XIV domenica del tempo ordinario
7 luglio 2002
Prima lettura
Dal libro del profeta Zaccaria
(Zc 9,9-10)
Così dice il Signore: 9«Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di
Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un
asino, un puledro figlio d’asina. 10Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da
Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti, il suo
dominio sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra». Parola di Dio.
Dal Salmo 144
Rit. Benedetto sei tu, Signore, umile re di gloria.
O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome
in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome.
Paziente e misericordioso è il Signore,
lento all’ira e ricco di grazia.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande
su tutte le creature.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.
Il tuo regno è regno di tutti i secoli,
il tuo dominio si estende
ad ogni generazione.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.
Seconda lettura
Dalla lettera di Paolo apostolo ai romani
(Rm 8,9.11-13)
Fratelli, 9voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal
momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo,
non gli appartiene. 11E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in
voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali
per mezzo del suo Spirito che abita in voi. 12Così dunque fratelli, noi siamo debitori,
ma non verso la carne per vivere secondo la carne; 13poiché se vivete secondo la carne,
voi morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo,
vivrete. Parola di Dio.
Alleluia, alleluia. (cf. Mt 11,25)
Benedetto sei tu, Padre, Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del regno dei cieli.
Dal Vangelo secondo Matteo
(Mt 11,25-30)
In quel tempoA, Gesù disse: 25«Ti benedicoB, o Padre, Signore del cielo e della terra,
perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai
piccoli. 26Sì, o Padre, perché così è piaciutoC a te. 27Tutto mi è stato datoD dal Padre
mio; nessuno conosceE il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il
Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. 28VeniteF a me, voi tutti, che siete
affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. 29Prendete il mio giogoG sopra di voi e imparate
da me, che sono mite e umile di cuoreH, e troverete ristoro per le vostre anime. 30Il mio
giogo infatti è dolce e il mio carico leggero». Parola del Signore.
Note del testo
Tutta la vita di Gesù mostra che la rivelazione del Padre segue schemi inattesi,
capovolti rispetto al sentire comune. Scribi e farisei la rifiutano e la povera gente,
invece, l’accoglie. Nei centri importanti, come Corazin, Betsaida e Cafarnao, città con
sinagoghe, maestri e tradizioni, Gesù è rifiutato. I poveri contadini invece, gente
semplice, lo accolgono. I criteri di Dio non sono quelli degli uomini. Il Padre non ha
dimenticato i semplici, i piccoli, ma al contrario li ha preferiti ai sapienti e agli
intelligenti. Questo diverso atteggiamento degli uni e degli altri è frutto di un’azione
divina che agli uni nasconde e agli altri manifesta i segreti del Regno.
Il testo evangelico è preparato dal brano profetico di Zaccaria che annunzia la venuta
del Messia portatore di pace al suo popolo. L’autore invita la comunità religiosa ad
esultare e gioire per la venuta del suo re. Il re è chiamato “giusto” nel senso che rivela
e attua la giustizia di Dio: nella tradizione biblica Dio è giusto perché libera il suo
popolo in forza della fedeltà al suo impegno. È chiamato “vittorioso” nel senso che la
sua azione sarà efficace. Ma subito si precisa che si tratta di un re “umile”. Egli entra
a Gerusalemme come gli antichi patriarchi a dorso di un asino. Il suo ruolo e la sua
azione sono quelli di un re di pace, che fa sparire gli strumenti della guerra. La
tradizione evangelica riprende il testo del profeta Zaccaria per interpretare l’ingresso
messianico di Gesù a Gerusalemme prima della sua passione e morte. Delle tre
qualifiche del re messia Matteo ne conserva una sola: mite.
(A): Bisogna mettere in risalto quello che viene prima di questo testo, cioè il fatto che
le città del lago (Corazin, Betsaida e Cafarnao) non hanno creduto. Qui il testo dice
che proprio in quell’occasione Gesù pronuncia questi versetti, forse i più famosi di
Matteo.
(B): Gesù si compiace con il Padre. La nostra traduzione dice: ‘ti benedico’; qualcuno
traduce con: ‘riconosco a te’; qualcun altro con ‘mi compiaccio’. Pare che ci sia
qualcosa di più forte che non semplicemente la benedizione, seppure la benedizione
non sia semplicemente ciò che intendiamo noi. È una investitura che il Figlio esercita
nei confronti del Padre, una investitura in virtù della quale ci è detto che per ciò che il
Padre ha operato è proprio il Padre. È il suo modo di presentarsi, è il modo in cui
Gesù riconosce il Padre, quello per il quale il Padre ha rivelato le cose non ai sapienti
e ai saggi, ma le ha rivelate ai semplici, ai piccoli. È il modo di essere di Dio, questo.
E se è il modo di essere del Padre, è anche il modo di essere del Figlio. Questo il
Figlio lo può dire perché è il piccolo, perché è il semplice. Su questo versetto si può
giocare anche la fede della nostra Chiesa. Quanto più sappiamo riconoscere l’agire di
Dio nella condizione dei piccoli, nella condizione dei semplici, tanto più la nostra
fede nel Padre assume i contorni dell’abbandono del Figlio nel Padre stesso. Cioè, il
riconoscimento dell’azione di Dio nel cuore dei semplici, nella vita dei piccoli non è
tanto un’azione di ordine sociologico, quanto piuttosto l’esercizio della nostra fede in
Dio, il riconoscere come Gesù fa, come il Padre si manifesta. E se anche non si vuole
riconoscere ai poveri questa rivelazione, ma si intendono i piccoli come gli apostoli, a
maggior ragione. Cioè, tutti coloro che vivono la condizione di piccolezza sono
chiamati ad essere partecipi della Chiesa, di quella Chiesa apostolica, che è apostolica,
quindi piccola, apostolica, quindi semplice. I piccoli, i semplici sono necessari alla
fede perché Gesù sia necessario alla fede nel Padre. Dobbiamo essere attenti a ogni
riconoscimento o compiacimento dei piccoli nei confronti del Padre, soprattutto
quando possiamo riconoscere in loro la rivelazione del mistero.
(C): Questa rivelazione fatta ai piccoli è una cosa gradita, è qualcosa che è gradito
davanti a Dio. E fa pensare all’offerta. La rivelazione non è solo qualcosa di
intellettuale, ma è un sacrificio gradito a Dio; è questo stare davanti a Lui così come il
Cristo sta davanti al Padre, proprio perché il Padre ha rivelato queste cose non ai
sapienti e agli intelligenti, ma ai piccoli, cioè al Cristo. Questo è il culto gradito a Dio,
ciò che è degno di stare davanti a Lui: Gesù. Gesù è colui che è degno di stare davanti
a Dio.
(D): C’è questa duplice dimensione: da un parte tutto gli è stato dato e dall’altra
questa dimensione non è propriamente rassicurante. A Gesù è stato dato tutto, ma gli è
stato dato tutto da Colui che dà tutto. Cioè, quando crediamo in una persona che è
capace di dare tutto, non è poca cosa. C’è un rapporto con il Padre che lo fa chiamare
‘mio Padre’, ma ciò che ci dice di questo Padre è che è capace di dare tutto; e quando
il tutto che viene dato sei tu, la cosa diventa un po’ complicata. ‘Tutto a me fu dato’. Il
Padre si presenta come Colui che sa dare tutto. E quando il tutto che il Padre dà sei tu,
credo che si debba vivere di questo mistero.
(E): Il concetto biblico di conoscenza non è solo intellettuale, ma vitale: include
esperienza, obbedienza, amore. Conoscere è un rapporto vitale e circolare tra persone.
La conoscenza tra il Padre e il Figlio è reciproca ed esclusiva (‘nessuno’), ma non è un
cerchio chiuso, bensì un dialogo aperto: ‘e a chi lo voglia rivelare’. L’uomo può
essere immesso in questo dialogo, ma come puro dono. E solo Gesù può immetterci.
Per il potere ricevuto (tutto mi è stato dato) e per la conoscenza del Padre che
possiede (nessuno conosce il Padre se non il Figlio), Gesù è il rivelatore unico, vero,
diverso da tutti gli altri maestri, diverso in modo particolare da tutti quei saggi e
sapienti che lo rifiutano. Egli parla non per sentito dire, ma per esperienza: mostra il
mistero di Dio che conosce profondamente.
(F): Il verbo ‘venire’ è caratteristico del vocabolario di Matteo. È un verbo di sequela
ed esprime un invito pressante e gioioso. Nel nostro contesto contiene anche un invito
a rompere con tutti gli altri maestri per affidarsi al solo, vero Maestro. Con il suo
appello Gesù assume l’atteggiamento e il tono di un Maestro di sapienza, come prova
lo sfondo anticotestamentario: mentre, però, gli antichi saggi invitavano a seguire la
sapienza e i rabbini a seguire la legge, Gesù invita ad affidarsi alla sua Persona.
(G): Gesù dice: ‘il mio giogo’. I rabbini parlavano del giogo del regno dei cieli, del
giogo della legge, del giogo dei comandamenti. Gesù dice semplicemente: il mio
giogo. Prendere il giogo di Gesù non significa prendere su di sé una serie di precetti,
ma attaccarsi alla sua persona. Prendere il giogo equivale a seguirlo. Non un cumulo
di precetti, ma l’amore a Lui.
(H): C’è una attività, da parte di Gesù, che è quella di insegnare agli affaticati e ai
gravati la mitezza e l’umiltà. È una duplice dimensione: ‘A me venite voi tutti che
siete affaticati e gravati. Da me imparate la mitezza e l’umiltà del cuore’.
All’affaticamento, alla stanchezza vanno legate strettamente la mitezza e l’umiltà.
Quando impareremo che il servizio è fare incontrare la stanchezza e l’affaticamento
della povera gente con la mitezza e l’umiltà di Gesù? Questo è il compimento del
servizio, di ogni servizio.
Prefazio suggerito: “Egli è la tua parola vivente, per mezzo di lui hai creato tutte le
cose, e lo hai mandato a noi salvatore e redentore, fatto uomo per opera dello Spirito
Santo e nato dalla Vergine Maria. Per compiere la tua volontà e acquistarti un popolo
santo, egli stese le braccia sulla croce, morendo distrusse la morte e proclamò la
risurrezione” (Prefazio VI dai Comuni).
Padri della Chiesa
... Conoscere Dio è diverso da credere in lui... Chi si mescola o si unisce a qualcosa
conosce questo qualcosa con cui si mescola o stabilisce una comunione, mentre
prima di tale unione o comunione, per quanto ne comprenda le ragioni, non lo
conosce veramente. E pertanto, quando Adamo parlando di Eva dice : ‘Questo è osso
delle mie ossa e carne della mia carne’, egli non conosce ancora sua moglie. Infatti,
quando si congiunse con lei, allora, è detto Adamo conobbe Eva, sua moglie (Gn 4.1).
Se qualcuno però si scandalizzasse che abbiamo applicato alla conoscenza di Dio il
paragone proveniente dalle parole ‘Adamo conobbe Eva, sua moglie’, allora in primo
luogo tenga presente quel passo di Paolo che dice: Questo mistero è grande... (Ef
5.32) (..) Chi non ha affatto conosciuto il Padre non ha conosciuto il Figlio; infatti, il
Figlio ha conosciuto il Padre e il servitore il signore. E se non è un’empietà dire che il
Figlio non conosce il signore (essendo Figlio non ha sperimentato infatti il Padre
come signore), così non sarà un’assurdità dire, a proposito del medesimo Dio, che al
Figlio si addiceva conoscerlo come Padre, e al servitore come signore; il servitore non
conobbe il Padre, né il Figlio il signore. Ora, in nessuna delle infinite preghiere sparse
non soltanto nei Salmi, ma anche nei profeti e nei libri della legge, si trova mai
l’appellativo di ‘Padre’ rivolto da qualcuno a Dio nella preghiera, forse perché il
Padre non lo conobbero. Lo pregano come Dio, come Signore, in attesa di colui che
effonde lo Spirito dei figli adottivi (Origene, Comm. A Gv 19.21-23, 27-28).
‘Venite’, non perché io voglia chiedervi conto delle vostre colpe, ma per perdonarle.
‘Venite’, non perché io abbia bisogno delle vostre lodi, ma perché ho un’ardente sete
della vostra salvezza. ‘Io – infatti egli dice – vi darò sollievo’. Non dice
semplicemente: io vi salverò, ma ciò che è molto di più: vi porrò in assoluta sicurezza,
perché questo è il senso delle parole ‘vi darò sollievo’. (...) Non vi spaventate dunque
quando sentite parlare di giogo, perché esso è soave; non abbiate timore quando udite
parlare di peso, perché esso è leggero. Ma perché allora -voi direte- ha parlato
precedentemente della porta stretta e della via angusta? Pare così quando siamo pigri e
spiritualmente abbattuti. Ma se tu metti in pratica e adempi le parole del Cristo, il
peso sarà leggero. È in questo senso che così lo definisce. Ma come si può adempiere
ciò che Gesù dice? Puoi far questo se tu diventi umile, mite e modesto (G.
Crisostomo, Comm. a Matteo 38. 2s).
Chi sono questi piccoli? Gli umili Su chi -è detto- riposerà il mio spirito? Sull’umile
e quieto e che teme le mie parole (Is 66.2). Queste parole le temette Pietro, non
Platone. Possiederà il pescatore ciò che perse il famosissimo pensatore. Hai nascosto
queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Le hai nascoste ai
superbi e le hai rivelate agli umili. Che cosa siamo, dunque, per grandi che siamo? Se
saremo umili, se avremo meritato di essere annoverati tra i piccoli, meriteremo la
felicità di contemplare Dio in tutta la sua bellezza. (...) Cerchiamo dunque di essere
piccoli; richiediamolo e impariamolo dal nostro grande maestro. Pur essendo una
nullità, non sarai piccolo, dal momento che per te è diventato piccolo Colui che è
tanto grande? Il Padre dunque fa conoscere il Figlio a coloro che vuole e il Figlio fa
conoscere il Padre a coloro che vuole. (...) Ma a chi, se non ai piccoli? (Agostino,
Discorsi 68.7-9).
Cristo chiama a sé quelli che sono affaticati per le difficoltà della Legge e oppressi
dai peccati del mondo. Promette di togliere loro la fatica e il peso, solo che si
prendano su di sé il suo giogo, cioè che accolgano le prescrizioni dei suoi
comandamenti. Andando a lui per il mistero della croce, poiché è umile e mite di
cuore, troveranno ristoro per le loro anime. Egli offre la soavità di un giogo dolce e di
un carico leggero, per dare ai credenti la scienza del bene che lui solo conosce nel
Padre. E cosa è più dolce del suo giogo e più leggero del suo carico, che consiste nel
diventare degni di approvazione, nell’astenersi dal male, nel volere il bene, nel
rifiutare il male, nell’amare tutti gli uomini, nel non odiare nessuno, nel conseguire
l’eternità, nel non lasciarsi prendere dal tempo presente, nel non voler recare a
nessuno il danno che non si vorrebbe ricevere? (Ilario, Comm. a Mt 11.13).
Altri autori cristiani
L’incontro con i poveri pone la chiesa di fronte al mistero del Regno di Dio, chiama la
chiesa ad annunciare il Regno di Dio, a dare la buona notizia che Dio regna. Se Dio
regna, il suo giudizio è posto nei confronti dei potenti e dei violenti, nei confronti di
coloro che sono solidali con la logica della violenza e del potere. Al tempo stesso, è
annunciata la sua vicinanza con i poveri, a cui appartiene il Regno, non perché sono
migliori degli altri, ma perché Dio ha scelto così, volendo confondere ‘i sapienti e gli
intelligenti’. L’annuncio di Gesù ‘beati voi poveri, perché vostro è il Regno di Dio’,
svela la falsità della vittoria storica dei potenti e apre il tempo della gioia per i piccoli
della terra. La chiesa non si può sottrarre all’annuncio del vangelo, perché così
mostrerebbe la sua appartenenza alla mondanità, che ha la sua legge nella violenza dei
potenti. Il mistero dei poveri rimanda al mistero di Dio. Chi ogni giorno condivide la
sorte dei poveri, è compagno nella loro vita e nella loro pena e conosce il dolore
spesso senza limiti della loro storia e la sofferenza spesso assurda e irragionevole
della loro vicenda, sente su di sé fino in fondo la domanda su Dio. Molte volte si ha la
netta impressione che Dio si sia dimenticato di questi fratelli, tanto è grande l’abisso
di solitudine, di violenza, di non senso che attraversa la loro esperienza umana,
segnata da un cielo che appare irrimediabilmente chiuso. (...) Mentre Gesù ha
guardato alla sofferenza degli altri e per liberarli dalla sofferenza li ha liberati dal
peccato, spesso la chiesa ha dimenticato la sofferenza dei poveri e si è fermata al
peccato. Se la chiesa per seguire i suoi principi e le sue prescrizioni perde questo
sguardo di Gesù sui sofferenti, non riconosce nei poveri l’unica autorità nella quale si
manifesta l’autorità di Dio, essa perde Dio: il Dio di Gesù Cristo, il Dio dei poveri e
degli umiliati, il Dio che si lascia provocare dal grido di domanda, anche la più
estrema, che sale dalle vite degli abbandonati della terra. E se la chiesa perdendo i
poveri perde Dio, perde anche la sua vocazione, il senso della sua esistenza davanti al
Signore e viene meno alla sua efficacia secondo il Vangelo, anche se è cercata e
apprezzata dai potenti della terra (M. Toschi, I poveri: giudizio di Dio sulla Chiesa in
Missione Oggi 1/99 pp. 29-30).
La Chiesa deve vivere nella sua umiliazione, nella povertà, nella sua persecuzione, la
preghiera che ottiene ogni volta la salvezza del mondo... Nell’atto stesso in cui la
Chiesa viene tagliata fuori dalla storia e dagli uomini, essa realizza non soltanto la sua
salvezza, ma la salvezza del mondo che l’ha conculcata e uccisa (D. Barsotti, Nello
Spirito Santo pp. 13-5).... Conoscere Dio è diverso da credere in lui... Chi si mescola
o si unisce a qualcosa conosce questo qualcosa con cui si mescola o stabilisce una
comunione, mentre prima di tale unione o comunione, per quanto ne comprenda le
ragioni, non lo conosce veramente. E pertanto, quando Adamo parlando di Eva dice :
‘Questo è osso delle mie ossa e carne della mia carne’, egli non conosce ancora sua
moglie. Infatti, quando si congiunse con lei, allora, è detto Adamo conobbe Eva, sua
moglie (Gn 4.1). Se qualcuno però si scandalizzasse che abbiamo applicato alla
conoscenza di Dio il paragone proveniente dalle parole ‘Adamo conobbe Eva, sua
moglie’, allora in primo luogo tenga presente quel passo di Paolo che dice: Questo
mistero è grande... (Ef 5.32) (..) Chi non ha affatto conosciuto il Padre non ha
conosciuto il Figlio; infatti, il Figlio ha conosciuto il Padre e il servitore il signore. E
se non è un’empietà dire che il Figlio non conosce il signore (essendo Figlio non ha
sperimentato infatti il Padre come signore), così non sarà un’assurdità dire, a
proposito del medesimo Dio, che al Figlio si addiceva conoscerlo come Padre, e al
servitore come signore; il servitore non conobbe il Padre, né il Figlio il signore. Ora,
in nessuna delle infinite preghiere sparse non soltanto nei Salmi, ma anche nei profeti
e nei libri della legge, si trova mai l’appellativo di ‘Padre’ rivolto da qualcuno a Dio
nella preghiera, forse perché il Padre non lo conobbero. Lo pregano come Dio, come
Signore, in attesa di colui che effonde lo Spirito dei figli adottivi (Origene, Comm. A
Gv 19.21-23, 27-28).
‘Venite’, non perché io voglia chiedervi conto delle vostre colpe, ma per perdonarle.
‘Venite’, non perché io abbia bisogno delle vostre lodi, ma perché ho un’ardente sete
della vostra salvezza. ‘Io – infatti egli dice – vi darò sollievo’. Non dice
semplicemente: io vi salverò, ma ciò che è molto di più: vi porrò in assoluta sicurezza,
perché questo è il senso delle parole ‘vi darò sollievo’. (...) Non vi spaventate dunque
quando sentite parlare di giogo, perché esso è soave; non abbiate timore quando udite
parlare di peso, perché esso è leggero. Ma perché allora -voi direte- ha parlato
precedentemente della porta stretta e della via angusta? Pare così quando siamo pigri e
spiritualmente abbattuti. Ma se tu metti in pratica e adempi le parole del Cristo, il
peso sarà leggero. È in questo senso che così lo definisce. Ma come si può adempiere
ciò che Gesù dice? Puoi far questo se tu diventi umile, mite e modesto (G.
Crisostomo, Comm. a Matteo 38. 2s).
Chi sono questi piccoli? Gli umili Su chi -è detto- riposerà il mio spirito? Sull’umile
e quieto e che teme le mie parole (Is 66.2). Queste parole le temette Pietro, non
Platone. Possiederà il pescatore ciò che perse il famosissimo pensatore. Hai nascosto
queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Le hai nascoste ai
superbi e le hai rivelate agli umili. Che cosa siamo, dunque, per grandi che siamo? Se
saremo umili, se avremo meritato di essere annoverati tra i piccoli, meriteremo la
felicità di contemplare Dio in tutta la sua bellezza. (...) Cerchiamo dunque di essere
piccoli; richiediamolo e impariamolo dal nostro grande maestro. Pur essendo una
nullità, non sarai piccolo, dal momento che per te è diventato piccolo Colui che è
tanto grande? Il Padre dunque fa conoscere il Figlio a coloro che vuole e il Figlio fa
conoscere il Padre a coloro che vuole. (...) Ma a chi, se non ai piccoli? (Agostino,
Discorsi 68.7-9).
Cristo chiama a sé quelli che sono affaticati per le difficoltà della Legge e oppressi
dai peccati del mondo. Promette di togliere loro la fatica e il peso, solo che si
prendano su di sé il suo giogo, cioè che accolgano le prescrizioni dei suoi
comandamenti. Andando a lui per il mistero della croce, poiché è umile e mite di
cuore, troveranno ristoro per le loro anime. Egli offre la soavità di un giogo dolce e di
un carico leggero, per dare ai credenti la scienza del bene che lui solo conosce nel
Padre. E cosa è più dolce del suo giogo e più leggero del suo carico, che consiste nel
diventare degni di approvazione, nell’astenersi dal male, nel volere il bene, nel
rifiutare il male, nell’amare tutti gli uomini, nel non odiare nessuno, nel conseguire
l’eternità, nel non lasciarsi prendere dal tempo presente, nel non voler recare a
nessuno il danno che non si vorrebbe ricevere? (Ilario, Comm. a Mt 11.13).
Passi paralleli
v.25 Sal 33,10: Il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei
popoli.
Is 29,14: Perciò, eccomi, continuerò a operare meraviglie e prodigi con questo
popolo; perirà la sapienza dei suoi sapienti e si eclisserà l’intelligenza dei suoi
intelligenti.
Dn 2,1-13.17-24.26-28: Nel secondo anno del suo regno, Nabucodònosor fece un
sogno e il suo animo ne fu tanto agitato da non poter più dormire. Allora il re ordinò
che fossero chiamati i maghi, gli astrologi, gli incantatori e i caldei a spiegargli i
sogni. Questi vennero e si presentarono al re. Egli disse loro: “Ho fatto un sogno e il
mio animo si è tormentato per trovarne la spiegazione”. I caldei risposero al re: “Re,
vivi per sempre. Racconta il sogno ai tuoi servi e noi te ne daremo la spiegazione”.
Rispose il re ai caldei: “Questa è la mia decisione: se voi non mi rivelate il sogno e la
sua spiegazione sarete fatti a pezzi e le vostre case saranno ridotte in letamai. Se
invece mi rivelerete il sogno e me ne darete la spiegazione, riceverete da me doni,
regali e grandi onori. Ditemi dunque il sogno e la sua spiegazione”. Essi replicarono:
“Esponga il re il sogno ai suoi servi e noi ne daremo la spiegazione”. Rispose il re:
“Comprendo bene che voi volete guadagnar tempo, perché avete inteso la mia
decisione.Se non mi dite qual era il mio sogno, una sola sarà la vostra sorte. Vi siete
messi d’accordo per darmi risposte astute e false in attesa che le circostanze si mutino.
Perciò ditemi il sogno e io saprò che voi siete in grado di darmene anche la
spiegazione”. I caldei risposero davanti al re: “Non c’è nessuno al mondo che possa
soddisfare la richiesa del re: difatti nessun re, per quanto potente e grande, ha mai
domandato una cosa simile ad un mago, indovino o caldeo. La richiesa del re è tanto
difficile, che nessuno ne può dare al re la risposta, se non gli dei la cui dimora è
lontano dagli uomini”.Allora il re, acceso di furore, ordinò che tutti i saggi di
Babilonia fossero messi a morte.Il decreto fu pubblicato e già i saggi venivano uccisi;
anche Daniele e i suoi compagni erano ricercati per essere messi a morte. Poi Daniele
andò a casa e narrò la cosa ai suoi compagni, Anania, Misaele e Azaria, ed essi
implorarono misericordia dal Dio del cielo riguardo a questo mistero, perché Daniele
e i suoi compagni non fossero messi a morte insieme con tutti gli altri saggi di
Babilonia.Allora il mistero fu svelato a Daniele in una visione notturna; perciò
Daniele benedisse il Dio del cielo:“Sia benedetto il nome di Dio di secolo in
secolo,perché a lui appartengono la sapienza e la potenza.Egli alterna tempi e stagioni,
depone i re e li innalza,concede la sapienza ai saggi, agli intelligenti il sapere. Svela
cose profonde e occulte e sa quel che è celato nelle tenebre e presso di lui è la luce.
Gloria e lode a te, Dio dei miei padri che mi hai concesso la sapienza e la forza, mi hai
manifestato ciò che ti abbiamo domandato e ci hai illustrato la richiesta del re”. Allora
Daniele si recò da Ariòch, al quale il re aveva affidato l’incarico di uccidere i saggi di
Babilonia, e presentatosi gli disse: “Non uccidere i saggi di Babilonia, ma conducimi
dal re e io gli farò conoscere la spiegazione del sogno”. Il re disse allora a Daniele,
chiamato Baltazzàr: “Puoi tu davvero rivelarmi il sogno che ho fatto e darmene la
spiegazione?”. Daniele, davanti al re, rispose: “Il mistero di cui il re chiede la
spiegazione non può essere spiegato né da saggi, né da astrologi, né da maghi, né da
indovini; ma c’è un Dio nel cielo che svela i misteri ed egli ha rivelato al re
Nabucodònosor quel che avverrà al finire dei giorni. Ecco dunque qual era il tuo
sogno e le visioni che sono passate per la tua mente, mentre dormivi nel tuo letto.
Mt 10,42 chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli,
perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”.
Mt 18,2-4 Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In
verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete
nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il
più grande nel regno dei cieli.
1Cor 1,17-29;
v.26 Is 42,1: Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho
posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni.
Mt 3,17: Ed ecco una voce dal cielo che disse: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel
quale mi sono compiaciuto”.
v.27 Mt 21,37; Mt 24,36;
Mc 14,36: E diceva: “Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo
calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”.
Lc 2,49: Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi
delle cose del Padre mio?”.
Gv 1,18: Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del
Padre, lui lo ha rivelato.
Gv 3,35: Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.
Gv 20,17: Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre;
ma va’ dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio
vostro”.
v.28 Sal 34,19: Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito, egli salva gli spiriti affranti.
Ger 31,25: Poiché ristorerò copiosamente l’anima stanca e sazierò ogni anima che
languisce”.
v.29 (giogo):Sir 6,24-30;Sir 51,26-27;Ger 2,20-21: Poichè già da tempo hai infranto
il tuo giogo, hai spezzato i tuoi legami e hai detto: Non ti servirò! Infatti sopra ogni
colle elevato e sotto ogni albero verde ti sei prostituita. Io ti avevo piantato come
vigna scelta, tutta di vitigni genuini; ora, come mai ti sei mutata in tralci degeneri di
vigna bastarda?
Ger 5,3.5: Signore, i tuoi occhi non cercano forse la fedeltà? Tu li hai percossi, ma
non mostrano dolore; li hai fiaccati, ma rifiutano di comprendere la correzione. Hanno
indurito la faccia più di una rupe, non vogliono convertirsi. Mi rivolgerò ai grandi e
parlerò loro.Certo, essi conoscono la via del Signore, il diritto del loro Dio”. Ahimè,
anche questi hanno rotto il giogo, hanno spezzato i legami!
Os 10,11-12; At 15,10;
Gal 5,1: Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non
lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.
(mite):Mt 21,1-5; Mt 5,3-5: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei
cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la
terra.
(umile):Dn 3,87: Benedite, pii e umili di cuore, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei
secoli.
Sof 2,3: Cercate il Signore voi tutti, umili della terra, che eseguite i suoi ordini;
cercate la giustizia, cercate l’umiltà, per trovarvi al riparo nel giorno dell’ira del
Signore.
Sof 3,12-13; Lc 1,46-48: L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in
Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le
generazioni mi chiameranno beata.
(ristoro): Is 61,1ss: Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha
consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a
fasciare le piaghe dei cuori spezzati…
Ger 6,16: Così il Signore:“Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i
sentieri del passato, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le
anime vostre”.Ma essi risposero: “Non la prenderemo!”.
v.30 1Gv 5,1-4: Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chi ama colui
che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato. Da questo conosciamo di
amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti, perché in
questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi
comandamenti non sono gravosi. Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa
è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede.