Consacrazione a Gesù per le mani di Maria
di san Luigi Grignion de Montfort
Consapevole della mia vocazione cristiana,
io rinnovo oggi nelle tue mani, o Maria,
gli impegni del mio Battesimo.
Rinuncio a Satana,
alle sue seduzioni, alle sue opere,
e mi consacro a Gesù Cristo
per portare con Lui la mia croce
nella fedeltà di ogni giorno alla volontà del Padre.
Alla presenza di tutta la Chiesa
ti riconosco per mia Madre e Sovrana.
A te offro e consacro la mia persona,
la mia vita e il valore delle mie buone opere,
passate presenti e future.
Disponi di me e di quanto mi appartiene
alla maggior gloria di Dio,
nel tempo e nell'eternità.
L'appartenenza a Lei, che ci ama personalmente e desidera la nostra santità, ci rende partecipi
della sua missione universale: portare Gesù a tutti coloro che attendono di incontrarlo per
essere felici.
Perchè essere tutto di Maria?
Perché Dio, nel suo progetto, l'ha voluta come mezzo efficace, via più breve per raggiungere
Lui.
Non più breve o più facile perché ci tenga lontano dalle prove, dalle difficoltà, ma è la via che
Dio stesso ha percorso per manifestarsi al mondo.
La consacrazione a Maria si caratterizza per due atteggiamenti di fondo: la fiducia e l'offerta.
Fiducia in Maria perché crediamo al suo amore e alla sua missione di Madre; la sentiamo figura
e compimento di quello che anche noi saremo.
Da qui scaturisce l'offerta: riconoscendo la specificità della sua mediazione materna, ci
affidiamo alla sua azione, sapendo che nelle sue mani, nulla andrà perduto.
Che cosa offriamo a Maria?
Quello che siamo:
il nostro spirito con le sue aspirazioni;
la nostra mente con i suoi pensieri, intuizioni, angosce e desideri,
il nostro corpo con tutte le sue facoltà e sofferenze,
il nostro cuore con tutti i suoi affetti, i sentimenti, la capacità di amare e di donare.
Quello che facciamo:
ogni azione, ogni parola, ogni gesto, il lavoro.
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Spesso ci sembrerà di non avere nulla da offrire a Maria perché sentiremo tutta la realtà dei
nostri limiti umani e spirituali; l'incapacità di compiere il bene che vorremmo; il peso del nostro
peccato…ma è proprio questo che dobbiamo mettere nel cuore e nelle mani di Maria.
Lei prende tutto di noi, lo arricchisce dei suoi meriti e lo offre al Padre come fosse suo.
Imitare Maria: questo è il primo passo che scaturisce dalla consacrazione a Lei e che giorno
dopo giorno dà spazio in noi al volto di Cristo e ci rende suoi testimoni.
Come si vive la consacrazione a Maria?
La consacrazione deve essere un atto libero e cosciente, accettato e vissuto come un
dono. Per prepararsi efficacemente a compiere questo atto, è bene conoscere ciò che la Chiesa
insegna sulla Madre di Dio, e approfondire, con l'aiuto di qualche testo adatto, il significato di
tale consacrazione.
Stabilita una data, in un momento di preghiera o anche al termine di una Celebrazione
Eucaristica, si recita la formula di consacrazione adatta, che in seguito è bene rinnovare
frequentemente.
Come segno dell'avvenuta consacrazione, Padre Kolbe invitava a portare la Medaglia
miracolosa, ma soprattutto ad essere veri figli e apostoli di Maria nel proprio ambiente. Con la
consacrazione, infatti, non si crea solo una relazione esterna con Maria, diventando suo figli,
ma si opera un'autentica e graduale trasformazione di tutto il nostro essere e agire in Lei.
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In che cosa consiste
la Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria?
La consacrazione consiste in un rapporto filiale di particolare appartenenza a Maria.
Le sue origini coincidono, sia pure in forma embrionale, con l'inizio del culto mariano nella
Chiesa. Già l'antichissima preghiera: "Sotto la tua protezione" (Sub tuum praesidium), esprime
la consegna fiduciosa del fedele alla Vergine Maria.
In ogni epoca, i fedeli innamorati di Maria, hanno espresso questa singolare consegna della
propria persona con modalità e forme diverse. S.Luigi Grignon da Montfort è considerato il
principe di coloro che hanno promosso la pratica della consacrazione a Maria fondata su
principi dottrinali molto seri. Accanto al Montfort, sarebbe opportuno ricordare una schiera
innumerevole di altri teologi e santi che hanno offerto il loro contributo dottrinale per illustrare
il singolare rapporto del fedele che si consacra alla Vergine Maria.
I Pastori sono incoraggiati a promuovere la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, con
particolare impegno e zelo pastorale, per il bene spirituale dei fedeli, traendo ispirazione dal
magistero della chiesa, relativo a questo tema, e dall’operato stesso degli ultimi pontefici che
hanno ripetutamente praticato la Consacrazione sia del genere umano che di singole nazioni.
Attualità della Consacrazione
La Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria costituisce un singolare evento di grazia del
secolo XX°.
Il "secolo breve", come è stato soprannominato, ha visto il mondo consacrato, da parte della
Chiesa, al Cuore Immacolato come la Madonna stessa aveva chiesto a Fatima.
Pio XII, il 31 ottobre del 1942, consacrò al Cuore Immacolato di Maria tutta l'umanità. Paolo
VI, al termine del Concilio Vaticano II la ripeté e la rinnovò nel 1967. Giovanni Paolo II volle
a sua volta rinnovarla, in comunione con tutti i Pastori della Chiesa, dietro consiglio di suor
Lucia, il 25 marzo 1984.
Ciò è accaduto, è bene dirlo con franchezza, come risposta alla richiesta esplicita di Maria, fatta
nelle apparizioni di Fatima. La Consacrazione non può e non deve esaurirsi in una formula
recitata. Essa, per sua natura, impegna tutta la vita. Non è quindi una pratica, ma una scelta
di vita.
La Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria corrisponde ad un disegno di Dio: pertanto non
fa meraviglia che la Vergine l'abbia chiesta e voglia portarla a pieno compimento.
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UNA VERITA' PIENAMENTE LUMINOSA
SOLO NEL NOSTRO TEMPO
La Maternità di Maria: fondamento della consacrazione
Sebbene la Consacrazione a Maria affondi le sue radici fin dagli inizi del culto mariano, e sia
stata espressa dai fedeli, nelle varie epoche, con formule e modalità diverse, essa, tuttavia, è
stata considerata una pratica che scaturiva da una sovrabbondanza di affetto da parte di anime
particolarmente innamorate di Maria.
Lo stesso tentativo che la teologia ha fatto per giustificare questo particolare rapporto del
fedele con Maria, si limita a dimostrarne la fondatezza teologica e la convenienza spirituale. La
ragione che giustifica e postula che la consacrazione a Maria, di tutta l’umanità, si fonda sulla
sua maternità universale - vera maternità - come viene asserito dal Concilio Vaticano II.
La maternità di Maria, che abbraccia la Chiesa universale, proclamata da Paolo VI a chiusura
del terzo periodo del Concilio Vaticano II, sebbene intuita e testimoniata nel corso della storia
da tanti illustri Padri e Dottori della Chiesa, si è fatta pienamente luminosa solo ai nostri giorni.
La Consacrazione non è altro che la maternità di Maria, coscientemente accolta e vissuta da
ogni credente.
Consacrazione significa appartenenza esclusiva! Il termine "consacrazione" che si usa per
indicare l'appartenenza a Dio, rimane sempre unico ed esclusivo e non può, con lo stesso
significato, riferirsi a nessuno altro essere creato.
Alcune precisazioni
La problematica sorta circa la liceità di consacrarsi a qualcuno che non sia Dio, nel nostro caso
cade se si tiene conto che la natura dell’appartenenza a Maria va individuata nel rapporto
specifico che intercorre tra madre e figlio. Che Maria sia nostra Madre, in ordine alla grazia, fa
parte del piano salvifico di Dio ed è quindi doveroso rispettarlo! In definitiva, possiamo dire
che è Dio che ci ha consacrati a Maria rendendoci suoi figli.
Un’altra obiezione è quella che la ritiene superflua rispetto alla radicalità della consacrazione
battesimale.
La consacrazione a Maria è proprio in funzione di questa consacrazione battesimale: è il
riconoscimento e l’accoglienza del suo ruolo materno in ordine alla vita di grazia che nasce
mediante il battesimo. Lungi quindi dal sovrapporsi, o dall'oscurare la consacrazione
battesimale, quella mariana ne evidenzia, semmai, la necessità dell'azione materna in ordine
alla nascita e allo sviluppo di tale vita.
Accoglienza cosciente
Il fondamento biblico della maternità di Maria, va ricercato in Gv 19, 26-27.
"Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre:
"Donna, ecco il tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!". E da quel momento il
discepolo la prese nella sua casa".
Che Maria abbia accolto la sua maternità nei confronti del "discepolo", in modo cosciente, è del
tutto chiaro, ma è altresì chiaro che anche il discepolo accolse in modo cosciente questo suo
nuovo rapporto con la Madre di Gesù. E’ ormai convinzione comune che il 'Discepolo' a cui
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viene affidata Maria come Madre da Gesù morente è il prototipo di tutti i discepoli di Gesù, anzi
di tutti gli uomini, perché tutti sono chiamati, in Cristo, alla salvezza. Si richiede, dunque,
che come Giovanni accolse Maria come madre, ogni cristiano si apra a questa
accoglienza e prenda Maria come sua Madre.
La consacrazione al Cuore Immacolato di Maria in definitiva non è altro che l'accoglienza
concreta e cosciente della sua maternità nella nostra vita in conformità al disegno salvifico di
Dio.
COME SI VIVE LA CONSACRAZIONE?
Molti sono coloro che hanno scritto sul come vivere il nostro rapporto filiale (di consacrazione)
con Maria. Consegnandoci a Lei come docili figli, Le consentiamo di renderci partecipi del
mistero della sua "pura e incondizionata accoglienza di Dio mediante la fede, la speranza e la
carità". La salvezza, infatti, consiste nell'accogliere il Cristo nella nostra vita. L'esistenza di
Maria è, in grado sommo, pura accoglienza di Cristo, ancora più di quanto non fece l’apostolo
Paolo il quale diceva:
"Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita
nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio" (Gal 2,20).
Lei desidera accendere nei cuori dei figli la sua fede, speranza, carità... indispensabili per una
vera e fruttuosa accoglienza di Cristo in noi. Sotto questo aspetto possiamo parlare di
"ministero – nonché di mistero - proprio di Maria" individuandolo nella
partecipazione ai figli della sua capacità di accogliere Cristo, nostra salvezza.
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Cosa significa "consacrarsi a Maria"
"Consacrarsi alla Madonna" vuol dire accoglierla come vera madre, sull’esempio di Giovanni,
perché lei per prima prende sul serio la sua maternità su di noi.
La consacrazione a Maria vanta una storia molto antica, anche se si è andata sempre più
sviluppando negli ultimi tempi.
Il primo ad usare l’espressione "consacrazione a Maria" è stato San Giovanni Damasceno, già nella
prima metà del sec. VIII. E in tutto il Medioevo era una gara di Città e Comuni che "si offrivano"
alla Vergine, spesso presentandole le chiavi della Città in suggestive cerimonie. Ma è nel sec. XVII
che iniziarono le grandi consacrazioni nazionali: la Francia nel 1638, il Portogallo nel 1644,
l’Austria nel 1647, la Polonia nel 1656… [L’Italia arriva tardi, nel 1959, anche perché non aveva
ancora raggiunto l’unità al tempo delle consacrazioni nazionali].
Ma è specialmente dopo le Apparizioni di Fatima che le consacrazioni si moltiplicano sempre più:
ricordiamo la consacrazione del mondo, pronunciata da Pio XII nel 1942, seguita nel 1952 da quella
dei Popoli russi, sempre ad opera dello stesso Pontefice.
Ne seguirono tante altre, specie al tempo delle Peregrinatio Mariae, che terminavano quasi sempre
con la consacrazione alla Madonna.
Giovanni Paolo II, il 25 Marzo 1984, rinnova la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di
Maria, in unione con tutti i Vescovi dell’orbe che il giorno precedente, nelle loro Diocesi, avevano
pronunciato le stesse parole di consacrazione: la formula scelta iniziava con l’espressione della più
antica preghiera mariana: "Sotto la tua protezione ci rifuggiamo…", che è una forma collettiva di
affidamento alla Vergine da parte del popolo dei credenti.
Il senso forte della consacrazione
La consacrazione è un Atto complesso, che si diversifica nei vari casi: altro è quando un fedele si
consacra personalmente, assumendo impegni precisi, altro è quando si consacra un popolo,
un’intera Nazione o addirittura l’Umanità.
La consacrazione individuale è teologicamente ben spiegata da San Luigi Maria Grignion de
Montfort, del quale il Papa, con quel suo motto del "Totus tuus" [desunto dallo stesso Montfort, che
a sua volta lo aveva preso da San Bonaventura], è il primo ‘modello’.
Il Santo di Montfort sottolinea così due ragioni che ci spingono a farla:
1] Il primo motivo ci è offerto dall’esempio del Padre, che ci ha dato Gesù per mezzo di Maria,
affidandolo a lei. Ne consegue che la consacrazione è riconoscere che la divina maternità della
Vergine, sull’esempio della scelta del Padre, è la prima ragione di consacrazione.
2] Il secondo motivo è quello dell’esempio dello stesso di Gesù, Sapienza incarnata. Egli si è
affidato a Maria non solo per avere da lei la vita del corpo, ma per essere da lei "educato",
crescendo "in età, sapienza e grazia".
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"Consacrarsi alla Madonna" vuol dire, in sostanza, accoglierla come vera madre nella nostra vita,
sull’esempio di Giovanni, perché lei per prima prende sul serio la sua maternità su di noi: ci tratta
da figli, ci ama da figli, ci provvede tutto come a figli.
D’altra parte, accogliere Maria come madre significa accogliere la Chiesa come madre [perché
Maria è Madre della Chiesa]; e vuol dire accogliere anche i nostri fratelli in umanità [perché tutti
ugualmente figli della comune Madre dell’Umanità].
Il senso forte della consacrazione a Maria sta proprio nel fatto che con la Madonna noi vogliamo
stabilire un vero rapporto di figli con la madre: perché una madre è parte di noi, della nostra vita, e
non la si cerca solo quando se ne sente il bisogno perché c’è da chiederle qualcosa…
Siccome, poi, la consacrazione è di suo un atto che non è fine a se stesso, ma un impegno che va
vissuto giorno per giorno, impariamo – dietro i consigli del Montfort – a fare anche solo il primo
passo che essa comporta: fare tutto con Maria. La nostra vita spirituale ne guadagnerà di sicuro.
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Problemi attuali di mariologia di GIUSEPPE DAMINELLI
Le insidie di certa "consacrazione" a Maria
Nel mese di Maggio, tradizionalmente dedicato a Maria, non è raro sentire di persone che
affermano di "consacrarsi" a Maria. - Cosa significa in realtà questo termine, e quali pericoli
nell’uso improprio?
Un termine largamente usato nelle letteratura e nella pratica mariana degli ultimi secoli è senza
dubbio: consacrazione. Termine apparentemente di facile comprensione, ma che nasconde insidie e
obiezioni del tutto legittime, non solo da parte dei "critici", ma anche di coloro che ne valutano
positivamente la rilevanza pastorale.
Dopo alcuni precedenti nel Medioevo, le consacrazioni strettamente legate a Maria divennero un
movimento spirituale in Spagna (XVI-XVII secolo), poi con San Luigi Grignion de Montfort e
molti altri ebbero un notevole exploit. Dopo l’ultima guerra mondiale, tre Papi hanno rinnovato per
otto volte la consacrazione del mondo attraverso il Cuore Immacolato di Maria, secondo la richiesta
di Lucia, veggente di Fatima. Appare pertanto evidente che Maria ha un posto di primo piano
nell’avventura cristiana delle consacrazioni.
Alcune obiezioni teologiche
Ma questo generoso ardore ha suscitato riserve e polemiche. Si parla molto e in modo improprio di
«consacrazione a Maria». Ella ci consacra, a lei ci si consacra - viene aggiunto -. I teologi
oppongono a questo linguaggio le seguenti serie obiezioni.
1. Dio solo consacra, ossia si rende presente in noi, divinizza la nostra esistenza e la nostra
vita.
Ciò è vero e non dobbiamo dimenticarlo: ogni consacrazione è un dono gratuito di Dio che inizia
per opera sua e per opera sua si conclude, perché Lui solo può vincere l’inerzia della nostra natura
umana ed elevarci alla sua vita divina.
Giovanni Paolo Il non ha trascurato questa obiezione, ma l’ha ripresa e risolta secondo la Parola di
Gesù all’Ultima Cena: «Io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati» (Gv 17,19).
Il versetto ci ricorda che, a rigore di termini, non c’è che una consacrazione: quella di Gesù Cristo.
Nascendo fra gli uomini egli ha consacrato la sua umanità mediante l’unzione della sua divinità
stessa, e tale consacrazione, interiore al mondo creato, è un principio di consacrazione per il mondo
intero: radicalmente consacrato mediante Lui, chiamato ad entrare nella sua consacrazione.
2. La seconda obiezione afferma che esiste una sola consacrazione, il Battesimo. Attraverso
questo Sacramento Dio ci consacra imprimendo in noi un carattere indelebile.
Questa consacrazione non verrebbe offuscata parlando di altre, scadendo così nel particolarismo?
No, perché le consacrazioni votive hanno una funzione precisa nella Tradizione della Chiesa, in
particolare la consacrazione religiosa con i tre voti.
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Poiché il termine consacrazione è analogo, la «consacrazione religiosa» è relativa. Essa non ha altro
scopo che realizzare effettivamente la consacrazione del Battesimo. Così pure la consacrazione a
Maria o mediante Maria.
La predicazione cristiana e Grignion de Montfort stesso non hanno cessato di sottolinearlo con la
massima chiarezza: consacrarsi è offrirsi attivamente e generosamente alla consacrazione di Dio.
Tali attualizzazioni o consacrazioni votive non sono meno importanti in quanto il dramma della
Chiesa è che molti Battesimi trasformano i battezzati soltanto in morti-nati: Dio ha fatto la sua
opera di consacrazione, ma senza risposta da parte del battezzato; e la consacrazione fondamentale
non è passata nella sua vita.
Il grande problema del nostro destino e della Chiesa stessa è, dunque, che la consacrazione
gratuitamente donata da Dio divenga reciproca. Da inerte, divenga vivente; da votiva, effettiva: che
penetri tutta la nostra vita.
Tale è, secondo la teologia, il senso della consacrazione religiosa mediante i tre voti di povertà,
castità e obbedienza. Essa ha la funzione di attualizzare, di realizzare la consacrazione del
Battesimo.
Tale è anche la funzione delle consacrazioni mediante Maria. Dico ‘delle’ consacrazioni, perché
possono assumere varie forme: quella di Montfort, a Gesù attraverso Maria, quella che fu richiesta a
Fatima, attraverso il Cuore Immacolato di Maria, ecc.
Parlare di consacrazione significa quindi necessariamente parlare di Dio, parlare dello Spirito Santo.
3. Perché si parla di consacrarsi, dato che solo Dio consacra? Il fatto è che Dio non fa niente in
noi senza di noi.
Ci consacra soltanto se glielo chiediamo, con il nostro consenso e la nostra cooperazione. Certo,
Dio ha fatto tutto (come Causa prima, creatrice), ma ci chiama a fare tutto con lui, al nostro livello,
come causa seconda, libera e necessaria. L’opera della nostra consacrazione, donata interamente da
Lui, è interamente sviluppata da noi, dalla nostra libertà.
È pur vero, però, che il vocabolo "consacrare" non ha lo stesso significato quando si dice che Dio ci
consacra (ossia ci trasforma) e quando parliamo di consacrarci (cioè di accogliere e vivere
ardentemente questa grazia di Dio). Questa cooperazione è importante e indispensabile.
4. Un’ulteriore questione riguarda se sia possibile consacrare altri, dal momento che non
possono essere consacrati senza la loro libera adesione. Consacrare la Russia (o un’altra
nazione) secondo la richiesta di Fatima, non è forse un proposito magico e una prepotenza
contro la libertà di altri uomini, o addirittura una violazione di diritti dell’uomo?
È evidente che un simile dono non può essere dato senza la libertà degli interessati, che rimane
decisiva. Tali "consacrazioni" hanno lo scopo di aiutare coloro che in quei Paesi sono già
consacrati, nonostante tutte le prove e le persecuzioni che subiscono, affinché la luce e il dono che
essi vivono si estendano ai loro compatrioti immersi nelle tenebre e nell’ombra di morte. È quindi
una preghiera, un’intercessione, un appello al dono generoso di Cristo che si è consacrato per
consacrare con Sé tutti gli uomini.
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5. Perché si parla di consacrazione a Maria, se ci si può consacrare soltanto a Dio?
L’obiezione è vera. Infatti "consacrazione" significa appartenenza totale, e la formula di
consacrazione accentua talora, paradossalmente, la radicalità di quel dono di sé dicendo: «Mi
consacro come schiavo d’amore».
La formula è sconcertante, perché la schiavitù è un male. Farsi schiavi di una creatura sarebbe
un’alienazione, un asservimento, a disprezzo dei diritti dell’uomo e dell’autonomia umana.
Ma l’obiezione viene superata se ci si consacra a Dio come l’apostolo Paolo, che con tanta
insistenza si diceva «schiavo di Cristo» (Rm 1,1; cfr. anche il prologo di molte epistole). Essa è
superata poiché essendo Dio Creatore, consacrarsi a Lui non significa alienarsi, ma riconoscere la
verità - ossia la nostra condizione di creature - giacché dobbiamo tutto a Dio, compresa l’esistenza e
la libertà stessa, che egli crea proprio come libertà, capace di allontanarsi da Lui e dal bene.
Assumere tale verità significa scoprire nel contempo il Principio e il Termine divino della nostra
esistenza.
Significa scoprire la realtà più profonda e la fonte stessa della nostra libertà, così spesso asservita
alle illusioni terrene. Significa trovare la via dell’unica felicità che conta in questo mondo e che
conduce all’eternità.
Siffatta prospettiva può sembrare strana a chi è coinvolto soltanto nelle vicissitudini del mondo e
gestisce la propria vita come un essere animale effimero, sino alla catastrofe finale e inevitabile che
è la sua morte.
Il Creatore chiama l’uomo a ben altro. Lo chiama secondo la libertà che gli ha donato. È proprio
una libertà di cui ciascuno può fare ciò che vuole, anche rivolgerla contro Dio e investirla nella
frenesia di ogni genere di peccato.
Ma la libertà non è assolutamente fatta per quest’autodistruzione, è fatta per trovare il bene,
l’amore, la felicità: valori che, in definitiva, si trovano soltanto in Dio e in ciò che è ad immagine di
Dio; qui è la sede della felicità umana personale e comunitaria.
L’uomo, in sostanza, è fatto per trovare la felicità nella sua perfetta consacrazione a Dio.
In rapporto a queste verità fondamentali è possibile situare il ruolo di Maria nelle consacrazioni. Pur
essendo tale ruolo relativo rispetto a Dio, è importante perché Dio stesso ha dato a lei un posto
ineguagliabile.
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