AF_2016-17_MODULO II_L`uomo tra condizionamenti vitali e libertà

AF 2016-17
Modulo II
L’uomo tra condizionamenti vitali e libertà spirituale
L’antropologia integrale e
integrante di Max Scheler
Un’antropologia integrale
L’europeo colto di oggi non sa cosa intendere con il
termine «uomo».
La tradizione offre
-un’antropologia teologica
-un’antropologia filosofica
-un’antropologia scientifica
Ma poiché tali idee sono reciprocamente incuranti
«noi ci troviamo sprovvisti
di un’idea unitaria dell’uomo»
Un’antropologia integrante
Per rispondere alla domanda «che cos’è l’uomo?»,
non basta cogliere tutti i fattori che concorrono a
delineare l’essere umano, fornendo un’antropologia
integrale;
occorre anche
individuare la modalità
antropologica che, ponendo i vari fattori in sinergia
operativa, è in grado di determinare, oltre
all’accrescimento biologico, la realizzazione
dell’umano.
Un nuovo metodo
di ricerca antropologica
Obiettivo: sciogliere l’enigmaticità con cui l’uomo appare oggi a
se stesso
Mezzo: un metodo efficace di ricerca riflessiva
Max Scheler
usa il metodo fenomenologico di indagine che,
nell’analisi dei fenomeni, permette di coniugare
proficuamente «ciò che appare» e «ciò che è»
Il metodo fenomenologico
Rappresenta la novità della filosofia del ‘900. E’ stato scoperto e
applicato da Edmund Husserl a partire dall’opera Ricerche logiche
del 1901.
Consiste nell’applicare la riflessione ai vissuti coscienziali, oggetto
della psicologia, approfondendone però la considerazione oltre
l’aspetto funzionale.
La fenomenologia filosofica coglie, nei vissuti di cui si ha coscienza,
dati intuitivi (=che si danno senza mediazioni di ragionamento), nei
quali gli oggetti appaiono «per quello che sono», nella loro
«essenza» (=nucleo costante che rende ciascun ente quello che è).
La coscienza fenomenologicamente intesa si manifesta, perciò, come
quella struttura d’atto, in cui si compie il movimento dal polo
soggettivo-noetico (=che intende/intenziona) al polo oggettivonoematico (=che è inteso/intenzionato).
Usare il metodo fenomenologico (I)
Nel corso dell’intenso rapporto quotidiano con il mondo,
dominato da interessi pratici, a ogni essere umano che si guardi
intorno con sguardo desto può capitare l’esperienza della
meraviglia in cui
«una cosa gli si offrirà come nuova e ne rimarrà stupito. Egli
noterà subito che, indipendentemente dal significato che ha per
lui, essa ha un proprio essere, una propria essenza» (E. Stein,
Introduzione alla filosofia).
Usare il metodo fenomenologico II
Siamo sospinti a instaurare un’apposita critica che indaghi sul
fenomeno della coscienza, che trascende se stessa e raggiunge l’area
dell’ontologia, fondamento della conoscenza pre-scientifica e di
quella scientifica positiva (Cartesio).
«Come è possibile che la coscienza si diriga su oggetti ad essa
esterni, che hanno un proprio essere separato dal suo o, come
solitamente si dice, un essere trascendente?» (E. Stein, Introduzione
alla filosofia)
Inoltre: è verificabile la relazione di congruenza che a priori lega le
strutture coscienziali a quelle oggettuali?
Usare il metodo fenomenologico
III
«Anche se possiamo dubitare di tutto ciò che ci insegna
l’esperienza e la scienza, rimane tuttavia una sola cosa come
residuo indubitabile: il dubbio stesso.
E non rimane soltanto il dubbio, ma anche la percezione la cui
attendibilità è stata messa in dubbio, in quanto conoscenza del
soggetto dubitante,
e quindi resta ogni vissuto in generale, tutto l’ambito della
coscienza»
(E. Stein, Introduzione alla filosofia)
Un esempio
«Se crediamo di percepire un uccello in volo ma poi guardando
meglio ci accorgiamo che si tratta di un foglio svolazzante, allora
la nostra percezione viene smascherata come un inganno, per cui
bisogna ritirare le nostre asserzioni sull’uccello che vola,
asserzioni che sollevano la pretesa di dare forma ai fatti
d’esperienza. Tuttavia il percepire un uccello che vola è un dato
di fatto insopprimibile che nessuna nuova esperienza può
contestare. E tutto ciò che appartiene a questo fenomeno – la
percezione dell’uccello che vola – può essere descritto e tale
descrizione rimane vera anche se la percezione si rivela fallace»
(E. Stein, Introduzione alla filosofia)
Vedere nell’esempio
Se siamo coscienti di qualcosa, che magari si rivela poi
erronea sul piano fattuale, vuol dire che un atto di
coscienza si è compiuto nella sua dimensione pura:
ha avuto luogo una presa-d’atto-conoscitiva, che si
dirige su un oggetto e lo considera dotato di un
determinato patrimonio di senso, un ente fatto in un certo
modo.
Tale presa-d’atto entra in contatto immediato con
l’essere (=esistere) e l’essere-così (=avere certe qualità)
di ciò che viene colto e rende possibile la variazione del
contenuto empirico di essa.
Vedere nell’esempio II
Nella presa-d’atto di coscienza
«l’io, che fino a questo momento viveva nel flusso dei dati, dei
quali era in possesso senza tuttavia guardarli, apre ora il suo
sguardo spirituale e si dirige verso qualcosa, che gli si
presenta, divenendo per lui oggetto. Il "dirigersi verso qualcosa"
cui ci stiamo riferendo, l’intentio (=l’intenzione), che si erge sul
fondamento dei dati immanenti, indica una nuova classe di
vissuti, di unità che si costituiscono nel flusso: la classe delle
apprensioni o degli atti. Con essi inizia la vita spirituale» (E.
Stein, Introduzione alla filosofia)
L’antropologia teologica
Proviene dal mondo intellettuale della
tradizione giudaico-cristiana
Fa riferimento alla vicenda biblica di Adamo
ed Eva:
creazione, Paradiso terrestre, caduta
L’antropologia filosofica
Proviene dal mondo intellettuale dell’antica Grecia
Fa riferimento ad una maturazione dell’ autocoscienza
dell’uomo per la quale l’uomo ha inteso il privilegio della sua
posizione, di essere dotato di «ragione» (lógos, phrónesis, ratio,
mens)
lógos = capacità umana di cogliere il nucleo costante delle cose
(essenza, quiddità)
lógos = ragione sovrumana, fondamento di tutte le cose cui
l’uomo, unico fra gli esseri, partecipa
L’antropologia scientifica
Proviene dalle scienze naturali e dalla psicologia
genetica
Fa riferimento alla teoria dell’evoluzione e considera
l’uomo come il risultato finale dell’evoluzione del
pianeta terrestre
L’uomo si distingue dalle altre forme viventi solo per il
grado di complessità di quelle energie e capacità
combinate che appaiono già nella natura sub-umana
La posizione dell’uomo
nel cosmo
Il termine uomo deve designare
a) «il vertice della scala dei vertebrati mammiferi»
(Linneo), in cui si assommano le seguenti caratteristiche :
-andatura eretta + modificazioni organiche derivate;
-colonna vertebrale modificata;
- posizione di equilibrio del cranio;
- poderoso sviluppo cerebrale
b) un insieme di caratteri che si oppongono al concetto di
animale in generale e si avvicinano all’idea di Dio

posizione del tutto particolare dell’uomo
rispetto alle altre specie viventi
La gerarchia delle energie e delle
facoltà psichiche
Assunto metodologico: sfera psichica = sfera vivente
Tutto quanto è vivente possiede
a)
- il movimento spontaneo/automovimento
- l’auto-formazione
- l’auto-differenziazione
- l’auto-delimitazione spontanea rispetto allo spazio e al tempo
b)
un essere-per-se-stesso e un essere -interno, in cui si
riconosce (ipseità) = originario fenomeno psichico della vita,
che è in grado di autolimitarsi nei confronti di un ambiente
esterno.
Il livello della vita vegetale
0 centri e campi di forze dei corpi inorganici, senza alcuna
interiorità
1° grado del processo psichico:
 impulso dell’affezione vitale (con indistinzione di affezione e pulsione)
= avvicinamento a/allontanamento da
- natura estatica = mancanza di rivolgimento riattualizzante degli
stati organici verso un centro proprio e di un ritorno (reflexio)
della vita su se stessa
- priva di coscienza, sensazione, rappresentazione e memoria
manca un sistema nervoso  deficiente centralizzazione,
(ogni stimolo investe l’intero sistema conduttore dei tessuti e
muta l’insieme dello stato biologico);
 - individualizzazione limitata
 - dotata del protofenomeno espressivo = fisionomia degli stati
dell’impulso affettivo, pur senza funzioni di comunicazione
Il livello della vita animale
2° grado del processo psichico:
l’istinto che si traduce nel comportamento istintivo
- è dotato di senso per l’insieme del portatore di vita
- si svolge secondo un ritmo rigido e costante  da quello dei
movimenti acquisiti per associazione, esercizio, abitudine
(tentativi ed errori)
- risponde a situazioni tipiche e rilevanti per la vita della specie
- è innato ed ereditario, perciò completo fin dall’inizio

è inserito nella stessa genesi morfologica dell’essere vivente e
agisce in strettissima connessioni con quelle funzioni fisiologiche
plasmatrici che costituiscono le prime forme strutturali del corpo
animale
Istinto e sensazione
- gli istinti non derivano dalle esperienze sensibili esterne
- ciò che un animale può rappresentarsi, sentire o ricordare è
determinato e dominato a priori dalla relazione dei suoi istinti alla
struttura dell’ambiente

La genesi dell’istinto di una specie è esclusivamente una
manifestazione della stessa formazione della specie.
Tutte le vie nervose afferenti e gli organi di ricezione degli stimoli
si sono formate nel corso dell’evoluzione solo dopo la stabilizzazione
delle vie nervose efferenti e degli organi effettori
- collocazione subcorticale dell’istinto
evoluzione psichica=dissociazione creativa operata dalla corteccia
Il livello della vita animale II
3° grado di vita psichica:
-la memoria associativa
4° grado di vita psichica:
- l’intelligenza pratica
Il livello umano della vita
C’è qualcosa che competa all’uomo specificamente, oltre alle 4
forme psichiche osservate nel mondo animale?
-alcuni riservano intelligenza e capacità di scelta all’uomo,
identificandovi la differenza extra-quantitativa, distintiva dell’umano;
-altri negano una differenza irriducibile tra uomo e animale,
riducendo l’uomo alla sola dimensione dell’homo faber (l’uomo che
fa, lavora), dotato di intelligenza pratica e capacità di scelta come i
primati;
-Scheler ritiene che l’uomo occupa una posizione particolare nel
cosmo in virtù di una dotazione, lo spirito, che trascende tanto la
sfera psichica quanto la sfera vitale.
Lo spirito come connotato
specificamente antropologico
«Il nuovo principio che rende l’uomo tale si trova infatti al di
fuori di tutto ciò che possiamo generalmente definire vita e
psichicamente interno o vitalmente esterno. Ciò che caratterizza
l’uomo è piuttosto un principio opposto a tutta la vita nel suo
complesso, nel senso che tale principio non può essere
considerato come frutto di una ‘evoluzione naturale della vita’,
essendo riconducibile semmai solo al principio superiore di tutte
le cose, allo stesso principio di cui anche la ‘vita’ non è che una
manifestazione parziale» (PUC, pp. 108-109).
I Greci chiamarono tale principio "ragione", Scheler lo denomina
Geist, "spirito".
Lo spirito
Nella nozione di "spirito" sono compresi:
- la ragione in senso tradizionale
-il pensiero ideativo;
-l’intuizione dei proto-fenomeni o dei contenuti essenziali;
- atti emozionali e volitivi quali: bontà, amore, pentimento,
rispetto, meraviglia, estasi, disperazione, libera decisione.
Lo spirito
si manifesta concretamente nell’ambito
dell’essere finito, tramite gli atti di quel centro-di-atti, che è la
persona e che si contrappone a tutti i centri funzionali della
vita, i quali, considerati internamente, possono essere designati
anche come centri psichici.
L’uomo portatore dello spirito
In quanto "portatore" di essere spirituale, l’uomo, o meglio il centro
della sua esistenza, che è la persona, è dotato della capacità
esistenziale di emanciparsi, liberarsi e svincolarsi nei confronti del
potere, della pressione e della dipendenza dall’ organico, dalla
"vita" e da tutto quanto essa abbraccia, compresa l’intelligenza
pulsionale.
L’uomo/persona è, perciò, "libero dal mondo-ambiente": egli "ha
mondo" ed è "aperto al mondo".
Ciò significa che egli è in grado di "elevare ad oggetti", di
"oggettivare", comprendendone l’essenza stessa, proprio quei centri
(pulsionali e vitali), in cui invece l’animale è ancora estaticamente
immerso e che anche all’uomo sono dati originariamente come
semplici centri di reazione e resistenza nei confronti del proprio
mondo-ambiente (PUC, p. 110).
Rovesciamento antropologico
nel rapporto con la realtà
• Decorso di CHIUSURA
del rapporto animaleambiente
AA
Nell’animale ogni azione o
reazione proviene da uno stato
fisiopsichico, che lo induce a
una modifica reale del suo
ambiente, che ha come
risultato il cambiamento dello
stato
psico-fisiologico
di
partenza (PUC, pp. 111-112).
• Decorso di APERTURA
del rapporto dell’uomo al
mondo
U  M…
Il comportamento umano è
motivato dalla pura essenza e
operato tramite la inibizione/
disinibizione libera, da parte
della persona, di una tendenza
pulsionale, dapprima trattenuta.
Il risultato è la modificazione,
esperita come valida in sé e
definitiva, dell’oggettività di
una cosa.
L’ ipseità ovvero l’essere interno e
l’essere referenziale (PUC, p. 115)
-
Le formazioni inorganiche e i centri di forza non hanno
alcun centro interiore, nessuna ipseità, nessun mondo
circostante o ambiente. Ciò
che in questo mondo
designamo come unità (molecole, atomi, elettroni) è il
risultato della nostra facoltà di dividere i corpi, realmente o
anche idealmente.
-
Ogni essere vivente è, invece, sempre un «centro ontico»
(=centro di esistenza), è capace di ri-produrre in
continuazione la propria unità spazio-temporale e la
propria individualità, che non dipendono pertanto da una
nostra facoltà sintetico-unificante, biologicamente
condizionata. Anzi, dividerlo in parti significa annientarlo!
Gradi di ipseità dei viventi
1. La pianta è data a se stessa una sola volta: possiede una
interiorità generica, in quanto è animata. L’impulso
dell’affezione vitale, di cui è dotata, comporta un centro e un
ambiente, ma i suoi diversi stati non vengono segnalati al
centro.
2. L’animale è dato a se stesso due volte: è dotato di sensazione
e di coscienza (schema corporeo), quindi anche di un centro
modificabile di segnalazione dei mutevoli stati organici.
3. L’uomo è ridato a se stesso una terza volta nell’autocoscienza
e nella facoltà di oggettivare (PUC, pp. 115-116) .
Qualità conoscitive specifiche
dell’essere umano
- L’uomo è capace di ideazione
 scindere l’esistenza dall’essenza, afferrare le forme
essenziali da un solo esempio, avere e acquisire
conoscenze a priori. P. es.:
-la categoria (=predicato) spirituale della «cosa concreta» e
della «sostanza», una propria visione dello spazio, le
forme del vuoto spaziale e temporale, perché in lui, in
quanto essere spirituale, l’esigenza della tendenza
sopravanza sempre la capacità di soddisfarla
 «vuoto del cuore».
 intelligenza tecnica o discorsiva
(PUC, pp. 117-123).
Tecnica dell’ideazione
 procedura di sospensione del carattere di realtà delle esperienze

1) avvertire la realtà nell’esperienza primordiale della
«resistenza» del mondo al nostro impulso vitale (no percettivismo)
2) avvertire la pressione della realtà sul nostro sistema psicofisico (bisogni, pulsioni, interessi, calcolo)
3) neutralizzare i correlati affettivi del momento di realtà,
l’angoscia mondana, il senso di pressione, il senso di resistenza
4) disattualizzare il centro dell’impulso vitale originario, con un
atto della volontà spirituale, che ci fa volgere e concentrare sulle
forme pure (idee, immagini percettive, rappresentazioni)
 l’uomo può sublimare le proprie energie pulsionali
nelle attività di tipo spirituale
L’esperienza della resistenza
Nell’esperienza della resistenza consiste la nostra esperienza
interiore della realtà
-non basta a ciò alcuna sensazione specifica (duro, resistente,
ecc.), né percezione, ricordo, pensiero

esse ci danno, sempre e solo, il modo di essere (contingente)
delle cose, mai l’esistenza delle cose
- ciò che ci dà l’esperienza interna della realtà è l’impressione
interiore di una resistenza, sperimentata da quel grado
elementare e primitivo della vita psichica, che è l’impulso
affettivo, centro delle tendenze, che agisce in tutte le direzioni e
sussiste persino nel sonno e negli ultimi gradi di incoscienza.
La sublimazione spirituale
Attraverso l’atto della negazione, neutralizzatore dell’ esperienza
della realtà, il centro unitario della persona umana, che si
raccoglie in se stessa, trasferisce allo spirito, l’energia che
proviene dalle pulsioni, che non si sono scaricate nella
realizzazione.
Da tali energie pulsionali sublimate, lo spirito trae la
possibilità di manifestarsi in atti della persona, che lo
potenziano, conducendo le sue intenzioni a realizzazione.
Tale sublimazione spirituale consta di due atti/processi:
-di conduzione, che inibisce/disinibisce la pulsione
-di orientamento, che tiene davanti alla pulsione determinate
idee e valori, da realizzare.
L’uomo vivente asceta della vita
L’uomo è l’essere vivente che, reprimendo e inibendo le proprie
tendenze pulsionali – vale a dire negando ad esse l’appagamento,
attraverso immagini percettive e rappresentazioni – risulta capace
di comportarsi in modo essenzialmente ascetico nei confronti
della propria vita, una vita che altrimenti lo soggioga con la
violenza dell’angoscia.
Paragonato all’animale, che dice sempre di sì alla realtà effettuale,
anche quando l’aborrisce e fugge, l’uomo è colui che sa dire di no,
l’asceta della vita, l’eterno protestante nei confronti di ogni realtà
meramente effettuale, di cui sempre desidera infrangere i limiti
spazio-temporalmente determinati, entro i quali gli è data
l’essenza e il proprio mondo-ambiente e che rappresentano anche
i limiti della propria autorealizzazione (POC, pp. 129-130).
Conclusione
L’antropologia scheleriana fin qui descritta presenta il
carattere dell’integralità e dell’integrazione.
Nel suo andamento posizionale, essa coglie nell’uomo
una pluralità di connotati, fisici, biologici, spirituali,
che evitano ogni riduzione unilaterale (fisicismo,
biologismo, spiritualismo), anche in virtù della continua
compenetrazione di spirito e impulso vitale negli atti del
centro personale dell’uomo.
Plurali sono le energie psico-fisiche presenti nell’uomo
né lo spirito in lui si esaurisce nella sola ragione.
Si tratta di un’antropologia ricca, degna erede della
profezia nietzscheana del superuomo.