l’altro occhio».
Il successo iconografico nell’editoria per l’infanzia
La diffusione della fiaba, in particolare nell’ambito dell’editoria per l’infanzia a partire
dall’Ottocento, porta con sé la rigogliosa fioritura di un ricco e variegato repertorio
iconografico, emblematico non solo per la lettura visiva dei motivi dominanti della storia,
ma anche come pretesto per esprimere mutamenti stilistici e di gusto. Dopo una fase di
affermazione nell’editoria popolare (incisioni e silografie anonime, Imagerie d’Épinal), a
illustrare la fiaba in tutto il mondo si accostano artisti di primo piano, dall’ inglese Arthur
Rackham, al francese Gustave Doré.
17
In Italia, la versione perraultiana si affaccia iconograficamente nella seconda metà
dell’Ottocento, proprio attraverso le immagini di Doré, nel celeberrimo I racconti delle
Fate che privilegia scene di ambiente, di costume, con divertenti toni di umorismo, mentre
nella originale e personalissima riscrittura di Collodi uscita a Firenze nel 1876, la fiaba
non è illustrata.
Le versioni di matrice tedesca penetrano in Italia nelle numerose riedizioni di fiabe dei
fratelli Grimm di fine Ottocento che ripropongono in squillanti cromolitografie i tipi, i
motivi e le varianti tematiche specifiche: la presenza degli uccellini “aiutanti”, la tomba
della madre, ecc.
Nel periodo Liberty e Deco il contesto iconografico prevalente è un Settecento rivisitato
da un raffinato decorativismo mentre negli anni ‘40 si diffonde una pletora di immagini
non sempre di qualità, fino all’episodio disneyano del 1950 che condizionerà le successive
interpretazioni.
Contemporaneamente le scene clou della fiaba (il camino, le sorellastre e la matrigna, la
fata madrina, la carrozza e le trasformazioni, il ballo, la perdita della scarpina, la prova,
il trionfo finale) si diffondono nell’ambito dei libri animati e dei libri gioco, nei teatrini di
carta, in figurine, cartoline e calendarietti, contribuendo ad affermare il mito.
Una fiaba multiculturale
La varietà di lingue in cui è raccontata, dall’idioma degli appalachi allo zulu, e di paesi
in cui è ambientata, dalla Bosnia all’Iraq al Vietnam, fanno di Cenerentola una fiaba
naturalmente multiculturale. In una scuola con allievi stranieri in continuo incremento,
fiabe come Cenerentola possono diventare uno strumento prezioso per scoprire analogie
e differenze tra universi fiabeschi lontani, conoscere culture differenti e attraversare
il tempo dal passato al presente, cogliendo indizi che da spazi e tempi lontani ci riportino
alla nostra attuale società multietnica. Esperienze e proposte non mancano. In un prezioso
volumetto curato dal referente del MIUR sui temi dell’intercultura, è citata ad esempio
una ricerca su alcune versioni della fiaba condotta in un corso di formazione multiculturale
per insegnanti, a partire da una variante portata a scuola da una bambina macedone. E a
scaffali multiculturali delle biblioteche per ragazzi e scolastiche è destinata la più antica
delle cenerentole in un libro bilingue, italiano e cinese, edito nel 2003 a cura di Yang
Xiaping, una mediatrice culturale di grande competenza. Suggerimenti e supporti vengono
anche dalla rete: sul tema Cinderella, la American Library Association fornisce un corposo
elenco di edizioni illustrate in numerose lingue; la Maryland Technology Academy propone
Cinderella: a mirror of a culture, attività didattiche in chiave multiculturale rivolte
soprattutto ad allievi di scuola media superiore; l’Università canadese di Calgary insieme
con la Children’s Literature Web Guide offre dettagliate informazioni bibliografiche
relative a risorse internet, saggi, articoli, varianti in lingue diverse e raccolte di fiabe
popolari in cui la fiaba compare; l’University of Southern Mississippi presenta infine
The Cinderella Projet, un archivio di trascrizioni e immagini cui ha lavorato un gruppo
di studenti del corso di Bibliografia e Metodi di Ricerca. Insomma spunti e materiali non
mancano. Dunque buona Cenerentola e buon lavoro!
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PROPOSTE DI STUDIO INTERDISCIPLINARE
Parte generale
– Cos’è e come si allestisce un’opera lirica
– Breve storia dell’opera
Il contesto storico-culturale
– Italia ed Europa tra Sette e Ottocento: la Rivoluzione Francese, L’epopea napoleonica,
il Congresso di Vienna, la Restaurazione
– Classicismo e Romanticismo
La fonte letteraria
– Charles Perrault, Contes de ma mère l’Oye, 1697
– Il genere letterario della fiaba
Il compositore
– Gioachino Rossini (1792 – 1868) e il melodramma italiano dell’Ottocento
Il librettista
– Jacopo Ferretti ( 1784 –1852)
L’opera
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–
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L’intreccio
La struttura del libretto, il lessico
La struttura musicale: sinfonia, atti, recitativi, arie, pezzi d’assieme
Il sistema dei personaggi e la loro connotazione musicale
Stili musicali a confronto: stile popolare, buffo, serio
Travestimenti drammaturgici e musicali
L’orchestrazione
Per approfondire
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–
Una, mille Cenerentola nella tradizione popolare, nella fiaba, nel teatro, nel cinema
Incontro di generi e stili: fiaba, farsa, commedia sentimentale, comicità surreale
Immagini femminili a confronto nel teatro, in letteratura, nel cinema
L’arte e la censura
www.rossinioperafestival.it - www.fondazionerossini.org - www.operaitaliana.com
Rielaborare il testo
–
–
–
–
Lettura drammatizzata
Intervista impossibile ai personaggi e agli autori
Ricerca iconografica
Dizionario dell’opera
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LA CENERENTOLA,
OVVERO ANGELINA E LA MAGIA DEL CUORE
a cura di Roberta Cortese
Presentazione
C’era una volta una ragazza di nome Angelina, nata figlia di baroni. Sua madre era rimasta
vedova e si era risposata con tale Don Magnifico, da cui aveva avuto altre due figlie,
Clorinda e Tisbe; era poi morta però anche lei, lasciando così Angelina sola col patrigno e
le sorellastre, che la trattavano come una serva.
Un bel giorno bussano alla porta di Don Magnifico tre mendicanti in cerca carità: Clorinda
e Tisbe vogliono cacciarli via, ma Angelina riesce a dar loro di nascosto un po’ di colazione.
Dalla strada intanto i cavalieri annunciano un ballo a palazzo: il Principe Ramiro sceglierà
la sua sposa. Clorinda e Tisbe a furia di strilli svegliano Don Magnifico, interrompendo un
suo sogno strampalato; Don Magnifico infine raccomanda alle figlie di fare di tutto per
conquistare il principe e queste corrono a prepararsi. Ed ecco che arriva Ramiro in persona, che ha scambiato i suoi abiti con quelli del suo cameriere Dandini per osservare più da
vicino la situazione: i suoi tre saggi maestri, Alfonso, Donato e Rodolfo, gli hanno infatti
rivelato che in quella casa c’è una virtù nascosta. Manco a dirlo si scontra subito con Angelina... ed è amore a prima vista! Intanto arrivano i cavalieri ad annunciare l’arrivo del principe (Dandini travestito), che invita le ragazze al ballo. Angelina supplica Don Magnifico di
lasciare andare anche lei, ma lui rifiuta decisamente, quando
sopraggiungono i tre maestri di Ramiro
miro a chiedere
della terza figlia di Don Magnifico;
o; nella confusione generale, i tre (che hanno riconosciuto
conosciuto la
sua bontà travestiti da mendicanti)
ti) conducono
via Angelina promettendole aiuto per andare al
ballo.
Nel palazzo di Ramiro, mentre Clorinda
rinda e Tisbe
trattano in malo modo Ramiro credendo
dendo che sia
solo uno scudiero, fa la sua comparsa
a una bellezza
sconosciuta: tutti restano sbalorditi
diti nel notare
la somiglianza con Angelina. Anche
e Dandini ne è
affascinato, ma Angelina rifiuta le
e sue offerte
e gli confessa di essere innamorata
rata del suo
scudiero. Ramiro allora dichiara a sua volta il
proprio amore, ma Angelina fugge
e lasciandogli
in pegno uno dei suoi due braccialetti,
ccialetti, con
l’invito a cercarla. Ramiro e Dandini
ni riprendono
i propri ruoli: Ramiro raduna i suoi per partire in
cerca della sconosciuta, mentre a Dandini tocca
rivelare tutto a Don Magnifico e cacciarlo via
dal palazzo.
renTornati tutti a casa, Angelina riprende i suoi lavori, quando bussa alla
porta proprio Ramiro, in cerca
di aiuto perché gli si è rove-
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sciata la carrozza: riconosce Angelina e le chiede di sposarlo. Le sorellastre e Don Magnifico ridono della sorella, facendo arrabbiare il principe, ma Angelina richiama tutti alla
pace: questo giorno per lei è talmente felice che non vuole lasciarselo rovinare da rancori,
ma condividerlo con quella che considera comunque la sua famiglia. Di fronte a tanto cuore perfino Clorinda, Tisbe e Don Magnifico sono
costretti a cede
cedere, lasciandosi trascinare in un
unico grande ab
abbraccio finale.
Quella di Cenerentola
è tra le favole più coCene
nosciute della tradizione popolare, fa parte senz’altro dei ricordi infantili di tutti
e, inutile negarlo,
non per ultimo grazie al
ne
cartone animato
di Walt Disney. La favola
ani
che conosciamo
noi, in realtà, è però solconosc
tanto la più diffusa delle tante versioni
della storia
e deriva dalla Cendrillon
st
scritta da Charles Perrault nel 1697,
sua volta prendeva spunto da La
che a su
Ce
di Giambattista Bagatta Cenerentola
sile (del 1634); anche i fratelli Grimm,
nell’800,
nell’80 ne scrissero un’altra vers
sione
(un po’ più macabra...) dal
titolo Aschenputtel. Ma la
storia di questa eroina perseguitata ha origini molto più antiche, tanto che si
ttrovano perfino una Rodophis
greca del I sec. a.C. e una Yen-Shen
cinese del I
IX sec. (che spiega, fra l’altro,
il perché della scarpetta
risolutrice, vista l’imsc
portanza data dalla cultura antica cinese al piede minuto
come rappresentativo di vi
virtù). Cenerentola nel corso dei
secoli ha poi subito numero
numerose ulteriori metamorfosi ed è
diventata soggetto principa
principale di forme artistiche diverse,
come il balletto, il film e natu
naturalmente anche l’opera.
Rossini, si sa, compone La Cenerentola nel 1817 (in 24 giorni!), musicando un libretto
scritto da Jacopo Ferretti (in 22 giorni!) che era ispirato all’opera di un altro librettista
francese, a sua volta partito da Perrault: e qui torniamo ad un nome e ad una versione
della storia che dovrebbero esserci familiare... Eppure ci si scontra subito con alcune
novità molto interessanti.
Innanzi tutto scopriamo presto che la matrigna si è trasformata in patrigno: e un patrigno
certamente meglio si prestava a diventare il personaggio comico di un’opera buffa. Ma
la novità sostanziale è un’altra: Ferretti, infatti, decide di abolire totalmente la magia!
Niente fata madrina, niente zucca o cetriolo che si trasforma in carrozza e niente topi
che diventano cavalli. E se la matrigna ora è un patrigno, la madrina diventa una sorta di
‘padrino’: Alidoro, un saggio filosofo che nella “nostra” versione dell’opera di Rossini è
sostituito da Alfonso, Donato e Rodolfo, i tre saggi maestri del principe Ramiro. Questi
sanno subito riconoscere la bontà di Cenerentola ed apprezzarne il valore, senza lasciarsi
ingannare dalle apparenze, e dimostrando uno spirito d’iniziativa in grado di trasformare
gli eventi al meglio: saranno proprio loro a creare il tramite più forte tra palcoscenico e
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platea, rendendo così anche il pubblico in sala artefice della felicità di Angelina e di tutti
quelli che vivranno felici e contenti insieme a lei.
Altra novità rispetto alla favola classica è il personaggio di Dandini, che si finge il principe
perché questo nel frattempo, travestito da servitore, possa curiosare indisturbato in
casa di Don Magnifico... Eppure il gioco dello scambio di ruoli è antichissimo, e sicuramente
i suoi risvolti comici sono molto utili in un’opera buffa.
Ma veniamo ora a Cenerentola, o meglio Angelina. E arriviamoci passando per la famosa e
già citata frase “... e vissero per sempre felici e contenti”. Chi vive felice e contento, alla
fine di questa favola? Senz’altro Cenerentola e il principe, a cui si possono aggiungere al
limite la fata madrina (o Alidoro, o i tre maestri) e sottintendere magari eventuali parenti
e amici del principe... Però è inutile negare che il finale della favola tradizionale riesce a
procurarci una certa soddisfazione per la sconfitta totale delle perfide sorellastre e della
matrigna; in Basile fuggono via, in Perrault implorano la grazia divina, nei fratelli Grimm
vengono crudelmente puniti e nella versione Disney restano comunque sconfitti. Ma qui,
no. Qui, come dice il sottotitolo originale dell’opera, si tratta del “trionfo della bontà”, e
felici e contenti vivranno proprio tutti, perché la bontà di Angelina abbraccia tutti quanti
fin dall’inizio.
È proprio questa la vera nuova magia che si diffonde nell’opera: la profonda e convinta bontà
di Angelina. Che a volte può forse passare per ingenua (e questo è sicuramente un aspetto
sfruttato per i suoi risvolti comici), ma che colpisce per la sua convinzione profonda che in
tutti, perfino in quei tre mostri che costituiscono la sua famiglia, ci sia qualcosa di buono in
attesa di manifestarsi - e il finale le darà ragione in un trionfo non solo di bontà, ma anche di
lacrime e abbracci. Il punto è che la bontà di Angelina è non soltanto convincente, ma anche
‘contagiosa’; Rossini l’ha magistralmente espressa nei toni vagamente malinconici che avvolgono la linea melodica della protagonista fin dalla sua prima comparsa in scena. “Una volta
c’era un re” ci fa subito capire con chi abbiamo a che fare: Angelina rallenta i tempi, ci culla
nella sua melodia in 6/8 e ci apre il suo cuore. Impossibile resisterle, e infatti il principe
cipe non appena la vede
non solo s’innamora, ma nel duetto
uetto “Un soave
non so che” utilizza lo stesso
ritmo della canzone di Angelina. Alla melodia cullante si
alternano poi naturalmente le
agilità tipiche rossiniane, che
però non sono in contrasto
con la calma di prima; perché
Angelina sarà dolce e buona,
si, ma non si limita a subire,
quando è necessario fa sentire la sua determinazione e,
al momento giusto, sa cogliere l’occasione per diventare
felice.
La magia delle fate si è trasformata in magia del cuore,
una magia molto più umana
e alla portata di tutti, ma
ugualmente in grado di compie-re inaspettate trasformazioni..
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La Cenerentola ovvero Angelina e la magia del cuore
Musica di Gioachino Rossini
Libretto di Jacopo Ferretti
dal racconto Cendrillon, ou la petit pantoufle (1697) di Charles Perrault
Prima rappresentazione: Roma, Teatro Valle, 25 gennaio 1817
Riduzione ad atto unico a cura di Roberta Cortese
Adattamento musicale di Carlo Pavese
Personaggi
Don Magnifico, barone di Montefiascone
(basso)
Clorinda e Tisbe, figlie di Don Magnifico
(soprano)
Angelina, figliastra di Don Magnifico, da tutti chiamata Cenerentola (contralto)
Don Ramiro, principe di Salerno
(tenore)
Dandini, suo cameriere
(baritono)
Alfonso, Donato e Rodolfo, nipoti di Don Ramiro
(trio di voci bianche)
Coro di cortigiani del Principe
L’azione si svolge nel palazzo di Don Magnifico, nel casino di delizie e nel palazzo del
Principe.
Antica sala terrena nel castello del Barone
Clorinda
No no no: non v’è, non v’è
Chi trinciar sappia così
Leggerissimo sciassé.
Clorinda e Tisbe
Cenerentola, finiscila
Con la solita canzone.
Angelina
Presso al fuoco in un cantone
Via lasciatemi cantar.
Una volta c’era un re
Una volta…
Tisbe
Sì sì sì: va bene lì.
Meglio lì; no, meglio qui.
Risaltar di più mi fa.
Clorinda e Tisbe
A quest’arte, a tal beltà
Sdrucciolare ognun dovrà.
Clorinda e Tisbe
E due, e tre.
La finisci sì o no?
Se non taci ti darò.
Angelina
(con tono flemmatico)
Una volta c’era un re,
Che a star solo s’annoiò:
Cerca, cerca, ritrovò;
Ma il volean sposare in tre.
Cosa fa?
Sprezza il fasto e la beltà.
E alla fin sceglie per sé
L’innocenza e la bontà.
La la là
Li li lì
La la là.
Angelina
Una volta...
(S’ode picchiare. Angelina apre, ed entrano
Alfonso, Donato e Rodolfo travestiti da
mendicanti)
Clorinda, Tisbe e Angelina
Chi sarà?
Alfonso, Donato e Rodolfo
Un tantin di carità.
Clorinda e Tisbe
Accattoni! Via di qua.
25
Angelina
Zitti, zitti: su prendete
Questo po’ di colazione.
(Versa tazze di caffè, e le dà con un pane ai
tre coprendoli dalle sorelle)
Chi alla festa, chi al sollazzo
Ed io resto qui a soffiar.
Alfonso, Donato e Rodolfo
Nel cervello una fucina
Sta le pazze a martellar.
Ma già pronta è la ruina.
Voglio ridere a schiattar.
Alfonso, Donato e Rodolfo
Forse il Cielo il guiderdone
Pria di notte vi darà.
Coro
Già nel capo una fucina
Sta le donne a martellar;
Il cimento si avvicina
Il gran punto di trionfar.
Clorinda e Tisbe
Ma che vedo! Ancora lì!
Anche un pane? anche il caffè?
(scagliandosi contro Angelina)
Prendi, prendi, questo a te.
Tisbe
Cenerentola, presto
Prepara i nastri, i manti.
Angelina
Ah! soccorso chi mi dà!
Alfonso, Donato e Rodolfo
(frapponendosi inutilmente)
Vi fermate, per pietà.
(Si picchia fortemente; Angelina corre ad
aprire, ed entrano i cavalieri)
Clorinda
Gli unguenti, le pomate.
Tisbe
I miei diamanti.
Angelina
Uditemi, sorelle...
Coro e coro del pubblico
O figlie amabili di Don Magnifico
Ramiro il Principe or or verrà,
Al suo palagio vi condurrà.
Si canterà si danzerà:
Poi la bellissima fra l’altre femmine
Sposa carissima per lui sarà.
Clorinda
(altera)
Che sorelle!
Non profanarci con sì fatto nome.
Tisbe
(minacciandola)
E guai per te se t’uscirà di bocca.
Clorinda e Tisbe
Ma dunque il Principe?
Coro
Or or verrà.
Angelina
(Sempre nuove pazzie soffrir mi tocca.)
(si ritira)
Clorinda e Tisbe
E la bellissima?
Tisbe
Non v’è da perder tempo.
Coro
Si sceglierà.
Clorinda
Nostro padre
Avvisarne convien.
(Questionando fra loro, ed opponendosi a
vicenda d’entrare)
Clorinda e Tisbe
Cenerentola vien qua.
Le mie scarpe, il mio bonné.
Cenerentola vien qua.
Le mie penne, il mio collié.
Nel cervello ho una fucina;
Son più bella e vo’ trionfar.
A un sorriso, a un’occhiatina
Don Ramiro ha da cascar.
Tisbe
Esser la prima
Voglio a darne la nuova.
Clorinda
Oh! mi perdoni.
Io sono la maggiore.
Angelina
Cenerentola vien qua.
Cenerentola va’ là.
Cenerentola va’ su.
Cenerentola va’ giù.
Questo è proprio uno strapazzo!
Mi volete far crepar?
Tisbe
No no, gliel vo’ dir io.
(Crescendo nella rabbia fra loro)
Clorinda
È questo il dover mio.
Io svegliare lo vuo’. Venite appresso.
26
Tisbe
Oh! non la vincerai.
Clorinda
E la scelta
La più bella sarà...
Clorinda (osservando fra le scene)
Ecco egli stesso.
Don Magnifico
(in aria di stupore ed importanza)
Figlie, che dite!
Quel principon! Quantunque io nol conosco...
Sceglierà!.. v’invitò... Sposa... più bella!
Io cado in svenimento.
Cenerentola, presto.
Portami il mio caffè. Viscere mie.
Metà del mio palazzo è già crollata,
E l’altra è in agonia. Fatevi onore.
Mettiamoci un puntello.
(andando e tornando, e riprendendo le figlie,
che stanno per entrare)
Figlie state in cervello.
Parlate in punto e virgola.
Per carità: pensate ad abbigliarvi;
Si tratta niente men che imprinciparvi.
(Entra nelle sue stanze, Clorinda e Tisbe nella
loro)
Don Magnifico, bieco in volto, esce in berretta
da notte e veste da camera, e detti; indi
Angelina
Don Magnifico
Miei rampolli femminini,
Vi ripudio; mi vergogno!
Un magnifico mio sogno
Mi veniste a sconcertar.
(ricusando di dar loro a baciar la mano.
Clorinda e Tisbe ridono quando non le guarda)
(da sé, osservandole)
Come son mortificate!
Degne figlie d’un Barone!
Via: silenzio ed attenzione.
State il sogno a meditar.
Mi sognai fra il fosco e il chiaro
Un bellissimo somaro.
Un somaro, ma solenne.
Quando a un tratto, oh che portento!
Su le spalle a cento a cento
Gli spuntavano le penne
Ed in alto, fsct, volò!
Ed in cima a un campanile
Come in trono si fermò.
Si sentiano per di sotto
Le campane sdindonar.
Col cì cì, ciù ciù di botto
Mi faceste risvegliar.
(Interrompendosi e strappandosi Don
Magnifico)
Don Ramiro e Angelina. Don Ramiro vestito da
scudiero; guarda intorno e si avanza a poco a
poco
Ramiro
Tutto è deserto. Amici?
Nessun risponde. In questa
Simulata sembianza
Le belle osserverò. Né viene alcuno?
Eppur mi dièn speranza
I miei sapienti maestri
Che qui, saggia e vezzosa,
Degna di me trovar saprò la sposa.
Sposarsi... e non amar! Legge tiranna,
Che nel fior de’ miei giorni
Alla difficil scelta mi condanna.
Cerchiam, vediamo.
Clorinda
Sappiate che fra poco...
Tisbe
Il Principe Ramiro...
Angelina cantando fra’ denti con sottocoppa e
tazza da caffè, entra spensierata nella stanza,
e si trova a faccia a faccia con Ramiro; le cade
tutto di mano, e si ritira in un angolo
Clorinda
Che son tre dì che nella deliziosa...
Tisbe
Vicina mezzo miglio
Venuto è ad abitar...
Clorinda
Sceglie una sposa...
Angelina
Una volta c’era...
Ah! è fatta
Tisbe
Ci mandò ad invitar...
Ramiro
Cos’è?
Clorinda
E fra momenti...
Angelina
Che batticuore!
Tisbe
Arriverà per prenderci...
Ramiro
Forse un mostro son io!
27
Convien che m’avvicini.
Qual fragor!.. non m’inganno. Ecco Dandini.
Angelina
(prima astratta poi correggendosi con
naturalezza)
Sì... no, signore.
Cavalieri, Dandini e detto; indi Clorinda e Tisbe
Ramiro
Un soave non so che
In quegl’occhi scintillò!
Coro e coro del pubblico
Scegli la sposa, affrettati:
S’invola via l’età.
La principesca linea
Se no s’estinguerà.
Cenerentola
Io vorrei saper perché
Il mio cor mi palpitò?
Ramiro
Le direi... ma non ardisco.
Dandini
Come un’ape ne’ giorni d’aprile
Va volando leggiera e scherzosa;
Corre al giglio, poi salta alla rosa,
Dolce un fiore a cercare per sé;
Fra le belle m’aggiro e rimiro;
Ne ho vedute già tante e poi tante
Ma non trovo un giudizio, un sembiante,
Un boccone squisito per me.
Angelina
Parlar voglio, e taccio intanto.
Angelina e Ramiro
Una grazia, un certo incanto
Par che brilli su quel viso!
Quanto caro è quel sorriso.
Scende all’alma e fa sperar.
(Clorinda e Tisbe escono, e sono presentate a
Dandini da Don Magnifico in gala)
Ramiro
Non so che dir. Come in sì rozze spoglie
Sì bel volto e gentil! Ma Don Magnifico
Non apparisce ancor? Nunziar vorrei
del mascherato Principe l’arrivo.
Fortunato consiglio!
Da semplice scudiero
Il core delle femmine
Meglio svelar saprò. Dandini intanto
Recitando da Principe...
Clorinda
Prence!
Tisbe
Sire...
Clorinda e Tisbe
Ma quanti favori!
Don Magnifico
Che diluvio! che abisso di onori!
Don Magnifico
Domando
Un milion di perdoni.
Dica: e Sua Altezza il Prence?
Dandini
Nulla, nulla;
(con espressione or all’una ora all’altra)
Vezzosa; graziosa!
(accostandosi a Ramiro)
(Dico bene?) Son tutte papà.
(Ma al finir della nostra commedia
Che tragedia qui nascer dovrà.)
Ramiro
Arriva.
Don Magnifico
E quando?
Ramiro
Tra tre minuti.
Clorinda e Tisbe
(ognuna da sé)
(Ei mi guarda. Sospira, delira
Non v’è dubbio: è mio schiavo di già.)
Don Magnifico
(in agitazione)
Tre minuti! ah figlie!
Sbrigatevi: che serve?
Le vado ad affrettar. Scusi; per queste
Ragazze benedette,
Un secolo è un momento alla toelette.
(entra dalle figlie)
Ramiro
(sempre osservando con interesse se torna
Angelina)
(Ah! perché qui non viene colei,
Con quell’aria di grazia e bontà?)
Ramiro
Che buffone! Eppure i miei maestri
Sostengon che in queste mura
Sta la bontà più pura!
Basta basta, vedrem. Alle sue figlie
Don Magnifico
(da sé osservando con compiacenza Dandini,
che sembra innamorato)
(E già cotto, stracotto, spolpato
L’Eccellenza si cangia in Maestà.)
28
Coro
Scegli la sposa affrettati
S’invola via l’età.
(ora a Dandini ora ad Angelina)
Ma vattene. - Altezzissima!
Servaccia ignorantissima!
Dandini
Belle ragazze,
Se vi degnate inciambellare il braccio
Ai nostri cavalieri, il legno è pronto.
Ramiro e Dandini
Serva?
Angelina
Cioè...
Clorinda
(servita dai cavalieri)
Andiamo.
Don Magnifico
(mettendole una mano sulla bocca e
interrompendola)
Vilissima
D’un’estrazion bassissima,
Vuol far la sufficiente,
La cara, l’avvenente,
E non è buona a niente.
(minacciando e trascinando)
Va’ in camera, va’ in camera
La polvere a spazzar.
Tisbe
Papà,
non tardate a venir.
(escono)
Don Magnifico
(ad Angelina, voltandosi)
Che fai tu qui?
Il cappello e il bastone.
Dandini
(opponendosi con autorità)
Ma caro Don Magnifico
Via, non la strapazzar.
Angelina
Signor, una parola:
In casa di quel Principe
Un’ora, un’ora sola
Portatemi a ballar.
Ramiro
(fra sé, con sdegno represso)
Or ora la mia collera
Non posso più frenar.
Don Magnifico
Ih! Ih! La bella Venere!
Vezzosa! Pomposetta!
Sguaiata! Cova-cenere!
Lasciami, deggio andar.
Angelina
(con tono d’ingenuità)
Ah! sempre fra la cenere
Sempre dovrò restar?
Dandini
(tornando indietro, ed osservando Ramiro
immobile)
Cos’è? qui fa la statua?
(Sottovoce fra loro in tempo del solo di Don
Magnifico)
(Nel momento che Don Magnifico staccasi da
Angelina ed è tratto via da Dandini, entrano i
tre maestri con taccuini aperti)
Alfonso e Donato
Nel nostro codice
Delle zitelle
Con Don Magnifico
Stan tre sorelle.
(a Don Magnifico con autorità)
Or che va il Principe
La sposa a scegliere,
La terza figlia
Si va cercando.
Ramiro
Silenzio, ed osserviamo.
Dandini
Ma andiamo o non andiamo?
Ramiro
Mi sento lacerar.
Angelina
Ma una mezz’ora... un quarto.
Don Magnifico
(confuso ed alterato)
Che terza figlia
Mi va figliando?
Don Magnifico
(alzando minaccioso il bastone)
Ma lasciami o ti stritolo.
Ramiro e Dandini
(accorrendo a trattenerlo)
Fermate.
Rodolfo
Terza sorella...
Don Magnifico
(atterrito)
Ella... morì...
Don Magnifico
(sorpreso, curvandosi rispettoso a Dandini)
Serenissima!
29
Dandini
Io sono un Principe,
O sono un cavolo?
Vi mando al diavolo:
Venite qua.
(Dandini strappa Angelina da Don Magnifico e
lo conduce via, seguito da Ramiro)
Rodolfo
Eppur nel codice
Non v’è così.
Angelina
(Ah! di me parlano.)
(ponendosi in mezzo con ingenuità)
No, non morì.
Alfonso
Angelina. Vieni con noi.
Don Magnifico
Sta’ zitta lì.
Angelina
E dove?
Rodolfo
Guardate qui!
Alfonso
Or ora un cocchio
S’appresserà. Del Principe
Andremo al festino.
Don Magnifico
(balzando Angelina in un cantone)
Se tu respiri,
Ti scanno qui.
Angelina
(guardandolo e accennandogli gli abiti)
Con questi stracci?
Come Paris e Vienna? oh che bel gruppo.
(Nel momento che si volgono, Alfonso, Donato
e Rodolfo gettano il manto)
Ramiro e Dandini
Ella morì?
Don Magnifico
(sempre tremante)
Altezza morì.
(Momento di silenzio)
Rodolfo
Osserva. Silenzio. Abiti, gioie,
Tutto avrai tu da noi. Fasto, ricchezza
Non t’abbaglino il cor.
Tutti
(guardandosi scambievolmente)
Nel volto estatico
Di questo e quello
Si legge il vortice
Del lor cervello,
Che ondeggia e dubita
E incerto sta.
Donato
Dama sarai;
Scoprirti non dovrai.
Amor soltanto
Tutto t’insegnerà.
Don Magnifico
(fra’ denti, trascinando Angelina)
Se tu più mormori
Solo una sillaba
Un cimiterio
Qui si farà.
Angelina
Ma questa è storia
Oppure una commedia?
Coro del pubblico
Angelina,
L’allegrezza e la pena
Son commedia e tragedia, e il mondo è scena.
Angelina
(con passione)
Deh soccorretemi,
Deh non lasciatemi,
Ah! di me, misera
Che mai sarà?
(Aprono la porta; vedesi una carrozza. Angelina
vi monta. Alfonso, Donato e Rodolfo chiudono
la porta e sentesi la partenza della carrozza)
Ramiro
Via consolatevi.
Signor lasciatela.
(strappandola da Don Magnifico)
(Già la mia furia
Crescendo va.)
Alfonso, Donato e Rodolfo
Vasto teatro è il mondo,
Siam tutti commedianti.
Si può fra brevi istanti
Carattere cangiar.
Quel ch’oggi è un Arlecchino
Battuto dal padrone,
Domani è un signorone,
Un uomo d’alto affar.
Fra misteriose nuvole
Che l’occhio uman non penetra
Sta scritto quel carattere
Alfonso, Donato e Rodolfo
(frapponendosi)
Via meno strepito:
Fate silenzio.
O qualche scandalo
Qui nascerà.
30
Che devi recitar.
(S’ode avvicinare una carrozza)
Odo del cocchio crescere
Il prossimo fragore...
Vieni, t’insegni il core,
Colui che devi amar.
(escono)
Sarò docile, amoroso,
Tenerissimo di cuore.
Clorinda e Tisbe
(guardandolo con disprezzo)
Un scudiero! No signore.
Un scudiero! questo no.
Clorinda
Con un’anima pleba!
Gabinetto nel casino di Don Ramiro.
Dandini e Don Ramiro correndo sul davanti del
palco, osservando per ogni parte.
Tisbe
Con un’aria dozzinale!
Ramiro
(sotto voce)
Zitto zitto, piano piano;
Senza strepito e rumore:
Delle due qual è l’umore?
Esattezza e verità.
Clorinda e Tisbe
(con affettazione)
Mi fa male, mi fa male
Solamente a immaginar.
Ramiro e Dandini
(fra loro ridono)
La scenetta è originale
Veramente da contar.
Dandini
Sotto voce a mezzo tono;
In estrema confidenza:
Sono un misto d’insolenza,
Di capriccio e vanità.
Coro di cavalieri dentro le scene, indi Alfonso,
Donato e Rodolfo.
(Clorinda, accorrendo da una parte, e Tisbe
dall’altra)
Coro
Venga, inoltri, avanzi il piè.
Anticamera non v’è.
Clorinda
(di dentro)
Principino dove siete?
Ramiro e Dandini
Sapientissimi nipoti,
Questo strepito cos’è?
(Angelina avanzasi velata)
Tisbe
Principino dove state?
Clorinda e Tisbe
Ah! perché mi abbandonate?
Mi farete disperar.
Alfonso, Donato e Rodolfo
Dama incognita qui vien.
Sopra il volto un velo tien.
Clorinda
Io vi voglio...
Clorinda e Tisbe
Una dama!
Tisbe
Vi vogl’io...
Alfonso, Donato e Rodolfo
Signor sì.
Dandini
Ma non diamo in bagattelle.
Maritarsi a due sorelle
Tutte insieme non si può!
Una sposo.
Clorinda, Tisbe, Ramiro e Dandini
Ma chi è?
Alfonso, Donato e Rodolfo
Nol palesò.
Clorinda e Tisbe
(con interesse di smania)
E l’altra…?
Clorinda e Tisbe
Sarà bella?
Dandini
E l’altra...
(accennando Ramiro)
All’amico la darò.
Alfonso, Donato e Rodolfo
Sì e no.
Ramiro e Dandini
Chi sarà?
Clorinda e Tisbe
No no no no no,
Un scudiero! oibò oibò!
Alfonso, Donato e Rodolfo
Ma non si sa.
Ramiro
(ponendosi loro in mezzo con dolcezza)
Clorinda
Non parlò?
31
Alfonso, Donato e Rodolfo
Signora no.
Ramiro
(Mi guarda, e par che palpiti.)
Tisbe
E qui vien?
Dandini
Ma non facciam le statue.
Patisce l’individuo:
Andiamo presto in tavola.
Poi balleremo il Taice,
E quindi la bellissima...
Con me s’ha da sposar.
Alfonso, Donato e Rodolfo
Chi sa perché?
Tutti
Chi sarà? chi è? perché?
Non si sa. Si vedrà.
Clorinda e Tisbe
(Gelosia già già mi lacera,
Già il cervel più in me non è.)
Tutti
(meno Dandini)
Andiamo, andiamo a tavola.
Si voli a giubilar.
Alfonso, Donato e Rodolfo
(Gelosia già già le rosica,
Più il cervello in lor non è.)
Dandini
Oggi che fo da Principe
Per quattro io vo’ mangiar.
Ramiro
(Un ignoto arcano palpito
Ora m’agita, perché?)
Giardino di delizie.
Tutti e Coro del pubblico
Mi par d’essere sognando
Fra giardini e fra boschetti;
I ruscelli sussurrando,
Gorgheggiando gli augelletti,
In un mare di delizie
Fanno l’anima nuotar.
Dandini
(Diventato son di zucchero:
Quante mosche intorno a me.)
Angelina svelasi. Momento di sorpresa, di
riconoscimento, d’incertezza)
Tutti
Ah!
(Ciascuno da sé guardando Angelina, e
Angelina sogguardando Ramiro)
Ramiro e Angelina
(Parlar - pensar - vorrei.
Parlar - pensar - non so.
Questo è un inganno/è un incanto, o dei!
Quel volto mi atterrò.)
(Don Magnifico accorrendo, e detti)
Don Magnifico
Signora Altezza, in tavola
Che... co... chi... sì... che bestia!
Quando si dice i simili!
Non sembra Cenerentola?
Clorinda e Tisbe
Pareva ancora a noi,
Ma a riguardarla poi...
La nostra è goffa e attratta,
Questa è un po’ più ben fatta;
Ma poi non è una Venere
Da farci spaventar.
Don Magnifico
Quella sta nella cenere;
Ha stracci sol per abiti.
Angelina
(Il vecchio guarda e dubita.)
Tutti
Ma ho timor che sotto terra
Piano piano a poco a poco
Si sviluppi un certo foco.
E improvviso a tutti ignoto
Balzi fuori un terremoto,
Che crollando, strepitando
Fracassando, sconquassando
Poi mi venga a risvegliar.
E ho paura che il mio sogno
Vada in fumo a dileguar.
Gabinetto nel palazzo di Don Ramiro.
Angelina fuggendo da Dandini, indi Ramiro.
Dandini
Ma non fuggir, per bacco! quattro volte
Mi hai fatto misurar la galleria.
Angelina
O mutate linguaggio, o vado via.
Dandini
Ma che? Il parlar d’amore
È forse una stoccata!
Angelina
Ma io d’un altro sono innamorata!
Dandini
E me lo dici in faccia?
32
Angelina
Ah! mio signore,
Deh! non andate in collera
Col mio labbro sincero.
Dandini
Ed ami?
Angelina
Scusi...
Dandini
Ed ami?
Angelina
Il suo scudiero.
Ramiro
(palesandosi)
Oh gioia! anima mia!
Alfonso, Donato e Rodolfo
(mostrando il loro contento)
(Va a meraviglia!)
Ramiro
Dunque saresti mia?
Angelina
(gli dà un smaniglio)
Tieni.
Cercami; e alla mia destra
Il compagno vedrai.
E allor... Se non ti spiaccio... allor m’avrai.
(parte)
Dandini
(passeggiando)
Ma dunque io sono un ex? Dal tutto al niente
Precipito in un tratto?
Veramente ci ho fatto
Una bella figura!
Don Magnifico
(entra premuroso)
Scusi la mia premura...
Ma quelle due ragazze
Stan con la febbre a freddo. Si potrebbe
Sollecitar la scelta?
Dandini
È fatta, amico.
Don Magnifico
(con sorpresa, in ginocchio)
È fatta! e quale?
Clorindina o Tisbetta?
Presto, per carità.
Dandini
Voi sentirete
Un caso assai bizzarro.
Don Magnifico
(Che volesse
Maritarsi con me!)
Dandini
Mi raccomando.
Ramiro
Dandini, che ne dici?
Don Magnifico
(con smania che cresce)
Ma si lasci servir.
Dandini
Eh! dico che da Principe
Sono passato a far da testimonio.
Dandini
Sia sigillato
Quanto ora udrete dalla bocca mia.
Ramiro
(a Dandini)
Principe più non sei: di tante sciocche
Si vuoti il mio palazzo.
(chiamando i seguaci che entrano)
Olà miei fidi
Sia pronto il nostro cocchio, e fra momenti...
Così potessi aver l’ali dei venti.
Sì, ritrovarla io giuro.
Amore, amor mi muove:
Se fosse in grembo a Giove,
Io la ritroverò.
Don Magnifico
Io tengo in corpo una segreteria.
Ramiro e Coro
Noi voleremo, - Domanderemo,
Ricercheremo, - Ritroveremo.
Dolce speranza, - Freddo timore
Dentro al mio/suo cuore - Stanno a pugnar.
Amore, amore - M’hai/L’hai da guidar.
(parte con i seguaci)
Dandini; indi Don Magnifico.
Dandini
Un segreto d’importanza,
Un arcano interessante
Io vi devo palesar.
Don Magnifico
Senza battere le ciglia,
Senza manco trarre il fiato
Io mi pongo ad ascoltar.
Dandini
Uomo saggio e stagionato
Sempre meglio ci consiglia.
Se sposassi una sua figlia,
come mai l’ho da trattar?
Don Magnifico
(Consiglier son già stampato.)
Ma che eccesso di clemenza!
Mi stia dunque sua Eccellenza...
33
Bestia!.. Altezza ad ascoltar.
Abbia sempre pronti in sala
Trenta servi in piena gala,
Cento sedici cavalli,
Duchi, Conti, Marescialli
A dozzine i convitati,
Pranzi sempre coi gelati,
Poi carrozze, poi bombè.
Dandini
Vi rispondo senza arcani...
Coro del pubblico
Che qui siamo assai lontani.
Lui non usa far dei pranzi,
Mangia sempre degli avanzi,
Non s’accosta a gran signori,
Tratta sempre servitori,
Se ne va poi sempre a piè.
Don Magnifico
Mi corbella?
Dandini
Giel prometto.
Don Magnifico
Questo dunque?
Dandini
È un romanzetto.
È una burla il principato,
Sono un uomo mascherato.
Ma venuto è il vero Principe
M’ha strappata alfin la maschera.
Io ritorno al mio mestiere:
Son Dandini il cameriere.
Rifar letti, spazzar abiti
Far la barba e pettinar.
Don Magnifico
Ci rivedremo
Ci parleremo.
Dandini
Ci rivedremo
Ci parleremo.
Don Magnifico
Non partirò.
Dandini
Lei partirà.
Don Magnifico
Da cima a fondo,
Poter del mondo!
Che scivolata,
Che gran cascata!
Eccolo eccolo
Tutti diranno
Mi burleranno
Per la città.
Dandini
Vostr’Eccellenza
Abbia prudenza.
Se vuol rasoio,
Sapone e pettine
Saprò arricciarla,
Sbarbificarla.
Ah ah! guardatelo,
L’allocco è là.
(Partono)
Sala terrena con camino in casa di Don Magnifico.
Angelina nel solito abito accanto al fuoco.
Angelina e coro del pubblico
Una volta c’era un Re,
Che a star solo s’annoiò:
Cerca, cerca, ritrovò;
Ma il volean sposare in tre.
Cosa fa?
Sprezza il fasto e la beltà.
E alla fin sceglie per sé
L’innocenza e la bontà.
La la là
Li li lì
La la là.
Don Magnifico
Di quest’ingiuria,
Di quest’affronto
Il vero Principe
Mi renda conto.
Dandini
Oh non s’incomodi
Non farà niente.
Ma parta subito
Immantinente.
Don Magnifico
Non partirò.
Dandini
Lei partirà.
Don Magnifico
Sono un Barone.
Dandini
Pronto è il bastone.
(s’ode bussare fortemente, Angelina apre)
Clorinda
(entrando, accennando Cenerentola)
(Ma! ve l’avevo detto...)
Don Magnifico
(Ma cospetto! cospetto!
Similissime sono affatto affatto.
Quella è l’original, questa è il ritratto.)
Hai fatto tutto?
34
Angelina
Tutto.
Perché quel ceffo brutto
Voi mi fate così?
Don Magnifico
Perché, perché...
Per una certa strega
Che rassomiglia a te...
Clorinda
Su le tue spalle
Quasi mi sfogherei.
Angelina
Povere spalle mie!
Cosa c’hanno che far?
(Cominciano lampi e tuoni, indi si sente il
rovesciarsi di una carrozza.
Entra Dandini, indi Don Ramiro)
Dandini
Scusate, amici.
La carrozza del Principe
Ribaltò... ma chi vedo?
(riconoscendo Don Magnifico)
Angelina
Son qui.
Don Magnifico
Dalla al Principe, bestia, eccolo lì.
Angelina
Questo! Ah che vedo! Principe!
(sorpresa riconoscendo per Principe Don
Ramiro; si pone le mani sul volto e vuol fuggire)
Ramiro
T’arresta.
Che! Lo smaniglio!... è lei!
che gioia è questa!
Siete voi?
Angelina
(osservando il vestito del Principe)
Voi Prence siete?
Clorinda e Tisbe
(fra loro, attonite)
Qual sorpresa!
Dandini
Il caso è bello!
Don Magnifico
Uh! Siete voi!
Ma il Principe dov’è?
Don Magnifico
(volendo interrompere Ramiro)
Ma...
Dandini
(accennando Ramiro)
Lo conoscete!
Ramiro
Tacete.
Don Magnifico
(rimanendo sorpreso)
Lo scudiero? Oh! guardate.
Ramiro
Signore perdonate
Se una combinazione...
Don Magnifico
Che dice! Si figuri! mio padrone.
(alle figlie)
(Eh, non senza perché venuto è qua.
La sposa, figlie mie, fra voi sarà.)
Ehi, presto, Cenerentola,
Porta la sedia nobile.
Ramiro
No, no: pochi minuti. Altra carrozza
Pronta ritornerà.
Don Magnifico
Ma che! gli pare!
Clorinda
(con premura verso le quinte)
Ti sbriga, Cenerentola.
(Angelina recando una sedia nobile a Dandini,
che crede il Principe)
Don Magnifico
Addio cervello.
(prende a sé Ramiro e Dandini)
Se...
Ramiro e Dandini
Silenzio.
Clorinda, Tisbe, Angelina, Ramiro, Dandini,
Don Magnifico
Che sarà!
Coro del pubblico
Questo è un nodo avviluppato,
Questo è un gruppo rintrecciato.
Clorinda, Tisbe, Angelina, Ramiro, Dandini,
Don Magnifico
Chi sviluppa più inviluppa,
Chi più sgruppa, più raggruppa;
Ed intanto la mia testa
Vola, vola e poi s’arresta;
Vo tenton per l’aria oscura,
E comincio a delirar.
Don Magnifico
Ma in somma delle somme,
Altezza, cosa vuole?
35
Ramiro
Piano: non più parole.
(prende per mano Angelina)
Questa sarà mia sposa.
GLOSSARIO
Allocco: sciocco
Alma: anima
Astratta: con la testa nelle nuvole, immersa
nei suoi pensieri
Atterrò: dal verbo ‘atterrare’: gettare a terra,
abbattere
Attratta: qui significa ‘contratta’, ‘storpia’
Avanzasi: viene avanti
Bagattelle: sciocchezze
Baleno: bagliore, lampo
Bieco: minaccioso
Bombé: carrozza dalla forma arrotondata
Bonné: dal francese bonnet, cappellino
Cantone: angolo
Casino: residenza nobile di campagna
Ceffo: faccia brutta
Collié: dal francese collier, collana
Contar: qui significa ‘raccontare’
Corbella: prende in giro, canzona
Cospetto!: esclamazione che indica meraviglia
Deggio: devo
Deliziosa: residenza nobile di campagna
Dièn: diedero
Grado: sottinteso ‘di nobiltà’
Guiderdone: ricompensa
Imprinciparvi:
(neologismo)
diventare
principesse sposando un principe
Inciambellare: (neologismo) mettere il braccio
attorno a quello dei cavalieri
Legno: qui significa ‘carrozza’
Nuova: notizia
Palagio: palazzo
Pomposetta: vanagloriosa, che si dà arie
Prence: principe
Pria: prima
Pugnar: combattere
Questionando: discutendo
Rampolli: discendenti, figli
Ricusando: rifiutando
Ruina: rovina
Sciassé: dal francese chassé; indica un
particolare passo di danza
Sdindonar: parola onomatopeica inventata, che
ricorda il suono delle campane
Serto: ghirlanda, corona
Smaniglio: braccialetto
Sogguardando: guardando di nascosto
Sprezza: disprezza
Stoccata: colpo, bastonata
Stupida: stupita
Taice: dal tedesco Deutsche, danza popolare
da cui ha avuto origine il valzer
Tergete: asciugate
Tuono: qui significa ‘tono’
Vezzosa: bella
Clorinda, Tisbe e Don Magnifico
Ah! ah! dirà per ridere.
(ad Angelina)
Non vedi che ti burlano?
Ramiro
Lo giuro: mia sarà.
(scuotendo Angelina)
Sposa...
Angelina
(stupida per la gioia)
Signor, perdona
La tenera incertezza
Che mi confonde ancor. Poc’anzi, il sai,
Fra la cenere immonda...
Ed or sul trono... e un serto mi circonda.
Don Magnifico
(corre in ginocchio)
Altezza... a voi si prostra.
Angelina
Né mai m’udrò chiamar la figlia vostra?
Ramiro
(accennando le sorelle)
Quelle orgogliose...
Angelina
Ah Prence,
Io cado ai vostri piè. Le antiche ingiurie
Mi svanir dalla mente.
Sul trono io salgo, e voglio
Starvi maggior del trono.
E sarà mia vendetta il lor perdono.
Nacqui all’affanno, al pianto.
Soffrì tacendo il core;
Ma per soave incanto,
Dell’età mia nel fiore,
Come un baleno rapido
La sorte mia cangiò.
(a Don Magnifico e sorelle)
No no; - tergete il ciglio;
Perché tremar, perché?
A questo sen volate.
(abbracciandole)
Non più mesta accanto al fuoco
Starò sola a gorgheggiar.
Ah fu un lampo, un sogno, un gioco
Il mio lungo palpitar.
Coro e coro del pubblico
Tutto cangia a poco a poco
Cessa alfin di sospirar.
36
Il disco
Selezione da La Cenerentola di Gioachino Rossini
Traccia n. 1
«Una volta c’era un re» - Cenerentola, Clorinda e Tisbe
Traccia n. 2
«O figlie amabili» - coro
Traccia n. 3
«Un soave non so che» - Don Ramiro, Cenerentola
Traccia n. 4
«Scegli la sposa… Come un’ape nei giorni d’aprile» - coro e Dandini
Traccia n. 5
«Qui nel mio codice… Nel volto estatico» - Alidoro e tutti
Traccia n. 6
«Ah, se velata ancor… Sprezzo quei don» - coro e Cenerentola
Traccia n. 7
«Mi par d’essere sognando» - Finale I, tutti
Traccia n. 8
«Un segreto d’importanza» - Dandini, Don Magnifico
Traccia n. 9
«Siete voi?… Questo è un nodo avviluppato» - Don Ramiro,
Cenerentola, Dandini, Don Magnifico, Clorinda, Tisbe
Traccia n. 10
«Non più mesta… Tutto cangia a poco a poco» - Cenerentola, coro
Esercizi per i cori del pubblico
Basi musicali cantate
Traccia n. 11
«O figlie amabili»
Traccia n. 12
«Scegli la sposa»
Traccia n. 13
«Il mondo è scena»
Traccia n. 14
«Vi rispondo senza arcani»
Traccia n. 15
«Una volta c’era un re»
Traccia n. 16
«Questo è un nodo avviluppato»
Traccia n. 17
«Tutto cangia a poco a poco»
Basi strumentali
Traccia n. 18
«O figlie amabili»
Traccia n. 19
«Scegli la sposa»
Traccia n. 20
«Il mondo è scena»
Traccia n. 21
«Vi rispondo senza arcani»
Traccia n. 22
«Una volta c’era un re»
Traccia n. 23
«Questo è un nodo avviluppato»
Traccia n. 24
«Tutto cangia a poco a poco»
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O figlie amabili
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PROPOSTE OPERATIVE
1. GIOCHIAMO CON “LA CENERENTOLA”
A cura di Sabrina Saccomani
1.a Per la scuola dell’infanzia e il primo biennio della scuola
elementare
Ritaglia le sagome di Don Ramiro, Dandini e Cenerentola e quelle dei loro vestiti
che troverai in queste pagine. Divertiti a trasformarli come accade nella fiaba
applicando le sagome degli abiti a quelle dei personaggi: Don Ramiro che si
traveste da Dandini e viceversa, Cenerentola che diventa, da ragazza vestita di
stracci, stupenda principessa.
DON RAMIRO
59
60
DANDINI
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62
CENERENTOLA
63
64
1.b Per la scuola elementare
Se ti piace l’enigmistica, e hai letto con attenzione il libretto della versione
proposta dal Teatro Regio, puoi provare a inserire nei riquadri che seguono
le definizioni richieste e scoprire così il nome di un personaggio dell’opera
rossiniana. Scrivi le parole corrispondenti alle definizioni nelle rispettive griglie.
Se avrai inserito le parole corrette, utilizzando le lettere contenute nei quadrati
colorati, comparirà il nome di un personaggio dell’opera
1. Quanti sono i mendicanti che bussano alla porta di Don Magnifico?
2. Come si chiama in realtà Cenerentola?
3. Quale animale è il protagonista del sogno di Don Magnifico?
4. Nella prima parte dell’opera, chi indossa gli abiti del Principe ?
5. Quale oggetto Cenerentola consegna al Principe in pegno del suo amore?
6. Qual è la virtù dimostrata da Cenerentola nel corso della storia?
Il personaggio da scoprire è…
SOLUZIONI
Tre, Angelina, Somaro, Dandini, Braccialetto, Bontà
Ramiro
65
1.c Per la scuola elementare e la scuola media
Come hai potuto leggere nelle pagine precedenti, la fiaba di Cenerentola ha
origini antiche e conobbe nel corso dei secoli numerose versioni fino ad arrivare
a quella più famosa, scritta da Charles Perrault (Parigi, 1628-1703). Ispirandosi
proprio al testo di Perrault, Jacopo Ferretti trasse il libretto dell’opera di
Rossini. Tra la versione del letterato francese e il libretto dell’opera vi sono
però alcune importanti differenze, sia per quanto riguarda i personaggi, sia per
quanto riguarda la vicenda vera e propria. La versione proposta dal Teatro Regio
presenta inoltre ulteriori cambiamenti rispetto all’originale di Rossini. Dopo aver
letto con attenzione la fiaba (che trovi qui di seguito nella traduzione di Elena
Giolitti, tratta da Charles Perrault, Fiabe classiche. I racconti di Mamma Oca,
Mondadori, Milano 2001), la trama della Cenerentola di Rossini e il libretto della
versione proposta dal Teatro Regio, prova a confrontare tra loro i tre testi.
Che differenze ci sono tra i vari personaggi della storia e il loro ruolo all’interno
della vicenda? Gli oggetti citati sono gli stessi o no? La magia, ad esempio, è
sempre presente?
Cenerentola
di Charles Perrault
C’era una volta un gentiluomo, il quale aveva
sposato in seconde nozze la donna più altezzosa
e arrogante che mai si fosse vista. Ella aveva
due figlie del suo stesso carattere, che le
rassomigliavano in ogni cosa. Anche il marito
aveva una figlia, ma di una dolcezza e di una
bontà da non farsene un’idea; e in questo aveva
preso dalla mamma, che era
stata la creatura più buona
del mondo. Le nozze erano
appena state celebrate che
la matrigna diede subito
prova della sua cattiveria:
non poteva sopportare
tutte le buone qualità
della giovinetta, le quali,
per contrasto, rendevano
le sue figliuole ancora più
antipatiche. Cominciò così
ad addossarle le più umili
faccende di casa: era lei
a lavare i piatti, a pulire
le scale, a spazzare la
camera della signora e delle
signorine sue figlie; ella dormiva in una soffitta,
proprio sotto i tetti, su un vecchio pagliericcio,
nel mentre che le due sorelle avevano belle
camere col pavimento in legno, letti all’ultima
moda, e certi specchi nei quali potevano rimirarsi
da capo a piedi; la povera ragazza sopportava
ogni cosa con pazienza, e non osava lagnarsene
col padre perché l’avrebbe sgridata: sua moglie
faceva di lui tutto quello che voleva.
Quando aveva finito le sue faccende, ella
andava a rifugiarsi in un cantuccio del focolare,
e si metteva a sedere nella cenere; cosa che, in
famiglia, le aveva guadagnato il soprannome di
Culincenere; però la minore delle due sorelle,
ch’era un po’ meno sguaiata dell’altra, la chiamava
Cenerentola. Cenerentola,
coi suoi poveri abitucci, non
mancava tuttavia d’essere
cento volte più bella delle
sorelle, riccamente vestite
com’erano.
Accadde che il figlio del
Re desse una festa da
ballo e invitasse a parteciparvi tutta la gente importante; anche le nostre
due damigelle furono invitate, perché erano persone molto in vista nel paese.
Eccole dunque tutte contente e tutte affaccendate a scegliere vestiti e
acconciature, che le facessero figurare di più;
nuova fatica per Cenerentola, giacché toccava a
lei stirare la biancheria delle sorelle e inamidare i loro polsini ricamati. In casa non si parlava
d’altro che del modo in cui si sarebbero vestite
per andare alla festa. «Io», diceva la maggiore, «mi metterò l’abito di velluto rosso, con le
guarnizioni di ricamo inglese.» «Io», interveniva
66
la minore, «non avrò che la solita gonna; ma, in
compenso, vi metterò sopra il mantello a fiori
d’oro e la collana di diamanti, che non è certo
una cosa qualunque.» Mandarono a chiamare la
più brava pettinatrice, per farsi far ben due
file di riccioli, e fecero comprare i più bei nèi
dalla migliore merciaia; chiamarono poi Cenerentola perché dicesse il suo parere, sapendo
che aveva buon gusto. Cenerentola le consigliò
come meglio poté, anzi, si offrì di pettinarle,
cosa che venne accettata volentieri.
Mentre le pettinava le sorelle dicevano: «Cenerentola, ti piacerebbe andare al ballo?...» .
«Ah, signorine, volete burlarvi di me! Cose simili
non son pane pei miei denti.» «Dici bene: chissà
quante risate nel vedere un Culincenere a una
festa da ballo!». Un’altra, invece di Cenerentola, avrebbe fatto apposta
a pettinarle male; ma lei
era buona, e le aggiustò
a perfezione. Erano state quasi due giorni senza
mangiare, tant’erano stordite dalla contentezza. E a
forza di stringerle nel busto per render loro la vita
più sottile, si ruppero più
di dodici stringhe. Tutta
la giornata la passavano a
guardarsi nello specchio.
Finalmente il gran giorno
arrivò; le due sorelle partirono alla volta del palazzo reale e Cenerentola le
seguì con gli occhi più a
lungo che poté: poi, quando non le vide più, scoppiò a piangere. La sua madrina, venutola a trovare la vide in un mare di lagrime e le domandò
cos’avesse: «Io vorrei... vorrei...» Piangeva così
forte, che non poteva continuare. La madrina,
che era una fata, le disse: «Vorresti andare al
ballo, non è vero?». «Ahimè, sì» disse Cenerentola con un sospiro. «Ebbene, mi prometti d’aver
giudizio?», disse la madrina. «Quand’è così ti ci
farò andare.» La conducesse nella sua camera e
le disse: «Corri in giardino e portami una zucca».
Cenerentola corse immediatamente a raccogliere la più bella zucca che poté trovare e la portò
alla madrina, senza riuscire a indovinare in qual
modo quella zucca potesse servire a farla andare al ballo. La madrina, dopo averla ben svuotata,
non lasciandone che la scorza, vi batté con la sua
bacchetta magica, e la zucca fu subito cambiata
in una splendida carrozza tutta dorata.
Poi andò a guardare in una trappola, ove trovò
sei sorci, tutti vivi; disse allora a Cenerentola
di alzare un pochino lo sportello della trappola:
ogni sorcio che ne usciva fuori, lei lo toccava
con la bacchetta e subito il sorcio si cambiava
in un bellissimo cavallo; così mise insieme uno
splendido tiro a sei di cavalli pomellati, d’un
bellissimo color grigio-topo.
Poiché sembrava preoccupata sul come procurarsi un cocchiere: «Aspettate un momento»
disse Cenerentola «vado a vedere in un’altra
trappola, se per caso non ci fosse qualche grosso
topo: ne potremmo fare un cocchiere». «Buona
idea!» disse la madrina «Corri un po’ a vedere.»
Cenerentola le portò una trappola dov’erano caduti tre grossi topi. La fata scelse, fra tutti e
tre, quello che aveva i baffi più lunghi, e quando
l’ebbe toccato, il topo diventò un bel pezzo di
cocchiere, provvisto del più bel paio di baffi che
mai si sia veduto. Le disse poi: «Scendi in giardino, dietro all’annaffiatoio troverai sei lucertole.
Portamele qui.» Appena
Cenerentola l’ebbe portate, la madrina le cambiò in sei lacchè, i quali
d’un balzo salirono dietro alla carrozza, con le
loro livree gallonate, e
sapevano tenervisi attaccati così bene, come
se non avessero mai fatto altro in vita loro. La
fata disse allora a Cenerentola: «Eccoti qui tutto l’occorrente per andare al ballo, non sei contenta?». «Sì, ci devo
andare in questo modo, col mio brutto abituccio?»
Bastò che la madrina la toccasse con la
bacchetta, e i suoi abiti si mutarono in vestiti
di broccato d’oro e di argento, tutti ricamati
con pietre preziose; le diede poi un paio di
scarpette di vetro, che erano una meraviglia.
Così vestita, salì in carrozza; ma la madrina
le raccomandò sopra ogni cosa di non lasciar
passare la mezzanotte, avvertendola che se lei
fosse rimasta al ballo anche un momento di più,
la sua carrozza sarebbe ridiventata una zucca, i
cavalli sorcetti, i suoi lacchè lucertole, e i vecchi
vestiti avrebbero ripreso l’aspetto di prima. Ella
promise alla madrina che sarebbe venuta via dal
ballo prima di mezzanotte. E partì, non stando
più in sé dalla gioia.
Il figlio del Re, a cui fu annunciato l’arrivo di una
splendida Principessa, che nessuno conosceva,
le corse incontro a riceverla; l’aiutò a scendere
67
dalla carrozza, e la condusse nella sala dov’erano gli invitati. Si fece allora un gran silenzio:
tutti smisero di ballare e i violini non suonarono
più tant’era l’attenzione generale nel contemplare la grande bellezza della sconosciuta. Non
si sentiva che un mormorio confuso. «Com’è
bella!...». Perfino il Re, vecchio com’era, non si
stancava di guardarla e di dire sottovoce alla
Regina che da gran tempo non gli era dato di
vedere una donna così bella e graziosa. Tutte le
dame erano intente a studiare i suoi vestiti e la
sua acconciatura, per averne di simili il giorno
dopo, sempre che avessero potuto trovare delle
stoffe altrettanto belle e modiste abbastanza
capaci. Il figlio del Re la mise al posto d’onore: e
poi andò a prenderla per farla ballare. Ella ballò
con tanta grazia, che tutti l’ammirarono ancora
di più. Fu servito uno splendido rinfresco ma il
giovane Principe non l’assaggiò neppure, tanto
era assorto nel contemplarla. Ella andò a sedersi accanto alle sue
sorelle, le trattò con la
massima cortesia e le invitò a servirsi di arance
e limoni che il Principe le
aveva regalato; questo
le stupì assai, perché
a loro sembrava di non
conoscerla affatto. Nel
mentre che conversavano insieme, Cenerentola
sentì suonare le undici
e tre quarti, fece una
profonda riverenza e se
ne andò più lesta che poté.
Appena fu arrivata a casa, corse dalla madrina
e, dopo averla ringraziata, le disse che avrebbe
avuto gran piacere di tornare alla festa anche
il giorno seguente, perché il figlio del Re l’aveva tanto pregata. Mentre stava narrando alla
madrina tutti i particolari della festa, le due
sorelle bussarono alla porta: Cenerentola andò
ad aprire. «Come siete tornate tardi!» disse
sbadigliando, stropicciandosi gli occhi e stiracchiandosi come se si fosse svegliata in quel momento. Eppure, non aveva avuto davvero voglia
di dormire, da quando si erano lasciate. «Se tu
fossi venuta alla festa», le disse una delle sorelle «non ti saresti certamente annoiata: è venuta
una bellissima Principessa, ma la più bella che si
possa vedere; ci ha anche fatto mille cortesie,
offrendoci aranci e limoni.» Cenerentola non
stava più in sé dalla gioia; chiese il nome della
Principessa; ma quelle risposero che nessuno la
conosceva, anzi, il figlio del Re si struggeva del-
la voglia di sapere chi fosse, e avrebbe dato per
questo tutto l’oro del mondo! Cenerentola sorrise, e disse : «Doveva essere bella davvero! Dio
mio! come siete fortunate voi altre! E io, come
potrei fare per vederla? Signorina Giulietta,
siate buona, prestatemi per una volta il vostro
abito giallo, quello di tutti i giorni...». «Perché
no?» disse la signorina Giulietta. «Ecco un’idea!
Far indossare il mio vestito a un brutto Culincenere come te! Dovrei proprio essere pazza!»
Cenerentola si aspettava un simile rifiuto e ne
fu assai contenta giacché si sarebbe trovata nei guai, se la sorella avesse acconsentito
a prestarle l’abito giallo. Il dì seguente le due
sorelle tornarono al ballo e Cenerentola pure;
ma vestita anche più sfarzosamente della sera
prima. Il figlio del Re non si staccò mai da lei
e non fece che dirle cose tenere e galanti. La
nostra giovinetta non s’annoiava davvero e dimenticò quel che la
madrina le aveva tanto raccomandato; così
sentì suonare il primo
tocco della mezzanotte quando credeva che
non fossero ancora le
undici; allora si alzò e
fuggì via con leggerezza di una cerbiatta. Il
Principe le corse dietro, ma non poté raggiungerla.
Fuggendo,
ella perdette una delle
sue scarpine di vetro,
e il Principe la raccolse
con grandissima cura.
Cenerentola arrivò a casa tutta scalmanata,
senza più carrozza, né lacchè e vestita dei suoi
poveri abitucci; di tutte le sue magnificenze
non le era restato che una delle scarpette, la
compagna di quella che aveva perduta per strada. Fu chiesto ai guardaportoni del palazzo reale, se per caso non avessero visto uscire una
Principessa; risposero di non aver visto uscire
nessuno, salvo una ragazzetta assai mal messa,
e che all’aspetto, sembrava piuttosto una contadina che una signora.
Quando le due sorelle tornarono dalla festa,
Cenerentola chiese loro se si erano divertite e
se la bella signora vi era andata anche lei: loro
risposero di si, ma che era scappata allo scoccare della mezzanotte, e così in fretta, che aveva
lasciato cadere una delle sue scarpine di vetro,
la scarpetta più carina del mondo: il figlio del
Re l’aveva raccolta, e non aveva fatto che guardarla per tutto il resto della festa; certamente
68
doveva essere innamorato pazzo della bella signora, alla quale apparteneva la scarpina.
Dissero il vero; infatti pochi giorni dopo, il figlio
del Re fece proclamare a suon di tromba ch’egli
avrebbe sposato colei, a cui la scarpina avesse
calzato perfettamente al piede. Si cominciò a
provarla alle Principesse, poi alle Duchesse e a
tutte le dame della corte, ma fu tempo perso. La
portarono anche dalle due sorelle, che fecero
tutto il possibile per farsi entrare al piede
quella scarpa, ma non vi riuscirono. Cenerentola
che le guardava, e riconobbe la sua scarpetta,
disse come per scherzo: «Vediamo un po’ se alle
volte non mi stesse bene!». Le sorelle si misero
a ridere e a canzonarla. Il gentiluomo che era
incaricato di provare la scarpa, aveva guardato
attentamente Cenerentola e, avendola trovata
molto bella, disse che la cosa era giustissima,
e lui aveva ricevuto ordine di provarla a
tutte le ragazze. Fece sedere Cenerentola, e
accostando la scarpetta al piedino di lei, vide
che esso vi entrava senza fatica e la calzava
come un guanto. Lo stupore delle due sorelle
fu grande, ma si fece ancora più grande quando
Cenerentola tirò fuori di tasca la seconda
scarpetta e se mise al piede.
A questo punto arrivò la madrina che, dopo aver
toccato con la bacchetta i vestiti di Cenerentola,
li fece diventare ancora più sfarzosi di tutti
gli altri. Fu qui che le due sorelle riconobbero
in lei la bella signora veduta al ballo. Si
gettarono ai suoi piedi e le chiesero perdono
di tutti i maltrattamenti che le avevano fatto
subire. Cenerentola le fece alzare, e disse,
abbracciandole, che le perdonava di tutto cuore,
e le pregava di volerle sempre bene. Poi, vestita
com’era, fu condotta dal giovane Principe. Egli
la trovò più bella che mai e pochi giorni dopo la
sposò. Cenerentola, buona quanto bella, invitò
le due sorelle presso di sé al palazzo e il giorno
stesso le sposò a due gentiluomini della corte.
69
1.d Per la scuola media
Quando il librettista Jacopo Ferretti scrisse il libretto per la Cenerentola di
Rossini propose una versione meno “fiabesca” e più attuale della famosa favola
di Perrault, eliminando ad esempio l’aspetto magico dalla vicenda. Prova ad
immaginare e a scrivere anche tu una versione moderna della favola. Il titolo
per esempio potrebbe essere:
E se Cenerentola vivesse nel XXI secolo?
70
2. GIOCHI MUSICALI
A cura di Elena Ricca
Il mondo che ci circonda è come un’immensa orchestra musicale dalle molteplici
sfumature sonore, diretta da un maestro misterioso che può utilizzare suoni secchi e
risonanti, acuti e gravi, confusi e distinti.
Possiamo quindi analizzare con i nostri allievi la presenza dei suoni nella vita quotidiana
(i suoni che sentono quando si svegliano, i suoni durante l’intervallo, i suoni in auto
ecc.), cercare gli oggetti che emettono un suono nella nostra classe e analizzare le
caratteristiche del loro suono.
Suonare è sicuramente un’attività molto divertente per i nostri alunni. Curiosi di
conoscere, ma soprattutto di sperimentare le possibilità ritmiche e timbriche del
materiale sonoro, possono inventare o giocare o manipolare i suoni piegandoli ai loro gusti
e desideri. Le attività qui proposte sono chiamate “gioco” proprio per sottolineare che
alla base di ogni esperienza creativa occorre una piacevole ed invitante motivazione.
2.a Gioco di esplorazione e composizione
Questa attività è relativamente semplice, ma molto interessante e ricca di
spunti.
Sistemiamo per terra gli strumenti e diamo la possibilità di toccare, sperimentare,
far suonare i vari strumenti. Dopo un po’ di confusione facciamo scegliere uno
strumento e mettiamo un bambino-direttore che dovrà scegliere due gesti, meglio
se contrastanti tra loro (alzare il braccio verticalmente e poi orizzontalmente
oppure camminare e poi correre) per indicare il suono e il silenzio.
Guidiamoli inizialmente verso movimenti molto evidenti, poi verso movimenti più
contenuti come, per esempio, aprire le mani per indicare il suono e chiuderle per
il silenzio.
In seguito potremmo dividere la classe in due facendo parlare prima gli strumenti
a suono determinato e poi quelli a suono indeterminato, oppure quelli di metallo
e poi quelli di legno; oppure quelli che emettono suoni lunghi e poi quelli che
emettono suoni corti.
Con un pizzico di fantasia si inizierà così un’interessante “composizione” che
potrà essere registrata con supporti audio o con videoriprese per far sì che il
gruppo si auto-corregga e apprezzi la propria crescita.
2.b Gioco del baule
Possiamo iniziare chiedendo agli alunni quali sono, secondo loro, i suoni o rumori
fastidiosi, cioè quelli che non sopportano, per fare una prima distinzione sul carattere del suono. Dopo aver raccontato
che possiamo utilizzare il baule di Cenerentola per riporre e chiudere i suoni più
insopportabili: mostreremo loro il disegno
di un baule su di un foglio verde e lo stesso
disegno su di un foglio rosso.
Quando alzeremo il cartello verde i bambini
potranno suonare, quando alzeremo il
cartello rosso faranno silenzio.
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Questo serve a dare una rappresentazione grafica del suono e del suo opposto,
il silenzio.
Proviamo ora ad eseguire la partitura del BALLO; abbiamo sonorizzato il momento
delle danze, le coppie che volteggiano, l’orchestra che suona, i camerieri che
stappano lo champagne, gli invitati che brindano e che chiacchierano.
2.d Gioco del rebus musicale (per i più esperti)
Se conoscete già la scrittura delle note potrete cimentarvi in uno di questi
rebus, sostituendo le parole alle note avrete una frase.
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2.e Il gioco degli incroci misteriosi
In questo gioco ci sono molte parole chiave della storia di Cenerentola, ma sono
scritte alla rinfusa. Sarete capaci di trovarle tutte?
Attenzione: sono scritte da sinistra a destra, ma anche da destra verso sinistra
o dal basso verso l’alto. In bocca al lupo!
Le parole da cercare sono:
Rossini, Ferretti, Don Magnifico, Clorinda, Tisbe, Ramiro, ballo, Alidoro, Dandini,
Cavalieri, Barone, cameriere, segreto, Angelina, Parigi, opera, braccialetto,
scudiero, trono.
C A V A L
A L
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I
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E
C O P
A B
I U Q U O M O R
C
I A L
E
F
E T T O
C O D U Z
2.f Suoniamo “La Cenerentola”
Troverete ora delle vere partiture tratte dalla musica del grande Rossini,
naturalmente saranno riduzioni che potrete suonare in classe con i flauti o le
tastiere.
Buon divertimento!
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75
76
77
2.g Gli strumenti dell’orchestra
Quando verrete allo spettacolo potrete vedere gli strumenti che suonano dal
vivo. Chissà se li conoscevate già? Leggete attentamente le schede successive,
per poterli riconoscere a teatro.
Il violino è la voce più acuta della famiglia dei moderni strumenti ad arco occidentali. Ha 4 corde intonate per quinte
(mi-la-re-sol), tese su un manico d’ebano che termina a riccio, mediante piroli
infissi nel cavigliere. Le corde partono
dal capotasto e passano sulla tavola armonica, nella quale si trovano i due tagli
ad effe, poggiano su di un ponticello che
trasmette alla cassa le vibrazioni attraverso l’anima, costituita da un cilindretto di legno movibile posto vicino al piede destro del ponticello. Le corde sono
fissate alla tavola stessa mediante una
cordiera d’ebano. Storicamente lo strumento assunse intorno al 1600 un ruolo
predominante nell’ambito della musica
strumentale, contribuendo alla nascita
delle più importanti strutture formali
barocche come la sonata, il concerto, la
sinfonia.
Il violoncello nasce in Italia nella seconda
metà del XVI secolo dallo sviluppo della
viola da gamba. Le sue dimensioni gli
permettono di produrre dei suoni gravi.
Si suona appoggiandolo tra le ginocchia
ed usando un archetto. Nella base dello
strumento è inserito un puntale in legno
o in metallo che serve ad appoggiarlo
in terra. L’accordatura delle 4 corde
è basata sulle stesse note della viola
trasportate, però, un’ottava sotto (lare-sol-do). Nel 1700 entrò a far parte
stabilmente dell’orchestra.
Il clarinetto ha un’imboccatura detta ad
ancia semplice (l’ancia è una sottilissima
linguetta di legno che viene inserita
nel bocchino dello strumento e fatta
vibrare dall’aria soffiata dal musicista).
È formato da un tubo cilindrico di legno
78
terminante in un padiglione svasato nel
quale sono stati praticati dei fori, che
vengono chiusi sia dalle dita che da
alcune chiavi. Derivato dallo strumento
popolare chalumeau, fu soltanto dopo il
XVII secolo che assunse la foggia che
conosciamo oggi.
Il fagotto è costituito da un lungo tubo
di legno (circa 2 metri e 50 centimetri)
ripiegato su sé stesso a forma di U e
terminante con un padiglione; lungo il tubo
si trovano dei fori chiusi da un complesso
sistema di chiavi. L’imboccatura ad ancia
doppia è inserita in un tubetto metallico
ripiegato e collegato allo strumento. Ha
un timbro grave e pastoso, utilizzato
nelle orchestre sinfoniche e d’opera.
La fisarmonica è uno strumento musicale
aerofono a mantice; è stata per lunghi
anni uno strumento folcloristico legato
alla tradizione della danza popolare.
Ha due bottoniere: una corrispondente
alla mano sinistra, l’accompagnamento,
l’altra corrispondente alla mano destra
che esegue il canto. La fisarmonica più
conosciuta è quella che ha la tastiera della
mano destra come quella del pianoforte.
Il bandoneón, chiamato anche bandonion
dal suo inventore, il tedesco Heinrich
Band, è simile alla fisarmonica, ma ha
entrambe le tastiere a bottoni; è uno
strumento fondamentale nelle orchestre
di tango argentine.
Il sintetizzatore, anche chiamato synth,
è uno strumento musicale che appartiene alla famiglia degli elettrofoni. È un
apparato in grado di imitare altri strumenti reali o creare suoni non esistenti
in natura. È generalmente controllato
per mezzo di una tastiera.
79
3. GIOCHI CON LA VOCE
A cura di Nausicaa Bosio
Per la scuola primaria e secondaria
Assistendo al nostro spettacolo vi accorgerete, o forse lo sapete già, che i personaggi
dell’opera cantano utilizzando una tecnica particolare: i cantanti d’opera cantano con
VOCE IMPOSTATA. Si tratta di una tecnica vocale che permette di potenziare molto
il VOLUME e l’ESTENSIONE della VOCE NATURALE.
Un po’ di storia
Fino al Cinquecento i cantanti cantavano con timbro naturale. Dal Seicento, con la nascita del
Melodramma, spettacolo in cui si mette in scena una storia cantando, accompagnati dall’orchestra,
i cantanti devono sviluppare capacità tecniche e canore sempre maggiori, per rendere la voce bella
e potente, così da poter essere sentiti nei grandi teatri con facilità: si cantano senza microfono (!)
arie molto difficili.
3.a Don Ramiro e Cenerentola: chi è il tenore e chi il contralto?
C’è sempre un po’ di confusione nella CLASSIFICAZIONE DELLE VOCI
Le voci femminili, dalla più acuta alla più grave, sono: SOPRANO, MEZZOSOPRANO, CONTRALTO
Le voci maschili, dalla più acuta alla più grave, sono: TENORE, BARITONO,
BASSO.
3.b Tutti critici musicali
Provate a trasformarvi in CRITICI MUSICALI, ascoltando con attenzione lo
spettacolo ed esprimendo il vostro giudizio. Non abbiate timore di sbagliare: non
c’è una risposta giusta; semplicemente divertitevi ad ASCOLTARE, cercando di
capire se e quanto la musica possa arricchire e completare la storia.
Ad esempio:
la voce del contralto Cenerentola ha un timbro
chiaro/scuro
debole/potente
cristallino
delicato/aggressivo
sottile
caldo
brillante
....................................
....................................
....................................
....................................
Trovatene altri voi!
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Nella Cenerentola Rossini affida il ruolo della protagonista al CONTRALTO. Di
solito la protagonista dell’opera è il soprano: perchè Rossini avrà fatto questa
particolare scelta? Ascoltando l’opera prova a osservare le caratteristiche della
voce di Cenerentola; con quali aggettivi si può qualificare? Ti sembra tradurre
bene musicalmente il carattere e la storia di Angelina?
Le sorellastre, Clorinda e Tisbe, sono rispettivamente un SOPRANO e un
MEZZOSOPRANO. Quali sono le caratteristiche delle loro voci? La musica
aggiunge qualcosa ai personaggi? E come?
Per quanto riguarda i personaggi maschili abbiamo un TENORE, il Principe Don
Ramiro, un BASSO, il cameriere Dandini e un BASSO BUFFO, il patrigno Don
Magnifico. Sarà stata una scelta casuale? Quale effetto si otterrebbe se Don
Ramiro fosse un BASSO BUFFO e Dandini un TENORE? La storia avrebbe lo
stesso significato?
Buon lavoro!
3.c Librettisti e Compositori
Facciamo finta che Ferretti e Rossini non abbiano terminato il loro lavoro,
immaginiamo che siano stati interrotti sul più bello ... Entriamo nel loro studio,
diamo un’occhiata ai loro appunti... e trasformiamoci in librettisti completando
la scena e poi in compositori inventando la musica (con l’aiuto dell’insegnante!).
Magari non se ne accorge nessuno!...
Ecco alcuni spunti di lavoro:
Siamo all’inizio dell’opera. Clorinda e Tisbe si pavoneggiano davanti allo
specchio; Cenerentola prepara la colazione e canta l’aria «Una volta c’era
un re», infastidendo le sorellastre… si sente bussare: chi sarà?
Tisbe
Cenerentola finiscila con la solita canzone.
Clorinda
Cenerentola finiscila con la solita canzone.
Cenerentola
Presso al fuoco, in un cantone, via lasciatemi
cantar.
Una volta c’era un re, una volta...
Clorinda e Tisbe
E due, e tre!
Clorinda
La finisci? Sì o no?
Clorinda e Tisbe
Se non taci ti darò!
Cenerentola
Una volta...
(si ode picchiare)
Clorinda, Tisbe e Cenerentola
Chi sarà?
Chi sarà? Indovina chi è alla porta e inventa una filastrocca sul personaggio
misterioso. Poi trasformati in Rossini e componi la melodia!
Arrivano i cavalieri del Principe Ramiro ad invitare le figlie di Don Magnifico
al ballo. Clorinda e Tisbe, agitatissime, si lanciano nei preparativi subissando
la povera Cenerentola con mille richieste, quindi litigano fra loro per decidere
chi delle due abbia il diritto di avvisare il padre, Don Magnifico.
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Tisbe
Non v’è tempo da perdere
Clorinda
Nostro padre avvisarne conviene
Tisbe
Esser la prima voglio a darne la nuova
Clorinda
Oh, mi perdoni, io sono la maggiore
Tisbe
No, no, gliel vo’ dir io
Clorinda
È questo il dover mio. Io svegliare lo vo’.
Venite appresso.
Tisbe
Oh! Non la vincerai.
Clorinda
Ecco egli stesso.
Arriva Don Magnifico: che cosa potrebbe dire per presentarsi? Inventa una
filastrocca divertente con cui Don Magnifico entri in scena, suscitando l’ilarità del
pubblico...poi componi una musica buffa che caratterizzi ancor meglio il personaggio
(facendoti sempre aiutare dagli insegnanti!).
Clorinda, Tisbe e Don Magnifico sono finalmente al ballo. Le due sorelle cercano
di conquistare il Principe, che in realtà è il cameriere Dandini travestito. Don
Magnifico ha bevuto così tanto vino che è nominato “cantiniere”; circondato
e incitato dai cavalieri… straparla!
Don Magnifico
Intendente! Direttor! Presidente! Cantinier!
Grazie, grazie, che piacer!
Che girandola ho nel cor!
Si venga a scrivere quel che dettiamo.
Seimila copie poi ne vogliamo.
Cavalieri
Già pronti a scrivere
Tutti siam qui.
Che cosa detterà Don Magnifico? Quale regola bizzarra si inventerà? Prendi il posto
del librettista e del compositore e divertiti a comporre una filastrocca nonsense!
Buon lavoro!
82
4. GIOCHI CON LA SCENOGRAFIA
A cura di Lucia Carella
4.a L’ABC dei luoghi segreti del palcoscenico
Come è fatto un TEATRO? Chi è lo SCENOGRAFO?
La primissima cosa che si consiglia quando si vuole intraprendere la carriera
dello scenografo è la conoscenza dei luoghi segreti del teatro, in particolare del
PALCOSCENICO, la zona in cui si muovono gli attori, visibile dal pubblico in sala.
Il palcoscenico può essere di tipo meccanico, ossia:
–
Suddiviso in quadrati o rettangoli in legno chiamati BOTOLE, attraverso le
quali appaiono e scompaiono personaggi o elementi di scena.
–
MOBILE su ascensore meccanico, cioè diviso in piattaforme che si alzano e
si abbassano, favorendo i cambi di scena.
–
Fornito di ROTAIE sulle quali scorrono orizzontalmente le pareti
scenografiche.
Molto importante è anche la parte che sovrasta il palcoscenico detta TORRE DI
SCENA, nella quale si appendono e si muovono verticalmente le scenografie. Qui
gli elementi di fondamentale importanza sono:
–
La GRATICCIA: ha le dimensioni del sottostante palcoscenico ed è una
sorta di soffittatura costituita da travi di legno o di metallo posti ad una
distanza di circa 8 cm. l’una dall’altra. Tra le fessure scorrono i cavi d’acciaio
che sorreggono gli elementi scenici. Sulla graticcia lavorano macchinisti
specializzati.
–
I TIRI: sono i cavi d’acciaio ai quali sono appese le scenografie e soprattutto i
fondali; possono essere manuali o meccanici, ma sempre utilizzati sfruttando
il principio del contrappeso.
–
I BALLATOI: presenti in maniera differente a seconda dei teatri, sono
dei veri balconi a più piani che percorrono interamente il perimetro del
palcoscenico, a cui vengono fissati i contrappesi dei tiri manuali.
–
I PONTI LUCE costituiti da particolari travi d’acciaio soprannominate
AMERICANE, sulle quali si fissano i proiettori.
Naturalmente tutti questi elementi variano di misura a seconda dei teatri,
quindi è fondamentale conoscere perfettamente le caratteristiche tecniche e le
potenzialità del palcoscenico entro il quale si svolgerà la nostra rappresentazione
teatrale; infatti la scenografia sarà progettata e costruita in base alle misure e
alle possibilità che il palco offre.
Certo, la spiegazione orale o scritta non è sufficiente, perché solo visitando
questi luoghi si potranno ammirare gli spazi immensi, assaporarne gli odori e
viverne le emozioni. Si consiglia quindi una visita guidata alle strutture di un
teatro e se possibile anche ai laboratori di scenografia, per apprendere al meglio
le tecniche e gli strumenti usati dallo scenografo.
Lo scenografo è colui che progetta e realizza la SCENOGRAFIA, ossia l’ambiente
entro il quale vivono i personaggi della nostra storia.
Come farà a costruire con calce e mattoni il palazzo reale del Principe?
83
No, niente paura... è uno scenografo, non un muratore, quindi sarà tutto finto,
come in un gioco.
Ogni cosa a teatro è costruita con materiali leggerissimi come il legno, la
gommapiuma, il polistirolo, oppure è semplicemente dipinta su un grande telone
di stoffa, chiamato FONDALE, appeso poi al fondo del palcoscenico. Così si
potrà rappresentare la cucina dove lavora Cenerentola, la sala da ballo, il palazzo
del Principe, ecc... Più fondali si dipingeranno e più saranno i luoghi in cui vivranno
i nostri eroi.
Ovviamente è molto importante usare l’immaginazione!
Ma tutto questo lavoro viene eseguito sul palcoscenico?
No, le scenografie vengono realizzate nei grandi laboratori di scenografia e una
volta terminate vengono portate in teatro e montate sul magico palcoscenico.
Ma noi non conosciamo uno scenografo! Allora mettiamoci tutti al lavoro. Ed
eccoci trasformati come per magia in tanti piccoli scenografi!
4.b La conoscenza della STORIA dell’evoluzione del teatro
In un momento in cui tutto si trasforma rapidamente, è opportuno fare un passo
indietro e ricostruire la storia dei teatri passati, per capire che tutto ciò che
noi oggi diamo quasi per scontato è in realtà frutto di una lunga evoluzione.
Per questo consigliamo una ricerca sulla storia del teatro dalle prime colossali
strutture greche e romane, in cui lo spettacolo si svolgeva all’aperto sfruttando
la luce naturale fino all’ultimo raggio di sole. Le rappresentazioni duravano
ininterrottamente per giorni senza mai annoiare il pubblico, anzi entusiasmando
anche il più semplice cittadino... Tutto questo ai giorni nostri suonerebbe
incredibile; come reagirebbe un adolescente del 2000?
La seconda tappa storica è il Medioevo, periodo in cui scompare il repertorio
classico e quasi l’idea stessa di teatro. La Chiesa, infatti, condannando gli
eccessi di violenza e lascivia tipici del teatro di età imperiale, elimina del tutto le
rappresentazioni, ad eccezione di quelle a carattere religioso che si diffondono
a partire dall’età carolingia. Durante questo periodo, però, gli attori di teatro
popolare vengono vessati in molti modi; ad esempio non viene loro concesso di
essere seppelliti in luogo consacrato. La situazione si fa per loro specialmente
difficile durante i giorni della Quaresima e da qui nascerà la superstizione del
colore viola in teatro.
Paragoniamo tutto ciò al divismo dell’attore di oggi, che vive accompagnato dalle
guardie del corpo ed è presente su tutte le cronache scandalistiche.
Un terzo tema interessante è quello del galateo a teatro: ad esempio nel teatro
barocco era consuetudine mangiare, bere, fumare, giocare a carte, discutere di
politica o attualità durante le rappresentazioni. Tutto ciò non era considerato un
atteggiamento maleducato, ma anzi un modo di intendere il teatro come luogo di
aggregazione e socializzazione. E oggi come si comportano i ragazzi a teatro?
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4.c Le fasi di realizzazione di una scenografia
1. Conoscenza dell’opera e delle intenzioni del regista
Generalmente ogni rappresentazione teatrale, oltre a raccontare una storia,
vuole trasmettere un messaggio. Anche la scenografia con i suoi colori e le
sue forme deve aiutare a ottenere diverse sensazioni. Ad esempio:
Scena scura e opprimente: situazione drammatica
Scena chiara e ordinata: situazione serena
2. Lettura e analisi del libretto con individuazione degli ambienti e degli
oggetti citati.
Le scene principali della nostra storia sono:
–
cucina del castello del barone Don Magnifico
–
sala del castello del barone Don Magnifico
–
sala da ballo del palazzo del Principe Don Ramiro
3. Progettazione e realizzazione grafica di un bozzetto scenografico.
Ogni rappresentazione teatrale può avere più scene intercambiabili o un’unica
scena fissa: ciò dipenderà dal numero degli ambienti previsti nel libretto o
dalla scelta registica.
Per ogni scena occorrerà realizzare un BOZZETTO e, se sono previsti elementi
tridimensionali, anche gli ‘sviluppi’, ossia i disegni tecnici delle singole parti
con relative misure. Naturalmente non può mancare la fondamentale ‘pianta
in scala’.
Prima di incominciare a disegnare il bozzetto scenografico è opportuno porre
la nostra attenzione alle regole prospettiche. Per coloro che non hanno
particolare dimestichezza con il disegno prospettico proponiamo un semplice
percorso esplorativo.
Definizione della parola PROSPETTIVA: disegno geometrico che ci permette
di rappresentare su un foglio da disegno forme e oggetti facendoli apparire
reali, come se uscissero dal foglio (effetto tridimensionale). Ricordiamo
che le cose più sono vicine più sembrano grandi e, al contrario, più sono
lontane più si rimpiccioliscono. Esistono vari tipi di prospettiva: frontale,
accidentale, aerea. Il tipo di prospettiva più comunemente usata in teatro è
la prospettiva frontale a punto di vista centrale.
Esempio. Consideriamo tre modelli di stanze:
1.
UN MURO FRONTALE.
2. DUE MURI AD ANGOLO E
PARTE DEL PAVIMENTO.
85
3. TRE PARETI DELLA STANZA E
IL PAVIMENTO.
Osserviamo il disegno n. 3:
il pavimento della stanza non è diritto, ma tende a restringersi assumendo
la forma di un trapezio. I due muri laterali ci possono sembrare storti, ma in
realtà così disegnati definiscono la profondità. Il pavimento più si allontana
dal nostro sguardo più si rimpicciolisce. Le linee laterali del pavimento e tutte
le fughe delle piastrelle convergono in un unico punto immaginario chiamato
PUNTO DI FUGA.
Esempio. Disegno prospettico con relativa costruzione:
LINEA DI TERRA
LE LINEE CHE DEFINISCONO
LE PARTI FRONTALI SONO
PARALLELE ALLA LINEA DI TERRA
...ECCO LA SPIAGGIA!
Naturalmente per una costruzione geometrica più precisa occorrerà un
ulteriore approfondimento. È molto importante ricordarsi che all’interno
dei bozzetti non si devono disegnare persone e animali, perché non sono
ambienti, ma personaggi. Inoltre si può decidere di non disegnare tavoli,
sedie, divani, ecc. in quanto oggetti di arredo fruibili dagli attori, quindi
mobili reali aggiunti sulla scena.
4. Realizzazione di una scenografia
Come già anticipato nel paragrafo precedente, la scenografia può essere
composta da uno o più fondali oppure da elementi costruiti. Naturalmente
per realizzare questi lavori è fondamentale allestire in uno spazio piuttosto
grande il LABORATORIO DI SCENOGRAFIA, fornito di una pavimentazione
in legno facilmente sostituibile con una serie di grandi plance di legno
appoggiate sul pavimento.
Realizziamo quindi un fondale, che viene dipinto su una grande tela che sarà
stesa a terra (su superficie di legno) e sarà BROCCHETTATA, cioè inchiodata
lungo l’intero perimetro con chiodi di particolare forma di nome ‘brocchette’,
piantati uno accanto all’altro ad un intervallo di circa 10 centimetri, con lo
scopo di tendere e fermare la tela.
Prima della pittura la tela viene ‘imprimita’, altro termine tecnico che vuol
dire ‘preparata per la pittura, in modo tale che il colore rimanga ben fermo
evitando lo sgradevole effetto di macchia che si espande’. L’imprimitura
consiste in una miscela di 12 parti di acqua, 1 parte di colla vinilica e pigmento
bianco quanto basta per ottenere un colore coprente. Quando la tela sarà
completamente dipinta di bianco si lascerà asciugare e solo dopo s’inizierà il
disegno e la pittura.
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QUESTO È
IL PARTICOLARE
CHIODO CHIAMATO
BROCCHETTA!
QUESTO È IL TELO IMPRIMITO E BROCCHETTATO A TERRA SUL QUALE DIPINGEREMO LA NOSTRA SCENOGRAFIA!
Esecuzione del disegno
Il disegno che realizzeremo sulla tela sarà la precisa copia del disegno che
abbiamo fatto sul bozzetto, naturalmente ingrandito. Il sistema utilizzato
per ingrandire il bozzetto è l’antica tecnica della ‘quadrettatura’: sul bozzetto
si traccerà una griglia di 20 quadretti per 30, il cui lato misura 1 centimetro,
mentre sulla tela si ridisegnerà la griglia di 20 x 30 quadretti, ma con il
lato che misura 1 metro o 50 centimetri. Basterà ridisegnare tutto ciò che
contiene ogni quadretto e il disegno è pronto!
Preparazione degli strumenti necessari per l’esecuzione
Tutto il lavoro viene eseguito in piedi, per agevolare l’ampiezza del cono
della nostra percezione visiva. Data la distanza tra noi e la tela da dipingere
occorrerà costruirsi delle prolunghe per i pennelli.
Per DISEGNARE: costruiamo la ‘canna’, una bacchetta lunga 1 metro con
il fondo fissato con del nastro adesivo ad un carboncino da disegno, che
sostituirà la matita.
Per CANCELLARE: ritagliamo alcune strisce di tela e applichiamole al fondo
di una bacchetta, ottenendo uno strano strumento simile ad un ‘mocio’
per il lavaggio dei pavimenti: sbattuto sulla linea da cancellare porterà via
il carboncino fino ad annullarlo completamente. Il nome tecnico di questa
strana gomma e ‘gatto a nove code’.
Il RIGHELLO: utilizzeremo semplicemente una lunga bacchetta di legno o
una corda tesa da parte a parte.
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CURVE E CERCHI: utilizziamo semplicemente il compasso per la lavagna o
usiamo un cordino: un estremo si ferma alla tela con un chiodo, l’altro si fa
ruotare fissando alla distanza desiderata un carboncino o una matita.
Preparazione dell’imprimitura e dei colori
I colori che si utilizzano sono ottenuti miscelando una parte di colla vinilica
con 12 parti di acqua, cui si aggiungono i pigmenti (ossia ossidi e terre
naturali). La quantità varia a seconda dell’effetto desiderato, più coprente o
più acquerellato. Naturalmente è più semplice usare i colori acrilici!
Realizzazione degli elementi scenografici ‘costruiti’
La scenografia naturalmente deve essere leggera, perché ogni elemento
sul palcoscenico deve spostarsi con facilità. È molto importante scegliere
materiali leggeri e malleabili.
Nella scenografia barocca i materiali principalmente usati erano il legno e
la cartapesta, mentre oggi si usano anche materiali sintetici più resistenti
e spesso innovativi. Attualmente i materiali più usati sono: il legno, usato
come supporto portante, il polistirolo, la gommapiuma, il poliuretano,
la plastica, ecc. Naturalmente questi materiali non si usano grezzi, ma
lavorati in modo tale da trasformarli in ‘pietra, corteccia, intonaco, marmo’,
ecc. Per prima cosa bisogna renderli solidi, e per questo si usa la tecnica
della GARZATURA, cioè una copertura di strati di garza, che un tempo
veniva incollata con la colla vinilica, oggi con la gomma liquida o il plastico.
Terminata la garzatura occorrerà trasformare la superficie in materia,
per ottenere un effetto simile al materiale desiderato. La superficie va
allora PAPPONATA, cioè ricoperta con il ‘pappone’, una miscela di colore,
segatura, sabbia, trucioli, ecc. La ricetta varia a seconda della granulosità
che si vuole ottenere.
A questo punto la superficie è pronta per essere dipinta.
Quando si realizza una scenografia è importante considerare il punto di vista
del pubblico: non ci devono essere SFORI, cioè punti bucati. Inoltre tutto
ciò che non sarà mai visto dalla platea non verrà né costruito né dipinto:
sarebbe uno spreco di materiale, di tempo e di energia!
4.d Giochiamo con il teatrino dei burattini e delle marionette
Gli scenografi prima di iniziare la costruzione dell’intero impianto scenico
realizzano un modellino del proprio progetto in scala ridotta. Questo può
diventare un gioco da proporre ai ragazzi con l’obiettivo di mostrare la
collocazione effettiva del loro elaborato. Se poi vogliamo divertirci ancora
di più possiamo trasformare il modellino in teatrino dei burattini. I burattini
possono essere realizzati con varie tecniche, interamente in stoffa con la testa
modellata in cartapesta o in das, oppure più semplicemente decorando una
pallina da ping-pong. L’importante è che rappresentino i personaggi della storia:
per questo possono essere caratterizzati e decorati con fili di lana o residui
di pelliccia per realizzare i capelli o la barba e i baffi, ma non mancheranno
cappelli, colletti, ecc.
Anche il teatrino può essere realizzato con varie tecniche e materiali, come
legno, cartone o stoffa.
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Ecco lo schema per realizzare il vostro teatrino dei burattini:
150
50
40
150
TAGLIA VIA
IL BOCCASCENA
75
DECORA SECONDO
LA TUA FANTASIA
CON I CARTONCINI
COLORATI E AGGIUNGI LE
TENDINE... IL TEATRINO
È PRONTO!
PER MUOVERLO
DOVRAI INFILARE LA
MANO NEL VESTITO,
INFILARE IL DITO INDICE
NELLA TESTA E
IL POLLICE E IL MEDIO
NELLE DUE MANI!
QUESTO È
UN BURATTINO!
In alternativa si può realizzare un teatro di marionette a filo, infatti appendendo
un telo su un filo teso da parte a parte che fungerà da fondale, si potranno
manovrare le marionette dall’alto verso il basso salendo su un tavolo nascosto
dietro la tela.
Non è difficile costruire semplicissime marionette alte 70-100 centimetri;
la parte più impegnativa è la realizzazione della testa, che può essere fatta
di cartapesta o più semplicemente decorando una palla di polistirolo su cui si
dipingerà il volto e si incolleranno cappelli di cartone e parrucche di lana. Il corpo
può essere realizzato in stoffa imbottita, con mani e piedi di legno o di un qualsiasi
altro materiale più pesante. Importante è il vestito, che può essere realizzato
con un semplice pezzo di stoffa indossato come una tunica o un poncho...
I fili partiranno da testa, mani, gambe, schiena e si fisseranno su un bilancino di
legno a croce.
4.e Realizziamo i costumi di scena
Per completare la messa in scena dell’opera occorrerà preoccuparsi dei costumi
che indosseranno i personaggi.
I personaggi principali della nostra storia sono:
– La bella Cenerentola
– Le antipatiche sorellastre Clorinda e Tisbe
– Il barone Don Magnifico, il perfido patrigno
– Il principe Don Ramiro
– Dandini, il cameriere del principe
– Alfonso, Donato e Rodolfo, maestri del Principe
Anche per i costumi occorrerà analizzare il testo, cercando gli elementi che
descrivono i personaggi nel loro aspetto fisico e caratteriale. Il carattere si
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evidenzierà con la forma dell’abito e soprattutto con il colore: ad esempio una
donna passionale sarà vestita di rosso, il cattivo di nero, una fanciulla spensierata
di rosa, ecc.
In seguito all’analisi dei personaggi si prepareranno i figurini dei costumi che
serviranno da traccia per la loro realizzazione.
A questo punto si possono intraprendere due strade:
–
-
il TROVAROBATO: cioè cercare abiti dismessi e riadattarli
la SARTORIA: cucire gli abiti.
Per tutti coloro che hanno voglia di giocare, si propone un sistema semplice
e divertente per creare abiti-pittura, evitando le difficoltà delle tecniche
tradizionali di sartoria.
Anche in questo caso occorrerà utilzzare il laboratorio di scenografia
precedentemente allestito.
La tecnica per la realizzazione di questi particolari costumi è la seguente:
recuperiamo vecchie lenzuola dimenticate da tempo nei bauli, e pieghiamole a
metà, tendiamole a terra, corichiamoci sopra con le braccia aperte e facciamoci
tracciare la sagoma del corpo. Poi disegniamo il costume seguendo la nostra
fantasia, lo coloriamo e infine lo ritagliamo lungo i contorni, tenendo unito il lato
delle braccia.
Cuciamo tanti laccetti lungo i lati della tela, in modo da tenere la sagoma ben
aderente al nostro corpo, e completiamo con l’aggiunta di mantelli, cappelli,
accessori.
QUESTO È IL
VECCHIO LENZUOLO
LO PIEGHIAMO A METÀ
E LO TENDIAMO PER TERRA
CI STENDIAMO SOPRA LASCIANDO
TESTA MANI E PIEDI FUORI...
E TRACCIAMO IL CONTORNO DEL CORPO.
MI RACCOMANDO!
LA TESTA VÀ DAL
LATO DELLA
PIEGA.
...ALZIAMOCI... E LA SAGOMA È PRONTA
PER ESSERE DISEGNATA E DIPINTA
SEGUENDO LA TUA FANTASIA!
Il costume è pronto!
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5. LA CACCIA AL TESORO MUSICALE
A cura di Giovanna Piga
Al termine delle attività di lavoro su Cenerentola vi suggeriamo un gioco divertente e
utile per ripassare in allegria quello che è stato appreso durante l’anno nelle varie fasi
di lavoro. Si tratta di una semplice “caccia al tesoro” realizzata in chiave musicale,
cioè con alcuni quesiti da risolvere che riguardano, appunto, Cenerentola.
L’organizzazione del gioco è affidata agli insegnanti.
Luogo: si può organizzare il gioco sia in uno spazio chiuso (l’aula della classe o gli altri
locali della scuola) che all’aperto (in cortile o in giardino), magari come festa di fine
anno.
Materiale occorrente: carta, pennarelli, strisce di stoffa colorata (rossa, blu ecc), cd
audio di Cenerentola fornito dal Teatro Regio, registratore con lettore cd.
Non dimentichiamo un piccolo premio da destinare ai vincitori…!
Regole del gioco: dividere la classe in due o tre gruppi, stabilendo un “capo” per ognuno;
abbinare a ciascuna squadra un colore corrispondente alle diverse strisce di stoffa che
costituiscono gli indizi da cercare (ad es. la squadra dei rossi, dei blu ecc).
Ogni squadra dovrà avere in dotazione una mappa del luogo prescelto per lo svolgimento
della caccia, nel quale gli insegnanti avranno nascosto precedentemente gli indizi; sulla
mappa dovrà essere indicata con una X il punto in cui sarà situata la prima striscia.
Ogni volta che una squadra individuerà un indizio dovrà andare dall’insegnante per
rispondere ad un quesito: rispondendo correttamente verrà segnata una nuova X sulla
mappa in corrispondenza del nuovo indizio e così via fino al termine del gioco.
Il numero di quesiti da porre è a discrezione degli organizzatori.
Vince la squadra che termina per prima.
Organizzazione del gioco:
a) realizzare delle mappe del luogo prescelto per la caccia al tesoro, una per ciascuna
squadra, più una per l’insegnante che coordinerà il gioco.
b) Nascondere le strisce di stoffa (gli indizi), ricordandosi di segnare sulla mappa
dell’insegnante tutti i punti in cui essi verranno celati, mentre su quella delle
squadre andrà indicato solo il luogo del primo indizio.
c) Preparare le domande da porre alle squadre. Si potrà realizzare un percorso uguale
per ogni squadra oppure pensare di creare dei percorsi diversi: in questo caso il
carico di lavoro sarà indubbiamente maggiore.
Qui di seguito proponiamo una serie di domande-tipo da esporre ai ragazzi, la cui
difficoltà può variare in relazione all’età.
Come si chiamavano il compositore e il librettista di Cenerentola?
Come si chiamano le sorelle di Cenerentola?
Qual è il vero nome di Cenerentola?
Come vengono definite le figlie di Don Magnifico?
– adorabili;
– amabili;
– piacevoli.
5. Come definiresti il brano Una volta c’era un re?
– allegro;
– triste;
– malinconico.
6. Quali sono i personaggi che cantano il brano Questo è un nodo?
1.
2.
3.
4.
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7. Come si definisce un brano in cui 4 personaggi cantano contemporaneamente?
8. Quali sono le attività che si svolgono al palazzo del principe?
– mangiare e bere;
– recitare e dipingere;
– danzare e cantare.
9. Nel brano Il mondo è scena intervengono Alfonso, Donato e Rodolfo: qual è la
loro funzione nella storia?
10. Il brano Scegli la sposa inizia direttamente con il canto o con un’introduzione
strumentale?
Soluzioni:
1. Gioachino Rossini e Jacopo Ferretti;
2. Clorinda e Tisbe;
3. Angelina;
4. amabili;
5. malinconico;
6. Cenerentola, Dandini, Ramiro e Don Magnifico;
7. quartetto;
8. danzare e cantare;
9. sono coloro che aiuteranno Cenerentola;
10. inizia con un’introduzione.
Si possono formulare anche quesiti più difficili come rebus ed indovinelli, in base
alla fantasia degli organizzatori della caccia al tesoro.
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6. IL CASTELLO DI DON RAMIRO
A cura di Roberta Cortese
Il modello in alto è una riproduzione del castello valdostano di Fénis secondo un’antica
tecnica giapponese di intaglio e piegatura
della carta: il KIRIGAMI.
Ingrandisci l’immagine al 200%, poi taglia
lungo le linne continue (prima quelle curve,
poi le oblique, poi le longitudinali e poi le
trasversali). Infine procedi con la piegatura
a 90°, cominciando da quella centrale.
Ricordati che le linee tratteggiate sono
pieghe a valle e quelle puntinate sono pieghe
a monte.
La foto qui a fianco ti dà un’idea del
suggestivo risultato finale!
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7. E INFINE… A TEATRO!
A cura di Roberta Cortese
Ecco le istruzioni per realizzare alcuni cappellini che ti serviranno durante lo
spettacolo.
7.a Per le dame
Ingrandisci al 200%, incolla su un cartoncino, colora e taglia lungo i bordi.
Con un nodo, fissa ai due fori interni
un elastico, che poi farai passare dietro la testa.
Se vuoi, dai fori laterali puoi far passare due
nastri leggeri da legare sotto il mento.
Questo è il cappellino che ha fatto da modello.
Stampe d’epoca
di moda francese
d’inizio ‘800.
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7.b Per i cavalieri
Agli inizi dell’800 nella moda maschile troviamo copricapo molto diversi. Il
BICORNO ha origini settecentesche, ma ora lo si porta con le punte rivolte ai
lati (prima si portava con una punta sulla fronte e una sulla nuca). Il CILINDRO
invece è la novità del secolo e infatti Ramiro, da buon principe, segue l’ultima
moda.
Per lo spettacolo divertiti a costruire il tuo bicorno, magari utilizzando questo
modello. Ingrandisci la figura al 400% (dovrebbe diventare circa 40 X 18 cm.),
personalizzala colorandone il bordo e magari applicando una coccarda; poi con del
cartoncino nero ritaglia una copia della stessa sagoma e con del nastro adesivo
incolla le due ‘mezze lune’ lungo il bordo superiore. Infine ritaglia anche una
striscia di cartoncino della tua circonferenza testa e fissala internamente al
bordo inferiore del tuo bicorno.
La riproduzione di un bicorno e una caricatura francese della moda dell’epoca.
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7.c Per tutti
Queste sono le fiamme del camino di Angelina!
Ingrandisci le sagome riportate qui sotto del 200% e riproducile su cartoncini
colorati, magari rosso per le fiamme più grandi e giallo per quelle più piccole. Poi
incolla le fiamme gialle su
quelle rosse ed entrambe
su una fascia di cartondino
alta circa 5 centimetri e
lunga almeno 5 centimetri
più della tua circonferenza testa, da chiudere con
nastro adesivo o meglio
ancora con graffette. Eccoti trasformato nell’amico più caro di Angelina,
quello a cui canta sempre
la sua canzone.
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