lucidi Bottazzi - Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale

SOCIOLOGIA DELLO
SVILUPPO
Gianfranco Bottazzi
Definizione di sviluppo
«un processo di cambiamento delle strutture economiche e uno
straordinario potenziamento delle capacità produttive che ha
consentito di avere a disposizione una quantità di beni e servizi di
molto superiore a un passato anche recente, e che ha
parallelamente cambiato in modo radicale le strutture e le
istituzioni economiche e sociali, i modi di pensare e di essere, i
modelli culturali, i comportamenti e le aspettative» (p. 4).
Si tratta di una questione che investe moltissime discipline
diverse, perché ha moltissimi risvolti diversi.
Lo sviluppo come questione geopolitica
Fino alla seconda guerra mondiale lo sviluppo non era mai stato posto
"it must beera
theun
policy
of the interno, le colonie erano territori da
come problema:
problema
to della
support
free
sfruttareUnited
per i States
bisogni
mainland.
people who are resisting
attempted subjugation by armed
Dopo laminorities
IIGM contrapposizione
USA-URSS  2 modelli sociali  il
or by outside
sostegno
allo sviluppo diventa una questione di egemonia politicopressures."
ideologica nel quadro della guerra fredda.
USA  Truman doctrine, Marshall plan, timore movimenti marxisti.
I piani quinquennali in URSS
Each five-year plan dealt with all aspects of development: capital goods (those used to
produce other goods, like factories and machinery), consumer goods (e.g. chairs, carpets,
and irons), agriculture, transportation, communications, health, education, and welfare.
However, the emphasis varied from plan to plan, although generally the emphasis was on
power (electricity), capital goods, and agriculture.
Based on a system of state ownership, the Soviet economy was managed through
Gosplan (the State Planning Commission).
Most information in the Soviet economy flowed from the top down. There were several
mechanisms in place for producers and consumers to provide input and information that
would help in the drafting of economic plans (as detailed below), but the political climate
was such that few people ever provided negative input or criticism of the plan.
Tra il 1928 e il 1937 la produzione siderurgica e metallurgica aumentò
del 690%, la produzione di energia elettrica passò da 2,5 miliardi di kWh
a 40 miliardi  stakanovismo !
I piani quinquennali in URSS
L’eccezionale successo produttivo del Sistema sovietico rappresentò
un’arma nel confronto USA / URSS.
Si formò una sorta di Soviet empire contrapposto all’impero USA: il
mondo era diviso in due blocchi (più i paesi non allineati).
The situation in 1953
A color-coded map of the world in 1970, showing various groups of countries
Green - Non self governing possessions of US allies.
Blue - US and US allies.
Red - Soviet Union and other communist allies.
Orange - Communist countries not aligned with the USSR.
Pink - Non Communist allies of USSR
Light Blue - Non NATO members of EFTA and OECD.
Gray - Unknown or non aligned
Il discorso di Truman del 20/1/1949
“(…) we must embark on a bold new program for making the benefits of our scientific advances and
industrial progress available for the improvement and growth of underdeveloped areas.
More than half the people of the world are living in conditions approaching misery. Their food is
inadequate. They are victims of disease. Their economic life is primitive and stagnant. Their poverty is a
handicap and a threat both to them and to more prosperous areas.
il concetto
di and the skill to relieve the suffering of
For the first time in history, Nasce
humanity possesses
the knowledge
these people.
sottosviluppo e l’idea di
politiche
lo sviluppo
I believe that we should make
available toper
peace-loving
peoples the benefits of our store of technical
(…)
knowledge in order to help them realize their aspirations for a better life. And, in cooperation with other
nations, we should foster capital investment in areas needing development.
Our aim should be to help the free peoples of the world, through their own efforts, to produce more
food, more clothing, more materials for housing, and more mechanical power to lighten their burdens.
(…) It must be a worldwide effort for the achievement of peace, plenty, and freedom.”
Altri fattori che favoriscono la «scoperta» dello sviluppo:
Decolonizzazione
Informazione
Sensibilità
Il realtà il sottosviluppo comincia molto prima …
Colonialismo
Fino alla metà dell’800 il livello di sviluppo economico e tecnico era piuttosto simile in tutto il
mondo.
La rivoluzione industriale (tecnologia) cambia completamente lo scenario: GDP (PPP) per
capita.
Il colonialismo ha effetti devastanti:
• Distrugge le strutture economiche e produttive
• Decima la popolazione
• Distrugge le forme di economia e società tradizionali
• Costruisce l’idea di civiltà superiori e civiltà inferiori («civilizzare, evangelizzare, portare la
cultura»), interiorizzata dagli stessi colonizzati (pensiamo alla lingua)
Pensiamo all’idea degli italiani brava gente, andati in Etiopia a costruire strade e scuole …
GDP per capita in 1990 US dollars
GDP (PPP) per capita in 1990 International Dollars
30000
25000
20000
15000
10000
5000
0
Country / Region
1
1000
1500
1600
1700
1820
1870
1913
1950
World
West European average
West Asia
USA
UK
Switzerland
Sweden
Spain
Portugal
Other Latin America
Other east Asia
Other
Norway
Netherlands
Mexico
444[7]
400 [7]
522
400
400
425
400
435 [7]
400 [7]
621
400
400
410
400
450
400
425
539
400
425
400
425
400
425
400
400
425
400
565
774
590
400
714
632
695
661
606
410
554
472
610
761
425
593
894
591
400
974
750
824
853
740
431
564
525
664
1,381
454
616
997
591
527
1,250
890
977
853
819
502
561
584
723
2,130
568
667
1,202
607
1,257
1,706
1,090
1,198
1,008
923
661
568
711
801
1,838
759
867
1,960
742
2,445
3,190
2,102
1,662
1,207
975
677
594
1,027
1,360
2,757
674
1,510
3,457
1,042
5,301
4,921
4,266
3,096
2,056
1,250
1,438
842
1,840
2,447
4,049
1,732
2,114
4,104
4,578
11,417
1,776
4,854
9,561
16,689
6,939
12,025
9,064
18,204
6,739
13,493
2,189
7,661
2,086
7,063
2,531
4,435
771
1,485
2,538
7,614
16,689
5,430
11,323
5,996
13,082
2,365
4,853
6,709
19,912
5,899
29,037
21,310
22,243
21,555
21,310
17,021
21,218
13,807
5,465
19,151
3,854
17,351
26,035
21,480
7,137
Latin American average
400
400
416
438
527
691
676
1,493
2,503
4,513
5,786
Japan
Italy
India
Germany
France
Former USSR
Finland
Eastern Europe
Denmark
China
Belgium
Austria
400
425
450
450
400
400
400
400
450
425
974
600 425
1,387
2,564
673
9,561
3,648
3,485
1,488
6,939
2,111
1,527
3,912
3,502
552
2,841
2,114
4,220
1,921
3,465
890
619
1,921
3,502
619
3,881
5,271
2,841
4,253
2,120
6,943
448
5,462
3,706
12,025
11,434
11,434
10,634
10,634
400
400
400
400
450
450
425
500
1,100
550
688
727
499
453
462
738
600
875
1,250
707
616
610
472
450
444
400
450
435
425
400
1
1000
Asian average (excl. Japan)
Africa
714
600
565
550
500
499
414
400
11
1500
World
457
472
USA
593
552
550
520
422
400
11 466
1600
425
Japan
600
570
550
527
421
11
572
1700
414
Italy
520
1,100
550
791
841
552
538
516
875
600
976
1,706
1,257
1,117
837
688
669
667
600
533
420
570
1,100
550
910
910
610
638
566
1,039
6003,190
2,445
1,144
1,499
993 943
867
737
1820
1870
533
530
500
576
572
422
421
India
Former USSR
669
1,117
533
1,077
1,135
688
781
636
1,274
600
1,319
1,218
737
1,499
533
1,839
1,876
943
1,140
5,301
871
4,921
2,003
530
2,564
2,692
1,510
1,488
1,387
1,863
673
637
577
420
China
552
448
548
658
639
500
637
890
1913
Africa
1950
UK
1973
853
11,966
13,114
6,059
6,059
11,085
4,985
4,104
13,945
838
12,170
1,410
85311,235
838
2003
29,037
21,218
19,151
2,160
19,144
21,861
5,397
6,709
20,513
5,397
5,461
4,803
23,133
4,803
2,160
21,205
1,549
21,231
1,225
3,842
1,410
1,549
1973
2003
Scuole di pensiero (capitoli)
1.
Sviluppo come crescita economica
2.
Modernizzazione
3.
Dipendenza
4.
Nuovo ordine economico mondiale (basic needs e self-reliance)
5.
Sviluppo sostenibile
6.
Le alternative allo sviluppo (decrescita)
Economia dello sviluppo (anni ‘50)
Banalmente, originariamente la questione era fornire risorse sufficienti a
garantire un livello di vita accettabile alle persone che vivevano in condizioni
di miseria: per questo l’economia è stata la prima disciplina che si è occupata
del problema.
1.
Individuare elementi descrittivi del sottosviluppo (demografici,
economici, sociali)
2.
Costruire un modello di economia sottosviluppata
In particolare, modello del «circolo vizioso» del sottosviluppo: dipende
essenzialmente da fattori endogeni secondo uno schema circolare.
Economia dello sviluppo (anni ‘50)
«Circolo vizioso del sottosviluppo»
Il sottosviluppo dipende da fattori endogeni secondo uno schema circolare (p. 32).
Popolazione «arretrata»,
Risorse insufficienti
Bassa produttività
Redditi bassi
Scarsi investimenti
Scarsi capitali
Scarsa domanda
Scarso risparmio
Le società sottosviluppate
sono in uno stato stazionario
ai limiti della sussistenza che
si autoriproduce.
Le società sviluppate invece
grazie all’aumento della
produttività generano
ricchezza aggiuntiva.
Economia dello sviluppo (anni ‘50)
Critiche alla teoria del circolo vizioso
1.
Le categorie economiche valide per l’occidente non è detto che valgano
anche per le società del Terzo Mondo (per es. risparmio, produttività,
accumulazione, etica del lavoro)
2.
Che cosa aveva consentito ad alcuni paesi da uscire dal circolo vizioso?
Quali fattori esogeni avevo consentito di spezzarlo? Su quali fattori quindi
è necessario puntare?
La dotazione di capitale
1.
Investimenti esteri
2.
Prestiti
3.
Doni
Economia dello sviluppo (anni ‘50)
Ma come impiegare il capitale?
Opinioni diffuse:
1.
Ottimismo su uscita rapida dal sottosviluppo (Piano Marshall)
2.
Le cause del sottosviluppo erano più o meno le stesse dappertutto (scarsa
tecnologia, comportamenti economici irrazionali, no imprenditorialità, …)
Le società sottosviluppate dovevano ripercorrere la strada seguita da quelle sviluppate
3.
Crescita economica come obiettivo principale (growth invece di development),
nessun problema distributivo  anzi, poiché i ricchi hanno una maggiore
propensione al risparmio (=investimento), un certo grado di disuguaglianza favorisce
la crescita. Inoltre, trickle down e sviluppo istituzionale
4.
Lo sviluppo deve essere guidato dall’agricoltura e dall’industria pesante
5.
Ruolo fondamentale dei governi centrali (programmazione/pianificazione)
Ma cosa significa donare presso i Kwakiutl? Significa sostanzialmente dimostrare la propria superiorità
umiliando chi riceve il regalo. Significa sfidare. “(il potlàc) esclude ogni mercanteggiamento e, in
generale, è costituito da un considerevole dono di ricchezze ostensibilmente offerte con il fine di
umiliare, di sfidare o di obbligare un rivale. Il valore di scambio del dono risulta dal fatto che il
Teorie
donatario,
perdualistiche
cancellare l’umiliazione e raccogliere la sfida, deve soddisfare all’obbligo da lui contratto
in occasione dell’accettazione, di rispondere ulteriormente con un dono più importante, cioè di
Contrapposizione
tra il modello sociale fondato sull’economia capitalistica (imposto dal
restituire
ad usura”.
colonialismo) e il sistema sociale locale di tipo tradizionale
“Tutto il sistema economico della costa nord-occidentale era al servizio di questa ossessione. Un capo
aveva due modi per ottenere la vittoria a cui ambiva. L’uno consisteva nel gettare vergogna sul rivale
donandogli molto di più di quanto lui potesse restituire con l’interesse richiesto. L’altro consisteva nella
distruzione di beni. In ambedue i casi il donatore reclamava una contropartita, benché nel primo caso
Elementi avversi
allo sviluppo,
soprattutto
di tipo culturale
ricerca di gratificazioni
le sue ricchezze
aumentassero
e nel secondo
diminuissero.
[...] La
distruzione
dei beni poteva avvenire
sociali
e
non
economiche
=
economia
di
sussistenza
(no
surplus)
in molte forme. Gare di distruzione erano grandi potlàc in cui si consumavano enormi quantità di olio
di pesciPotlach
candela. Se ne dava in abbondanza agli ospiti, e lo si gettava anche sul fuoco. Poiché gli ospiti
sedevano vicini al focolare, il calore emanante dalle fiammate d’olio li metteva in gran disagio, e anche
paesiparte
sottosviluppati
pochi
centrisarebbe
«moderni»
vasti territori
«tradizionali»:
scarsi
questoNei
faceva
della contesa,
perché
statoevergogna
per loro
non rimanere
immobili ai
contatti
tra
i
2
mondi.
loro posti, per quanto alto il fuoco balzasse, sfiorando le travi del tetto. Anche l’anfitrione doveva far
mostraLadella
più
assoluta indifferenza
di fronte
minacciata
distruzione
sua casa.
larga
disponibilità
di manodopera
nonalla
crea
incentivi allo
sviluppodella
economico
ad[...] Se la
festa superava
qualsiasidialtra
il capo invitato avesse mai offerta ai suoi ospiti, egli doveva lasciare la
elevata intensità
capitale.
casa e cominciare i preparativi per una festa di restituzione più ricca ancora di quella offerta dal rivale.
Se invece credeva che non eguagliasse le feste che lui aveva già date, copriva d’insulti l’ospite, che
procurava
di ristabilirediinpolitica
qualchevolti
modo
il suo prestigio.
Poteva,
a questo scopo,
mandaresidegli uomini
Gli esperimenti
a trasferire
forza lavoro
dall’agricoltura
all’industria
a rompere
in pezzi
canoe per alimentare
fuoco. [...]”.
rivelarono
delquattro
tutto fallimentari:
carestie e ildipendenza
Economia dello sviluppo (anni ‘50)
Economia dello sviluppo (anni ‘50)
A.O. Hirschman
Bisogna comprendere la razionalità occulta dei comportamenti e delle istituzioni.
… ergo, bisogna conoscere a fondo la realtà nella quale si va ad intervenire, e non
applicare ricette generali valide universalmente.
«lo sviluppo dipende non tanto dal trovare combinazioni ottimali per risorse e
fattori produttivi dati, quanto dal suscitare e mobilitare per lo sviluppo risorse e
capacità nascoste, disperse o malamente utilizzate» (p. 51).
Teoria della modernizzazione (anni ‘60)
Consapevolezza che lo sviluppo non è solo una questione economica (Myrdal)
importanza dei fattori sociali e culturali, strettamente intrecciati ai fattori
economici.
Bisogna cambiare gli atteggiamenti e le istituzioni! (come era accaduto in Europa un
secolo prima)  le società tradizionali hanno caratteristiche simili e la transizione
alla modernità segue una traiettoria generale  i paesi sottosviluppati devono
seguire lo stesso percorso di quelli sviluppati  occidentalizzazione.
Struttural-funzionalismo come orizzonte teorico
Teoria della modernizzazione (anni ‘60)
Paradigma della modernizzazione:
a.
Società moderne e tradizionali hanno caratteri contrapposti: ruoli ascritti vs
acquisiti, particolarismo vs universalismo, ruoli diffusivi vs. specifici.
Modernizzazione significa sostituire i caratteri tradizionali con quelli moderni
b.
Evoluzionismo: il mutamento è unidirezionale, progressivo e graduale, idea di
progresso
c.
La modernizzazione è irreversibile e positiva: diffusione dei valori e delle
istituzioni occidentali
d.
La modernizzazione è sequenziale (Rostow): 1. società tradizionale, 2.
condizioni preliminari per il decollo, 3. decollo, 4. maturità, 5. consumo di
massa  tutti i paesi seguiranno lo sviluppo capitalistico
Teoria della modernizzazione (anni ‘60)
Paradigma della modernizzazione:
e.
La modernizzazione è un processo sistemico: cambiano tutti i componenti del sistema
sociale (urbanizzazione, alfabetizzazione, monetizzazione, partecipazione politica, …)
f.
Cambiano valori, atteggiamenti e comportamenti (need for achievement, personalità
mobile, empatia)
g.
Crescita economica e dunque industrializzazione: i cambiamenti implicano quelli sociali
h.
La modernizzazione produce convergenza tra le diverse società
i.
Modernizzazione come americanizzazione (industriale, sociale, valoriale)
Teoria della modernizzazione (anni ‘60)
La teoria della modernizzazione come ideologia
Indubbiamente la TdM ha individuato diversi elementi centrali dello sviluppo: per
esempio?
Però, la TdM è stato anche un potente strumento ideologico per combattere la guerra
fredda presentando il modello occidentale (americano) idealizzato come l’unico da
seguire.
L’aiuto allo sviluppo era un’arma per l’egemonia occidentale contro l’URSS.
Teoria della modernizzazione (anni ‘60)
I limiti
L’ottimismo e l’automatismo della TdM si rivelarono erronei.
La Teoria della dipendenza si sviluppò proprio come critica della TdM.
Critiche a:
La crisi della TdM fu fondamentalmente
una crisi ideologica
Linearità dello sviluppo  si danno molteplici sentieri di sviluppo (Barrington Moore)
Sviluppo come processo endogeno
Sviluppo economico come condizione sufficiente per la modernizzazione  le società in via
di sviluppo combinavano strutture politiche moderne con tratti sociali e culturali tradizionali.
Bisognava comprendere le società tradizionali nelle loro specificità  lo sviluppo del Terzo
Mondo non era né inevitabile né uniforme (Bendix).
Dicotomia tradizione/modernità: tipi ideali non realtà (reificazione)
Teoria della modernizzazione (anni ‘60)
Gino Germani
Le società moderne non hanno tutte gli stessi caratteri, ma condividono un
nucleo che rappresenta l’insieme delle condizioni necessarie ma non sufficienti.
Anche se lo sviluppo è un processo
sistemico, non vi è un unico
Secolarizzazione:
percorso di sviluppo perché il
1. dall’azione prescrittiva all’azione
processoelettiva
di secolarizzazione non si
uniformemente
in tutti gli
2. dall’istituzionalizzazionesviluppa
della tradizione
all’istituzionalizzazione
del mutamento (conflitti)
ambiti delladelle
società
3. Differenziazione e specializzazione
funzioni
La secolarizzazione avviene a diversi livelli:
a) Psicosociale (atteggiamenti e comportamenti)
b) Normativo (istituzioni, valori, norme)
Teoria della dipendenza (anni ‘70)
La crisi della Teoria della modernizzazione dà spinta all’affermazione della teoria
della dipendenza, che si sviluppa in America Latina.
L’evidenza dimostrava che il libero mercato non stava favorendo lo sviluppo dei paesi
latinoamericani, ma che anzi si stavano impoverendo, in particolare a causa della
specializzazione produttiva che creava dipendenza economica.
CEPAL/ONU  bisognava diversificare la struttura produttiva, sviluppando i settori
necessari ai consumi interni.
Gli incentivi all’insediamento delle multinazionali avevano dato risultati deludenti:
industrializzazione limitata, profitti rimpatriati, pressioni e ingerenze politiche.
Teoria della dipendenza (anni ‘70)
A metà degli anni ‘60 la situazione economica, sociale e politica
in America Latina era estremamente precaria:
elevata inflazione, disoccupazione, forti tensioni sociali, regimi
dittatoriali.
L’unica soluzione che sembrava possibile era l’abbandono del
modello capitalistico a favore di una soluzione socialista.
Lo spunto ideologico fu opera soprattutto di intellettuali
marxisti ortodossi nord-americani … e si diffuse rapidamente in
America Latina.
Il caso emblematico dell’Argentina
Teoria della dipendenza (anni ‘70)
Elementi della TdD:
a)
Il sottosviluppo non è uno stato originario ma il prodotto delle relazioni tra
paesi occidentali e periferia (i paesi capitalistici non sono mai stati
sottosviluppati
b)
Sviluppo e sottosviluppo sono 2 facce della stessa medaglia
c)
Il sottosviluppo è causato dalla sottrazione di risorse verso i paesi sviluppati
d)
Questo è reso possibile dalla subordinazione agli interessi dei paesi
capitalisti e delle multinazionali
e)
Il sottosviluppo si manifesta anche nelle strutture sociali e politiche
f)
Il sottosviluppo si perpetua in una condizione di dipendenza
Teoria della dipendenza (anni ‘70)
Soluzioni alternative:
1)
Bisogna uscire dalla logica capitalistica tramite una rivoluzione
socialista (Frank)
2)
Instaurare la democrazia coinvolgendo le masse, no rivoluzione
(CEPAL)
3)
Si può avere sviluppo anche in una condizione di dipendenza
(Cardoso)
Teoria della dipendenza (anni ‘70)
La TdD si diffonde anche al di fuori dell’America Latina.
S. Amin è uno dei precursori della teoria del sistema-mondo:
• Il sistema capitalistico si è sviluppato grazie al dominio esercitato dai
paesi centrali su quelli periferici (colonialismo).
• Due tipi di capitalismo  autocentrato ed extravertito
• I paesi del Terzo Mondo sono condannati ad una condizione di
sottosviluppo
• È necessario sganciarsi dal sistema capitalistico mondiale per perseguire
un modello socialista
Teoria della dipendenza (anni ‘70)
Limiti della TdD
Empirici:
• Molti paesi stavano progressivamente uscendo dal sottosviluppo
• I paesi socialisti erano in gravi difficoltà (URSS, Cina, Cuba), caso
estremo della Cambogia
Teorici:
• Teoria troppo ideologica
• Nessuna considerazione dei fattori interni ai paesi sottosviluppati
• Nessuna spiegazione dei meccanismi specifici della dipendenza
Teoria della dipendenza (anni ‘70)
La teoria del «sistema-mondo» (Wallerstein)
A partire dal XVI secolo si forma un’«economia-mondo» europea (vs. mini-sistemi e
imperi-mondo): «catene delle merci», singola divisione del lavoro e molteplici
sistemi politici indipendenti.
Il sovrappiù prodotto era appropriato dal centro, mentre la periferia si impoveriva.
Nel corso del tempo il sistema si espandeva sempre più, fino all’unificazione nel XIX
secolo: è il sistema-mondo capitalistico.
Oltre allo sfruttamento del lavoratore da parte del capitalista, vi è lo sfruttamento
della periferia da parte del centro, con la mediazione della semi-periferia
La crisi del paradigma dello sviluppo (anni ‘70-‘80)
Già nel corso degli anni ‘60 era diventato chiaro che l’impostazione
degli aiuti allo sviluppo non aveva dato i risultati sperati:
• La crescita demografica aveva assorbito la crescita economica.
• Spesso agli aiuti corrispondeva una contropartita politica
• Gli aiuti servivano alla guerra fredda (investimenti militari)
• Gli aiuti erano pensati per favorire le multinazionali esportatrici
Inoltre, è legittimo chiedersi quali sono gli effetti indesiderati degli aiuti
economici ai paesi in via di sviluppo.
La crisi del paradigma dello sviluppo (anni ‘70-‘80)
Le vicende petrolifere degli anni ’70 colpiscono in modo particolare i
PVS non produttori di petrolio: indebitatisi negli anni ‘60, vengono
schiacciati dal rialzo dei tassi d’interesse nei primi anni ‘80.
Sono così costretti a contrarre nuovi debiti per pagare gli interessi.
È la spirale del debito  WB e FMI garantiscono i
debiti in cambio di riforme strutturali.
Molti paesi fanno default in questi decenni.
È anche il periodo dell’impegno in favore dell’Africa.
La crisi del paradigma dello sviluppo (anni ‘70-‘80)
I limiti ecologici dello sviluppo erano sempre più evidenti.
L’interdipendenza globale era evidente.
Nel 1973 i paesi non allineati proposero un Nuovo ordine economico
internazionale (NOEI)  unità del Terzo Mondo, potere contrattuale (crisi
petrolifere)
mercati più equi, maggiori trasferimenti finanziari, maggiore
equilibrio politico
Fine anni ’70  niente di fatto
La crisi del paradigma dello sviluppo (anni ‘70-‘80)
Mito terzomondista (in occidente): è in questi paesi che è
possibile tornare ad uno stato di natura equilibrato e benevolo,
in contrasto con la malvagità dell’occidente sviluppato.
Mito che si scontra con l’evidenza delle atrocità commesse da
governi locali e con l’eterogeneità sociale, politica e culturale
del Terzo Mondo stesso.
Lo stesso Terzo Mondo si andava differenziando, per es. NICs e
Quarto Mondo.
La crisi del paradigma dello sviluppo (anni ‘70-‘80)
Lo sviluppo alternativo
Nelle loro differenze, la TdM e la TdD condividevano una stessa visione
dello sviluppo: crescita economica, sviluppo industriale, aumento dei
consumi, urbanizzazione, scolarità, …
Ma l’evidenza empirica era fallimentare.
Già negli anni ‘70 inizia ad essere elaborata una nuova concezione dello
sviluppo, basata sui basic needs e sulla self-reliance: lo sviluppo è un
processo che parte dal basso, con il coinvolgimento delle popolazioni.
Bisogni essenziali e self-reliance (anni ‘80)
Prima dello sviluppo economico, è necessario assicurare i
bisogni essenziali della popolazione: cibo sufficiente,
abbigliamento, casa, lavoro.
Sconfiggere la povertà assoluta, intervenendo anche sulla
distribuzione del reddito: l’eccessiva concentrazione è un
ostacolo allo sviluppo.
Self-reliance  abbandonare gli stili di vita occidentali
Sviluppo rurale (non industriale), servizi domestici, sanità,
sussidi alimentari e capitale umano  non solo reddito
Bisogni essenziali e self-reliance (anni ‘80)
Gli interventi del FMI ostacolarono gli investimenti in welfare.
Ma a partire dagli anni ‘80 vi è una forte crescita delle ONG che
lavorano proprio sui basic needs.
Ambiguità e rischi dell’approccio dei basic needs.
Bisogni essenziali e self-reliance (anni ‘80)
Dall’approccio dei basic needs si sviluppa quello della self-reliance: i pvs
devono contare sulle loro capacità e risorse, anche al fine di allentare la
dipendenza dall’esterno.
Self-reliance significa produrre internamente ciò che è necessario per
soddisfare i basic needs, e quindi rifiutare la penetrazione economica e
culturale  non si devono imitare i paesi sviluppati.
Produrre localmente per consumare localmente, al massimo selfreliance collettiva.
Enfasi su comunità e relazioni locali; anticapitalismo; antistatalismo.
Lo sviluppo sostenibile (anni ‘90)
Già dall’inizio degli anni ‘70 emerge la questione della sostenibilità della
crescita in un mondo con risorse finite
 The Limits to growth del Club di Roma mostrava come crescita della
popolazione, della produzione agricola e industriale e dell’inquinamento
avrebbero avuto conseguenze catastrofiche.
Bisognava porre dei limiti alla crescita, puntare alla «crescita zero».
Il libro ebbe grandissimo successo, anche se le previsioni si sono rivelate
in gran parte sbagliate  il merito sta nell’aver messo a fuoco la
questione della sostenibilità di medio-lungo periodo della crescita.
Lo sviluppo sostenibile (anni ‘90)
Critiche alla proposta della «crescita zero»  e i paesi non ancora
sviluppati? E le risorse non rinnovabili?
Rapporto Brundtland (1987)  sviluppo sostenibile: «quello che
consente di soddisfare i bisogni dell’attuale generazione senza
compromettere la capacità di quelle future di soddisfare i loro».
Varie conferenze/summit internazionali, in particolare Kyoto 1997.
Uno degli sviluppi teorici più interessanti è quello della teoria dei
commons
Lo sviluppo sostenibile (anni ‘90)
Elementi dell’approccio dello sviluppo sostenibile:
• la crescita deve proseguire
• rispettando i limiti delle risorse e i bisogni delle generazioni future
• al fine di soddisfare i bisogni umani piuttosto che criteri di utilità
economica.
Lo sviluppo pone quindi un problema di sostenibilità ecologica
(protezione ecosistemi), economica (eco-efficienza delle risorse) e
sociale (equità distributiva)  spesso le tre prospettive sono in conflitto
tra loro.
Lo sviluppo sostenibile è la visione mainstream, pur con molte
differenziazioni al suo interno: ottimisti vs. pessimisti.
Lo sviluppo sostenibile (anni ‘90)
Dal punto di vista dell’equità Nord/Sud, la prospettiva dello sviluppo
sostenibile pone dei problemi: interessi e sensibilità sono diversi e in
conflitto.
La prospettiva della crescita zero penalizza i pvs: sono troppi, non
hanno coscienza ambientale, sono responsabili dei danni ambientali.
Concetto di spazio-ambiente: i paesi sviluppati utilizzano risorse dei
pvs, compromettendo il loro sviluppo (vedi anche rifiuti):
Importazione di terra – esportazione di costi ambientali.
Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00)
Due reazioni alla crisi del «paradigma dello sviluppo»:
1)
Sviluppo alternativo
2)
Alternative allo sviluppo
A livello governativo (mondiale, locale) rimane dominante la
concezione classica dello sviluppo, anche se influenzata dalle nuove
prospettive.
Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00)
Sviluppo alternativo
È chiaro che capitale e tecnologia non sono sufficienti.
Enfasi sulla partecipazione dal basso (self-reliance) comunità come
risorsa di capitale sociale.
Sviluppo partecipato (bottom-up) con progetti di piccola scala: promosso
dalla banca Mondiale.
Parola d’ordine: empowerment  avere il controllo sulla propria vita (Sen)
Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00)
Sviluppo alternativo
L’enfasi sulla comunità si accompagna ad una crescente diffidenza nei
confronti dei governi.
Le ONG acquistano sempre più rilevanza nello sviluppo dei pvs,
promuovendo progetti su piccola scala coinvolgendo le comunità
locali.
Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00)
Sviluppo alternativo
Commercio equo e solidale  consente ai produttori locali di
ottenere compensi equi e rispettosi, quindi riduzione povertà, prezzo
equo.
Cerca di superare le asimmetrie di mercato di cui sono vittime i
produttori locali, le ONG si propongono di ristabilire condizioni di
equità nello scambio
Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00)
Sviluppo alternativo
Microcredito (Yunus)  far uscire dalla povertà erogando piccoli crediti
per avviare attività economiche.
Elementi di base:
Group lending  gruppo di debitori legati da solidarietà reciproca
Lending to women  migliori clienti, attente al welfare famigliare
Il microcredito si è sviluppato enormemente, anche in Italia (per es. Banca
Etica)
Gli approcci
Mainstream  economico, macro-strutturale
Innovazione  sviluppo bottom-up
Counterpoint  normativo, individuale
Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00)
Le alternative allo sviluppo
Critica allo sviluppo come sola questione economica, critica ai fondamenti
dell’economia accademica, critica al capitalismo  movimento per la
decrescita
Lo sviluppo è (anche) giudizio di valore: sviluppo come libertà positiva,
sostanziale (Sen)  bisogna essere messi nelle condizioni di realizzare le
proprie aspirazioni
Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00)
Le alternative allo sviluppo
Critica dell’«ideologia» del mercato (e del FMI) (Polanyi, Sen, Stiglitz)
Il protezionismo in alcuni settori consente lo sviluppo
proteggendo dalla concorrenza dei paesi forti
Sono noti i fallimenti del mercato
Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00)
Dopo sviluppo e decrescita
Lo sviluppo va rifiutato perché ha prodotto gravi danni all’ambiente e
alle popolazioni povere.
Sviluppo come occidentalizzazione.
Lo sviluppo non può essere sostenibile, soluzione antimodernista 
decrescita
Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00)
Dopo sviluppo e decrescita
Il movimento della decrescita rifiuta il dogma della crescita
economica  le risorse naturali sono limitate, anche dal punto di
vista sociale si producono disuguaglianze.
È necessaria un’organizzazione della vita sociale ed economica
radicalmente diversa.
Conclusioni
Il tema dello sviluppo appare saldamente nelle mani delle istituzioni
del Washington consensus (World Bank, International Monetary Fund,
G8).
Revival della cd. neo-modernizzazione (anche per la scomparsa
dell’URSS): stesso obiettivo ma meno meccanicamente, importanza
dei fattori culturali  alcune culture sono portatrici di valori avversi
allo sviluppo  il problema è quindi quello di diffondere valori
favorevoli al progresso e allo sviluppo, cioè quelli occidentali
(Huntington, Harrison).
Conclusioni
Anche la ricetta di J. Sachs in The End of Poverty si inserisce nel solco
della neo-modernizzazione  le società tradizionali devono
assumere caratteri di quelle aperte (occidentali): diritti di proprietà,
divisione del lavoro, mobilità, …
Millennium Development Goals