corso di formazione perugia 2 Processi di generazione del valore

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Processi di
generazione del valore
Prof. Luca Ferrucci
Università di Perugia
[email protected]
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Lo schema dell’intervento
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1. La teoria economica ortodossa nella
generazione del valore
2. Oltre la teoria economica ortodossa:
sviluppo sostenibile e beni relazionali
3. Oltre la teoria economica ortodossa: le
istituzioni per la generazione dei beni
relazionali
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1. La teoria economica ortodossa nella
generazione del valore
3
Per una teoria economica classica
del valore

Il valore d’uso, ossia l’attitudine del bene a
soddisfare un bisogno biologico o culturale. In tale
ottica, il valore d’uso è una potenzialità intrinseca
del bene
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
I singoli individui possono fare dello stesso oggetto o
prodotto un uso diverso e, nell’ambito dello stesso utilizzo,
attribuire al bene un diverso valore di uso
Il valore di scambio (o prezzo), ossia la quantità
monetaria che un individuo è disposto a cedere per
ottenere un determinato bene
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Per una teoria economica classica
del valore
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Il paradosso del valore economico
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C’è un conflitto tra valore d’uso e valore di
scambio nel momento in cui nel mercato si
realizza una scarsa valorizzazione (prezzi bassi)
di beni essenziali per la vita aventi un’elevata
utilità e per contro nell’elevata valorizzazione di
beni non essenziali (per esempio, pietre preziose)
che appunto si vendono a prezzi notevolmente
più elevati
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Le diverse teorie classiche del
valore economico
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1. teoria generale basata sulla scarsità
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2. teoria generale basata sul lavoro
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Il valore di un prodotto dipende dalla sua scarsità (Galiani, 1700 circa). In questo
modo, si risolse il paradosso del valore: l’acqua è utile ma gratuita in quanto non
scarsa e i diamanti sono poco utili ma scarsi e quindi costosi! E’ una teoria troppo
dipendente dal paradigma della disponibilità di risorse naturali (come se tutti i prodotti
fossero quantitativamente dati in modo ex ante e non dipendenti dalle scelte di
investimento delle imprese). In altri termini, la quantità dei prodotti offerti sul mercato
non è un dato di natura, ma una scelta produttiva degli uomini e delle imprese. Ne
consegue una nuova teoria del valore: è la quantità di input (quantità di lavoro) a
generare il valore economico di un prodotto.
Il valore dipende dalla quantità di lavoro socialmente necessario (Marx, Ricardo,
Smith). Il valore di scambio (prezzo) riflette la quantità di lavoro impiegata nei prodotti.
Ma la realtà dimostra che i prezzi possono discostarsi, anche strutturalmente e per
lunghi periodo, dai costi medi di produzione (tra i quali il fattore lavoro). C’è dunque
bisogno di un’altra teoria del valore economico.
3. teoria dell’utilità marginale

Il valore dipende dall’utilità marginale dei consumatori. I prezzi sul mercato riflettono le
preferenze individuali e non le quantità di lavoro impiegato (Marshall, Jevons, Walras).
Di conseguenza, prodotti che incorporano la stessa quantità di lavoro possono avere
valori di scambio diversi, solo perché i consumatori presentano preferenze differenti.
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La generazione del valore
economico: il paradigma della
materialità
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Nel corso del processo storico di
industrializzazione, la creazione di valore
economico è stata fondata sull’idea della
trasformazione fisico-manifatturiera per la
realizzazione del prodotto
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La centralità della fabbrica
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La generazione del valore
economico: il paradigma della
immaterialità
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Le tendenze verso l’immaterialità nella generazione
del valore economico
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La centralità delle funzioni terziarie (fuori o dentro
l’impresa), quali brand, pubblicità, retailing, R&S, ecc.
create con l’apporto di capitale umano qualificato
L’impresa mira a creare situazioni, esperienze, un
immaginario e non un mero acquisto di un bene


Il mondo dei bisogni e dei desideri è vario e i
consumatori sono disposti a pagare per avere
servizi e fare esperienze lontane dagli standard
L’impresa non produce e non vende solo
prodotti (in termini intrinseci) ma sempre più
spesso immagini del prodotto e di se stessa
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Il paradigma dell’utilitarismo
individualista

L’emergere, nell’economia neoclassica,
dell’utilitarismo individualista nella formazione
del valore
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Questo paradigma teorico “fallisce” su due diversi
piani di analisi:
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A livello MACRO istituisce una relazione stretta e
positiva tra la crescita del PIL e il benessere sociale
A livello MICRO ritiene che il benessere individuale
dipenda unicamente dal comportamento
individualistico di massimizzazione dell’utilità
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
2. Oltre la teoria economica ortodossa:
sviluppo sostenibile e beni relazionali
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L’approccio macro: Crescita
del PIL e benessere sociale



L’individuo, sotto il vincolo del proprio reddito e delle
proprie preferenze, massimizza la propria utilità
acquistando beni e servizi
Pertanto, per aumentare il benessere individuale,
non resta che aumentare il suo reddito economico
disponibile!!!
Il paradigma della crescita del PIL (reddito
aggregato) alla base del benessere sociale


Per far crescere il PIL possiamo, dunque, tagliare le
foreste, fare incidenti stradali, ecc.
Nasce un trade off tra crescita del PIL e benessere
sociale

Oltre il paradigma del PIL: lo sviluppo sostenibile
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Alto PIL /Alta felicità
Basso PIL /Alta felicità
Italia
Basso PIL /Bassa felicità
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L’approccio macro: Crescita
del PIL e benessere sociale

Alcune considerazioni di sintesi sulla felicità:



La felicità dipende in larga misura da fattori extraeconomici, quali la vita affettiva e l’amicizia;
Ciononostante, l’estrema povertà determina
quelle condizioni oggettive che rendono difficile
sviluppare quelle dimensioni della vita e quelle
relazioni sociali da cui dipende la felicità;
L’economia contribuisce, semmai, a creare alcune
condizioni per la felicità.
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L’approccio micro: Felicità e
agire interpersonale


Ma se il paradigma dell’individualismo metodologico viene meno,
nel senso che l’utilità dipende anche da quella di altri individui,
l’impianto teorico neoclassico va in frantumi
Il “paradosso della felicità”: la felicità dipende dagli altri e dunque
è fragile. Gli altri individui sono il luogo privilegiato della mia felicità
(“non si può essere felici da soli”), ma è anche il luogo delle mie
più intense sofferenze. Il benessere e la felicità sono realtà
interpersonali.
 In una recente ricerca empirica (Kahneman et al., 2004) è emerso
che, in quattordici attività su quindici svolte in una giornata (cioè in
tutte tranne la preghiera), le persone intervistate riportavano una
auto-valutazione del proprio benessere maggiore quando le
attività erano svolte in compagnia di altre persone
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Il pensiero di Scitovsky (1)

Le due categorie di beni nell’economia contemporanea:
 1. I beni individuali di confort danno stimolazioni immediate,
sensazioni piacevoli di breve periodo ma la soddisfazione che
conferiscono non si protrae nel tempo (utilità marginale
decrescente). Di conseguenza, l’individuo procede ad effettuare
nuovi acquisti per rinnovare la sensazione di utilità.


In tutti i Paesi del mondo il numero di ore trascorse davanti alla
televisione è significativamente e inversamente correlato all’indice di
felicità
2. I beni di relazionalità hanno le caratteristiche opposte: la loro
utilità marginale è crescente. Quanto più se ne fa uso, tanto più
arrecano benessere. In molti casi, i beni relazionali non si
deteriorano con l’uso e quindi non è necessario procedere a
nuovi acquisti.

L’impegno civile è una attività che continua a conferire utilità nel
tempo.
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L’attività di volontariato è quella che maggiormente influenza la felicità individuale20
Il pensiero di Scitovsky (2)

Le economie di mercato, con le esigenze di
massificazione dei consumi, tendono a
generare e offrire, in modo crescente, beni di
confort

Nelle economie contemporanee c’è uno
strutturale eccesso di risorse destinate a beni
individuali di confort (che si accompagnano ad un
atteggiamento passivo del consumatore) a
scapito di una più adeguata destinazione di
risorse a fonti di stimolo e di felicità fondata su
beni relazionali
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Il pensiero di Scitovsky (3)

Si genera, pertanto, un gap di felicità dovuto
alla scarsità di beni relazionali

Ne consegue che, nelle economie capitalistiche
avanzate, le istituzioni (comprese le imprese)
tendono a trasformare i beni di confort in beni
relazionali, aggiungendo dosi di immaterialità
(immagine, esperienza di acquisto e di consumo,
ecc.) al loro prodotto fisico
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I beni relazionali (1)

I beni di relazionalità sono intimamente legati alla
questione della partecipazione civile. Ci sono molti
lavori scientifici che mostrano la correlazione tra
felicità e partecipazione civile nelle associazioni
(culturali, religiose, politiche ecc.)

Il rapporto europeo sulla life satisfaction (2000) mostra che
l’Italia è quello, tra i quindici, con il più basso tasso di
soddisfazione democratica, influenzando il livello della
“felicità pubblica”
 Dunque, la fiducia verso le istituzioni dipende molto dal
grado di partecipazione alla vita associativa
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I beni relazionali (2)

Ne consegue l’importanza di avere istituzioni
che diano spazio a forme di relazionalità
genuina, ossia a beni relazionali.

Per esempio, le associazioni no profit

Parafrasando la teoria della giustizia di Rawl (il
cosiddetto “velo di ignoranza”), gli individui – posti di
fronte al dilemma di scegliere di vivere in una società
priva di istituzioni che generano beni relazioni e in
un’altra dove invece esse sono presenti –
sceglierebbero la seconda, anche se questa
comportasse una minore loro disponibilità netta di
ricchezza economica!
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
3. Oltre la teoria economica ortodossa: le
istituzioni per la generazione dei beni
relazionali
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La varietà dei modelli istituzionali
di impresa nei sistemi capitalistici


Il pregio del capitalismo: L’auto-organizzazione
e la varietà dei modelli di governance nelle
imprese e la risposta economica e quella
sociale alle istanze emergenti nelle collettività
Ogni modello di impresa genera un diverso tipo
di valore economico e sociale e procede ad una
sua differente distribuzione interna ed esterna
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Finalità e allocazioni del valore
aggiunto interno e del surplus
conseguito
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1. Le imprese capitalistiche a base imprenditoriale e la logica di conseguire
la massima profittabilità
2. Le imprese capitalistiche a base manageriale e il fine di massimizzare la
componente utilitaristica dei manager
3. Le imprese cooperative di produzione e lavoro e il loro fine di conseguire
la maggiore massa salariale interna
4. Le imprese cooperative di utenza che mirano a soddisfare, a condizioni
migliori rispetto alla concorrenza, le esigenze di prodotti e servizi dei propri
soci-utenti (cooperative agricole, cooperative di abitazione, cooperative tra
consumatori, ecc.)
5. Le imprese cooperative di tipo sociale B nelle quali le condizioni di
inserimento lavorativo di persone svantaggiate sono particolarmente
tutelate
6. Le imprese pubbliche tra l’ambiguità degli obiettivi sociali, quelli
corporativi e quelli economici
7. Le associazioni e altre organizzazioni no profit che fanno, su fondamenti
aggregativi di tipo culturale, sociale, assistenziale ecc., le condizioni della
loro esistenza, spesso su base volontaristica
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Un esempio: la raccolta e
distribuzione di sangue
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
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
1. “Il regime della coazione”

Il sangue è un bene pubblico, gestito da un’istituzione monopolistica pubblica. Tutti i cittadini – salvo specifiche
categorie – sono obbligati a effettuare donazioni di sangue a favore delle strutture sanitarie pubbliche. E’ una sorta di
imposizione pubblica che restringe la libertà degli individui. E’ la metafora del “servizio militare obbligatorio”.

Modello istituzionale: istituzione pubblica monopolista

Corollari: peggioramento delle reti di capitale sociale / maggiore quantità e peggiore qualità del sangue
2. “Il mercato delle imprese profit oriented”

Il sangue è un bene che ha un suo valore di scambio. Gli offerenti possono mirare a massimizzare le loro entrate
finanziarie, non salvaguardando le loro condizioni di salute e neppure quella del ricevente (visto che non vi sono
relazioni sociali ma solo di tipo strettamente economico)

Modello istituzionale: imprese business-oriented

Corollari: Crescita del PIL / Peggiore qualità ed elevata quantità di sangue
3. “Il mercato previdenziale individuale”

Gli individui “accantonano” il proprio sangue in vista di propri possibili bisogni individuali futuri. Ma se alcuni individui
non sono nelle condizioni di “accantonarlo” oppure non sono stati abbastanza previdenti durante la loro vita, rischiano
di esserne privi

Modello istituzionale: imprese business-oriented

Corollari: Crescita del PIL / Migliore qualità ma evidente scarsità del sangue
4. “Il mercato della mutualità”

Si creano cooperative tra individui per garantirsi un’assistenza reciproca in caso di bisogno di sangue. La conoscenza
reciproca, la partecipazione alla vita sociale della cooperativa e altri fattori possono costituire legami forti tra i soci. Ma
se la cooperativa è fatta di pochi individui, vi può essere un problema di scarsità del sangue
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Modello istituzionale: imprese cooperative di utenza

Corollari: Crescita del capitale sociale / Migliore qualità (ma non quantità) del sangue
5. “Il mercato della solidarietà”

La donazione anonima e gratuita al fondo del valore relazionale del bene sangue. I donatori si auto-selezionano e
cercano di salvaguardare le proprie condizioni di salute e quelle dei riceventi.

Modello istituzionale: associazione no profit
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
Corollari: Crescita del capitale sociale / Migliore qualità e quantità del sangue
Strategie di responsabilità
sociale

Nella fase più recente, anche i modelli di
impresa capitalistica hanno riconosciuto
l’importanza di strategie di responsabilità
sociale al fine di conseguire e rafforzare una
reputation sul mercato istituzionale, quello dei
prodotti e quello del lavoro
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I bilanci di responsabilità sociale
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Per concludere: il valore dei
beni relazionali
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
Qualche anno fa, alle paraolimpiadi di Seattle, nove atleti, tutti
fisicamente o mentalmente disabili, erano pronti sulla linea di
partenza dei cento metri.
Allo sparo della pistola iniziarono la gara, non tutti correndo, ma
con la voglia di arrivare e vincere.
In tre correvano, un piccolo ragazzino cadde sull’asfalto, fece un
paio di capriole e cominciò a piangere.
Rallentarono e guardarono indietro. Si fermarono e tornarono
indietro.
Una ragazza con la sindrome di Down si sedette accanto a lui e
cominciò a baciarlo e a dire “Adesso stai meglio?”.
Allora, tutti e nove si abbracciarono e cominciarono a camminare
verso il traguardo.
Tutti nello stadio si alzarono, e gli applausi andarono avanti per
parecchi minuti.
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