IL SETTECENTO CIRCOLAZIONE DI NUOVE IDEE Nuove idee circolano per l’Europa Alla fine del Seicento il quadro della cultura filosofica e scientifica era profondamente mutato rispetto all’inizio del secolo. Innanzitutto, grazie all’opera di Galileo Galilei, di Francesco Bacone e di Isaac Newton si affermò la scienza quale noi la conosciamo oggi, come tipo di sapere conosciuto in tutto il mondo e con caratteristiche dappertutto identiche; si diffuse inoltre la convinzione che il sapere scientifico non fosse solo teorico, ma intervenisse sulla realtà, fosse cioè anche utile. RAZIONALISMO Razionalismo: introdotto da Cartesio, che si proponeva di fondare ogni settore dello scibile umano esclusivamente sulla base di una ragione e una razionalità di tipo matematico e geometrico. Nessun settore dell’esperienza umana sfugge al vaglio critico della ragione, come strumento superiore di verifica intellettuale e principio di azione. LA SITUAZIONE ITALIANA Tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, l’Italia rimase ai margini di questi fenomeni, ma non ne fu affatto esclusa. Le nuove idee, anzi, vi trovarono terreno fertile, anche se limitato: la loro penetrazione fu favorita da due elementi: 1. il permanere, sia pure in settori ristretti, della scuola e dell’esperienza scientifica galileiana 2. l’ancoraggio degli italiani a una tradizione culturale che, a eccezione del periodo barocco più oltranzista, era comunque solidamente fondata sui caratteri di un classicismo razionale. Basti ricordare gli esempi di Dante – il cui viaggio, almeno fino al paradiso terrestre avviene sotto la guida di Virgilio-ragione – e di Machiavelli, uno dei padri fondatori del razionalismo, in politica e in morale. PRIMO ’700. UNA NUOVA CULTURA LETTERARIA La cultura italiana doveva rinnegare il Barocco. Gli intellettuali italiani favorirono la diffusione anche nel nostro paese di una nuova sensibilità culturale, che partecipava del movimento europeo delle idee. In un primo tempo essa si manifestò quasi esclusivamente in poesia, con l’Arcadia; in seguito, si allargò alla sfera culturale in generale, facendosi promotrice di un vero e proprio rinnovamento in ambito filosofico, politico, civile e religioso. Le parole d’ordine furono quelle del secolo in Europa: razionalità, chiarezza, distinzione, controllo delle passioni, moralità, utilità. PRIMO SETTECENTO: GENERI LETTERARI PROSA • Trattatistica di argomento storico-giuridico (Ludovico Muratori, Pietro Giannone, Giambattista Vico) POESIA • Lirica dell’Arcadia (Pietro Metastasio, Giambattista Felice Zappi, Gianvincenzo Gravina) MELODRAMMA • Librettistica d’opera (Pietro Metastasio) COSA PROPONE L’ARCADIA? L’Arcadia propose una vera e propria riforma della poesia, in reazione alla dominante e declinante poesia barocca, estenuatasi nei sofismi, nella meraviglia sempre più spinta, nei concetti sempre più arditi e ormai al limite dell’incomprensibilità. Il travestimento pastorale costituì certamente un’evasione antistorica dai tumulti della vita e del mondo, ma non va dimenticato che l’ambientazione nella natura favoriva il ritorno al classicismo, al razionalismo, alla spontaneità, alla chiarezza, alla semplicità, tanto dal punto di vista dei contenuti quanto dal punto di vista della lingua e dello stile. L’ESPERIMENTO POETICO DELL’ARCADIA L’Arcadia: poesia come «sogno fatto in presenza della ragione» Queste nuove idee generarono una letteratura razionale e misurata, che recuperava la grande tradizione classica e rifiutava le esagerazioni formali e contenutistiche, gli abusi di metafore e di figure retoriche in generale, i concettismi tipici del Barocco. Stabilirne la data di partenza è piuttosto facile: essa va senz’altro riconosciuta nel 1690, quando a Roma venne fondata l’Accademia dell’Arcadia. Possiamo tuttavia collocare la fine dell’età della ragione nel penultimo decennio del Settecento, periodo in cui Alfieri compose le sue ultime tragedie (1786) e Goldoni pubblicò le Memorie (1787). Di lì a poco sarebbe arrivata la Rivoluzione francese a sancire definitivamente e sanguinosamente la fine di un’epoca. ILLUMINISMO PER UNA DEFINIZIONE Illuminismo: un movimento culturale che conobbe la sua fase più intensa tra il 1740 e il 1770 circa. Obiettivo degli illuministi fu, come dice la parola stessa, quello di rischiarare, grazie al lume della ragione, le tenebre in cui si trovavano gli uomini, dovute all’ignoranza, alla, superstizione e alla povertà. Rivoluzione francese; essa, infatti, fu il prodotto culturale, sociale e storico dell’Illuminismo, ma ne segnò anche i limiti, con le stragi e le guerre che ne seguirono: il lume della ragione non era riuscito a rischiarare gli eccessi cui può condurre la ragione stessa. L’IMMAGINE DELLA “LUCE” Il termine illuminismo deriva da “luce”. Esso vuole appunto significare una luce che caccia le tenebre dell’ignoranza e del pregiudizio. Nei vari contesti sociali vengono impiegate forme simili: Illuminismo Enlightment Age des lumières Aufklärung «STATO DI MINORITÀ» Kant nel 1783: «L’illuminismo è l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso», perché questo stato di minorità dipende dall’«incapacità di servirsi del proprio intelletto [della propria ragione] senza la guida di un altro». Il progetto culturale degli illuministi fu dunque la sottomissione di ogni attività umana al controllo della ragione e la spiegazione di ogni fenomeno su basi esclusivamente razionali. L’EVOLUZIONE DELL’UMANITÀ Kant paragona la traiettoria storica che conduce all’Illuminismo alle tappe evolutive di un individuo dall’infanzia all’età adulta. L’umanità è dapprima come un bambino, che ha bisogno di padre e madre, poiché non ha autonomia di pensiero e non sceglie da solo. Ma diventando adulto può prescindere da questo legame e vivere autonomamente. È l’uscita da uno stato di minorità. Tutta la storia fino all’epoca dei Lumi corrisponderebbe dunque alla grande infanzia e adolescenza dell’umanità. SPIRITO CRITICO • Una frase dell’illuminista milanese Pietro Verri (1728-1797) sintetizza bene l’atteggiamento più diffuso: «Al giorno d’oggi filosofo è colui che fa precedere l’esame all’opinione, che pesa gli oggetti indipendentemente dal sentimento altrui». • Cesare Beccaria, nell’introduzione al trattato Dei delitti e delle pene (1764), riesamina criticamente, alla luce della ragione, oltre mille anni di legislazione; e se ne sbarazza in poche righe, scrivendo che quelle leggi sono solo «alcuni avanzi [...] di un antico popolo conquistatore», «uno scolo de’ secoli i più barbari». La ragione impone ben altre leggi, come l’abolizione della tortura e della pena di morte. IL VALORE DELLA LIBERTÀ La cultura illuminista sostanzialmente è definita dai diritti di libertà; essa parte dalla libertà come un valore fondamentale che misura tutto. La cultura illuminista parte dalla libertà come un valore fondamentale che misura tutto: la libertà della scelta religiosa, che include la neutralità religiosa dello Stato; la libertà di esprimere la propria opinione, a condizione che non metta in dubbio proprio questo canone; l’ordinamento democratico dello Stato; la tutela dei diritti dell’uomo e il divieto di discriminazione. PUNTI SULL’ILLUMINISMO - 1 1. Il fenomeno più rilevante del Settecento fu l’Illuminismo, movimento culturale nato in Francia intorno a un gruppo di intellettuali e letterati, i philosophes. Alla base del loro pensiero era la convinzione che l’osservazione diretta dei fatti e la capacità critica della ragione di rielaborarli fossero gli strumenti fondamentali di indagine della realtà. philosophes, cioè “filosofi”: tra loro ricordiamo Voltaire (pseudonimo di François-Marie Arouet, 1694-1778), Denis Diderot (17131784), Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert (1717-1783), Paul Henri Thiry barone d’Holbach (1723-1789), infine Jean-Jacques Rousseau (1712-1778). 2. Gli illuministi applicarono lo spirito critico in ogni ambito conoscitivo, sicuri della fiducia nell’uso della ragione. PUNTI SULL’ILLUMINISMO - 2 3. La riflessione filosofica portò a elaborare le dottrine del sensismo, del meccanicismo e dell’utilitarismo. Il sensismo in particolare attribuiva ai cinque sensi la facoltà di determinare il pensiero e le idee; il meccanicismo teorizzava che la natura operasse come una macchina automatica, senza finalità, mentre l’utilitarismo riteneva un’azione giusta soltanto se utile. 4. Opera esemplare della cultura illuminista è l’Encyclopédie (pubblicata tra il 1751 e il 1772), progettata e diretta da Denis Diderot: il sapere venne organizzato in modo diverso rispetto ai repertori precedenti, dando particolare rilevanza alla scienza e alla tecnica. 5. In Italia i principi dell’Illuminismo vennero accolti ma applicati in modo meno radicale ed estremista: gli illuministi italiani, per esempio, evitarono uno scontro diretto con la Chiesa. ILLUMINISMO IN ITALIA - 1 In Italia l’Illuminismo venne accolto con grande favore e fervore, specialmente in Lombardia e in Toscana – dove i governi favorivano una politica di riforme –, e a Napoli, città in cui le nuove idee si innestarono sulla tradizione vichiana. La rivista “Il caffè” e soprattutto il trattato di Cesare Beccaria (1738-1794) Dei delitti e delle pene (1764) furono i contributi principali dell’Illuminismo italiano alla cultura europea. ILLUMINISMO IN ITALIA - 2 Un Illuminismo moderato: il caso italiano La prima edizione completa dell’Encyclopédie non fu stampata in Francia, bensì in Italia, anche se in lingua francese: uscì infatti a Lucca tra il 1758 e il 1771 (28 volumi) e subito dopo a Livorno, con il sostegno economico del granduca Leopoldo I, tra il 1769 e il 1779 (trentanove volumi). Ciò significa che il clima culturale italiano era pronto a recepire le idee illuministiche L’UTILITÀ DEL SAPERE E L’IMPEGNO DEGLI INTELLETTUALI • La cultura settecentesca, in piena opposizione al Barocco, sostenne il principio secondo cui le opere letterarie dovevano essere utili alla società. Questa istanza venne seguita anche in poesia: secondo l’antico precetto oraziano, le opere poetiche dovevano unire l’utile e il diletto. • Nella generale fioritura di gazzette e riviste letterarie, si segnala la pubblicazione del “Caffè”, rivista nata intorno a un gruppo di intellettuali milanesi con l’obiettivo di proporre temi di grande utilità, in ambito politico ed economico, in una lingua antipedantesca, capace di attirare un maggior numero di persone. MURATORI E LA «REPUBBLICA DEI LETTERATI D’ITALIA» Grazie alle centinaia di colonie “dedotte” in ogni città italiana, l’Arcadia diede vita a una vera e propria “Repubblica delle lettere” che superava i confini locali, all’insegna di una comune concezione di poesia e di cultura. In Italia, come anche in Europa, gli uomini di cultura, i letterati – quelli che oggi definiremmo gli “intellettuali” – si sentivano parte di una comunità scientifica che travalicava i confini nazionali e politici, annullando le differenze di lingua, cultura e religione. I primi disegni della repubblica letteraria d’Italia (1703) affrontano il tema della riforma della cultura italiana in un’ottica improntata all’utilità e alla moralità. I PERIODICI IL CAFFÈ, GIORNALE MILANESE STAMPATO A BRESCIA Il Caffè: Giornale fondato nel 1764 da Pietro Verri, una delle più significative espressioni dell’Illuminismo italiano. Si stampava a Brescia, in territorio veneto, per sfuggire alla censura austriaca. Si propose di scuotere tradizioni e pregiudizi sociali, letterari, scientifici, trattando argomenti di economia, agronomia, storia naturale, medicina ecc. Nella lingua gli scrittori si permisero grande libertà, curandosi solo del vigore del pensiero; anche per questo Il C. fu avversato da Baretti e da altri, mentre riscosse favore in Europa. Cessò nel maggio 1766, per il dissidio fra Verri e Cesare Beccaria. P. V ERRI , «SAPERE È RAGIONARE» Link http://online.scuola.zanichelli.it/testiescenari/files/2011/03/commento_sape re.pdf C. B ECCARIA , DEI DELITTI E DELLE PENE (1763-1764) C. B ECCARIA , DEI DELITTI E DELLE PENE Il trattato Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria, nonno materno di Manzoni, è un testo che ha una diffusione europea molto ampia. Pubblicato nel 1764, fu tradotto in francese (1766), in spagnolo (1774), in tedesco (1796) e in russo (1803). BECCARIA INTELLETTUALE EUROPEO In particolare, è importante ricordare che già nel 1767 l’imperatrice Caterina II aveva invitato in Russia Cesare Beccaria (invito poi declinato dall’interessato) e che quando la grande zarina volle sostituire il codice russo del 1649 con un nuovo codice adeguato alle idee progressiste del tempo e pubblicato nel 1768 su quattro colonne in quattro lingue (russo, latino, tedesco e francese), esplicita fu l’ispirazione al trattato Dei delitti e delle pene. RIFORMA DEL DIRITTO PENALE Beccaria propone una riforma del diritto penale basata più sull’utilità che da essa sarebbe derivata alla società che su considerazioni di ordine morale o umanitario: la pena di morte, insomma, era da abolire non tanto perché ingiusta, quanto perché inutile. Questa inutile prodigalità di supplicii, che non ha reso migliori gli uomini, mi ha spinto a esaminare se la morte sia veramente utile e giusta in un governo bene organizzato. Qual può essere il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili? Non certamente quello da cui risulta la sovranità e le leggi. DEI DELITTI E DELLE PENE L’opera poneva la questione fondamentale del fine della pena: Dalla semplice considerazione delle verità fin qui esposte egli è evidente che il fine delle pene non è tormentare ed affliggere un essere sensibile, né di disfare un delitto già commesso. (…) Il fine è dunque non è altro che impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali. La pena non deve riprodurre il male generato dal delitto stesso, al contrario di quello che invece avviene con la tortura e con l’esecuzione capitale. L’uso della pena di morte è una soluzione contraddittoria, poiché presuppone che sia lecito allo Stato quanto è illecito al singolo.