La Murano d`arte che guarda al futuro

GENTE VENETA | Venezia e isole
Martedi, 28 Giugno 2005
La Murano d'arte che guarda al futuro
Entri in una sala piena di splendidi oggetti in vetro e, appesa alla parete, vedi... sì, è proprio la
Pala d'Oro. Riprodotta nei minimi dettagli, su vetro dorato. E firmata Marco Toso Borella. Poi
passi per un corridoio attiguo e, altrettanto appesi, vedi delle raffigurazioni - sempre su vetro delle figure del gioco degli scacchi. Stavolta nessuna riproduzione di nobili originali e, si
direbbe, nessuna citazione evidente. Solo interpretazione su un tema, cioè creazione del
nuovo. Alfieri e cavalli frutto di fantasia. Di nuovo firmato Marco Borella Toso. E' tra questi due
estremi di uno stesso segmento che si muove non solo l'opera di questo 43enne muranese, ma
la vicenda stessa dell'isola. Per questo (anche per questo) Marco Toso Borella può essere
preso a emblema dei segnali che vengono dalla città del vetro. Dalle radici all'innovazione. Sì,
perché lo si sente dire spesso ai convegni: l'unica strada è innovare, ma anche garantire
l'origine del prodotto, la sua tipicità... Solo così si salva l'industria del vetro di Murano, solo così
l'occupazione viene garantita, solo così le famiglie e la comunità urbana dell'isola avranno un
futuro... Poi, però, la teoria deve farsi pratica. Cioè devi vederla "in bottega", devi scorgerla nelle
parole e nei gesti di chi ogni mattina si alza e compie la sua ordinaria fatica. O anche di chi - e
parliamo dello stesso Marco Toso Borella - compie qualcosa di straordinario come il racconto
della Murano che fu, fatto in campo San Donato, venerdì 17, nell'ambito delle iniziative di
"Circolare in isola" (vedi a lato). Per questo la vicenda del decoratore su vetro diventa ancor più
chiaramente simbolo di come Murano sta affrontando il suo tempo. «Niente agiografia»,
raccomanda lui al cronista. Niente agiografia: solo un racconto che simboleggia altro. Marco è
di Murano fin dal primissimo esordio alla vita. Nel senso che è nato in casa, in isola. 43 anni fa
poteva ancora accadere che qualche mamma temesse uno scambio di bebè, in ostetricia, e
puntasse perciò sul tradizionale parto in casa. Così fu. Alle spalle il vetro e il legno. Nel suo
dna c'erano vetro e legno. Vetro della cui lavorazione erano stati maestri gli avi, a partire dal
fratello del bisnonno, Francesco, le cui opere (della seconda metà dell'Ottocento) sono
conservate nei musei di mezzo mondo. E legno, cui si sono appassionati, e dedicati
professionalmente, il nonno e il papà. Una storia familiare così ricca poteva condurre Marco a
fare studi di ragioneria solo con... la mano sinistra. Cioè abbastanza controvoglia. Con la destra
- con passione, cioè - già da bambino disegnava figure e fantasie. Il futuro non poteva
riservargli un posto in banca: «Ne ho rifiutati due», ricorda oggi. Il futuro non poteva essere altro
che decorazione. Su vetro, certamente: «Il vetro, per noi muranesi - commenta - è una grande
madre: ci permette di esprimerci». E così è stato: prima in autonomia, poi - anche per potersi
concentrare esclusivamente sulla creazione - nell'ambito di un'importante azienda dell'isola. «Io
sono contrario alle produzioni di serie», spiega Marco Toso Borella, in una sorta di "manifesto"
della vocazione produttiva dell'industria muranese del vetro: «Meglio un'opera piccola ma
originale che una "fotocopia"». Meglio il quid di originalità e creatività di un artista d'oggi che
una lucida stampa del passato. E questo è il "manifesto programmatico" di una comunità, non
solo di un comparto produttivo. Un po' come accade per le rievocazione della storia muranese
condotta per "Circolare in isola", l'iniziativa promossa dall'unità pastorale di Murano. Un po'
come avviene - e continuiamo a giovarci di Marco Toso Borella come simbolo - dell'altra
vocazione dell'artista muranese: la scrittura. Arte e... scrittura. Siamo già a quota tre (libri) ma
ne stanno per arrivare altri due. In principio sta "Stemmi di famiglie muranesi", ricostruiti nella
loro genesi e storia, nonché ridisegnati da Toso Borella ed editi nel 2001 da "La Bacchetta
magica". Poi viene "Lo stemma della magnifica Comunità di Murano", pubblicato
dall'Associazione per lo studio e lo sviluppo della cultura muranese. E' una documentatissima
ricostruzione di come un galletto sia stato per secoli al centro della stemma di Murano. (Ma
quando trovi il tempo per ricercare e scrivere?, può domandare per inciso un cronista al Marco
Toso che, oltre al lavoro, ha anche una moglie e tre figli... I varchi lasciati aperti dall'insonnia questa è la risposta - possono essere bene utilizzati). E infine viene "Venezia impossibile 1989: Il Serenissimo Principe fa sapere che...", edito da Supernova. Stavolta parliamo di un
romanzo che si impernia sulla Venezia che sarebbe potuta giungere a noi se, all'inizio
dell'Ottocento, i veneziani fossero riusciti a rispedire a casa Napoleone, restaurando la
Serenissima. «Mi piace la Murano che non c'è più, mi piace la Venezia che sarebbe potuta
essere», aggiunge l'autore. E - ultimo ricorso all'emblema - proprio nel romanzo sta il segnale
buono per la comunità muranese. Il romanzo è il luogo in cui la ricostruzione storica funge da
impalcatura, sulla quale la fantasia costruisce il nuovo. Proprio come deve fare ogni comunità
che voglia superare una crisi e costruire in pienezza il suo oggi e il suo futuro.
Giorgio Malavasi
Tratto da GENTE VENETA, n.25/2005
Articolo pubblicato su Gente Veneta
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