11.00
Gruppo di preghiera Regina Pacis di Campobasso
30 giugno – 7 luglio 2012
MOLTI, ASCOLTANDO GESÙ,
RIMANEVANO STUPITI
di P. Pierangelo Casella
Nel cuore di ogni persona c’è il desiderio di
conoscere nuove realtà e di incontrare nuove
persone che possano illuminare quanto noi
possiamo vedere e dilatare le dimensioni dei
nostri desideri agli orizzonti più ampi.
Quando uno è ancora piccolo, sembra che il
mondo familiare sia tutto, però, man mano che
cresce, si accorge che l’ambiente in cui vive è
troppo piccolo per trovare tutto quanto il suo
cuore cerca.
Così avviene anche per la fede in cui si cresce fin
da piccoli, ci dona gioia nel cammino che si
compie con Gesù, è il vero amico che si scopre
e che non si vuole mai lasciare.
Ma crescendo sembra che la sua familiarità non
basti più e si cercano nuovi incontri che possano
aprire nuove strade.
L’esperienza degli abitanti di Nazaret nei confronti
di Gesù spesso riflette l’incapacità di vedere la
realtà delle cose che stiamo vivendo
e di aprire il cuore a come Dio viene incontro a noi
nella persona di Gesù.
Ci sembra troppo vicino a noi per accogliere da lui
quanto di divino chiede il nostro cuore:
tutto!
Così Gesù quando “venne nella sua patria e i suoi
discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a
insegnare nella sinagoga.
E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano:
«Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza
è quella che gli è stata data?
E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è
costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di
Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue
sorelle, non stanno qui da noi?».
Ed era per loro motivo di scandalo” (Marco 6, 2-3).
Gesù invece di diventare lo strumento del nostro
incontro con Dio, diventa invece la pietra da aggirare
perché ci è di inciampo e quindi da scartare dai
nostri incontri.
Non è forse l’abitudine a riempire la nostra vita delle
tante cose che facciamo per raggiungere gli obiettivi
che ci siamo prefissi,
ad affaticarci per una strada che sembra colma di
promesse, ma che spesso ci rende incapaci di
vedere la vicinanza di Dio che si manifesta nel dono
della sua parola e del suo Figlio?
Così la chiusura del cuore a Dio e al suo Cristo
significa inciampare nella propria autosufficienza e
scandalizzarci di Gesù.
“Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è
disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi
parenti e in casa sua».
E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo
impose le mani a pochi malati e li guarì. E si
meravigliava della loro incredulità.” (Marco 6, 4-6).
Così il rifiutare la grazia che Dio ci manifesta in
Gesù, significa chiudere il cuore alla fede e
rimanere nella propria miseria e nel proprio
peccato.
Solo chi fa esperienza della propria debolezza e
del bisogno della potenza di Dio, sperimenta
che Dio ha dato questo potere di salvezza
proprio in Gesù.
Credere quindi in Gesù significa permettergli di
risanarci e di guarirci.
Così Paolo ha sperimentato che solo nella debolezza
che si apre alla fede, si può diventare forti e vincere
ogni prova.
“Affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia
carne una spina, un inviato di Satana per
percuotermi, perché io non monti in superbia.
A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore
che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti
basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta
pienamente nella debolezza».
Ed è proprio in forza di questo abbandono alla potenza
di Gesù che Paolo sperimenta la vittoria su Satana e
tutte le sue potenze.
Decidere di uscire dalle cose ovvie del nostro
ambiente di vita, di poter ancora meravigliarci
delle cose nuove che possiamo incontrare,
significa metterci in cammino e aprirci a
qualcosa che va oltre la nostra autosufficienza.
Andare a Medjugorje significa aprirci a quella
novità che il cuore ricerca e che le cose che
accadono nel nostro vissuto quotidiano ci
impediscono di vedere.
Non per nulla, aver sentito che lì appare Maria, è
già un aprire il cuore alla sua chiamata e
disporci ad incontrarla.
Le risposte che abbiamo dato in passato nel
nostro incontro con Gesù, riflettono spesso
quelle che hanno dato gli abitanti di Nazaret,
ma le conseguenze si ritorcono contro di noi e
chiudono la nostra vita in un mondo senza luce
e senza speranza.
Maria invece, ci invita ad aprire il nostro cuore a
Dio e trovare in Gesù, il Figlio di Dio, inviato a
noi per liberarci dal male e condurci alla vita
nuova di Dio che ci vuole suoi figli.
La sua presenza materna ci invita a scoprire che
l’amore è dono gratuito che viene dall’alto e va
accolto nella fede: con il cuore lo si accoglie e
con le labbra si esprime la riconoscenza
dell’amore del Padre che si rivela in Gesù e ci
ricrea nello Spirito.
Proprio l’apertura del cuore ci fa guardare verso
Gesù con occhi nuovi e pieni di meraviglia per le
parole colme di grazia che ci rivolge.
Quelle parole che avevamo sentite tante volte e
che ci erano familiari, non diventano più motivo
di scandalo,
ma di accoglienza nella fede perché riconosciamo
in lui la misericordia del Padre che si china su di
noi per sanarci.
Poter dire con il cuore e con la vita ogni giorno
“grazie”,
significa accogliere la “Grazia” che ci è data in
Gesù e riconoscere nella sua umanità l’amore
del Padre che viene a noi.
Così anche noi impariamo da Maria nostra Madre
a credere all’amore che Dio ci rivela in Gesù
e rendiamo anche noi “grazie” a Dio
per averci colmato di ogni “grazia” in Gesù!