Capitolo Terzo Gli obblighi di contabilità dell`amministratore

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Gli obblighi di contabilità dell’amministratore

1. L’amministratore diventa un ragioniere
La tenuta della contabilità nel corso degli anni è andata evolvendosi, raggiungendo
sempre maggiori affinità con il diritto societario, che ha passo dopo passo messo in crisi
coloro si improvvisavano amministratori. La L. 220/2012, tra le varie cose, si è posta
come obiettivo quello di garantire una maggiore trasparenza dell’operato dell’amministratore. Infatti, il nuovo articolo 1130bis c.c. stabilisce che il bilancio consuntivo sia
composto di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una
nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in
corso e delle questioni pendenti. In passato, l’articolo 1130 c.c. nulla diceva in merito alla composizione del bilancio consuntivo e, pertanto, la tenuta della contabilità in
condominio si riduceva a poche elementari attività.
Il primo aspetto che un buon amministratore deve tener presente è che tutti i documenti ed i registri necessari vanno redatti e conservati secondo i criteri di una regolare
e sana amministrazione in modo da regolare minutamente l’attività stessa e assicurare
un puntuale riscontro circa la veridicità delle spese effettuate e delle entrate riscosse.
Ma per quanto tempo vanno conservate le scritture contabili ed i documenti dell’amministrazione condominiale?
Se il condominio fosse un soggetto IVA, potremmo riferirci alla relativa legge impositiva (D.P.R. 633/1972) che stabilisce che queste vanno conservate finché non decorre
il termine per l’accertamento (quattro anni dal dicembre dell’anno in cui si presenta la
dichiarazione); se si trattasse di scritture facenti capo ad altri soggetti aventi personalità giuridica, avremmo il più lungo termine decennale previsto dall’articolo 2220 c.c.
Per le scritture condominiali l’amministratore deve conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato
tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio e l’articolo 1130bis c.c., introdotto
dalla L. 220/2012, stabilisce che le scritture ed i documenti giustificativi devono essere
conservati per dieci anni dalla relativa registrazione.
I registri contabili, quelli dei verbali delle assemblee e tutti gli altri registri, invece,
vanno sempre conservati. Da essi infatti si potranno desumere fatti e circostanze della
stessa vita condominiale, in quanto la loro è anche una funzione storica e cioè quella
di fornire la prova certa degli avvenimenti e delle decisioni dei condòmini in ordine
alla gestione dei beni comuni.
2. La contabilità come strumento di valutazione della condotta
dell’amministratore
L’attività dell’amministratore di condominio si configura, come più volte ribadito,
come un mandato. L’autorizzazione generica a rappresentare i condòmini gli viene conferita con la nomina, ma l’autorizzazione a compiere atti di riscossione, di esecuzione,
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Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
di pagamenti ecc., gli viene conferita annualmente con l’approvazione del bilancio
preventivo. Quest’ultimo documento, che riassume le entrate e le uscite presunte, costituisce anche il titolo con cui l’amministratore può e deve esigere i contributi dai singoli
condòmini morosi e, se necessario, deve procedere anche coattivamente. Lo stesso dicasi
per le uscite da erogare. Insomma, tale documento non solo indica le entrate e le uscite
ma, determinandole nel loro ammontare, fissa anche i limiti dell’azione gestionale.
Alla fine dell’anno l’amministratore è tenuto alla redazione del bilancio consuntivo per
rendere conto di quanto effettuato. E proprio il confronto tra il bilancio preventivo e
quello consuntivo permette di compiere valutazioni relative all’efficienza della gestione.
Ad esempio, uno scostamento eccessivo tra bilancio preventivo e consuntivo, in
quanto le uscite si sono rivelate maggiori di quelle previste, denota due possibilità:
— una previsione errata in sede di bilancio preventivo;
— l’amministratore ha agito oltre i limiti dell’autorizzazione concessa, con conseguente
responsabilità se le uscite non erano necessarie ed urgenti.
Ben può aversi anche uno scostamento dal lato delle entrate, in quanto esse sono
state inferiori rispetto a quelle indicate in preventivo. Ciò sta a significare che l’azione
dell’amministratore per il recupero dei contributi condominiali non è stata efficace e
che è necessario ed urgente provvedere in merito.
3. Come prevedere le spese annuali della gestione
Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti all’amministratore è richiesto di adempiere agli obblighi fiscali e di curare la contabilità del condominio. Il primo passo per
una corretta gestione è preparare un bilancio preventivo che sia quanto più possibile
corrispondente alle esigenze delle singola fattispecie.
Non è semplice realizzare un bilancio preventivo se prima di allora non è mai stato realizzato uno, e lo è ancora di più in un periodo di ristrettezza economica come
quello odierno. Difatti potrebbe capitare che spinti dalle richieste di abbattere i costi
di gestione, si appresti un bilancio ben al di sotto delle reali spese da affrontare, con la
conseguenza che, a meno di volere eludere le normative in vigore, sarà l’amministratore
ad effettuare anticipazioni di cassa.
Senza dubbio l’amministratore che eredita un condominio deve guardare all’ultimo
bilancio consuntivo approvato da cui potrà verificare le spese sostenute nella precedente
gestione. Non bisogna, tuttavia, realizzare un semplice copia e incolla, in quanto le condizioni strutturali del condominio potrebbero essere cambiate oppure le voci del bilancio
consuntivo erano insufficienti per una corretta amministrazione dell’edificio. Difatti
ancora oggi, ad esempio, è possibile riscontrare condomini privi di conto corrente, di
codice fiscale e pertanto elusivi dell’obbligo del versamento della ritenuta d’acconto. È
possibile, inoltre, trovarsi nella condizione di iniziare la propria attività in fase avanzata
dell’anno solare e pertanto sarà necessario approntare un bilancio preventivo per i soli
restanti mesi dell’anno solare, così come stabilito da molti regolamenti di condominio.
Infine, il bilancio preventivo potrebbe già essere stato approvato dall’assemblea e
non potrà che essere adottato anche dall’amministratore subentrante.
In caso di conferma dell’amministratore, invece, se il bilancio preventivo precedente
si è rivelato attendibile, all’amministratore non resta altro da fare che riproporre le tipiche voci ordinarie (escludendo quelle straordinarie) incrementandole lievemente (in
Capitolo Terzo: Gli obblighi di contabilità dell’amministratore
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genere di una piccola percentuale che compensi gli aumenti dei costi) ed includendo
la voce «varie ed imprevisti», idonea ad affrontare eventuali aumenti nei costi o spese
ordinarie imprevedibili. Se, invece, in alcune sue parti, oppure in toto, il bilancio preventivo dell’anno precedente non è risultato veritiero, più che a questo è necessario far
riferimento alle relative voci del bilancio consuntivo che fotografano l’effettività delle
spese erogate.
L’amministratore è legittimato a stipulare contratti di ordinaria manutenzione, la
cui stipulazione e sottoscrizione avviene sempre in nome e per conto del condominio;
ciò implica che il contratto continua a produrre i suoi effetti anche se cambia l’amministratore. I contratti stipulati dall’amministratore tuttavia, ad esempio quello della manutenzione degli ascensori, non potranno essere inseriti in bilancio preventivo senza che
siano stati regolarmente approvati in assemblea. L’amministratore, avendo un mandato
di durata non superiore ad un anno se non per tacito rinnovo, non può sottoscrivere
contratti la cui durata sia superiore allo stesso mandato. Difatti in caso contrario gli
effetti contrattuali nei confronti del terzo ricadrebbero sullo stesso amministratore, ben
potendo il condominio disconoscere la volontà di sottoscrivere il contratto.
In sede di convocazione dell’assemblea ordinaria è opportuno allegare alle lettere di
convocazione, oltre al bilancio consuntivo e relativo riparto, anche quello preventivo
e relativo riparto. Molti amministratori di condominio non presentano il riparto del
bilancio preventivo, privando il condomino di analizzarlo a fondo e di poterne discutere
coscientemente in assemblea. Ciò è dovuto al fatto che, non essendo sicuri dell’approvazione del bilancio preventivo così come è stato presentato, essi rinviano ad un secondo
momento detta redazione e la sostituiscono con la dicitura: «il riparto sarà redatto come
da regolamento di condominio o secondo legge». Tale procedura non sembra corretta:
il diritto di informazione spettante ad ogni condomino impone all’amministratore di
comunicare anche il riparto delle spese, in quanto solo in tale documento è indicato
l’importo annuale e la rata mensile che ogni singolo condomino dovrà pagare come
quota condominiale.
Per ciò che riguarda la redazione di detti bilanci nessuna norma impone la loro redazione in forme rigorose come per quelli societari; è tuttavia necessario che l’obbligo
di rendicontazione venga assolto in forme quanto meno atte ad offrire al destinatario
del conto medesimo una giustificazione comprensibile delle diverse voci di entrata e
di uscita.
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Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
BILANCIO PREVENTIVO (1) DEL CONDOMINIO
DI …………………………
TABELLA A: SPESE GENERALI
Assicurazione
SPESE DI AMMINISTRAZIONE
RACCOMANDATE E POSTALI
RIPARAZIONI
PULIZIA
ILLUMINAZIONE
Totale
@
@
@
@
@
@
@
400
1.200
350
85
1.900
75
4.010
@
@
@
450
250
700
@
@
@
@
600
350
250
1.200
TABELLA B: SPESE DELLA SCALA A
ILLUMINAZIONE
RIPARAZIONI
Totale
TABELLA C: ASCENSORE
MANUTENZIONE ASCENSORE
ENEL
RIPARAZIONE
Totale
TABELLA D: PORTIERATO
SALARIO
INPS
INAIL
INDENNITÀ FITTO APPARTAMENTO
Totale
@ 9.800
@ 3.600
@
750
@
500
@ 14.650
Totale complessivo da ripartire in 12 rate
@ 20.560
(1) Una volta che il bilancio è stato approvato dall’assemblea, esso vincolerà l’amministratore, nel senso che questi non dovrà
superare, con le spese, la somma complessivamente stanziata, mentre, invece, potrà stornare una somma da una voce all’altra all’interno dello stesso gruppo.
In sede di convocazione dell’assemblea ordinaria, è opportuno allegare alle lettere di convocazione, oltre al bilancio consuntivo
e relativo riparto, anche quello preventivo e relativo riparto.
4. Il rendiconto annuale
All’approvazione del bilancio preventivo seguirà quella del consuntivo che sarà la
prova del nove delle previsione effettuate in preventivo. In passato, la mancata presentazione per un biennio del bilancio consuntivo era motivo di revoca dell’amministratore.
Oggi, invece, tra gli obblighi dell’amministratore previsti dal nuovo articolo 1130 c.c.
vi è quello di redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare
l’assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni. È bene precisare, infatti, che la
Capitolo Terzo: Gli obblighi di contabilità dell’amministratore
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durata del mandato attualmente di un anno con rinnovo tacito per il secondo anno, non
esime in alcun modo l’amministratore da presentare il bilancio consuntivo ogni anno.
Prima dell’intervento della Legge di riforma del condominio (L. 220/2012), la giurisprudenza riteneva che il rendiconto condominiale di un determinato esercizio non
richiedeva che la contabilità fosse redatta in forme rigorose, analoghe a quelle prescritte
per i bilanci di società, poiché era sufficiente che la documentazione presentata in assemblea fosse idonea a rendere intellegibile ai condòmini le voci di entrata e di uscita,
con le relative quote di ripartizione.
La Legge di riforma, invece, ha introdotto nel codice civile un articolo dedicato al
rendiconto (articolo 1130bis c.c.), con l’intento di assicurare maggiore trasparenza
nella gestione contabile dell’amministratore.
L’articolo 1130bis c.c. prevede un rendiconto condominiale annuale. Esso deve
contenere una serie di specifiche voci contabili indispensabili alla ricostruzione e al
controllo della gestione dell’amministratore da parte di ogni condomino.
In particolare, il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita
ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi
disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire
l’immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario,
nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti
in corso e delle questioni pendenti.
Anche se non fosse espressamente previsto dalle norme sul condominio, l’amministratore sarebbe tenuto a rendere il conto della gestione in virtù del suo rapporto di mandato.
Tale obbligo annuale comporta che l’amministratore non è tenuto a rendere il conto
su richiesta di uno qualsiasi dei condòmini. Ciò non lo esime, però, dal dovere di correttezza che gli impone di fornire ad ogni richiesta le delucidazioni del caso.
In materia di rendiconto, il Garante della privacy, con provvedimento del 16 maggio
2006 ha affermato che l’amministratore è tenuto, nel rendiconto annuale, ad indicare
quali sono i condomini morosi. Cosa diversa è, invece, la diffusione di dati acquisiti
nello svolgimento delle sue funzioni che deve, invece, avvenire nel rispetto dei principi
di pertinenza e non eccedenza previsti dal D.Lgs. 196/2006.
In diritto societario il principio di competenza non è mai stato messo in discussione, diversamente che nel diritto condominiale dove da tempo si discute su quale sia
il principio più idoneo per la redazione dei bilanci consuntivi (criterio di cassa o di
competenza). Nelle varie bozze della riforma che si sono succedute si è letto spesso
che l’amministratore avrebbe dovuto applicare il principio di competenza piuttosto
che entrambi i principi.
Nella versione definitiva della L. 220/2012, invece, non è stato a riguardo posto alcun
paletto all’amministratore che potrebbe quindi a suo piacimento applicare qualsivoglia
principio.
Il principio di competenza impone di considerare tutti i costi e i contributi relativi ad un determinato anno solare come elementi «reddituali», da imputare al relativo
periodo di bilancio (che solitamente coincide con l’anno solare con decorrenza 1°
gennaio-31 dicembre).
In tal caso, non si considera l’effettivo esborso o introito monetario ma è rilevante
l’imputazione che di un costo o di un incasso viene fatto al relativo periodo amministrativo (cd. di competenza).
Per il principio di cassa, invece, i costi o i contributi (oneri versati dai condòmini)
vengono rilevati in contabilità quando si manifestano sotto l’aspetto monetario e l’intero
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Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
flusso finanziario di un periodo gestionale viene riepilogato nel bilancio consuntivo
che mostra, con esattezza, le effettive somme versate (i costi) e introitate (gli incassi).
In merito alla scelta del primo o del secondo principio in ambito condominiale, né
il legislatore né la Cassazione sono mai intervenuti; quest’ultima ha più volte ribadito
la netta separazione tra la contabilità delle imprese e quella dei condomìni, affermando
che l’amministratore, nel redigere il consuntivo, non è tenuto a rispettare le «rigorose
forme analoghe a quelle previste per il bilancio delle società». La Cassazione, in ben
tre sentenze (1) ha obbligato a rendere «intellegibile ai condòmini le voci di entrata ed
uscita»; in tali sentenze è richiamato l’unico vero principio sancito dalla Cassazione (il
principio di intellegibilità) con evidente e palese riferimento alle entrate e alle uscite
e non ai costi e ai ricavi; quindi, un implicito richiamo ai movimenti finanziari e non ai
componenti economici da imputare secondo il principio di competenza.
Detto questo, viene da domandarsi se sia possibile rendere intellegibile ai condòmini un rendiconto redatto secondo il principio di competenza. Invero, l’applicazione di
questo principio avvicinerebbe la contabilità del condominio a quella della imprese, ma
renderebbe più complesso il costrutto dei documenti annuali e quindi più difficile la
comprensione per i condòmini non esperti di contabilità. In altri termini, si rischierebbe
un tecnicismo contabile che comprometterebbe l’unico principio sancito in materia
dalla Cassazione.
Il principio di competenza, applicato con esattezza, informerebbe sugli effettivi
costi e contributi della gestione annuale senza mostrare l’effettivo flusso finanziario e,
pertanto, si renderebbe necessario redigere un documento aggiuntivo, cioè un «conto
finanziario», con duplicazione di lavoro, sia di scritturazione che di redazione annuale.
Nonostante gli svariati dubbi interpretativi che si possono alimentare, la L. 220/2012,
obbligando l’amministratore alla redazione di una nota esplicativa è come se avesse
avvicinato il diritto societario a quello condominiale. Il principio di competenza, pertanto, inserendo tra le proprie voci non solo le spese realmente sostenute, ma anche
quelle imputate al periodo a cui fa riferimento l’esercizio finanziario, facilita l’attività
dell’amministratore in sede di recupero del cosiddetto conguaglio.
Se si applicasse il principio di cassa, da una parte il condomino non avrebbe la reale
percezione dei costi della gestione e dall’altra l’amministratore, recuperando gli eventuali
saldi in negativo, non avrebbe in cassa gli importi necessari per ottemperare alle fatture
imputate nel precedente anno ma non inserite nel bilancio consuntivo.
Le perplessità sull’intelligibilità del bilancio agli occhi del condomino vengono
spazzate via dall’esistenza della nota esplicativa nonché addirittura dalla possibilità
che l’assemblea possa nominare un revisore contabile.
L’amministratore è tenuto, anche laddove non sia espressamente disposto dal regolamento, ad inviare le copie del rendiconto in allegato alla convocazione dell’assemblea,
ciò per soddisfare il principio secondo il quale il condomino deve essere reso edotto degli
argomenti di cui si discuterà. Ad esso sarà allegata una nota sintetica esplicativa, con
la quale viene fatto il punto della situazione e vengono spiegate le voci più importanti
del bilancio, nonchè giustificate le spese straordinarie sostenute senza la preventiva
autorizzazione, con l’indicazione dei rapporti in corso e di quelli pendenti. Si tracciano,
insomma, le linee direttrici dell’amministrazione stessa.
Tutto ciò risponde alla logica per cui ogni condòmino, in quanto partecipante al
condominio e comproprietario delle parti comuni, ha interesse diretto a conoscere
(1) Cass. 3231/1984, 896/1984 e 4751/1998.
Capitolo Terzo: Gli obblighi di contabilità dell’amministratore
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non solo la sua posizione, ma anche la situazione generale dell’amministrazione; deve
sapere se vi sono, cioè, condòmini morosi, se il rendiconto è globalmente accettabile,
se la ripartizione delle spese corrisponde alle istruzioni dell’assemblea ed alle norme
del regolamento o della legge.
Con riferimento alla documentazione giustificativa l’amministratore non ha l’obbligo
di depositarla ma è solo tenuto a permettere, ai condomini che ne facciano richiesta,
di estrarne copia a loro spese.
Bilancio consuntivo dell’anno ……………
Entrate:
Uscite:
Tab. «A»
Fondo Cassa al ………… @Assicurazione fabbricato
Versamenti dei condomini @Spese di amministrazione
Compenso amministratore
Portierato
Illuminazione luoghi comuni
Pulizia cortile
Manutenzione
Imposte e Tasse
@
@
@
@
@
@
@
@
Tab. «B»
Enel ascensore
Manutenzione ascensore
Tassa annuale ascensore
Spese straordinarie ascensore
Pulizia scale
Totale Entrate
@
Totale Uscite
@
@
@
@
@
@
Stato Patrimoniale
Fondo Cassa al …… @
Debiti verso condòmini @
Crediti verso condòmini @
Debiti verso fornitori @
Nota Sintetica Esplicativa
1) Andamento della gestione
2) Cause in corso
3) Ecc.
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Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
5. Un occhio al Regolamento
Abbiamo nel precedente paragrafo evidenziato come ancora oggi non sono ben definiti i principi e i criteri contabili che l’amministratore deve seguire nell’espletamento
della cosiddetta funzione contabile.
In assenza di certezze, come spesso accade, in questa materia l’amministratore deve
attingere ai regolamenti di condominio che sanciscono alcuni obblighi per l’amministratore proprio in tema di contabilità. Nella prassi corrente, infatti, nei regolamenti
di condominio si reperiscono spesso articoli o commi dedicati alla materia contabile;
tale evenienza la si rinviene sia per i regolamenti contrattuali sia per quelli assembleari.
Alcune norme regolamentari rimarcano gli obblighi giuridicamente previsti per
l’amministratore nella presentazione annuale dei documenti contabili (obbligo del
rendiconto annuale e di redazione del preventivo delle spese, obbligo di riscossione
dei contributi condominiali ecc.), mentre altre norme sono di completamento a quelle
sancite dal codice civile.
In ogni caso, l’amministratore di condominio deve conoscere il regolamento di
condominio in modo da impostare una corretta gestione ed evitare facili impugnative
di delibere assembleari.
Non a caso, il soggetto deputato a far rispettare il regolamento di condominio (interno
o esterno) è l’amministratore ed un suo eventuale comportamento omissivo potrebbe
essere foriero di gravi conseguenze giuridiche come, ad esempio, un’azione di revoca
o di responsabilità.
Di seguito analizzeremo una vasta casistica di norme del regolamento condominiale
in materia contabile.
Le norme di carattere contabile contenute in un regolamento condominiale
possono riguardare:
— il periodo di bilancio;
— l’obbligo di convocazione dell’assemblea ordinaria entro un determinato periodo;
— l’obbligo di presentazione annuale dei documenti contabili;
— la funzione di controllo del consiglio di condominio;
— la funzione di controllo dei condòmini;
— l’obbligo di tenuta dei libri contabili;
— l’obbligo di tenuta di un conto corrente condominiale;
— l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi dei sostituti d’imposta.
Le norme indicate hanno come scopo quello di rendere più trasparente e puntuale
l’esercizio della funzione contabile.
In merito al periodo di bilancio, una norma spesso presente nei regolamenti condominiali è quella che fissa la chiusura dell’esercizio al 31 di dicembre di ogni anno. In
altri casi, sono previste altre formule che richiamano l’annualità gestionale (ad esempio:
l’esercizio si apre il 1° gennaio e si chiude il 31 dicembre di ogni anno). Tale norma è di
fondamentale importanza per il rispetto dei principi contabili e per rendere compatibile
il periodo di bilancio (2) con l’annualità fiscale.
(2) Un riferimento giurisprudenziale che definisce il concetto di annualità di gestione è una sentenza della Pretura di
Bolzano del 10 giugno 1999 che recita «il richiamo all’“anno” contenuto nell’articolo 63, comma 2, disp. att. c.c. (secondo
cui chi subentra nei diritti di un condòmino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi
all’anno in corso e a quello precedente) deve intendersi riferito all’anno di gestione o esercizio condominiale e non a quello
solare».
Capitolo Terzo: Gli obblighi di contabilità dell’amministratore
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Legato alla prima norma è l’obbligo per l’amministratore di convocare l’assemblea
ordinaria per la discussione e l’approvazione dei documenti contabili annuali (il rendiconto e il bilancio preventivo).
Non di rado, in alcune assemblee ordinarie sono contemporaneamente discussi
rendiconti di più anni consecutivi (due, tre o addirittura più di tre). Questa prassi è
assolutamente deplorevole, nonché contro legge perché ora l’articolo 1130 c.c. stabilisce
il termine per la convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto entro
centottanta giorni dalla chiusura della gestione.
La norma di cui all’articolo 1130bis c.c., introdotta ex novo dalla L. 220/2012, definisce anche il contenuto del rendiconto: esso deve contenere le voci di entrata e di
uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi
disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentire
l’immediata verifica.
Il rendiconto condominiale si compone di:
1. un registro di contabilità;
2. un riepilogo finanziario;
3. una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in
corso e delle questioni pendenti.
L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La
deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore
e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà.
I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono
prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia
a proprie spese.
Tale documentazione annuale può essere preventivamente posta al vaglio del consiglio di condominio se esistente (3); il compito di tale organo può essere infatti, oltre
che consultivo anche di controllo contabile (articolo 1130bis, ultimo comma) della
documentazione giustificativa di spesa, dei libri contabili e dei documenti redatti a
fine gestione dall’amministratore. Una volta esercitata tale funzione di controllo, l’amministratore può convocare l’assemblea; questa prassi è consigliabile, soprattutto per
condomini con un notevole numero di partecipanti.
La funzione di controllo dei singoli partecipanti all’assemblea non si esercita solo in
sede assembleare. Infatti, il condomino ha diritto di ricevere copia della documentazione
contabile e giustificativa o di visionare tale documentazione originale. L’estremo atto
di controllo può essere esercitato in assemblea, anche se in tal sede diviene difficile, se
non impossibile, entrare nel merito della verifica.
Sempre ai fini del controllo dei condomini, l’articolo 71ter disp. att. c.c., introdotto
dalla L. 220/2012, prevede che su richiesta dell’assemblea, che delibera con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del codice, l’amministratore è tenuto ad
(3) Tale organo di controllo non è previsto dall’attuale codice civile, mentre lo era nella L. 8/1935. Nella prima legge sul
condominio il consiglio di condominio era definito come «organo» avente funzioni di controllo della gestione amministrativa
e contabile dell’amministratore e funzioni di «arbitrato» per le liti tra condomini. L’assenza di tale organo nel nostro attuale
ordinamento è stato in parte superato dai regolamenti che lo prevedono e lo disciplinano, ma nulla osta che in una prospettiva
di riforma del diritto condominiale la previsione di un siffatto organo rappresenta un punto fondamentale. L’ordinamento
attuale ha previsto invece in senso lato il controllo della gestione da parte del singolo condòmino e il rimedio dell’impugnativa
giudiziale della delibera che approva il rendiconto, in altri termini un controllo un duplice rimedio: uno ex ante e l’altro ex post.
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Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
attivare un sito internet del condominio che consenta agli aventi diritto di consultare ed
estrarre copia in formato digitale dei documenti previsti dalla delibera assembleare. Le
spese per l’attivazione e la gestione del sito internet sono poste a carico dei condomini.
Non contento, il legislatore della riforma ha anche previsto che l’assemblea può
nominare un revisore dei conti di gestione.
6. Quanto incide l’obbligo di tracciabilità sull’idoneità dei giustificativi di spesa
Atteso che l’amministratore ha l’obbligo di presentare annualmente il bilancio consuntivo, è anche vero che le voci di spesa indicate devono essere supportate da idonei
giustificati di spesa che con l’obbligo di apertura ed utilizzo di un conto corrente condominiale appaiano sempre meno circondati da margini di manovra.
La dottrina è conforme nel ritenere che la documentazione giustificativa delle spese
deve presentare dei requisiti di «idoneità».
Per «idoneità» s’intende la necessità, per il documento giustificativo di spesa, di
adempiere due fondamentali funzioni: la prima, di carattere privato, inerente al rapporto tra amministratore e condòmini, la seconda di carattere pubblico.
L’idoneità, sotto il primo aspetto, riguarda la natura probatoria; in altri termini, il
documento giustificativo di spesa deve attestare, con correttezza e certezza, l’entità
dell’uscita di cassa e la tipologia della spesa effettuata dall’amministratore in nome e
per conto del condominio. Tale attestazione è rivolta, ovviamente, ai condòmini (idoneità probatoria).
Sotto il secondo aspetto, il documento giustificativo deve essere fiscalmente idoneo
(idoneità fiscale).
Nella considerazione che il condominio non è soggetto IVA, se ne deduce che non
incorre in sanzione l’amministratore che non pretende fattura commerciale dai fornitori
del condominio.
Infatti, esaustiva al riguardo, è la risoluzione del Ministero delle finanze del 24
maggio 1986, n. 321703 che recita: «il condominio non rientra, di norma, tra i soggetti
passivi di imposta di cui all’articolo 4 del D.P.R. 26-10-1972, n. 633, in quanto non
esercita in via abituale attività commerciale. L’amministratore non è tenuto, agli effetti
IVA a richiedere la fattura. Viceversa il soggetto obbligato al rilascio della fattura è, in
applicazione dell’articolo 21 dello stesso D.P.R., colui che effettua cessione di beni o
prestazione di servizi, nell’esercizio di imprese ovvero di arti o di professioni. Tuttavia,
per alcune operazioni è previsto l’obbligo del rilascio di apposita ricevuta fiscale in
luogo della fattura, ai sensi del D.M. 13-10-1979 e successivi decreti. Per cui, solo in
quest’ultima fattispecie, la legge prevede l’irrogabilità di autonoma sanzione, anche nei
confronti dell’acquirente-consumatore finale, che è obbligato a richiedere il rilascio della
ricevuta fiscale. Comunque il cliente può sempre richiedere, al momento di effettuare
l’operazione, il rilascio di fattura o ricevuta fiscale».
Per tale motivo, è consigliabile che l’amministratore richieda sempre un documento
fiscalmente valido al fornitore ove figurino i dati del condominio (in particolare il
codice fiscale).
Tra le due funzioni testé citate non esiste una netta correlazione. Una semplice ricevuta sottoscritta dal fornitore non avente natura fiscale può, in ogni caso, rappresentare
un documento comprovante un versamento di denaro, fatto dall’amministratore a quel
fornitore per una determinata prestazione.
Capitolo Terzo: Gli obblighi di contabilità dell’amministratore
33
Resta pur vero che il fornitore che ha prestato un servizio o venduto un bene al
condominio risulta un evasore fiscale, ma l’amministratore del condominio raggiunge
comunque il suo obiettivo probatorio anche in assenza di un valido documento fiscale.
La L 220/2012 ha imposto non solo l’accensione di un conto corrente intestato al
condominio bensì anche l’utilizzo da parte dell’amministratore dello stesso, che deve
garantire la tracciabilità di tutte le entrate e le uscite del condominio. È qui allora che
abbiamo un corto circuito tra la predetta norma e quelle vigenti per i pagamenti in tutti
gli altri settori economici.
Nel tentativo di combattere l’evasione fiscale il Governo Monti aveva abbassato la
possibilità di pagamento in contanti alla soglia di @ 1.000,00, soglia oltre la quale i pagamenti devono essere effettuati garantendone la tracciabilità. La riforma del condominio
è andata evidentemente oltre, obbligando l’amministratore a sostenere qualsivoglia
spesa garantendone la tracciabilità.
Se dovessimo attenerci alla lettera alla nuova normativa, a prescindere dal documento giustificativo in possesso sia che esso sia uno scontrino piuttosto che una fattura
commerciale pagata in contanti, sarebbe motivo di revoca dell’amministratore.
Spetterà ancora una volta alla Giurisprudenza dare la giusta interpretazione della
norma che appare agli occhi di tutti eccessivamente severa per quelle che possono essere, ad esempio, le piccole spese di cancelleria che potrebbe affrontare un condominio
di 10 unità immobiliari.
L’amministratore che giustifica una spesa con una fattura commerciale ha la certezza
di mostrare un documento da quale si evince il servizio, il prodotto che si è pagato con i
fondi condominiali, diversamente dallo scontrino fiscale. Quest’ultimo, infatti, spesso è
«muto» non indicando il prodotto che si è comprato. La soluzione è quella di realizzare
una targa accompagnatoria dello scontrino fiscale, timbrata dall’esercizio che lo ha
emesso, riconducendo così lo scontrino fiscale ad una spesa ben precisa.
7. Maggiore trasparenza dei conti con l’aiuto del WEB
L’articolo 71ter disp. att. c.c., introdotto dalla Legge di riforma del condominio (L.
220/2012) prevede che, su richiesta dell’assemblea, l’amministratore è tenuto ad attivare
un sito internet del condominio ad accesso individuale protetto da parola-chiave,
che consenta agli aventi diritto di consultare o estrarre copia in formato digitale:
— dei rendiconti mensili di cui all’articolo 1129 c.c. comma 8;
— del registro dei verbali dell’assemblea;
— del registro di nomina e revoca dell’amministratore;
— del registro di contabilità.
L’aggiornamento della contabilità deve avvenire con cadenza mensile, salvo diversa
previsione dell’assemblea. Questa è una delle tante novità della legge di riforma del
condominio.
Nell’introduzione di questa norma si può cogliere un implicito senso di sfiducia nei
confronti dell’amministratore di condominio, confermato anche dalla nuova figura del
revisore, espressamente prevista dalla riforma.
In pratica, attraverso la trasparenza assicurata dall’immediata disponibilità della
documentazione contabile da parte di tutti i condomini e il relativo controllo diretto, nonché il controllo indiretto esercitato da una figura di nuova introduzione per i
condomini, ma già da tempo affermata per le società, quella del revisore contabile, il
34
Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
legislatore ha inteso difendere la realtà condominiale da ipotesi di mala gestio. Non vi
è dubbio che si creerà un nuovo mercato di lavoro a favore di società specializzate sia
di carattere gestionale che di controllo.
Le spese per l’attivazione e la gestione del sito internet sono poste a carico dei condomini.
8. Il condominio come sostituto d’imposta
Le nuove norme in materia di contabilità si sono andate ad affiancare a quelle in
materia fiscale che hanno da tempo definito il condominio come sostituto d’imposta.
L’articolo 21, comma 11, lettera a), n. 1, del collegato alla legge finanziaria 1998, ha
configurato per la prima volta il condominio come sostituto d’imposta. Questa norma è
di enorme rilievo, non solo per l’impatto sui costi della gestione condominiale, ma anche
perché sconvolge il principio ormai consolidato, secondo cui il condominio — che non
ha personalità giuridica — non esercitando alcuna impresa commerciale, si configura
come quell’ente che limita la sua attività al godimento dei frutti che originano dai beni
comuni.
La norma, che mira a eliminare aree di evasione e di elusione, trasferisce al condominio le funzioni di sostituto d’imposta spostando, solo in apparenza, tale onere dalla
figura dell’amministratore di condominio. Per cui il condominio, pur non essendo un
soggetto giuridico, assume invece tale soggettività nei rapporti con il fisco.
Comunque, in virtù di tale normativa, è pur sempre l’amministratore, sia pure per
conto del condominio, il soggetto obbligato che deve operare la ritenuta alla fonte a
titolo di acconto su:
—
—
—
—
—
redditi di lavoro dipendente;
redditi di lavoro autonomo;
provvigioni;
redditi di capitale;
corrispettivi dovuti a contratti di appalto o servizi (dal 2007).
A questo ultimo proposito va ricordato, come ha precisato la risoluzione ministeriale
del 27 aprile 1979, n. 8/238, che gli interessi derivanti da depositi cauzionali non sono
considerati redditi di capitale e, quindi, non sono soggetti a ritenuta.
Per quanto riguarda i compensi erogati ai dipendenti, il condominio rilascia la certificazione dei redditi corrisposti entro il 15 marzo dell’anno successivo a quello in cui le
somme e i valori sono stati corrisposti, come previsto dall’articolo 4, D.P.R. 322/1998,
in cui evidenzia le ritenute effettuate.
Per quanto riguarda gli altri redditi, bisogna ricordare che la ritenuta sui redditi di
lavoro autonomo e occasionale è pari al 20%. Nel caso di provvigioni corrisposte inerenti
a rapporti di agenzia o mediazione la ritenuta da applicare è pari all’aliquota del primo
scaglione di reddito (19%) sul 50% delle provvigioni corrisposte oppure sul 20% delle
provvigioni se il percipiente si avvale nella propria opera di dipendenti.
Inoltre, a partire dal 1° gennaio 2007, gli amministratori dei condomini hanno
l’obbligo di effettuare, per conto del condominio sostituto d’imposta, una ritenuta d’acconto del 4%, con obbligo di rivalsa, sui corrispettivi dovuti per prestazioni relative
a contratti di appalto di opere o servizi effettuati da imprese o in via occasionale
da lavoratori esterni (comma 43, dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, che
Capitolo Terzo: Gli obblighi di contabilità dell’amministratore
35
ha inserito l’articolo 25ter al D.P.R. 600/1973). La ritenuta deve essere versata entro il
sedicesimo giorno del mese successivo al pagamento dei compensi.
Conseguentemente, i dati relativi ai fornitori delle prestazioni, nonché i dati relativi
ai pagamenti assoggettati alla ritenuta d’acconto, andranno dichiarati nel modello 770
che dovrà essere presentato dal condominio in qualità di sostituto d’imposta.
La stessa norma prevede, inoltre, che la ritenuta del 20% debba essere operata
anche sui compensi corrisposti dal condominio all’amministratore stesso, indipendentemente dal fatto che l’attività di amministratore sia di tipo professionale oppure
occasionale.
L’estensione della figura di sostituto d’imposta al condominio comporta che lo stesso
debba richiedere il codice fiscale per il condominio (se non ne è già in possesso); il
condominio, non svolgendo attività d’impresa, non è un soggetto IVA e, pertanto, non
è titolare di partita IVA.
I principali codici tributo da utilizzarsi nei moduli di pagamento sono:
— 1040, per i compensi di natura professionale oppure occasionale;
— 1038, per provvigioni anche occasionali;
— 1001, per salari e stipendi;
— 1012, per indennità di fine rapporto.
Il condominio, nella sua qualità di soggetto non titolare di conto fiscale, deve versare
le ritenute entro il giorno 16 del mese successivo a quello di pagamento dei compensi,
somme o provvigioni. Entro il 28 febbraio di ciascun anno, il condominio deve inviare ai
dipendenti e agli altri soggetti per i quali ha operato la ritenuta d’imposta, la certificazione prescritta dall’articolo 4, D.P.R. 322/1998, in cui si evidenziano le ritenute operate
dal condominio nell’anno precedente e i cui dati saranno utilizzati nella dichiarazione
dei redditi di questi soggetti. Il condominio, inoltre, nella sua qualità di sostituto d’imposta, è tenuto a presentare la dichiarazione modello 770.
Non vi è alcun dubbio che il soggetto deputato a tutte queste incombenze sia l’amministratore del condominio, anche se la sua attività non è svolta professionalmente e
quindi anche se l’amministratore non è in possesso di partita IVA.
Le numerose scadenze fiscali possono diventare un impegno gravoso per la gestione
di uno studio di un amministratore. Dal momento che vige l’obbligo di avere un conto
corrente su cui l’amministratore deve operare sia in entrata che in uscita, è importante
attivare un conto corrente con la possibilità di gestirlo online. Ormai la possibilità
di compilare un F24 comodamente dallo studio è messa a disposizione da qualsiasi
istituto bancario nonché postale. La predetta possibilità è vantaggio non solo per l’amministratore ma anche per il condominio che vede diminuite le possibilità di ritardi nei
versamenti delle ritenute d’acconto.
9. Gli obblighi dell’amministratore
Eseguire gli adempimenti fiscali è un vero e proprio obbligo dell’amministratore,
obbligo che con l’intervento della Legge di riforma del condominio (L. 220/2012) è stato
consacrato normativamente nella nuovo testo dell’articolo 1130, n. 5) c.c. Il mancato
rispetto di tale obbligo comporta la possibilità per qualsiasi condomino di chiedere la
revoca dell’amministratore. Tale norma ribadisce, in pratica, quanto già previsto dalla
vigente normativa tributaria.
36
Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
L’articolo 21, comma 11, lettera e), della legge collegata alla manovra finanziaria per
l’anno 1998 modifica l’articolo 32, D.P.R. 600/73, che disciplina i poteri degli uffici delle
imposte per l’adempimento dei compiti loro assegnati dalla legge. Infatti, è ora previsto dall’articolo 32, comma 1, numero 8ter, D.P.R. 600/1973, che gli uffici delle imposte
possono chiedere, a partire dal 1 gennaio 1998, agli amministratori di condominio, dati,
notizie e documenti relativi alla gestione condominiale.
L’articolo 4, D.P.R. 322/1998 relativo alle comunicazioni da effettuare all’anagrafe tributaria stabilisce che gli amministratori di condominio hanno l’obbligo di comunicare
annualmente all’anagrafe tributaria l’ammontare dei beni e servizi acquistati dal
condominio. In questa comunicazione è necessario indicare anche i dati identificativi
dei fornitori.
Dall’esame di questi nuovi compiti, si conferma la necessità di istituire una analitica
e corretta rendicontazione dei movimenti finanziari del condominio, sia pure senza
l’obbligo di bollatura dei registri dove la contabilità è tenuta. Ciò appare necessario per
rendere con facilità le informazioni da dare annualmente e per rispondere correttamente
a eventuali questionari degli Uffici delle Imposte.
Quanto all’obbligo dell’amministratore di conservare i documenti, è importante anche
in questa sede ricordare che la Legge di riforma del condominio (L. 220/2012) ha previsto
espressamente l’obbligo, a carico dell’amministratore, di conservare la documentazione inerente alla propria gestione, riferibile sia al rapporto con i condòmini, sia allo
stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio (articolo 1130, n. 8), c.c.).
Inoltre, le nuove norme in materia di rendiconto annuale (articolo 1130bis c.c., introdotto ex novo), specificano che l’amministratore è obbligato a conservare le scritture
ed i documenti giustificativi per dieci anni dalla data della relativa registrazione e
che i condòmini hanno diritto di prendere visione dei documenti giustificativi di spesa
in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese.
 Capitolo Quarto 
La riscossione degli oneri condominiali

1. Le modalità di riscossione degli oneri condominiali
L’atto più delicato nell’azione di un amministratore è la riscossione degli oneri
condominiali, concretizzandosi in esso la fiducia ripostagli dal condominio. Prima di
verificare quali possono essere le modalità con le quali è possibile riscuotere gli oneri
condominiali, verifichiamo le attribuzioni dell’amministratore.
La riforma del condominio, introdotta dalla L. 220/2012, ha apportato modifiche
rilevanti alla disciplina della riscossione dei contributi condominiali.
La norma cardine in materia è l’articolo 63 disp. att. c.c., che, nel suo nuovo testo
prevede che «per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può
ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione,
ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati
dei condomini morosi.
I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti,
se non dopo l’escussione degli altri condòmini.
In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre,
l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni
suscettibili di godimento separato.
Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Chi cede, invece,
l’appartamento resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati
fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che
determina il trasferimento del diritto».
Rientra, quindi, nelle attribuzioni dell’amministratore la riscossione dei contributi
condominiali ed, a tal fine, l’amministratore è legittimato ad agire ed a resistere in
giudizio senza alcuna necessità di autorizzazione dell’assemblea (1).
In base al bilancio preventivo approvato dall’assemblea dei condòmini, l’amministratore provvede a riscuotere la quota di spese a carico di ciascuno di essi in base
allo stato di ripartizione, anche dopo l’anno cui esso si riferisce e fino a quando non è
approvato il bilancio consuntivo (2). La riscossione riguarda tanto le quote ordinarie
stanziate quanto quelle straordinarie.
Con tale pronuncia la Cassazione ha modificato il suo precedente e costante indirizzo consentendo la richiesta di decreto ingiuntivo anche in presenza di un bilancio
preventivo riferito ad un anno ormai trascorso.
Stabilito che è un obbligo del condomino versare gli oneri condominiali cristallizzati
in bilancio preventivo e/o consuntivo, resta da capire quali possono essere le modalità
(1) Cass. 27292/2005 e 14665/1999.
(2) Cass. 24299/2008.
38
Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
per la riscossione. In base al nuovo articolo 1129 c.c. l’amministratore è obbligato a far
transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi sul conto
corrente condominiale, pertanto, sembrerebbe difficile immaginare pagamenti privi
della tracciabilità.
A ben vedere, tuttavia, è prassi consolidata in molti condomini il pagamento pro
manibus all’amministratore delle quote condominiali. Spesso e volentieri in sede di
nomina dell’amministratore viene richiesto al candidato amministratore come condicio sine qua non per la nomina, di provvedere alla raccolta porta a porta degli oneri
condominiali mensilmente.
Il nuovo articolo 1129 c.c. impone di fare transitare le somme ricevute a qualunque
titolo dai condomini o da terzi sul conto corrente, tuttavia, senza specificare che queste debbano essere versate dagli stessi solo a mezzo RID, bonifico bancario o assegno.
È verosimile, allora, immaginare la possibilità ancora oggi per il condomino di
versare pro manibus le proprie quote e l’obbligo successivo per l’amministratore di
versarle sul conto corrente condominiale, prima di poterle utilizzare. In detta maniera
la tracciabilità è fatta salva senza sconvolgere le abitudini interne ad un condominio.
Ovviamente la migliore soluzione è il versamento diretto sul conto corrente da parte
del condomino delle proprie quote di competenza.
2. L’obbligo di procedere alla riscossione forzosa
La mancata riscossione degli oneri condominiali può diventare un ostacolo insormontabile per la gestione finanziaria di un condominio, paralizzando difatti l’incedere
dell’amministratore. Onde evitare che l’amministratore, nonostante la persistenza di
elevate morosità, per compiacenza nei confronti di alcuni condomini, evitasse di procedere alla riscossione forzata degli oneri condominiali, la L. 220/2012 è intervenuta
in materia.
Il nuovo articolo 1129 c.c. ha stabilito che l’amministratore è tenuto ad agire per la
riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura
dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, curando diligentemente l’azione
e la conseguente esecuzione coattiva.
Il singolo condomino non può contestare il credito del condominio, né ritardare
il pagamento delle quote di sua spettanza; questo perché vi è una delibera che è da
ritenersi vincolante. Infatti, in caso di mancato pagamento di oneri condominiali, l’amministratore può ottenere, anche in presenza di contestazioni, un decreto ingiuntivo
provvisoriamente esecutivo anche quando il consuntivo non è stato ancora approvato,
con cui si impone al condomino il pagamento delle quote di cui è moroso. Sul punto
la Cassazione ha anche precisato che l’amministratore può chiedere l’emissione del
decreto ingiuntivo per i contributi dovuti dai condòmini non solo in base allo stato di
ripartizione approvato dall’assemblea, «ma anche in base a prospetti mensili delle spese
condominiali non contestati, ma in questo secondo caso non può ottenere la clausola
di provvisoria esecuzione» (3).
Inoltre, la stessa Cassazione, in una altra circostanza, ha ribadito anche che «l’amministratore di un condominio che sia anche abilitato all’esercizio della professione
forense può agire direttamente in giudizio ai sensi dell’articolo 86 del codice di procedura
civile, per l’esercizio delle facoltà conferitegli dagli articoli 1130 e 1131 c.c., nell’espli(3) Cass. 1585/1973.
Capitolo Quarto: La riscossione degli oneri condominiali
39
cazione delle attribuzioni inerenti alla sua specificata qualità (riscossione di contributi
condominiali) senza necessità di ulteriore procura» (4).
Per le spese relative ad innovazioni, ricostruzioni e riparazioni straordinarie, l’obbligo del singolo condomino di pagare il proprio contributo sorge nel momento in cui
l’assemblea adotta le relative delibere o ratifica l’operato dell’amministratore.
Le modalità con cui può avvenire detto pagamento sono le più varie. Nei condomini formati da pochi proprietari il pagamento può avvenire direttamente nelle mani
dell’amministratore. In quelli più grandi, in cui vi è il portiere, l’amministratore potrà
affidargli la riscossione, salvo corrispondergli un ulteriore compenso, così come previsto
nel contratto di lavoro. La maniera più comoda per ovviare al problema è l’apertura di
un c/c bancario o postale, sul quale i condòmini possono versare i contributi.
L’articolo 63 disp. att. c.c. attribuisce all’amministratore il diritto-dovere di procedere
alla riscossione coattiva dei contributi condominiali non corrisposti, anche nelle forme
del ricorso per ingiunzione. Sempre tale norma specifica che il decreto ingiuntivo che
l’amministratore può ottenere nei confronti del condòmino moroso è immediatamente
esecutivo: si tratta di una tutela privilegiata prevista ad hoc per il condominio in quanto
il ritardato pagamento delle quote condominiali incide sulla regolare conservazione
delle parti comuni e sull’erogazione dei servizi comuni.
Un problema che può verificarsi è il ritardato pagamento delle quote condominiali.
Anche se il termine di prescrizione è di cinque anni (articolo 2948 c.c.) l’amministratore è tenuto a rivolgersi, senza alcun indugio, ad un legale per la riscossione coattiva
dei contributi non pagati. Infatti, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione
forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio
nel quale il credito esigibile è compreso, curando diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva. Inoltre, l’amministratore può addirittura essere revocato
qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute
al condominio ed egli abbia omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente
esecuzione coattiva. Così come può essere revocato per aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a
tutela dei diritti del condominio.
Si tratta, a ben vedere, di una serie di norme stringenti che costringono l’amministratore ad una nuova organizzazione molto più celere ed efficace; se solo si pensa che
il termine di sei mesi decorre dalla chiusura della gestione e non dall’approvazione
del rendiconto (per il quale il termine per l’approvazione è sempre di 180 giorni dalla
chiusura della gestione).
In tema di spese non pagate, il debitore è sempre il condomino locatore che può,
comunque, a sua volta, rivalersi sul conduttore (5).
3. Il conferimento dell’incarico ad un avvocato
L’amministratore, avendo l’obbligo di recuperare le quote condominiali non versate,
è legittimato a nominare un legale di fiducia per la relativa riscossione forzata senza
passare per l’autorizzazione assembleare.
Prima di arrivare alla nomina di un avvocato, è buona cosa che l’amministratore
proceda alla messa in mora del condomino inadempiente attraverso l’invio di una
(4) Cass. 6947/1992.
(5) Cass. 25781/2009.
40
Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
formale lettera di costituzione in mora, redatta dallo stesso. L’amministratore diligente deve essere consapevole che è preferibile recuperare le quote condominiali in via
stragiudiziale, piuttosto che per via legali, visto e considerato le difficoltà perpetue del
sistema giudiziario italiano e le avverse condizioni economiche del momento.
Qualora i tentavi di bonario componimento non fossero andati a buon fine l’amministratore deve dare mandato ad un avvocato, consegnando a quest’ultimo i seguenti
documenti:
— il titolo, che autorizza l’amministratore a chiedere il pagamento dei contributi e cioè
la delibera di approvazione del bilancio preventivo e relativo riparto, se gli oneri si
riferiscono all’anno in corso o del bilancio consuntivo ed il relativo riparto, se gli
oneri si riferiscono all’anno precedente ovvero ancora la delibera di approvazione
dei lavori straordinari e relativo riparto, se di essi si tratta;
— i bilanci stessi ed i relativi riparti ovvero i soli riparti nel caso di lavori straordinari;
— la delibera di nomina dell’amministratore che ne attesti la sua legittimazione
attiva ad agire;
— lettera di costituzione in mora;
— eventuale stato di aggiornamento della posizione debitoria del condomino.
Le ricevute di pagamento, invece, non sono da considerarsi strettamente necessarie.
È bene anche allegare alla domanda giudiziale anche il titolo di proprietà del condomino moroso in quanto molti giudici sospendono l’emissione del decreto ingiuntivo
e chiedono, ad integrazione della documentazione presentata, il titolo di proprietà del
debitore, al fine di verificare che esso sia all’attualità ancora proprietario dell’immobile.
Pertanto, è opportuno esibirlo subito, onde evitare l’ulteriore perdita di tempo. La richiesta del giudice trova fondamento in un atteggiamento deleterio dei condòmini, che
è quello di non comunicare l’avvenuta variazione dei proprietari dei singoli immobili,
determinata da successione o da alienazione. Tali accadimenti impediscono all’amministratore di conoscere chi sia il vero debitore.
Modello lettera di costituzione in mora
Luogo …………… Data ……………
Preg.ma Sig.ra
…………………
…………………
raccomandata a.r.
Oggetto: Oneri condominiali
Nella qualità di amministratore del Condominio …………………, ubicato in …………………,
Via, …………………, C.F. ………………… scrivo La presente per rappresentarLe e richiederLe
quanto segue.
Con la delibera assembleare del ……………, i condomini all’unanimità dei presenti hanno,
tra l’altro, approvato il bilancio consuntivo nonché il relativo piano di riparto per la gestione
Capitolo Quarto: La riscossione degli oneri condominiali
41
dell’esercizio finanziario 01.01.2012 - 31.12.2012, dal quale risulta, salvo errori ed omissioni,
l’omesso pagamento delle rate di seguito analiticamente specificate:
Descrizione
Contributo condominiale
Importo dovuto
Saldo
Bilancio consuntivo anno solare 2012
@ 205,33
Vi significo che i contributi condominiali potranno essere versati anche sul conto corrente
postale intestato al Condominio ………… acceso c/o la Poste Italiane S.p.A. - Filiale Business
di ………………, di cui qui di seguito Vi riporto le coordinate:
Poste Italiane S.p.A. Filiale di ……………
Poste Business
IBAN
……………………………………
In alternativa, vogliate raggiungere questo studio entro e non oltre gg. 15 (quindici) dal ricevimento della presente, onde procedere al pagamento del complessivo importo di € 205,33
= (duecentocinque/33) per le causali di cui nei prospetti sopra riportati.
Vi significo che in caso di omesso versamento dei contributi condominiali entro il suddetto
termine, sarò costretto mio malgrado ad adire la competente Autorità Giudiziaria, azionando
la prevista procedura monitoria ex articoli 633 e ss. c.p.c. nonché ex articolo 63 disp. att. c.c.,
con aggravio di spese a Vostro carico.
Nell’eventuale ipotesi in cui abbiate già provveduto al pagamento parziale o totale delle
rate condominiali sopra descritte, nello spirito di piena e fattiva collaborazione finalizzata
all’esatta individuazione dei contributi condominiali indicati come non corrisposti, vogliate
cortesemente raggiungere questo studio, onde esibire e produrre gli originali delle ricevute di
intervenuto versamento.
Cordiali saluti
Condominio …………………
l’amministratore pro tempore
dott. Mario Rossi
4. La responsabilità solidale tra acquirente e venditore
Un’importante novità introdotta dalla Legge di riforma del condominio (L. 220/2012)
riguarda la previsione, di cui al nuovo testo dell’articolo 63, comma 5, disp. att. c.c.,
secondo cui il venditore resta obbligato solidalmente con l’acquirente per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica
del titolo che determina il trasferimento del diritto.
In caso di vendita di un appartamento, quindi, è onere dell’acquirente, e soprattutto del venditore, informare l’amministratore del cambiamento di proprietà,
fornendo a quest’ultimo idonea documentazione, cioè la copia autentica dell’atto di
compravendita.
Al fine di rendere più agevole l’esazione, l’articolo 63 disp. att. c.c., anche nella sua
nuova formulazione, stabilisce che chi subentra nei diritti di un condomino è obbliga-
42
Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
to solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso ed a
quello precedente; per cui all’amministratore è fornita la possibilità di agire mediante
decreto ingiuntivo sia nei confronti dell’alienante che dell’acquirente.
Ma gli rimane sempre la possibilità di agire nei confronti di ambedue per tutti i crediti
vantati con l’azione ordinaria di cognizione. Nel senso che contro l’acquirente l’amministratore potrà agire per tutti i crediti condominiali vantati nei confronti dell’alienante,
che in quanto oneri reali, passano tutti a carico del nuovo proprietario.
Un’altra questione molto dibattuta riguarda la vendita dell’unità immobiliare del
condominio nel quale sono stati deliberati lavori di manutenzione o ristrutturazione: ci si chiede, infatti, se i relativi costi devono essere sopportati dall’alienante o
dall’acquirente.
L’orientamento giurisprudenziale prevalente sostiene che, allorchè sono stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti
comuni, qualora venditore e compratore non si siano accordati diversamente in ordine
alla ripartizione delle relative spese, è tenuto a sopportarne i costi chi era proprietario
dell’immobile al momento della delibera assembleare che abbia disposto l’esecuzione
degli interventi (Cass. 24654/2010).
Esaminiamo, adesso, il caso in cui vi è stata una richiesta di risarcimento danni
per caduta dalle scale condominiali e la sentenza sia stata resa a distanza di dieci
anni nei confronti del condominio. Nelle more, il nuovo condomino aveva comprato
da quattro anni (prima della sentenza) l’immobile in condominio. È pur vero che al
momento della sentenza egli era già acquirente, ma è altrettanto vero che la sentenza non ha fatto altro che dare ragione al danneggiato quantificando il suo diritto di
credito nei confronti del condominio. Però, il diritto al risarcimento del danno era
già sorto (tanto è vero che la sentenza riconoscerà anche il pagamento degli interessi,
facendo retroagire i suoi effetti al momento della domanda). Per tale motivo, l’unico
obbligato al pagamento è il precedente proprietario. Infatti, nel caso in esame non
siamo di fronte ad un onere reale che come tale grava sull’immobile ma ad un vero e
proprio debito dovuto a titolo di risarcimento del danno, che come tale non può che
fare carico a chi era condomino al momento del verificarsi del fatto posto a fondamento della domanda.
La Corte di Cassazione (cfr. Cass. 23345/2008, 12841/2012) ha statuito che, in tema
di condominio, una volta perfezionatosi il trasferimento della proprietà di un’unità
immobiliare, l’alienante perde la qualità di condomino e non è più legittimato a partecipare alle assemblee, potendo far valere le proprie ragioni sul pagamento dei contributi
dell’anno in corso o del precedente, solo attraverso l’acquirente che gli è subentrato, con
la conseguenza che non può essere chiesto ed emesso nei suoi confronti decreto ingiuntivo ai sensi dell’articolo 63 disp. att. c.c., per la riscossione dei contributi condominiali,
atteso che la predetta norma di legge può trovare applicazione soltanto nei confronti
di coloro che siano condomini al momento della proposizione del ricorso monitorio
(atteso che l’obbligo di pagamento di questi ultimi sorge dal rapporto di natura reale
che lega l’obbligato alla proprietà dell’immobile).
L’amministratore, orbene, intento a recuperare delle quote condominiali imputabili
ad un soggetto non più condomino, deve calcolare tempi molto più lunghi rispetto ad
una procedura monitoria (decreto ingiuntivo), dovendo agire attraverso l’azione ordinaria di cognizione.
Capitolo Quarto: La riscossione degli oneri condominiali
43
5. Il ricorso per decreto ingiuntivo fondato sul bilancio preventivo
La Corte di Cassazione (6) ha affermato che l’amministratore del condominio può
richiedere il decreto ingiuntivo per le quote degli oneri condominiali, non solo dopo
l’approvazione del bilancio consuntivo, ma anche in forza di un bilancio preventivo
sino a quando questo non sia sostituito dal consuntivo regolarmente approvato.
La Cassazione ha, quindi, modificato il suo precedente orientamento che preveda la
possibilità di azionare i crediti derivanti dal bilancio preventivo solo durante l’anno cui
esso si riferisce. Ora la Suprema Corte ha rimosso l’impossibilità di richiedere il decreto
ingiuntivo contro i condomini morosi per l’intero lasso di tempo tra l’approvazione del
preventivo e l’approvazione del consuntivo. Per cui l’amministratore è abilitato a chiedere un decreto ingiuntivo anche sulla base dell’approvazione dello stato di riparto di
un bilancio preventivo con indubbio beneficio delle casse condominiali.
6. L’opposizione al decreto ingiuntivo
La riscossione degli oneri condominiali potrebbe complicarsi a causa del comportamento posto in essere dai condòmini che intendono sottrarsi al loro pagamento. Al
riguardo, al fine di non compromettere la buona riuscita della procedura coattiva, è
opportuno che l’amministratore in primo luogo accerti chi è il vero titolare del diritto
di proprietà dell’immobile, attraverso la verifica presso la Conservatoria dei Registri
immobiliari competente per territorio. Così verrebbe evitata la più classica delle eccezioni, e cioè quella relativa alla carenza di legittimazione passiva. Questo problema in
futuro sarà superato per l’obbligatoria istituzione del registro dell’anagrafe condominiale.
In un secondo momento occorre dimostrare l’attualità e la certezza del credito condominiale. Molti condòmini, invero, per aver impugnato la delibera assembleare relativa
all’approvazione della spesa, sostengono la non debenza dei relativi oneri fino a quando
non si sia giunti ad una sentenza. Ciò non corrisponde al vero: una cosa è la validità
nel merito della delibera, altra cosa è la sua efficacia. Per cui, nel caso di opposizione
a decreto ingiuntivo esecutivo, il condomino non può far valere questioni relative
alla validità o meno della delibera impugnata in altro giudizio sia pure pendente, in
quanto il giudizio di opposizione ha unicamente riguardo alla efficacia o meno della
delibera (7). Quest’ultima infatti, non giustifica solo l’emissione del decreto ingiuntivo
ma giustifica anche la condanna del condomino moroso al pagamento delle spese del
giudizio di opposizione, perché l’ambito di quest’ultimo è appunto circoscritto alla
sola verifica della esistenza e della efficacia del deliberato assembleare. A tale riguardo,
occorre anche precisare che, non essendovi identità di oggetto, nessuna relazione vi è
tra le due cause e nemmeno sussiste continenza o pregiudizialità necessaria (8). Questo
non esclude che, qualora nel merito il condomino ottenesse, in seguito, una sentenza
favorevole, gli debba essere restituita la somma già pagata. Per cui possiamo concludere
con l’affermare che in sede di opposizione a decreto ingiuntivo non possono vantarsi
motivi in ordine alla nullità o meno della delibera posta a fondamento del credito, ma
il giudice deve valutare solo della sua efficacia o meno. Invero, l’opposizione del condomino può riguardare la sussistenza del debito e la documentazione posta a fondamento
(6) Cass. 24299/2008.
(7) Cass. 3945/2008.
(8) Cass. SS.UU. 4421/2007.
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Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
dell’ingiunzione, ma non può estendersi alla nullità o annullabilità della delibera avente
ad oggetto l’approvazione delle spese condominiali, che devono invece essere fatte valere
in via separata con l’impugnazione di cui all’articolo 1137 c.c. (9).
7. La riscossione degli oneri condominiali nei confronti del condomino apparente
Nel condominio, prima della riforma introdotta con L. 220/2012, l’amministratore
era informato delle generalità dei partecipanti al condominio in maniera alquanto informale. Il tutto, in pratica, era lasciato alla diligenza dell’amministratore uscente che
poteva trasmettere anche elenchi vecchi di anni e mai aggiornati. Inoltre, poteva anche
accadere che l’elenco dei condòmini fosse stato redatto in maniera approssimativa e
senza l’ausilio di quei criteri posti dalla dottrina per identificare il vero condòmino.
Basti pensare, ad esempio, alla fitta casistica proposta nell’elenco che segue:
— acquisto dell’immobile in comunione dei beni da parte di due coniugi, di due fratelli,
di due conoscenti, ovvero pervenuto in comunione in virtù di successione ereditaria,
dove tutti i partecipanti alla comunione vanno considerati comproprietari, con parità
di diritti ma anche di obblighi;
— acquisto di un immobile la cui proprietà è divisa tra nudo proprietario ed usufruttuario, per cui al primo spettano diritti ed obblighi che riguardano la straordinaria
manutenzione ed al secondo quelli relativi all’ordinaria.
Eppure, i rapporti tra l’amministratore ed i condòmini sono molteplici, diversi e
complessi; da ciò deriva l’onere per l’amministratore stesso di avere un aggiornato e
preciso elenco dei partecipanti al condominio.
Potevano verificarsi casi, infatti, in cui l’amministratore, dopo aver dato corso all’azione esecutiva per la riscossione dei contributi condominiali, si poteva veder opporre al
decreto ingiuntivo la cd. «carenza di legittimazione passiva», cioè l’opponente aveva
eccepito di non essere affatto il proprietario dell’immobile in questione.
Le conseguenze sono facili da immaginare: a parte la perdita di tempo, anche il
danno economico per la soccombenza in giudizio se non addirittura la prescrizione
dello stesso diritto al credito.
A ciò si aggiungano gli effetti disastrosi nella sfera giuridica dell’amministratore che
poteva essere chiamato a risarcire i danni arrecati ed addirittura revocato per mala gestio.
A porre fine a tali situazioni è intervenuto il legislatore della riforma (L. 220/2012)
il quale, all’articolo 1130 c.c., ha espressamente previsto l’istituzione del registro di
anagrafe condominiale, ponendone l’obbligo di tenuta a carico dell’amministratore.
Detto registro deve contenere le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti
reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza
o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo
alle condizioni di sicurezza. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in caso di inerzia,
mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata
le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni,
in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni
necessarie, addebitandone il costo ai responsabili.
(9) Cass. 10427/2000.
Capitolo Quarto: La riscossione degli oneri condominiali
45
Per il passato la giurisprudenza (10), in alcune pronunce, al fine di porre un qualche
riparo alla questione, aveva ammesso la possibilità che l’amministratore si rivolgesse,
in caso di richiesta di pagamento degli oneri condominiali, a colui che appariva come
condomino. La motivazione fornita era basata sulla buona fede. In pratica si ammetteva che l’amministratore del condominio potesse invocare il principio dell’apparenza
del diritto, per giustificare il suo errore di terzo in buona fede, qualora avesse chiesto
il pagamento della quota comune a colui che appariva come condòmino. Sul punto si
invocavano gli articoli 1123-1130 c.c. e 63 disp. att. c.c.
Di contro, non mancava, già in quegli anni, chi sostenesse la tesi opposta.
Con la sentenza del 27 giugno 1994, n. 6187 la Corte di Cassazione non ha ritenuto
sussistenti nei rapporti tra condominio e condòmini le condizioni per l’operatività del
principio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dei
terzi in buona fede, laddove il terzo può ricevere tutela qualora, senza sua colpa, abbia
fatto affidamento su di una determinata situazione esistente solo in apparenza. Come
si vede, il caso è diverso da quello qui esaminato. In primo luogo perché l’amministratore non è terzo ma, quale rappresentante dell’ente di gestione, è parte del rapporto;
poi perché non può considerarsi in buona fede l’amministratore che ha agito contro
colui che appare come condomino e non lo è, perché è abbastanza agevole conoscere
dell’effettività della posizione giuridica da quest’ultimo rivestita, attraverso la semplice
consultazione dei registri immobiliari. La Suprema Corte ha così argomentato in una
seconda circostanza (11) mantenendo il suo indirizzo uniforme: «trattasi di un rapporto,
che risultando da una situazione obiettiva quale è quella delle proprietà delle varie unità
immobiliari, non può essere influenzata dal comportamento di alcuno, rispetto al quale
è peraltro anteriore». Per cui non può surrettiziamente crearsi un obbligo a carico di
un soggetto che invece la legge pone a carico di un altro soggetto.
Si può concludere dicendo, quindi, che già prima della riforma l’amministratore era
obbligato ad agire nei confronti del vero condomino la cui condizione era perfettamente
conoscibile attraverso la consultazione dei registri immobiliari.
In realtà con la riforma, almeno nel caso di vendita di un immobile non comunicato
all’amministratore, è stata reintrodotta la figura del condominio apparente.
Infatti, l’articolo 63, comma 5, disp. att., c.c. ha stabilito che il venditore resta obbligato solidalmente con l’acquirente per i contributi maturati fino al momento in cui è
trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento
del diritto. Per cui, anche se non è più proprietario sarà comunque, ex lege tenuto al
pagamento degli oneri condominiali che l’amministratore gli potrà richiedere senza
poter eccepire la sua carenza di legittimazione passiva.
8. Casi particolari di imputazione degli oneri condominiali
L’amministratore, come abbiamo visto, ha tra le sue attribuzioni il compito di procedere alla riscossione degli oneri condominiali, ma tuttavia possiamo trovarci di fronte
a casi particolari di non facile risoluzione.
L’amministratore deve avere sempre come interlocutore principale il proprietario
dell’immobile, che sempre risponde in ultima istanza degli oneri condominiali. L’amministratore non può di sua iniziativa procedere alla modalità di ripartizione degli
(10) Cass. 907/1981 e 5818/1984.
(11) Cass. 2617/ 1999.
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Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
oneri condominiali di fronte al caso di locazione, separazione e usufrutto; di fronte
alla comunicazione dei dati catastali da parte del proprietario e dei contratti in essere
tra privati sarà possibile per l’amministratore procedere ad una corretta ripartizione
degli oneri condominiali tra le parti in causa. Ricordiamo che nel caso di morosità il
legittimato passivo sarà sempre il proprietario dell’immobile.
Alcuni autori hanno considerato l’assegnazione della casa familiare come un istituto
di natura reale assimilabile al diritto di abitazione; altra parte della dottrina e la giurisprudenza hanno preso le distanze da siffatta tesi, giustificando tale dissenso sulla base del
fatto che tra i modi di costituzione dei diritti reali — che, com’è noto, sono tassativamente
previsti dalla legge — il legislatore non contempla quello per disposizione del giudice.
L’assegnazione della casa familiare, invero, si fonda su un provvedimento giudiziale
emanato in virtù di criteri a carattere preferenziale. La sua durata non è determinata
sin dall’origine ma dipende, piuttosto, da circostanze accidentali. Sulla base di tali
considerazioni sono venute alla luce diverse opinioni.
Alcuni hanno, infatti, ritenuto il diritto dell’assegnatario paragonabile a quello spettante al comodatario. Anche in questo caso non mancano evidenti distinzioni, una per
tutte: l’obbligo alla restituzione dell’immobile concesso in comodato sancito dagli articoli
1804, comma 3, e 1809, comma 2, c.c. Altri hanno ritenuto il fenomeno dell’assegnazione
della casa familiare assimilabile ad una locazione, seppure manchi, nell’assegnazione,
il requisito del corrispettivo per l’utilizzazione dell’immobile. La Suprema Corte (12)
non ha mancato, in passato, di evidenziare come i due istituti siano profondamente
differenti per natura, funzione e durata.
La giurisprudenza (13) sembra concorde nel ritenere che il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale attribuisca al coniuge assegnatario un diritto
personale di godimento, diritto atipico in quanto, fino ad oggi, non disciplinato
espressamente dalla legge.
Fatta questa premessa è adesso necessario analizzare come si possa individuare il
soggetto obbligato al pagamento degli oneri condominiali nell’ipotesi in cui, a seguito
della separazione personale, un appartamento di proprietà di un coniuge venga dal
giudice assegnato all’altro coniuge non proprietario.
La Suprema Corte, invero, si è già pronunciata (14) su tale problema affermando che
il giudice di merito, che in sede di separazione coniugale disponga l’assegnazione della
casa familiare al coniuge che non sia titolare del diritto di proprietà sull’immobile o non
sia titolare del diritto di godimento possa stabilire la totale gratuità dell’assegnazione
ponendo tutte le spese a carico del coniuge non assegnatario, ivi compresi gli oneri
condominiali. A tal fine, tuttavia, è necessaria una statuizione espressa e non equivoca
del decidente. Infatti, nella diversa ipotesi in cui il giudice non intervenga espressamente
su tale punto e si limiti a dichiarare l’assegnazione, occorre concludere che quest’ultima esoneri il coniuge assegnatario unicamente dal pagamento di un corrispettivo per
l’utilizzo dell’immobile. In questa ipotesi la gratuità dell’assegnazione dovrà essere
riferita soltanto all’uso dell’abitazione medesima e «non si estende alle spese correlate
a detto uso (ivi comprese quelle condominiali, che riguardano la manutenzione delle
cose comuni poste a servizio anche dell’abitazione familiare), onde tali spese vanno
legittimamente poste a carico del coniuge assegnatario».
(12) Cass. 4529/1999.
(13) Cass. 11096/2002.
(14) Cass. 18476/2005.
Capitolo Quarto: La riscossione degli oneri condominiali
47
È opportuno sottolineare che soltanto il giudice della separazione ha la possibilità
di statuire su detta questione.
Conseguentemente, nel caso in cui il giudice decida espressamente come ripartire
tutte le spese relative alla casa coniugale oggetto dell’assegnazione, occorrerà indubbiamente uniformarsi alle sue statuizioni. Nella diversa ipotesi in cui il giudice abbia
assegnato la casa al coniuge non proprietario sic et simpliciter, le spese condominiali
dovranno essere poste a carico del coniuge assegnatario.
La Cassazione, nel giudizio a seguito del quale è stata emessa la succitata sentenza,
stava inoltre per pronunciarsi su un’altra questione di particolare interesse, ovvero, se,
nel caso in cui gli oneri condominiali siano da ritenere a carico del coniuge assegnatario
non proprietario, questi sia obbligato al pagamento di tutte le spese indistintamente o se,
viceversa, debba effettuarsi una distinzione tra spese ordinarie, spese di conservazione
e spese straordinarie. Nel predetto giudizio, infatti, il coniuge assegnatario della casa
familiare sosteneva che tra gli oneri condominiali di cui si chiedeva il pagamento ve ne
fossero alcuni che, a suo avviso, sarebbero dovuti essere posti necessariamente a carico
del coniuge proprietario dell’appartamento (nella specie: la spesa per il portierato e la
spesa per l’assicurazione dell’immobile). La Suprema Corte non ha potuto decidere su
tale questione a causa dell’omissione, da parte del ricorrente, dell’indicazione analitica
delle voci relative alle spese straordinarie contestate, derivando da ciò l’impossibilità di
accertarne l’effettiva presenza e la concreta misura e il conseguente impedimento per
la Suprema Corte di apprezzare la fondatezza della doglianza in argomento.
Ciononostante, anche in mancanza di una statuizione della Cassazione sulla questione, sembra opportuno ed equo considerare a carico del coniuge assegnatario non
proprietario soltanto le spese ordinarie, e a carico del coniuge proprietario le spese
straordinarie e quelle di conservazione.
Il Tribunale di Mantova (15) ha espressamente dichiarato di condividere l’orientamento secondo cui «se alla moglie viene attribuito il diritto di abitare la casa di
proprietà del marito, senza che nulla si stabilisca circa le spese inerenti all’immobile,
queste devono essere ripartite secondo criteri desumibili dalla disciplina normativa degli
istituti giuridici in cui si verifica analoga situazione di distacco soggettivo del godimento
dell’immobile dal diritto di proprietà: saranno quindi a carico del titolare del diritto
di godimento tutte le spese per le riparazioni ordinarie dipendenti da deterioramenti
prodotti dall’uso e non invece da vetustà e caso fortuito (v. articoli 1575, n. 2), 1576,
1609 c.c.) che dovranno essere poste a carico del proprietario unitamente alle spese di
carattere straordinario inerenti alla proprietà o alla sua conservazione».
Il Tribunale di Mantova ha rilevato un’analogia tra la situazione derivante dal
provvedimento di assegnazione della casa coniugale al coniuge non proprietario e
il rapporto di locazione e ha conseguentemente risolto il problema della ripartizione
delle spese applicando al primo caso citato le norme dedicate al contratto di locazione.
Sebbene la sentenza si riferisse a spese relative a riparazioni interne all’appartamento,
questa soluzione interpretativa può bene essere seguita ed applicata anche nel caso in
cui si tratti di spese condominiali, atteso che anche tra queste si distingue tra spese
ordinarie e straordinarie, di manutenzione e di conservazione.
Alla luce di quanto esposto è possibile concludere che l’amministratore di un
condominio, al fine di ripartire gli oneri condominiali tra il proprietario di un’unità
immobiliare (spogliato del godimento della stessa) e il suo ex coniuge assegnatario della
(15) Sentenza 229/2007.
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Parte Prima: L’amministrazione condominiale: compiti e poteri dell’amministratore
casa familiare, può e deve applicare analogicamente le norme dettate in tema di
locazione. Quanto alle imposte è stato chiarito che il pagamento dell’IMU rimane sempre
a carico del proprietario dell’immobile, ovvero del titolare di altro diritto reale. Pertanto, l’assegnatario della casa coniugale che non sia titolare di diritti reali sull’abitazione
familiare, non può essere considerato soggetto passivo di imposta per il pagamento del
summenzionato tributo (16).
La riforma del condominio (L. 220/2012), nel modificare l’articolo 67 disp. att. c.c.,
ha chiarito anche la posizione dell’usufruttuario in merito al pagamento delle spese condominiali. La norma in esame, infatti, dopo aver chiarito che l’usufruttuario
esercita il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione ed al
semplice godimento delle cose e dei servizi comuni (nelle altre deliberazioni, invece, il
diritto di voto spetta al nudo proprietario) prevede espressamente una responsabilità
solidale del nudo proprietario e dell’usufruttuario per il pagamento dei contributi
dovuti all’amministrazione condominiale.
Tale nuova disciplina prevista dall’articolo 67 disp. att. c.c., inoltre, nel disporre la
solidarietà tra usufruttuario e nudo proprietario, non distingue tra spese ordinarie (che
a norma dell’articolo 1004 c.c. competono all’usufruttuario) e spese straordinarie (che a
norma dell’articolo 1005 c.c. spettano al nudo proprietario). Ciò significa che la ripartizione (tra usufruttuario e nudo proprietario) degli oneri condominiali, a seconda
della natura ordinaria o straordinaria della spesa relativa, è lasciata alla disciplina dei
loro rapporti interni, ben potendo il condominio pretendere l’intero importo dovuto
sia dall’usufruttuario sia dal nudo proprietario.
9. La prescrizione in cinque anni degli oneri accessori dovuti dall’inquilino
Uno dei problemi inerenti le spese condominiali riguarda i termini di prescrizione.
Infatti, il termine per esercitare il diritto di riscossione del condominio nei confronti
del proprietario è, secondo unanime dottrina e giurisprudenza, di cinque anni. Diverso e più breve era, invece, il termine concesso al proprietario per la riscossione degli
oneri condominiali nei confronti del suo inquilino. Infatti, detto termine era di soli due
anni. Vi è chi aveva sostenuto, invero, che anche qui si applichi l’articolo 2948, n. 3)
del codice civile il quale dispone: «si prescrivono in cinque anni […] 3) le pigioni delle
case e ogni altro corrispettivo delle locazioni». Mentre altri sostenevano l’applicazione
del termine più breve dei due anni in conformità di quanto disposto dall’articolo 6
della L. 841/1973 che stabiliva che il diritto al rimborso delle spese sostenute dal
locatore per la fornitura dei servizi a carico, per contratto, del conduttore si prescrive
nel termine dei due anni.
La Corte di Cassazione (17) ebbe a precisare che nei contratti di locazione di immobili urbani il diritto del locatore al soddisfo di quanto pagato per oneri condominiali
posti a carico del conduttore per contratto si prescrive, appunto, nel termine di due
anni previsto dalla L. 841/1973 all’articolo 6.
Il legislatore ha posto rimedio al problema abrogando, con il D.L. 112/2008 convertito
in L. 133/2008, la L. 841/1973, riportando così il termine a cinque anni.
(16) Cass. 18476/2005.
(17) Cass. 1953/2003.