Hag Ha Sukkot Festa delle Capanne Hag Ha Sukkot FESTA DELLE CAPANNE SUKKOT FESTA CELEBRATA IL 15 TISHRI (FINE SETTEMBRE INIZIO OTTOBRE) FESTA CHE DURAVA OTTO GIORNI, DI CUI L’ULTIMO ERA IL PIU’ SOLENNE, QUASI COME UNA FESTA A SÉ Shemini atzeret: ‘ottavo di chiusura’. Sukkot Sukkot = Festa delle capanne Dal 15° giorno al 22° del mese lunare di Tishrì (settembre-ottobre). Il popolo saliva a Gerusalemme per celebrare la festa, che durava sette giorni, nel periodo autunnale. E' la terza e anche la più festosa delle tre feste, chiamate del pellegrinaggio: - Pesach = Pasqua - Shavuot = Pentecoste - Sukkot = Capanne (Es.23, 14-17) Significato della festa La festa di Sukkot ha un doppio significato: agricolo e storico Anticamente era la festa agricola del raccolto autunnale, in cui si offrivano a Dio i frutti della terra (si celebrava la vendemmia e la fine dell'anno agricolo). Col tempo è divenuta la celebrazione della memoria delle capanne abitate dagli ebrei durante i 40 anni della loro permanenza nel deserto, dopo l’uscita dall’Egitto. Lev 23, 42 “Dimorerete in capanne per sette giorni; tutti i cittadini d’Israele dimoreranno in capanne” Alle origini della festa Sukkoth è la terza delle feste di pellegrinaggio. Alle feste di pellegrinaggio, oltre al significato religioso, si attribuisce anche un significato storico e agricolo. Esse sono legate tra di loro dal filo storico dell’uscita dall’Egitto e della permanenza nel deserto. La festa di Pesach, cioè il momento dell’uscita dalla schiavitù, riveste indubbiamente una particolare importanza. Ma la gioia era oscurata sia dal peso delle vittime egiziane, sia dall’incognita di un futuro che prevedeva un lungo viaggio e una dura lotta per raggiungere e poter dimorare liberi e sovrani nella terra da Dio promessa. La consegna della Torah a Shavuot aveva certamente lasciato gli animi del popolo turbati e intimoriti. Essa infatti impegnava all’osservanza non solo di leggi, ma anche di comportamenti totalmente nuovi e assai difficili, soprattutto se raffrontati a quelli di uso presso tutti gli altri popoli dell’epoca. (...) Sukkoth era la festa di pellegrinaggio che in un certo senso simboleggiava la fine della sofferenza, l’acquisita comprensione e accettazione della Torah, la fine del lungo, faticoso, a volte doloroso pellegrinare nelle impervie vie del deserto, e il raggiungimento della Terra in cui finalmente il pensiero, a lungo maturato, si sarebbe trasformato in azione lieta e consapevole. (...) Si viveva in terra di Israele l’anno agricolo. Gli ebrei erano infatti una popolazione prevalentemente agricola. A Pesach iniziava la mietitura dell’orzo, ma quella del grano era ancora lontana. A Shavuoth si iniziava la mietitura del grano e si raccoglievano le primizie, ma prima che giungesse il momento della vendemmia doveva trascorrere il lungo e spesso difficile periodo estivo. (...) Sukkoth, hag ha-asif, festa del raccolto, dell’ultimo raccolto, quello autunnale, era quindi un momento di grande, totale gioia: con i magazzini ricolmi del raccolto appena terminato, si lasciavano alle spalle le preoccupazioni e ci si preparava ad attendere con serenità e letizia il lungo periodo di riposo fino all’arrivo della nuova stagione della semina. La Festività nella Bibbia Sukkot nella Torah viene chiamata: ■ Festa dei Tabernacoli (Lv 23,34; Dt 16,13-16; 31,10; Zc 14,16. 18-19; Esd 3,4; 2 Cr 8,13) ■ Festa del raccolto (Es 23,16; 34,22) ■ La festa (1 Re 8,2; Ez 14,23; 2 Cr 7,8) ■ La festa del Signore (Lv 23,39; Gdc 21,19) La Festività nella Bibbia Nella letteratura ebraica posteriore viene chiamato chag ("La festa"). Inizialmente era una festa a carattere agricolo; questo è evidente dal nome hag ha-Assif "Festa del raccolto", dalle cerimonie che la caratterizzano, dalla stagione in cui viene celebrata: "Osserverai la festa della mietitura, delle primizie dei tuoi lavori, di ciò che semini nel campo; la festa del raccolto, al termine dell'anno, quando raccoglierai il frutto dei tuoi lavori nei campi." (Es 23,16) E’ una festa caratterizzata da un’intensa gioia popolare tale che era anche detta Zeman Simhatenu (tempo della nostra gioia-allegria). Le ragazze cantavano e danzavano nelle vigne, in abito bianco cfr. Gdc 21, 19-21. Anche nei tempi del Nuovo Testamento la festa e le danze nell’atrio del tempio, hanno allietato la presenza di Gesù nei suoi pellegrinaggi a Gerusalemme La Festività nella Bibbia (La terra e i suoi frutti sono dono di Dio) Dt 16, 13-16 (tradizione Deuteronomista, 600 a.c.) "Celebrerai la festa delle capanne per sette giorni, quando raccoglierai il prodotto della tua aia e del tuo torchio; gioirai in questa tua festa, tu, tuo figlio e tua figlia, il tuo schiavo e la tua schiava e il levita, il forestiero, l'orfano e la vedova che saranno entro le tue città. Celebrerai la festa per sette giorni per il Signore tuo Dio, nel luogo che avrà scelto il Signore, perché il Signore tuo Dio ti benedirà in tutto il tuo raccolto e in tutto il lavoro delle tue mani e tu sarai contento." (Dt 16,13-15) (Questo testo richiama Dt 26, 1-11, l’antico credo d’Israele). Si configura come un ringraziamento per i frutti del raccolto (vedi Giudici 9,27). Rappresentando la fine dei raccolti, è considerata come un ringraziamento alla natura per i frutti che ha donato nell'anno trascorso. La Festività nella Bibbia la festa diventa il “memoriale” (il passato agisce nel futuro) Lev 23, 39-43 (tradizione sacerdotale, circa 550 a.c.) Il testo su questa festa già inizia al v.33. dove si afferma che deve essere celebrata in assemblea o al tempio. “Ora il quindici del settimo mese, quando avrete raccolto i frutti della terra, celebrerete una festa al Signore per sette giorni; il primo giorno sarà di assoluto riposo e così l’ottavo giorno. Il primo giorno prenderai frutti degli alberi migliori: rami di palma, rami con dense foglie e salici del torrente e gioirete davanti al Signore vostro Dio per sette giorni. Celebrerete questa festa in onore del Signore, per sette giorni, ogni anno. E’ una legge perenne di generazione in generazione. La celebrerete il settimo mese. Dimorerete in capanne per sette giorni; tutti i cittadini d’Israele dimoreranno in capanne, perché i vostri discendenti sappiano che io ho fatto dimorare in capanne gli Israeliti, quando li ho condotti fuori dal paese d’Egitto. Io sono il Signore vostro Dio”. Per la prima volta appare l’invito a costruire delle capanne e viene indicato il significato “storico” della celebrazione: “i vostri discendenti sappiano che io ho fatto dimorare in capanne gli Israeliti quando li ho condotti fuori dal paese d’Egitto” (v.43) Da una festa agricola si passa ad una festa “storicizzata”, per ricordare il tempo del cammino nel deserto quando il popolo era nomade e viveva nelle tende (l’Esodo). La Festività nella Bibbia L'osservanza ebraica in seguito all'esilio Dopo il ritorno in Israele, al termine dell'esilio in Babilonia, gli ebrei ripresero l'osservanza della festa di Sukkot. Notizia ne può essere trovata in Esdra 3,4: "Celebrarono la festa delle capanne secondo il rituale e offrirono olocausti quotidiani nel numero stabilito dal regolamento per ogni giorno." Neemia 8, 13-18 ( 390 a.c.) “…i capifamiglia di tutto il popolo, i sacerdoti e i leviti si radurarono presso Esdra la scriba per esaminare le parole della Legge. Trovarono scritto nella legge data dal Signore per mezzo di Mosè, che gli Israeliti dovevano dimorare in capanne durante la festa del settimo mese. Allora fecero sapere la cosa e pubblicarono questo bando in tutte le città e in Gerusalemme; «Andate la monte e portatetene rami d’ulivo, rami di olivastro, rami di mirto, rami di palma e rami di alberi ombrosi, per fare capanne, come sta scritto». Allora il popolo andò fuori, portò i rami e si fece ciascuno la sua capanna sul tetto della propria casa, nei loro cortili, nei cortili della casa di Dio, sulla piazza della porta delle Acque e sulla piazza della porta di Efraim. Così tutta la comunità di coloro che erano tornati dalla deportazione si fece capanne e dimorò nelle capanne.Dal tempo di Giosuè figlio di Nun fino a quel giorno, gli Israeliti non avevano più fatto nulla di simile. Vi fu gioia molto grande”. Secondo la versione che Neemia riporta della celebrazione, le Leggi venivano lette tutti i giorni e l'ottavo veniva celebrato in assemblea solenne. Siamo nel contesto della ricostruzione - teologica del dopo esilio e Israele si stringe sempre più attorno alla Legge. La Festività nella Bibbia Il messianismo Zaccaria 14, 16-18 (300 a.c.) “ Allora fra tutte le genti che avranno combattuto contro Gerusalemme, i superstiti andranno ogni anno per adorare il re, il Signore degli eserciti, e celebrare la festa della capanne. Se qualche stirpe della terra non andrà a Gerusalemme per adorare il re, il Signore degli eserciti, su di essa non ci sarà pioggia. Se la stirpe d’ Egitto non salirà e non vorrà venire, sarà colpita dalla stessa pena che il Signore ha inflitto alle genti che non sono salite a celebrare la festa delle capanne”. Il tempo finale, messianico, sarà una perpetua festa delle Capanne e Yahwè sarà il Signore di tutti i popoli. Chi non vi parteciperà sarà minacciato di siccità! I segni e i simboli della Festa - I frutti le primizie da presentare al Signore; - Le capanne ci ricordano il cammino nel deserto; - Il Lulav fascio unico composto da 4 erbe aromatiche che rappresenta l‘unità della comunità nella diversità e la totalità dell’uomo nelle sue differenti parti. - L’acqua rito delle pioggie e dell’abbondanza del raccolto; sorgente di salvezza - La luce Gerusalemme è illuminata e il Tempio ne è il faro I Frutti = le primizie Ci ricordano che dipendiamo da Dio per il nostro nutrimento. Vivendo in un universo urbano, talora dimentichiamo che il nostro mondo produce grazie alla benedizione divina e al nostro lavoro. A Succot i nostri pensieri si chinano verso le bellezze del mondo e verso Dio che e' il vero proprietario della terra e dei suoi prodotti, e prendiamo coscienza che noi siamo i responsabili del nostro ambiente e dell’uso dei beni terreni. Le Capanne La parola "sukkot" (lett. “capanne”) è il plurale della parola ebraica "sukkah" che significa, per l'appunto capanna. Il termine sukkah nel linguaggio comune indica proprio la capanna che viene costruita appositamente per la celebrazione della festa. La capanna deve avere delle dimensioni particolari e deve avere come tetto del fogliame piuttosto rado, in modo che ci sia più ombra che luce, ma dal quale si possano comunque vedere le stelle. È uso adornare la sukka, la capanna, con frutta, fiori, disegni e così via. Le pareti possono essere costituite da tende di stoffa. Le capanne devono essere gradevoli alla vista, quindi guarnite di ghirlande e di ornamenti. Molti tuttora appendono alle pareti e al soffitto rami d’olivo carichi dei loro frutti e di cedri, ghirlande di fichi e di melograni, e grappoli d’uva. Sia alle pareti sia sul pavimento, vengono messi drappi, tappeti e lumi per rendere le capanne accoglienti come una casa. La sukka non è valida se non è sotto il cielo: l'uomo deve avere la mente e lo spirito rivolti verso l'alto: un monito perché tengano sempre presente, ovunque le vicissitudini della vita li conducano, di lasciare simbolicamente anche nelle loro abitazioni usuali uno spazio da cui entri la luce di Dio. Costruzione della sukka La Sukkah Secondo la halakha la costruzione di una sukkah deve avvenire in modo che il soffitto sia coperto di rami, chiamati s'chach, garantendo che il soffitto stesso permetta che almeno la metà della luce diurna entri creando al suo interno un effetto di ombra prevalente. Il cibarsi presso la capanna indicato nel Deuteronomio, viene prescritto espressamente nel Levitico. Alle capanne viene attribuito un valore simbolico e vengono correlate con la sopravvivenza al deserto: "Dimorerete in capanne per sette giorni; tutti i cittadini d'Israele dimoreranno in capanne, perché i vostri discendenti sappiano che io ho fatto dimorare in capanne gli Israeliti, quando li ho condotti fuori dal paese d'Egitto." (Lv 23,42-43) Viene qui indicato il motivo della trasformazione della festa da agricola a storica. Il Lulav Un comandamento presente nel libro del Levitico recita: "Il primo giorno prenderete frutti degli alberi migliori: rami di palma, rami con dense foglie e salici di torrente e gioirete davanti al Signore vostro Dio per sette giorni" (Lv 23,40). La Torah ordina agli ebrei di utilizzare, per la celebrazione della festa, quattro specie di vegetali: - il Lulav (un ramo di palma di dattero); - l’Etrog (un cedro); - l’Hadas (un ramo di mirto); - l’Aravà un ramo di salice). Un fascio di vegetali è composto da un ramo di palma, due di salice, tre di mirto e da un cedro che va agitato durante le preghiere. Il cedro viene impugnato separatamente dai rami che invece sono legati assieme. La modalità per comporre queste specie non viene indicata e dà origine a parecchie diverse interpretazioni in epoca successiva. I Sadducei ed i Karaiti sostennero che essi dovessero essere intesi come materiali per la costruzioni delle capanne così come appare in Nehemia 8,14-18, mentre i loro rivali sostennero che dovessero essere portati in processione. Inizialmente questi rami potevano essere usati nei balli delle feste così sembrava naturale utilizzarli per adornare se stessi con primizie e ghirlande. Da questo supposero che dovessero essere tenute in mano e da questo nacque probabilmente il Lulav. Il Lulav Un altro precetto fondamentale della festa è il lulav: Forte è il significato simbolico del lulav: la palma è senza profumo, ma il suo frutto è saporito; il salice non ha né sapore né profumo; il mirto ha profumo, ma non sapore ed infine il cedro ha sapore e profumo. Sono simbolicamente rappresentati tutti i tipi di uomo: tutti insieme sotto la sukka. Secondo un'altra interpretazione simbolica la palma sarebbe la colonna vertebrale dell'uomo, il salice la bocca, il mirto l'occhio ed infine il cedro il cuore. L'uomo rende grazie a Dio con tutte le parti del suo essere. E’ uso dopo la benedizione in sinagoga, agitarlo in quattro direzioni: nord, sud, est e ovest, perché la benedizione di Dio raggiunga tutto il mondo Il Lulav Attraverso il commento di un altro midrash ("processo di ricerca" )a proposito della mitzvà (comandamento)del lulav impariamo una grande lezione di unità e fratellanza:«Come I'Etrog (cedro) presenta sia gusto delizioso sia aroma fragrante allo stesso modo ci sono ebrei studiosi di Torà e osservanti delle Mitzvot; così come il Lulav (dattero) è di buon gusto, ma non ha fragranza, così ci sono in mezzo a Israele persone studiose di Torà ma che non osservano le mitzvot; come il mirto non ha gusto ma produce una meravigliosa fragranza così ci sono ebrei che pur essendo ignoranti nello studio della Torah si occupano di buone azioni; come il salice non ha né gusto né odore così ci sono Ebrei che non si occupano né di studiare Torà né di osservare le Mitzvot. Solo quando tutte queste tipologie di ebreo riusciranno a convivere e ad essere legati strettamente come uno solo potremo rallegrarci di fronte a Dio. L’ acqua L’invocazione delle piogge : si aspettano dunque con ansia le nuove piogge per l’abbondanza dei raccolti. Durante la festa delle Capanne si celebra pertanto una grande processione dell’acqua: i sacerdoti scendono dal Tempio, che è nella parte più alta di Gerusalemme, verso la piscina di Siloe. Lì i sacerdoti attingono l’acqua che poi portano in processione fino al Tempio, cantando il Salmo 118 (117). Quando arrivano sulla spianata del Tempio i sacerdoti fanno sette volte il giro dell’altare e poi vi versano dalle coppe l’acqua attinta alla piscia di Siloe. Ricordano così non solo i fiumi di acqua che scorrevano nell’Eden prima del peccato di Adamo, ma anche l’acqua scaturita dalla roccia nel deserto Nm 20, 2-13 ( l’acqua, che è fonte della vita, era immagine della legge) e il simbolo di speranza per l’avvento della liberazione ad opera del Messia Is. 12, 3. Inoltre non va dimenticata la profezia di Ezechiele 47, che annuncia appunto i fiumi di acqua viva, che danno vita e un raccolto abbondante in ogni mese dell’anno, e che scaturiscono dal lato destro del Tempio di Gerusalemme. La luce Durante questi giorni di festa il Tempio di notte veniva illuminato con un grande candelabro a sette braccia (la menorah) e con molte altre luminarie. Ogni sera, poi si accendevano quattro candelieri nel cortile delle donne e si diceva che illuminavano tutta Gerusalemme. Come raccontano alcune fonti dell’epoca, in quei giorni il tempio rappresentava uno spettacolo eccezionale e illuminava tutta la città. Il tempio è luce per la città. Liturgia I primi due giorni di Sukkot vengono celebrati come giorni di festa piena. I cinque giorni successivi, invece sono di mezza festa (Hol Hamo’ed) durante i quali vengono comunque osservati i precetti specifici della festa. Il settimo giorno (l'ultimo dei giorni di mezza festa) è chiamato "Hoshanah Rabbah" e deve essere osservato in maniera particolare. L'ultimo giorno, l'ottavo, viene celebrato come fosse una festa a sé e presenta delle preghiere e delle usanze particolari. ■ ■ ■ Hoshanah Rabbah – Il settimo giorno di Sukkot – הושענא רבא Shemini Atzeret – L'ottavo giorno di Sukkot – שמיני עצרת Simchat Torah – L'ultimo giorno di Sukkot – שמחת תורה In Israele Sukkot dura otto giorni, incluso il "Shemini Atzeret". Al di fuori di Israele (la cosiddetta Diaspora), Sukkot dura nove giorni. in questo caso l'ottavo giorno è "Shemini Atzeret" mentre il nono è detto Simchat Torah. In Israele i festeggiamenti legati a Simchat Torah (la gioia della Torah=Legge) si svolgono durante il giorno di Shemini Atzeret. In questo giorno, Simchat Torah, durante il servizio in sinagoga, viene letta l'ultima porzione della Torah. Nello Shabbat successivo, gli ebrei ricominciano la lettura della Torah dalla prima porzione, la prima parte del libro della Genesi, chiamata Bereshit. Il servizio è particolarmente gioioso e sono consentite, e spesso attese, simpatiche variazioni al normale procedere delle funzioni. Mentre è tradizione di tutte le correnti ebraiche ballare con i rotoli della Torah intonando canzoni legate alla festività, è usanza italiana quella di lanciare dal matroneo sui danzanti (ed in particolare ai bambini) manciate di caramelle e dolcetti vari. Nel calendario ebraico, Erev Sukkot (la sera di sukkot), la prima sera della festa, cade il 14 del mese di Tishri, così il primo dei giorni di Sukkot è il 15 di Tishri. Simhat Torah Simhat Torah la festività ebraica che si svolge al termine di Sukkot. In ebraico significa "Gioia della Torah": in questo giorno si completa la lettura annuale della Torah. La festa è molto gioiosa. Vengono estratti tutti i rotoli dall'arca santa presente nella sinagoga e con balli, danze e canti si fa festa. La persona a cui viene offerto il privilegio di concludere la lettura della Torah con il passo del Deuteronomio 34, 1-12 viene indicato con il nome di Hatan Torah (Sposo della Torah). Dopo di lui un'altra persona riprenderà la lettura della Torah dal primo versetto della Genesi. Questa persona verrà chiamata Hatah Bereshit (Sposo della Genesi). Sebbene la lettura della Torah inizi formalmente in questo giorno, lo shabbat successivo, la lettura della Torah riprenderà dal primo versetto della Genesi. Al tempo di Gesù Il popolo viveva nelle capanne per i sette giorni della festa. Anche il Tempio era illuminato a giorno, per permettere le danze. C’era una processione attorno all’altare, portando in mano un ramo e nell’altro un frutto, al canto del salmo 118. L’ultimo giorno al mattino si snodava la processione che dalla fonte di Siloe dove il sommo sacerdote aveva attinto acqua con un'anfora d'oro, giungeva al tempio. Ecco: con rito suggestivo, dopo che per sette volte i fedeli avevano girato intorno all'altare, l'acqua veniva versata col vino sull'altare degli olocausti. Si cantava il testo di Isaia: "Attingerete acqua con gioia alle fonti della salvezza" (Is 12, 3-6) L'atmosfera diventava incredibilmente carica di un senso religioso profondo e vibrante a causa della presenza di una moltitudine di fedeli. Nel vangelo di Giovanni si parla di Gesù che partecipa alla festa delle capanne, al cap. 7, 2.8.10.11.14.37-39 IL TESTO Gv 7, 2 : “Si avvicinava intanto, le festa dei giudei, detta delle Capanne”. Gv 7, 8 : “Andate voi a questa festa; io non ci vado, perché il mio tempo non è ancora scaduto”. Gv 7, 14 : “Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e vi insegnava”. Gv 7,37-38: “Nell'ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: « Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno»”. La grande proclamazione di Gesù alla festa delle Capanne acquista tutta la sua forza di auto-rivelazione, come “luce” del mondo, “acqua” di salvezza e messia atteso. L’INVITO DI CRISTO I sacerdoti scendevano nella piscina di Siloe per attingere acqua e versarla sull’altare. Questo rito implicava una preghiera per la pioggia. E’ in questo contesto che Gesù esclama:«Chi ha sete ha sete venga a me e beva, chi crede in me; come dice la scrittura: fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno» La cerimonia ricordava il versetto di Isaia : “Attingerete con gioia alle fonti della salvezza”. Acqua e Spirito Santo Gesù, acqua viva, muta il simbolo in realtà Is. 44,3; 55, 1 e i credenti diventano canale di vita per gli altri, attraverso lo Spirito di Cristo ricevuto dopo la sua glorificazione. Il dono dello Spirito è un segno dell’era messianica Gl 3, 12; At 2, 14-21 e nel contesto di Gv 3, 5 è il dono dell’acqua capace di spegnere la sete “dell’anima” I doni dello Spirito Santo Nel tempo della Pentecoste c’è il dono dello Spirito Santo (la nuova acqua); con questo dono l’uomo può portare frutti sempre nuovi. Per S. Paolo i frutti dello Spirito sono: “amore, gioia, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è legge” Gal 5, 22-23; Ef 5, 18-20 La luce E’ sempre nel contesto liturgico e simbolico della festa delle Capanne, in cui il tempio è luce per la città, che Gesù esclama : “Io sono la luce del mondo” Per noi oggi Il Chidà (il famoso rabbino Chayim Yosef David Azulai, nato nella terra d'Israele ma venuto a vivere in Italia, a Livorno, nella seconda metà del '700) scrisse che uno dei significati della festa di Sukkot è sottolineare la precarietà di questo mondo e della nostra vita. Il mondo in cui viviamo non è che una capanna provvisoria e instabile. Per noi oggi Il segreto di questa festa risiede nella volontà di affermare la vita, il positivo, di guardare la bellezza del mondo. Per questo si ringrazia. La vita e l’amore continuano a prevalere sulle forze oscure e negative del male. Ringraziamo per i frutti della terra e gioiamo per la bontà del creato Per noi oggi Ringraziamo per la nostra storia personale e quella del mondo intero. Facciamo memoria del nostro essere “nomade” nel mondo, come per gli ebrei nel deserto. Ci chiediamo quali sono i “frutti profetici” che segnano il nostro tempo. Un nome per una località Il nome "sukkot" appare ripetute volte nella Torah come nome di località ■ Gli Israeliti partirono da Ramses alla volta di Succot (Esodo 12, 37); nome civile che indica la località di Pithom. ■ Quando Mosè divise la terra attribuì alla tribù di Gad nella valle: Bet-Aram e BetNimra, Succot e Zafon, il resto del regno di Sicon, re di Chesbon. Il Giordano era il confine sino all'estremità del mare di Genesaret oltre il Giordano, ad oriente (Giosuè 13, 27). Qui Giacobbe (Genesi 32, 17.30; 33, 17), di ritorno da Padan-aram dopo il suo dialogo con Esaù, costruì la casa per sé ed eresse una capanna per il suo bestiame. ■ Poi Gedeone, figlio di Joas, tornò dalla battaglia per la salita di Cheres. Catturò un giovane della gente di Succot e lo interrogò; quegli gli mise per iscritto i nomi dei capi e degli anziani di Succot: settantasette uomini. Poi venne alla gente di Succot e disse: "Ecco Zebach e Zalmunna, a proposito dei quali mi avete insultato dicendo: Hai tu forse già nelle mani i polsi di Zebach e Zalmunna perché dobbiamo dare il pane alla tua gente stanca?". Prese gli anziani della città e con le spine del deserto e con i cardi castigò gli uomini di Succot (Giudici 8:13-16). ■ Il re li fece fondere nella valle del Giordano, in suolo argilloso, fra Succot e Zartan (1 Re 7, 46). FESTA DELLE CAPANNE Celebrazione per la fine della stagione dei raccolti “nessuno si presenterà davanti al Signore a mani vuote” (Dt 16,16)