MATRIMONIO E FAMIGLIA
NEL MAGISTERO DELLA CHIESA
( BREVISSIMO EXCURSUS )
SAN MINIATO, APRILE 2009
I SEGUENTI APPUNTI SONO SERVITI COME TRACCIA PER LA MIA CONVERSAZIONE. LE PAGINE CHE
SEGUONO NON SONO DUNQUE UN ELABORATO SCRITTO, MA SEMPLICI APPUNTI. ALCUNE COSE NON
DETTE VI SI TROVANO, ALTRE DETTE NON VI SI TROVANO. SONO STATI RIPORTATI ALCUNI BRANI DEI
DOCUMENTI MENO RECENTI. I DOCUMENTI RECENTI È BENE LEGGERLI INTEGRALMENTE E SONO
FACILMENTE REPERIBILI. APPREZZATE IL BUON CUORE CON TANTA CORDIALITÀ, DON CARLO CIATTINI
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Il 3 febbraio 1983, in occasione del discorso per la presentazione ufficiale del nuovo Codice di
Diritto Canonico, il Santo Padre Giovanni Paolo II si esprimeva in questi termini: “Concludendo,
vorrei disegnare dinanzi a voi, a indicazione e ricordo, come un ideale triangolo: in alto, c’è la
Sacra Scrittura; da un lato, gli Atti del Vaticano II e, dall’altro, il nuovo Codice Canonico. E per
risalire ordinatamente, coerentemente da questi due Libri, elaborati dalla Chiesa del secolo XX,
fino a quel supremo e indeclinabile vertice, bisognerà passare lungo i lati di un tale triangolo,
senza negligenze ed omissioni, rispettando i necessari raccordi: tutto il Magistero - intendo dire dei precedenti Concili Ecumenici e anche (omesse, naturalmente, le norme caduche ed abrogate)
quel patrimonio di sapienza giuridica, che alla Chiesa appartiene”.
Mi è stato chiesto di tenere una conversazione sui documenti magisteriali che riguardano il
matrimonio e la famiglia. Valutando il contesto, le sue esigenze, i tempi brevissimi, la sensibilità
dei partecipanti e soprattutto la mia non aggiornata, almeno come si dovrebbe, conoscenza e
competenza sull’argomento, vi porgo questi appunti di base, non un elaborato scritto, si badi bene,
ma appunti, ripeto, che mi sono serviti da traccia per la suddetta conversazione. Nell’esporre il
1
tema affidatomi ho tenuto presente, almeno a grandi linee, il triangolo di cui ci ha parlato papa
Giovanni Paolo II nel discorso sopra riportato. Del resto, lo sviluppo del Magistero della Chiesa,
riguardo al matrimonio e alla famiglia, si è sempre mosso, a nostro modesto avviso, in quella
prospettiva delineata dalla figura del triangolo che bene coniuga scienza teologica e scienza
giuridica nel loro costante e fondamentale riferimento alla Sacra Scrittura.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
La Chiesa, in ascolto della Parola del suo Signore, Sposo e Maestro, che la esorta con le parole
dell’evangelista Matteo: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole e insegnando loro
ad osservare tutto ciò che vi ho comandato (Mt 28,19-20)”, ha continuato attraverso i secoli la sua
opera di evangelizzazione: battezzare e insegnare.
Compito della Chiesa è proclamare la Parola di Dio nel suo nome e con la sua autorità e definire
il senso di essa quando divenga necessario.
L’emanazione dei documenti del Magistero, dove si precisa o si definisce una determinata
questione per lo più controversa, si lega, di solito, a momenti storici di confusione o discussione
dottrinale, che hanno richiesto un intervento chiarificatore da parte della Chiesa stessa.
In rapporto al matrimonio, si può dire che il primo di tali momenti, o almeno il più significativo, è
stato il Concilio di Trento, allorché il deposito della Rivelazione venne minacciato dalla Riforma
Protestante.
Prima di allora ci è dato di individuare i primi elementi di una riflessione teologica sul matrimonio
negli scritti di Paolo, ed in particolare nella lettera agli Efesini1, dove il matrimonio è visto come
una realtà buona. Il matrimonio quale ricerca e fatica di una perfezione dell’amore trova nella
relazione di Dio con il popolo eletto e, soprattutto e definitivamente, nella relazione di Cristo con
la Chiesa il modello a cui continuamente devono riferirsi gli sposi cristiani. L’espressione, infatti,
1
“Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo.22Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; 23il
marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. 24E come
la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. 25E voi, mariti, amate le
vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, 26per renderla santa, purificandola per mezzo
del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, 27al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa,
senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. 28Così anche i mariti hanno il dovere di amare le
mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. 29Nessuno mai infatti ha preso in odio la
propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, 30poiché siamo membra del suo corpo.
31
Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola.
32
Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! 33Quindi anche voi, ciascuno da parte sua,
ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito ( Ef 21-33)”.
2
che Paolo usa riguardo al matrimonio è grande mistero, riferita precisamente al rapporto di unione
di Cristo e della Chiesa. Sarà la successiva riflessione teologica che identificherà su questo il
fondamento ultimo della sacramentalità del matrimonio.
Nel N.T., dunque, non vi è una legislazione particolare o una specifica formalità per celebrare il
matrimonio, i cristiani si sposano semplicemente “nel Signore” , ma al tempo stesso il matrimonio
non è più considerato soltanto una realtà di questo mondo creato, ma è visto ed interpretato nel
contesto della relazione di Cristo con la Sua Chiesa e l’amore umano diventa simbolo dell’amore
redentivo di Dio.
Nei primi tre secoli i cristiani continuano a celebrare il matrimonio secondo le modalità e gli usi
locali seguendo le norme etiche e giuridiche dei popoli cui appartenevano. Tuttavia in questo
periodo emergono alcune problematiche:
1. Il rispetto della libertà dei figli nella scelta del coniuge;
2. Il pericolo per la fede nei matrimoni in cui una parte era non credente;
3. Certi comportamenti immorali che erano frequenti nei popoli pagani e dai quali i cristiani
presero le dovute distanze, fino al punto che pur continuando a considerare il matrimonio
una realtà sacra, esaltarono oltre misura la verginità e pervennero alla conclusione che il
matrimonio è uno stato di vita meno valido, e che certamente non si addice ai santi.
Il vero inizio del processo legislativo sul matrimonio cominciò nel IV – V secolo, all’epoca dei
Concili locali in cui si affrontarono diversi problemi pastorali riguardanti il matrimonio tra
cristiani ed eretici o non battezzati con i relativi pericoli per la fede, e le norme che appaiono in
questo periodo consistono proprio in divieti e cautele nel celebrare questi tipi di matrimonio. È di
questo periodo l’apparire dei primi elementi di liturgia del matrimonio celebrata prima in casa
della sposa e poi trasferita negli edifici adibiti a chiese. A queste celebrazioni, a cui partecipavano i
parenti e gli amici degli sposi, prendeva parte anche il sacerdote, che dietro invito dei presenti,
pronunciava una benedizione sugli sposi, altrimenti pronunciata dal padre della sposa. Quando il
rito fu definitivamente trasferito in chiesa il ruolo del presbitero aumentò e solo lui poteva
pronunciare la benedizione sugli sposi.
Riguardo alla riflessione teologica sul matrimonio si continuò ad affermare la fondamentale bontà
ed il carattere sacro ed inviolabile del matrimonio quale dono di Dio.
Fu Agostino (354-430) il primo dei padri a formulare una teologia sistematica del matrimonio ed il
suo pensiero dominò per molti secoli il successivo sviluppo della legislazione e dell’insegnamento
della Chiesa in materia. Per Agostino Dio creò la prima coppia umana come immortale ed
3
innocente; attraverso la disobbedienza però l’uomo e la donna persero la loro primitiva condizione
ricevuta in dono da Dio e caddero in uno stato di peccato originale. Come la loro condizione di
immortalità ed innocenza doveva essere condivisa da tutti gli esseri umani, così la loro
discendenza, ora, attraverso l’atto umano generativo, condivide la stessa condizione di peccato
originale, per cui, a causa della caduta dei genitori, quell’atto umano generativo è divenuto
corrotto dal peccato poiché dominato dalla concupiscenza.
La conseguenza più immediata di queste considerazioni fu quella di ritenere quasi impossibile
compiere un atto sessuale senza ombra di peccato e, di riflesso, lo stato coniugale fu visto come
una condizione di vita esposta continuamente al pericolo.
Se la riflessione fosse terminata qui sarebbe stato incomprensibile per i cristiani la scelta del
matrimonio, e pertanto erano necessarie delle giustificazioni, i cosiddetti bona matrimonii, che
potessero compensare gli aspetti negativi emersi.
Questi bona matrimonii sono identificati:
a. Nella generazione della prole;
b. Nella virtù della fedeltà;
c. Nel vicolo sacro per tutta la vita quale segno che esprime la fedeltà di cristo alla Sua Chiesa.
Verso la fine del V secolo si consolidò così una visione del matrimonio in cui la sacralità era in
parte oscurata dalla presenza del peccato, e dove anche la redenzione non eliminava
completamente i danni causati dall’originaria caduta dei progenitori poiché la concupiscenza
rimaneva una forza dominante dell’attività sessuale.
Parallelamente, dal V secolo in poi, si affermò sempre più il rito del matrimonio, dunque una
liturgia che rimase ancorata a segni e simboli di origine biblica, mentre la partecipazione di un
sacerdote, cui competeva unire le mani degli sposi e pronunciare la benedizione su di essi,
conferiva al sacramento una dimensione ecclesiale visibile e contribuì a condurlo ancora di più
sotto la giurisdizione della Chiesa.
Dal V al IX secolo i problemi relativi al matrimonio interessarono principalmente la legge
dell’indissolubilità costantemente affermata dalla Chiesa in linea di principio, e i casi di divorzio
conseguenti alla debolezza umana e alla prassi divorzista che si poteva riscontrare a livello locale
in determinate culture dove il cristianesimo si era diffuso.
Si davano comunque casi di divorzio e il nuovo matrimonio era permesso soltanto dopo un
periodo di penitenza. Ad esempio:
a. Casi di adulterio di entrambi i coniugi;
4
b. Casi nei quali uno dei coniugi era reso schiavo o fatto prigioniero;
c. Casi in cui uno si convertiva al cristianesimo e l’altro no;
d. Casi in cui la moglie di un uomo impotente poteva risposarsi.
A partire dal sec. X la riflessione dei teologi e dei giuristi si diresse principalmente
all’identificazione del suo momento costitutivo. Abbiamo, infatti, un lungo e dubbioso periodo di
incertezze al proposito. Per il diritto romano classico, il matrimonio era un fatto supportato
dall’affetto maritale tra le parti interessate, ma secondo le consuetudini dei popoli germanici da
pochi giunti alla fede esso veniva in essere mediante una serie di atti susseguenti piuttosto vaghi
nel loro contenuto: il fidanzamento, la celebrazione solenne e la consumazione. L’autorità
ecclesiastica fu allora interpellata per risolvere casi pratici di incertezza, nel tentativo di
identificare una regola universalmente valida sul momento in cui era costituito il matrimonio.
Incmaro di Reims (805-882) affermò, accogliendo le categorie del popolo germanico, che una volta
consumato il matrimonio non poteva essere più sciolto, era, infatti, l’unione inscindibile di Cristo
con la sua Chiesa.
Papa Niccolò I (858-867), in un suo intervento diretto ai Bulgari che chiedevano se era necessaria o
meno la benedizione del sacerdote nel rito del matrimonio, deliberò che il consenso delle parti era
richiesto ed era sufficiente per far nascere il vero matrimonio indipendentemente dalle altre
solennità previste. Richiamando Giovanni Crisostomo, dichiarò per primo che non è l’incontro
sessuale a fare il matrimonio, ma la volontà. Le due opinioni continuarono a confrontarsi in
seguito attraverso le scuole di Parigi, rappresentata da Ivo di Chartres (1040-1116) e Ugo di S.Vittore
(1098-1141), le quali sostenevano che il matrimonio era posto in essere soltanto dal consenso delle
parti senza la consumazione; la scuola di Bologna, rappresentata da Graziano, sosteneva al contrario
che il consenso era soltanto l’inizio del matrimonio, ma non era sufficiente per costituirlo
richiedendosi per questo anche l’atto della consumazione tra gli sposi.
Con Alessandro III (1159-1181), appartenente alla scuola di Bologna prima di diventare papa e poi
avvicinatosi alla scuola di Parigi, si giunge ad una maggiore comprensione e chiarezza ponendo le
basi dell’attuale concezione della Chiesa al riguardo. Il consenso una volta manifestato, costituisce
il matrimonio ed il vincolo è indissolubile al punto che le parti non possono più scioglierlo per
propria iniziativa o secondo la loro volontà (indissolubilità intrinseca); inoltre, dopo la
consumazione il matrimonio non può più essere dissolto neppure da un autorità umana esterna ai
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coniugi (indissolubilità estrinseca). L’insegnamento di Alessandro III fu confermato anche da
Innocenzo III (1185-1216) e la stessa dottrina fu raccolta nelle Decretali di Gregorio IX 2 .
Era necessario ora sistemare i diversi risultati a cui era pervenuta la riflessione teologica e giuridica
riguardo al matrimonio. Venne così naturale rivolgere l’attenzione al diritto Romano per
individuare tra i vari istituti giuridici quello che potesse meglio esprimere il matrimonio come era
allora inteso dalla Chiesa. Tra i diversi contratti che il diritto romano ammetteva fu individuato
quello di tipo consensuale, in quanto veniva in essere soltanto con il consenso delle parti senza
altre prescrizioni legali, come il matrimonio, ed aveva anche una determinata struttura interna
fatta di diritti e di doveri, come avveniva tra i coniugi nel matrimonio cristiano.
Così il matrimonio in un nuovo orizzonte cominciò ad essere visto come un contratto al quale si
applicavano tutte le categorie giuridiche per spiegarlo e le altre conseguenze legali come per tutti i
contratti. Al tempo stesso si sviluppò ulteriormente la dottrina sul matrimonio ed in particolare la
stretta connessione tra la sacramentalità e l’indissolubilità3.
Pietro Lombardo (1095-1160) fu probabilmente, secondo molti studiosi, il primo a formulare la teoria
dei sette sacramenti includendovi anche il matrimonio e ritenendolo portatore di una specifica
grazia santificante come gli altri sacramenti.
Trattando del sec. XIII dobbiamo considerare la grande figura di S. Tommaso D’Aquino (1225-1274)
che, nonostante l’autorità indiscussa di Sant’Agostino, non esitò a dichiarare che la sessualità è in
se stessa buona ed il peccato consiste soltanto nel suo uso disordinato; di conseguenza il
matrimonio in sé è totalmente buono ed anche l’atto generativo propriamente coniugale non è
peccato. Inoltre, pur non attribuendo molto peso al reciproco amore coniugale, egli formulò una
precisa gerarchia di fini del matrimonio ponendo al primo posto la procreazione per la
propagazione della razza umana e successivamente il rimedio per la concupiscenza. Tommaso si
mostrò esitante a considerare il matrimonio come un contratto.
I mutamenti culturali, sociali e politici che si verificarono nei secoli XIV –XV, insieme al lento
degrado dei costumi anche all’interno della Chiesa e della comunità ecclesiale, non tardarono a far
sentire il loro influsso nella riflessione teologica e a richiedere una profonda opera di
2
Attualmente Can. 1141 - Il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la
morte
Can. 1142 - Il matrimonio non consumato fra battezzati o tra una parte battezzata e una non battezzata, per una giusta causa può essere sciolto dal
Romano Pontefice, su richiesta di entrambe le parti o di una delle due, anche se l'altra fosse contraria.
3
Il matrimonio è un sacramento perché contiene il mistero della relazione di Cristo con la Chiesa ed è simbolo di questa
relazione; come questa relazione non può mai essere rotta o venire meno, così il vincolo matrimoniale non può essere
dissolto.
6
rinnovamento che rispondesse adeguatamente alle nuove dottrine che si diffondevano e si stavano
pericolosamente affermando.
Delle nuove dottrine che diedero vita alla Riforma protestante del XVI secolo ricordiamo gli autori
principali per quanto riguarda la nostra materia: Lutero (1483-1546) e Calvino (1509–1564), per i
quali il matrimonio è una realtà meramente secolare. Secondo costoro la natura umana è opera di
Dio ma corrotta dal peccato e gli uomini non si salvano attraverso una loro trasformazione interna
ma per l’attribuzione dei meriti di Cristo. La sessualità appartiene alla natura corrotta dell’uomo
ed ha bisogno di una costante opera di disciplina. Per loro il matrimonio è una istituzione umana
poiché esso esisteva anche prima della venuta di Cristo e continua ad esistere anche presso i non
cristiani. Logicamente non può essere un sacramento della Nuova Alleanza ed i matrimoni dei
Patriarchi non erano meno santi di quelli dei cristiani. Di conseguenza essendo il matrimonio di
istituzione umana, esso ricade esclusivamente sotto la giurisdizione del potere civile.
La risposta della Chiesa non si fece attendere e durante la sessione XXIV del Concilio di Trento
(1563) si affrontò il tema del matrimonio per rispondere alle accuse avanzate dai teologi protestanti
e condannare le loro idee.
Dobbiamo precisare che, al di là di quanti affermano essere stato il Concilio Tridentino una
controriforma , esiste già e dunque prima di allora, una sintesi, alquanto anteriore: il Decreto Pro
Armenis del Concilio di Firenze. Nell’enumerare i sacramenti, in vista dell’unione con gli Armeni,
il documento riassume così la dottrina cattolica sul matrimonio:
“Settimo è il sacramento del matrimonio, simbolo dell’unione di Cristo e della Chiesa, secondo le
parole dell’apostolo: «Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa» (Ef
5,32). Causa efficiente del sacramento è, secondo la regola, il mutuo consenso, espresso oralmente
di persona.
Triplice è lo scopo del matrimonio: il primo consiste nell’accettare la prole ed educarla nel culto di
Dio; il secondo nella fedeltà, che un coniuge deve osservare nei confronti dell’altro; il terzo
dell’indissolubilità del matrimonio, perché esso significa l’unione indissolubile di Cristo e della
Chiesa. Infatti, sebbene a motivo dell’infedeltà sia permesso un regime di separazione, non è
lecito, però, contrarre un altro matrimonio, poiché il vincolo del matrimonio legittimamente
contratto è perpetuo” 4.
Fin dal suo inizio la Chiesa ha vissuto in virtù della forza dei sette sacramenti istituiti da Cristo.
4 CONCILIO DI FIRENZE, Bolla Esultate Deo, 22.11.1439, DS 13274
7
Risulta chiaramente, grazie alla testimonianza dei Padri che il matrimonio è sempre stato
considerato la fonte della grazia necessaria ai coniugi per condurre una vita santa, che fosse il
simbolo dell’unione tra Cristo e la Chiesa.
Tale verità è ben radicata e vissuta dai fedeli che per ben due volte, prima nella società romana e
poi con i popoli barbari, riuscirono a cambiare il costume sociale, facendo sì che si abbandonassero
abitudini divorziste.
Si aspetterà diversi secoli, come abbiamo seppur brevemente sopra considerato, a causa
soprattutto della peculiarità di questo sacramento, per uno sviluppo dettagliato sulla dottrina ad
essa relativa.
Senza dubitare della sua natura sacramentale non si riusciva a determinare con precisione quale
fosse il contenuto specifico della grazia sacramentale del matrimonio, né il segno proprio.
Comunque, come abbiamo visto, era già stabilito nel Concilio di Firenze che il segno del
sacramento del matrimonio è lo stesso consenso degli sposi.
Il Concilio di Trento si preoccupò di rispondere agli errori di Lutero e di risolvere il problema della
forma canonica ad validitatem : questo per porre fine agli abusi dei matrimoni clandestini.
Dunque i padri conciliari tridentini si occuparono di due argomenti:
a. La riaffermazione, portata fino alla proclamazione dogmatica, della perenne dottrina della
Chiesa, messa in dubbio dalla Riforma;
b. La soluzione delle gravi questioni pastorali sorte circa i matrimoni clandestini.
Quattro furono i progetti esaminati prima di giungere al testo definitivo diviso in due decreti, uno
sul sacramento stesso: De Sacramento matrimonii, l’altro sulla forma canonica: Super reformatione
circa matrimonium. Quest’ultimo iniziava con la parola Tametsi con la quale è abitualmente
designato.
8
Sacrosanto Concilio Tridentino
SESSIONE XXIV (11 novembre 1563)
(Dottrina sul sacramento del matrimonio)5.
Il vincolo del matrimonio fu dichiarato solennemente perpetuo e indissolubile dal primo padre del
genere umano quando disse, sotto l’ispirazione dello Spirito santo: Questo, ora, è osso delle mie ossa e
carne della mia carne. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla propria moglie: e
saranno due in una sola carne (375).
Che questo vincolo dovesse unire e congiungere due persone soltanto, Cristo Signore lo insegnò più
apertamente, quando, riferendo quelle ultime parole come pronunciate da Dio, disse: Quindi, ormai
non sono più due, ma una sola carne e immediatamente confermò la stabilità di quel vincolo, affermata
da Adamo tanto tempo prima, con queste parole: L’uomo, quindi, non separi quello che Dio ha
congiunto (376).
Lo stesso Cristo, autore e perfezionatore dei santi sacramenti, con la sua passione ci ha meritato la
grazia, che perfezionasse quell’amore naturale, ne confermasse l’indissolubile unità e santificasse gli
sposi. Cosa che Paolo apostolo accenna, quando dice: Uomini, amate le vostre mogli come Cristo ha
amato la chiesa ed ha sacrificato se stesso per essa (377). E poco dopo soggiunge: Grande è questo
sacramento. Io dico in Cristo e nella chiesa (378).
Poiché, quindi, il matrimonio nella legge evangelica è superiore per la grazia di Cristo agli antichi
matrimoni, giustamente i nostri santi padri, i concili e la tradizione della chiesa universale hanno
sempre insegnato che si dovesse annumerare tra i sacramenti della nuova legge.
Insanendo contro di essa, uomini empi di questo secolo non solo si sono formati un’opinione falsa di
questo venerabile sacramento, ma secondo il proprio costume, col pretesto del vangelo hanno
introdotto la libertà della carne e con la bocca e con gli scritti hanno affermato molte cose aliene dal
senso della chiesa cattolica e dalla tradizione approvata dai tempi degli apostoli, non senza grande
danno dei fedeli cristiani.
Perciò il santo e universale sinodo, volendo opporsi alla loro temerità, ha determinato di sterminare le
eresie e gli errori più notevoli di questi scismatici e di stabilire contro gli stessi eretici ed i loro errori i
seguenti anatematismi. (DS 1797-1812)
5
I testi e le note sono tratti da Heinrich DENZINGER, ENCHIRIDION SYMBOLORUM, definitionum et declarationum
de rebus fidei et morum (riportato con la sigla DS).
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CANONI SUL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO
1. Se qualcuno dirà che il matrimonio non è in senso vero e proprio uno dei sette sacramenti della
legge evangelica, istituito da Cristo, ma che è stato inventato dagli uomini nella chiesa, e non
conferisce la grazia, sia anatema.
2. Chi dirà che è lecito ai cristiani avere nello stesso tempo più mogli e che ciò non è proibito da alcuna
legge divina, sia anatema.
3. Se qualcuno dirà che solo i gradi di consanguineità e di affinità enumerati nel Levitico (379)
possono impedire di contrarre il matrimonio e possono sciogliere uno già contratto e che la chiesa non
può dispensare da qualcuno di essi o costituirne in numero maggiore che lo impediscano e lo
sciolgano, sia anatema.
4. Se qualcuno dirà che la chiesa non poteva stabilire degli impedimenti dirimenti il matrimonio, o che
stabilendoli ha errato, sia anatema.
5. Se qualcuno dirà che per motivo di eresia o a causa di una convivenza molesta o per l’assenza
esagerata dal coniuge si possa sciogliere il vincolo matrimoniale, sia anatema.
6. Se qualcuno dirà che il matrimonio rato e non consumato non venga sciolto con la professione
solenne di uno dei coniugi, sia anatema.
7. Se qualcuno dirà che la chiesa sbaglia quando ha insegnato ed insegna che secondo la dottrina
evangelica ed apostolica (380) non si può sciogliere il vincolo del matrimonio per l’adulterio di uno dei
coniugi, e che l’uno e l’altro (perfino l’innocente, che non ha dato motivo all’adulterio) non possono,
mentre vive l’altro coniuge, contrarre un altro matrimonio, e che, quindi, commette adulterio colui
che, lasciata l’adultera, ne sposi un’altra, e colei che, scacciato l’adultero, si sposi con un altro, sia
anatema.
8. Se qualcuno dirà che la chiesa sbaglia quando, per vari motivi, stabilisce che si può fare la
separazione dalla coabitazione tra i coniugi, a tempo determinato o indeterminato, sia anatema.
9. Se qualcuno dirà che i chierici costituiti negli ordini sacri o i religiosi che hanno emesso
solennemente il voto di castità, possono contrarre matrimonio, e che questo, una volta contratto, sia
valido, non ostante la legge ecclesiastica o il voto, e che sostenere l’opposto non sia altro che
condannare il matrimonio; e che tutti quelli che sentono di non avere il dono della castità (anche sé ne
hanno fatto il voto) possono contrarre matrimonio, sia anatema. Dio, infatti, non nega questo dono a
10
chi lo prega (381) con retta intenzione e non permette che noi siamo tentati al di sopra di quello che
possiamo (382).
10. Se qualcuno dirà che lo stato coniugale è da preferirsi alla verginità o al celibato e che non è cosa
migliore e più beata rimanere nella verginità e nel celibato, che unirsi in matrimonio (383), sia
anatema.
11. Se qualcuno dirà che la proibizione della solennità delle nozze in alcuni periodi dell’anno è una
superstizione tirannica, che ha avuto origine dalla superstizione dei pagani o condannerà le
benedizioni e le altre cerimonie, di cui la chiesa fa uso in esse, sia anatema.
12. Se qualcuno dirà che le cause matrimoniali non sono di competenza dei giudici ecclesiastici, sia
anatema. (DS 1812-1816)
375. Gen 2, 23-24 (Mt 19, 5; Ef 5, 31).
376. Mt 19, 6; Mc 10, 8-9.
377. Ef 5, 25.
378. Ef 5, 32.
379. Cfr. Lv 18, 6-18.
380. Cfr. soprattutto Mt 5, 32; 19, 9; Mc 10, 11-12: Lc 16, 18; I Cor 7, 11.
381. Cfr. Mt 7, 7-8; Gc 1, 5 e altri.
382. Cfr. I Cor 10, 13.
383. Cfr. Mt 19, 11-12; I Cor 7, 25-26; 7, 38; Ap 14, 4.
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11
Dopo Trento la Dottrina plurisecolare della Chiesa vive un periodo di tranquillità e sono di
questo periodo alcuni importanti studi:
De Matrimonio Sacramento di San Roberto BELLARMINO (Roma, 1615)
De Magno Matrimoni Sacramento del p. DE LEDESMA (Salamanca, 1592)
De Sancti Matrimoni Sacramento Disputationum Libri X del gesuita SANCHEZ (Genova, 1592) .
In questi secoli le difficoltà dottrinali procedono da avvenimenti esterni alla Chiesa :
a. la scristianizzazione del pensiero e a poco a poco del costume sociale;
b. la “Scuola del diritto naturale”e i filosofi della rivoluzione francese.
Il pensiero “laicista”, diffuso con la Rivoluzione Francese, non si limita a negare la potestà della
Chiesa sul matrimonio: afferma che essa ha snaturato il regime naturale del matrimonio, per cui
propone una nuova morale matrimoniale.
A grandi linee:
-
La scuola del diritto naturale fondata da Grozio e sistematizzata e diffusa da Pufendorf,
affermò l’esistenza di un diritto naturale valido etsi Deus non daretur (cioè come se Dio
non ci fosse).
-
Tale diritto naturale troverebbe il suo fondamento nell’uomo, così come la ragione può
conoscerlo a prescindere da Dio e dalla Rivelazione.
-
Attuata la rottura con la trascendenza, perduta la guida della fede, benché inizialmente si
conservino molte verità cristiane, che si immaginano acquisite dalla sola ragione,
progressivamente le si abbandonano quasi tutte.
-
La prima divergenza apparirà subito rispetto all’indissolubilità: l’amore che si trova a
fondamento del matrimonio non può essere imposto da leggi, affermano; se manca, e
l’esperienza conferma che non di rado accada così, è ingiusto continuare ad obbligare i
coniugi a vivere insieme.
-
A poco a poco, la divergenza si espanderà in altri campi: la poligamia sarà considerata
meno progredita ma non riprovevole; Thomasius arriverà a dubitare che la sodomia e la
bestialità siano contrarie al diritto naturale, etc.
12
-
L’indissolubilità del matrimonio scriveva Voltaire è un imposizione “barbarica e crudele”;
in favore del Divorzio stanno l’equità, la storia e l’esempio di tutti i popoli, salvo il “popolo
cattolico romano”6.
-
Niente assicura di più la durata del Matrimonio, argomenta Montaigne, che la possibilità
del divorzio: “Quel che salvò il matrimonio a Roma, per tanto tempo colmo di onori e di saldezza,
fu la libertà di romperlo. Amavano di più le loro mogli nel timore di perderle”7.
-
Infine Kant fu tra i primi a negare che la procreazione fosse il fine proprio ed intrinseco del
matrimonio, affermando che la si poteva escludere per volontà dei coniugi 8.
Il progressivo espandersi di simili idee porterà all’instaurarsi del matrimonio civile in molti Stati a
maggioranza cattolica. Nei due decenni conclusivi del secolo XVIII, a cominciare dalla Francia,
diversi Paesi dell’Occidente configurano il matrimonio civile come valido per i cattolici e come il
solo valido; contemporaneamente, di solito, ammettono il divorzio. Del resto se si considera il
matrimonio come “creazione” della volontà umana, il divorzio viene come logica conseguenza,
poiché quello che è creato dalla volontà umana, da questa può essere anche distrutto.
Sebbene allora molti non ne fossero consapevoli, era in gioco l’intera vita cristiana e umana
dell’Occidente: prima di Cristo nessuna società era arrivata al rispetto pieno della dignità naturale
dell’uomo. Tolto Cristo e i suoi insegnamenti dalla vita sociale, ritorna inevitabilmente la
decadenza etica.
I pontefici della seconda metà del XVIII sec. e dell’inizio del XIX svilupparono la dottrina
dell’inseparabilità tra contratto e sacramento; e confermarono la competenza che, per volontà di
Dio, la Chiesa ha sul matrimonio.
Si ricordi soprattutto Leone XIII nella Lettera Enciclica Arcanum divinae sapientiae (10 febbraio
1880) di cui riportiamo alcuni brani :
La tradizione universale insegna che “Cristo Signore ha innalzato il matrimonio alla dignità di Sacramento,
ed ha contemporaneamente fatto sì che i coniugi, rivestiti e fortificati dalla celeste grazia che i meriti di Lui
apportarono, ottenessero la santità nello stesso matrimonio. In questo, conformato mirabilmente all’esempio
del suo mistico connubio con la Chiesa, ha perfezionato l’amore naturale , e stretto più fortemente col vincolo
della carità divina l’unione, indivisibile per sua stessa natura, del marito e della moglie. "O uomini, – dice
Paolo agli Efesini – amate le vostre mogli come anche Cristo amò la Chiesa e diede se stesso per lei, al fine di
santificarla... I mariti debbono amare le loro mogli come i loro propri corpi... dato che nessuno ebbe mai in
F-M. VOLTAIRE, Adultère ( Mémoire d’un Magistrat écrit vers l’an 1764), in Dictionnaire Philosophique, Paris
1816, p. 108.
7
M. MONTAIGNE, Les Essais, Ed. Armagnaud, 1926, t. IV, p. 148.
8
Cfr. E. KANT, Fondamenti della metafisica dei costumi, a cura di V. Delbos, La Nuova Italia Editrice, Firenze, 1942,
pp. 65-88.
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odio la propria carne; anzi la nutre e la cura, come fa pure Cristo della Chiesa: perché noi siamo membra del
suo corpo, della sua carne e delle sue ossa. Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre sua, e starà
congiunto con sua moglie; e i due saranno una carne sola. Questo Sacramento è grande: io però lo dico
riguardo a Cristo e alla Chiesa" (Ef 5,25-33). Similmente apprendemmo dagli Apostoli che Cristo ha
decretato che l’unione e la perpetua stabilità – che si richiedevano fino dalla stessa origine delle nozze –
fossero sacre e inviolabili in tutte le età. "Ai coniugati, dice lo stesso Paolo, ordino, non io, ma il Signore, che
la moglie non si separi dal marito, e qualora si sia separata, rimanga senza rimaritarsi, o si ricongiunga con
suo marito" (1Cor 7,10-11), e di nuovo: "La moglie è legata alla legge per tutto il tempo che suo marito vive;
se il marito muore, ella è libera" (1Cor 7,39). Per questi motivi dunque il matrimonio divenne "Sacramento
grande" (Ef 5,32), "onorabile in tutto" (Eb 13,4), pio, casto, venerando per la figura ed il significato
d’altissime cose.
Né la sua cristiana e somma perfezione è contenuta soltanto nelle prerogative che si sono ricordate. Infatti, in
primo luogo alla società coniugale fu prestabilito uno scopo più nobile e più alto che mai fosse stato in
precedenza, in quanto si volle che essa mirasse non solo a propagare il genere umano, ma a generare figli alla
Chiesa, "concittadini dei Santi e domestici di Dio" (Ef 2,19), cioè "che fosse creato ed educato un popolo al
culto e alla religione di Cristo, vero Dio e nostro Salvatore". In secondo luogo, all’uno ed all’altro dei coniugi
furono stabiliti i loro propri doveri, e interamente descritti i loro diritti. È necessario cioè che essi abbiano
sempre l’animo talmente disposto da comprendere l’uno dovere all’altro un amore grandissimo, una fede
costante, un sollecito e continuo aiuto. Il marito è il principe della famiglia e il capo della moglie; la quale,
non pertanto, dato che è carne della carne di lui ed osso delle sue ossa, deve essere soggetta ed obbediente al
marito, non a guisa di ancella, ma di compagna; cioè in modo tale che la soggezione che ella rende a lui non
sia disgiunta dal decoro né dalla dignità. In lui che governa, ed in lei che obbedisce, dato che entrambi
rendono l’immagine l’uno di Cristo, l’altra della Chiesa, sia la carità divina la perpetua moderatrice dei loro
doveri. Infatti "l’uomo è capo della donna, come Cristo è capo della Chiesa... Quindi, come la Chiesa è
soggetta a Cristo, così le mogli debbono essere soggette ai loro mariti in ogni cosa" (Ef 5,23-24); furono
pareggiati i diritti del marito e della moglie; infatti, come diceva San Girolamo , "presso di noi ciò che non è
lecito alle donne, altrettanto non è lecito agli uomini, e la stessa servitù viene considerata a pari condizione";
furono stabilmente consolidati i medesimi diritti per mezzo della reciproca benevolenza e dei vicendevoli
compiti; fu garantita e tutelata la dignità delle donne; fu vietato al marito di punire l’adulterio con la pena di
morte , e di violare per libidine e impudicizia la fede giurata. È altresì di grande importanza che la Chiesa
abbia posto un limite, nella misura necessaria, alla patria potestà, affinché nulla venisse tolto alla ragionevole
libertà dei figli e delle figlie che desiderassero sposarsi ; che abbia decretato nulle le nozze tra i consanguinei e
gli affini in certi gradi , affinché l’amore soprannaturale dei coniugi potesse diffondersi in più vasto campo;
che abbia avuto cura di rimuovere dalle nozze, per quanto le fu possibile, l’errore, la violenza e la frode ; che
abbia voluto si conservassero intere ed intatte la pudicizia santa del talamo, la sicurezza delle persone , la
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dignità dei connubii , la integrità della religione . Da ultimo, con tanto vigore, con tanta provvidenza di leggi
fortificò codesta divina istituzione, tanto che non v’è alcuno, giusto estimatore delle cose, il quale non
comprenda che anche per quanto si riferisce ai connubi, la Chiesa è ottima conservatrice e protettrice del
genere umano; la sua sapienza trionfò nel corso dei tempi contro le ingiurie degli uomini e le innumerevoli
vicende degli Stati.
Ma ad opera del nemico del genere umano non mancano coloro che, come rigettano ingratamente gli altri
benefici della redenzione, così disprezzano o non riconoscono affatto la riabilitazione e il perfezionamento del
matrimonio. Fu malvagità di alcuni antichi l’essere stati nemici delle nozze in qualche loro prerogativa, ma
con danno molto più grave peccano all’età nostra coloro che vogliono completamente corromperne la natura,
così perfetta e completa in tutte le sue parti e qualità. La causa di tale guerra consiste massimamente in
questo, che imbevuti delle opinioni di una falsa filosofia e di prave abitudini, gli animi di molti soffrono
soprattutto nello stare soggetti e nell’obbedire; pertanto operano a più non posso perché non solo ciascun
uomo, ma le famiglie e tutta l’umana società disprezzino i comandi di Dio. Siccome però la fonte e l’origine
della famiglia e della società umana sono riposte nel matrimonio, non possono in alcun modo sopportare che
esso sia sottoposto alla giurisdizione della Chiesa; anzi si sforzano di spogliarlo d’ogni santità e di
circoscriverlo entro la cerchia veramente angusta delle cose che furono istituite dal senno umano, e che
cadono sotto l’autorità e il governo del diritto civile. Dal che doveva derivare per necessaria conseguenza che
essi attribuissero ogni diritto sopra i connubi ai capi dello Stato, e che non ne avesse alcuno la Chiesa; la
quale, se talvolta esercitò un siffatto potere, ciò avvenne o per condiscendenza dei Principi, o per sopruso. Ma
essi dicono che ormai è giunto il tempo nel quale coloro che reggono lo Stato devono difendere
gagliardamente i loro diritti, e cominciare a regolare a loro discrezione ogni cosa che appartiene ai connubi .
Quindi sono nati i cosiddetti matrimoni civili; sono state stabilite le leggi intorno alle cause che possano
impedire le nozze; da qui le sentenze del foro intorno ai contratti matrimoniali eseguiti illegalmente o con
difetto. Infine vediamo che ogni facoltà di far leggi e pronunciare sentenze in questa materia è stata sottratta
alla Chiesa cattolica con studiata abilità, al punto che non si tiene alcun conto né della sua potestà divina, né
delle sue provvide leggi, con le quali così a lungo vissero beatamente i popoli, ai quali con la cristiana
sapienza pervenne la luce della civiltà.
Con tutto ciò i Naturalisti e tutti coloro che, professandosi altamente devoti alla onnipotenza dello Stato, si
sforzano di sconvolgere con queste malvagie dottrine tutta la società, non possono sfuggire all’accusa di
falsità. Infatti, poiché il matrimonio ha Dio come autore, ed essendo stato fin da principio quasi una figura
della Incarnazione del Verbo di Dio, perciò in esso si trova qualcosa di sacro e religioso, non avventizio, ma
congenito, non ricevuto dagli uomini, ma innestato da natura.
(…) Se si ricerca a qual fine fosse ordinata la divina istituzione dei matrimoni, apparirà evidentissimo che
Dio volle in essi racchiudere fonti ricchissime di pubblica utilità e salvezza. E in verità, oltre che provvedere
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alla propagazione del genere umano, essi hanno anche lo scopo di rendere migliore e più facile la vita dei
coniugati, e ciò per più ragioni, quali gli scambievoli aiuti nell’alleviare le loro necessità, l’amore costante e
fedele, la comunanza di tutti i beni, la grazia celeste che proviene dal Sacramento. I matrimoni poi
contribuiscono assai alla salvezza delle famiglie, giacché essi, finché saranno conformi alla natura e
risponderanno pienamente ai consigli di Dio, potranno senza dubbio rafforzare la concordia degli animi fra i
genitori, garantire la retta educazione dei figli, moderare la patria potestà sull’esempio della potestà divina,
rendere obbedienti i figli ai genitori, i servi ai padroni. Da tali connubi poi le comunità possono
ragionevolmente aspettarsi una stirpe ed una successione di cittadini che siano ottimamente animati e che,
assuefatti all’ossequio e all’amore verso Dio, reputino stretto dovere prestare obbedienza a coloro che
giustamente e legittimamente esercitano il comando, portare a tutti benevolenza, non recare offesa ad
alcuno”. (DS 3142 e ss.)
Il Codice di Diritto Canonico del 1917 e l’Enciclica Casti Connubi del 31.12.1930, sistemano
e chiarificano ulteriormente l’essenza, la natura e i fini del matrimonio.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II dedica al matrimonio :
Gaudium et Spes (nn. 47-52) ;
Lumen Gentium (nn. 11, 34-35, 41);
Apostolicam Actuositatem (n. 11);
Gravissimum Educationis (nn. 3,6).
Il Vaticano II, oltre a riconfermare tutta la Dottrina del Concilio Tridentino:
-
Istituzione divina del matrimonio ed elevazione a sacramento da parte di Cristo;
-
Le proprietà, i beni e i fini del matrimonio;
mette in risalto:
-
La grandezza dell’amore coniugale (GS 48-49-50);
-
Il matrimonio cammino di santità (GS 49; LG 42 e 41).
Dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II seguono, tra i più importanti documenti al
riguardo:
Humanae vitae, lettera Enciclica di Paolo VI (25.7.1968)
Familiaris Consortium, Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II (22.11.1981)
Lettera alle Famiglie, di Giovanni Paolo II (2.2.1994).
E questi documenti credo sia il caso di leggerli per intero.
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Concludo con quanto papa Benedetto XVI ha scritto a proposito del matrimonio e
della famiglia ai nn. 27- 29 dell’ Esortazione Apostolica post-sinodale Sacramentum
Caritatis:
Eucaristia, sacramento sponsale
27. L'Eucaristia, sacramento della carità, mostra un particolare rapporto con l'amore tra l'uomo e
la donna, uniti in matrimonio. Approfondire questo legame è una necessità propria del nostro
tempo.(83) Il Papa Giovanni Paolo II ha avuto più volte l'occasione di affermare il carattere
sponsale dell'Eucaristia ed il suo rapporto peculiare con il sacramento del Matrimonio: «
L'Eucaristia è il sacramento della nostra redenzione. È il sacramento dello Sposo, della Sposa ».(84)
Del resto, « tutta la vita cristiana porta il segno dell'amore sponsale di Cristo e della Chiesa. Già il
Battesimo, che introduce nel Popolo di Dio, è un mistero nuziale: è per così dire il lavacro delle
nozze che precede il banchetto delle nozze, l'Eucaristia ».(85) L'Eucaristia corrobora in modo
inesauribile l'unità e l'amore indissolubili di ogni Matrimonio cristiano. In esso, in forza del
sacramento, il vincolo coniugale è intrinsecamente connesso all'unità eucaristica tra Cristo sposo e
la Chiesa sposa (cfr Ef 5,31-32). Il reciproco consenso che marito e moglie si scambiano in Cristo, e
che li costituisce in comunità di vita e di amore, ha anch'esso una dimensione eucaristica. Infatti,
nella teologia paolina, l'amore sponsale è segno sacramentale dell'amore di Cristo per la sua Chiesa,
un amore che ha il suo punto culminante nella Croce, espressione delle sue « nozze » con l'umanità
e, al contempo, origine e centro dell'Eucaristia. Per questo la Chiesa manifesta una particolare
vicinanza spirituale a tutti coloro che hanno fondato la loro famiglia sul sacramento del
Matrimonio.(86) La famiglia – chiesa domestica(87) – è un ambito primario della vita della Chiesa,
specialmente per il ruolo decisivo nei confronti dell'educazione cristiana dei figli.(88) In questo
contesto il Sinodo ha raccomandato anche di riconoscere la singolare missione della donna nella
famiglia e nella società, una missione che va difesa, salvaguardata e promossa.(89) Il suo essere
sposa e madre costituisce una realtà imprescindibile che non deve mai essere svilita.
Eucaristia e unicità del matrimonio
28. È propriamente alla luce di questa relazione intrinseca tra matrimonio, famiglia ed Eucaristia
che è possibile considerare alcuni problemi pastorali. Il legame fedele, indissolubile ed esclusivo che
unisce Cristo e la Chiesa, e che trova espressione sacramentale nell'Eucaristia, si incontra con il
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dato antropologico originario per cui l'uomo deve essere unito in modo definitivo ad una sola donna
e viceversa (cfr Gn 2,24; Mt 19,5). In questo orizzonte di pensieri, il Sinodo dei Vescovi ha
affrontato il tema della prassi pastorale nei confronti di chi incontra l'annuncio del Vangelo
provenendo da culture in cui è praticata la poligamia. Coloro che si trovano in una tale situazione e
che si aprono alla fede cristiana devono essere aiutati ad integrare il loro progetto umano nella
novità radicale di Cristo. Nel percorso di catecumenato, Cristo li raggiunge nella loro condizione
specifica e li chiama alla piena verità dell'amore passando attraverso le rinunce necessarie, in vista
della comunione ecclesiale perfetta. La Chiesa li accompagna con una pastorale piena di dolcezza e
insieme di fermezza,(90) soprattutto mostrando loro la luce che dai misteri cristiani si riverbera
sulla natura e sugli affetti umani.
Eucaristia e indissolubilità del matrimonio
29. Se l'Eucaristia esprime l'irreversibilità dell'amore di Dio in Cristo per la sua Chiesa, si
comprende perché essa implichi, in relazione al sacramento del Matrimonio, quella indissolubilità
alla quale ogni vero amore non può che anelare.(91) Più che giustificata quindi l'attenzione
pastorale che il Sinodo ha riservato alle situazioni dolorose in cui si trovano non pochi fedeli che,
dopo aver celebrato il sacramento del Matrimonio, hanno divorziato e contratto nuove nozze. Si
tratta di un problema pastorale spinoso e complesso, una vera piaga dell'odierno contesto sociale che
intacca in misura crescente gli stessi ambienti cattolici. I Pastori, per amore della verità, sono
obbligati a discernere bene le diverse situazioni, per aiutare spiritualmente nei modi adeguati i fedeli
coinvolti.(92) Il Sinodo dei Vescovi ha confermato la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra
Scrittura (cfr Mc 10,2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati, perché il loro
stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono quell'unione di amore tra Cristo e la
Chiesa che è significata ed attuata nell'Eucaristia. I divorziati risposati, tuttavia, nonostante la loro
situazione, continuano ad appartenere alla Chiesa, che li segue con speciale attenzione, nel desiderio
che coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano di vita attraverso la partecipazione alla santa
Messa, pur senza ricevere la Comunione, l'ascolto della Parola di Dio, l'Adorazione eucaristica, la
preghiera, la partecipazione alla vita comunitaria, il dialogo confidente con un sacerdote o un
maestro di vita spirituale, la dedizione alla carità vissuta, le opere di penitenza, l'impegno educativo
verso i figli.
Là dove sorgono legittimamente dei dubbi sulla validità del Matrimonio sacramentale contratto, si
deve intraprendere quanto è necessario per verificarne la fondatezza. Bisogna poi assicurare, nel
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pieno rispetto del diritto canonico,(93) la presenza sul territorio dei tribunali ecclesiastici, il loro
carattere pastorale, la loro corretta e pronta attività.(94) Occorre che in ogni Diocesi ci sia un
numero sufficiente di persone preparate per il sollecito funzionamento dei tribunali ecclesiastici.
Ricordo che « è un obbligo grave quello di rendere l'operato istituzionale della Chiesa nei tribunali
sempre più vicino ai fedeli ».(95) È necessario, tuttavia, evitare di intendere la preoccupazione
pastorale come se fosse in contrapposizione col diritto. Si deve piuttosto partire dal presupposto che
fondamentale punto d'incontro tra diritto e pastorale è l'amore per la verità: questa infatti non è
mai astratta, ma « si integra nell'itinerario umano e cristiano di ogni fedele ».(96) Infine, là dove
non viene riconosciuta la nullità del vincolo matrimoniale e si danno condizioni oggettive che di
fatto rendono la convivenza irreversibile, la Chiesa incoraggia questi fedeli a impegnarsi a vivere la
loro relazione secondo le esigenze della legge di Dio, come amici, come fratello e sorella; così
potranno riaccostarsi alla mensa eucaristica, con le attenzioni previste dalla provata prassi
ecclesiale. Tale cammino, perché sia possibile e porti frutti, deve essere sostenuto dall'aiuto dei
pastori e da adeguate iniziative ecclesiali, evitando, in ogni caso, di benedire queste relazioni, perché
tra i fedeli non sorgano confusioni circa il valore del Matrimonio.(97)
Data la complessità del contesto culturale in cui vive la Chiesa in molti Paesi, il Sinodo
ha, poi, raccomandato di avere la massima cura pastorale nella formazione dei nubendi e
nella previa verifica delle loro convinzioni circa gli impegni irrinunciabili per la validità
del sacramento del Matrimonio. Un serio discernimento a questo riguardo potrà evitare
che impulsi emotivi o ragioni superficiali inducano i due giovani ad assumere
responsabilità che non sapranno poi onorare.(98) Troppo grande è il bene che la Chiesa e
l'intera società s'attendono dal matrimonio e dalla famiglia su di esso fondata per non
impegnarsi a fondo in questo specifico ambito pastorale. Matrimonio e famiglia sono
istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro
verità, perché ogni danno arrecato ad esse è di fatto una ferita che si arreca alla
convivenza umana come tale.
(83) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 57: AAS 74 (1982), 149-150.
(84) Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 26: AAS 80 (1988), 1715-1716.
(85) Catechismo della Chiesa Cattolica, 1617.
(86) Cfr Propositio 8.
(87) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11.
(88) Cfr Propositio 8.
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(89) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988): AAS 80 (1988), 1653-1729; Congregazione per la
dottrina della fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e
nel mondo (31 maggio 2004): AAS 96 (2004), 671-687.
(90) Cfr Propositio 9.
(91) Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1640.
(92) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 84: AAS 74 (1982), 184-186;
Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della comunione
eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati Annus Internationalis Familiae (14 settembre 1994): AAS 86 (1994), 974979.
(93) Cfr Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, Istruzione sulle norme da osservarsi nei tribunali ecclesiastici nelle
cause matrimoniali Dignitas connubii (25 gennaio 2005), Città del Vaticano, 2005.
(94) Cfr Propositio 40.
(95) Benedetto XVI, Discorso al Tribunale della Rota Romana in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario (28
gennaio 2006): AAS 98 (2006), 138.
(96) Cfr Propositio 40.
97) Cfr ibidem.
(98) Cfr ibidem.
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