Morfologia flessiva La flessione è ciò che permette a un vocabolo di assumere tutte le sue forme Cugin-o (maschile singolare) VS portier-e (maschile singolare) Per rappresentare lo stesso valore si ricorre a varianti dello stesso morfema (morfi) Morfema: elemento minimo dotato di significato Allomorfo: varianti dello stesso morfema, differenti realizzazioni della stessa unità morfologica Morfologia dei nomi I nomi sono le parole che servono a indicare tutto ciò che esiste nella realtà o che possiamo immaginare. Nomi propri: designano un particolare individuo all’interno di una specie o categoria: nomi di persona e di luogo Nomi comuni: designano in modo generico ogni possibile individuo di una specie o categoria: nomi comuni di essere umani (alunno, mamma), di animali (gatto, cane), di cose (acqua, latte) L’antonomasia Passaggio di un nome proprio alla classe dei nomi comuni Alcuni nomi propri di personaggi dotati di una particolare qualità diventano nomi comuni e passano a indicare tutte le persone e le cose dotate di quella stessa qualità atlante (dal gigante Atlante); galateo (da Giangaleazzo Florimonte detto Galateo), bignami (da Ernesto Bignami), Silvia è una venere (da Venere= dotata di grande bellezza), Marco è un ercole (da Ercole = dotato di grande forza) Il genere del nome Latino: maschile, femminile e neutro Italiano: maschile e femminile In generale: Sono maschili: I nomi con la desinenza –o (libro, gatto) I nomi terminanti in consonante: bar, sport, computer (eccezioni: la gang, la holding) Sono femminili: I nomi con la desinenza –a (penna, carta) La maggior parte dei nomi con la desinenza –i (crisi, tesi) Nomi temrinanti in –tà e –tù (novità, virtù) Nomi in –e possono essere sia maschili (mese, seme) che femminili (mente, notte) Nomi di città Nel passato i nomi di città che avevano la desinenza –o erano maschili Oggi vengono considerati femminili perché si sottintende il nome città (la bella Milano, la fredda Torino) Nomi di squadre di calcio Maschili: i nomi delle squadre che ripropongono in forma identica il nome della città sede della società: il Bari, il Napoli, il Torino (eccezione: la Roma) Femminili: nomi che non ripropongono in forma identica il nome della città sede della società o che non rinviano al nome di una città: l’Atalanta, la Fiorentina, l’Inter (eccezioni: il Milan, il Genoa) Nomi di frutti Maschili: nomi di albero da frutto Femminili: nomi dei frutti Nome dell’albero e del frutto maschili: il cedro, il fico, il lampone, il limone Nomi dei frutti esotici sono maschili: l’ananas, l’avocado, il caki, il kiwi Plurale di frutto: frutti o frutta? Frutti: prodotti delle piante (FRUCTUS, maschile→ frutti) Frutta: frutti che si comprano e si mettino a tavola (FRUCTA, plurale →frutta) Femminili o maschili? Acme: femminile (dal greco akmé) Acne: femminile (dal greco akmé) Eco: al singolare può essere sia maschile (un forte eco) che femminile (una forte eco) VS plurale: echi (perché l’uscita in –o lo fa percepire come un maschile) Carcere: al singolare è maschile (il carcere) VS al plurale è femminile (le carceri) Orecchia: orecchie e orecchi sono entrambi accettabili Nomi di professioni https://www.youtube.com/watch?v=bQa_Pbeh7 S8 I nomi che terminano in –o > femminile in –a (architetto/ architetta; ministro/ministra) Nomi che terminano in –e > femminile normale (infermiere/ infermiera; presidente/ presidente; assessore/assessora) Suffisso –essa (vigilessa, avvocatessa): spesso ha una sfumatura ironica o peggiorativa Si può aggiungere la parola donna prima o dopo il nome di professione (la donna pilota, il magistrato donna): soluzione in disuso perché ripropone l’idea della supremazia maschile in determinate professioni Il numero singolare nomi femminili in -a plurale -e nomi maschili in -a nomi maschili e femminili in -o nomi maschili e femminili in -e esempio la casa/ le case il problema/i problemi -i il bambino/i bambini; la mano/le mani il seme/ i semi; la fede/ le fedi nomi in –ca, -ga maschile: -chi e –ghi Es: monarca/ monarchi; stratega, strateghi femminile: -che e –ghe Es: barca/ barche; bottega/ botteghe Attenzione: belga (abitante del Belgio), fa belgi al maschile e belghe al femminile nomi in –cìa e -gìa Al plurale possono mantenere o perdere la i il plurale è –cie e –gie se tali sillabe sono precedute da vocale (camicia/ camicie; valigia/ valigie, ciliegia/ ciliegie) Il plurale è –ce e -ge se sono precedute da consonante (provincia/ province; freccia/ frecce; lancia/lance) Perdono la i anche i nomi che finiscono in – scia (angoscia/angosce; striscia/strisce) nomi in –co, -go Se sono parole piane, il plurale è –chi e –ghi (buco/buchi; mago/maghi) Eccezione: amico, nemico, greco Se sono parole sdrucciole, il plurale è –ci e – gi (asparago/asparagi; parroco/parroci) Eccezione: carico, catalogo, epilogo … regole per orientarsi Nomi in –fugo hanno sempre il plurale in –ghi (ignifugo/ ignifughi) Nomi in –logo riferiti a persone hanno sempre il plurale in –gi (biologo/biologi; cardiologo/cardiologi) Nomi in –logo riferiti a cose hanno sempre il plurale in –ghi (catalogo/cataloghi; prologo/ prologhi) Hanno entrambe le forme di plurale: chirurgo, intonaco, sarcofago, stomaco, farmaco, maniaco Nomi con doppia forma di plurale il braccio bracci (della croce, della bilancia, di un fiume) braccia (del corpo umano) il budello i budelli (vie strette) le budella (gli intestini) il calcagno i calcagni (dei piedi, delle calze, delle scarpe) le calcagna (locuzione “avere qualcuno alle calcagna”) il cervello i cervelli (le intelligenze, le menti) le cervella (la materia cerebrale) il ciglio i cigli (bordi di un fosso o di una strada) le ciglia (degli occhi) il corno i corni (gli strumenti musicali, le estremità, le punte) le corna (degli animali) il dito i diti (considerati distintamente l’uno dall’altro) le dita (viste nel loro insieme) il ginocchio i ginocchi le ginocchia (stesso significato) il grido i gridi (soprattutto degli animali) le grida (dell’uomo) il labbro i labbri (di una ferita, di una tazza) le labbra (della bocca) il muro i muri (di una casa) le mura (di una città) l’osso gli ossi (degli animali macellati) le ossa (insieme dell’ossatura umana) il sopracciglio i sopraccigli le sopracciglia (stesso significato) l’urlo gli urli (animali) le urla (dell’uomo) Il plurale dei nomi composti N+N: Se i due sostantivi sono dello stesso genere, il plurale si forma cambiando solo la desinenza del secondo elemento (l’arcobaleno/ gli arcobaleni; il cavolfiore/ i cavolfiori) Se i due sostantivi sono di genere diverso, il plurale si forma cambiando solo la desinenza del primo elemento (il capobanda/ i capibanda; il capofamiglia/ i capifamiglia; il pescespada/ i pescispada) Alcuni sono invariabili (il centropagina/ i centropagina; il cruciverba/ i cruciverba) capo + nome capo (colui che è a capo di qualcosa)+ nome: si modifica la desinenza del primo elemento (il caposquadra/ i capisquadra) capo (se indica una persona di sesso femminile) + nome: il plurale rimane invariato (la capoufficio/ le capoufficio) capo (qualcosa che eccelle nel suo genere o è al principio) + nome: si modifica la desinenza del secondo elemento (il capolavoro/ i capolavori; il capodanno/ i capodanni) nome + aggettivo In genere prendono la desinenza plurale di entrambi gli elementi (la cassaforte/ le casseforti; la terracotta/ le terrecotte) Diverse formazioni del plurale (il camposanto/ i camposanti; il caposaldo/ i capisaldi; la cartapesta/ le cartapeste; il pellerossa/ i pellirosse) aggettivo + nome aggettivo + nome maschile: modificano solo la desinenza del secondo elemento (l’altoparlante/ gli altoparlanti; il bassorilievo/ i bassorilievi; il francobollo/ i francobolli) aggettivo + nome femminile: entrambi gli elementi prendono le desinenze del plurale (la belladonna/ le belledonne; la malalingua/ le malelingue; la mezzaluna/ le mezzelune) aggettivo + aggettivo muta solo la desinenza del secondo elemento (il bianconero/ i bianconeri; il chiaroscuro/ i chiaroscuri; il sordomuto/ i sordomuti) verbo + nome Se il nome è plurale rimangono invariati (l’accendisigari/ gli accendisigari; il battipanni/ i battipanni; il guastafeste/ i guastafeste) Se il nome è femminile singolare, rimangono invariati (l’aspirapolvere/ gli aspirapolvere; il portacenere/i portacenere) Se il nome è maschile singolare, nel plurale cambia solo la desinenza del nome (il parafango/ i parafanghi; il passaporto/ i passaporti) Verbo + mano (l’asciugamano/ gli asciugamani; il corrimano/ i corrimani) preposizione (o avverbio) + nome Muta la desinenza del secondo elemento (il dopopranzo/ i dopopranzi; il soprannome/ i soprannomi) Rimangono invariati (il doposcuola/ i doposcuola; il fuoricorso/ i fuoricorso) I composti con mezzo Mezzo può essere usato come primo elemento di un aggettivo composto mezzo pieno Femminile/ plurale: la vocale di mezzo può cambiare o no ma la vocale del secondo aggettivo deve sempre cambiare Maschile singolare: mezzo pieno Maschile plurale: mezzo pieni/ mezzi pieni Femminile singolare: mezzo piena/ mezza piena Femminile plurale: mezzo piene/ mezze piene Morfologia dei pronomi Pronome: parte variabile del discorso che si usa al posto di un altro elemento della frase (solitamente il nome) I pronomi personali I pronomi personali indicano i partecipanti allo scambio comunicativo: chi parla (I persona), chi ascolta (II persona), qualcuno o qualcosa di cui si parla (III persona) La forma dei pronomi personali è diversa a seconda che essi svolgano funzione di soggetto o complemento I pronomi personali soggetto sono sempre tonici (io canto; tu corri) I pronomi personali complemento possono essere tonici (ha scelto me; ha visto te) o atoni (mi ha scelto, ti ha visto) In italiano l’espressione del pronome soggetto è facoltativa (italiano = lingua pro-drop) Pronomi personali soggetto singolare plurale 1 persona io 2 persona tu 3 persona egli/ella 1 persona noi 2 persona voi 3 persona essi/esse Terza persona: lui è la forma prevalente al maschile singolare (egli è limitato allo scritto formale) lei ha quasi interamente sostituito ella loro: forma prevalente nel plurale Pronomi personali complemento tonici singolare plurale 1 persona me a me 2 persona te a te 3 persona lui, lei a lui, a lei 1 persona noi a noi 2 persona voi a voi 3 persona loro a loro Pronomi personali complemento atoni singolare plurale 1 persona mi mi 2 persona ti ti 3 persona lo/la gli/le 1 persona ci ci 2 persona vi vi 3 persona le/li loro Perché tu e io ma io e te? In alcuni casi il pronome complemento di II persona singolare te sostituisce la forma soggettiva tu Fenomeno comune nel parlato (Toscana) In italiano standard è possibile solo quando vi sono due soggetti coordinati e il pronome di II persona si trova al secondo posto (io e te siamo molto amici) Se il pronome di II persona occupa il primo posto si usa la forma tu (tu e io siamo molto amici) I pronomi oggetto indiretto di III persona Gli: spesso si usa anche per il femminile (a lei): uso scorretto Uso di gli per il plurale (a loro): si può usare (Il caos semplice e fondamentalmente calmo nel quale vivrebbero tutto il tempo, se gli fosse permesso da Caos calmo, Veronesi) A me mi piace Tradizionalmente considerate scorrette perché si ripete due volte un pronome personale con la stessa funzione logica Nel parlato serve a mettere in evidenza a chi piace qualcosa Evitare nello scritto Dislocazione a sinistra I pronomi allocutivi Si usano quando ci si rivolge direttamente a qualcuno Tu: si usa come forma confidenziale quando ci si rivolge a persone che si conoscono bene Lei: si usa come forma di cortesia o rispetto quando ci si rivolge a persone di riguardo o con le quali non si ha particolare familiarità Voi: usato per riferirsi a una persona sola, era piuttosto diffuso fino a qualche decennio fa. Oggi sopravvive in alcune regioni meridionali Ella: si riferisce a una persona sola, uomo o donna, è la forma di massimo rispetto ed è limitata agli usi formali e viene scritta con la maiuscola (quando si usa ella l’accordo al femminile è obbligatorio “Ella signor Rossi è invitata alla cena” Pronomi dimostrativi Questo e quello: equivalenti dal punto di vista grammaticale, possono essere sia aggettivi che pronomi Codesto: parola considerata d’altri tempi con un’eccezione geografica (Toscana: codesto si usa per indicare qualcuno o qualcosa lontano da chi parla e vicino a chi ascolta) e un’eccezione settoriale (usato nel linguaggio burocratico per indicare qualcuno o qualcosa lontano da chi scrive e vicino a chi legge) e stilistica (usato in narrativa o in alcuni articoli di giornale) Serianni: “codesto è una suppellettile invecchiata ma non del tutto dismessa, un lampadario fuori moda che però può convivere con l’illuminazione con lampade alogene” Ciò: questa cosa o quella cosa. Lo si usa soprattutto quando si scrive. Nel parlato viene sostituito da questo o quello. Pronomi indefiniti qualcosa: si usa quando si vuole alludere a una o più cose Accordo col participio: qualcosa è cambiato o qualcosa è cambiata? Doppia possibilità che nasce perché qualcosa può essere una sola parola di genere maschile o femminile (perché ha al suo interno la parola cosa) E quant’altro: espressione che nasce dal linguaggio burocratico e che è diventata oggi una specie di moda (Bartezzaghi “un eccetera con il vestito della domenica”) Morfologia dei verbi Da VERBUM (= parola): parola per eccellenza, cuore della lingua, ciò che rende possibile il discorso CANT(radice)+A(vocale tematica)+VANO (desinenza: modo, tempo e persona) Forme forti o rizotoniche (accentate sulla radice) VS forme deboli o rizoatone (accentate sulla desinenza) Il verbo indica l’azione che il soggetto fa, subisce, l’esistenza o lo stato del soggetto, il rapporto tra il soggetto e una sua qualità o condizione Fattori di complessità dei verbi italiani Alcuni verbi si formano da più basi (venire: veng-o; vien-i; ven-iamo; venn-i; verr-ò) Vi sono casi di suppletivismo (cioè voci che suppliscono a forme mancanti): andare (vad-o/ andiam-o) Verbi sovrabbondanti: verbi che appartengono a due coniugazioni (adempiere; adempire; annerare/annerire; starnutare/starnutire) Verbi frasali: verbo generico + avverbio specificante (buttar giù: buttare qualcosa in basso + scrivere frettolosamente qualcosa + deprimersi ) Indicativo presente Azioni che avvengono nel momento in cui si parla Presente storico: narrazione di fatti per dare vivacità al racconto Presente il luogo del futuro: quando è l’avverbio a collocare l’azione nel futuro (domani vado a Firenze; a luglio vado in Francia; fra tre giorni viene lo zio) Indicativo passato Passato prossimo: azione conclusa nel passato i cui effetti perdurano nel presente Passato remoto: azione conclusa nel passato Due anni fa andammo in Francia VS Dio ha creato l’Universo Variazioni geografiche: meridione si usa quasi solo il passato remoto Vs settentrione solo il passato prossimo Dubbi sul passato remoto aprire: aprii o apersi? convenire: convenne o convenì? coprire: coprii o copersi? cuocere? dare: diedi o detti? riflettere: riflessi o riflettei? L’imperfetto Non definito, non concluso Indica un’azione o una condizione prolungata nel passato Tempo tipico della narrazione di qualsiasi tipo Imperfetto onirico Imperfetto attenuativo (volevo un etto di salame) Futuro Azione collocata in un tempo futuro rispetto al momento in cui si parla Ultimamente molto frequentato nell’ambito della politica (abolirò l’imu) Esprimere dubbio reale (che ora sarà) o ironico (sarai soddisfatto, immagino) Gli ausiliari Si usa essere: Con i verbi al passivo che indicano un’azione subita dal soggetto (io sono apprezzato, io sono inseguito) Con i verbi riflessivi (Gianni si lava) Con alcuni verbi intransitivi che indicano movimento (andare, arrivare, entrare) Si usa avere: Con i verbi transitivi (ho mangiato gli spaghetti) Verbi intransitivi che non appartengono al gruppo precedente (camminare) Verbi che possono avere entrambi gli ausiliari appartenere è appartenuto/ ha appartenuto atterrare è atterrato/ ha atterrato durare è durato/ ha durato emigrare è emigrato/ ha emigrato fiorire è fiorito/ ha fiorito franare è franato/ ha franato grandinare è grandinato/ ha grandinato inciampare è inciampato/ ha inciampato naufragare è naufragato/ ha naufragato nevicare è nevicato/ ha nevicato piovere è piovuto/ ha piovuto prevalere è prevalso/ ha prevalso sbandare è sbandato/ ha sbandato scivolare è scivolato/ ha scivolato vivere è vissuto/ ha vissuto volare è volato/ ha volato Gli ausiliari con i verbi servili Regole per orientarsi: Scegliere l’ausiliare del verbo retto dal servile (ho dovuto mangiare/ ho mangiato; è dovuto partire/ è partito) Se il verbo che segue il servile è intransitivo si possono usare entrambi (è dovuto arrivare/ ha dovuto arrivare) Se l’infinito ha con sé un pronome atono bisogna usare essere se il pronome si trova prima dell’infinito (non si è voluto alzare) e avere se si trova dopo (non ha voluto alzarsi) Se il servile è seguito dal verbo essere l’ausiliare sarà sempre avere (ha dovuto essere forte/ avrei dovuto essere scortato) Il congiuntivo Presenta l’azione espressa dal verbo come incerta, ipotizzabile, desiderata, dubbia o soggettiva Indicativo (modo dell’oggettività) VS congiuntivo (modo della soggettività) Indicativo: in dipendenza da verbi che appartengono all’area della certezza (dire, annunciare, confermare, raccontare, negare) VS congiuntivo: verbi che appartengono all’area dell’opinione e dei sentimenti personali (pensare, supporre, credere, volere, desiderare) Congiuntivo obbligatorio a condizione che, ammesso che, a patto che, casomai, laddove, nell’eventualità che, ove, qualora, sempreché Affinché benché, malgrado, malgrado che, nonostante, nonostante che, per quanto, quantunque, sebbene, seppure come se, quasi, quasi che a meno che (non), eccetto che, fuorché, salvo che, tranne che senza che prima che L’infinito Esprime l’azione del verbo in maniera generica e indeterminata Esprime un dubbio (Essere o non essere) Dà un’istruzione o un ordine (Circolare signori, circolare!) Esprime un desiderio (a saperlo) Raccontare un fatto (appena è entrato Ligabue, tutti lì ad applaudire) Infinito sostantivato (Mangiare mi piace fin troppo) Non è solo il lemma con cui si cercano i verbi nel dizionario Non è l’unica forma verbale che gli stranieri conoscono Il participio È partecipe di più nature: quella del verbo, quella del nome e quella dell’aggettivo Participi che sono diventati nomi: ambulante, amante, commerciante + alcolizzato, belato, condannato.. Participi che sono diventati aggettivi: affascinante, eccellente, nutriente, seducente Quando leggemmo il disiato riso essere basciato da cotanto amante questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi basciò tutto tremante (Dante, Inferno, canto V) L’accordo con il participio passato Rimane invariato quando è preceduto dall’ausiliare avere (Anna ha dormito, Paolo ha bevuto) Concorda con il soggetto quando è preceduto dal verbo essere (Gli zii sono arrivati, Giulia si è annoiata) Casi di incertezza: La tua partenza è stata un dispiacere o è stato un dispiacere? Antonio si è lavato le mano o si è lavate le mani? Ho dato i baci o *ho dati i baci? (ho dato va considerata come una sola parola che non può essere modificata) Si può concordare dato solo se la parola a cui si riferisce precede il verbo (i baci che ti ho dato oppure i baci che ti ho dati) Il gerundio Modo con molte funzioni: esprime una condizione in una ipotesi (Volendo possiamo andare al ristorante) Esprime una causa (Avendo prenotato possiamo arrivare anche più tardi) Esprime un contrasto (Pur avendo camminato tutto il giorno non sono riuscito a vedere tutti i monumenti di Roma) Indica un tempo (Passeggiando per Roma ho visto edifici bellissimi) Indica un modo (Per favore non chiamare il cameriere colpendo il bicchiere con il coltello) Marco parte per le vacanze + la mamma raccomanda a Marco di essere prudente Partendo per le vacanze, Marco riceve dalla mamma delle raccomandazioni *Partendo per le vacanze, la mamma raccomanda a Marco di essere prudente Il soggetto della frase che si accompagna al gerundio è anche soggetto del gerundio stesso Partendo Marco per le vacanze, la mamma gli raccomanda di essere prudente