MUTAZIONI La fedeltà della replicazione del DNA dipende dalla DNA polimerasi e dalle loro capacità di correzione del prodotto, funzioni essenziali per trasmettere in modo accurato l’informazione genetica durante la divisione cellulare. Il DNA può essere modificato da fattori ambientali, come agenti alchilanti e radiazioni ionizzanti. Per esempio, le radiazioni UV (200-300 nm) innescano la formazione di un anello ciclobutilico tra residui di timina adiacenti sulla stessa catena di DNA, generando un dimero di timina intracatena. Anche se con frequenza minore, dimeri di citosina o di timina-citosina ( dimeri di pirimidina) distorcono localmente la struttura a basi appaiate del DNA interferendo con la trascrizione e la replicazione. 1 Il dimero ciclobutiltimina I legami covalenti lunghi circa 1,6 A, che uniscono gli anelli di timina sono molto più corti rispetto alla normale spaziatura di ( 3,4 A ) che di solito intercorre tra gli anelli di due basi impilate nel DNA ; si ha quindi una distorsione locale della sruttura del 2 DNA. MUTAGENESI CHIMICA Il danno al DNA prodotto dai mutageni chimici , sostanze che inducono mutazioni, rientra nell’ambito di due classi principali: 1 ) Mutazioni puntiformi 2 ) Mutazioni per delezione o per inserzione 1 ) Mutazioni puntiformi in cui una coppia di basi sostituisce un’altra ulteriormente ripartite in: a ) Transizioni in cui una purina ( o una pirimidina ) è sostituita da una base della stesso tipo. b) Trasversioni in cui una purina viene sostituita da una pirimidina o viceversa. 3 1) Le mutazioni puntiformi possono derivare dal trattamento di un organismo con un analogo di una base o con una sostanza che modifica chimicamenta una base. Transizione L’analogo 5-bromouacile (5BU) ricorda stericamente la timina (5metiluracile), ma, sotto l’influenza del suo atomo di Br elettronegativo, assume spesso una forma tautomerica che si appaia con la guanina invece che con l’adenina. Quando il 5BU viene incorporato nel DNA al posto della timina, può indurre la transizione A T seguono. G G nei cicli di replicazione dell’RNA che A volte il 5BU viene incorporato nel DNA al posto della citosina, generando in questo caso una transizione G C A T. 4 La forma chetonica del 5BU (a sinistra ) è la forma più comune. Il 5BU può assumere anche la forma enolica ( a destra ), che si appaia con la guanina. 5 Una causa di mutazioni puntiformi deriva dal trattamento del DNA con ac. nitroso In soluzione acquosa l’acido nitroso (HNO2) deammina ossidativamente le ammine primarie aromatiche e quindi converte la citosina in uracile e l’adenina in ipoxantina, un composto simile alla guanina. Il trattamento del DNA con acido nitroso genera la transizione A -T G - C. Indipendentemente dalla sua potenziale attività mutagenica, il nitrito ( la base coniugata dell’ac. nitroso ) viene usato per conservare cibi, in quanto impedisce la crescita del Clostridium botulinum, che causa il botulismo. 6 Le trasversioni L’alchilazione della posizione N7 di un nuclceotide purinico rende il suo legame glucosidico sensibile all’idrolisi, favorendo la perdita della base. La purina persa viene sostituita con una pirimidina. E’ stato stimato che, anche in assenza di agenti alchilanti in ogni cellula dell’uomo, venga idrolizzato il legame glicosidico di circa 10000 dei 3,2 miliardi di nucleotidi purinici presenti nel genoma umano per idrolisi spontanea. 7 2) Le mutazioni per delezione o inserzione sono generalmente causate da agenti intercalanti come per esempio la proflavina. La distanza tra due coppie di basi consecutive viene grosso modo raddoppiata se si intercala tra di loro uno di questi agenti. La replicazione di questo DNA distorto determina l’inserzione o la delezione di uno o più nucleotidi nella catena polinucleotidica di nuova sintesi. 8 CARCINOGENESI Non tutte le alterazioni del DNA hanno conseguenze fenotipiche. Le mutazioni in segmenti del DNA che non codificano spesso, non sono osservabili. Anche quando la sequenza di una proteina viene alterata, la sua funzione può essere preservata se la sostituzione avviene su un’ansa superficiale. Una sola mutazione puntiforme però , se localizzata in modo opportuno può modificare irreversibilmente il metabolismo cellulare, causando per esempio una neoplasia. 9 Test di Ames Circa 109 batteri Salmonella typhimurim sono sparsi su una piastra di coltura priva di istidina. Se nel terreno di coltura è presente un mutageno, a lcuni batteri his- diventeranno his+, e potranno essere identificati in quanto dopo due giorni a 37° avranno prodotto una colonia visibile a occhio nudo. La mutagenicità della sostanza viene poi valutata in base al numero di queste colonie sottratto il numero di colonie dovute a reversione spontanea in assenza di mutageno. Molti composti non carcinogenici sono convertiti in sostanze carcinogeniche nel fegato o in altri tessuti mediante una varietà di reazioni di detossificazione. Nel test di AMES vengono quindi aggiunte piccole quantità di omogenato di fegato di ratto per riprodurre amleno in parte il metabolismo dei mammiferi. Circa l’80% dei composti che sono risultati carcinogenici negli esperimenti con animali 10 sono anche mutageni al test di AMES RIPARAZIONE DEL DNA I danni subiti dal DNA devono essere riparati per mantenere l’integrità della informazione genetica. A. RIMOZIONE DIRETTA DEL DANNO Alcuni enzimi riconoscono le basi nucleotidiche modificate presenti nel DNA e ripristinano il loro stato originale. Per esmpio la base alchilata O6-metilguanina determina di frequente l’incorporazione di timina invece che di guanina durante la replicazione del DNA. La base alchiata viene riconosciuta dalla O6-metilguanina-DNA metiltrasferasi, che trasferisce direttamente il gruppo metilico modificante a uno dei residui di cisteina. 11 B. RIPARAZIONE PER ELIMINAZIONE DI NUCLEOTIDI 12 procarioti 13 B. RIPARAZIONE PER ELIMINAZIONE DI NUCLEOTIDI I dimeri di pirimidina possono essere rimossi mediante la riparazione per eliminazione di nucleotidi ( riparazione per scissione, NER ). Dal DNA viene eliminato un oligonucleotide contenente la lesione e poi il tratto a catena singola che ne risulta viene riempito con nuovi nucleotidi. In E. coli i dimeri di pirimidina sono identificati da un enzima multisubunità, il prodotto dei geni uvrA, uvrB e uvrC. Questa endonucleasi UvrABC, rompe la catena del DNA con il dimero in una reazione che richiede ATP, scindendo il settimo ponte fosfodiestere prima del dimero verso l’estremità 5’ e il quarto ponte fosfodiestere dopo il dimero verso l’estremità 3’. Il nucleotide rimosso viene poi rimpiazzato per azione di una DNA polimerasi, probabilmente Pol I, e seguita dalla DNA ligasi. 14 Meccanismo di riparazione per eliminazione di nucleotidi (NER) che rimuove i dimeri di timidina. 15 eucarioti 16 La riparazione per eliminazione negli eucarioti richiede qualcosa come 16 polipeptidi e rimuove da 24 a 32 nucleotidi dalla catena del DNA danneggiato. Difetti del sistema NER sono associati a due patologie umane. XERODERMA PIGMENTOSO ( XP ) Malattia ereditaria principalmente caratterizzata dall’incapacità delle cellule della pelle di riparare le lesioni del DNA causate dalla luce UV. Gli individui con questa malattia autosomica recessiva sono estremamente sensibili alla luce del sole. Durante l’infanzia essi sviluppano marcate alterazioni alla pelle come lentiggini, ispessimenti e cheratosi ( un tipo di tumore della pelle ), insieme a danni agli occhi, ad esempio opacizzazione e ulcerazione della cornea; con probabilità 200 volte superiore alla media sviluppano tumori della pelle con esito fatale. Molti degli individui colpiti da XP hanno anche una varietà di sintomi non correlati, compresi una progressiva degenerazione neurologica e deficit dello sviluppo. Lo XP deriva da difetti presenti in qualcuno dei sette prodotti genici che a 17 quanto pare sono coinvolti nella riparazione del DNA da danni UV. SINDROME DI COCKAYNE ( CS ) Una rara malattia ereditaria associata anche a un meccanismo di riparazione per eliminazione dei nucleotidi ( NER ) difettoso, dovuta ad alterazioni di tre degli stessi geni coinvolti nello XP e di altri due. Gli individui colpiti da CS sono ipersensibili alla luce UV e presentano anche nanismo e disfunzioni neurologiche dovute a demienilizzazione, ma tuttavia l’incidenza dei tumori cutanei cui sono soggetti, rientra nella norma. 18 Le DNA Glicosidasi rimuovono le basi alterate Le basi danneggiate che non possono essere riparate direttamente sono rimosse e sostituite nel corso di un processo noto col nome di riparazione per scissione delle basi ( BER ). I membri di questa classe di enzimi scindono il legame glicosidico di uno specifico tipo di nucleotide alterato lasciando il residuo di desossiribosio nello scheletro covalente. Questi siti apurinici o apirimidinici ( AP o abasici ) sono generati anche in condizioni fisiologiche normali per idrolisi spontanea di un legame glicosidico. Il residuo di desossiribosio viene poi scisso da una AP endonucleasi, e il residuo desossiribosio viene rimosso insieme ad altri ad opera dell’attività esonucleasica della DNA polimerasi o da altre esonucleasi intracellulari. L’interruzione che si forma viene riempita e sigillata dalla DNA polimerasi e dalla DNA ligasi. 19 C. LA RISPOSTA SOS E LA RIPARAZIONE PER RICOMBINAZIONE Gli agenti che danneggiano il DNA inducono in E. coli un complesso sistema di modificazioni cellulari , note come risposta SOS. Le cellula in cui si innesca la risposta SOS cessano di dividersi e aumentano la loro capacità di riparare il DNA. L’attività di questo sistema viene regolata da LexA, un repressore, e da RecA una proteina che lega il DNA. Durante la normale crescita, LexA reprime l’espressione del gene SOS ma, quando il DNA è danneggiato le singole catene si legano a RecA, e il complesso RecA-DNA promuove l’auto-inattivazione di LexA. I geni SOS, che comprendono recA, lexA e anche i geni per la riparazione per scissione uvrA e uvrB, vengono ora espressi. Dopo la riparazione del DNA, il complesso RecA-DNA non è più presente e quindi LexA di nuova sintesi, potrà reprimere l’espressione dei geni SOS. 20 La riparazione per ricombinazione ricorda la ricombinazione genetica La proteina RecA partecipa anche alla ricombinazione genetica. Le cellule di E. coli con un gene RecA mutante sono deficitarie sia nella ricombinazione genetica sia nella riparazione per ricombinazione, che viene anche detta riparazione post-replicazione. Questo sistema agisce quando il DNA danneggiato viene replicato prima di essere riparato. Il macchinario della replicazione si interrompe quando incontra il dimero di pirimidina e riprende la polimerizzazione in qualche punto dopo il sito del dimero. La catena figlia che viene prodotta presenta una interruzione in corrispondenza del dimero di pirimidina 21 Questa lesione genetica non può essere eliminata da una riparazione per scissione, perché sarebbe necessaria una catena complementare intatta. Una catena intatta è presente nelle eliche duplex sorelle che si formano alla stessa forcella di replicazione. La lesione può quindi essere corretta scambiando i corrispondenti segmenti di catene di DNA sorelle. 22 Il DNA è continuamente bersagliato all’interno delle cellule da molti insulti di tipo ossidativo. I danni di natura ossidativa aumentano con l’invecchiamento e con le malattie degenerative ad esso associate compreso il cancro. Esistono 20 tipi diversi di modificazione ossidativa del DNA. La più caratterizzata è la 8-ossi-2’deossiguanosina. Durante la replicazione del DNA gli appaiamenti errati tra questo nucleoside modificato contenuto nel filamento stampo e i vari dNTP che devono essere aggiunti al filamento in corso di sintesi, provocano, delle transversioni da G a T che introducono mutazioni nel DNA. Nelle cellule dei polmoni l’inalazione di alcuni materiali in forma particolata provoca l’aumento dei livelli di 8ossi-G. L’infiammazione associata a questo aumento, può avere un ruolo nella formazione dei tumori al polmone provocati dall’amianto. 23 Interazioni DNA-PROTEINE A. Endonucleasi di restrizione B. Motivi di controllo trascrizionale nei procarioti C. Fattori di trascrizione eucariotici 24 INTERAZIONI DNA-PROTEINE Per potere accedere alle informazioni genetiche è necessario che le proteine siano in grado di riconoscere e di interagire con il DNA in maniera che le infomazioni codificate possano essere copiate sotto forma di altro DNA nella replicazione) oppure come RNA (nella trascrizione). Molte proteine legano il DNA in modo non specifico, cioè senza alcun riguardo alla sequenza dei nucleotidi. Per esempio, gli istoni e certe proteine di replicazione del DNA (che devono potenzialmente interagire con tutte le sequenze del genoma di un organismo) si legano al DNA attraverso interazioni tra i gruppi funzionali delle proteine e lo scheletro zucchero fosfato del DNA. Le proteine che si legano a sequenze specifiche del DNA non disturbano l’appaiamento delle basi del DNA duplex con cui interagiscono. Esse sono ingrado di discriminare tra le quattro coppie di basi (A-T, T-A, G-C e C-G) a seconda dei gruppi funzionali che le coppie di basi proiettano nella scanalatura minore o maggiore del DNA. 25 A. Endonucleasi di restrizione Sono enzimi che eliminano dalle cellule batteriche il DNA estraneo, rompendolo a livello di specifiche sequenze. Gli enzimi infatti riconoscono sequenze palindromiche del DNA composte da circa 4-8 coppie di basi con una tale specificità che la sostituzione di una sola base determina una diminuzione della efficienza dell’enzima di un milione di volte. Questo grado di specificità è necessario per impedire la rottura accidentale del DNA in altri siti. Struttura ai raggi X della endonucleasi EcoRI complessata con il DNA 26 B. Motivi di controllo trascrizionale nei procarioti Nei procarioti l’espressione di molti geni è regolata almeno in parte da repressori di proteine che si legano ad un gene per impedirne la trascrizione. Questi repressori contengono spesso segmenti che formano un motivo elica-ripiegamento-elica (HTH) Le sequenze a cui si lega il repressore è molto simile a quella dell’operatore, cioè presenta una simmetria palindromica. La proteina repressore è un omodimero e possiede motivi HTH le cui eliche di riconoscimento si legano alle scanalature maggiori successive del DNA bersaglio, ciascuna in contatto con metà delle sequenze dell’operatore. Il repressore trp di E. coli controlla la trascrizione dei gene necessari alla biosintesi del triptofano Struttura ai raggi X di un complesso repressore trp-operatore di E.coli 27 C. Fattori di trascrizione eucariotici Le proteine che legano il DNA negli eucarioti utilizzano una grande varietà di motivi strutturali diversi. Un certo numero di proteine, note come fattori di trascrizione innescano la trascrizione di geni legandosi a sequenze di DNA su quei geni o vicino ad essi. Il primo motivo che lega il DNA negli eucarioti, il dito di zinco (zinc finger) fu scoperto da A. Klung nel fattore di trascrizione III A (TFIIIA). Questo fattore promuove la trascrizione della molecola ribosomiale 5S. Il TFIIIA, una proteina di 344 residui, contiene nove moduli simili di circa 30 residui ripetuti in coppie ognuno delle quali ha due residui di His e due residui Cys tutti invariati. Ognuna di questa unità lega ioni zinco che si uniscono con una configurazione tetraedrica ai residui di His e di Cys. Struttura NMR di un dito di zinco della proteina Xfin di Xenopus 28 Il dito di zinco Cys2-His2 contiene un foglietto β antiparallelo con due catena e un’ α elica . In un segmento di 72 residui della proteina di topo Zif268 vi sono tre di questi motivi strutturali. Le tre dita di zinco sono disposte come domini separati in una struttura a forma di C che si adatta nella scanalatura Struttura ai raggi X di un segmento con tre dita di zinco della proteina Zif268 in complesso con un DNA di 10 bp. 29 30 Rosalind Franklin 31 32 33 34 Watson e Crick 35 Tecnologia del DNA ricombinante 36 L’ ibridazione è una strategia fondamentale nella tecnologia del DNA ricombinante e rappresenta il processo attraverso il quale un frammento di DNA o di RNA con sequenza nucleotidica nota e di dimensioni variabili (sonda o probe) è utilizzato per identificare un altro frammento di DNA contenente una sequenza complememntare (stampo o bersaglio). Caratteristica essenziale per tutte le reazioni di ibridazione: sonda e stampo a singolo filamento. Il processo di separazione dei due filamenti di DNA è chiamato denaturazione o melting, che avviene mediante l’aumento della temperatura o mediante il trattamento con alcali ( quest’ultimo però idrolizza l’RNA) 37 Quando il DNA sonda e il DNA bersaglio a catena singola sono mescolati, le basi complemantari tenderanno ad associarsi di nuovo. Questo processo è chiamato riavvolgimento e può dare origine a diversi prodotti a doppio filamento: Un omoduplex sonda-sonda Un omoduplex bersaglio-bersaglio Eteroduplex ibridi sonda-bersaglio, bersaglio-sonda 38 L’affidabilità e la specificità del processo d’ibridazione e quindi la sua Tm ( melting point ) viene influenzata da vari fattori: 1. la lunghezza del filamento 2. la composizione in basi 3. forza ionica e pH della miscela di reazione 4. divergenza 5. presenza di denaturante 39 1) Lunghezza. Quanto più lunga è la porzione a doppia elica, tanto più alto è la Tm dell'ibrido. 2) Composizione delle basi. Quanto più alta è la percentuale di paia GC (unite da tre legami idrogeno) nella porzione a doppia elica dell'ibrido, tanto maggiore è il numero dei legami idrogeno che lo stabilizzano e, conseguentemente, tanto maggiore è la Tm. Le coppie AT sono unite da due legami idrogeno. 40 3) Forza ionica e pH della miscela di reazione. L’ibrido viene destabilizzato sia a basse concentrazioni ioniche che a pH alcalino (l'effetto è parzialmente dovuto al fatto che in queste condizioni i gruppi fosfati degli acidi nucleici sono caricati negativamente e si respingono fra di loro esercitando un effetto destabilizzante sulla doppia elica). Per questo motivo l'ibridazione viene eseguita ad alte concentrazioni ioniche ed a pH neutro. 4) Divergenza. Quanto meno omologhe sono le catene, tanto minore è il numero di legami idrogeno che stabilizzano l'ibrido e quindi la Tm. 41 5) Presenza di denaturante. La presenza nella miscela di reazione di alte concentrazioni di sodio favorisce la formazione di DNA a doppia elica, mentre le sostanze che rompono i legami idrogeno nelle molecole di DNA, come l’urea o la formammide (NH2-CH=O) stabilizzano il DNA a singolo filamento. Molti protocolli prevedono l'uso di formmamide perchè permette di lavorare a temperature di ibridazione più basse con i vantaggi che questo comporta (meno degradazione termica del bersaglio e della sonda, meno evaporazione, condizioni di lavoro più comode, ecc.). La si può utilizzare soltanto per sonde che formino ibridi maggiori di 40 bp. 42 Le sonde devono essere marcate per permetterne l’identificazione (autoradiografia) 43 Esistono vari modi per marcare il DNA in vitro 1. Marcatura terminale: consiste nell’attacco di un gruppo marcato ad un’estremità della sonda. Scambio del gruppo fosforico γ marcato dell’ATP con il fosfato sul terminale 5’ di un frammento di DNA. L’enzima che catalizza lo scambio è la polinucleotide chinasi. 44 2. Marcatura mediante polimerasi: Utilizzando una DNA polimerasi, numerosi nucleotidi marcati possono essere incorporati in un sonda nel corso della sua sintesi. Questa reazione di sintesi richiede naturalmente la presenza di deossiribonucleotidi trifosfato (dNTP), di cui, in genere, uno, per esempio il dCTP, è marcato (dCTP*). Le sonde sintetizzate con questa tecnica hanno un’alta attività specifica, poiché, mediamente fino al 25% dei nucleotidi incorporati sono marcati. 45 Caratteristiche delle polimerasi α La DNA polimerasi α presente solo nel nucleo delle cellule, partecipa alla replicazione del DNA cromosomiale. Questa proteina presenta multisubunità ( 4 in Drosophila; 5 nel fegato di ratto) replica il DNA estendendo un primer nella direzione 5’ 3’ sotto il controllo di una singola catena di DNA che funziona da stampo. La DNA polimerasi α è saldamente associata a una attività primasica, ma manca dell’ attività esonucleasica. 46 Caratteristiche delle polimerasi δ La DNA polimerasi δ è un enzima nucleare , manca dell’attività primasica e possiede invece l’attività di lettura e correzione esonucleasica 3’ 5’. La DNA polimerasi δ ha capacità di incorporazione di nucleotidi pressochè infinita e può replicare per intero, lo stampo che ha a disposizione, ma soltanto quando è complessata con una proteina nota come antigene nucleare delle cellule che proliferano PCNA. Si ritiene che il complesso DNA polimerasi δ-PCNA sia la replicasi della catena leader negli eucarioti (che richiede una elevata efficienza d’ incorporazione e soltanto in qualche caso un primer ), mentre la DNA polimerasi α sia la replicasi della catena ritardo (che richiede invece frequenti primer ed ha un’efficienza di incorporazione di soli 100-200 nucleotidi). 47 Caratteristiche delle polimerasi ε La polimerasi ε che ricorda la DNA polimerasi δ, presenta un’elevata efficienza di incorporazione di nucleotidi in assenza di PCNA. Possiede un’attività esonucleasica 3’ 5’ che degrada catene singole di DNA a oligonucleotidi di sei o sette residui invece che a mononucleotidi, come accade per la polimerasi δ. E’ necessaria per la lesioni del DNA causate da luce UV, ma in vivo può partecipare anche alla replicazione del DNA: 48 Caratteristiche delle polimerasi β La polimerasi β è un enzima nucleare con dimensioni relativamente piccole ( 335 residui nel ratto ) e la sua funzione biologica non è ancora nota. Caratteristiche delle polimerasi γ La polimerasi γ è presente esclusivamente nei mitocondri, dove è probabilmente coinvolta nella replicazione del genoma mitocondriale. 49 Una tecnica molto utilizzata per marcare un frammento di DNA da utilizzare come sonda è costituita dalla marcatura a innesco casuale ( random priming ). 50 Questa tecnica prevede l’utilizzo Il frammento di Klenow riempie gli spazi vuoti tra i vari esanucleotidi e sintetizza una copia della sonda di diversi esanucleotidi con sequenza casuale tale da rappresentare tutte la possibili combinazioni di basi A,T,G e C. Necessariamente tra questi esanucleotidi ce ne sarà almeno uno in grado di ibridare con una regione complementare su un filamento di DNA. La sonda che deve essere marcata viene denaturata a DNA a singolo filamento e incubata con la miscela di esonucleotidi per permettere l’ibridazione. Il legame di uno o più esanucleotidi a singolo filamento della sonda genererà dei punti di innesco per della DNA polimerasi (in paricolare si userà il frammento di Klenow della DNA polimerasi di E. coli ). La DNA polimerasi I sintetizza il DNA rimuovendo un nucleotide e sostituendolo con uno nuovo presente nell’ambiente circostante, con un 51 meccanismo simile al riparo. IMMOBILIZZAZIONE DEL DNA 52 Il DNA può essere trasferito da gel semisolidi su membrane di nitrocellulosa (processo descritto per la prima volta da Ed Southern). Northern: tecnica di trasferimento su nitrocellulosa dell’RNA Western: tecnica di trasferimento su nitrocellulosa di proteine 53 Oggi è possibile creare delle molecole ricombinanti tra segmenti di DNA che non presentano omologia e che possono provenire da organismi diversi. Con l'utilizzo degli enzimi di restrizione e dei vettori molecolari è possibile isolare una sequenza di DNA da qualsiasi organismo ed inserirla nel DNA di un altro. 11 1111 Gli enzimi di restrizione sono indispensabili per effettuare un Southern blot. 1. Le endonucleasi di restrizione sono enzimi che idrolizzano i legami fosfodiesterici su entrambi i filamenti di un DNA a doppia elica 2. sono altamente specifici per determinate sequenze di DNA e i siti su cui possono agire (siti di riconoscimento o di restrizione) sono presenti sul DNA in modo limitato. 55 I prodotti di digestione generati dall’incubazione di una molecola di DNA con un enzima di restrizione possono essere separati sulla base della loro lunghezza mediante elettroforesi su gel. L’elettroforesi su gel di agarosio permette di separare frammenti di DNA di lunghezza variabile da 100 basi a circa 20kb. 56 Piccole molecole di DNA possono migrare senza particolari ostacoli attraverso le particelle di agarosio. Molecole più grandi, invece, si ripiegano su se stesse, 57 assumono complesse strutture tridimensionali e non riescono a migrare. La velocità di migrazione dei frammenti di DNA dipenderà dalla loro dimensione I frammenti di DNA ottenuti mediante la digestione con enzimi di restrizione sono separati sulla base delle loro dimensioni attraverso elettroforesi su gel di agarosio. Il gel viene poi immerso in una soluzione alcalina per denaturare il DNA. I singoli filamenti così’ ottenuti possono passare per osmosi attraverso il gel e migrare su una membrana di nylon, per dare origine ad un archivio di DNA digerito . 58 Southern Blotting Il Southern blot individua frammenti di DNA bersaglio già suddivisi in base alle dimensioni tramite elettroforesi su gel di agarosio e permette: di effettuare mappaggi di restrizione sia su DNA genomico totale che su DNA ricombinante di individuare mutazioni puntiformi: i polimorfismi dei siti di restrizione (RFLP) di individuare le delezioni o inserzioni geniche responsabili di malattie genetiche 59 Southern Blotting Nella tecnica Southern blot i frammenti di DNA vengono trasferiti da un gel di agarosio ad una membrana di nitrocellulosa o di nylon e vengono identificati tramite ibridazione con una sonda marcata. I frammenti di DNA a doppia elica, ottenuti per trattamento con endonucleasi di restrizione, vengono separati in base alla lunghezza per elettroforesi, ogni frammento forma una banda che può essere visualizzata colorando il gel con bromuro di etidio. 60 Dopo elettroforesi, i frammenti vengono trasferiti sulla membrana per adsorbimento, adagiando quest’ultima sul gel e lasciando che il tampone passi per capillarità, attraverso numerosi strati di carta assorbente, trasportando il DNA dal gel alla membrana. In questo passaggio il tampone denatura il DNA e trasferisce i frammenti, ridotti a filamenti singoli, dal gel al foglio, immobilizzando il DNA. Una sonda marcata radioattivamente, la cui sequenza è complementare al DNA bersaglio, viene utilizzata per l’ibridazione. 36 36 Southern Blotting Southern Blotting Le bande scure che si vedono sulla lastra autoradiografica sono dovute al DNA ibridato alla sonda radioattiva. 37 Ibridazione su membrana: trasferimento secondo Southern AMPLIFICAZIONE E CLONAGGIO DEL DNA L’amplificazione in vitro della quantità di DNA può essere ottenuta con due metodi: 1.clonaggio del DNA basato su sistemi cellulari 2.clonaggio del DNA basato su sistemi enzimatici (cell-free) 64 Clonaggio basato su sistemi cellulari Questa tecnica utilizza cellule batteriche. I batteri contengono all’interno del loro citoplasma, in aggiunta al loro cromosoma, una molecola di DNA circolare a doppia elica extracromosomale (plasmide). I plasmidi, a differenza del cromosoma batterico, vengono copiati numerose volte durante ogni ciclo di replicazione cellulare: ideali quindi per l’amplificazione di un frammento di DNA di interesse. 65 Caratteristiche dei vettori plasmidici: -Origine di replicazione (ORI) del DNA -Regione adatta ad inserire il DNA da clonare (sito multiplo di clonaggio (MCS: Multiple Cloning Site, o poly-linker) che contiene una serie di siti di taglio per gli enzimi di restrizione. -Marcatori di selezione che permettono ai batteri trasformati di crescere su terreno selettivo: il gene della resistenza all’ampicillina, che codifica per l’enzima ß-lattamasi che inattiva l’antibiotico. Le cellule che hanno acquisito il plasmide possono essere selezionate da quelle che non l’hanno acquisito, facendole crescere in un terreno contenente ampicillina; Plasmide ricombinante DNA da clonare Vettore plasmidico Trasformazione nei batteri Cellula batterica non trasformata Moltiplicazione delle cellule batteriche Replicazione autonoma del plasmide Colonie di cellule che contengono copie dello stesso plasmide ricombinante (Endonucleasi di restrizione) Il frammento clonato può essere utilizzato come sonda molecolare oppure per varie operazioni di ingegneria genetica 68 2. clonaggio del DNA basato su sistemi enzimatici (cell-free) Clonaggio del DNA mediante PCR (polymerase chain reaction) La reazione richiede i seguenti reagenti. -un DNA stampo: il frammento di DNA che si vuole amplificare; -i primers: piccoli oligonucleotidi che si legano ad una sequenza complementare di basi all’inizio del frammento di DNA da amplificare -la polimerasi La PCR è una tecnica molto versatile che può essere utilizzata in numerose metodiche di studio del DNA. L’applicazione più frequente della PCR nella pratica clinica riguarda l’identificazione di mutazioni genetiche mediante l’analisi del DNA amplificato, in individui a rischio. 69 La procedura denominata reazione a catena della polimerasi (PCR) può replicare selettivamente e rapidamente una sequenza nucleotidica in grandi quantità. Vengono disegnati degli oligonucleotidi (primers) complementari all'estremità 3' del segmento di DNA da amplificare, che guidano la polimerasi sulla sequenza da copiare. La DNA polimerasi termoresistente è ottenuta dal Thermophilus aquaticus, un batterio che vive nelle sorgenti di acque termali. 21 21 Primo ciclo Il DNA che si vuole amplificare (DNA bersaglio o stampo) è scaldato a 94°C per permettere la completa denaturazione. La miscela è poi raffreddata e incubata con i primer di oligonucleotidi che ibridizzano con le regioni complementari sul DNA bersaglio. La specificità è data dall’uso di due primer che ibridizzano alle estremità delle sequenze dei due opposti filamenti che contengono la sequenza da amplificare. In presenza di dNTP, l’ enzima Taq I polimerasi catalizza l’allungamento del filamento di DNA complementare al bersaglio aggiungendo nucleotidi all’estremità 3’ del primer. In questo modo si formano due nuove molecole di DNA duplex, ognuna generata da ciascun primer sul proprio stampo. Cicli successivi Nel secondo ciclo , i prodotti del primo ciclo diventeranno stampi che contengono all’estremità 5’, i primer usati come innesco Da ora in poi, le molecole che possiedono le estremità ben definite dai primer utilizzati si accumuleranno ciclo dopo ciclo, fino a raggiungere un numero notevole al di sopra delle molecole bersaglio iniziale. Dopo 30 cicli il modello originale e i prodotti del secondo ciclo saranno presenti nella miscela 71 di reazione, ma il numero delle molecole 9 amplificate sarà molto vicino a 10 . E’ possibile che una mutazione crei o elimini un sito di restrizione: in questo caso le metodiche basate su enzimi di restrizione permettono di dimostrare la presenza o l’assenza di un allele mutato. Una delle mutazioni più studiate è la sostituzione di A con T sul codone 6 del gene per le catene β dell’emoglobina (β-globina), responsabile dell’ anemia falciforme. Questa sostituzione determina la mutazione ac.glutammico-valina (Gln-Val) sulla proteina e la scomparsa del sito di riconoscimento per l’enzima di restrizione MstII. La digestione del DNA umano normale con MstII e l’analisi dopo Southern blot con una sonda specifica per il promotore del gene della β dell’emoglobina permette di rilevare una singola base di 1,2 kb, poiché il sito più vicino di riconosciuto da MstII si trova 1,2 kb a monte sulla regione 5’ del gene. La scomparsa del sito di restrizione in seguito alla mutazione del codone 6, determina l’aumento del frammento osservabile analizzando il DNA digerito con MstII, il quale sarà di 1,4 kb. I pazienti affetti da anemia falciforme presenteranno solo una banda di 1,4 kb; i portatori due bande, una di 1,2 kb e una di 1,4 kb, mentre gli individui sani avranno solo una banda di 1,2 kb. 72 73 Sono sequenze di DNA composte da pochi nucleotidi (tra uno e quattro) che sono ripetuti in serie e in diverse posizioni all’nterno del genoma dei mammiferi. I MICROSATELLITI RAPPRESENTANO I MARCATORI IDEALI PER LO STUDIO DELLA EREDITARIETÀ 74 Diagnosi molecolare dalla Malattia di Huntington La porzione del gene responsabile della Malattia di Huntington, che comprende l’espansione delle triplette associata alla comparsa della malattia, viene amplificata mediante PCR. Ogni individuo possiede due copie del gene , una per ognuno dei due cromosomi 4, e ogni reazione di PCR genera due prodotti. I prodotti della PCR sono analizzati per elettroforesi e comparati con la migrazione di una serie di frammenti a lunghezza nota per valutare accuratamente la lunghezza dei prodotti di PCR e quindi il numero delle triplette ripetute presenti. I soggetti affetti dalla malattia presentano un numero di ripetizioni superiori a 35. La malattia di Huntington è trasmessa in modo autosomico dominante quindi l’acquisizione anche di una singola copia del gene mutato porta alla comparsa della malattia 75 Blot per la diagnosi molecolare della malattia di Huntington con metodi basati sulla PCR 76 77 Basi molecolare della distrofia miotonica (MD) La distrofia miotonica presenta il fenomeno dell’anticipazione all’interno delle famiglie, cioè le caratteristiche cliniche della malattia diventano sempre più gravi e compaiono in età sempre più precoci a ogni generazione successiva. Questa malattia è causata dalla presenza di una espansione trinucleotidica instabile all’interno del gene MD, la quale si allunga progressivamente a ogni meiosi. Di conseguenza alle varie progenie vengono trasmesse mutazioni più grandi, responsabili di un quadro clinico sempre più aggravato e della tendenza a manifestare la condizione patologica in età sempre più giovane. 78 Il Southern blot qui riportato illustra l’aumento della dimensione dell’espansione trinucleotidica nelle generazioni successive di una famiglia affetta da MD. La dimensione dell’allele normale è di 3,4 kb in un digerito con Bg/l e di 1,4 kb in un digerito con Bam HI. Con entrambi i metodi è possibile evidenziare come la lunghezza dell’espansione trinucleotidica aumenti progressivamente generazione dopo generazione. 79 Elettroforesi delle proteine e WESTERN blotting Elettroforesi delle proteine Una delle tecniche che meglio si adattano ad una rapida valutazione dello stato di purezza di una preparazione proteica è l'elettroforesi su gel di poliacrilamide (PAGE). Le proteine migrano attraverso le maglie del polimero, sotto l'effetto di un campo elettrico, in base a tre caratteristiche: -peso molecolare -carica netta -conformazione ELETTROFORESI SU GEL Circa 0.1-2 mg di campione proteico sono sciolte in un tampone TrisHCl 25 mM, pH 6,8, contenente SDS 2% (w/v), 2-mercaptoetanolo 5%, glicerolo 10%, e Blue di bromofenolo 0,05% (w/v) come marcatore colorato. La solubilizzazione viene completata bollendo il campione a circa 100 °C per pochi minuti. Le proteine sono quindi caricate nei pozzetti del gel superiore. L'apparato elettroforetico viene immerso in una soluzione elettrolitica contenente Tris-HCl 25 mM, pH 8,6, Glicina 192 mM e SDS 0,1% (w/v). Infine l'elettroforesi viene effettuata tra 100-200 V per circa 60 min. Alla fine della elettroforesi il gel viene rimosso dalla lastra di vetro e immerso in una soluzione di Blue Coomassie 0,25% (w/v) in metanolo 50% e 60 kDa acido acetico 10%. Dopo circa 30 min di incubazione il colorante in eccesso viene allontanato dal gel per successivi lavaggi in una soluzione di metanolo 50% e acido acetico 10%. 30 kDa Colorazione del gel M 1 2 3 4 5 Western blotting o immunoblotting di proteine Uno dei metodi più efficaci per identificare una specifica proteina in una miscela complessa con la specificità degli anticorpi e la sensibilità dei dosaggi enzimatici. Dopo l’elettroforesi sul gel le proteine vengono trasferite dal gel ad una membrana di nitrocellulosa. Western blotting Elettrotrasferimento Rivelazione colorimetrica Sviluppo La membrana viene incubata con una soluzione di anticorpo specifico per la proteina desiderata. Solo la banda contenente questa proteina lega l’anticorpo e dopo un tempo sufficiente per far avvenire il legame, la membrana viene lavata per rimuovere l’anticorpo non legato. La membrana viene poi incubata con un secondo anticorpo che si lega all’anticorpo già legato. Questo secondo anticorpo è legato ad una fosfatasi alcalina, che catalizza una reazione quando viene aggiunto il substrato, formando un precipitato color viola, che marca la banda contenente la proteina desiderata. In presenza di perossido di idrogeno la perossidasi di rafano catalizza l’ossidazione del luminolo producendo composti intermedi stabili, che sono poi convertiti in 3-amminoftalato e conseguente emissione di luce. La luce emessa impressiona l’emulsione di una lastra radiografica. Tecnologia Microarrays I DNA microarrays sono una tecnologia che permette di quantificare l’espressione degli mRNA simultaneamente. I microarrays sono costituiti da macchie microscopiche di sequenze di DNA, rappresentativi di migliaia di geni, immobilizzate in posizioni strettamente ravvicinate sulla superficie di un vetrino da microscopio. Il DNA microarray è costituito da migliaia di sequenze di DNA immobilizzate su un supporto, presenti su una superficie miniaturizzata, per l’ibridazione ad una sonda, preparata con RNA estratto da una data linea cellulare o da un dato tessuto. I campioni di DNA sono preparati da cellule o tessuti (per l’analisi del genotipo: campione di DNA genomico), mentre per l’analisi di espressione: campione di cDNA (DNA copia del pool di mRNA); in alcuni protocolli si usa anche RNA derivanti da un cDNA. I campioni di DNA sono segnati con un marcatore radioattivo o fluorescente. Nel punto sull’arrays, in cui il DNA immobilizzato riconosce un DNA complementare, si verifica una ibridazione. Il campione di DNA marcato identifica la posizione esatta sull’arrays dove è avvenuta l’ibridazione, permettendo un rilevamento automatico. La quantità di cDNA complementare che si ibrida ad ogni macchia sull’array viene misurata utilizzando un microscopio confocale laser a scansione. I dati di ogni gene vengono inviati ad un computer ed analizzati. Supporti che vengono utilizzati per la costruzione dei microarrays: -Arrays di cDNA su nylon -Arrays di cDNA su vetro -Arrays di oligonucleotidi su vetro L’intensità di fluorescenza di un singolo gene è proporzionale alla quantità di cDNA marcato che rimane attaccato al vetrino, che a sua volta dipende dall’abbondanza del relativo mRNA nel tessuto in esame. Microarrays: applicazioni in Medicina Le tecnologie di DNA arrays forniscono metodi rapidi per analizzare un campione, al fine di identificare la presenza di variazioni o mutazioni di un gene. I microarrays dei geni umani che sono stati identificati sono stati preparati per caratterizzare la loro espressione in organi e tessuti differenti e in cellule tumorali. L'analisi su scala genomica dei profili di espressione genica è molto utilizzata nello studio dei meccanismi molecolari coinvolti nelle patologie e nell'identificazione di nuove molecole di utilizzo farmaceutico. La tecnologia dei microarrays potrebbe essere utilizzata per analizzare le variazioni di espressione dell’intero genoma che avvengono durante il differenziamento cellulare. 92 Fine 93