Termodinamica
1
Temperatura
Sebbene abbiamo dimestichezza col concetto di temperatura, dobbiamo comunque
ancora darne una definizione operativa. Non c’è dubbio che il senso del tatto
è il più immediato per distinguere fra corpi caldi e corpi freddi. In base a questa
sensibilità siamo in grado di affermare che un corpo A è più caldo di B, B di C, e così via.
Questa nostra capacità è connessa al nostro senso della temperatura, che è però troppo
soggettivo e troppo approssimato per poterne fare un uso scientifico.
Per esempio sappiamo che se immergiamo la mano destra in acqua fredda e la mano
sinistra in acqua calda, e successivamente le immergiamo entrambi in acqua tiepida,
alla mano destra quest’acqua sembrerà più calda che alla mano sinistra, mentre ci
dovremmo aspettare di registrare la stessa sensazione di temperatura.
Occorre quindi sviluppare un metodo oggettivo e numerico.
2
Cerchiamo prima di approfondire il significato di temperatura. Sia A un corpo che al tatto
sembra caldo e B un corpo che al tatto sembra freddo. Poniamo a contatto questi due corpi.
Dopo un tempo sufficientemente lungo, sia A che B danno origine alla stessa sensazione
termica.
Diremo allora che A e B sono in equilibrio termico.
Per verificare l’esistenza di equilibrio termico fra due corpi, se ne può utilizzare un terzo
che a tutti gli effetti costituisce una sorta di termometro. Questa operazione si basa sul
seguente postulato che costituisce il Principio Zero della Termodinamica:
Se A e B sono in equilibrio termico con un terzo corpo C, allora lo sono anche fra di loro.
3
Sebbene stiamo ancora ragionando in termini qualitativi, queste considerazioni
esprimono un concetto fondamentale: la temperatura di un sistema è una grandezza che,
trascorso un tempo sufficiente, raggiunge quella dei sistemi con cui è a contatto.
Vediamo adesso di concretizzare in termini operativi questa discussione, che si basa
essenzialmente sulla esperienza, ma non ancora su numeri e/o relazioni o formule.
Vi sono proprietà fisiche che variano con la temperatura, per esempio il volume di un
liquido, la lunghezza di una sbarra, la resistenza di un conduttore, la pressione di un gas
mantenuto a volume costante, il volume di un gas mantenuto a pressione costante,
il colore del filamento di una lampada.
Una qualunque di queste proprietà termometriche può essere utilizzata per realizzare un
termometro e per formulare quindi una definizione operativa della temperatura.
4
Per definire un termometro, e di conseguenza formulare una definizione operativa di
temperatura, dobbiamo innanzitutto scegliere una proprietà termometrica misurabile.
Sia X una qualsiasi proprietà termometrica. Individueremo arbitrariamente la relazione
funzionale fra la temperatura T e la proprietà
T(X)=aX
X
con la seguente relazione:
dove a è una costante da determinare.
Cioè: οƒ  a eguali differenze o intervalli di temperatura corrispondono equali variazioni in
𝑇(𝑋1)
𝑇(𝑋2)
=
𝑋1
𝑋2
5
X
Pertanto, una volta rilevato il valore
X0
della proprietà termometrica
X
in una situazione
fisica di riferimento, per esempio il punto triplo dell’acqua, possiamo determinare con lo
stesso termometro la temperatura in qualsiasi altra situazione fisica.
In realtà le cose sono però un po’ più complicate: l’ipotesi iniziale T
a costante contiene l’assunzione implicita che l’equazione di stato
(X)=aX
con
della sostanza di cui
stiamo sfruttando una certa proprietà termometrica obbedisca a certe regole, e questo
non è necessariamente vero per tutte le sostanze o per tutti i valori delle variabili
termometriche in questione.
Vedremo però che un termometro a gas a pressione relativamente bassa
risponde a questa proprietà.
6
In generale, per determinare la costante a, occorre individuare un punto fisso a cui tutti
i termometri devono indicare la stessa temperatura. E’ stato stabilito che questo punto
è il punto triplo dell’acqua, cioè lo stato in cui ghiaccio, acqua, e vapore d’acqua
coesistono e sono in equilibrio.
Tale stato può essere ottenuto soltanto ad una pressione ben definita.
La temperatura in questo stato vale per convenzione 273.16 °K.
Indicando i valori al punto triplo con il suffisso 0, possiamo scrivere:
𝑇(𝑋)
𝑇(𝑋0)
dove T(X0)
= 273.16 °K
=
𝑋
𝑋0
e quindi:
T(X) =
𝑋
273.16 °K
𝑋0
7
Il termometro a gas a volume costante
Si osserva che ad una data temperatura la pressione di un gas dipende dal suo volume.
Allo stesso tempo, se il volume viene mantenuto costante, la pressione dipende dalla
temperatura in particolare cresce con questa. Il termometro a gas a volume costante,
sfrutta come proprietà termometrica la pressione a volume costante.
Dislivello di pressione
utile per la misura di T
Pressione
atmosferica
Liquido (mercurio)
Gas
Fluido di cui si vuole determinare
la temperatura
T
8
Si dimostra che in un termometro del genere la temperatura in questione
𝑃
T(P) = 273.16. °K
𝑃0
T è data da:
(V= costante)
E si dimostra che se P0 οƒ  0, la scala di temperatura definita da questo termometro non
dipende dal particolare gas utilizzato. Definiremo pertanto la temperatura di un termometro
a gas ideale come:
T = 273.16. °K lim
P0 οƒ  0
𝑃
𝑃0
(V= costante)
Una scala di temperatura usata comunemente è la scala Celsius t, detta anche centigrada,
definita dalla:
t = T -273,15 °C
Si noti che il punto triplo dell’acqua corrisponde a 0,01 °C
9
Espansione termica
Gli effetti più comuni che si osservano quando si aumenta la temperatura di un dato
materiale sono la variazione di dimensione e i cambiamenti di stato. Consideriamo
adesso solo le variazioni di dimensioni.
In un semplice modello di un corpo solido gli atomi sono disposti in un reticolo da un
insieme di forze elettriche, come delle piccole molle:
• Di queste molle ve ne sono circa 1023 per cm3
• Gli atomi sono in perenne vibrazione a qualunque
T
• L’ampiezza di tali vibrazioni è dell’ordine di 10-9 cm
• La frequenza di circa 1013 Hz
• Aumentando la temperatura, l’ampiezza delle vibrazioni
cresce, così pure la distanza media fra gli atomi
• Questo fenomeno provoca una espansione
10
L’aumento di ciascuna delle dimensioni lineari del solido: lunghezza, spessore e altezza è
denominata espansione lineare.
Sia
l una di queste dimensioni lineari: una variazione ΔT della temperatura provoca una
variazione Δl di l. Si osserva che Δl è proporzionale a
ΔT
e alla lunghezza iniziale:
Δl = α l ΔT
Dove α è denominato coefficiente di espansione lineare e dipende dal materiale.
Analogamente, si definisce una variazione di volume:
ΔV = β V ΔT
11
Sistemi termodinamici
In meccanica lo stato di un sistema è completamente determinato quando sono note,
ad un certo istante t, la posizione e la velocità di ciascun punto materiale di cui si compone
il sistema. Questo vuol dire conoscere 6N variabili, nel caso in cui il sistema sia composto
di N punti o particelle.
Abbiamo già visto tuttavia, per esempio nel caso dei moti rotatori, o nel caso della
propagazione delle onde, che trattare questi fenomeni riferendosi alle equazioni che
regolano il moto individuale dei singoli punti di cui si compone il sistema non è per niente
pratico, e siamo quindi giunti alla individuazione di altre grandezze fisiche che meglio
rappresentano il moto del sistema attraverso formule sintetiche e tutto sommato eleganti.
12
In termodinamica ci troviamo a fronteggiare una situazione del tutto simile.
Definire lo stato termodinamico di un sistema attraverso lo studio individuale
del moto degli N atomi o molecole di cui si compone è impossibile, anche per
il carattere statistico del moto in questione.
Per esempio: il carattere statistico dello stato termodinamico di un gas.
Come vedremo, lo stato termodinamico di un gas è determinato dai seguenti
parametri: il volume V, la pressione p e la temperatura T. Se il sistema è
isolato, se cioè non agiscono su di esso cause che ne variano i parametri, il gas
si trova in uno stato di equilibrio.
Se un gas è in uno stato di equilibrio quindi, i suoi parametri non cambiano
e finché rimane isolato, mantiene il suo equilibrio, cioè il suo stato.
Qualcosa di simile ad una biglia che si muove nel vuoto a velocità costante
fino a quando non intervengono forze che ne cambiano lo stato meccanico.
13
Detto in termini semplici: lo stato termodinamico di un gas in equilibrio è sempre lo stesso.
Ma cosa vuol dire questo in termini microscopici ? Vuol dire per caso che le posizioni
e le velocità delle N particelle che lo compongono sono sempre le stesse ???
ASSOLUTAMENTE NO !
Lo stato termodinamico di un gas, e cioè quello stato individuato dalle sue variabili
macroscopiche (volume, pressione, temperatura) è un macro stato
Lo stato meccanico delle singole N particelle che lo compongono, e cioè quello stato che
è individuato dalle 6N variabili meccaniche di ogni particella è un micro stato
In un gas in equilibrio, ci sono un numero elevatissimo di micro stati che corrispondono
allo stesso macro stato e sono egualmente probabili e il sistema passa continuamente
da un micro stato all’altro senza alterare le variabili macroscopiche del sistema.
14
Un accenno all’approccio statistico
Prendiamo in considerazione un gas dal punto di vista microscopico. Si tratta di un sistema
composto da N molecole in movimento. Con una certa astrazione, possiamo immaginare
che le 3 coordinate spaziali di ogni molecola x,
ogni molecola
y, z e le 3
componenti della velocità di
vx vy vz rappresentino un punto in uno spazio a 6 dimensioni.
Chiameremo questo spazio a 6 dimensioni «spazio delle fasi».
Supponiamo di dividere lo spazio delle fasi ( x
, y , z , vx ,vy ,vz ) in tanti volumetti
(celle) di dimensioni
dx , dy , dz , dvx ,dvy ,dvz
Il prodotto dx x dy
x dz x dvx x dvy x dvz rappresenta il volume H di ogni cella
In ogni cella
i ci sarà un numero Ni di molecole, cioè di punti
coordinate sono all’interno della cella in questione.
dello spazio delle fasi le cui
15
Potremo definire quindi una densità di punti nello spazio delle fasi data dalla:
𝑁𝑖
ρ=
𝐻
Questa densità
ρ
sarà funzione delle 6 coordinate nello spazio delle fasi
ρ = ρ (dx , dy , dz , dvx ,dvy ,dvz )
L’obiettivo della meccanica statistica (che studia proprio la termodinamica in
termini microscopici) è quello di determinare questa funzione in termini probabilistici.
Di questo approccio daremo solo alcuni cenni
16
In questo approccio, e cioè uno spazio delle fasi diviso in un certo numero di cellette
= dx x dy x dz x dvx x dvy x dvz , l’individuazione
del numero di molecole presenti in ogni volumetto H ci fornisce a tutti gli effetti
elementari di dimensioni H
le proprietà del gas.
Infatti, non è per niente rilevante quali molecole siano presenti in un dato volumetto,
ma quante ce ne siano.
Questo è facile da intuire: la pressione di un gas dipenderà da quante molecole hanno
una certa velocità (e non quali), analogamente la densità di un gas dipenderà da quante
molecole si trovano in un dato volume del gas (e non quali).
• La determinazione del numero Ni di molecole presenti ad ogni istante t in un volumetto
H dello spazio delle fasi costituisce un macro stato.
• L’individuazione di quali molecole di trovino nel volumetto in questione costituisce
invece un micro stato
17
Il postulato della meccanica statistica applicata ai sistemi termodinamici è che
tutti i micro stati di un gas sono egualmente probabili
Questo a prima vista potrebbe sembrare curioso e tutto sommato non corretto:
m2, m3, …….mk
Consideriamo per esempio un micro stato in cui le molecole m1,
si
trovano distribuite come in figura:
1
3
2
4
15
17
16
29
30
18
31
5
6
8
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21
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32
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12
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38
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28
41
42
18
A prima vista saremmo indotti a pensare che il micro stato che abbiamo appena considerato
è più probabile del micro stato seguente:
5
1 3 6
7
2 4
8
17 19
18 20
21 23
22 24
11
16 12
13
9
14
10
39
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27 26
33
28
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15
31 32 37
30
38
29 41
35 36 42
In realtà non è vero: la probabilità di occorrenza dei due micro stati è la stessa e vediamo perché
19
La probabilità di occorrenza del primo micro stato che abbiamo considerato è molto bassa
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42
E non differisce dalla probabilità di occorrenza del seguente altro micro stato che sembra
eguale al precedente, ma non lo è.
1
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La probabilità di occorrenza di ognuno
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12
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25
27
26
28
di questi tre micro stati è molto bassa
ma è eguale per tutti e tre in quanto
per tutti e tre stiamo specificando le
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1
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2
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1 3 6
7
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17 19
18 20
21 23
22 24
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38
Non c’è dubbio però che i primi due
micro stati hanno qualcosa in comune:
19
26
coordinate di ogni singola particella.
2 particelle per ogni cella
29
40
42
11
16 12
13
9
14
10
39
25
40
27 26
33
28
34
Cioè: i primi due micro stati
15
31 32 37
30
38
29 41
35 36 42
corrispondono allo stesso macro stato
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In un gas in equilibrio, ci sono un numero elevatissimo di micro stati che corrispondono
allo stesso macro stato e sono egualmente probabili e il sistema passa continuamente
da un micro stato all’altro senza alterare le variabili macroscopiche del sistema.
Ecco l’interesse a definire lo stato termodinamico di un sistema in base
alle sue variabili macroscopiche
22
Equilibrio termodinamico
Tra gli stati termodinamici di un sistema rivestono particolare interesse gli stati di equilibrio
Uno stato termodinamico si definisce di equilibrio se rimane inalterato e non cambiano
le condizioni esterne.
Così per esempio un gas chiuso in un recipiente è in equilibrio se non viene alterato il volume
del recipiente, e la sua temperatura eguaglia quella del recipiente.
In vari casi considereremo trasformazioni di un sistema da uno stato iniziale ad uno stato finale
cioè cambiamenti delle sue variabili macroscopiche. Per esempio se lo stato di un sistema
può essere rappresentato da un punto in un grafico ( V
rappresentata da una curva nel piano ( V
, p ), una tale trasformazione sarà
,p)
23
Una trasformazione di stato è definita reversibile quando gli stati attraverso i quali il
sistema passa durante la trasformazione differiscono per quantità infinitesime da
stati di equilibrio. Per ottenere una trasformazione reversibile bisogna alterare le
condizioni esterne molto lentamente, in modo che il sistema si possa adattare
gradualmente alle nuove condizioni.
Per esempio, si può ottenere una espansione reversibile di un gas se esso si trova in un
recipiente cilindrico con un pistone, e spostando molto lentamente il pistone verso l’esterno.
Se il pistone invece venisse spostato rapidamente si produrrebbero delle correnti all’interno
e il gas non sarebbe più in equilibrio.
Se trasformiamo un sistema da uno stato iniziale A ad uno stato finale B, possiamo poi
riportarlo in A eseguendo gradualmente la stessa successione in senso inverso. Per esempio,
nel caso citato possiamo gradualmente comprimere il gas.
24
Durante l’espansione il sistema che abbiamo preso in considerazione può compiere
lavoro positivo o negativo, vale a dire può compiere lavoro sui corpi esterni ovvero
questi ultimi possono compiere lavoro su di esso.
25
Se indichiamo con
S la superfice del pistone e con p la pressione
esercitata dal gas, la forza
F esercitata dal gas sul pistone
sarà
p S.
dh
Pertanto il lavoro infinitesimo fatto dal gas sul pistone durante la sua espansione
sarà dato dalla:
dL = p S dh
dove dh è lo spostamento infinitesimale in altezza. E cioè:
dL = p dV
26
Il lavoro fatto dal sistema si ottiene pertanto integrando l’equazione:
dL = p dV
L=
∫
B
p dV
A
Nel caso in cui lo stato del sistema può essere rappresentato mediante un diagramma
(V, p)
il lavoro in questione ha una semplice rappresentazione geometrica:
p
B
L=
A
∫
VB
p dV
VA
VA
VB
V
27
Sono di particolare interesse le trasformazioni cicliche, cioè quelle in cui lo stato
finale coincide con lo stato iniziale. Nell’esempio il sistema compie una trasformazione
Partendo da A e passando per i punti B C D e tornando in A
p
B
C
A
D
VA
Vc
V
Si può osservare che il lavoro fatto da sistema per andare da A a C è l’area sotto la curva
ABC, mentre il lavoro fatto per tornare lungo il percorso CDA è l’area sotto questo ramo
di curva. Il lavoro netto risulta dalla differenza delle due aree e corrisponde all’area
tratteggiata in figura. Il lavoro risulta positivo se il ciclo avviene in senso orario, e negativo
se avviene in senso antiorario.
28
Equazione di stato di un sistema
Cominciamo col distinguere quelle che in termodinamica si chiamano variabili intensive
da quelle denominate estensive.
Variabili intensive: sono quelle che NON dipendono dalla quantità di materia.
Esempi: temperatura, pressione, densità: in un sistema omogeneo
in equilibrio, i valore di ognuna di queste variabili è lo stesso sia per
l’intero sistema che per qualsiasi parte di esso.
Variabili estensive: sono quelle che invece dipendono dalla quantità di materia.
Esempi: volume, massa: in un sistema omogeneo e in equilibrio,
ovviamente ognuna di queste variabili non è la stessa per tutto il sistema
o per solo parte di esso. Vedremo che altre grandezze come l’energia
e l’entropia di un sistema sono variabili estensive.
29
Tuttavia, una caratteristica di tutte le grandezze estensive è il fatto che se ne calcoliamo
il valore specifico (per esempio per unità di massa o per unità di mole, cioè dividiamo
il valore della grandezza estensiva per la massa del sistema o per il numero di moli),
Il valore specifico che ne risulta è una variabile intensiva.
Quindi per esempio, se il volume di un dato sistema (che è una variabile estensiva)
è rappresentato da V, il suo volume specifico (o volume per unità di massa) definito dalla:
v=V/m
è una variabile intensiva.
In generale, useremo le lettere maiuscole per le variabili estensive, e le lettere
minuscole per le corrispondenti variabili intensive.
30
E veniamo adesso alla definizione di equazione di stato:
L’equazione di stato di una sostanza è la relazione fra la sua pressione, il suo volume specifico
e la sua temperatura.
Gli esperimenti mostrano che una equazione di stato esiste per qualsiasi sostanza omogenea,
sia essa un solido, un liquido o un gas.
Sebbene in molti casi non sia possibile formulare in modo semplice l’equazione di stato,
una equazione del tipo:
F (p, v, T) = 0
esiste per qualsiasi sostanza. Anche se in molti casi noi non siamo in grado di formulare
e/o risolvere l’ equazione in questione, la Natura lo sa fare, nel senso che sperimentalmente
osserviamo che le grandezze fisiche in questione obbediscono ad una relazione del genere.
31
Un’idea di questa tipologia di equazioni può essere fornita con l’aiuto di grafici in
cui si riportano le misure sperimentali e si interpolano e corrispondenti curve.
Supponiamo di avere misurato la pressione p, la temperatura T, il volume V e la massa di
un gas, e per il volume prendiamo in considerazione il volume specifico v per esempio
definito in base al numero di moli
n
di sostanza , cioè v
Consideriamo tutti i dati raccolti ad un data temperatura
=V/n
T e calcoliamo per ogni set i
di misure il rapporto:
pi vi /T
e riportiamo in un grafico il valore di questo rapporto in funzione della pressione p.
Per ogni temperatura T avremo un set di misure che possiamo interpolare con una
curva continua
32
T1
T2
T3
pv/T
R
200
400
600
800
Una interessante scoperta: ad ogni temperatura i valori della quantità p
funzione della pressione p
p (atm)
v / T in
si dispongono lungo una curva facilmente interpolabile
Non solo: le curve convergono tutte verso lo stesso punto R all’avvicinarsi di p a zero
E inoltre: si osserva che il valore di p
v/T
per p οƒ  0 è lo stesso per tutti i gas
33
Se per la grandezza di p
v/T
p
nt / m2
v
m3 / kg-mole
T
°K
Risulta:
usiamo le seguenti unità di misura:
R = 8.3149 x 103 joules / kg-mole-°K
La costante R è denominata costante universale dei gas. Risulta quindi che a basse
pressioni si può scrivere per tutti i gas:
pv/T=R οƒ 
pv =RT
o anche:
pV =nRT
34
In molte applicazioni, risulta conveniente definire un «gas ideale» che obbedisce alla legge
pv =RT
per tutti i valori di pressione. Questa è quella che si chiama equazione di stato di un gas ideale
pv/T
Qualsiasi T
R
200
400
600
800
35
p (atm)
36
Come si può vedere le trasformazioni isoterme, cioè quelle che avvengono a
temperatura T costante, sono rappresentate da iperboli nel piano p-V:
pV =nRT
La semplicità di questa relazione permette per esempio di calcolare il lavoro fatto da un
gas ideale durante una espansione isotermica.
37
Riconsideriamo l’esempio di un gas in un contenitore cilindrico con un pistone sulla
parte superiore. Se indichiamo con
esercitata dal gas, la forza
S la superfice del pistone e con p la pressione
F esercitata da la gas sul pistone
sarà
p S.
dh
Pertanto il lavoro infinitesimo fatto dal gas sul pistone durante la sua espansione
sarà dato dalla:
dL = p S dh
dove dh è lo spostamento infinitesimale in altezza. E cioè:
dL = p dV
38
Nel gaso di un gas ideale, dalla relazione:
pV =nRT
si ha:
1
p=nRT
𝑉
Quindi dalla dL
= p dV
si passa alla:
d𝑉
dL = n R T
𝑉
E cioè:
𝑉2 d𝑉
L= nRT
𝑉1 𝑉
39
𝑉2 d𝑉
L= nRT
𝑉1 𝑉
L = n R T log (V2 /V1)
L = n R T log (p1 /p2)
40
Proseguiamo con considerazioni connesse all’esperienza
L’esperienza ci insegna che quando due corpi con temperatura differente vengono posti
a contatto, dopo un certo tempo raggiungono entrambi una stessa temperatura intermedia.
Questo ci induce a immaginare che i cambiamenti di temperatura dei due corpi in questione
avvengano per il trasferimento di qualcosa dal corpo più caldo al corpo più freddo.
Questo qualcosa non è una sostanza (il calorico, come si riteneva in passato), ma è una
grandezza fisica, il calore, che con una definizione poco operativa ma conveniente possiamo
tentativamente definire così:
Il calore è ciò che viene trasferito da un sistema al mezzo circostante a causa della differenza
di temperatura fra il sistema e il mezzo
41
Una delle considerazioni più semplici che ci conducono all’idea che il calore sia una forma
di energia e non una sostanza è per esempio la considerazione che attraverso il lavoro
meccanico possiamo produrre calore e che questa fonte di calore è in pratica inesauribile
(finché siamo in grado di produrre lavoro)
E per esempio fu proprio questo uno degli argomenti usato da Rumford alla fine del 700.
Si trattava di operazioni di foratura di un cannone e per impedire il surriscaldamento
il foro del cannone veniva tenuto pieno d’acqua che veniva continuamente aggiunta per
rimpiazzare quella evaporata. E Rumford si rese conto che si poteva produrre calore
in continuazione, e che quindi il calore non era una sostanza contenuta nella materia
(il calorico….)
42
Questa idea, formulata da Rumford che il lavoro meccanico speso per la perforazione
generava calore, trasformava cioè l’energia meccanica in energia termica costituiva la
base della termodinamica.
Più avanti Joule dimostrò sperimentalmente che ogniqualvolta una data quantità
di energia meccanica viene convertita in calore, si sviluppa sempre la stessa quantità
di calore.
Dobbiamo quindi passare adesso alla definizione del calore
43
Quantità di calore e calore specifico
La quantità di calore connessa ad un processo fisico può essere misurata in termini dei
cambiamenti che si manifestano durante il processo stesso. In particolare l’unità di calore
viene definita come il calore necessario per produrre un cambiamento campione.
• Una caloria (cal) è la quantità di calore necessaria per innalzare la temperatura di
un grammo di acqua da 14.5 °C a 15.5 °C.
• Le quantità di calore vengono di norma indicate con la lettera Q
• La quantità di calore necessaria per aumentare di un certo intervallo la temperatura
di una data sostanza, varia da sostanza a sostanza.
• Si definisce capacità termica di un corpo il rapporto
Δ𝑄
C = capacità termica =
Δ𝑇
Cioè: la capacità termica di un corpo è la quantità di calore che occorre fornire al corpo
per innalzarne la temperatura di un grado
44
Risulta utile definire una grandezza analoga che riguardi però la sostanza di cui è
composto il corpo, e che sia cioè indipendente dalla massa.
Questa grandezza, definita come la capacità termica per unità di massa, è denominata
calore specifico della sostanza in questione:
Δ𝑄
π‘π‘Žπ‘π‘Žπ‘π‘–π‘‘à π‘‘π‘’π‘Ÿπ‘šπ‘–π‘π‘Ž
c = calore specifico =
=
π‘šπ‘Žπ‘ π‘ π‘Ž
π‘š Δ𝑇
Nota: né la capacità termica di un corpo C, né il calore specifico della sostanza di cui
è composto sono costanti ma dipendo dall’intervallo di temperatura. Quindi queste
formule sono approssimate, mentre la formulazione corretta si ottiene in forma
differenziale:
c (T)
=
1 d𝑄
π‘š d𝑇
45
Quindi, la quantità di calore Q che deve essere fornita ad un corpo di massa m e
calore specifico c per aumentarne la temperatura da T1 a
Q=m
T2
è dato dalla:
T2
c (T) dt
T1
∫
E’ bene notare comunque che a temperatura ordinarie ed entro certi intervalli di
temperatura, il calore specifico dimolte sostanze è abbastanza costante:
46
Allo stesso tempo pero, il calore specifico può dipendere dal fatto che lo scambio di
calore avvenga o meno a volume costante, o a pressione costante, etc..
Quindi il calore specifico di una sostanza va definito specificando le condizioni di
«utilizzo»:
cv (a volume costante)
o
cp ( a pressione costante).
47
Conduzione del calore
Si osserva che quando due parti di una medesima sostanza vengono mantenute a
temperature differenti, si instaura una distribuzione continua di temperatura.
Il trasferimento di energia termica che origina dalla differenza di temperatura fra porzioni
adiacenti del medesimo corpo è denominato conduzione del calore.
48
Δx
A
T1 = T2 + ΔT
T2
x
Consideriamo una lastra di area A e di spessore
Δx
le cui facce sono mantenute a
differenti temperature. Misuriamo la quantità di calore che fluisce
perpendicolarmente alle due facce in un tempo Δt , e indichiamo questa quantità
con ΔQ
49
L’esperimento mostra che ΔQ è :
• proporzionale al tempo Δt e all’area
•
A per una data differenza di temperatura ΔT
proporzionale a ΔT / Δx per una data area A e per un dato Δt
Tutto questo a patto che ΔT e
Cioè:
ΔQ
Δt
Δx siano piccoli
proporzionale a
A ΔT
Δx
Nel limite di una lastra di spessore infinitesimo dx attraverso la quale vi è una differenza di
temperatura infinitesima dT , si ha la legge fondamentale della conduzione del calore:
dQ
dT
= −kA
dt
dx
50
In questa legge:
dQ
dT
= −kA
dt
dx
•
dQ
dt
dT
•
dx
rappresenta la rapidità con cui viene trasferito il calore
è denominato gradiente di temperatura
• k è una costante di proporzionalità denominata appresenta
conducibilità termica
• il segno negativo indica il fatto che il calore fluisce nella direzione in cui diminuisce la
temperatura
• In generale la conducibilità termica
k di una sostanza può variare con la temperatura,
tuttavia può essere considerata costante se non si stabilisce una differenza di
temperatura troppo elevata
51
Equivalente meccanico del calore
Se il calore è una forma di energia, qualunque unità di energia può essere allo stesso
tempo adottata come unità di calore. Quindi, la caloria, che abbiamo definito come
unità di misura del calore deve avere una precisa corrispondenza con le unità di misura
del lavoro meccanico. La relazione fra unità di calore e unità di lavoro meccanico fu
Determinata da Joule con un esperimento del genere:
E risulta essere: 4,186 joules = 1 cal
52
Calore e lavoro
Alla luce della corrispondenza fra calore e lavoro, possiamo rivisitare la nostra definizione
di lavoro già studiata, affermando che:
Il lavoro è l’energia trasmessa da un sistema ad un altro che non
origina da alcuna differenza di temperatura.
Cioè: nella nostra precedente formulazione
dL=Fdx
la forza F può essere di qualsiasi
natura, elettrica, magnetica, gravitazionale, etc… Il termine lavoro include tutti questi
processi di trasferimento di energia, ma esclude ogni trasferimento di energia che nasca
da differenze di temperatura
In molti processi si ha evidentemente un flusso di calore e si esegue del lavoro
Questi sono i processi di interesse per la termodinamica
53
In termodinamica quindi in generale avremo
a che fare con processi del genere:
54
Consideriamo adesso un esempio specifico: un corpo soggetto alla forza di gravità
fa girare un generatore elettrico che a sua volta fa fluire corrente elettrica in una
resistenza immersa in un contenitore d’acqua:
Definiamo:
Il nostro sistema: il generatore, il circuito elettrico, l’acqua, il contenitore
L’ambiente esterno : il peso che cade
Lo stato del sistema subirà dei cambiamenti e la causa di questi cambiamenti è il
lavoro fatto dall’ambiente esterno. Il trasferimento di energia non è dovuto a
differenze di temperatura: non c’è quindi flusso di calore fra l’ambiente esterno
e il nostro sistema
55
Definiamo adesso invece:
Il nostro sistema: l’acqua e il contenitore
L’ambiente esterno : il peso che cade, il circuito, la resistenza
In questo caso: dato che vi è una differenza di temperatura fra la resistenza e
l’acqua, vi sarà un flusso di calore fra l’ambiente esterno e il nostro sistema
Quindi in generale: vi sarà trasferimento di calore fra l’ambiente esterno e il sistema
(o viceversa) solo quando esiste fra i due una differenza di temperatura. Nel caso in
cui non esista una differenza di temperatura, il trasferimento di energia implica solo
lavoro.
56
Rivisitiamo adesso di nuovo il caso di un gas in un contenitore cilindrico con un pistone mobile:
Sia il gas il nostro sistema. All’inizio il sistema si trova in equilibrio con ciò che lo circonda
e ha una pressione pi e un volume Vi. Considereremo le pareti del cilindro come i
confini del sistema. Il calore può fluire nel sistema o fuori di esso attraverso le pareti
del cilindro, e si può fare lavoro sul sistema comprimendo il pistone, o il sistema può
compiere lavoro su ciò che lo circonda espandendosi.
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Consideriamo un processo in cui il sistema, attraverso l’interazione con l’ambiente
esterno, raggiunge uno stato finale caratterizzato da pressione una
pf
e un volume Vf.
Se per esempio il gas si è espanso contro il pistone, imprimendo al pistone uno spostamento
infinitesimo
ds, il lavoro infinitesimo dL
compiuto dal gas abbiamo già visto che è dato da:
dL = F ds = p A ds
E cioè:
dL = p dV
dove dV rappresenta l’incremento infinitesimo di volume dal gas. In generale, la pressione
non rimarrà costante durante tutto il processo e quindi il lavoro totale comporta come
abbiamo già visto il calcolo di un integrale:
L=
∫ dL = ∫ p dV
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Abbiamo visto che questo integrale ha una interpretazione grafica, e corrisponde
all’area al di sotto della funzione p
= p (V)
nel piano p-V
come in figura:
59
Tuttavia, ci sono differenti processi attraverso i quali il sistema può passare dallo
stato iniziale i allo stato iniziale
figura:
f.
Per esempio, con riferimento alla seguente
In questo caso la pressione è stata mantenuta costante da i ad a, e il volume è stato
mantenuto costante da a fino a
f.
In questo caso il lavoro fatto dal gas è eguale
a tutta l’area sotto la linea i-a. Un altro processo potrebbe essere quello che si articola
lungo la linea i-b-f. In questo caso il lavoro fatto dal gas è quello individuato dall’area
sotto la linea b-f.
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Quindi: il lavoro compiuto da questo sistema dipende non soltanto dagli stati iniziali e
finali, ma anche dagli stati intermedi, e cioè dal particolare percorso seguito.
Si perviene alla stessa conclusione se si calcola il calore scambiato durante il processo:
Sia Ti la temperatura corrispondente allo stato i e
Tf la temperatura corrispondente allo
stato f. Lo scambio di calore avviene a secondo di come il sistema si evolve:
• si può per esempio scaldare il sistema a pressione costante
pi , finché
non si
raggiunge la temperatura Tf , e quindi cambiare la pressione mantenendo la
temperatura costante.
• oppure si può abbassare la pressione fino a raggiungere il valore
pf e quindi riscaldare
il sistema a pressione costante fino a quando non si raggiunge la temperatura Tf
61
Questi differenti processi corrispondono a differenti percorsi nello spazio dei parametri
termodinamici del sistema:
Quindi: come per il lavoro, il calore perso o guadagnato sistema dipende non soltanto
dagli stati iniziali e finali, ma anche dagli stati intermedi, e cioè dal particolare percorso
seguito.
62
Quindi :
Tanto il calore che il lavoro scambiati da un sistema termodinamico con l’ambiente
esterno, dipendono dal cammino percorso e pertanto nessuno dei due può soddisfare
da solo ad una legge di conservazione.
63
Il Primo Principio della Termodinamica
64
Il primo principio della termodinamica
Supponiamo il caso in cui un sistema passi dallo stato i allo stato
f in un modo ben definito,
cosicché il calore scambiato sia Q e il lavoro scambiato sia L. Quindi adottando unità di
misura termiche oppure meccaniche per l’energia, possiamo calcolare la differenza:
Q−L
Cerchiamo adesso di fare compiere al sistema una trasformazione dalla stato
i allo stato f in
modi differenti. Si osserverà che:
Q − L = costante
Cioè, sebbene in ogni percorso sia
Q che L possano essere differenti, la quantità Q−L
è sempre la stessa, cioè dipende solo dallo stato iniziale e finale !
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Come ricordiamo dalla meccanica, quando un corpo si muove da uno stato iniziale
ad uno stato finale nel campo gravitazionale, il lavoro fatto dipende solo dalla posizione
iniziale e finale e non dal percorso seguito. Da questo avevamo dedotto l’esistenza
di una funzione delle coordinate spaziali, tale che la differenza fra il suo valore iniziale
e il suo valore finale eguaglia il lavoro fatto nel corrispondente spostamento. Avevamo
definito questa funzione energia potenziale.
In termodinamica si osserva che quando un sistema copie una trasformazione da uno stato
i ad uno stato f esiste una quantità Q−L che dipende solo dalle coordinate iniziali e finali
dei due stati. Ne deduciamo quindi che esiste una funzione delle coordinate termodinamiche
del sistema il cui valore finale meno quello inziale eguglia la quantità Q−L relativa al
processo.
Questa funzione viene denominata energia interna del sistema.
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Ora, poiché Q rappresenta l’energia fornita al sistema durante il trasferimento di
calore, mentre L è l’energia fornita dal sistema nel compiere lavoro,
Q−L rappresenta
il cambiamento di energia interna del sistema.
Indicando con U
l’energia interna del sistema, avremo pertanto:
Uf − Ui = Q−L
Cioè: la variazione di energia di un sistema durante una trasformazione eguaglia
la quantità di energia che il sistema riceve/scambia con l’ambiente esterno
Questa formulazione, o anche la seguente :
Q = ( Uf − Ui ) + L
costituiscono il Primo Principio della Termodinamica.
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Il Primo Principio della Termodinamica può essere espresso in forma differenziale:
dQ = dU + dL
Il primo principio stabilisce una regola generale per tutti i processi che avvengono in
Natura, tuttavia non ci dice se un dato particolare processo può verificarsi.
Questo aspetto sarà contemplato dal
Secondo Principio della Termodinamica.
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