LA TEOLOGIA DEL PECCATO ORIGINALE: PASSATO, PRESENTE, PROSPETTIVE STEFANO MOSCHETTI S.I. Ritornare sul tema del peccato originale1 significa, in piena continuità con la tradizione viva della Chiesa e nell'ossequio al suo Magistero, precisare la situazione solidale di peccato, le sue radici storiche, i suoi riflessi nel «cuore» delle singole persone, da cui Cristo Signore ci ha strappato e continuamente ci strappa. Si tratta quindi di un argomento di continua attualità: alla luce della redenzione universale di Cristo, il Crocifisso glorioso che ci dona il suo Santo Spirito per la comunione filiale e fraterna, esaminare la situazione nativa, originaria, comune, la solidarietà nel male che interessa tutti. Comprendiamo quanto sia necessaria e preziosa per noi una conoscenza più viva e completa del nostro male profondo, che colpisce tutti come persone responsabili nella comunità: quanto più l'origine delle disfunzioni umane sarà conosciuta, tanto più sarà possibile porvi ordinato rimedio, che ci è abbondantemente offerto nella croce gloriosa di Cristo. In queste pagine, che intendono offrire una visione generale dell'attuale dibattito teologico circa il peccato originale, avremo sempre davanti agli occhi il Mistero Pasquale di Cristo: solo restando in questa prospettiva si può discendere con sincerità nel male profondo dell'uomo senza indulgere al pessimismo o a un dualismo disperato circa settori di umanità irredenti e irredimibili, restando fondati in un atteggiamento di speranza. Primo e permanente problema dell'intelligenza della fede . Abbiamo affermato che il peccato originale rappresenta un tema di continua attualità; dobbiamo aggiungere che è stato anche il primo. Infatti la prima grandiosa opera teologica, quella sviluppata da Ireneo e altri Padri antignostici del II secolo, ha dovuto riflettere anzitutto sulla salvaguardia della bontà originaria del mondo e dell'uomo2: essa ha precisato che l'origine del male acutamente sofferto sta nella volontà ribelle dell'uomo di fronte al Dio dell'alleanza e della creazione che lo invita a superarsi, a crescere verso la comunione divina donata. Il primo problema teologico in ordine di tempo rimane anche il primo in ordine d'importanza, in quanto fondamentale e sottostante a tutte le articolazioni decisive del dogma. Pur non potendo seguirlo nel suo impianto teologico generale, dobbiamo cogliere tutta la verità insita nelle affermazioni di G. Ebeling, quando afferma: «lI criterio teologico del tutto decisivo per un linguaggio responsabile nel campo della rivelazione, riguarda la situazione dell'uomo davanti a Dio; questo è molto più di una verità di fede particolare: si tratta invece del tema fondamentale dal quale tutti gli altri ricevono la loro determinazione propriamente teologica»3. In altri termini, e in una prospettiva cattolica, W. Kasper esprime la stessa realtà: 1 «Come si può esplicitare positivamente la confessione cristiana, così la si può esplicitare anche negativamente. L'enunciato teologico che Dio in Gesù Cristo è la salvezza di tutto il mondo, implica cioè l'enunciato negativo che fuori di Cristo non vi è salvezza, e che il mondo senza Cristo si trova nella perdizione. La dottrina del Peccato originale dunque, se la si spoglia da modi di comprensione storicamente condizionati, non è che il lato negativo e la formulazione negativa in un enunciato positivo. In questo senso è comprensibile anche oggi; in questo senso anzi si tratta di una dottrina che non si può assolutamente mettere in forse senza mettere in forse la stessa verità cristologica»4. In realtà, percorrendo la storia dell'intelligenza della fede dopo la felice conclusione della crisi gnostica, noteremo come l'approfondimento e le definizioni della dottrina circa il male originario dell'uomo accompagnano sempre l'approfondimento e le definizioni del dogma cristologico; saranno inoltre stimolate dalle necessità e dalle crisi delle civiltà in cui viene annunciata la salvezza in Cristo. Il superamento della crisi gnostica ha perrmesso alla Chiesa di crescere nella consapevolezza che il Dio di Gesù Cristo, dell'alleanza, è lo stesso Dio della creazione: la salvezza del Figlio di Dio incarnato è offerta a tutti gli uomini, guida ogni tappa della storia (le Economie di Ireneo), presenta le dimensioni della creazione stessa, riguarda tutti i problemi attuali; per il sottrarsi dell'uomo alla scuola e alla comunione del Verbo, è sempre offerta nella forma di un ritorno, conversione5. L'ulteriore comprensione del male originario dell'uomo procederà di pari passo con l'approfondimento e le definizioni dogmatiche del mistero di Cristo: cristologia e soteriologia, la sua intima costituzione (persona divina consostanziale al Padre, espressa in un 'umanità integra di corpo, anima e facoltà) e la sua opera redentrice per l'uomo (persona responsabile nella comunità solidale) devono essere lette insieme6. Ove la cristologia risulta debole, anche le considerazioni sul male originario dell'uomo divengono incerte, fluttuanti; cosi agli indefiniti legami della Persona del Verbo con la natura umana di Cristo nella scuola di Nestorio corrispondono le superficialità antropologiche di Pelagio: l'uomo ha bisogno dell'aiuto alquanto esterno di Cristo, del suo esempio, ma non ha necessità di vera redenzione al livello umano più decisivo, quello del «cuore», del rapporto vissuto con Dio, di una Grazia sanante7. Crisi sociali e dottrina del peccato originale In dipendenza dal dogma cristologico e soteriologico (sacramentale, ecclesiale), anche gli inserimenti della Chiesa nella cultura e nei problemi del tempo costituiscono un efficace stimolo a precisare le dimensioni del male nativo dell'uomo. È avvenuto ai tempi di sant'Agostino quando la Chiesa, ormai componente qualificata della vita sociale, è invitata a fornire il suo contributo di risposta all'inquietante quesito: come far fronte alla crisi devastante del costume romano? come ridare slancio a una società stanca, con evi- denti segni di dissoluzione? Si 2 presentano vari Padri spirituali per suggerire le cure opportune: Pelagio, monaco colto, con le sue tendenze cristologiche e soteriologiche, insiste sull'impegno, la disciplina di una volontà in fondo sana; Agostino, non meno colto, ma anzitutto pastore esperto in umanità e più in sintonia con la viva tradizione evangelica, ribadisce l'assoluta necessità della Croce di Cristo per essere risanati dalla situazione di peccato originale8. Sulle vere e autentiche virtù sociali Agostino compose La Città di Dio, un'ampia teologia della storia, che offre molta attenzione e dà largo spazio al peccato originale9. La dottrina teologico-sociale de La Città di Dio ebbe influsso decisivo sull'edificazione, sempre precaria, della cristianità medievale: questo tentativo di società cristiana lo ritroviamo del tutto in crisi agli inizi del secolo XVI. Come ridare slancio all'anima cristiana d'Europa, lacerata nella sua compattezza culturale e politica, percorsa da tanti fremiti di rinnovamento scientifico, letterario e artistico con facili rigurgiti di paganesimo? 10. Anche ora si presentano diversi padri spirituali: Lutero, che indulge al pessimismo, un certo lasciar andare, perché la natura umana e corrotta e la giustificazione per la sola fede avrà effetti soprattutto nell'aldilà; i Padri tridentini ribadiscono la dottrina cattolica: certo l'uomo nasce in una situazione peccaminosa per la solidarietà in Adamo, ma per la grazia di Cristo, donata efficacemente nel battesimo e sviluppata nella vita ecclesiale, può già manifestarsi ora un vero rinnovamento della persona. Per il merito dell'unico mediatore Gesù Cristo (Denz.-Schönm. 1.513) siamo giustificati e abilitati alla lotta spirituale, possiamo vincere le resistenze interne (concupiscenza: ivi, 1.515) ed esterne (ivi, 1.510): un impegno di vita cristiana nei suoi vari stati (sacerdotale, religioso, matrimoniale), che può essere continuamente rinnovato, non immune da veniali fragilità (ivi, 1.573), che guarda a Maria come nuovo inizio, già pienamente realizzato, di vera umanità (ivi, 1.573; 1.516)11. Queste chiarificazioni dottrina li risultarono determinanti per il rilancio della vita ecclesiale, il vigore spirituale e la santità che si manifestarono nei secoli della Controriforma. Anche negli ultimi decenni l'umanità e la Chiesa hanno vissuto il travaglio di un periodo di transizione: la cultura secolarizzata, conservando le tensioni di speranza, proprie della tradizione giudeocristiana, sviluppa le scienze sperimentali e le relative tecniche, formula ideologie del progresso per il superamento dei mali strutturali. Così anche i nostri tempi sono stimolati dai messaggi di molti padri, i padri del laicismo, che intendono essere gli interpreti dei dinamismi biologici, sociali e psicologici più delicati (Darwin, Marx, Freud); e la cristianità è stata nuovamente impegnata ad approfondire il tema del male comune, originario dell'uomo, a prendere posizione e anche integrare nel proprio orizzonte rivelato alcune analisi particolari che possono risultare corrette e utili12. La situazione attuale della teologia del peccato originale La teologia classica, non ancora equipaggiata e allenata, con criteri e metodi propri, al dialogo con le nuove ipotetiche scienze e ideologie, subì un notevole 3 shock13; risentì in particolare dell'impatto con le prospettive moderne circa l'origine e lo sviluppo dell'umanità: l'uomo ancora in basso delle ipotesi evolutive, l'uomo socialmente alienato per la comparsa della proprietà privata dei mezzi di produzione e del matrimonio monogamico (Marx-Engels), l'uomo sofferente per le tensioni psichiche e la metastoria delle relazioni padre-figlio (Freud), la progressiva eclisse dell'essere da Platone in poi (Heidegger). Si può notare come in tutte queste prospettive secolari della caduta originaria ricompaia l'influsso gnostico dualista: il male è legato a uno sviluppo storico, si direbbe necessario, della società e della cultura, la salvezza è attesa da salti qualitativi, l'irrompere della novità14; il sospetto del male è generale, perché si manifesta necessariamente nel progredire della storia, e sarà superato attraverso l'impiego di altrettanto male15. Pur cogliendo nelle analisi dei patriarçhi laici particelle di verità, la teologia cattolica li valuta sempre in base a un criterio decisamente religioso 16: alla luce cioè del Dio di Gesù Cristo, che ha creato l'uomo libero, capace di corrispondere al dono di grazia. Questa grazia soprannaturale, offerta dall'unico mediatore Gesù Cristo, ci raggiunge attraverso innumerevoli mediazioni subordinate. Così solo la Chiesa, di fronte alle analisi delle scienze e delle ideologie moderne, può parlare propriamente di peccato originale, perché solo la Chiesa ha la consapevolezza dell'intimo rapporto personale e comunitario offerto all'uomo dal Dio dell'alleanza e creazione; e solo la dottrina della Chiesa può parlare di un dono di grazia risanante, la grazia del Crocifisso glorioso che già ora può riaprire le libertà e i cuori a un cammino di verità e amore, in un contesto di mediazioni subordinate (presbiterali, religiose, familiari...) riabilitate. Il dogma del peccato originale appartiene strettamente al campo della rivelazione soprannaturale che ha il suo vertice in Cristo; è certo già insinuato dall'esperienza tragica, in sé assurda, della sofferenza, della morte, delle tensioni interne, delle lacerazioni sociali, ma nella sua sostanza appartiene alla storia della salvezza, realizzata e ricapitolata nella persona e nell'opera di Cristo. La ricerca teologica (biblica, storica, speculativa) ha compiuto negli ultimi decenni notevoli progressi, ha fornito contributi preziosi, anche se in questo campo la completezza risulta difficile17. Ora la grande produzione sembra segnare il passo; forse è giunto il mo mento per valutazioni più serene; sono state poste le basi per un rilancio di una teologia più comprensiva, cattolica, di una più efficace catechesi. La Chiesa non rinuncia al suo dogma, offre il contesto del suo rilancio Nelle acque non certo tranquille della teologia, il magistero non ha mancato, di richiamare questo dogma, difendendolo anche quando voci discordanti proponevano di considerarlo cosa del passato18; Il Vaticano II non volle trattarne in modo sistematico, era al di fuori delle sue scelte19; ma non è stato muto in proposito, poiché non si possono sviluppare i grandi temi della Chiesa, della liturgia, della Rivelazione e Tradizione, del dialogo col mondo circa i comuni problemi umani, senza professare la fede in Cristo redentore di una umanità 4 solidale nel male sin dalle sue origini20. Ma al di là di questo sobrio e occasionale insegnamento, esso ha sviluppato molti elementi indispensabili al rinnovamento della dottrina: il rilievo restituito al cristocentrismo, la convinzione che la salvezza è offerta a tutti per la partecipazione al Mistero Pasquale 21, la definizione della Chiesa come «un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (LG, n. 1); fondamentale l'insegnamento sulla mediazione, subordinata a Cristo, di Maria Vergine immacolata, tipo perfetto della Chiesa, modello vissuto di ogni articolata mediazione ecclesiale (LG, nn. 53, 56, 60-65). Così il Concilio, che sembra parlare solo per accenni del peccato originale, offre tutte le condizioni per un ulteriore sviluppo della dottrina cattolica e ne imposta chiaramente il cammino. Il dogma del peccato originale ci parla, infatti dell'efficacia redentrice dell'unico mediatore universale, il Crocifisso glorioso, capace di risanare tutti i «cuori» carenti di grazia dovuta, e di rilanciare le mediazioni subordinate della sua grazia, deficitarie sin dal peccato dei progenitori; la Chiesa ne ha preso piena coscienza approfondendo la situazione peccaminosa di ogni uomo, nella comunità solidale, davanti al Cristo redentore universale22. Ora nessun Concilio è stato così esauriente come il Vaticano II nel ricondurre a Cristo, capo della Chiesa, tutte le situazioni della storia dell'uomo23. Il futuro e ordinato progresso nell'intelligenza teologica e nella comunicazione catechetica di questa comune situazione storica (che dopo Agostino anche il magistero ci presenta sotto il nome di peccato originale) si alimenterà molto in una corretta comprensione di quell'amplissimo e coordinato contesto di fede in cui il Concilio situa i problemi dell'uomo; ne possediamo già buoni saggi nelle catechesi del mercoledì di Giovanni Paolo II24, e possiamo individuare germi validi di rinnovamento teologico in quegli autori che sviluppano questo dogma nel contesto di una cristologia rigorosa, aperta, attraverso la Chiesa, ai problemi odierni dell'uomo. Vale la pena qualche accenno più diffuso. Segni incoraggianti un rilancio della dottrina La Dogmengeschichte conclude le sue dettagliate analisi storiche con due citazioni di W. Kasper e un paragrafo sui peccati originali secolarizzati 25. W. Kasper, nel suo Gesù il Cristo, che unisce più strettamente cristologia e soteriologia, inserisce un'ampia e articolata riflessione sul peccato originale: è un fatto alquanto nuovo per un trattato di cristologia. L'affermazione centrale è situata nella sezione «Gesù Cristo vero uomo e la concretezza della salvezza»; è bene riportarla: «Peccato originale significa che la situazione, in cui tutti sono coinvolti e ciascuno è interiormente determinato, di fatto contraddice la salvifica volontà originaria di Dio, che ha creato ogni cosa in vista di Cristo e che in Lui tutto vuole condurre a compimento. Esso attesta che la salvezza, da Dio voluta all'uomo come tale, di fatto non gli viene comunicata con la nascita, per cui di fatto c'è un contrasto tra la sua ordinazione a Cristo e la sua determinazione provocata dalla universale e comune consapevolezza» (p. 282). 5 Anche le sezioni seguenti: «Gesù Cristo uomo integrale e il carattere umano della salvezza»; «Gesù Cristo l'uomo per gli altri e la solidarietà della salvezza»; «La persona e l'opera del Mediatore, sono sviluppate con una certa attenzione al peccato delle origini» (p. 289-380). Il trattato classico che sviluppa la dottrina del peccato originale è l'antropologia teologica26: ma le intime e delicate connessioni tra antropologia e cristologiasoteriologia, tra creazione e salvezza, natura e soprannaturale27 di cui oggi si possiede maggiore consapevolezza, permetteranno una migliore elaborazione teologica di elementi indispensabili28 per una dottrina più matura sul male nativo dell'uomo. Un rilancio della teologia cattolica dovrà approfondire queste articolazioni, tenendo presenti i rapporti con molte altre sezioni del dogma (mariologia, ecclesiologia, sacramentaria, fondamentale...) e della morale. Non ci stupiremo quindi di potere individuare alcune riuscite trattazioni nelle opere teologiche di l'più ampio respiro, che intendono presentare l'intero arco delle verità della fede; segnaliamo in proposito la Teodrammatica di H. U. von Balthasar29. Piace in questo Autore una comprensione veramente teologica della solidarietà umana: il peccato delle origini causa un deficit di grazia, incide sul rapporto vissuto con Dio, non costituisce solo un condizionamento socioculturale (p. 168-172). Parimenti si apprezza l'equilibrata impostazione dei rapporti tra il primo e il secondo Adamo: «Il principio di solidarietà e di comunione presente nel primo Adamo ed esteso alle generazioni, si dimostra come la condizione creaturale della possibilità della solidarietà nella grazia liberamente da Dio garantita» (p. 173). Il rapporto tra il primo e il secondo Adamo manifesta la condizione eminentemente drammatica dell'uomo rispetto allo scopo della sua esistenza: se già il primo Adamo per la chiamata a una meta soprannaturale è invitato a trascendersi, a superare una prova, ancor più la grazia redentrice del secondo Adamo assumerà una forma agonale, perché dovrà farsi carico delle chiusure peccaminose. Non si dà ora altra Strada al compimento di sé fuori della grazia pasquale, del morire a se stesso insieme con Cristo (p. 175). Un altro valido segno di rinnovamento teologico ci sembra si possa individuare nel recente volume di G. Lafont, Dieu, le temps etl'être30. Il benedettino francese esamina, nella prima parte della sua opera, alcune prospettive laiche circa il male fondamentale dell'umanità, cioè i peccati originali secolari notati dalla Dogmengeschichte: le deviazioni nell'evoluzione biologicoculturale secondo A. Leroy-Gourban, l'alienazione dell'uomo per l'introduzione della proprietà privata dei mezzi di produzione e il matrimonio monogamico in Marx-Engels, l'alterazione nella comunicazione per l'affermarsi del regime consumistico secondo Baudrillard, il tramonto dell'essere in M. Heidegger e Darrida; viene notato come in tutte queste prospettive il male si presenti necessariamente, si direbbe, legato al semplice progresso della cultura e della socialità, mentre il bene è sperato in un cambio di qualità, un salto, l'irruzione di una situazione nuova, in discontinuità col passato. A questo principio di 6 eteronomia gnostico-dualista, G. Lafont contrappone un nuovo principio di eteronomia, cattolico, articolato nei princìpi di narratività e di analogia (pp. 21128). La prospettiva cattolica parla di un vero peccato originale, perché non si tratta solo di sviluppo socioculturale, ma di mancanza di rapporto con Dio, per il rifiuto di alleanza-comunione offerta. Questa situazione peccaminosa che solidariamente interessa tutti ci è fatta conoscere attraverso l'ascolto attento della Parola, dell'evento centrale e fondatore, la Pasqua (principio di narratività). Cristo porta sulla Croce il peccato di tutti, vive fiduciosamente la sua identità filiale e fraterna, anche quando il Padre sembra ritirarsi: questa obbedienza nella prova estrema fruttifica nella Pasqua la Trasfigurazione del suo corpo, con l'offerta di simile rinnovamento a tutta l'umanità solidale con Lui (pp. 131-182). Ma anche la storia delle origini (Gn 1-3) e il Libro di Giobbe sono da leggersi nella prospettiva della Pasqua. Il comando di non mangiare dell'albero era un invito ai progenitori a lasciarsi ulteriormente attirare nella direzione di una Parola loro rivolta dal Dio buono della creazione: invito a rivedere tutta la loro vita, i loro rapporti creaturali nella prospettiva di questa Parola nuova; ora questa disponibilità a Dio, questa offerta di un'intima comunione con lui, è percepita come prova, come rinunzia a un mondo tranquillamente posseduto. Il diavolo trasformerà la prova in tentazione: dubbio circa la gelosia di Dio. Anche Giobbe sperimenta un ritirarsi di Dio con il dissolvimento del suo benessere naturale: ma accetta la prova, si lascia attirare verso un Dio di una bontà misteriosa, che gli ridonerà, come frutto del suo fidarsi, il suo mondo, migliorato. In ogni caso l'uomo, invitato a un'intima comunione con Dio, sperimenta come morte il crescere verso Dio: infatti ciò richiede rinuncia a rapporti semplicemente creaturali in vista non del loro dissolvimento, ma della loro trasfigurazione nella situazione soprannaturale, che sarà realizzata da Cristo (pp. 183- 211). Solo l'accoglienza della Parola, dell'evento pasquale, manifesta e realizza pienamente questa crescita filiale e fraterna verso il Padre, con la relativa trasfigurazione del mondo: per la solidarietà nel peccato questa crescita, ricapitolazione, è insIeme redenzione. Il Dio che così si fa conoscere in Cristo è il Dio del tutto santo e trascendente, che non fa mai «massa» con le creature (principio dell'analogia): si recupera così l'essere, senza annullare le creature, gli enti, in una prospettiva di futuro, di tempo valorizzato e sensato (pp. 212-272). Nuova sinossi della dottrina e aspetti da ricuperare Riassumendo quanto detto in una formula sintetica, potremmo parlare di una nuova sinossi, di un modo di coordinare i vari aspetti della dottrina. Il metodo classico di sviluppare teologia e catechesi, procedeva dalla causa (il peccato dei protoparenti, narrato a modo di quasi cronaca) agli effetti (perdita della giustizia originale: stato soprannaturale e doni preternaturali) per concludere al suo rimedio (la redenzione di Cristo); modo di procedere globalmente valido, se ci si 7 muove nella convinzione i che tutta la Rivelazione trova la sua pienezza e decisiva chiave di lettura nella persona e opera di Cristo, come annunciata e vissuta nella Chiesa. Ma è appunto questa piena consapevolezza a suggerire una nuova sinossi; è infatti opportuno porre al centro dell'attenzione, come prima verità fondante e normativa, la Pasqua del Signore: essa ci ha strappato e continuamente ci strappa da uno stato miserevole di perdizione, d'inclinazione al peccato, d'inevitabilità del peccato, di morte tragica, in cui l'umanità solidale è caduta sin dagli inizi della storia per il rifiuto di accogliere la comunione offerta dal Dio dell'alleanza e creazione. Questa nuova sinossi risulta più in sintonia con la riflessione dello scrittore sacro dell' Antico e Nuovo Testamento e con l'intenzione didattica dei Concili31. Il cristocentrismo che presiede all'elaborazione teologica della nuova sinossi non deve porre in crisi, ma anzi valorizzare, purificandoli, i molteplici aspetti essenziali della dottrina classica; ne ricordiamo alcuni. Anzitutto lo stato di giustizia originale, facilmente liquidato dalle prospettive evoluzionistiche del peccato originale32, alleggerito dalle sovra- strutture di un certo mito dell'età dell'oro, è indispensabile per ricordar- ci che l'offerta della grazia precede sempre la risposta dell'uomo: la grazia, il dono della comunione vissuta con Dio, qualifica l'esistenza umana non solo al livello delle relazioni vissute con Dio (stato soprannaturale), ma anche nelle sue ridondanze antropologiche (integrità, sapienza, esenzione dal dramma della morte: doni preternaturali)33. La giustizia originale (stato soprannaturale e doni preternaturali), mentre possiede una sua qualificazione propria nella condizione d'innocenza, è da vedersi in continuità con la nostra situazione di redenti dal peccato originale: si tratta infatti in ogni caso della grazia di Cristo, ma di Cristo che ci porta al Padre attraverso la croce, che ci offre la partecipazione battesimale ed eucaristica alla sua Pasqua come dono di conversione34. Questa grazia di conversione, di ritorno alla dimensione filiale in Cri sto, realizza pure un recupero progressivo dell'«integrità antropologica»; ci restituisce mediatori subordinati di grazia, secondo il proprio stato, nel corpo mistico ecclesiale. Ma anche lo stato d'innocenza dell'Eden (Gn 2) non era un bengodi, esente da prove: l'uomo invitato da Dio alla comunione, richiesto di normare la sua vita secondo la Parola ricevuta (Gn 2,16 s), a vivere quindi tutta la sua realtà creaturale in una prospettiva nuova, percepirà questa crescita-dono in sintonia con il suo desiderio naturale di conoscere Dio, ma insieme come superamento della sua dimensione psichico-sensitiva, del suo mondo naturalmente posseduto. Questa prova di crescita può venire sperimentata come un certo morire a se stesso, e richiede tutto l'abbandono fiducioso a Dio che chiama e attira a sé per ridonare, attraverso la rinuncia, un mondo nuovo, trasfigurato35. Nel nostro stato nativo di peccato originale la grazia del Crocifisso glorioso ci è donata non solo per il superamento di tali chiusure, ma inoltre per risorgere dalla comune situazione peccaminosa, colmare il deficit di grazia per le mediazioni storiche mancate. 8 Nella prospettiva cristocentrica si acquista una più corretta intelligenza della solidarietà, naturale e soprannaturale, tra tutti gli uomini; si può meglio impostare il discorso circa le mediazioni subordinate della grazia e del peccato. Nel Verbo incarnato, primogenito di ogni creatura, capo della Chiesa (Col 1,1520; Ef 1,4-14; Gv 1,1-18), che a tutti offre il suo Santo Spirito filiale e fraterno, trova il suo decisivo fondamento l'unità della famiglia umana; l'unico mediatore divino umano fonda tutte le mediazioni subordinate, si esprime in esse: la mediazione senz'alcuna infedeltà o macchia di Maria madre del Signore e della Chiesa, le mediazioni, bisognose di purificazione, di tutti gli uomini. Non per questo dobbiamo trascurare l'unità naturale della famiglia umana, fondata nella comune apertura al mistero divino (cioè nell'anima spirituale, forma del corpo) e nella comune origine corporea. La creazione in, per, verso Cristo, la situazione soprannaturale in cui egli c'introduce, porta a un'incandescenza di solidarietà e di unità la famiglia umana, valorizza le relazioni sociali spiritualicorporee, le costituisce mediazioni subordinate della sua stessa grazia; non dissolve o aliena la naturale unità e solidarietà spirituale-corporea in Adamo, ma la intensifica ed eleva36. La ricapitolazione redentrice di tutto nella pienezza del Cristo e la viva tradizione ecclesiale che storicamente ne sgorga ci permettono di valorizzare le tradizioni circa il peccato delle origini già operanti nella storia d'Israele e che troviamo scritte nella redazione, definitiva dei libri sacri37. Queste tradizioni storIche sono il frutto dell'alleanza offerta ad Abramo e alla sua discendenza nella prospettiva di una benedizione universale, e sono orientate alla pienezza di alleanza che si manifesterà in Cristo Signore. In quanto l'alleanza è già accolta, si presentano alcune mediazioni positive (nel pacifico riconoscimento di tante negative), che mantengono viva la speranza nella promessa: un filone di consapevolezza dell'alleanza, un certo resto santo d'Israele, sino alla perfezione di corrispondenza della Figlia di Sion, l'immacolata vergine Maria. È proprio la consapevolezza della bontà del Dio dell'alleanza e della creazione, di una benedizione offerta a tutta la solidale famiglia umana, a fornire il substrato teologico della certezza storica di un evento peccaminoso originale, di una mancata mediazione originaria della grazia; solo così è possibile, di fronte alla bontà di Jahvè sempre offerta, accettare la drammaticità della vita umana nelle sue dimensioni decisive: rapporti religiosi, familiari, sociali38. Ma anche prima di Abramo, pur nella mancanza di una vera memoria storica 39, di un filone continuo di consapevolezza vissuta del vero Dio tale da raggiungere l'inizio dell'umanità (lo rende impossibile l'oscura- mento religioso negli stessi antenati di Abramo: Gdt 5,6-9; Gs 24,2), si riconosce la presenza di personalità gradite a Jahvè (Gn 4,26; 5,21 - 24; 6,9; 14,18-20); e la benedizione di Dio non si estingue di generazione in generazione, ma resta il grande segno della bontà fondamentale della creazione (Gn 9,8-17; At 14,15-17). Questi brevi cenni sulla storia e preistoria della salvezza, nella prospettiva della ricapitolazione redentrice di Cristo, ci possono aiutare a intuire l'influsso disastroso del peccato dei protoparenti: risulta disastroso non solo perché è stata 9 la prima fondamentale mancata mediazione di grazia40, ma anche perché poteva essere l'inizio di una tradizione vissuta della conoscenza c;iel vero Dio. Conclusione Queste riflessioni teologico-storiche potranno sembrare ancora alquanto frammentarie, ma ci hanno permesso di cogliere la grande ricchezza e attualità dei contenuti di fede racchiusi sotto il nome di peccato originale. Forse è bene ancora una volta porli in risalto: tutta l'umanità si trova davanti a Cristo, fondamento decisivo della solidarietà salvifica, in uno stato nativo di perdizione, peccato, morte. La grazia sovrabbondante del Redentore è per tutti una grazia sanante, di conversione: essa è offerta a tutti gli uomini, ma trova la sua espressione efficace nel battesimo, sostiene tutta la vita cristiana. La mediazione unica del Crocifisso glorioso è tale da superare il fallimento delle mediazioni di grazia a Lui subordinate, deficitarie sin dagli inizi per il peccato dei pro genitori biblici. Nella prospettiva della pienezza di corrispondenza e mediazione propria della Vergine immacolata, la grazia riconciliante di Cristo può esprimersi nella nostra libera corrispondenza, mediazioni ecclesiali (sacerdotali, religiose, laicali...) purificate e rilanciate. Queste fondamentali verità di fede hanno dimostrato sempre, ma specialmente nei periodi di più avvertita crisi, una vitalità meravigliosa nell'orientare la catechesi e l'azione pastorale, nel sostenere la santità della vita ecclesiale e la sua compagine sociale. Ci sembra che specialmente la solidarietà umana e le mediazioni della grazia, subordinate a Cristo, sarebbero bisognose di ulteriore approfondimento teologico: il dramma del peccato originale ci ricorda anzitutto che la salvezza ci raggiunge attraverso molteplici mediazioni storiche, valorizza tUtta la nostra vita di relazione41. La dottrina circa la situazione peccaminosa, nativa dell'uomo, dovrebbe inoltre essere tenuta più presente nel fare teologia: una dottrina indispensabile per la comprensione e l'attualizzazione della redenzione universale di Cristo rischia talora di restare lettera morta, non orientante e illuminante la soluzione dei problemi ecclesiali e umani più delicati. Questa crescita di consapevolezza teologica ci farebbe ancor più amare la Chiesa come il luogo privilegiato dello Spirito Santo, della grazia riconciliante, della comunione autentica con Dio e con gli uomini: una Chiesa in via di purificazione che contempla in Maria, l'immacolata, la piena realizzazione del progetto di salvezza, fondamento di speranza per tutti42. 1 Cfr M. FUCK, Peccato originale ed evoluzionismo, in Civ. Cali. 1966 II 440-447 e III 1526; R. TUCCI, Il dogma del peccato originale in una recente pubblicazione italiana, ivi, 1972 III 384-39O; S. MOSCHETTI, Continuità e novità nella Teologia cattolica del peccato originale, ivi, 1975 I 320-332. 10 2 Cfr J. N. D. KELLY, Earily christian doctrines, A. a. Ch. Black, London 1958, 22-28; A. ORDE, Antropologia de San Ireneo, Ed. Católica, Madrid 1969, 50-59; 154-165; R. MINNERATH, Les chrétiens et le monde ( I et II siècles), Gabalda, Paris 1983, 14-17. 3 R. MARLÉ, Parler de Dieu aujourd'hui: la Théologie herméneutique de G. Ebeling, Cerf, Paris 1975, 71 s, 296. 4 W. KASPER, Introduzione alla fede, Queriniana, Brescia 1973, 117. 5 IRENEO DI LIONE, Contro le eresie e gli altri scritti, Jaca Book, Milano 1981: Contro le eresie: l. III, 18, 1 (273); 22, 3-4 (289 s); l. IV 41,3 (404 s); 1. V 16,2-17, 3 (442-444); Esposizione della predicazione apostolica 14-16, 31 (493 s. 501). G. MARTELET, Libera risposta ad uno scandalo: La colpa originale, la sofferenza e la morte, Queriniana, Brescia 1987, 49-98: tende quasi a negare il peccato originale, forzando Ireneo; circa il vero pensiero del Vescovo di Lione, un'esposizione sicura e documentata in A. ORBE, Antropologia de San Ireneo, cit. 6 Cfr W. KASPER, Gesù il Cristo, Queriniana, Brescia 1975, 21, 45; B. DE MARGERIE, Le Christ pour le monde, Beauchesne, Paris 1971, 192-203. 7 Cfr M. FLICK - Z. ALSZEGHY, Il peccato originale, Queriniana, Brescia 1972, 93; E. TESTA, Il peccato di Adamo nella patristica (Gen III), PP. Francescani, Gerusalemme 1970, 121. 8 Cfr M. FLICK - Z. ALSZEGHY, Il peccato originale, cit., 104-108; G. BARDY, Demetriade, in Dict. de Spiritualité, t. III, 133-137. 9 La città di Dio, l. XI-XIV, a cura di L. ALICI, Rusconi, Milano 1983, 515-692. 10 Cfr F. COPLESTON, Storia della filosofia, vol. III, Paideia, Brescia 1966, 27-33. 11 Cfr M. FLICK - Z. ALSZEGHY, Il peccato originale, cit., 135-168; H. JEDIN, Storia del Concilio di Trento, vol. II, Morcelliana, Brescia 1962, 147-192. 12 Per una prospettiva generale, cfr W. KASPER, Il Dio di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 1984, 33-59; un corretto tentativo di esporre i contenuti di fede tenendo presenti alcune prospettive evoluzioniste in M. FLICK - Z. ALSZEGHY, Il peccato originale, cit., 173-336; sui rapporti tra le alienazioni secondo Marx e s. Paolo, cfr F. REFOULÉ, Marx e S. Paolo: liberare l´uomo, Città Nuova, Roma 1974; accenni interessanti sui rapporti tra Freud e il cristianesimo in P. GRELOT, Péché originel et rédemption à partir de l´épître aux romains, Desclée, Paris 1973, 21, 164 ss, 305 ss; ci offre notevole aiuto l'intelligente opera di G. LAFONT, Dieu, le temps et l'être, Cerf, Paris 1986. 13 Cfr S. MOSCHETTI, Concordismo o superamento del concordismo? La teologia anteriore al Vaticano I e i problemi dell'origine dell'uomo, in Divus Thomas (Piacenza) 77 (1974) 37-59; ID., Verso il superamento del concordismo: Vaticano I e i problemi dell'origine dell'uomo, ivi, 192-223; specialmente M. FLICK - Z. ALSZEGHY, 11 peccato originale, cit., 9-178. 14 Cfr G. LAFONT, Peché originel, cit., 118-121. 15 Cfr P. RICOEUR, Il conflitto delle interpretazioni, Jaca Book, Milano 1977, 163-174. 16 G. LAFONT, Peché originel. cit., 330-336; H.- U. VON BALTHASAR, De l'intégration: Aspects d'une théologie de l'histoire, DDB, Bruges 1970, 80. 17 In campo biblico ricordiamo l'opera ormai classica per ampiezza di prospettive e correttezza di conclusioni di J. SCHARBERT, Le péché originel dans l' Ancien Testament, DDB, Paris 1972. Per il Nuovo Testamento la voce Péché di S. LYONNET, in Dict. de la Bible Suplément, vol. VII, 482-567; l'opera di P. Grelot, citata nella nota 12: oltre alla novità del metodo (unisce la trattazione del peccato originale a quella della redenzione, usa Freud come stimolante nell'esegesi di Romani) ha avuto il merito di fondare in Rm 1,16-3,20; 7,14-25; 5, 12-21 una più corretta distinzione tra peccato del mondo, peccato originale ori- ginato e originante. In campo storico-sistematico ricordiamo il più volte citato Il peccato originale di M. FLICK - Z. ALSZEGHY; limpido e orientativo W. SEIBEL, L' uomo come immagine 11 soprannaturale di Dio e lo stato originale dell'uomo, in Mysterium salutis, vol. Il/2: La storia della salvezza prima di Cristo, Queriniana, Brescia 1970, 539-592, così pure l'insieme degli studi coordinati da P. GUILLUY, La culpabilité fondamentale. Péché originel et anthropo!ogie moderrne, Duculot, Gembloux 1975; altre prospettive sono unilaterali e fortemente riduttive, come l'accentuazione della situazione del peccato ambientale di P. SCHOONENBERG, L'uomo nel peccato, in Mysterium salutis, vol. II/2, cit., 589-719, che unisce talmente peccato del mondo e peccato originale fino a confonderli: in questo contesto l'uso delle categorie della filosofia esistenzialista (situazione esistenziale) non riesce ancora a esprimere un vero deficit comune di grazia; stupisce anche l'accentuazione personalista di A. VANNESTE, Le dogme du péché originel, Nauvelaerts, Louvain-Paris 1971: un teologo di riconosciuto valore, che cerca di fare a meno di solidarietà e mediazioni storiche di grazia per descrivere una corretta situazione nativa di peccato. Molto istruttive le riflessioni di M. M. LABOURDETTE, nei Bulletins: Le péché originel, in Revue Thomiste 70 (1970) 277-291, e Anthropologie théologique et Péché originel, ivi, 73 (1973) 643-663, e negli articoli Aux origines du péché de l'homme d'après saint Thomasi d'Aquin, ivi, 83 (1983) 357-398; Le péché originel dans la Tradition vivante de l'Eglise, ivi, 84 (1984) 357-398; Le péché originel, ivi, 85 (1985) 357-393. 18 M. FLICK - Z. ALSZEGHY, Il peccato originale, cit., 29, menzionano il caso di H. Haag; sulla stessa linea di Haag sta A. DE V ILLALMONTE, El pecado original. Veinticinco años de historia: 1950-1978, in Naturaleza y Gracia 25 (1978) 3-106. 19 PAOLO VI, Iis qui interfuerunt Coetui v.d. «Simposio» a theologis doctisque viris habito de orginali peccato, in AAS 58 (1966) 650-652. 20 Lumen gentium (LG), n. 2; Sacrosantum concilium, n. 6; Dei Verbum, n. 3; Gaudulm et spes (GS), n. 13,10,18,22.21 GS n. 22 in relazione a LG n. 14, Ad gentes n. 7. 21GS n. 22 in relazione a LG n. 14 Ad Gentes n. 7. 22 R. JACOB, La véritable solidarité humaine selon Romains 5,12-21, in P. GUILLUY, La culpabilité fondamentale, cit., 32, si domanda se non è necessaria una riflessione più approfondita circa la solidarietà umana; cfr W. KASPER, Gesù il Cristo. cit., 49, 63; B. DE MARGERIE, Le Christ pour le monde, cit., 198, 249. . 23 LG nn. 10-11; 25-27; 34-36; Apostolicam actuositatem nn. 7-14. Cfr gli studi di E. J. DE SMEDT, Il sacerdozio dei fedeli, in La Chiesa del Vaticano II, a cura di G. BARAÚNA, Vallecchi, Firenze 1965, 453-464, e di B. VAN LEEUWEN, La partecipazione comune del popolo di Dio all'uffico profetico di Cristo, ivi, 464-490; riprende e valorizza queste dottrine l'enciclica Redemptor hominis di GIOVANNI PAOLO II: cfr S. MOSCHETTI, Cristo redentore dell'uomo e la sua Chiesa, in Civ. Catt. 1981 III 463-476. 24 La dimensione del peccato originale sta sullo sfondo della catechesi di Giovanni Paolo II sull'amore umano, e più volte ne parla esplicitamente: ricordiamo alcune catechesi, in cui ne tratta con maggior ampiezza; citiamo da GIOVANNI PAOLO II, Uomo e donna lo creò: catechesi sull'amore umano, Città Nuova - Libr. Ed. Vaticana, Roma 1985: catechesi del 26/9/79: Legame tra innocenza originaria e redenzione operata da Cristo, 40-43; 31/10/79: Nella definizione stessa dell'uomo l'alternativa tra morte e immortalità, 5-53; 30/1/80: Coscienza del significato del corpo e innocenza originaria, 81-83; 13/2/80: L'innocenza originaria e lo stato storico dell'uomo 87-89; 14/5/80: Radicale cambiamento del significato della nudità originaria, 125-128; 8/10/80: Interpretazione psicologica e teologica del concetto di concupiscenza, 179-182; 29/10/80: La forza originaria della creazione diventi per l'uomo forza di redenzione, 190-193. Più recentemente il Papa, commentando il Credo, è ritornato sul nostro tema, ma con finalità e categorie catechetiche: catechesi del 20/8/86: La vittoria di Cristo stillo spirito del male, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX/2, 1986, Libr. Ed. Vaticana 1986, 395-398; 27/9/86: Il male dell'uomo e del mondo e il piano divino di salvezza, ivi, 421-425; 3/9/86: Il peccato dell'uomo e lo stato di giustizia originale, ivi, 524-526; 10/9/86: I/ primo peccato nella storia dell'uomo: «peccatum originale», ivi, 586-589; 17/9/86: L'universalità del peccato nella storia dell'uomo 628-633; 24/9/86: L'insegnamento della 12 Chiesa sul peccato originale, ivi, 70-704; 1/10/86: Le conseguenze del peccato originale per l'intera umanità, ivi, 759-763; 8/10/86: Status dell'uomo decaduto, ivi, 969-973; 29/10/86: Peccato: rottura dell'alleanza con Dio, ivi, I.287-I.291; 5/11/86: I1 peccato dell'uomo e il «Peccato del mondo», ivi, I.340-I.345. J. A. SAYÉS, Pecado originai ly redención de Cristo, Edapor, Madrid 1986, dice a p. 62, dopo aver riassunto queste ultime catechesi: «Non crediamo che faccia sua nessuna scuola teologica particolare e tantomeno che sia sua intenzione dirimere teologicamente le questioni dibattute in esegesi e teologia. La sua intenzione è catechetica, però presentando questa catechesi come un modello che può e dev'essere mantenuto nella predicazione della Chiesa». 25 H. KÖSTER, Urstand, Fall und Erbsünde. Von der Reformation bis zur Gegenwart, vol. II, fasc. 3 c di Handbuch der Dogmengeschichte, Herder, Freiburg-Basel-Wien 1982, 240, 233235. Ricordiamo dello stesso autore: Urstand Fall, Erbsünde in der katholischen Theologie unseres Jahrhunderts, Pustet, Regensburg 1983: libri eccellenti, informatissimi, che cercano di rilevare dalla teologia moderna alcune tendenze. 26 È l'erede dei contenuti del De Deo creante et elevante: ricordiamo il classico, pioniere: M. FLlCK - Z. ALSZEGHY, Fondamenti di una antropologia teologica, LEF, Firenze 1969; i più recenti e degni di considerazione: L. LADARIA, Antropologia teologica,Univer. Gregoriana - Piemme, Roma- Casale Monferrato (AL) 1986; G. GOZZELlNO, Vocazione e destino dell'uomo in Cristo, Saggio di Antropologia teologica fondamentale (Protologia), LDC, Leumann (TO) 1985. 27 Cfr L. LADARIA, Antropologia Teologica, cit., 26-38; 110-132, 278-301; ID., Cristologia del Logos y cristologia del Espíritu, in Gregorianum 61 (1980) 353-360; H. DE LUBAC presenta in modo limpido il suo pensiero sui rapporti tra la natura e il soprannaturale nel suo recente: Piccola catechesi su natura e grazia: in italiano nel volume Spirito e libertà, Jaca Book, Milano 1980, 11-100. 28 Come i fondamenti naturali e soprannaturali-cristologici dell'unità e solidarietà umana, Cristo ricapitolatore e Cristo redentore, unica mediazione di Cristo e mediazione subordinate... 29 H. U. VON BALTHASAR, L'Azione, vol. IV di Teodrammatica, Jaca Book, Milano 1986. 30 Citato in nota 12. 31 Cfr M. FLICK - Z. ALSZEGHY, Il peccato originale, cit., 165; S. LYONNET, Péché, cit.; J. RATZINGER, Creazione e peccato, Ed. Paoline, 1986, 57-59; ID., La Figlia di Sion, Jaca Book, Milano 1979, 630. 32 Cfr P. SCHOONENBERG, L'uomo nel peccato, in Mysterium salutis XI/2 cit., 709 s; ID.; Il mondo di Dio in evoluzione, Queriniana, Brescia 1968, 113,123. 33 Cfr L. LADARIA, Antropologia teologica, cit., 1430; G. GOZZELINO, Vocazione e destino dell'uomo in Cristo, cit., 511 s. 34 Cfr L. LADARIA, Antropologia teologica, cit., 186-188, 196-199; G. GOZZELINO, Vocazione e destino dell'uomo in Cristo, cit., 510 s; W. SEIBEL, L'uomo come immagine soprannaturale di Dio e lo stato originale dell'uomo, in Mysterium Salutis, XI/2, cit., 575-583. 35 Cfr G. LAFONT, Dieu, le temps et l'être, cit., 191-225, 238-253; H. U. VON BALTHASAR, L'Azione, cit., 175-176; M. FLICK - Z. ALSZEGHY, Il mistero della croce, Queriniana, Brescia 1978, 282-300. 36 Cfr H. U. VON BALTHASAR, l'Azione, cit., 175 s; il terrore di rinnovare pesanti concordismi porta sovente a liquidare con troppa sbrigatività questo aspetto, delicato, dei rapporti tra natura e soprannaturale cristico. 37 Cfr N. NEGRETTI, La storia dell'umanità e la storia della salvezza, in N. NEGRETTI C. WESTERMANN - G. VON RAD, Gli inizi della nostra storia, il Genesi, Marietti, Torino 1974, 7- 31; J. SCHARBERT, Le péché originel dans l'Ancient Testament, cit. 38 Cfr M. FLIK - Z. ALSZEGHY, Il peccato originale, cit., 66-70; W. SEIBEL, L'uomo come immagine soprannaturale di Dio e lo stato originale dell'uomo, cit., 555-558. 13 39 Cfr N. NEGRETTI, la storia dell'umanità e la storia delle origini, cit., 31-60; H. CAZELLES - J. P. BOUHOT, Il Pentateuco, Paideia, Brescia 1968. 40 Cfr M. FLIK - Z. ALSZEGHY, Il peccato originale, cit., 318-321. 41 J. BUR, Le péché originel: ce que l'Eglise a vraiment dit, Cerf, Paris 1988, dà largo spazio, in una opera didatticamente buona, all'esame della solidarietà umana: ci sembra però debole nello sviluppare le mediazioni storiche della grazia subordinate a Cristo, per cui resta incerto nell'individuare un vero peccato originale originante; anche i rapporti delicati tra peccato del mondo e peccato originale ci sembrano bisognosi di ulteriori approfondimenti. 42 Cfr J. RATZINGER, La figlia di Sion, cit., 62-68; H. U. VON BALTHASAR, Espérer pour tous, DDB, Paris 1987, 61-78. [ La Civiltà cattolica, 1989 I 245-258] 14