ARNICA MONTANA Famiglia: Asteraceae Nome volgare: arnica montana, tabacco di montagna. Il suo nome deriva, secondo alcuni, dal greco ptarmiké che significa sternuto, in relazione alle sostanze aromatiche contenute nel fiore, nelle foglie e nella radice. Secondo altri, deriverebbe da arnakis, che significa pelle di agnello, alludendo alla fine peluria delle foglie. Montana, per l’ambiente in cui cresce. Il nome volgare “tabacco di montagna” deriva dall’usanza dei montanari di un tempo di fumarne le foglie essiccate. Questa usanza era motivata dal fatto che intendevano in questo modo trarre beneficio dalle proprietà antiasmatiche, anticatarrali e decongestionanti delle vie respiratorie. Il fiore è composto da due parti: un grosso bottone centrale con piccoli fiorellini tubulari gialli e, esternamente numerose ligule di colore giallo intenso che presentano tre “dentini” sulla punta. L’odore è leggermente acre, il sapore amaro e un po’ piccante. Il fusto è eretto, semplice o ramificato in alto. La pianta sopravvive al rigido inverno grazie al suo forte rizoma. È una pianta erbacea, perenne, alta dai 20 ai 50 centimetri. Le foglie alla base sono disposte a forma di croce e sono ricoperte da una leggera peluria. Il fiore non è singolo ma è una infiorescenza su un lungo stelo; è un capolino con fiori di colore giallo-arancione lungo 6-8 centimetri. Il fiore, piuttosto robusto, è ricoperto da una fine peluria ed ha l’aspetto di una margherita un po’ “arruffata”. Cresce bene nei pascoli e nelle praterie a quote comprese tra i 900 e i 2600 metri. Predilige i prati aridi e le brughiere sempre su terreno acido. Fiorisce da giugno ad agosto. È possibile confondere l’arnica montana con alcune specie del genere Doronicum. L’arnica è diffusa in tutta l’Europa centrale; in Italia si trova in tutto l’arco alpino e sull’Appennino pavese e parmigiano. È una pianta dalle proprietà medicinali conosciute fin dall’antichità. Per uso interno viene utilizzata come anticatarrale, antispasmodica, eccitante del sistema nervoso e del sistema cardiovascolare. Per uso interno si preparano tinture e infusi, che devono essere utilizzati con prudenza perché a dosi elevate possono provocare irritazione gastro-intestinale, tremori e accelerazione del battito cardiaco. Per uso esterno si fanno impacchi contro ematomi, lussazioni e reumatismi. Gli impacchi devono essere fatti solo sulla pelle perfettamente integra. Le parti utilizzate sono il fiore e la radice, meglio se raccolti in autunno quando la concentrazione di principi attivi è maggiore. Si fanno macerare i fiori nella grappa o nell’olio di oliva per circa 40 giorni e poi si utilizza il liquido per frizioni in caso di dolori, traumi, bronchiti, polmoniti. La radice viene macerata in alcool a 60° per dieci giorni. Si riteneva persino che avesse poteri magici in grado di influenzare anche il tempo atmosferico. Motivo per cui veniva bruciata durante i temporali. CURIOSITA’ Un tempo, non solo i montanari fumavano le foglie secche di arnica per curare la tosse e la bronchite, ma a volte la pianta veniva utilizzata per la cura della malaria, in sostituzione del chinino che era troppo costoso e difficile da trovare. Per questo era anche chiamata”china dei poveri”. All’inizio del XX secolo si abbandonò questo impiego perché l’uso eccesivo aveva un effetto tossico sull’organismo. Si narra che il noto poeta Goethe, in seguito ad un forte attacco di angina pectoris,abbia trovato grande giovamento dopo aver bevuto una tazza di decotto di arnica. Anche se già da tempo era nota la sua pericolosità e tossicità per uso interno. BIBLIOGRAFIA L.Matonti – Arnica, la pianta dei traumi – da Piemonte Parchi L.Poggio – Pillole di Botanica:Arnica Montana L. – Voci del Parco n.1/2010 –Notizie dal Parco Nazionale Gran Paradiso Minicompact – Fiori di montagna – De Agostini Novara AUTORE Noemi, classe prima media Piancavallo Fotografie: Rita Torelli, Massimo Sotto