Clemente di Alessandria

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Clemente di Alessandria
Clemente nacque da genitori pagani, presumibilmente ad Atene intorno al 150. In età
adulta si convertì al Cristianesimo. Dopo essersi convertito viaggiò di luogo in luogo alla
ricerca di un'istruzione sempre migliore, legandosi di volta in volta a nuovi maestri: un
greco della Ionia, un greco della Magna Grecia e un terzo di Siria. Dopo tutti questi si
rivolse ad un egiziano, ad un assiro, e ad un ebreo convertito. Infine, intorno al 180,
presso la scuola di teologia di Alessandria d'Egitto (Didaskaleion), incontrò il
filosofo Panteno (che egli nominò ape sicula) e, nei suoi insegnamenti, "trovò la pace".
Clemente prima assistette e poi succedette a Panteno stesso nella direzione della scuola
(nel 190 circa), quando Panteno venne inviato dal patriarca Demetrio di Alessandria come
missionario in India. Prima della sua nomina a direttore della scuola, comunque,
Clemente era già noto come scrittore cristiano. Fu probabilmente questo periodo che
compose diverse opere: l'"Esortazione ai greci" (Protreptikos pros Ellenas), le
"Disposizioni" (Hypotyposeis), la "Miscellanea" (Stromateis) ed il "Pedagogo"
(Paidagogos). Sotto la sua guida, dal 190 circa al202, la Scuola alessandrina divenne
molto nota. Vi si formarono teologi in seguito famosi come Origene Adamanzio che gli fu
successore alla guida della stessa.
Clemente non terminò la sua vita ad Alessandria poiché la Persecuzione di Settimio
Severo si abbatté sull'Egitto nell'anno 202 e colpì in maniera particolarmente dura
i catecumeni e le scuole da essi frequentate. Nei primi due libri della "Miscellanea", scritti
proprio in questo periodo, si trova più di un riferimento alla persecuzione. Clemente fu
costretto a fuggire.
Poco tempo dopo si trovò a Cesarea in Cappadocia, ospite dell'amico ed ex alunno
Alessandro, ora vescovo. La persecuzione era comunque crudele anche in quel luogo e
Clemente adempì ad un voto d'amore: dopo che Alessandro fu imprigionato per la sua
fede in Cristo, Clemente si prese cura della Chiesa di Cesarea al suo posto, ne fortificò i
fedeli, e fu addirittura capace di fare nuove conversioni.
2 atteggiamenti sbagliati verso
i ricchi: l’ammirazione servile e
la condanna senza appello
Coloro che offrono in dono ai ricchi discorsi encomiastici dovrebbero, a mio
avviso, giustamente essere considerati non soltanto adulatori e ignobili - in
quanto per lo più si danno l’aria di offrire con grazia le cose che ne sono prive
- ma anche empi e perfidi.
Empi, perché trascurando di lodare e glorificare Dio, il solo perfetto e buono,
«dal quale provengono tutte le cose e attraverso il quale sono tutte le cose e
verso il quale procedono tutte le cose» applicano questa prerogativa [divina]
ad uomini che si voltolano in una vita [corrotta e melmosa], che è il punto
capitale soggetto al giudizio di Dio…
Risulta non semplice, ma variegata, la causa del sembrare la salvezza più
difficile per i ricchi che per i poveri. Alcuni infatti, ascoltata con immediatezza
e leggerezza la parola del Signore: «Più facilmente un cammello si introdurrà
nella cruna di un ago che un ricco nel regno dei cieli», disperando di se stessi
come non destinati alla vita, donandosi in tutto al mondo e abbarbicandosi alla
vita di quaggiù come alla sola loro rimasta, si sono allontanati maggiormente
dalla via di lassù, senza neppure più ricercare né di quali ricchi parli il Signore
e Maestro né di come ciò che è impossibile presso gli uomini diventi possibile.
L’atteggiamento di Gesù
Niente infatti è efficace come ascoltare di nuovo i detti che fino ad ora nei vangeli ci avevano
turbato in quanto li ascoltavamo senza approfondimento e senza una corretta valutazione,
con leggerezza infantile. 4. «Mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale avvicinatosi
si inginocchiava dicendo: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita
eterna?”. 5. Gesù risponde: “Perché mi dici buono? Nessuno è buono se non il solo Dio. Tu
conosci i comandamenti: non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non
testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre”. 6. Quello gli risponde: “Ho custodito
tutte queste cose dalla mia giovinezza”, Gesù, posato lo sguardo su di lui, lo amò e disse:
“Una cosa sola ti manca: se vuoi essere perfetto, vendi tutte le cose che hai e dalle ai
poveri, e avrai un tesoro in cielo, e vieni qui, seguimi”. 7. Ma quello, rattristatosi per il
discorso, se ne andò addolorato giacché aveva molti possedimenti e campi. 8. Volgendo lo
sguardo intorno, Gesù dice ai suoi discepoli: “Quanto difficilmente entreranno nel regno di
Dio coloro che hanno ricchezze”. I discepoli furono colti da stupore per le sue parole.
9. Di nuovo Gesù rispondendo dice loro: “Figlioli, come è difficile che coloro che confidano
nelle ricchezze entrino nel regno di Dio; più facilmente attraverso la cruna di un ago entrerà
un cammello che un ricco nel regno di Dio”. Quelli si turbarono ancor più e dicevano: “Chi
dunque potrà salvarsi?”. Egli, posato lo sguardo su di loro, disse: “Ciò che è impossibile per
gli uomini è possibile per Dio”. 10. Pietro cominciò a dirgli: “Guarda, noi abbiamo lasciato
tutto e ti abbiamo seguito”, Gesù rispose: “In verità vi dico: chi ha lasciato le sue cose e
genitori e fratelli e possedimenti per causa mia e per causa del vangelo, riceverà in cambio
cento volte tanto. Ora, in questo tempo presente, a qual fine avere campi e possedimenti e
case e fratelli insieme a persecuzioni? Nel tempo avvenire c’è vita eterna. I primi saranno
ultimi e gli ultimi primi”».
Dalla legge alla vita
questo tale (del vangelo di Marco) è fortemente convinto che a
lui quanto a giustizia non manca nulla, ma la vita gli manca del
tutto, perciò la chiede all’unico che può darla; nei confronti della
legge ha sicurezza fiduciosa, ma supplica il Figlio di Dio. 5.
Passa «da fede a fede», come nave che, fluttuando malsicura
nella legge e navigando pericolosamente, sposta gli ormeggi
verso il Salvatore.
IX - 1. Gesù dunque non lo rimprovera come uno che non ha
adempiuto tutti i precetti della legge, ma lo ama e lo accoglie
amorevolmente per la docilità nei confronti delle cose che aveva
appreso, dice che è imperfetto in quanto ha adempiuto cose non
perfette per la vita eterna, da una parte solerte operatore della
legge, dall’altra pigro operatore della vita vera.
Una cosa ti manca
«Se vuoi essere perfetto». Dunque non era ancora perfetto;
niente infatti è più perfetto del Perfetto. E divinamente con «se
vuoi» mostrò la libertà dell’anima che dialogava con lui.
Nell’uomo infatti era la scelta, in quanto libero; in Dio la
possibilità di donare in quanto Dio.
2. Egli dona a coloro che vogliono e si impegnano e chiedono,
affinché così la salvezza divenga un bene loro proprio. Dio infatti
non costringe, giacché la violenza è nemica a Dio, ma a coloro
che cercano porge e a coloro che chiedono offre e a coloro che
bussano apre.
3. Se dunque vuoi, se vuoi veramente e non inganni te stesso,
acquista ciò che ti manca. «Una cosa sola ti manca»: l’unica, la
mia, il bene, ciò che è ormai al di sopra della legge, ciò che la
legge non ti dà, ciò che la legge non contiene, ciò che è proprio
dei viventi.
«Vendi le cose che ti
appartengono».
Che cosa significa questo? Non come alcuni colgono con superficialità,
che comandi di rigettare il patrimonio che si ha e di allontanarsi dalle
ricchezze, ma di separare l’anima dai pensieri relativi alle ricchezze,
dall’inclinazione ad esse, dal desiderio eccessivo, dalla brama
morbosa di esse, dalle preoccupazioni, dalle spine del vivere, che
soffocano il seme della vita.
3. Non è infatti cosa grande e da perseguire il trovarsi senza motivo
privi di beni, a meno che non sia a causa di una parola di vita (se così
fosse, coloro che non hanno assolutamente nulla, ma sono
abbandonati e privi di ciò che serve per l’oggi, i mendicanti gettati
lungo le strade, «che non conoscono» Dio e «la giustizia di Dio», per
questo stesso essere sommamente nel bisogno e nella privazione dei
mezzi di vita e nello scarseggiare delle cose più piccole, sarebbero i più
felici e i più amati da Dio e i soli che hanno la vita eterna), 4. o a meno
che non sia una novità il rinunciare alla ricchezza e farne dono ai poveri
o alla patria, cosa che molti hanno fatto prima della venuta del
Salvatore, gli uni per interesse allo studio e per una sapienza morta, gli
altri per una fama vuota e per vanagloria, i vari Anassagora, Democrito,
Cratete.
Condivisione
quale condivisione rimarrebbe tra gli uomini, se nessuno avesse niente? 2.
Questo modo di pensare come si troverebbe non certamente in
contrapposizione e in conflitto con molti altri e bei modi di pensare del Signore?
3. «Fatevi amici con il mammona dell’ingiustizia affinché quando vi verrà a
mancare vi accolgano nei tabernacoli eterni». «Procuralevi tesori in cielo, dove
né tignola né ruggine corrodono né ladri rubano». 4. Come si potrebbe dar da
mangiare a chi ha fame e dar da bere a chi ha sete e vestire chi è nudo e
ospitare chi è senza tetto (e a coloro che non fanno queste cose minaccia fuoco
e l’essere gettati fuori, nelle tenebre), se ciascuno si trovasse ad essere privo di
tutte queste cose? 5. Invece egli stesso è ospitato da Zaccheo, da Levi, da
Matteo, ricchi e pubblicani, e ordina loro non di dare via le ricchezze, ma, dopo
aver presentato il possedimento giusto ed eliminato quello ingiusto annunzia:
«Oggi la salvezza è per questa casa». 6. Così loda il loro uso, così e con questa
aggiunta comanda anche la condivisione, dar da bere a chi ha sete, dare pane a
chi ha fame, accogliere chi è senza tetto, rivestire chi è nudo.
7. Se non è possibile compiere questi gesti utili senza avere ricchezze e ordina
di liberarsi dalle ricchezze, che cos’altro farebbe il Signore con le sue
esortazioni se non dare e non dare le stesse cose, dare e non dare da
mangiare, accogliere e respingere, condividere e non condividere? E questa
sarebbe la cosa più illogica di tutte.
L’”uso buono”
Non sono dunque da buttare via le ricchezze che aiutano anche i
prossimi: sono infatti possessi in quanto sono possedute e vantaggi in
quanto sono vantaggiose e preparate da Dio a vantaggio degli uomini,
esse che sono soggiacenti e sottoposte come materia e strumenti al fine
di un uso buono per coloro che lo comprendono.
Lo strumento, se lo usi con arte, è capace di arte, se sei privo di arte,
trae un bel guadagno dalla tua incapacità, senza esserne causa. Anche
la ricchezza è uno strumento del genere. Puoi usarla con giustizia: è al
tuo servizio per la giustizia; uno può usarla ingiustamente, si manifesta
allora ministra di ingiustizia: per sua natura infatti è a servizio, non al
comando. Non bisogna dunque chiamare in causa ciò che di per sé non
ha né bene né male, essendo privo della capacità di essere causa, ma
ciò che, potendo usare queste cose sia bene sia male, secondo ciò che
sceglie, per questo stesso è causa. Questa cosa è la mente dell’uomo,
che ha in se stessa sia un criterio libero sia la libera scelta dell’uso
delle cose che le sono state date,
Possedere per i fratelli,
non per se stessi
chi ha possedimenti e oro e argento e case come doni di Dio,
celebra con essi il Dio che glieli dà per la salvezza degli uomini
e sa che possiede queste cose per i fratelli piuttosto che per se
stesso, ed è superiore al possesso dei beni, in quanto non è
schiavo di ciò che possiede né porta questi beni nella sua
anima, né in essi mette radici o circoscrive la sua vita, si
impegna invece sempre in un agire bello e divino, e se un
giorno dovrà essere privo di questi beni, può sopportare con
animo ilare anche la privazione di essi allo stesso modo con cui
ne accettò anche il possesso, costui è definito beato dal Signore
ed è detto povero nello spirito. È un erede pronto a ricevere il
regno dei cieli, non un ricco che non può avere la vita.
«In verità vi dico, quanto avete fatto a uno solo di
questi
miei fratelli, i più piccoli, lo avete fatto a me».
Costoro egli chiama figli, bambini, infanti, amici, e piccoli qui,
quasi in confronto con la loro futura grandezza lassù, dicendo:
«Non disprezzate uno solo di questi piccoli, perché i loro angeli
vedono sempre il volto del Padre mio che è nei cieli»… E
ancora: «Chi accoglie un giusto o un profeta in qualità di giusto o
di profeta avrà la ricompensa di costoro, chi ha dato da bere a
un discepolo in qualità di discepolo un bicchiere di acqua fresca
non perderà la ricompensa». Questa sola, dunque, è la
ricompensa che non si perde. E ancora: «Fatevi amici dal
mammona dell’ingiustizia, affinché quando verrà a mancare, vi
accolgano nelle tende eterne».
L’ingiustizia
Afferma essere ingiusto per natura ogni possesso che uno
possiede per se stesso come bene proprio e non lo pone in
comune per coloro che ne hanno bisogno, ma che da questa
ingiustizia è possibile compiere un’opera giusta e salutare, dare
riposo a qualcuno di coloro che hanno una dimora eterna
presso il Padre.
Guarda in primo luogo che egli non ti ha comandato di farti
pregare né di aspettare di essere supplicato, ma di cercare tu
stesso quelli che sono ben degni di essere ascoltati, in quanto
sono discepoli del Salvatore. È dunque bello il detto
dell’apostolo: «Dio ama chi dona con gioia», chi gode nel
donare e non semina scarsamente, per non raccogliere allo
stesso modo, ma condivide senza rammarichi e distinzione e
dolore, e questo è autentico far del bene.
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