Genetica diretta e Genetica inversa - e

Genetica diretta e Genetica inversa:
approcci sperimentali classici e metodologie
recenti per lo studio della funzione dei geni
Genetica diretta (forward genetics)
L’approccio genetico classico per determinare la funzione di un dato gene si
basa sulla ricerca di fenotipi dovuti ad eventi di mutazione e sulla loro
interpretazione.
Questo approccio consiste nella mutagenesi sistematica dei geni con lo scopo
di produrre collezioni di mutazioni (prevalentemente recessive) di tipo “perdita di
funzione”.
La caratterizzazione genetica e funzionale di queste mutazioni riesce, in molti
casi, ad assegnare una funzione al gene in analisi.
A partire da questa informazione si risale alla sequenza genica, utilizzando
varie tecniche di clonaggio.
Questo approccio che parte dal fenotipo mutante per risalire al gene è noto come
GENETICA DIRETTA (forward genetics).
Genetica diretta: dal fenotipo mutante al gene alla
sequenza di DNA
L’analisi mutazionale identifica un gene (definito da alleli mutanti) che collabora
alla realizzazione del fenotipo normale e quindi di una funzione.
La sequenza di DNA corrispondente al gene viene isolata e studiata a livello
molecolare
cloning
Genetica inversa (reverse genetics)
La grande disponibilità di sequenze genomiche conseguenti alla
diffusione delle tecniche di sequenziamento del DNA, ha rivoluzionato
gli approcci volti alla determinazione della funzione di un gene.
Si parte da una sequenza di DNA che corrisponde ad un gene
codificante. Tale sequenza viene alterata usando approcci sperimentali
sequenza-specifici e l’analisi dei fenotipi mutanti permette di risalire
alla funzione del gene.
Questo approccio che parte dalla sequenza di DNA del gene per risalire
alla funzione è nota come GENETICA INVERSA (reverse genetics).
Genetica Inversa: dalla sequenza di DNA al gene
al fenotipo
L’analisi bio-informatica identifica una sequenza di DNA corrispondente ad un
gene putativo che deve essere caratterizzato funzionalmente per identificare il
suo contributo ad un determinato fenotipo e la funzione del suo prodotto
Genetica inversa: analisi funzionale di geni
Conoscendo la sequenza di DNA di un gene (o la sequenza di RNA o
quella aminoacidica della proteina codificata) si può identificarne la
funzione mediante diversi sistemi di mutagenesi:
1) Mutagenesi generalizzata del genoma: si selezionano le mutazioni che
colpiscono il gene (sequenza di DNA) d’interesse;
2) Mutagenesi sito-specifica nel gene d’interesse
a) Mutagenesi inserzionale con elementi trasponibili marcati
b) Ricombinazione sito-specifica
3) Induzione di fenocopie (effetto simile ai fenotipi mutati)
Mediante interferenza con specifico dsRNA (RNAi)
Mutagenesi generalizzata con agenti fisici
•
Fisici : UV, Raggi X, Radiazioni Gamma (inducono rotture a doppio
filamento nel DNA causando ampie delezioni e grossi riarrangiamenti
cromosomici; queste mutazioni sono facili da mappare analizzando
citologicamente i cromosomi ma spesso non coinvolgono un singolo gene)
1 2
5 6 7 8 9 10
1 2
5 6 7 8 9 10
3 4
Df/+
Mutagenesi generalizzata con agenti chimici
•Chimici: EMS, ENU; inducono mutazioni puntiformi (ad esempio l’EMS causa
transizioni G/C-AT) che possono essere non-senso (se introducono codoni di
stop prematuri) oppure missenso (se causano sostituzioni amminoacidiche).
•Possono avvenire anche in regioni regolative compromettendo comunque
l’espressione genica. Generalmente sono difficili da mappare
Identificazione di mutazioni puntiformi in geni di
interesse mediante Tilling
TILLING:
(Targeting Induced Local
Lesions in Genomes)
Prima fase
Seconda fase
Identificazione di mutazioni puntiformi mediante DHPLC
(denaturing high performance liquid chromatography
Cromatografia liquida ad alta pressione in
condizioni denaturanti
Principio: rilevare mutazioni a causa del
mancato appaiamento nelle molecole di
DNA.
Dopo denaturazione e rinaturazione negli
eterozigoti si formeranno appaiamenti
etero- ed omoduplex, negli omozigoti si
formeranno solo omoduplex
A parità di temperatura, le molecole
eteroduplex (con mismatch) possono
essere separate da quelle omoduplex in
una colonna cromatografica perché hanno
un minor tempo di ritenzione.
Il supporto cromatografico è a base polimerica
(poli-stirene-divenilbenzene).
La fase stazionaria è costituita da catene alchiliche
(neutre e idrofibiche) legate al supporto polimerico.
La fase mobile contiene un solvente organico (ACN =
acetonitrile) e un accoppiante ionico (TEAA =
trietilammonio acetato).
Gli eteroduplex hanno una minor densità di carica (per
effetto della “bolla” di denaturazione) e quindi legano
meno TEAA, hanno minor tempo di ritenzione e
vengono eluti per primi.
Protocollo sperimentale:
1. Amplificazione tramite PCR del target (100-600 basi)
2. Denaturazione del DNA a doppia elica a 95 °C per 5’
3. Raffreddamento lento (30’) da 95 a 60 °C = formazione di etero- ed omoduplex
4. Caricamento su colonna termostatata
5. Eluizione con tampone appropriato
Mutagenesi inserzionale con elementi trasponibili
Mutagenesi inserzionale mediata da elementi trasponibili è stata inizialmente utilizzata nei
batteri ed in seguito in Drosophila, S. cerevisiae, C. elegans, Arabidopsis (con il T-DNA),
cellule di mammifero.
Il vantaggio della mutagenesi inserzionale mediata da elementi trasponibili permette una facile
mappatura dell’inserzione e un rapido clonaggio del sito di inserzione e/o del gene colpito
Mutagenesi inserzionale con elementi P in Drosphila
La mutagenesi inserzionale con elementi trasponibili modificati (P in Drosophila) è
una strategia utilizzata prima in genetica diretta e successivamente in genetica inversa
Genetica diretta:
Induzione di mutazioni inserzionali in geni essenziali (vitalità, fertilità) precedentemente
identificati da analisi mutazionale e con fenotipo mutante noto.
Scopo: di isolare la sequenza di DNA e delucidare la funzione del gene e del suo
prodotto
Genetica inversa:
Induzione di mutazioni inserzionali in geni putativi identificati dall’analisi bio-informatica
della sequenza, per i quali non sono disponibili alleli mutanti.
Scopo: verificare se il gene putativo è essenziale e identificare la funzione del prodotto
proteico